LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus)....

20
NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 N E W S “ANCHE PER IL SEMPLICE VOLO DI UNA FARFALLA CI VUOLE IL CIELO INTERO” Paul Claudel LE RADICI IN CIELO

Transcript of LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus)....

Page 1: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14

N E W S

“ANCHE PER IL SEMPLICE VOLO DI UNA FARFALLA CI VUOLE IL CIELO INTERO”Paul Claudel

LE RADICI IN CIELO

Page 2: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14

EDITORIALE

di PIERGIORGIO BIGHIN

LO SGUARDO DELLE DONNE SUL MONTE

Il Consorzio Sociale Comars nasce a Monte San Savino nel 1994 dall’esigenza di alcune cooperative sociali del luogo di unire le for-ze per migliorare la qualità dei propri ser-vizi. In questi anni il Consorzio è progressi-vamente cresciuto e ad oggi vi aderiscono

Siamo stati nei luoghi in cui vibra l’uma-no che accoglie, che rimette in moto, che sana, che raddrizza, che scalda ciò che è freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus).

La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare nel rigore dell’inverno ciò che è stato cre-ato per la primavera. Essere passato per queste case di riposo, aver sentito Fede-rica, Samanta, Lubiana, Silvia, e poi Giulia-na e i suoi figli, Cinzia e Luisa di ritorno da Roma, e ancora a San Martino Mariella e le famiglie amiche che si stringono at-torno ai bambini della comunità alloggio, mi ha fatto percepire la sfida che ogni pa-squa contiene.

“La Pasqua è il grido che Gesù di Naza-reth vuol far sentire nell’animo di ciascu-no di noi: affermazione della positività dell’essere delle cose, di quella ragione-volezza ultima per cui ciò che nasce non viene al mondo per essere distrutto”.

Ecco, il lavoro di queste donne è per la pasqua, la resurrezione, la primavera: sto-rie maledette di abbandono personale, di trascuratezza, di miseria, trasformate in storie di tenerezza, come quella estrema di due donne, madre e figlia, ospiti in due diverse case di riposo, che vengono fatte incontrare perché possano riabbracciarsi, riconoscendo la loro inalienabile dignità umana. L’istituzione, che come sempre sancirebbe frettolosamente la morte (come quella volta al sepolcro di Cristo) non può più del legame della carne, che è sempre spirituale, e deve lasciare il passo alle donne che conoscono ragioni che la ragione non conosce.

E le donne passano, tra gli sgherri, con i loro vasetti di unguento, con le loro pezze di lino. Le donne passano, anche laddove le armi dell’indifferenza, della scontatezza pilatesca del “non si può fare più niente e dove volete andare, la pietra è troppo pe-sante per voi” vorrebbero fermarle.Ho ascoltato storie pasquali a Monte San

stabilmente quindici cooperative sociali di tipo A e B. Il territorio d’azione del Consor-zio è extraregionale. Le attività promosse dal Consorzio sono di carattere socio ria-bilitativo ed educative e si esplicano attra-verso progettazione, animazione, coordi-

Savino, come quella grandissima di Aldo che ancora una donna forte, sua moglie, circondata dai tre figli, in una sorta di ce-nacolo (tale mi è sembrata la casa di Rolan-do e Grazia) ci ha consegnato con vivacità e forza, un grido di vittoria sulla morte.

È risorto non è qui!

Noi davvero stiamo vivendo l’attesa di un compimento dentro questo già e non an-cora del tempo, siamo come dentro due lembi di una ferita originale, di quella pia-ga che si rimarginerà solo in cielo. Ma se la realtà è Cristo tutto diventa bellissimo, anche il sacrificio della morte che ti rende simile all’Amato.

Per questo possiamo ricordare i nostri cari senza cadere nell’agiografia, spariti alla nostra vista perché cercati da Lui a co-struire, dopo la città terrena, anche quella celeste…

Guardatele in foto prima di leggere le nostre povere riflessioni, specchiatevi nei loro occhi. Sono storie di donne quelle che ci sono state consegnate e sono state raccolte da una donna, Marta, che mi ha fatto compagnia in questo lavoro di narrazione.

Page 3: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 1

LE SORELLE CAVIGLI: ovvero la forzadella tradizione

di MARTA SCIABOLINI

SILVIA:la ricerca della bellezza

a tutte le etàdi MARTA SCIABOLINI

FRANCO ROMEI e la città futura

di PIERGIORGIO BIGHIN

SPECIALE

ALDO PECCIARINI: padre di famiglia,

appassionato al bene di tuttidi PIERGIORGIO BIGHIN e MARTA SCIABOLINI

S.O.S. LAVORO di MARTA SCIABOLINI

A ROMA per un incontro

di MARTA SCIABOLINI

FAMIGLIE AMICHE:l'altro nome dell'educazione

è misericordiadi PIERGIORGIO BIGHIN

02

03

04

06

10

12

15

DIRETTORE RESPONSABILE

Piergiorgio [email protected]

REDAZIONEMarta Sciabolini

[email protected]

IMPAGINAZIONEGRAFICA

Antonella [email protected]

HANNOCOLLABORATO

Adriano De [email protected]

www.comars.org

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14

N E W SSOMMARIO

namento e interventi specifici sia in campo educativo che socio-sanitario finalizzati al miglioramento del benessere psicofisico delle persone assistite. I servizi sono svolti in convenzione con gli Enti pubblici oppure a gestione diretta in strutture di proprietà.

Page 4: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA142

di MARTA SCIABOLINI

LE SORELLE CAVIGLI:OVVERO LA FORZA DELLA

TRADIZIONEQuando Federica afferma: “I nostri anzia-ni entrano in questa struttura e non ne escono più!”, ovvero qui trascorrono gli ultimi anni, mesi, a volte giorni della loro vita, rimango affascinata: che miracolo è il fatto che ci sia gente, come FEDERICA e SAMANTA, che si spende per questi anziani, donando un amore tanto grande, sebbene dentro la coscienza del limite di tempo della loro permanenza? Se una mattina ti alzi con la luna storta l’altruismo e la pietà non bastano per guardare con amore l’altro! La risposta più vera è che l’origine dell’amore gratuito all’altro, del servirlo con tenerezza é il fatto che tu per primo sia stato amato!

La conferma arriva da due educatrici, le so-relle Cavigli, quando, visibilmente commos-se, ci raccontano del babbo, morto da alcu-ni anni, che lavorò come educatore presso l’Istituto Privato di Riabilitazione di Agazzi ad Arezzo. Federica e Samanta sono rima-ste sempre affascinate da come il babbo si spendeva nel suo lavoro e dal bene che ha saputo offrire ai suoi malati e alle sue fi-glie: è solo sperimentando un amore così grande che anche tu sei in grado di amare l’altro in questo modo. Tanto che anche la fatica del lavoro, il dramma di stare a con-tatto con una tipologia umana tanto fragile,

come è quella dell’anziano non autosuffi-ciente, inizia a sprigionare tutto il sapore della gioia. Solo la coscienza che il bene c’é ed è rintracciabile nel reale te lo fa scorgere anche in una casa di riposo!

Esco dal dialogo con Federica e Samanta certa di avere scoperto che il voler bene non é un sentimento astratto, al contrario ha un nome e un cognome: è un’educatri-ce che compra il cane per un’anziana che si è chiusa in camera e non vuole uscire, è una ragazza di venti anni che legge le novelle ai suoi anziani. O ancora la visita, resa possibile superando le infinite trap-pole burocratiche, tra una madre e sua figlia ricoverate in due diverse strutture.

Occorre sempre attivare il cuore per supe-rare i freddi protocolli burocratici che ogni istituzione, per sua natura, impone. Così solo possono fiorire storie di quoti-diana carità, di tenerezza che ridanno alla vita declinante dei nostri anziani ancora lampi di primavera.

“E allora impara a vivere. Tagliati una bella porzione di torta con le posate d’argento. Impara come

fanno le foglie a crescere sugli alberi. Apri gli occhi. Sul raccordo del Green Cities Service e sulle

colline di mattoni illuminate di Watertown, la sottile falce di luna nuova sta distesa di schiena, un-

ghia luminosa di Dio, palpebra abbassata di un angelo. Impara come fa la luna a tramontare nel

gelo della notte prima di Natale. Apri le narici. Annusa la neve. Lascia che la vita accada”.

