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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI“MAGNA GRÆCIA” DI CATANZARO CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE DEL SERVIZIO SOCIALE TESI DI LAUREA IN METODOLOGIA DELL’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA LE PROBLEMATICHE DELL’INTEGRAZIONE TRA I SERVIZI SOCIOSANITARI NEL SETTORE ANZIANI: IL CASO DI FONDAZIONE BETANIA O.N.L.U.S. RELATORE CANDIDATA Chiar.mo Prof. Guido Giarelli Catizone Rosalia Matr. 97063 Anno Accademico 2009/2010

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI“MAGNA GRÆCIA”

DI CATANZARO

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

SCIENZE DEL SERVIZIO SOCIALE

TESI DI LAUREA IN

METODOLOGIA DELL’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

LE PROBLEMATICHE DELL’INTEGRAZIONE TRA I

SERVIZI SOCIOSANITARI NEL SETTORE ANZIANI: IL

CASO DI FONDAZIONE BETANIA O.N.L.U.S.

RELATORE CANDIDATA

Chiar.mo Prof. Guido Giarelli Catizone Rosalia

Matr. 97063

Anno Accademico 2009/2010

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INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni la politica in favore degli anziani è stata

potenziata alla luce delle nuove realtà demografiche caratterizzate

dall’aumento della speranza di vita e dall’aumento del numero degli

anziani, infatti in Calabria nel 2001 sono stati censiti 2,90 anziani per un

bambino (nella provincia di Cosenza 3,5, nella provincia di Crotone

2,27, nella provincia di Catanzaro 2,94, nella provincia di Vibo Valentia

2,77 e nella provincia di Reggio Calabria 2,84). Tale politica si propone

di rispondere a questa nuova realtà sociale – caratterizzata dal

miglioramento del benessere materiale dell’anziano – e sanitaria –

caratterizzata dall’aumento della qualità e degli anni di vita, ma anche da

un aumento delle patologie invalidanti – ponendosi come obiettivo

principale la promozione dell’autonomia, considerata un importante

fattore di benessere e di integrazione nella società ma anche come

valorizzazione delle risorse accumulate in termini di conoscenza ed

esperienza di vita. Aumenta, perciò, la richiesta di assistenza nei servizi

sociosanitari da parte degli anziani non autosufficienti o a rischio di non

autosufficienza che non possono ricevere assistenza da parte di cargiver

informali; di conseguenza diventa centrale l’integrazione sociosanitaria

che costituisce un insieme di indicazioni di massima che individuano

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nella collaborazione tra settore sanitario e settore sociale un metodo di

lavoro per rispondere in maniera globale ed unitaria ai bisogni sociali e

sanitari della popolazione.

Questo lavoro nel primo capitolo propone una descrizione dell’età

anziana, analizzandone le principali caratteristiche, il ruolo che, nel

corso del tempo, l’anziano ha occupato nella società e le principali teorie

elaborate su questo periodo della vita dell’uomo.

Il secondo capitolo descrive la rete dei servizi sociosanitari per

anziani, classificandoli in residenziali, semiresidenziali e domiciliari

individuando i professionisti che operano nella rete dei servizi

assicurandone il buon funzionamento.

Il terzo capitolo fornisce la definizione e gli obiettivi

dell’integrazione sociosanitaria, le principali riforme, i livelli e gli

strumenti dell’integrazione sociosanitaria.

Il quarto capitolo analizza l’attuazione e le problematiche

dell’integrazione sociosanitaria nel settore anziani.

Infine, il quinto capitolo, propone una ricerca svolta presso

Fondazione Betania ONLUS realizzata attraverso un’intervista agli

operatori professionisti per rilevare le principali problematiche

dell’integrazione sociosanitaria nel settore anziani.

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1.1 UNA POPOLAZIONE CHE INVECCHIA

Negli ultimi decenni si è assistito ad un incremento progressivo

della popolazione dovuto soprattutto alla riduzione della natalità ed

all’aumento della vita media conseguenza diretta delle conquiste della

ricerca scientifica in ambito biomedico e dello sviluppo educativo e

sociale.

L’invecchiamento della popolazione costituisce il fenomeno

demografico più significativo degli ultimi decenni, con rilevanti

ripercussioni sul piano economico, sociale, politico e culturale. Le

modificazioni verificatesi nella struttura della società per la velocità con

cui si sono svolte, e soprattutto, per la loro portata, hanno determinato

l’emergere di nuovi bisogni connessi con le patologie croniche e

conseguentemente con le condizioni di non autosufficienza.

L’invecchiamento della popolazione è un evento sociale

relativamente recente, il numero di anziani è iniziato ad aumentare nella

prima metà del secolo, ma soprattutto nel periodo post-bellico e negli

anni 60.

