Le radici del pensiero didattico di Emma -...

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Guido Castelnuovo e l’insegnamento matematico Paola Gario Dipartimento di Matematica “Federigo Enriques” Università degli Studi di Milano Torino, 18 aprile 2013 Sunto Guido Castelnuovo (1865-1952), noto come uno dei fondatori e massimi protagonisti della scuola di geometria algebrica fiorita in Italia nell’ultimo decennio dell’Ottocento, nei primi anni del nuovo secolo è coinvolto nei problemi riguardanti l’insegnamento della matematica. Nel dibattito sui programmi scolastici per i nuovi licei, che la riforma avrebbe dovuto istituire, Castelnuovo si inserisce portandovi la propria visione sulla funzione della matematica e sul ruolo della scuola nella società moderna. Si cercherà di illustrare il percorso attraverso il quale Castelnuovo si avvicinò ai problemi dell’insegnamento matematico e giunse a elaborare la propria filosofia didattica, illustrandone le tappe e gli aspetti salienti. 1. Un matematico di fama internazionale Guido Castelnuovo nasce a Venezia da Enrico, scrittore e professore di letteratura italiana alla Scuola Superiore di Commercio, e da Emma Levi. Frequentò il Liceo Foscarini di Venezia dove ebbe come professore di matematica Aureliano Faifofer (1843-1909), autore di un testo scolastico di geometria di successo il quale aveva tanta stima del suo allievo da affidargli la revisione

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Guido Castelnuovo e l’insegnamento matematicoPaola Gario

Dipartimento di Matematica “Federigo Enriques”Università degli Studi di MilanoTorino, 18 aprile 2013

SuntoGuido Castelnuovo (1865-1952), noto come uno dei fondatori e massimi

protagonisti della scuola di geometria algebrica fiorita in Italia nell’ultimo decennio dell’Ottocento, nei primi anni del nuovo secolo è coinvolto nei problemi riguardanti l’insegnamento della matematica. Nel dibattito sui programmi scolastici per i nuovi licei, che la riforma avrebbe dovuto istituire, Castelnuovo si inserisce portandovi la propria visione sulla funzione della matematica e sul ruolo della scuola nella società moderna. Si cercherà di illustrare il percorso attraverso il quale Castelnuovo si avvicinò ai problemi dell’insegnamento matematico e giunse a elaborare la propria filosofia didattica, illustrandone le tappe e gli aspetti salienti.

1. Un matematico di fama internazionale

Guido Castelnuovo nasce a Venezia da Enrico, scrittore e professore di letteratura italiana alla Scuola Superiore di Commercio, e da Emma Levi. Frequentò il Liceo Foscarini di Venezia dove ebbe come professore di matematica Aureliano Faifofer (1843-1909), autore di un testo scolastico di geometria di successo il quale aveva tanta stima del suo allievo da affidargli la revisione degli esercizi1: anni dopo nell’inviargli una copia di una riedizione del libro, Faifofer l’accompagnerà con la dedica “al più bravo de’ suoi allievi dona l’affezionato antico mentore”2. Castelnuovo, in effetti, aveva concluso gli studi liceali con la Licenza d’onore, grado riservato agli allievi migliori. Iscrittosi all’Università di Padova nel 1882, a soli ventun anni, conseguì la Laurea in Matematica con una tesi sotto la direzione di Giuseppe Veronese (1854-1917) di cui applicava i metodi di geometria proiettiva iperspaziale.

Dopo un anno di perfezionamento a Roma, Corrado Segre (1863-1924) riuscì a fargli avere il posto di assistente alla cattedra di Enrico d’Ovidio (1843-1933) all’Università di Torino3 instradandolo verso la geometria algebrica alla quale 1 Ciò è quanto riferisce Emma Castelnuovo, quintogenita di Guido e nota insegnante e didatta della matematica, in Castelnuovo E. 2003, p. 1. Ricordiamo che la prima edizione del libro di Faifofer è del 1878. 2 La copia con la dedica è conservata da Emma Castelnuovo: il suo frontespizio è riprodotto in Gario 2008 (http://archivi-matematici.lincei.it/ Castelnuovo/Biografia/castelnuovo11.htm), a cui si rimanda per altre informazioni di carattere biografico. Si veda anche Gario 2001.3 Per ulteriori dettagli si veda il testo della conferenza tenuta per la Mathesis Subalpina nel febbraio del 1997, pubblicato in Gario 1997.

dedicherà le ricerche dei successivi vent’anni. In questi anni nacque un sodalizio scientifico con Segre che si evolverà in un rapporto di profonda stima e di affettuosa amicizia. La geometria sopra una curva è il tema delle ricerche di Castelnuovo nel periodo torinese. Affiancato da Segre, Castelnuovo diede nuovi fondamenti e metodi a tale teoria: questi risultati costituiranno la base di partenza per l’estensione alle superfici algebriche.

Nel 1891 vinse il concorso a cattedra che lo portò ad insegnare Geometria analitica e proiettiva all’Università di Roma. Il legame di stima e di amicizia con Segre si conserverà nel tempo ma scemerà il rapporto di collaborazione.

L’anno seguente al suo trasferimento fu dedicato alla sistemazione e al completamento dei lavori maturati durante il periodo torinese. Nell’autunno del 1992 giunse a Roma per l’anno di perfezionamento Federigo Enriques (1971-1946) che si era laureato alla Scuola Normale di Pisa: “cominciarono allora quelle interminabili passeggiate per le vie di Roma, durante le quali la geometria algebrica fu il tema preferito dei nostri discorsi”, scriverà Castelnuovo nella sua commemorazione di Enriques, ricordando che “in quelle conversazioni fu costruita la teoria delle superficie algebriche secondo l’indirizzo italiano” (Castelnuovo 1947 = Opere, IV, p. 3). In effetti, il rapporto tra maestro e allievo in pochi mesi evolse in un’intensa collaborazione scientifica i cui risultati renderanno celebri in tutto il mondo i due matematici e per i quali sono ancor oggi ricordati. Nei primi mesi del 1893 Enriques con l’attenta supervisione di Castelnuovo pose le basi della teoria dei sistemi lineari di curve sopra una superficie algebrica. Al centro dell’attenzione di Castelnuovo vi furono invece i problemi di razionalità e i risultati che ne scaturirono gli valsero nel 1895 la Medaglia d'Oro della Società Italiana delle Scienze (detta dei XL). Risale infatti a questo periodo la dimostrazione del famoso criterio di razionalità delle superfici algebriche che porta oggi il suo nome. Alla corretta individuazione di tale criterio Castelnuovo giunse grazie al controesempio intuito da Enriques e che mostrava la fallacia dell’estensione alle superfici del criterio di razionalità per le curve4. 4 Dopo aver dimostrato l'importante risultato che estendeva alle superfici algebriche il teorema di Lüroth e dimostrava la razionalità di ogni superficie che sia unirazionale, nell'estate del 1894 Castelnuovo si accinse a caratterizzare le superfici razionali. I risultati di queste ricerche verranno pubblicati nella memoria “Sulle superficie di genere zero” che presenta il suo celebre criterio di razionalità. Gli studi di Castelnuovo si basano inizialmente sulla congettura, formulata in analogia al caso delle curve piane, che le condizioni pg= q = 0 fossero, oltre che necessarie, anche sufficienti a caratterizzare le superfici razionali. Il procedimento di aggiunzione, che consiste nel costruire gli aggiunti successivi ad un sistema lineare di curve sulla superficie data, è lo strumento con il quale Castelnuovo fonda l'analisi delle superfici regolari di genere nullo: nel caso delle superfici razionali la serie dei successivi aggiunti non può essere infinita. Durante le ricerche, a Castelnuovo si presentò la possibilità che vi fossero superfici regolari di genere nullo per le quali il secondo aggiunto contiene il sistema iniziale: in tal caso la superficie, avendo bigenere (P2) positivo, non sarebbe razionale. Fu Enriques a suggerire a Castelnuovo il primo esempio di una superfice con pg= q = 0 e P2= 1: si trattava di una superficie del sesto ordine passante doppiamente per gli spigoli di un tetraedro e avente i suoi vertici come punti tripli. La curva nodale di tale superficie è spezzata negli spigoli del tetraedro: non esistono aggiunte di ordine 6-4 che contengano la curva nodale e pertanto pg = 0. Le biaggiunte sono le superfici di ordine 4 = 2(6-4) che ammettono gli spigoli del