SILVIA PLATH | DIARI

Page 5: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 3

di MARTA SCIABOLINI

SILVIA:LA RICERCA DELLA BELLEZZA A TUTTE LE ETÀ

SILVIA, LAUREATASI NEL 1999 IN SCIEN-ZE DELL’EDUCAZIONE, È DIVENTATA DA POCO LA COORDINATRICE DELLA CASA DI RIPOSO PER PERSONE AUTOSUFFICIENTI DI FOIANO DELLA CHIANA.

Silvia, donna energica e dal saluto grin-toso, non ha molto tempo da dedicarci, l’attendono i festeggiamenti per l’anni-versario di matrimonio di un’ospite della struttura e di suo marito. Silvia precisa: “Non sappiamo quanto questa donna capisca che cosa andia-mo a festeggiare, ma ci teniamo co-munque a festeggiarla!”.

questo è il primo dato che mi colpisce: la cura dell'altro, l'amore all'altro anche quando, all'apparenza, non ha più nem-meno coscienza di sè. Silvia ci svela che all’inizio aveva un po’ timore ad intrapren-dere questa nuova esperienza a Foiano, la connotava soprattutto la paura di non essere all’altezza di stare con persone anziane. Una certa insicurezza era avver-tita anche dalle colleghe della Casa di Ri-poso, preoccupate del cambiamento di gestione ai vertici (prima l’RSA di Foiano era infatti in mano a una cooperativa di Vicenza).Silvia allora ha consigliato a tutti di recarsi a Monte San Savino, presso la sede del Comars, per chiedere chiarimen-ti: “Lì ci sono persone apposta per voi!”. Infatti quando i “vecchi” operatori hanno conosciuto i “Comars” si sono tranquilliz-zati: “Perché è una cooperativa vicina, che ti sostiene!”, commenta.

Silvia ritiene che questo cambiamento, cioè l’andare a lavorare come coordina-trice a Foiano, l’ha fatta crescere non solo professionalmente, ma anche uma-namente. Ci spiega che è successo così anche quando è diventata mamma (Silvia ha un bambino di quindici mesi di nome Matteo): è stato un cambiamento che ha comportato una maturazione personale importante. “Il cambiamento comporta

sempre qualcosa di bello!”, afferma Sil-via, “Occorre però avere persone che ti stiano vicino e che ti sostengano come è capitato a me”.

Presso l’RSA di Foiano oltre all’educatrice, c’è anche l’animatrice e la figura del fisio-terapista: “Ci autofinanziamo realizzan-do attività manuali, laboratori creativi e riscontriamo un grande entusiasmo anche nei parenti delle persone che ospitiamo”.

Silvia ci svela che il più grande desiderio, suo e delle sue colleghe, è quello di crea-re uno spazio specifico per l’animazione e per la fisioterapia, infatti ancora manca una stanza adibita proprio per queste attività. Io mi permetto di domandare il motivo di tutta questa premura, azzardo: “Magari gli anziani nemmeno se ne rendono con-to che avete creato uno spazio specifico per la fisioterapia!”, ma Silvia mi sbugiarda subito: “Io ho desiderio che le cose ven-gano fatte per bene, vogliamo costruire qualcosa che sia per e con gli anziani! Anche loro hanno il gusto del bello e oc-corre rispondere al loro bisogno reale!”.

Ci racconta ad esempio di Franca, un’an-ziana con la passione della pittura, tanto che la sua camera è addobbata con tutti i suoi quadri di cui va fierissima: “Sembra una galleria d’arte!”. “Ecco”, commen-ta Silvia, “uno spazio adibito apposita-mente per le attività ricreative mette-rebbe ancora più a frutto questa sua passione!”. E continua: “Ogni persona che ospitiamo qua dentro ha un pro-prio vissuto che ci insegna molto anche su come organizzare il lavoro! Se non si conosce l’altro (aggiungo io: se non ci implichiamo totalmente nel rapporto con l’altro) non è possibile fare niente!”.

Ci racconta anche che quest’anno, per la prima volta, con tutti gli operatori hanno organizzato un pranzo di Natale insieme

anche ai familiari degli ospiti e che hanno invitato anche il Comune e il parroco: “I cambiamenti agli anziani fanno bene, li migliorano!”, ribadisce.

Il lavoro che Silvia e le sue colleghe com-piono all’interno della struttura (ci rac-conta anche di una laureanda che sta svolgendo un tirocinio presso l’RSA per la stesura di una tesi di tipo sperimentale), è sempre condiviso, nessuna agisce senza un paragone serrato con le altre: ad esem-pio ogni martedì mattina il personale si ri-unisce per valutare insieme il programma e l’organizzazione. “Il nostro lavoro ha bisogno costantemente di formazione, di stimoli e di essere condiviso con gli altri, altrimenti uno si perde gran parte del bello!”. “E non c’è cosa più bella”, conclude Silvia, “di uscire di qui e di sa-pere di avere migliorato almeno in par-te la vita a qualcuno!”.

Operare per il bene ti fa stare bene.

Page 6: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1404

di PIERGIORGIO BIGHIN

FRANCO ROMEI

E LA CITTÀ FUTURAFranco è un uomo solido come le opere che costruisce, lo incontro

nel caveau delle logge, tra le rocce del sottosuolo di Monte San

Savino. Un luogo suggestivo già di per sé, ma che nel colloquio

gusto ancor di più, perché Franco spiega le ragioni delle pietre.

“Il nuovo manufatto del Comars rispec-chia la realtà del nostro consorzio: si tratta di una palazzina in stile Liberty, stilizzata, con decoro bugnato e altri elementi decorativi. Esternamente ri-chiama ciò che noi vediamo nella no-stra splendida realtà di Arezzo che si sposa tuttavia con la modernità”.

Già l’inizio mi conquista, è professionale ma popolare: può capirlo anche uno psi-cologo.

“È stato un impegno cui ho partecipato in prima persona, dalla filosofia costrutti-va allo sforzo economico. Un edificio im-portante qui a Monte San Savino dove si collocherà l'attività sociale che il consor-

zio svolge nei confronti della collettività. S’è trattato in particolare di coniugare la spesa di un'opera al rispetto dell’econo-micità, secondo i nuovi concetti di edilizia sostenibile: materiali naturali, traspiranti, isolamento buono. Pur progettato ormai diversi anni fa, l’edificio ha degli standard notevoli di ecosostenibilità: riscaldamen-to con energie rinnovabili, fotovoltaico, pompe di calore per produrre l’energia che serve alla conduzione dell'edificio. L’illuminazione è a basso consumo, per lo più s’è usata tecnologia a led.Si è investito di più per avere un beneficio a lungo periodo. Ad esempio gli infissi del primo piano sono dotati di veneziana om-breggiante esterna utile, oltre che a pro-teggere dalla radiazione solare, anche a

sfruttare al meglio gli apporti gratuiti della luce solare sia nelle stagioni estive che in quelle invernali. La domotica è sta-ta utilizzata nella sala riunioni al fine di avere alcuni scettri di luce che migliorano il confort della sala stessa. Le acque me-teoriche sono state convogliate in cister-ne di accumulo per una capacità di circa ventimila litri. Le stesse saranno utilizza-te per l’irrigazione dei giardini esterni a mezzo di impianto di irrigazione a setto-ri. Le cisterne beneficiano indirettamente sull’ambiente circostante riducendo l’ef-fetto di corrivazione delle acque meteori-che, sempre più frequente a causa delle ‘bombe d’acqua’ stagionali. Si aggiunga che le partizioni interne degli uffici del pri-mo piano e del piano terra sono state re-alizzate utilizzando tecniche a secco, utili oltre che per una migliore organizzazione del cantiere, anche per una riduzione e abbattimento dell’emissione di CO2.Sebbene sia nata nel 2006/2007, la co-struzione ha buoni livelli di isolamento ed è prevista l’installazione di fonti di energia rinnovabile per la produzione di energia elettrica. Per questo sono stati utilizzati impianti ad alto rendimento con tecnologia inverter per la climatizzazione estiva e invernale che, alimentate dall’e-nergia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici, consentirà una riduzione dei costi e dei consumi energetici.Credo che per quello che abbiamo inve-stito è risultato un oggetto di qualità alta. Per fare le cose attuali bisogna guardare

Page 7: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 05

PLANIMETRIA GENERALE

lontano e loro (i proprietari) mi hanno la-sciato lavorare in questo senso. Ci siamo rapportati con la realtà locale, artigiani e maestranze, impiegando il personale che avevamo: nella fase di realizzazione è andata avanti una filosofia di questo tipo, tendente a far lavorare gente del posto, il personale delle nostre cooperative, come la CO.LA.P. Esiste inoltre un’importante differenziazione in questa costruzione: la parte sopra è direzionale, sala riunioni da una cinquantina di persone, pareti mobili, che delimitano tredici uffici, utilizzate per rendere confortevole il contesto lavorati-vo, pensando che chi opera in un ambien-te piacevole ha un benessere psicofisico migliore: per questo abbiamo pensato anche alle vetrate e al gioco delle traspa-renze. Ogni ambiente anche il più piccolo è bene illuminato e aerato”.