Dati epidemiologici indicano come la percentuale degli anziani sia

passata da 7,3 nel 1931, a 13,2 nel 1981 ed a 14,8 nel 1991.1 (Tab. 1).

1 Diego Di Leo, Antonella Stella, Manuale di psichiatria dell’anziano, Piccin 1994, pag 49

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Ciò è dovuto all’aumento della speranza di vita, infatti nel 1900 la

speranza di vita, alla nascita, era di 45 anni, negli anni novanta, invece,

era di 73 anni per gli uomini e di 80 anni per le donne.

Tabella 1 Distribuzione percentuale della popolazione italiana negli ultimi

cinquant'anni per classi di età2

0-4

5-14

15-44

45-54

55-64

>65

Tot. milioni

1931

11.2

18,5

45,6

9,8

7,6

7,3

41,0

1951

9,1

17,0

45,9

11,4

8,4

8,2

47,5

1961

8,3

16,0

43,5

12,8

9,6

9,6

50,6

1971

8,2

16,3

41,8

11,5

10,9

11,3

54,1

1981

5,9

15,7

42,4

12,7

10,3

13,2

56,6

1991

-

-

-

-

-

14,8

57,4

2 Fonte: Annuario statistico italiano, 1985; Presidenza Consiglio dei Ministri,Dipartimento per gli

affari sociali, 1992

CLASSI DI ETA’

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Il costante rallentamento della mortalità in età adulta ha portato ad un

significativo aumento del numero di soggetti anziani nella popolazione.

Oggi il 20,3% della popolazione ha più di 65 anni, mentre il numero

degli ultra novantenni è quintuplicato negli ultimi dieci anni. Infatti a

partire dal 2001 la popolazione, in seguito all’aumento delle nascite e

dell’immigrazione, è aumentata dello 0,7% l’anno. Al 1° gennaio 2010

risultano 144 anziani ogni 100 giovani, attualmente, infatti, la vita media

è di oltre 84 anni per le donne e di 79 anni per gli uomini.

1.2 L’ETA’ ANZIANA: UNO SGUARDO D’INSIEME

Negli anni ottanta la terza età ha ricevuto una definizione

demografica, ha acquistato una precisa rilevanza teorica e culturale ed

una propria organizzazione istituzionale.

Il percorso di vita è stato diviso in quattro stadi:

prima età in cui avviene la socializzazione e la formazione

educativa;

seconda età caratterizzata dall'attività professionale e dalla

responsabilità, in particolare familiare;

terza età in cui l'individuo ha il tempo e la possibilità di coltivare

i propri interessi e di dedicarsi alla realizzazione personale;

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quarta età di senescenza e di perdita dell'autosufficienza3.

Il computo degli stadi non viene più basato sulle classi d'età, e

l'ingresso nella terza età tende ad essere considerato frutto di una

decisione individuale, sebbene in generale venga fatto coincidere con il

pensionamento. Si comincia a prefigurare il modello di una nuova

società in cui la terza età - formata da individui ormai liberi dagli

obblighi comportati dalle due età precedenti - non è più marginalizzata

ed esclusa dalla vita attiva, ma vi partecipa pienamente.

Nell'ambito della discussione sulla terza età sono state fissate alcune

condizioni necessarie per il pieno affermarsi di questo stadio della vita.

Oltre a parametri demografici le nazioni devono avere un livello di

ricchezza sufficiente a garantire uno standard di vita adeguato agli

anziani mettendoli in condizione di sviluppare una vita indipendente.

L'aumento della vita media e l'espansione del numero degli anziani

rendono più urgente il problema della qualità della vita dei membri di

questa classe della popolazione, l'attenzione dovrà, quindi, incentrarsi

sulle misure sociali, sanitarie e assistenziali necessarie al sostegno di una

popolazione improduttiva in costante espansione, nonché sulla riduzione

delle spese di consumo per far fronte ai costi che l'invecchiamento della

popolazione comporta. Per mantenere gli anziani si rendono necessari

3 Peter Laslett Vecchiaia, Enciclopedia delle scienze sociali e storia - Treccani

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massicci trasferimenti dalla seconda età alla terza e alla quarta, ma tutto

ciò appare come un problema, il grande problema del “peso degli

anziani”. Questo atteggiamento va ad aggravare gli stereotipi negativi

degli anziani come destinatari passivi, privi di qualsiasi ruolo

indipendente nella vita sociale e politica attiva.

1.3 CARATTERISTICHE DELL’ETA’ ANZIANA

L'invecchiamento è un processo inevitabile e incessante, che

investe ogni aspetto della vita e impone una modificazione e una

sostituzione continua degli attori in ogni contesto.