Il sodalizio scientifico non si interruppe malgrado il trasferimento di Enriques a Bologna per l’incarico dell’insegnamento di geometria proiettiva nell’autunno del 1893: a testimonianza ci sono le pubblicazioni comuni e una fitta corrispondenza5. Nel 1896 Castelnuovo ne sposerà la sorella maggiore, Elbina.

Nel decennio 1895-1905 Castelnuovo e Enriques fondarono la teoria algebrico-geometrico delle superfici algebriche portando a compimento un’opera monumentale. I loro primi successi, i notevoli progressi che erano riusciti a far compiere a tale teoria grazie ai loro metodi, spinsero Georges Humbert (1859-1921) e Emile Picard (1856-1941) a riprendere le ricerche sulle superfici algebriche con i metodi che erano loro più consoni, cioè con i metodi trascendenti. Castelnuovo e Enriques riuscirono a dimostrare una serie di teoremi, pubblicati in lavori tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, che acclaravano la relazione tra i diversi concetti che si presentavano nei due approcci. Lasciato così ai due geometri italiani il compito di stabilire il ponte tra la teoria algebrico-geometrica e la teoria trascendente delle superfici algebriche, il contributo della cosiddetta scuola italiana di geometria algebrica, verrà inserito in appendice al secondo volume del trattato Théorie des fonctions algébriques de deux variables indépendantes (Picard & Simart 1897-1906).

Nel 1900 Castelnuovo contribuì con un articolo (Castelnuovo 1900) alle Questioni riguardanti la geometria elementare: edite e coordinate da Enriques, le Questioni si ispiravano alle Conferenze sopra alcune questioni di geometria elementare che Felix Klein (1849-1925) aveva tenuto nei corsi per gli insegnanti delle scuole tedesche6, estendendone gli argomenti. Agli inizi del 1904, uscì il volume delle Lezioni di Geometria analitica e proiettiva che Castelnuovo si era deciso a dare alle stampe su sollecitazione degli studenti. In entrambi i casi, si trattava di un impegno che esulava dalle sue ricerche e che gli offrì l’occasione di esprimere alcune considerazioni di carattere didattico basate sulla propria esperienza di insegnamento, anticipando le riflessioni degli anni seguenti.

Nell’articolo per le Questioni, Castelnuovo esponeva il contributo dell’algebra moderna al problema classico delle costruzioni con riga e compasso7, a dimostrazione di come la teoria “dei campi di razionalità” potesse essere trattata in modo accessibile a chi non aveva una cultura matematica avanzata, sottolineando in tal modo anche la

tetraedro come rette doppie: vi è la sola superficie quartica, spezzata nelle quattro facce del tetraedro e pertanto P2 = 1. Nel 1906 Enriques completerà la classificazione birazionale delle superficie con pg = q = 0 e P2 = 1, oggi dette superfici di Enriques: ciascuna è birazionale alla sestica. 5 La corrispondenza è pubblicata in Bottazzini, Conte & Gario 1996. 6 Klein intendeva contrastare l’opinione diffusa che “le esatte determinazioni di concetti ed i rigorosi metodi di dimostrazione, svolti dalla moderna matematica” fossero troppo “astrusi ed eccessivamente astratti per la cerchia degli insegnanti secondari” e a tale scopo presentava “quanto la scienza moderna è in grado di dire sulla possibilità delle costruzioni della geometria elementare” (Klein 1895, p. ix). Nell’introduzione precisava che l’obiettivo era quello “di porre in armonia lo studio della Matematica nelle Università con gli interessi della Scuola secondaria superiore” e che pertanto i temi non erano trattati “scolasticamente, ma da un punto di vista più elevato” (Klein 1895, p. 1). Questo punto di vista fu fatto proprio da Enriques. Per approfondimenti, si veda Gario 2006a. 7 Castelnuovo 1900.

necessità per i futuri insegnanti di avere una cultura algebrica. Castelnuovo si soffermava sulla storia del problema dalla quale emerge con evidenza il profitto che si può trarre in matematica nel mettere insieme metodi diversi: come egli ricorda, è stato infatti merito “di due scienze riunite, l’algebra e la geometria analitica, di aver chiuso in modo definitivo dopo venti secoli di ricerche, la questione della risolubilità dei problemi geometrici mediante la riga ed il compasso” (Castelnuovo 1900, = Opere, II, p. 296-297).