Dalla descrizione di Franco intuisco che l’uso delle ampie vetrate rende un tutt’u-no chi lavora nello stesso ambiente, ma contemporaneamente lo identifica con un suo spazio e un suo compito. “Il piano terreno ha una sua vocazione educativa: è fatto per ospitare i bambini del doposcuola che oggi sono stipati nella storica piccola sede di Monte San Savino. Si tratta di un centro d’aggregazione dove i ragazzi possono avere il servizio mensa, un ampio spazio di libero movimento, e alcuni laboratori per studiare e costruire. C’è stata dunque un’idea di integrazione

tra attività diverse ma in relazione vitale tra loro. Basterebbe pensare alla storia di queste opere nel contesto del Monte per capire quanto siano reciprocamente implicate. C’è in questo progetto il valore aggiunto della complessità, della convi-venza di aspetti diversi, delle commistioni che avvengono nella vita, che non sempre sono adeguatamente compresi nei limiti che vengono imposti a chi costruisce”.

E qui il nostro Franco, probabilmente con-templando le antiche pietre su cui è fonda-to l’Hotel delle Logge dei Mercanti, spicca il volo ed io penso che dietro la solidità

dell’uomo c’è anche una levità progettuale, una vera e propria visionarietà. Ma si sa, chi progetta con il cuore ha l’ultravista come Nembo Kid, e vede avanti, o vede dall’alto. Vede ad esempio l’utilizzo dello spazio in-torno alla palazzina, il possibile uso ludico e ricreativo del suolo, l’importanza degli spazi esterni, preziosi quanto quelli interni. Un progetto non finisce mai quando è finito il manufatto, si potrebbe dire che comincia allora. E anche il libro di questa palazzina è tutto da scrivere e attiene alla città futu-ra che Franco sembra già vedere. Caspita, non credevo mi sarei innamorato di un altro lavoro a sessant’anni suonati!

Page 8: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| SPECIALE COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1406

----------------------------------- SPECIALE di PIERGIORGIO BIGHIN e MARTA SCIABOLINI

ALDO PECCIARINI:

PADRE DI FAMIGLIA, APPASSIONATO AL BENE DI TUTTI

Tutto nel mondo moderno è organizzato contro lo stolto, contro

l’imprudente, contro lo sregolato, contro l’audace, contro l’uo-

mo che ha tale audacia, avere moglie e bambini, contro l’uomo

che osa fondare una famiglia”.

L’immagine del padre di famiglia tracciata da Peguy, in un suo straordinario scritto non terminato, mi accompagnerà per tut-to il colloquio con la famiglia di Aldo Pec-ciarini; per questo la troverete, in corsivo, disseminata qua e là nella memoria viva di questo uomo, un padre di famiglia “ap-passionato a Cristo e perciò appassionato al bene di tutti”, come disse Don Severino il giorno del funerale.

É una storia che ci apprestiamo a raccon-tare di quelle che segnano la vita di una famiglia, di una comunità, di un’epoca. La raccogliamo a due mani per non per-derne neanche un pezzettino. A due mani e due cuori: assieme al mio, quello di Mar-ta, che mi affianca nella casa di Rolando e Grazia e che mi supporterà con i suoi preziosi appunti.

É poco prima di Pasqua e davvero questa casa ci appare come un luminoso cenaco-lo in cui si rievoca una compagnia nell’u-nico modo possibile: ricreandola. Perché è questa la modalità per essere introdotti alla memoria cristiana: che rimanga viva la Presenza, che sia attuale, che sia oggi, qui, per te. Siedono con noi Giuliana, la moglie di Aldo, e i figli Paolo, Giovanni e Grazia,

mentre fanno capolino di tanto in tanto i nipoti. É una storia familiare per me quella di Aldo, simile cioè a quella di uomini già conosciuti, magari molto vicini a noi, che ci sono stati padri e maestri e sulle cui spalle siamo saliti. Storie del Monte, ma potreb-bero essere storie di Chioggia, di Asti, di Firenze, di Arezzo. Si tratta dell’epopea di una splendida generazione di uomini forti che hanno segnato il secondo dopoguer-ra, formati nell’Azione Cattolica degli anni ruggenti e poi sempre attenti a leggere i segni, a scovare le tracce, a camminare sulle orme, capaci di reinterpretare conti-nuamente il carisma e dunque mai vecchi!

Dopo alcuni anni come Ufficiale di Com-plemento, Aldo aveva iniziato a lavorare in Ferrovia nel ’54, a 24 anni, prima in Pie-monte (ad Alba ed in altre località), poi a Sinalunga e infine ad Arezzo, fino alla pensione. Un ispettore del Ministero dei Trasporti, che aveva visto come aveva organizzato il lavoro, voleva portaselo a Roma. Ma lui, senza tirarsi mai indietro in nessuna delle sue responsabilità, ad “una brillante carriera professionale” (come dopo ad una possibile carriera politica ‘romana’) ha sempre anteposto il legame con la sua famiglia e con il suo paese.

“Gli altri navigano a secco di vele, lui solo il padre di famiglia, qualunque sia la forza del vento è obbligato a na-vigare a piene vele…è sempre espo-sto a tutto, in pieno, di fronte, perché naviga su una larghezza immensa. Gli altri scantonano. Sono corsari. Sono a secco di vele. Ma lui, che naviga, che è obbligato a governare la nave su que-sta rotta immensamente larga, lui solo paga per tutti”.

Aldo e Giuliana, dopo essersi sposati l’11 aprile 1955, avevano conosciuto gli anni difficili della ricostruzione, quelli della contrapposizione ideologica, il muro con-tro muro. La battaglia era aspra, i brac-cianti comunisti non trebbiavano se la bandiera rossa non era piantata nell'aia. E dove erano passati i comizi comunisti, dovevano poi ripassare “i nostri”, a ripara-re… Fu l'epoca dei “comitati civici”, degli attacchinaggi a tappeto sui palazzi, dei megafoni per salvare l’Italia dallo spettro di un comunismo ateo e materialista. Aldo raccolse la stima di tutti, anche se furono anni di furore ideologico in cui si poteva non andare a trovare il povero maestro delle elementari, seriamente malato, perché cattolico. In queste zone

Page 9: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | SPECIALE COMARS NEWS | 07

la battaglia politica fu ancor più aspra che altrove e il clima rimase a lungo quello della guerra fredda.

Aldo approdò presto alla battaglia politica: eletto nel ’64 come Consigliere Comunale della Democrazia Cristiana, dopo più di venti anni di opposizione, dall’85 fece per dieci anni il Vice Sindaco, con un impegno ulteriormente accresciuto negli ultimi anni per la grave malattia che aveva colpito il Sindaco Romolo Lupino con cui, dopo anni di duri scontri dialettici, era nata una pro-fonda stima reciproca. Lo stanzino dove esercitava il suo mandato era a volte qua-si un confessionale: tante storie ascoltate con pazienza, raccolte con virile misericor-dia. É un assessorato davvero pesante il suo, quello all'urbanistica, in cui era facile essere esposti al “tiro al bersaglio”: porte-rà a termine il suo delicato incarico senza che nessuno abbia mai potuto mettere mi-nimamente in dubbio la sua onestà. Allora la politica era un’arte sopraffina, prevede-va lunghe ore di studio e lui, il Peccia, an-dava sempre al Consiglio Comunale con un malloppo di carte sottobraccio. Un uomo dalla sapienza antica, anche nella semplici-tà dei suoi tipici modi di dire: “Carta canta villan dorme…le cose prima si fanno poi si

dicono…organizziamoci ragazzi!”.Aveva il senso della responsabilità, non si dava e non dava tregua. E ogni volta che faceva i comizi i congiunti temevano gli prendesse un infarto.