La situazione dell'anziano è spesso frustrante in quanto, con la perdita di

potenza biologica e la diminuzione del ruolo sociale, vengono intaccati il

senso di integrità personale e di autostima.

Il vecchio ha spesso bisogno di aiuto per compiere alcuni

raggiungimenti fisici e psichici e non si sente autonomo, il

pensionamento stesso può rappresentare un trauma.

Altri fattori, come la perdita di persone care, la disgregazione

dell'unità familiare, le difficoltà di riconoscersi nei costumi e nelle

espressioni delle generazioni più giovani contribuiscono spesso al senso

di solitudine e di disadattamento dell'anziano.

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Alcuni studi hanno dimostrato che, per quanto riguarda

l'intelligenza, l'anziano presenta spesso un rendimento inferiore non per

il declino delle capacità intellettuali nel complesso ma per una

diminuzione di attitudini specifiche quali la memoria a breve termine,

l'attenzione percettiva, la flessibilità mentale. Molti altri studi però

concordano nel ridimensionare lo stereotipo dell'anziano come “meno

capace” dal punto di vista intellettivo.

L'invecchiamento ha un effetto di riduzione complessiva delle

capacità mentali, in particolare della creatività, ciò che si rafforza con

l'avanzare dell'età è invece, una facoltà attribuita tradizionalmente agli

anziani, ossia la saggezza, che gli psicologi definiscono in termini di

appagamento esistenziale, legato prevalentemente all'ambiente e alla

struttura sociali, oltre che a fattori intellettuali e culturali. Lo stesso vale

per la creatività, e anche se in misura diversa, per l'intera gamma delle

facoltà mentali. Se si tiene conto delle variabili sociali, i traguardi alla

portata degli anziani potrebbero essere visti in una prospettiva assai più

ottimistica.

In generale, si può affermare che il disadattamento dell'anziano

non deriva tanto dal declino intellettuale quanto piuttosto da fattori

emotivi e connessi all'integrazione sociale, quali la cessazione delle

attività lavorative e l'esclusione da un ruolo predominante nella vita

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familiare e sociale che portano, a volte, ad uno stato di ansietà e di

frustrazione.

Secondo Havighurst (1960) promotore della teoria dell’attività,

gli anziani per conservare la loro efficienza psicofisica hanno necessità

di essere sollecitati costantemente da stimoli culturali e dal continuo

esercizio dei processi intellettivi. I vecchi a cui sono offerte peculiari

opportunità possono mantenere attive le loro funzioni cognitive ed

interpretare un proprio ruolo sociale, possono trarre beneficio dalle

esperienze e dalla sensibilità acquisita, incrementare la loro personale

conoscenza e trasmettere il loro sapere alle generazioni più giovani.4

Secondo Cumming e Henry (1961) sostenitori della teoria del

disimpegno, gli anziani per conservare una valida potenzialità psicofisica

devono ritirarsi progressivamente dalle attività professionali

particolarmente impegnative implicanti un certo livello di responsabilità

per dedicarsi esclusivamente alla coltivazione dei propri interessi ed

attitudini ed eventualmente alle relazioni con i nipoti. Diversamente, le

categorie di pensionati che hanno svolto un lavoro prevalentemente di

carattere esecutivo, ripetitivo, privo o povero di spinte all’elaborazione

critica, hanno bisogno di essere stimolati alla lettura, all’attività motoria,

all’espressione creativa, alla partecipazione sociale per mantenere un

discreto livello di efficienza psicofisica. La motivazione, l’esercizio, la 4 M. Chiesa-Bianchi, T. Vecchi Elementi di psicogerontologia, Franco Angeli 1998, pag 184

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rete relazionale possono favorire una rivalutazione dello spazio e dello

status sociale degli anziani, facilitare una loro reale integrazione nel

contesto comunitario, consentire un superamento dei vincoli culturali,

ampliare le prospettive di conoscenza e impiegare al meglio le proprie

risorse esperienziali ed innovative.5

1.4 ANZIANI E SOCIETA’

Le persone anziane rappresentano idealmente l’epilogo attivo e

corrente di un sapere umano che si forma e si fa sostanza conoscitiva

attraverso l’esperienza che congiunge intuizione e vissuto. Il loro stile di

vita viene spesso letto in modo negativo, eppure sono numerosi gli

esempi di vecchi e longevi interpreti di un’età ricca di aspetti positivi, di

potenzialità e capacità creative; infatti, l’anziano più di ogni altro può

fornire la sua reale identità personale, collettiva e culturale.