Il volume delle Lezioni fu dato alle stampe, oltre che per “fare cosa grata” agli studenti, perché esso poteva “destare qualche interesse presso un pubblico più vasto”, non per i risultati “tutti noti e ormai classici” che esso conteneva, “bensì per l'indirizzo, in parte nuovo” che lo ispirava. Il corso si rivolgeva agli studenti della laurea in matematica e della laurea in ingegneria che allora frequentavano insieme le lezioni di Castelnuovo. Nel ricordare che all’Università di Roma, per iniziativa di Luigi Cremona (1930-1903), “ai corsi tradizionali di geometria proiettiva sintetica e di geometria proiettiva analitica si volle sostituire un unico insegnamento”, Castelnuovo chiariva che, dal suo punto di vista, ciò era dettato dallo “scopo di associare in armonica unione i due metodi cui la Geometria deve le sue vittorie, e rivolgerli insieme ad accrescere la cultura scientifica dei giovani”, piuttosto che dalla necessità di assecondare le esigenze di un pubblico eterogeneo. Sulle ragioni di ordine pratico, prevaleva per Castelnuovo un principio metodologico che diventerà uno dei capisaldi della sua filosofia didattica. Per maggior chiarezza riprendiamo ancora le sue parole:

Io penso che di fronte al continuo sviluppo della Scienza, intesa nel senso più largo, di fronte alle cognizioni sempre più varie che ormai si esigono […] non convenga dare ai nostri corsi universitari una soverchia estensione. Ciò che importa è di mettere in piena luce le idee larghe e feconde che reggono un determinato ramo di studi, per ricavarne coi mezzi più semplici i risultati essenziali. In essa il lettore non deve adunque cercare quella unità di mezzi, quella purezza di linee, che attribuiscono ad un trattato di Geometria proiettiva i caratteri di un'opera d'arte. Ma non troverà nemmeno traccia dello sforzo, a cui deve adattarsi chi vuole da un unico punto di vista osservare un orizzonte troppo vasto. Ogni questione vien qui discussa col metodo che più si presta ad approfondirla, e vari argomenti, esaminati sotto molteplici aspetti, acquistano un singolare rilievo. (Castelnuovo G 1904, Prefazione)

Per accrescere “in varie direzioni la cultura dei volenterosi, ad educarne il gusto” Castelnuovo scriveva di aver fatto ricorso “quante volte ho potuto, alle opere dei fondatori della Geometria moderna, procurando sempre, e con gli esercizi, e col testo e colle note storiche che la accompagnano, di far penetrare nello studioso lo spirito dei Grandi, nei quali è dubbio se debba più ammirarsi l’acume dello scienziato o la grazia dell’arte” (Castelnuovo 1904, Prefazione). La storia della matematica è dunque una sorgente di spunti di approfondimento ma è anche un valore aggiunto in quanto, focalizzando l’attenzione sulla genesi dei concetti e dei metodi, meglio ne fa comprendere lo “spirito”. Sulla funzione della storia nell’insegnamento della matematica Castelnuovo tornerà in varie occasioni.

Nell'anno accademico 1903-1904, a seguito della morte di Cremona, Castelnuovo tenne per incarico il suo primo Corso di Geometria superiore che conserverà sino al

1922-1923, quando gli subentrò Enriques trasferitosi nel frattempo a Roma. Gli argomenti trattati variano di anno in anno, secondo un progetto la cui finalità è espressa, in modo sintetico, nelle introduzioni dei vari quaderni di appunti8. Ci soffermeremo su alcuni di questi corsi perché, come vedremo, essi hanno una parte importante nella nostra storia.

Il conferimento a Castelnuovo, ex æquo con Cesare Arzelà (1847-1912)9, del Premio Reale dell’Accademia dei Lincei nel 1905 per le ricerche nell’ambito della teoria delle superfici algebriche, emblematicamente, ne sottolinea la conclusione. Infatti, come si può osservare facendo scorrere l’elenco dei suoi scritti, negli anni 1905-1906 si interrompono le pubblicazioni di Castelnuovo in questo campo. Si tratta di una frattura sopraggiunta, sembrerebbe, in modo repentino e le cui ragioni non sono state indagate in modo adeguato. Le evidenze e la sua biografia scientifica e umana portano a cercare tali ragioni nel contesto: Castelnuovo, ormai giunto alla soglia dei quarant’anni, matura un atteggiamento più impegnato nei confronti della realtà sociale ed economica del nostro paese e, conseguentemente, un interesse nei confronti di discipline matematiche che con essa parevano avere maggior attinenza. In questo articolo, dedicato al suo impegno sui problemi dell’insegnamento matematico, cercheremo di rendere conto dell’origine e dell’evoluzione degli interessi scientifici che caratterizzeranno la sua età più matura e ciò potrà dare un contributo anche alla questione di cui si è detto.

2. Verso nuovi interessiLe prime testimonianze scritte di un coinvolgimento diretto di Castelnuovo sui

temi dell’insegnamento secondario, sono del 1907. L’occasione è legata alla proposta di “Schema di lezione” sul concetto di massa nell’insegnamento elementare della meccanica che Castelnuovo fu invitato a presentare ad una Commissione nominata dalla Società italiana di Fisica, tra i cui membri è importante evidenziare il nome di Giovanni Vailati (1863-1909). La filosofia ispiratrice è illustrata nell’articolo “Il valore didattico della matematica e della fisica”, pubblicato sul primo numero di Scientia che in quell’anno ebbe il suo esordio. Castelnuovo negli anni a venire seguirà da vicino gli avvenimenti straordinari della fisica moderna. Ricordiamo, infatti, che egli fu tra i primi a diffondere in Italia i principi della relatività ristretta con la pubblicazione nel 1911 dell'articolo “Il principio di relatività e i fenomeni ottici” (Castelnuovo 1911a) e, nell'ottobre dello stesso anno in occasione della sua partecipazione alla riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS), con l’intervento “L'evoluzione delle misure dello spazio e del tempo” ne riprende gli aspetti filosofici più pregnanti (Castelnuovo 1911b). I due brevi scritti del 1907 testimoniano l’attenzione all’insegnamento elementare la cui origine solitamente si fa risalire alla sua designazione per la sottocommissione nazionale della CIEM (Commission Internationale de l’Enseignement mathématique) istituita durante il Congresso Internazionale dei Matematici di Roma, nel 1908, e di cui Klein fu il primo presidente. 8 Si rimanda alla voce della bibliografia, Castelnuovo Lezioni.9 Per questa vicenda, piuttosto contrastata, si veda Bottazzini, Conte & Gario, 1998.

Vale la pena soffermarsi su questi scritti del 1907, in particolare sul secondo, perché vi troviamo alcuni dei tratti salienti delle idee di Castelnuovo sull’insegnamento della Matematica che egli qui elabora in relazione e nei confronti dell’insegnamento delle scienze, in particolare, della fisica. A partire da una disamina del metodo deduttivo, proprio della matematica, quando fosse applicato impropriamente alle scienze sperimentali e sociali, le sue argomentazioni portano a una critica stringente dell’insegnamento che riduce la matematica a un esclusivo esercizio ipotetico-deduttivo. L’esordio è vivace, quasi provocatorio:

È opinione diffusa, sin dai tempi più remoti, che la matematica fornisca alla mente la disciplina e l’equilibrio, che essa, meglio di ogni altra scienza, insegni l’arte di ragionare. Ma nel coro degli elogi qualche voce discorde di eleva; e, pur trascurando facili scherni degli spiriti leggeri, si sente talora sostenere da uomini egregi non esservi peggior ragionatore del matematico, fuori del proprio campo. (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 9)