“Solo il padre di famiglia mette in gio-co, rischia, impegna infinitamente di più nella destinazione del mondo, nel secolo, nella destinazione di tutto un popolo, nell’avvenire di questa razza mette tutto, la sua carne e di più; si gio-ca la razza, si gioca davvero il popolo, si gioca la sua discendenza”.

Ed ecco perché l’esperienza dei padri si salda e si rinnova in quella dei figli (e dei nipoti) senza soluzione di continuità…Tutta questa sapienza, questa esperienza delle cose e degli uomini, tutto questo ba-gaglio fu messo a disposizione dell'Arca.Che l’Arca di Noè, alla ricerca del suo Ara-rat, lo trovasse qui a Monte San Savino, non era scontato. Ma qui, già alla metà degli anni ’70, c’è un gruppetto di giova-nissimi ciellini e in questa compagnia per la vita nasce anche la caritativa: quattro ragazzi più grandi che la domenica pome-riggio, sotto il Chiostro, arrivano a tenere anche settanta ragazzi più piccoli.

Nel ‘79 venne Don Severino e rimase qui tredici anni e il Movimento di CL si radicò. Venne l'81, il referendum sull'aborto, e fu un’altra strenua battaglia per mostrare che era possibile un mondo diverso. Dall’86 Grazia fu responsabile del primo Centro socio-educativo L’Arca, nato dalla dedizione totale di giovani che coniuga-rono passione e lavoro. Lei dopo un po’ di tempo conobbe Rolando che lavorava all'Anaconda di Varese, era un trentino, rosso di capelli, venne qui per uno scam-bio di esperienze e si incontrarono. L'Ana-conda affrontava l'handicap in un modo geniale, tenendo presenti tutti i fattori. Questo lavoro cominciò ad interessare Trento, Carpi, Maranello, Monte San Savi-no. Quattro, cinque realtà cominciavano a confrontarsi dietro la guida di “Nietta” (Dott.sa Maria Antonietta Aliverti di Va-rese), pediatra neuropsichiatra, ideatri-ce del nuovo metodo. E allora comincia quell’avventura educativa che, grazie a Dio, è continuata nel tempo.E lui, Aldo, si prende cura degli aspetti di costruzione civile di quest’opera dedi-candosi alla stesura dello Statuto, parte-cipando alle feste e alle vacanze. Paolo, il figlio maggiore, entrato a far parte della associazione laicale dei Memores Domini, sottolinea che i genitori Aldo e Giuliana erano proprio una coppia “scintillante”: “Sì, lo erano perché sono sempre stati una coppia fedele e insieme in tutto, ma avevano anche due caratteri molto diver-si, facevano davvero scintille!”.

La chiacchierata con Giuliana e con i suoi figli si rivela subito un torrente in piena di bellezza che non si può arginare e da cui ci facciamo piacevolmente coinvolgere: ognuno ha da dire la sua, non si segue un filo logico o temporale, ma la vita stessa di Aldo non è stata un rifiorire continuo di cose belle, nuove e difficili da etichettare?Paolo racconta ad esempio di quando, correva l’anno 1972, era in viaggio con de-gli amici, il babbo lo fece chiamare dall’al-

< Aldo con la moglie Giuliana ed i figli Paolo, Gianni e Grazia

Page 10: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| SPECIALE COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1408

toparlante della stazione di Ivrea (allora non esistevano certo i telefonini) per sa-pere se andasse tutto bene. Aldo favoriva la libertà dei figli ma non li lasciava mai soli, li seguiva a distanza. “Liberi”, conti-nua Paolo, “ma allo stesso tempo vicini”. Aldo è stato un padre che ha dimostrato sempre, in ogni occasione, un grande amore alle decisioni e al destino dei figli.

Ancora Paolo ricorda quando il babbo gli regalò il Dizionario della Lingua italiana, il celebre Devoto-Oli, appena uscito e re-galatogli a sua volta dallo stesso Oli che a quel tempo possedeva una casa a Mon-te San Savino. Sul retro della copertina si legge la dedica di Aldo al figlio: “A Paolo. Quando sfoglierai queste pagine potrai ricordarti che l’uomo deve essere sempre disponibile ad apprendere cose nuove con umiltà, è un dono importante che ti faccio con affetto. Babbo Aldo”. La parola umiltà è un termine che rappresenta com-piutamente la personalità di Aldo.

Pochi giorni prima della morte, Paolo chiama il babbo per farsi ricordare una sua frase: “Per essere forti bisogna essere umili”, gli ripeté il babbo.

Questa frase racconta bene la vita di Aldo e la decisione dei figli di mettere nel santino in occasione della sua morte una frase tratta della seconda lettera di San Paolo a Timoteo: “Ho combattuto la buo-na battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”.

Per Aldo servire ha significato rendersi presente attraverso tutto in tutti fino all’ul-timo istante, come ricorda Grazia: “Mio babbo è morto vivo! Infatti il giorno in cui morì, saranno state le 18.00, sento aprire la porta di casa, era lui che era passato, prima di andare a messa, per sapere se avessi bisogno di un aiuto. Babbo non ho bisogno di niente, puoi andare a Messa!”. Dopo la funzione Aldo e Giuliana torna-rono dalla figlia per chiederle se avesse bisogno di qualcosa: ”No,grazie,andate pure a casa”. Dieci minuti dopo Grazia fu avvertita che Aldo era morto:“S’è tratta-to di una morte santa, commenta Grazia, non solo perché aveva ricevuto l’Eucare-stia poco prima, ma anche perché è stata una morte pensata da Dio per lui: Aldo infatti aveva una gran paura dell’ invec-chiamento e della perdita della sua au-tonomia...questo lo avrebbe accettato a

fatica, lui, uomo così energico”.“Sapeva essere davvero coinvolgente”, ri-corda la moglie, “la gente lo seguiva per-ché era una persona carismatica, capace anche di ribellarsi a quelle cose che non gli tornavano”.“Anche di mio figlio Emanuele dicono che è un leader, a noi non sembra e invece…assomiglia al nonno che, commenta Gian-ni, anche verso questo nipote ha avuto una premura particolare fino all’ultimo giorno!”.

Man mano che il dialogo prosegue appa-re sempre più evidente che la vita di Aldo è ancora capace di affascinare un uomo o un ragazzo di oggi. Uno di fronte alla vita di Aldo può solo dire: “É così che io vorrei vivere e morire”. Paolo commenta: “Io come figlio mi riconosco sempre di più nel mio babbo ed è altrettanto bello riscoprire i tratti di lui nei nipoti”. Vero-nica, Maria, Emanuele, Gabriele, Marco, Michele: sei bellissimi nipoti per cui non-no Aldo è stato un modello da seguire, tenero e creativo allo stesso tempo, come quando per far addormentare la piccola Veronica con la sua Bianchina si inerpica su verso Gargonza!

--------------------------------------------- SPECIALE

Solo lui il padre di famiglia è pieno di responsabilità reale con la creazione, con tutto il mondo, infini-

tamente più grave delle nostre proprie responsabilità, personali, particolari, limitate, note, individuali

e collettive; infinitamente più profonda, infinitamente più vicina alla creazione stessa, al mistero, al

segreto della creazione”.

Il Banchetto delle Tende di Natale al Santuario della Madonna delle Vertighe Giuliana e Aldo: una coppia scintillante

Page 11: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | SPECIALE COMARS NEWS | 09

Grazia chiede a mamma Giuliana di rac-contare anche dell’ Opera della Madon-nina del Grappa: Giuliana e Aldo infatti hanno iniziato il loro cammino nella fede all’interno dell’Azione Cattolica, la quale ogni anno proponeva degli Esercizi Spi-rituali che si tenevano in qualche luogo dell’area aretina. Giuliana conosceva Fe-licina, una laica consacrata molto legata alla Comunità di Sestri Levante, del Servo di Dio Padre Mauri. Giuliana le chiese se fosse a conoscenza di un luogo grande in grado di ospitare non solo gli adulti dell’Azione Cattolica, ma anche tutta la famiglia. Felicina segnalò che a Sestri già da alcuni anni si tenevano gli Esercizi Spi-rituali delle famiglie.