1.4.1 L’ANZIANO NELLE SOCIETA’ DEL PASSATO

La figura dell’anziano oggi riveste un ruolo diverso da quello che

aveva nella società contadina, infatti tradizionalmente l’anziano era

associato a due stereotipi, quello del vecchio saggio contrapposto a 5 Op. cit., pag 184

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quello del vecchio demente. Molti anziani erano considerati la memoria

storica e i depositari della conoscenza, tale ruolo poneva al riparo dal

sentimento di alienazione. Nella società preindustriale il vecchio era il

capo indiscusso della famiglia che era a sua volta prevalentemente

strutturata secondo un modello patriarcale - convivevano nello stesso

nucleo familiare il padre, la madre, i figli adulti con le rispettive mogli e

i figli - in tale modello di famiglia "estesa", il ruolo maschile era

dominante e il padre era colui che prendeva tutte le decisioni importanti.

L'anziano era colui che aveva accumulato saperi ed esperienze di vita e

di lavoro, era il depositario della saggezza e a lui si ricorreva per

ascoltarne i preziosi consigli senza osare ribellarsi alla sua autorità. In

questo modello di società invecchiare significava acquisire uno status

sociale più elevato e di prestigio, divenire la guida della famiglia e della

comunità.

Nella società industriale invece l’incapacità di produrre ha portato

ad una visione negativa dell’età senile, infatti l’anziano è spesso vissuto

e si vive come un peso.

Inoltre la società industriale ha determinato modificazioni

nell’utilizzo del tempo e nell’organizzazione della famiglia,che hanno

reso sempre più difficile la permanenza degli anziani all’interno del

nucleo familiare; la società industriale, infatti, ha soppiantato la famiglia

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a tre generazioni – che offriva molteplici vantaggi ai suoi componenti in

una società contadina – ma non è stata in grado di sostituirla con un’altra

struttura capace di fornire supporti psicologici e sociali ai suoi membri e

soprattutto a quelli che sono al di fuori del mondo della produzione.

In questo modo l’anziano perde l’autostima e vive una condizione

di frustrazione, ciò non avveniva nella società contadina, in quanto

l’anziano era ben inserito nella famiglia e nel mondo del lavoro,

considerando i risultati che otteneva come una proiezione per la vita

futura; nella società industriale, invece i risultati che l’anziano raggiunge

sono costantemente superati da nuove soluzioni, in tal modo si sente

sopraffatto dagli eventi.

1.4.2 L’ANZIANO NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA

Le trasformazioni verificatesi nella società contemporanea

pongono l’anziano in una posizione completamente diversa rispetto al

passato, l’anziano sente la necessità di un inserimento in posizione attiva

e quindi in condizioni di efficienza psicofisica in grado di offrire

operosità e creatività.

L’osservazione della realtà che ci circonda ci propone tre categorie

di anziani:

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anziani anagrafici che non sembrano o non si sentono vecchi e in

realtà non lo sono; questi possono essere una risorsa per i propri

familiari e per il contesto in cui si vive, inoltre l’essere attivi e il

sentirsi utili rappresentano una condizione fondamentale per

promuovere la salute stessa degli anziani, in quanto la capacità e la

possibilità dell’anziano attivo di muoversi all’interno di una

relazione e di un contesto sociale ha effetti positivi sulla

prevenzione di stati depressivi in cui a dominare è un senso di

solitudine ed inutilità che spesso causa o accompagna problemi

fisici degenerativi;

anziani in condizione di difficoltà, di parziale non autosufficienza

o di totale dipendenza da altri;

i grandi anziani, della quarta età, portatori di patologie diverse

spesso invalidanti, che incide sulla richiesta di prestazioni,

soprattutto di tipo sanitario.

Nella società contemporanea, quindi, il ruolo dell'anziano è stato

rivisto e rivalutato, la vecchia concezione dell'anziano solo e depresso

comincia ad essere superata e accanto a realtà di solitudine ed

emarginazione sociale, cominciano ad emergere nuovi modi di vivere la

terza età; molti anziani hanno una vita sociale molto ricca vivendo

appieno le loro esperienze di vita.

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1.5 LE TEORIE SULL’ETA’ ANZIANA

L’invecchiamento è un fenomeno naturale e universale che può

variare da individuo ad individuo o tra gruppi di persone. Sono state

proposte varie teorie volte a spiegare i meccanismi che stanno alla base

dell’invecchiamento dell’essere umano.

Le teorie ritenute più importanti per gli studiosi dell’età senile

sono:

la teoria delle correlazioni con variabili anatomiche e

funzionali che rapporta la durata massima della vita degli

esseri umani con quattro variabili anatomiche e funzionali:

il peso del cervello adulto, il peso del corpo, la velocità del

metabolismo e la temperatura corporea. Secondo calcoli

matematici è stata realizzata un’equazione che mostra come

l’esistenza di geni, che assicurano la longevità, è

direttamente correlata con l’indice di cefalizzazione

(rapporto cervello-corpo) e, inversamente correlata con la

velocità del metabolismo.