Se “si fa astrazione dal contenuto della matematica e si bada solo al metodo con cui essa procede, si deve pur convenire che quella scienza costituisce un’ottima scuola di logica deduttiva, di cui essa è la più brillante applicazione”. Tuttavia, la critica di cui sopra, non deve essere trascurata perché essa rimanda a una questione che ha carattere profondo, più precisamente, alla questione di “quale sia il valore didattico della logica”, ovvero quale sia il valore didattico del metodo deduttivo. “Impotente a creare, la logica è un mirabile strumento di trasformazione. Da poche premesse essa fa scaturire una serie di conseguenze inaspettate”. Si tratta però di uno strumento “delicatissimo” perché se “noi trasformiamo colla logica pura una verità, che ci sia nota in modo impreciso”, come sono le verità che hanno attinenza con i fatti reali, “potremmo arrivare alle più strane ed assurde conseguenze”. Ed è perciò evidente che

la logica pura non può mai applicarsi alle verità fornite dai sensi ma solo a proposizioni astratte, simboliche che da quelle vengono dedotte mediante una depurazione preliminare. Ora, se questo lavoro di sublimazione riesce così agevole nella geometria, che lo compiamo quasi senza avvedercene, esso costa una maggior fatica nelle scienze sperimentali e diviene assai incerto e penoso nelle scienze morali. Il matematico puro che, non badando a ciò volesse applicare nelle dottrine economiche i procedimenti logici che gli son familiari, sarebbe certo il peggiore dei dialettici. (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 10)

L’ideale a cui le scienze aspirano è quello di ricavare dall’osservazione e dall’esperienza una serie di concetti e di relazioni astratte, e trasformar queste mediante il ragionamento rigoroso, “ideale che solo la matematica e le sue immediate applicazioni ha raggiunto sinora”. Ma malgrado ciò le scienze “progrediscono di giorno in giorno per opera di numerosi cultori dei quali soltanto alcuni sommi conciliano le attitudini logiche del matematico colle facoltà di osservazione e di astrazione, che al matematico sono in gran parte risparmiate dai fondatori della scienza”. Questo “apparente contrasto” si spiega se si esaminano le forme del ragionamento della “vita quotidiana” e si riconosce che “il ragionamento formalmente perfetto non è né l’unico, né, molte volte il migliore per giungere alla verità” ed è invece molto spesso preferibile ricorrere ad un “ragionamento approssimato, i cui

passi successivi vengono sottoposti al riscontro dei fatti per sceverare via via il vero dal falso piuttosto che affidarsi ad una logica impeccabile, chiudendo gli occhi al mondo esterno”. Ora la matematica “come oggi si insegna nelle scuole di cultura generale” disprezza questo “tipo di procedimento logico” e “condanna in tal modo l’unica forma di ragionamento che sia concessa alla maggioranza degli uomini!”. La matematica, intesa come esclusivo esercizio deduttivo, è come la “ginnastica atletica” nei confronti del corpo: essa ottiene risultati mirabili su “organismi eletti” ma risulta inutile se non dannosa ai più.

Per “dare i frutti di cui è capace nella sana educazione della mente” occorre modificare l’insegnamento della matematica e a Castelnuovo preme soffermarsi su quello della geometria:

Nel trattare una questione concreta colla geometria occorre, come è noto, percorrere tre stadi. […] si sostituiscono ai punti, alle linee, alle superficie materiali della figura considerata certi simboli astratti, cui si applicano in forma precisa (sotto il nome di postulati) le relazioni approssimate che sussistono nella realtà.[…] si opera su questi simboli mediante procedimenti logici, per dedurre dai postulati nuove proposizioni più riposte.[…] si traducono le proposizioni astratte in risultati reali, pratici, e si esamina con qual grado di approssimazione la previsione teorica risulti verificata.Ora, di questi tre stadi l’insegnamento geometrico, come oggi vien dato, mette in luce solo il secondo, e lascia in ombra il primo e il terzo, che hanno un valore filosofico e didattico più elevato. (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 11)

Per ovviare a questi inconvenienti la geometria, nell’insegnamento secondario, deve essere trattata come una scienza sperimentale. Innanzitutto si deve fare rilevare come avvenga il passaggio dalla “realtà allo schema simbolico”, ricorrendo all’esperienza e all’intuizione che è poi il frutto di esperienze “inconsce, o solo immaginate”. E non ci si dovrà limitare ai soli postulati, giacché la loro “origine sperimentale” è “così riposta che sono occorsi più di venti secoli per rivelarla”. Tutte le prime proposizioni della geometria “giova ricavare dall’osservazione; e di molte di queste basterebbe far trasparire, nelle stesse dimostrazioni di Euclide, il carattere sperimentale che si cerca invano di nascondere”:

Col dimostrare logicamente ciò che è evidente all’intuizione si porta un doppio danno, perché si scredita insieme il ragionamento, di cui non è quello l’ufficio, e l’intuizione, di cui si disconosce l’immenso valore. Si ha un bel dire che l’intuizione può condurre all’errore; sarà; ma l’intuizione fornisce pure la principale, se non unica, guida alla scoperta della verità. Dovremo forse rinunziare alla verità per paura dell’errore? (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 11)

In questo contesto è cruciale il rapporto tra astrazione e realtà:

dedotta una verità dall’esperienza, coi caratteri grossolani ad essa inerenti, l’insegnante farà notare come il fatto sperimentale possa tradursi in una proposizione simbolica precisa, cui sia applicabile il ragionamento rigoroso per dedurre nuovi risultati. E questi gioverà porre a

confronto con i fatti, sia ricorrendo a vere esperienze scolastiche, quando sia possibile, sia citando le indirette conferme che seguono dalle applicazioni della matematica (geodesia, astronomia...). Chi ritiene superflue tali verifiche è vittima di un’illusione. Infatti solo l’esperienza può valutare il grado di approssimazione, con cui un teorema astratto si traduce in un fatto reale. (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 12)

Si evidenzia in tal modo la distinzione tra “esattezza teorica” e “esattezza pratica” sulla quale si sofferma la seconda parte dell’articolo che è dedicata all’insegnamento della fisica. “I precetti ed i metodi che la geometria, considerata come scienza sperimentale, avrà insegnato ai giovani” troveranno una “brillante conferma” nella fisica, scienza che più della geometria “risente dello spirito moderno”. Nei riguardi del suo insegnamento la critica di Castelnuovo è di segno opposto:

Lo spirito critico di cui tanto si è abusato nell’insegnamento della matematica, sembra far difetto in molti corsi di Fisica. Usato moderatamente, senza minuzie fuor di posto, e senza inutili pedanterie, esso può tuttavia dar utili frutti. Ad esso spetta, ad esempio, di chiarire la provenienza dei numerosi concetti che si incontrano nella fisica. Quali sono le convenzioni? quali le ipotesi? quali i dati dell’esperienza o i risultati di un ragionamento? (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 13)

Coerentemente, nel suo “Schema di lezione sulla massa” egli si sofferma a enunciare i postulati sperimentali che si assumono. Le riflessioni sull’insegnamento della fisica sono profonde e meriterebbero un’attenzione che esula dalle ristrettezze di questo intervento.