Pertanto nel 1965, al compimento del de-cimo anniversario di matrimonio, la fami-glia Pecciarini (tranne Grazia che fu lascia-ta in quell’occasione a casa con la tata) si recò a Sestri e da allora questa esperienza si è ripetuta ogni anno e ancora oggi con-tinua, con immutato affetto, col figlio Pao-lo. “Per noi si è trattata di un’altra grande famiglia”, afferma commossa Giuliana.

Paolo offre una lettura interessante di questa esperienza: “Mio babbo era molto legato a Monte San Savino e alle sue fi-gure più significative (basti pensare anche al suo impegno per far conoscere il poeta savinese Giulio Salvadori), ma ha sempre desiderato avere un orizzonte più gran-de del paese stesso! Sestri, ad esempio, si dimostrò un’occasione importante per conoscere altra gente! Negli ultimi anni mio babbo e mia mamma si allontanava-no di rado dal Monte, magari per andare a sentire un’opera lirica, ma rimanevano comunque nei paraggi, per essere sempre presenti!”.

La citazione dell’opera lirica fa ricordare a Giuliana un momento tenero della sua vita con Aldo, quando il marito le fece come primo regalo la Cavalleria Rusticana di Mascagni: “In questo modo partecipò al mio amore per la lirica!”.Se c’è una cosa che balza evidente nella vita di questo testimone del nostro tem-po è la capacità di leggerne i segni, nelle varie tappe dell’età, di restare aperto alla bellezza che accade e a riconoscerla, a

riconoscere il bisogno dell’uomo vicino e lontano e servirlo.

“Il padre di famiglia non è coinvolto solo nella città presente, è coinvolto dappertutto nell’avvenire del mondo, e anche in tutto il passato, nella memo-ria, in tutta la storia”.

Nel dipanarsi delle diverse stagioni della vita di Aldo un centro affettivo è sempre stato costante: la sua devozione a Ma-ria espressa con un legame sempre più vivo e quotidiano con “il Santuario del-la nostra Madonna delle Vertighe”. Ed è proprio qui, nel segno della carità, anche la sua ultima espressione pubblica: l’8 di-cembre 2009, tre giorni prima di morire, al termine della Messa della Festa dell’Im-macolata rivolse a tutti i fedeli presenti l’invito a sostenere le Tende di Natale, iniziative di solidarietà in vari luoghi di bi-sogno nel mondo.È per questo che padri come Aldo sono quelli che Dio tiene tra le braccia per co-struire, dopo la città terrena, anche quel-la celeste.

Aldo con la moglie Giuliana, i figli ed i nipoti

Page 12: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1410

di MARTA SCIABOLINI

S.O.S LAVORO

Come sappiamo la situazione lavorativa in Italia è tra le più drammatiche: sono tan-te le persone, soprattutto giovani appena diplomati o appena usciti dall’università, che non riescono a trovare lavoro, nem-meno qualora siano disponibili ad accon-tentarsi di occupazioni che non concerno-no gli studi fatti o si pieghino ad accettare condizioni lavorative di sfruttamento.

Tra questi giovani ci sono anche io, laurea-tami a dicembre con tesi magistrale in Let-tere. Lo sconforto che spesso mi ha colto nella mia esperienza di ricerca del lavoro ha assunto un valore positivo nel momen-to in cui mi ha costretto a pormi alcune domande di senso: perché mi preoccu-po così tanto di trovare lavoro? È solo una questione di guadagno economico o c’entrano altri fattori? E ancora: cosa

c’entra il mio desiderio di felicità con la ricerca del lavoro? Il lavoro è in grado di compiere il mio desiderio?Ho provato a rispondere a queste doman-de attraverso due testimonianze straor-dinarie: quella di Enrico Tiozzo Bon, Pre-sidente della Federazione dei Centri di Solidarietà e quella di Emily, una giovane ospite di Casa San Martino, neo diploma-ta e in cerca di lavoro.

Enrico, appena laureata ho subito inizia-to a cercare un lavoro che fosse inerente ai miei studi umanistici, ma la maggior parte dei miei tentativi è fallita. Provata da questa situazione ho deciso di iniziare ad accontentarmi di qualsiasi lavoro mi venisse offerto purché mi permettesse di guadagnare, infatti trovo ingiusto di-pendere ancora dallo stipendio dei ge-nitori. Mi sono accorta però che questa posizione, seppure si dimostrava giusta nella teoria, non mi rendeva felice nella pratica, infatti mi sono trovata a sostene-re ogni colloquio lavorativo con un senso d’oppressione ed ero tutte le volte schia-va dell’esito. Come è possibile affrontare la ricerca del lavoro e poi il lavoro stesso

senza sentirsi soffocare?Ipotizziamo che sia vero che tu cerchi lavoro soltanto perché hai bisogno di soldi e ipotizziamo che finalmen-te un colloquio abbia esito positivo e ti prendano. Ecco, un secondo dopo che ti han-no presa, scatta subito la domanda: io col mio lavoro cosa sto costruendo? Io che ci sto a fare nel mondo? Den-tro al lavoro si gioca sempre un altro lavoro e cioè: io per che cosa lavoro? Lavoro per i soldi o c’è dell’altro?

Facciamo l’esempio che ti prendano a la-vorare come commessa, che non è pro-prio il lavoro che vuoi fare nella vita: fai la commessa per i soldi o per altro?

Ad esempio potresti scoprire che fare la commessa è un’occasione per incontra-re gente nuova, oppure se ti prendono a fare le pulizie potresti scoprire che fare le pulizie è un’occasione per capire che sei utile al mondo. Dentro a qualsiasi lavoro c’è un grande tesoro da scoprire e cioè tu cosa ci stai a fare al mondo. Lavorare per i soldi è soffocante, non è soffocante se si lavora per l’ideale e l’ideale è il fatto che tu hai un compito nella vita e il tuo compito è quello di diventare santa.

Puoi spiegarmi cosa significa che il mio compito nella vita è di diventare santa?La ricerca del lavoro è la condizione di rea-lizzazione di sé e la realizzazione di sé sta nella santità, ovvero sta nel fatto che la tua vita ha uno scopo, che c’è un ideale che la compie in tutte le circostanze, quindi an-che nel lavoro. La mentalità odierna ti dice il contrario, ti dice che tu lavori per farti il conto in banca. Ma non è di gran lunga meglio la possibilità di andare a lavorare contenti?

Come si fa a tenere viva questa mentalità contro quella odierna?Occorre la comunione, cioè occorre non essere soli. Scriveva Don Giussani nel 1979: “L’adulto è qualificato dal lavoro e l’adulto cristiano è caratterizzato dal modo con cui affronta il lavoro. Egli capi-sce che non può viverlo se non nella co-munione e allora, nella maniera a sé più congeniale, si coagula con altri coi quali riconosce una unità di comunione e coi quali ritiene di poter essere aiutato nell’af-frontarlo”. Per questo sono nati i Centri di Solidarietà, che sono degli sportelli, o me-glio delle porte aperte per chi cerca lavo-ro e ha una domanda aperta in merito. In questa apertura si può infilare qualcosa di decisivo: i Centri di Solidarietà sono per-sone amiche che ti dicono: “Stai con me e andiamo a fondo di questa domanda!”.

Page 13: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 11

EMILY È OSPITE DI CASA SAN MARTINO DA CIRCA CINQUE ANNI, DA QUANDO PER MOTIVI FAMILIARI HA DOVUTO LASCIARE LA CASA PATERNA A FIRENZE E È ANDATA AD ABITARE IN COMUNITÀ.

Emily, sei contenta della tua vita a Casa San Martino? | Qui mi trovo molto bene perché ci sono persone disposte ad aiutarmi in tutto, è come se avessi trovato tantissimi genitori. Anzi io vorrei che il mio rapporto con loro continuasse anche dopo che me ne sono andata1, solo allora potrei dire che queste persone che ho incontrato sono davvero la mia famiglia, perché una famiglia è una fa-miglia solo se ti accompagna per la vita e mi farebbe molto male se non fosse così!