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La teoria dell’immunologia che riguarda i meccanismi di

difesa del corpo umano, il sistema immunitario (timo,

midollo osseo, milza ecc.), che subisce una progressiva

riduzione in età avanzata portando ad una ridotta efficienza

dell’immunità cellula-mediata. L’organismo di un anziano,

con l’aumento d’immunoglobuline di natura auto-

anticorpale, non riconosce i suoi costituenti perché questi

possono subire modifiche o può succedere che i

meccanismi di riconoscimento si alterano. Tutto ciò

determina malattie auto-immuni (anemie, artrite…),

l’aggravamento di patologie comuni nell’età avanzata e

aumenta l’incidenza di tumori nell’anziano. Un illustre

studioso italiano, C. Franceschi, sostiene che le

potenzialità del nostro sistema immunitario si esauriscono

nel corso della vita riguardo all’aggressione antigenica che

avviene in seguito ad un contatto di virus e batteri

nell’organismo.

La teoria dei radicali liberi, elaborata da Denham Harma

il quale sostiene che con l’avanzamento degli anni

l’organismo accumula radicali liberi dell’ossigeno che

arrecano danni irreparabili alle molecole presenti nelle

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membrane biologiche, al DNA, in altre parole al patrimonio

genetico, e ai mitocondri indispensabili per la produzione

d’energia. Molte malattie tipiche della persona anziana,

come il Morbo di Parkinson e il Morbo d’Alzheimer,

presentano un prevalere dei sistemi ossidativi rispetto ai

sistemi anti-ossidativi.

La teoria di Hayflick, che prende il nome dal suo

ricercatore, sostiene che la durata della vita è legata a

fattori genetici perciò, è come se un individuo abbia un

“orologio interno” programmato per una durata di vita

prefissata. E’ con questa teoria che acquistano una certa

rilevanza le teorie genetiche che mettono in risalto come i

geni si trasmettono ereditariamente e, allo stesso tempo,

come porzioni di DNA, detti Telomeri, indispensabili per il

buon funzionamento degli altri geni con l’invecchiamento

tendono a ridursi di lunghezza.

La teoria del tempo programmato e la teoria del tempo

libero. La teoria del tempo libero fa riferimento al periodo

della maturità, questo ha un carattere residuale, rappresenta

ciò che avanza in termini di tempo dopo avere adempiuto

impegni che definiscono il ritmo degli eventi veramente

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importanti durante la vita da adulti. Mentre la teoria del

tempo programmato, propone di superare la teoria del

tempo libero, infatti vuole dare agli accadimenti della terza

età la stessa qualifica sotto il profilo della qualità degli

interessi esistenziali e dell’attrattiva, che è propria dell’età

adulta. Secondo tale prospettiva l’anziano, magari

coadiuvato da altri, dovrà inventarsi le modalità con cui

scandire il suo tempo; quindi non un tempo a valenza zero

ma altamente significativo per il riferimento ad una serie di

proposte di attività solo diversamente qualificate.

Programmare per l’anziano vorrà significare ridestarlo

dagli interessi di una volta e proporgliene di nuovi, che

magari rispondano meglio alle attese tipiche dell’età, in tale

concezione quindi il tempo consente all’anziano di

riscoprire mondi inesplorati, in cui prendono consistenza

aspetti dell’esistenza che prima non potevano essere

concepiti poiché l’attenzione era presa da altre attività.

La teoria della piramide dei bisogni elaborata da Maslow,

egli sostiene che i bisogni possiedono una loro

organizzazione gerarchica ascendente, alla base di tale

sistema piramidale ci sono quelli più marcatamente

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fisiologici mentre al vertice quelli spirituali. I primi

denominati bisogni fondamentali sono determinati da uno

stato di carenza di benessere di natura materiale e

corrispondono per l’anziano al possesso di una casa e di

una pensione. Seguono i bisogni di natura immateriale, la

cui privazione determina la condizione di bisogno di

affetto, di accettazione, di riconoscimento e di

condivisione. Questo primo gruppo culmina nell’autostima

che consente all’anziano di affermarsi ai vari gradi di

autostima: fondamentale e funzionale. Accanto a questo

gruppo di bisogni ci sarebbero i bisogni di crescita

rappresentati dal desiderio di conoscere, dal sentimento

estetico della bellezza, dalla giustizia e dalla virtù in

generale. La natura di questi bisogni è tale da permettere al

soggetto anziano di potere progettare attività che da un lato

costituiscono l’investimento delle proprie energie e

capacità, dall’altro ne caratterizzano il tenore di vita.

L’anziano è consapevole della propria pienezza quando si

rende conto della dinamica interazionale tra i bisogni

fondamentali che sono la condizione per costruire i

presupposti di una vita serena e quelli spirituali che

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possiedono la capacità di realizzare una vita di qualità

superiore.