Le parole di Castelnuovo sull’insegnamento della geometria elementare, pronunciate a pochi anni dalla pubblicazione dei Fondamenti della geometria di Hilbert, evocano le discussioni e le riflessioni che hanno avuto corso durante il Novecento e mostrano, a oltre un secolo di distanza, freschezza e attualità. Le sue idee sembrano risentire delle vedute pedagogiche di Vailati e viceversa le sue parole riecheggeranno nell’intervento di questi al congresso di Roma del 190810.

Vale la pena riprendere le parole con cui Castelnuovo chiude l’articolo: il suo punto di vista sugli scopi dell’insegnamento secondario configura ciò che, secondo le più recenti indicazioni ministeriali, si chiama “didattica per competenze”:

Lo scopo precipuo che l’insegnante deve proporsi non è quello di dare ai giovani una indigesta ed effimera erudizione, bensì educare armonicamente tutte le varie attitudini dell’intelligenza, risvegliando le assopite, e disciplinando le esuberanti. Le maggiori cure egli dovrà poi dedicare alla facoltà più nobile, la fantasia creatrice, che risulta da un felice accordo dell’intuizione con lo spirito di osservazione. Mancherà poi il tempo per estendere la cultura? E che importa? Le sole nozioni che la mente sappia conservare sono quelle che essa è adatta a ricevere, o quelle (oserei dire) che essa è in grado di procurarsi da sé. (Castelnuovo 1907b = Opere, III, p. 15-16)

3. L’ufficializzazione di un impegno

10 In proposito si rimanda all’articolo Giacardi 2006, p. 34.

Castelnuovo fu il segretario e uno dei principali organizzatori del Congresso Internazionale dei Matematici di Roma. Come ricordato, durante il congresso nasceva la CIEM. Iniziava in tal modo il suo coinvolgimento sugli ordinamenti e sui programmi scolastici nei vari paesi, di cui si dibatté in seno alla Commissione internazionale e di cui Castelnuovo sarà per vario tempo vicepresidente. Più tardi egli subentrerà a Vailati che era stato l’estensore di una prima bozza dei programmi di matematica per i tre nuovi licei previsti dalla Commissione Reale che, istituita nel 1905, aveva emanato nel 1908 un disegno di legge di riforma della scuola secondaria di secondo grado che prevedeva l’articolazione del Liceo, unico, in tre tipi di liceo: classico, moderno e scientifico. Il Liceo moderno verrà istituito nel 1911 dall’allora ministro dell’Istruzione pubblica Luigi Credaro (1860-1939) e verrà attuato solo con la sperimentazione di qualche classe: Castelnuovo, coadiuvato da Mineo Chini (1866-1933)11, sarà l’estensore dei programmi pubblicati nel 1912. Di fatto l’ampio, e innovativo progetto di riforma della Commissione Reale non verrà realizzato12.

Contestualmente alla nomina a delegato italiano della CIEM, iniziò la partecipazione di Castelnuovo ai congressi e ai vivaci dibattiti della Mathesis13 di cui sarà Presidente nel biennio 1911-1913. Celebre e molto citato è il suo intervento al congresso di Genova del 1912. Castelnuovo, nel discorso di apertura significativamente dal titolo “La Scuola nei suoi rapporti colla vita e colla scienza moderna”, parlava delle finalità che deve perseguire la scuola in una società moderna, esponendo vedute che aveva maturato in quegli anni di intenso impegno nel contatto con gli insegnanti e nelle relazioni internazionali. Ne riprendiamo un passo di grande efficacia comunicativa:

La parte più viva del paese, la classe degli uomini di azione, cui l'Italia deve la sua meravigliosa resurrezione economica, si è, fino agli ultimi anni, disinteressata dell'andamento della scuola, o si è limitata a lamentarne i mali senza suggerirne i rimedi. La scuola, d'altra parte, è giusto e

11 Professore di matematica nella scuola secondaria e professore incaricato all’Università di Pisa, Chini all’epoca aveva l’incarico di ispettore centrale.12 Per i lavori della Commissione Reale e per un’analisi dettagliata dei programmi per i nuovi licei si rimanda a Giacardi 2006.13 La Mathesis si caratterizzò sin dalla sua fondazione, nel 1895, come un’associazione degli insegnanti della scuola secondaria (istruzione media, secondo la terminologia dell’epoca, perché situata tra quella elementare e quella superiore dell’università) da cui erano esclusi i docenti universitari, con finalità culturali volte al miglioramento dell’insegnamento matematico. Tale esclusione portò a forti contrasti in seno all’associazione: il congresso che si tenne a Firenze nel 1908 ne decretò lo scioglimento e la rifondazione sotto la presidenza di Francesco Severi (1879-1961). I primi interventi di Castelnuovo si collocano dunque in questo contesto.Particolarmente dibattuti furono i temi dell’inefficacia dell’insegnamento della matematica e delle sue ragioni e il tema della formazione iniziale degli insegnanti, che si legò al destino delle Scuole di Magistero, di cui parleremo a breve: si veda in proposito l’articolo Gario 2006b. In merito ai contenuti dell’insegnamento, ricordiamo: il dibattito sul movimento fusionista per un insegnamento congiunto della geometria piana e della geometria solida; l’opportunità di introdurre nell’insegnamento secondario il calcolo infinitesimale. Diverse invece saranno le finalità della FNISM (Federazione Nazionale degli Insegnanti della Scuola Media) che nel 1902 verrà fondata da Giuseppe Kirner (1868-1905) e da Gaetano Salvemini (1873-1957) ed ebbe una più marcata connotazione sindacale e politica.

doloroso riconoscerlo, dei bisogni di questa classe non si è mai resa un conto esatto. Fedele alle aristocratiche tradizioni dei tempi, ove alla classe dirigente si chiedeva soltanto di avere la mente ornata di nobili studi, la scuola ha sempre guardato con un certo pudico disdegno queste tempre di lottatori di modesta coltura, che con armi mal giudicate perché mal comprese conquistavano ricchezza e potere. Il tacito dissidio tra la scuola e gli uomini d'azione ha nociuto ad entrambe le parti, lasciando la prima in balia dello spirito dottrinario, e volgendo la seconda verso l'empirismo. (Castelnuovo 1912a= Opere, III, p. 76)

Lo stesso anno, il Bollettino della Mathesis pubblicò la sua proposta per il Programma di matematica per l’ultimo biennio del liceo moderno, che si differenziava da quello del liceo classico, e le relative Istruzioni sono coerenti con le idee anticipate nel 1907:

Le esigenze della vita moderna, da un lato, e d'altra parte una più larga visione della scienza nel suo complesso richiedono che si restringano i legami tra la matematica e le scienze sperimentali e di osservazione. È necessario che il giovane allievo, prima di lasciare il liceo acquisti la persuasione che tra le matematiche e quelle altre scienze vi è un legame intimo ed un'affinità molto grande, e che esperienza e ragionamento sono entrambi indispensabili, sia pure in varia misura, per arricchire ogni campo del sapere. È necessario che egli sappia che le une e le altre scienze si sono prestati reciproci aiuti, e che il rinnovamento delle matematiche del XVII secolo è legato al fiorire delle scienze sperimentali. A tal fine l’insegnante coglierà le occasioni offerte dal presente programma per far notare ai giovani come alcuni concetti fondamentali delle matematiche moderne (quello di funzione in special modo) siano suggeriti dalle scienze d’osservazione, e, precisati poi dal matematico, abbiano a loro volta esercitato un benefico influsso sullo sviluppo di quelle. (Castelnuovo 1912b = Opere, IV-Appendice, p. 294)

E si sottolineavano i “due opposti pericoli” da cui l’insegnamento secondario doveva guardarsi per non essere “inefficace”: “il pericolo di cadere in un grossolano empirismo, o quello, non meno grave di subire le lusinghe di un esagerato criticismo.”

Il 24 novembre 1913, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico all’Università di Roma, Castelnuovo pronunciava il discorso “Antiche e moderne vedute sulle leggi naturali”. Il discorso è un richiamo ai giovani perché si aprano alle nuove frontiere della conoscenza, osino andare oltre alle certezze dei metodi della tradizione per percorrere nuove strade, sull’esempio della nuova filosofia naturale, senza timore di cadere in errore, per non restare nelle secche di una cultura provinciale:

Unica vostra guida sia la curiosità inestinguibile di sapere. Essa vi segnerà la vita ma non sempre basterà a salvarvi dagli scogli di cui l’aspro cammino è cosparso. Se cadrete in errore, non temete i rimproveri o gli scherni dei timidi e dei prudenti. Molto vien perdonato a chi pecca per amore della scienza. Ricordatevi che la storia è benevola verso chi dopo le sconfitte ha conseguito una vittoria, ma condanna all’oblio il critico infecondo che, pago di scoprire gli errori altrui, non sa rivelare una verità. (Castelnuovo 1914 = Opere, III, p. 95-96)

Nella prolusione Castelnuovo percorreva la storia della filosofia naturale per soffermarsi sugli allora recenti risultati che mostravano la fecondità “dell’idea geniale che condusse Maxwell nel 1859 ad applicare i metodi della statistica allo studio dei

gas”14. Chi volesse con i procedimenti classici “determinare il moto delle singole particelle si troverebbe nelle stesse condizioni di un sociologo il quale, per prevedere le successive fasi di un movimento sociale, si credesse obbligato a studiare la psicologia di ogni singolo individuo, e pretendesse poi di trarne delle conclusioni sintetiche intorno all’effetto di tante svariate aspirazioni” (Castelnuovo, 1914, Opere, III, p. 89). Per spiegare al largo pubblico la teoria molecolare dei gas che quattro anni prima, nel 1908, aveva avuto conferma negli esperimenti del fisico francese Jean Perrin (1870-1942), che gli valsero il premio Nobel nel 1926, Castelnuovo passava dalla metafora dell’indagine demografica della ricerca sociologica ad un esempio della ricerca economica in cui in modo naturale entra in gioco la necessità di ricorrere alla probabilità. L’obiettivo di Castelnuovo era di far comprendere la rivoluzione che da alcuni decenni aveva investito la filosofia naturale e aveva prodotto cambiamenti “di vedute che discoprono il discontinuo, dove prima pareva regnasse la continuità” (Castelnuovo 1914 = Opere, III, p. 93) con un spostamento di paradigma, dal paradigma deterministico verso quello probabilistico.

La matematica delle relazioni approssimate è entrata negli interessi di Castelnuovo. Il corso di Geometria superiore che Castelnuovo tenne nel primo semestre del 1913- 1914 ha per titolo “Matematica esatta e matematica approssimata”: per esso Castelnuovo si era ispirato al corso che Klein aveva tenuto nel 1901 e alle sue vedute sulla matematica applicata15. L’anno seguente dedicherà l’intero corso al Calcolo delle probabilità. Nell’introduzione al suo quaderno di appunti leggiamo:

Il Calcolo delle Probabilità è una scienza in formazione o di formazione recente; quindi in essa, meglio che in certi rami della matematica appariscono i rapporti tra il contributo empirico e quello portato dal ragionamento tra i processi di logica induttiva e deduttiva che vi vengono adoperati. Il fatto che si tratta di una scienza che va costituendosi spiega come si trovi opportuno di ricorrere a frequenti esempi per mostrare l'applicazione di metodi noti o introdurne dei nuovi. (Castelnuovo Lezioni, Quaderno delle lezioni, 1914-1915)

All'alba della prima guerra mondiale gli interessi scientifici di Castelnuovo sono ormai orientati verso discipline che più facilmente trovano applicazioni ai fenomeni naturali e sociali. Al calcolo delle probabilità si aggiungerà nel dopoguerra l’interesse per la matematica attuariale il cui sviluppo è legato a quello delle compagnie di assicurazione: ad entrambe dedicherà gli studi e le ricerche in quella che possiamo riconoscere come una seconda fase della sua attività scientifica.

Il percorso di Castelnuovo è ormai tracciato e l’esito sarà confermato dopo la guerra quando, nell’arco di pochi anni, scemerà il suo coinvolgimento sui problemi dell’insegnamento secondario: ma per comprenderne meglio le origini è opportuno analizzare più da vicino il suo impegno nei confronti della scuola.

4. Il dibattito nella Mathesis sulla preparazione degli insegnanti14 In proposito Castelnuovo fa riferimento ai risultati di “Boltzmann, Gibbs e altri ricercatori”.15 Cfr. Klein 1902. Per approfondimenti si rimanda a Gario 2004 e Gario 2006a.