Puoi spiegarti meglio? | Io desidero una fa-miglia che abbia cura di me, che mi aiuti a prendere le giuste decisioni e che desideri una continuità di rapporto con me. Io sono di Firenze, ad Arezzo conosco poche perso-ne, sono rimasta a Casa San Martino solo perché ho incontrato gente che merita.

Emily, ho saputo che stai cercando lavoro e visto il momento drammatico che la no-stra nazione sta vivendo proprio in questo ambito e visto che anche io sono nella tua stessa condizione, vorrei chiederti cosa stai scoprendo in questa tua ricerca. Quali studi hai fatto? | Io ho frequentato l’Istitu-to Vasari di Arezzo, mi sono diplomata nel settore commerciale e turistico. Quest’an-no sarebbe stato il mio primo anno all’uni-versità e avrei certamente provato a farla se avessi avuto le possibilità economiche.

Quale università avresti scelto? | Avrei scelto Lingue, anche se non mi sento molto all’al-tezza, ma siccome mi piace molto viaggiare e il mio sogno nel cassetto è fare l’interprete avrei scelto sicuramente questo indirizzo.

Ti dispiace molto non aver potuto inizia-re l’università? | Sì, anche perché almeno mi sarei tenuta impegnata! Il lavoro non si trova e io non sopporto di starmene con le mani in mano.

Cosa significa per te trovare lavoro? | Io cre-do che puoi essere realmente indipenden-te solo se hai un lavoro! Io ad esempio vivo in ristrettezze economiche che non mi per-mettono di prendere in mano la mia vita, di seguire finalmente la mia strada. Cerco un lavoro perché cerco una sicurezza e un fu-

turo: se hai un lavoro hai un’entrata e quin-di ti puoi permettere certe cose!

Secondo te trovare un lavoro e quindi un guadagno economico basta a compiere il tuo desiderio di essere felice? Io ad esem-pio sto scoprendo che trovare un lavoro non è sufficiente a colmare la mia sete di pienezza! | Ma io non cerco un lavoro qual-siasi che mi faccia fare i soldi! Io desidero fare un lavoro bello, che mi piaccia, che mi soddisfi e che quindi andrei a fare volentie-ri. Se trovassi un lavoro che mi piace non guarderei più al bisogno economico, per-ché il piacere di fare quel lavoro mi rende-rebbe felice indipendentemente dal gua-dagno in euro. Io ho realmente bisogno di soldi, ma posso guardare oltre a questo bi-sogno se incontro ciò che mi rende felice.

Tu adesso sei felice? | Sì, sono felice, an-che se sono senza lavoro. Credo che il lavoro sia una possibilità in più per accre-scere la mia felicità personale. Che poi io sono anche fortunata perché ogni tanto qualche piccolo lavoro lo rimedio…

Che cosa fai? | Da quando ho finito la scuola ho sempre cercato lavori inerenti ai miei stu-di, ad esempio da ottobre, nei momenti di carenza del personale, lavoro presso l’Hotel Logge dei Mercanti. Però ho scoperto che questo lavoro non mi piace e io non voglio accontentarmi di fare lavori che non amo fare! Ad esempio potrei avere la fortuna di trovare un lavoro a tempo indeterminato come donna delle pulizie, ma anche se gua-dagnassi abbastanza so che non sarebbe il lavoro per me, perché a me non piace e non riesce pulire. Io non posso permettermi di accontentarmi, ne va della mia felicità!

Quale è il lavoro dei tuoi sogni? | Vorrei fare la commessa. Non l’ho mai fatta e so che non si può dire se un lavoro è per te o no se non ne hai fatto esperienza, ma io, oltre all’amore per le lingue, ho anche una gran-de passione per la moda e quindi il lavoro della commessa si avvicina al mio sogno.

Hai detto che ogni tanto lavori all’Hotel, ma che hai scoperto che non è il lavoro che fa per te. Come mai continui ad andarci nonostante questa consapevolezza? | Sono stata inserita tra il personale dell’Hotel a ottobre 2013. Io avevo già fatto un tirocinio scolastico come receptionist presso un altro albergo e già lì mi ero accorta che quel lavoro non mi piaceva, però ho deciso lo stesso di aderire alla propo-sta della Cooperativa CO.LA.P2 per due moti-vi: non solo per avere un piccolo guadagno, ma soprattutto perché mi sono sentita una privilegiata ad avere questa possibilità. Infatti

lavorare all’Hotel è un’occasione preziosa per mettermi alla prova e per cercare chi e che cosa corrisponde davvero alla mia vita!

È una posizione invidiabile. Ci sono stati dei momenti di lavoro all’Hotel in cui hai sco-perto che era bello lavorare lì, nonostante tu sia convinta che non sia il lavoro adatto a te? | Sì! Ad esempio quando alcuni ospiti dell’Hotel mi hanno ringraziato o mi hanno detto che sono una tipa in gamba, allora ho pensato: “Se loro mi fanno i complimenti vuol dire che non si sono accorti che in re-altà questo lavoro non mi piace, quindi vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro, cioè che l’ho svolto senza pregiudizi, fuori dai miei schemi mentali, che ho lavorato contenta!”.

Quindi il punto non è trovare un lavoro che ti piaccia, ma che posizione umana hai in qualsiasi lavoro fai… | Sì! In effetti in quei momenti in cui mi sono accorta che era bello lavorare all’Hotel ho capito che puoi fare anche un lavoro che non ti piace senza deprimerti, perché è sempre un’oc-casione preziosa per riscoprire sé stessi e per cercare la strada della vita.

Quindi non è il lavoro in sé che realizza l’uomo, ma ciò che lo realizza è l’ideale ultimo, cioè il fatto che sei stato messo al mondo per scoprire chi sei, cosa desideri e dove è la tua felicità. Purtroppo invece gran parte della mentalità odierna ci fa credere che valiamo se abbiamo un lavo-ro e un conto in banca. Tu cosa ne pensi? | Credo che è grazie alla famiglia e agli amici se questa mentalità non vince nella mia vita e se posso affrontare positivamente la ricer-ca del lavoro a partire da ciò che mi è dato.

AL LAVORO CON

EMILY

1 La permanenza a Casa San Martino è prevista fino all’età di ventuno anni. | 2 La Cooperativa CO.LA.P si occupa di inserimenti lavorativi di persone in difficol-tà, a partire anche dagli ospiti delle strutture gestite dal Comars.

Page 14: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1412

di MARTA SCIABOLINI

A ROMA PER UN INCONTRO

"GLI UOMINI NON AMANO ROMA PERCHÉ FU GRANDE, MA ROMA È DIVENTATA GRANDE PERCHÉ FU AMATA." - G. K. CHESTERTON

Incontro Luisa e Cinzia nell’attuale sede di Bandallegra, tra cartelloni e disegni colo-rati che raccontano la storia di un’amicizia e di piccole vite in cammino alla ricerca di chi rende veramente felice l’esistenza. Anche l’esperienza di tre giorni trascor-sa da Luisa e Cinzia a Roma si è svolta all’insegna della bellezza: una prerogativa questa di tutte le iniziative promosse dalla Confraternita, attenta che i gesti non sia-

no solamente densi di contenuti interes-santi, ma che si svolgano anche in posti oggettivamente belli. “Ho deciso di dire sì a questa proposta” , dice Luisa, “intanto perché ero rimasta colpita dall’entusia-smo con cui Cinzia aveva subito aderito all’iniziativa e poi perché mi piace il modo di lavorare di Enrico Tiozzo Bon, mi pia-ce questo ‘fare insieme’ perché tutti sono un’opportunità”.