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2.1 I SERVIZI SOCIOSANITARI PER ANZIANI: UN PO’ DI

STORIA

Tradizionalmente per affrontare i bisogni dell’anziano la risposta

più diffusa, per lungo tempo, è stata quella della “casa di riposo”. Negli

anni Settanta si è affermata l’idea di potere rispondere ai bisogni degli

anziani in difficoltà anche senza ricorrere all’accoglienza in strutture

totalizzanti, si è iniziato a pensare di potere lasciare gli anziani nella

propria casa fornendo loro il supporto di un’assistenza domiciliare che li

aiutasse nei lavori domestici e nella cura della propria persona. Il

crescente numero di anziani non autosufficienti e la scarsità di risorse,

però, hanno indotto l’assistenza domiciliare a trasformare la tipologia

degli interventi tralasciando la cura della casa e sviluppando una più

specializzata cura della persona, a cui si sono affiancati interventi

domiciliari sanitari svolti da personale infermieristico.

Successivamente la necessità di rispondere ai bisogni crescenti

dovuti all’aumento della popolazione anziana ed all’aggravarsi del

livello di non autosufficienza hanno reso necessarie anche le strutture

residenziali che sono state organizzate con caratteristiche diverse da

quelle del passato, in quanto l’esigenza era quella di creare strutture con

dimensioni più ridotte (organizzate in moduli a partire da un minimo di

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20 posti letto fino ad un massimo di 60-80 posti) al fine di rendere

l’ambiente e le relazioni il più possibile umanizzate, ma anche capaci di

offrire prestazioni complesse come quelle sanitarie; inoltre l’aumento di

specifiche patologie – la demenza senile e l’Alzheimer – ha reso

necessario un adeguamento delle strutture residenziali sia in termini

strutturali (p.e. recinzioni esterne e dispositivi di segnalazione del

passaggio alle porte) che di formazione del personale.

Negli ultimi anni in base all’esperienza precedente ed alle nuove

tendenze della domanda di servizi per anziani, la legge 328/2000 ha

posto nuovamente l’attenzione sull’assistenza domiciliare come uno dei

servizi che deve essere presente in ogni ambito territoriale.

Il Piano nazionale degli interventi e servizi sociali 2001-2003

Libertà, responsabilità e solidarietà nell’Italia delle autonomie che si

occupa delle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria

propone un nuovo concetto di domiciliarità intesa come strategie più

complesse che riguardano la vita dell’anziano nella sua casa, nel suo

quartiere, nella sua città, quindi in quei luoghi entro cui si possa contare

su un minimo di legami sociali e di sicurezza dell’abitare; si tratta di

programmi complessi che chiamano in causa l’edilizia residenziale, la

mobilità e la disponibilità di spazi verdi e di incontro per una migliore

fruibilità del “sistema città” nel suo complesso. Sono, inoltre, necessari

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programmi a sostegno della diffusione di nuove tecnologie, quali il tele-

soccorso, la tele-assistenza e la tele-medicina che raggiungono gli

anziani al proprio domicilio e che sembrano rappresentare una risposta

all’emergenza “anziani soli”.

La domiciliarità, quindi, è un processo di aiuto a domicilio che per

la sua realizzazione necessità della disponibilità di molti soggetti:

anziani, famiglie, operatori dei servizi, vicini, volontari, membri della

comunità locale, ecc, pertanto implica la costruzione di una rete di

supporto sociale in sinergia tra servizi sociali, sanitari e reti di

solidarietà.

2.2 LA RETE DEI SERVIZI SOCIOSANITARI PER ANZIANI

Nel corso degli anni l’invecchiamento della popolazione ha

determinato una maggiore sensibilizzazione nei confronti degli anziani e

dei bisogni di cui essi sono portatori; perciò lo stato e gli enti locali

hanno attuato una politica in favore della popolazione anziana volta a

valorizzare e potenziare le capacità residue degli anziani e promuovere

una migliore qualità della vita, nella convinzione che essi non

rappresentano solo un problema dal punto di vista demografico e sociale

ma anche una risorsa per se stessi, per i figli, per la propria famiglia, per

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gli altri anziani e per la collettività. La compresenza di problemi di tipo

sociale e sanitario ha reso necessaria l’attivazione di servizi integrati,

cioè capaci di lavorare insieme nel rispetto della correlazione tra i diversi

bisogni dell’anziano.

La rete integrata di servizi rappresenta la risposta concreta in

termini di azioni e interventi ai bisogni degli anziani, soprattutto per

coloro che hanno problemi di non autosufficienza, ed ha tra i suoi

elementi caratterizzanti:

L’accesso: viene rivolta particolare importanza

all’informazione che consente al cittadino-utente l’accesso

ai servizi, pertanto le Regioni hanno predisposto

uffici/sportelli servizi con compiti informativi e di indirizzo.