Un tema vivacemente dibattuto nelle riunioni della Mathesis negli anni 1908-1909 fu quello del futuro delle Scuole di Magistero16 con le posizioni contrapposte di chi intendeva potenziarle, fornendo i mezzi per il loro effettivo funzionamento, e chi riteneva invece più opportuno sopprimerle per creare una Laurea didattica dove sarebbe stato possibile provvedere alla cultura del futuro insegnante. Fortemente critico nei confronti di tali scuole fu Salvatore Pincherle (1853-1936) che, con l’appoggio di Enriques, suggeriva di separare il percorso formativo di chi intendeva dedicarsi alla ricerca e all’insegnamento universitario da quello di chi era orientato all’insegnamento secondario17. La loro posizione in seno alla Mathesis risultò minoritaria rispetto a quella di Gino Loria (1862-1954) e Alessandro Padoa (1868-1937) che ritenevano “urgente di costituire su più larghe basi la scuola di Magistero”18

con la richiesta, formalizzata nel congresso del 1909, di istituire una Cattedra di Metodologia matematica presso ogni Scuola di Magistero, al fine di sostituire le Conferenze metodologico-disciplinare, troppo sporadiche per essere efficaci, con un corso universitario di durata biennale che avrebbe dovuto “colmare il deplorevole abisso che oggi separa l’insegnamento universitario dall’insegnamento secondario” e che produceva ciò “F. Klein ha recentemente designato come ‘sistema del duplice oblio’: oblio da parte dello studente universitario di quanto studiò nelle scuole secondarie, oblio dell’insegnante secondario di tutto quello che lo occupò mentre trovavasi all’università”19. Nell’attesa che venisse attuata tale proposta, la Mathesis, approvava la mozione di Castelnuovo, in cui si rivolgeva un “invito ai professori universitari del secondo biennio delle università ove non avvenga immediatamente l’istituzione della cattedra di metodologia matematica, affinché, per turno, nel loro corso normale, s’intrattengano in quegli argomenti che più semplicemente possono illuminare l’insegnamento della matematica elementare”20.

16 Le Scuole di Magistero nascono negli anni 1874-1876, con un decreto istitutivo e successivo regolamento dei ministri Ruggero Bonghi e Michele Coppino. Gli ordinamenti delle Scuole furono più volte modificati e negli anni di cui trattiamo vigeva il regolamento Villari (R.D. 29.11.1891), a seguito del quale le Scuole afferirono alle Facoltà, con le modifiche introdotte successivamente dai ministri Nunzio Nasi, nel 1902, e V. Emanuele Orlando, nel 1903. Alla Scuola, di durata biennale, avevano accesso gli studenti del 4° anno della laurea. Inizialmente. Il piano di studi prevedeva conferenze ed esercitazioni riguardanti le metodologie dell’insegnamento della disciplina, conferenze di pedagogia e di legislazione scolastica e un tirocinio presso la scuola. Il tirocinio venne in realtà attuato raramente, anche per la mancanza di disposizioni precise. 17 Pincherle nel 1906 così aveva scritto: “la preparazione del futuro insegnante è fatta solo in quella larva di scuole di magistero che ben pochi, docenti o discepoli, prendono sul serio, e in cui, nella dozzina o poco più di conferenze annuali, troppi scarsi punti della matematica elementare si possono prendere in esame […] cosa seria ed utile sarebbe che il secondo biennio di matematica preparasse, di norma, minor copia di dottori e maggiore di veri ed efficaci maestri; e che lo studio approfondito di un argomento speciale fosse riservato a quei pochi, fra costoro, che sentono per la ricerca originale una effettiva vocazione”. La citazione è tratta da Gario 2006b, p. 492, al qual rinviamo per qualche dettaglio su questa vicenda dai risvolti ancor oggi attuali.18 La citazione è tratta da Gario 2006b, p. 493. 19 Ibidem. Ricordiamo che Castelnuovo era sulle posizioni di Pincherle.20 Ibidem, p. 495.

In questo contesto, Castelnuovo, orienterà i programmi di alcuni dei suoi Corsi di geometria superiore verso argomenti che riguardano le matematiche elementari dal punto di vista superiore e verso le matematiche che sono utili nelle applicazioni. Si evidenzia in tal modo, una completa adesione delle vedute e al programma di Klein. Scorrendo l’elenco dei corsi Geometria superiore, il cambiamento è evidente: essi non saranno più rivolti esclusivamente ai temi che interessano la ricerca geometrica. Il Corso del 1910 è dedicato alla Geometria non euclidea, argomento che, come si legge nel quaderno delle sue lezioni21, per le attinenze colle matematiche elementari è particolarmente indicato a “provvedere ad un’esigenza del 2° biennio, cui non si pensa abbastanza”. Due sono gli scopi del secondo biennio del Corso di Laurea in matematica: “impulso alla ricerca scientifica e preparazione dei futuri insegnanti”. Il secondo biennio “li raggiunge entrambi?” Si chiedeva Castelnuovo, sottolineando che si trattava di una domanda che un po’ tutte le nazioni si stavano ponendo nei riguardi dell’insegnamento della matematica. Le varie opinioni sulla “preparazione più efficace per i futuri insegnanti” sono così sintetizzate:

a) cultura intensiva nei rami più elevati della matematica: l’attitudine didattica si formerà da sé;b) cultura larga estensiva in tutti gli indirizzi matematici e nelle scienze che con la matematica hanno la massima affinità;c) cultura specifica, metodologica.

E sono così sinteticamente commentate:

Quali siano gli inconvenienti della tendenza a) esagerata, quando gli uditori non sono inclinati all’alta scienza. Come la tendenza b) sia più adatta per allargare le idee del futuro insegnante e per mettere nella giusta prospettiva l’argomento da insegnare. Utilità della cultura scientifica generale. Vantaggi e inconvenienti della tendenza c); come ad essa provveda in ogni caso la scuola di magistero.

Secondo Castelnuovo sarebbe opportuno che “nel 2° biennio, accanto a corsi di alta cultura matematica, si tengano insegnamenti che abbiano lo scopo di allargare le idee e di mettere in luce i rapporti tra le matematiche elementari e le matematiche superiori”. Un corso sulle geometrie non euclidee propone una riflessione sui principi della disciplina, “questioni che nessun insegnante dovrebbe ignorare”; nel contempo l’argomento è interessante dal punto di vista scientifico, quando lo si affronti analizzando i “vari metodi con cui la geometria non euclidea fu studiata (elementare, differenziale, proiettivo, gruppale)”. Il tema investe inoltre aspetti di natura filosofica, sulle “origini dei postulati” e la “natura dello spazio” e di natura logica quali le “questioni della indipendenza o compatibilità dei postulati”. E c’è infine una ragione di carattere prettamente metodologico che rende interessante un corso di geometria non euclidea per chi dovrà insegnare. Nello studio della geometria si può seguire il “metodo logico”, oppure “l’interesse per i fatti indipendentemente dal metodo con cui

21 Cfr. Castelnuovo, Lezioni. Corso di geometria superiore. Geometria non euclidea, a.a 1910-1911, p. 2-3.

si dimostrano” e questo secondo approccio, per Castelnuovo, è da prediligere nell’insegnamento secondario. Con l’osservazione dei fatti si applica infatti un metodo che è proprio delle scienze sperimentali: per questa via l’insegnamento si focalizza sui processi e rende la materia meno astrusa agli occhi degli allievi motivandone l’apprendimento.