A Roma erano presenti molte realtà che operano nel sociale, ad esempio mi rac-contano delle volontarie che lavorano presso il Centro di Solidarietà di Forlì, che offre un servizio di orientamento al lavo-ro. Luisa è rimasta affascinata dal metodo usato da queste ragazze per rispondere ai bisogni di chi incontrano, un metodo che prevede sia il loro coinvolgimento che un’attenzione vera all’altro: “Queste

Page 15: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 13

volontarie ci raccontavano che si era pre-sentata da loro una donna che diceva di voler fare la parrucchiera e una delle ragazze del Centro si è fatta tingere i ca-pelli per vedere se fosse davvero il lavoro giusto per lei, o ancora ci dicevano di una donna che ha chiesto lavoro come colf e una volontaria del Centro l’ha portata a casa sua per vedere come puliva!”. Luisa quindi mi delinea con precisione tutto ciò che hanno visitato e incontrato a Roma, dalla prima sera trascorsa presso la Fraternità San Carlo Borromeo, al gior-no dopo con la visita alla Chiesa di San Fi-lippo Neri, “il secondo santo protettore di Bandallegra, dopo la Madonna delle Ver-tighe”, afferma Cinzia. Poi l’incontro con i sacerdoti del Pontificio Collegio America-no del Nord, che erano rimasti colpiti da come, nella realtà educativa di San Bene-detto del Tronto, fosse evidente che “la

fede incide nella vita”. E ancora i pranzi a Piazza Navona, “da viveur”, la visita ai Fori Imperiali e a due chiese importanti: quella di Sant’Eusebio, una delle prime chiese di Roma, inserita in una sorta di Chinatown e con a fianco una moschea, come a si-gnificare che il centro della cristianità è to-talmente immerso in tutta la realtà, e quel-la di Santa Maria so-pra Minerva, dove è conservato il corpo di Santa Caterina.

L’ultimo giorno, la domenica mattina, si sono ritrovati per l’as-semblea finale: “È sta-to un ‘fare affari’, cioè ci siamo raccontati la

ricchezza che ti porti a casa”. L’incontro si è svolto in una sala del Collegio America-no: “Un posto incredibile! Una sala dove le pareti erano delle finestre enormi da cui vedevi la cattedrale di San Pietro!”, “Ve-devi il Paradiso!”. Alla fine dell’assemblea l’esperienza romana si è conclusa nella grande terrazza del Collegio, da dove è possibile scorgere tutta Roma e da dove hanno potuto pregare l’Angelus insieme al Papa.Cinzia racconta come è cambiata la sua posizione nel lavoro e nella vita intera dopo questi tre giorni.Cinzia ha aderito all’invito immediatamen-te, anche a motivo del suo amore incon-dizionato per l’urbe eterna, “anzi avevo segnato tra gli iscritti molti educatori di Bandallegra che purtroppo non sono po-tuti venire!”.“Appena tornata da Roma ho chiesto subito di poter raccontare la mia espe-rienza al direttivo del Comars, per un de-siderio di unità con tutti, scaturito dalla commozione per l’unità che c’era tra tut-te le realtà presenti a Roma. Inoltre pre-sto Bandallegra dividerà la sua dimora con gli uffici del Comars per cui questa unità è oggettivamente più richiesta. Io ero piuttosto scettica rispetto al nostro trasferimento nella nuova sede, anche perché sono molto affezionata a quella storica che abbiamo. Allora ho deciso di portare alcuni miei educatori a vederla ed erano tutti esaltati! Ho capito quindi che il nostro trasferimento, cioè la possibilità di essere tutti lì insieme è un’occasione grande per proporre un’unità nel lavoro. In genere siamo abituati a coltivare ognu-no il proprio orticello, invece ci è richiesta un’unità, ovvero un ‘reimpastarsi l’uno con l’altro’, come ci dicevano a Roma, cioè che l’opera buona non risiede nell’at-tività ma nel soggetto che si impasta con l’altro, altrimenti Bandallegra, vista la cri-si in cui versa, a settembre avrebbe chiu-so. È così che io ho iniziato ad amare la nuova sede”.

di MARTA SCIABOLINI

A ROMA PER UN INCONTRO

Page 16: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1414

(Parte 2)

FARE AFFARI AL TELEFONO CON

ENRICO TIOZZO BON Enrico, tu sei il fondatore della Confraterni-ta. Di che cosa si tratta? | La Confraternita non è niente, cioè non è una società, ma è un nome che un po’ descrive l’esperienza che facciamo, che racconta un popolo. Pos-siamo dire che la Confraternita è un coagu-lo di persone che si riuniscono liberamente per sostenersi nell’esperienza umana del lavoro. Non si tratta di un insieme di opere, ma di un insieme di persone che lavorano per l’ideale e l’ideale è diventare santi.

Perché la scelta di questo nome? | Il nome Confraternita lo abbiamo tratto dalla fra-se di Don Giussani del 1979 (vedi artico-lo precedente, S.O.S. Lavoro: “L’adulto è qualificato dal lavoro e l’adulto cristiano è caratterizzato dal modo con cui affronta il lavoro. Egli capisce che non può viverlo se non nella comunione e allora, nella manie-ra a sé più congeniale, si coagula con altri coi quali riconosce una unità di comunio-ne e coi quali ritiene di poter essere aiu-tato nell’affrontarlo”). In conclusione Don Giussani afferma: “Senza queste confra-ternite [cioè senza questi coaguli, senza questi legami, cui io cedo] come faranno le nostre associazioni a resistere in campo

sociale, culturale e politico?”.Il nome Confraternita si ispira alle confra-ternite medioevali, quando gli artigiani si ritrovavano insieme a lavorare e si accor-gevano che il lavoro in sé non li realizzava, allora iniziarono a servire opere di carità basate sulla gratuità.

Cosa significa che le opere di carità sono basate sulla gratuità? | La cosa più impor-tante in un’opera di carità è che la carità accada e la carità accade gratuitamente, altrimenti non è più un’opera di carità, ma è un’impresa di servizi. Noi siamo i custo-di della carità: non siamo noi che faccia-mo accadere la carità, accade da sola, gratuitamente, noi dobbiamo solo custo-dirla e servirla.

Nel gergo della Confraternita risuona spesso la frase “fare affari”. Puoi spiegar-mi cosa significa? | Se la carità accade e quando la carità accade è un affare! La Confraternita è una fraternità di gente che fa affari e fare affari in un’opera di carità significa scoprire qualcosa di utile, qual-cosa che ti fa lavorare meglio, in un modo più produttivo ed efficace.

Cinzia continua raccontandomi del dialo-go con Marco Sermarini, fondatore della Società Chestertoniana Italiana e guida della Compagnia educativa dei Tipi Lo-schi. “Ah, voi siete quelli di Bandallegra! Siete simpatici!”. Cinzia gli ha quindi ac-cennato al periodo difficile in cui versa la sua realtà educativa e Sermarini ha com-mentato: “Siete senza lavoro? Bene, per-ché in questo modo dovete impegnarvi di più a scoprire il motivo del vostro opera-re e cosa Dio ha preparato per voi!”. “E ha ragione, infatti stanno venendo fuori grandi frutti! Ho scoperto che quello che ci dicevano a Roma è vero, che siamo fortunati a lavorare in questo precariato, perché ci educa a stare nella vita da pre-cari, cioè ci educa a riconoscere che tutto ci è dato e che tutto va ‘gustato, servito e custodito’! Ma si può essere precari certi e lieti solo in un’unità!”.Avere perso la gara di appalto col Comu-ne si è rivelato per Cinzia (e per gli educa-tori di Bandallegra) non solo un’occasione preziosa per andare a fondo del perché fanno questo lavoro, ma ha significato anche tornare all’origine della formazione dell’Arca e quindi desiderare che l’Asso-ciazione possa diventare un momento di compagnia per tutti. Ha significato risco-prire una grande gratitudine per questo modo di lavorare dove quello che hai può essere messo al servizio di tutti anche se non ne sai gli esiti. “A Roma ci dicevano

che se le nostre opere non partono dall’e-sperienza di bene che facciamo su di noi, possono essere perfette, ma non sono una novità per noi e per il mondo!”. Così anche la ricerca dei fondi, che L’Arca si sta impegnando a trovare, diventa un’oc-casione per chiedersi: ma io cosa ho da offrire al mondo? “Noi siamo imprenditori di qualcosa di buono, per questo vale la pena chiedere. Se noi non abbiamo chia-ro che il nostro lavoro è buono e coopera al bene non vale la pena chiedere!”. Ov-vero, siamo amministratori o ancor me-glio custodi di qualcosa di buono che ci è stato gratuitamente dato, per questo chiediamo, ci permettiamo di chiedere, non per noi, ma per questo buono che ci

è stato dato. E Luisa aggiunge: “Spesso diciamo che le realtà educative e che ope-rano nel sociale nascono per rispondere ad un bisogno, ma detto così sembra che partano da qualcosa che manca e invece muovono da qualcosa che già c’è!”.