La personalizzazione dell’intervento e l’assistenza

sanitaria adeguata: l’operatore che prende in carico

l’anziano sottopone il suo caso all’esame dell’Unità di

valutazione geriatrica che ha il compito di stabilire il grado

di non autosufficienza dell’anziano, stabilire di quali servizi

l’anziano ha bisogno e definire il programma assistenziale

personalizzato.

I servizi: che si distinguono in residenziali, semiresidenziali

e domiciliari.

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27

2.3 IL PROGETTO-OBIETTIVO “TUTELA DELLA SALUTE

DEGLI ANZIANI”

Il Progetto-obiettivo “Tutela della salute degli anziani”6 è inteso

come strumento per la realizzazione dell’integrazione sociosanitaria e

per la definizione delle competenze in materia di Comuni e ASL,

sviluppa i principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale e della

politica dei servizi sociali realizzata dalle Regioni nel corso degli anni.

Esso si propone di favorire l’attivazione di una rete di servizi sul

territorio che sia in grado di rispondere ai bisogni sociosanitari ed

assistenziali dell’anziano, migliorando la qualità di vita delle persone

anziane nel loro contesto abitativo; tale progetto per evitare interventi di

istituzionalizzazione afferma la necessità di aumentare l’offerta di

assistenza domiciliare per gli anziani non autosufficienti ed amplia la

gamma dei servizi residenziali non ospedalieri capaci di erogare

prestazioni sanitarie complesse anche allo scopo di evitare

ospedalizzazioni improprie.

Il progetto-obiettivo delinea gli obiettivi dell’assistenza geriatrica,

cioè la prevenzione, la cura delle malattie, la riabilitazione immediata

per evitare il deterioramento, l’ottimizzazione dell’intervento globale

tramite l’impiego di strumenti di valutazione multidimensionale, 6 Approvato nel 1992, stralcio del Piano sanitario nazionale.

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innanzitutto l’Unità di valutazione geriatria (UVG)7, definita come

mezzo per realizzare l’integrazione fra servizi sociali e sanitari.

Il modello organizzativo per la tutela e la salute degli anziani, in

particolare per i non autosufficienti individua:

A) Servizi di base che comprendono:

Servizi non residenziali: ambulatorio medico di base, servizi di

prevenzione primaria, segretariato sociale, assistenza

domiciliare integrata;

Servizi semiresidenziali: centro servizi socio-assistenziali;

Servizi residenziali: case di riposo, albergo, comunità,

residenza sanitaria assistenziale;

B) Servizi di tipo specialistico che comprendono:

Servizi non residenziali: poliambulatorio, ospedalizzazione a

domicilio;

Servizi semiresidenziali: ospedale diurno, strutture di

riabilitazione;

Servizi residenziali: ospedale generale/specialistico, geriatria,

lungodegenza.

Nei servizi di base rispetto al segretariato sociale, centri socio-

assistenziali diurni, case di riposo, albergo, comunità prevale il comparto

7 Unità di valutazione geriatria (UVG): E’ un’équipe multiprofessionale composta da geriatra,

fisiatra,infermiere professionale, medico di base, assistente sociale, che può essere territoriale

(UVGT) o ospedaliera (UVGO).

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sociale, mentre rispetto all’assistenza domiciliare integrata, residenza

sanitaria assistenziale si può parlare di interventi sociali ad alta

integrazione sanitaria; i servizi di tipo specialistico, invece, afferiscono

quasi esclusivamente alla sanità.

2.4 TIPOLOGIA DEI SERVIZI SOCIOSANITARI PER ANZIANI

Alle radici del sistema dei servizi sociosanitari si possono individuare tre

modelli culturali:

modello assistenziale, che ha una antica tradizione storica ed in

base al quale un servizio può essere erogato se esiste una

situazione di bisogno verificata e contemporaneamente sono

predisposti i finanziamenti necessari;

modello burocratico, corrispondente all’evoluzione degli stati

moderni ed in base al quale un servizio può essere erogato in

riferimento ad un diritto legittimo od esigibile e secondo

procedure trasparenti e standardizzate. La fonte di questo modello

è da riferire all’evolversi delle legislazioni sociali e sanitarie;

modello professionale, secondo il quale il servizio è una

prestazione orientata a risultati validabili attraverso una

competenza tecnica. La fonte di questo modello sono le

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professioni di aiuto che elaborano le proprie metodologie, tecniche

e deontologie.

I servizi sociosanitari mirano a promuovere la salute dell’anziano

mediante la prevenzione, il mantenimento e il recupero dell’autonomia.