In quest’ordine di idee, agli occhi di Castelnuovo sono particolarmente utili corsi su temi dell’insegnamento secondario che nel corso della storia hanno dato luogo allo sviluppo di nuovi rami della matematica e che, pertanto, possono provvedere a formare quella cultura larga, non settorializzata, che si confà all’insegnante. La storia della matematica offre indicazioni sui temi da prediligere nei corsi per la preparazione della cultura matematica degli insegnanti. Coerentemente, Castelnuovo sceglierà di dedicare il corso di geometria superiore del 1918-1919 alla teoria delle equazioni algebriche perché è un tema particolarmente adatto ad essere trattato secondo lo sviluppo storico. La storia della matematica è così un utile mezzo per ovviare ai difetti della presentazione puramente logica: l’approccio genetico a una teoria, evidenziando i processi euristici, agevola la comprensione dei fondamenti concettuali. Da notare infine che la scelta di un tema algebrico era per Castelnuovo dettata anche dalla necessità di rimediare alla “mancanza di un vero corso di algebra” che a suo avviso costituiva all’epoca “una lacuna del nostro insegnamento universitario”.

Gli interessi che caratterizzano la seconda parte della vita scientifica di Castelnuovo nascono dunque nel contesto del suo coinvolgimento sui problemi dell’insegnamento della matematica. Possiamo spingere le conclusioni della nostra analisi sino ad affermare che questo impegno contribuì a distrarre Castelnuovo dalle ricerche di geometria algebrica e a orientarlo verso nuovi orizzonti?

5. La democratizzazione della scuola Nei discorsi di Castelnuovo alla Mathesis, di cui abbiamo riportato qualche stralcio,

si avverte una spinta motivazionale esterna alla matematica che fa riferimento al contesto sociale e politico di quel primo decennio del Novecento. La crescita economica e industriale del nostro paese e il processo di democratizzazione che ne conseguì22 richiedeva un radicale rinnovamento della scuola e ne prospettava una diversa funzione sociale. Questa convinzione si radica nel pensiero politico di Castelnuovo e ne guida l’evoluzione. All’inizio del secolo, egli è tra i molti oppositori del progetto di costituzione del ginnasio inferiore unico emerso dalla Commissione Reale, condividendo la posizione di Salvemini23 che occorresse dare ad ogni classe sociale la scuola corrispondente ai suoi bisogni. A quarant’anni di distanza ne sarà invece promotore e strenuo sostenitore, avendo sostituito a quel principio quello che:

22 Ricordiamo che il suffragio universale maschile fu introdotto con una legge del 30 giugno 1912. Il corpo elettorale passò così da 3.300.000 a 8.443.205, di cui 2.500.000 analfabeti, pari al 23,2% della popolazione. La Camera respinse invece la concessione del voto alle donne (con 209 contrari, 48 a favore e 6 astenuti).23Di Gaetano Salvemini abbiamo già riferito nella nota 13. Salvemini faceva parte della Commissione Reale ma si dimise nel 1907, insieme ad altri, per i contrasti con la proposta di riforma. Le ragioni furono pubblicate in Salvemini & Galletti 1908.

Ogni giovane, qualunque sia la classe sociale a cui appartiene, quali siano le condizioni economiche della sua famiglia, deve essere posto in grado di seguire i corsi della scuola media fin dove consente la sua intelligenza. (Castelnuovo 1944 = Opere, IV-Appendice, p. 411)24

Nell’agosto 1944, dopo le tragiche vicende che coinvolsero la comunità ebraica italiana, prima con le leggi razziali del 1938 poi con le conseguenze del conflitto mondiale e l’occupazione tedesca, nella Roma da poco liberata Castelnuovo redasse per il Partito d’Azione una proposta di riforma della scuola secondaria25. “Il fascismo ha accresciuto il malessere di un organismo già malato”26 e nell’elencare i guasti causati dal regime totalitario al sistema scolastico, segnalava il “ritardo di parecchi decenni rispetto alle esigenze culturali e sociali”, l’asservimento “agli interessi di una classe, la borghesia agiata” che aveva escluso dalle “scuole medie culturali”, salvo rare eccezioni, “i figli di operai e contadini”. Contro la vecchia scuola che aveva “contribuito a conservare la separazione tra la borghesia e il proletariato” Castelnuovo presentava un progetto che prevedeva l’istituzione della scuola media unica. A tale scopo è indispensabile “che nelle stesse aule e sugli stessi banchi scolastici seggano accanto il figlio dell’industriale e il figlio dell’operaio”27 e ciò porta inevitabilmente “alla necessità di iniziare la scuola media con una scuola unica (o scuola media inferiore)”. In questa prospettiva, egli entrava nel merito delle materie che si dovevano insegnare28. “Noi proponiamo che il latino non venga insegnato” e che “al suo posto venga insegnata una lingua moderna”. Oltre all’italiano, alla storia, alla geografia e alla matematica, proponeva l’insegnamento di qualche nozione di scienze naturali e di igiene e “al 3° anno nozioni giuridiche e sociali”. Inoltre, in questa scuola dove siedono gli uni accanto agli altri figli di borghesi e figli di proletari “il lavoro manuale con disegno” deve essere “molto curato, per nobilitare il lavoro e mostrarne l’interesse a tutti gli allievi”, affinché anche i primi ne possano apprezzare il valore. La scuola media unica dovrà inoltre saper valorizzare “le aspirazioni culturali degli allievi più intelligenti e dotati di maggior autonomia di pensiero” perché “essa non sarà veramente efficace se non quando riuscirà a interessare i giovani di ingegno più vivo e originale, mentre oggi essa accontenta principalmente gli allievi più docili e diligenti”. Nell’eventualità che questioni di ordine pratico o politico ne impedissero la realizzazione, Castelnuovo, con quell’atteggiamento concreto e tenace che sembra caratteristico della sua personalità, prospettava una soluzione transitoria che, avvicinando i programmi tra scuola media inferiore e scuola di avviamento al lavoro, facilitava il conseguimento della licenza media a chi aveva frequentato la scuola di avviamento. Similmente, l’articolazione delle scuole medie superiori teneva conto dell’esigenza di rendere agevoli i passaggi da una tipologia all’altra, compreso il passaggio dalle scuole professionali alle “scuole culturali”. E, per attenuare gli effetti 24 Il corsivo è di Castelnuovo.25 Il progetto, rimasto sconosciuto fino ad anni recenti, è ora pubblicato nell’Appendice al vol. IV delle sue Opere: cfr. Castelnuovo 1944. 26 Ibidem, p. 410-411.27 Il corsivo è di Castelnuovo.28Ibidem, p. 412-413.

delle condizioni economiche sulla scelta del percorso di istruzione, lo Stato avrebbe dovuto istituire un sistema di borse di studio.

La Scuola media unica verrà istituita quasi vent’anni dopo, nel 1962. Il sentimento della funzione della scuola nel processo di democratizzazione della società, che Castelnuovo maturò durante gli anni, anche drammatici del Novecento, verrà raccolto e perseguito nella propria azione didattica dalla figlia Emma che quest’anno, a dicembre, compirà cento anni.

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