L’intervista si conclude con l’aneddoto del seminarista messicano che a Roma rac-contava che nel suo Paese circola un pro-verbio per cui “Quando qualcuno o qual-cosa ti è familiare entra fino in cucina”, ovvero, mi spiega Luisa: “Un estraneo non lo fai entrare in cucina, lo fai stare in sa-lotto! Ecco, noi desideriamo un rapporto con tutti, talmente familiare, da entrare fino in cucina!”.

Page 17: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 15

di PIERGIORGIO BIGHIN

FAMIGLIEAMICHE:

L'ALTRO NOME DELL'EDUCAZIONE È MISERICORDIA

Adriano mi fa apprezzare il nuovo Van della Volkswagen che sembra quasi una navicella spaziale fatta per contenere questa famiglia incredibile, che si allarga secondo i misteriosi disegni dello Spirito. In macchina si scherza con i suoi tre figli, mentre viaggia con noi anche Mariella che porta in grembo Davide, il figlio dell’im-previsto…

Ma quale figlio è previsto dentro un'aper-tura in cui le tracce le mette un Altro e tu sei chiamato solo a seguirle rispettando-le? In un'epoca in cui gli uomini credono di potersi far da sé, di programmare la re-altà familiare come si programma un viag-gio all'estero, questa famiglia svela un diverso modo di leggere la storia propria e per questo forse può aiutare altre fami-glie. Perché o la famiglia è questa apertu-ra al Mistero, o non è.

Ci troviamo in meno che non si dica a San Martino, dalle cui cucine sta uscendo una pasta carbonara, prodotta da un'équipe di ragazzi ed educatori (certo che anche ai fornelli passa lo spirito di servizio che caratterizza quest’opera, vero Rolando?). Con noi stasera ci sono parecchie fami-glie che hanno deciso periodicamente di fare compagnia alla comunità dei ragazzi di San Martino. Ciascuno si è portato qui, con i suoi figli, le sue preoccupazioni, le sue storie, ma è una storia più grande quella che incontrano stasera: è la storia dell'accoglienza, è lo sguardo vero che si può imparare sempre e in cui il più piccolo tra noi può esserci maestro. Cosi i ragaz-zi di San Martino si mettono in contatto con realtà familiari disposte all'incontro. In educazione il problema oggi non è la generazioni dei discepoli, ma quella dei maestri. Quali maestri, quali padri, qua-li madri, quali testimoni hanno di fronte oggi i nostri figli e i nostri ragazzi?

Il Papa ci ha detto e ci ha fatto ripetere in una domenica di maggio che “per educa-re un figlio ci vuole un villaggio”. E qui si vede un villaggio di famiglie amiche che per una volta si piegano sul bisogno affettivo di altri bambini. E gli educatori guardano e si confrontano con un approccio che può essere diverso dal proprio e introduce una ben diversa acce-zione di professionalità. E così si impara l'educazione: perché l'altro nome dell'e-

ducazione è misericordia, per cui un altro ti viene incontro là dove sei. Non ti chiede prima di cambiare, non ti chiede di fare qualcosa, ma viene a prenderti là dove tu sei , viene a prenderti con i tuoi gusti, con i tuoi limiti, con il tuo passato difficile.

Me ne vado grato da San Martino, per aver già visto quel villaggio di cui ci par-lerà Papa Francesco in una caldissima do-menica di maggio.

Viaggio con Adriano e la sua famiglia, che permane per me un bel mistero di grazia, verso San Martino dove vivremo assieme il momento della cena.

Page 18: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

| COMARS NEWS | NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA1416

San Martino accoglie fino ad un massimo di dodici minori di entrambi i sessi, temporaneamente impossibi-litati a permanere nel nucleo familiare. L’affidamento dei minori alla comunità avviene attraverso il Tribunale per i Minori e i Servizi Sociali dei Comuni di appartenenza.

Riferimento Rolando ZanonE-mail [email protected]

Sede Loc. Vitiano, 58 ∙ 52100 ArezzoTel. e Fax 0575.97494E-mail [email protected]

La Cooperativa Sociale CO.LA.P Onlus è una coope-rativa di Tipo B impegnata da più di quindici anni nell’inseri-mento lavorativo di persone in difficoltà. Nasce per risponde-re al bisogno di integrazione sociale e lavorativa di persone in situazione di disagio e per offrire opportunità di lavoro stabile per i propri soci.

Riferimento Matteo ValocchiaSede Via Sansovino, 28 ∙ 52048 Monte San Savino (AR)Tel. 0575.844364 ∙ Fax 0575.844550Email [email protected]

www.consorziocomars.com

I posti complessivi sono ventitre, destinati esclusivamente ad anziani ed inabili autosufficienti, oltre a sei posti autorizzati per il Centro diurno.

Sede Via Ciapi, 11 ∙ 52048 Monte San Savino (AR)Tel. e Fax 0575.844893

La Residenza Psichiatrica Villanova può ospitare in regime residenziale quattordici persone di entrambi i sessi. Fino ad oggi ha ospitato cinquantacinque persone, quasi tutti con disturbi psicotici gravi e qualche ragazzo/a con disturbi di personalità.

Riferimento Stefano TusinoE-mail [email protected] ∙ Cell. 328.9555749

Sede Via XXIV Maggio, 12 ∙ 06070 VillanovaMarsciano (PG)Tel. e Fax 075.8757003E-mail info@residenzapsichiatricavillanova.itwww.residenzapsichiatricavillanova.it

L’Hotel Logge dei Mercanti è un an-tico palazzo del 1600 che un tempo costituì la vecchia farmacia del bor-go. Le tredici camere, una diversa dall’altra per decori e rifiniture, con travi a vista oppure impreziosite da antichi affreschi, propongono un’atmosfera di grande pregio ed eleganza, grazie anche all’arreda-mento d’epoca che si sposa con

elementi moderni e funzionali. La sala delle colazioni si trova sotto il livello stradale, in un suggestivo contesto medievale.

Riferimento Valentina ValocchiaCorso Sangallo, 40/42 - 52048 Monte San Savino (AR)Tel. 0575.810710 ∙ Fax 0575.849657Email [email protected]

www.loggedeimercanti.it

CENTRO DIURNO “L’ARCA”

Sede Via Ciapi, 11 ∙ 52048 Monte San Savino (AR)Tel. e Fax 0575.844060

Bandallegra e Sede Ass.neRiferimento Cinzia RenzoniSede Via Castiglia, 20 ∙ 52048 Monte San Savino (AR)Tel. e Fax 0575.849579E-mail [email protected]

Ass. Onlus L’ARCA

Page 19: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

NUMERO QUATTRO | MAGGIO DUEMILA14 | COMARS NEWS | 17

IL NOSTRO CODICE FISCALE:

01

003500517

DONA IL TUO 5x1000 A L’ARCA

DA 30 ANNI UN’AMICIZIA IN CAMMINO !

• Centro 0575 844060 • Bandallegra e sede Ass.ne 0575 849579• mail: [email protected] • : Ass. Onlus L'ARCA

INFO

ECCO COSA FAREMO DEL TUO CINQUE PER MILLE*

ACCOGLIENZA UNA DIMORA PER TUTTI

EDUCAZIONE CRESCERE INSIEME

INTEGRAZIONE LO STESSO DESIDERIO DI ESSERE FELICI

CONDIVISIONE IL TUO BISOGNO � ANCHE IL MIO

* IL NOSTRO CODICE FISCALE 01003500517

AIUTACI A DIVENTARE COSTRUTTORI

DI UNACOMPAGNIA PIU' UMANA

Page 20: LE RADICI IN CIELO - comars.org 4.pdf · freddo (sento che sto citando il Veni San-cte Spiritus). La sfida è quella di mantenere in essere ciò che è stato fatto, di non abbandonare

CONSORZIO SOCIALE

Via Sansovino 28Monte San Savino (AR)Tel. 0575 844364 - 844161Fax. 0575 844550

www.comars.org