La struttura dei servizi deve assumere un’organizzazione a rete, cioè

deve essere composta da un insieme di servizi di natura diversa fra loro

collegati per rispondere ai bisogni assistenziali dell’anziano non

autosufficiente.

Tali servizi possono essere distinti in: servizi residenziali che

offrono opportunità di accoglienza continuative e durature, sia diurne

che notturne per persone che si trovano in condizioni di non

autosufficienza; servizi semiresidenziali che forniscono prestazioni

diurne, quindi non implicano un ricovero a tempo pieno da parte degli

utenti ma solo un’assistenza temporanea; servizi domiciliari che sono

forme di assistenza erogate a domicilio degli utenti ed hanno come

obiettivo sia l’assistenza diretta agli utenti, sia offrire sostegno ai loro

familiari.

In particolare i servizi residenziali comprendono:

Casa protetta: è una struttura assistenziale residenziale a rilevanza

sanitaria destinata prevalentemente ad anziani in condizioni di non

autosufficienza fisica o psichica;

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Residenza sanitaria assistenziale: è un servizio che riguarda la

fascia degli anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio,

affetti da patologie croniche degenerative a tendenza invalidante

per cui non sono necessarie specifiche prestazioni erogate in

ambiente ospedaliero.

I servizi semiresidenziali comprendono:

Centro socio riabilitativo diurno: è una struttura

semiresidenziale sociosanitaria che assiste anziani parzialmente

o totalmente non autosufficienti, attuando programmi di

riabilitazione e di socializzazione, può essere organizzato

presso case protette o residenze sanitarie assistenziali.

I servizi domiciliari comprendono:

Assistenza domiciliare integrata: consiste nell’insieme

combinato di prestazioni di carattere socio-assistenziale e

sanitario erogate a domicilio ad anziani non autosufficienti

sulla base di programmi assistenziali personalizzati elaborati

dall’unità di valutazione geriatrica (UVG);

Assistenza domiciliare: è un intervento socio-assistenziale

svolto a domicilio dell’anziano autosufficiente o parzialmente

non autosufficiente consistente in cura della persona, igiene

personale, somministrazione dei pasti, ecc.

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2.5 LE PROFESSIONI COINVOLTE

Il buon funzionamento e la qualità dei servizi dipendono dalla

combinazione di alcuni fattori, quali il rispetto di standard condivisi di

qualità delle strutture, i modelli organizzativi e interorganizzativi

utilizzati e la preparazione e l’adeguatezza delle figure professionali

coinvolte nella rete dei servizi. Essa richiede l’intervento di

professionisti del comparto sociale e sanitario, cioè assistenti sociali,

operatori di base, animatori, educatori professionali, infermieri

professionali, dietiste, terapisti, medici, ecc. In tali servizi un ruolo

importante è svolto dall’assistente sociale e dall’operatore di base;

l’assistente sociale cura la “presa in carico” dell’anziano e compie una

prima valutazione della sua condizione e del suo bisogno; inoltre funge

da raccordo fra il comparto sociale e il comparto sanitario e da punto di

riferimento costante per l’anziano e la sua famiglia all’interno della rete

dei servizi. Mentre l’operatore di base è la figura professionale più a

contatto con l’anziano, i cui compiti sono molti e diversi a seconda delle

situazioni; proprio in relazione alle trasformazioni dei servizi si è

modificato anche l’insieme dei compiti affidati all’operatore di base,

infatti sono diminuiti i compiti relativi all’aiuto per il governo della casa

di anziani ancora in grado di vivere da soli e sono aumentati i compiti

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relativi alla cura della persona. Sia nell’assistenza domiciliare che nelle

strutture residenziali rivestono un ruolo particolarmente importante i

compiti che mirano a favorire un minimo di autosufficienza, p.e. aiuto

per una corretta deambulazione, mobilitazione dell’anziano allettato,

aiuto nell’uso degli ausili, supporto alle attività avviate in strutture

sanitarie di riabilitazione, prevenzione delle piaghe da decubito, cambio

di piccole medicazioni. Tutte le figure professionali devono collaborare

fra loro e con gli operatori sanitari.

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35

3.1 DEFINIZIONE ED OBIETTIVI

L’interesse per il tema dell’integrazione sociosanitaria affonda le

radici nella rinnovata concezione di salute, che non è intesa più solo

come assenza di malattia ma come modalità esistenziale che pone al

centro i concetti di benessere e qualità della vita. La salute riguarda,

quindi, tutti gli aspetti della vita quotidiana, includendo anche elementi

quali le relazioni, la dimensione ricreativa e l’autonomia, non può,

perciò, prescindere dalla considerazione degli aspetti sociali; inoltre

l’aumento delle c.d. patologie sociali8 ha fatto emergere la necessità di

interventi congiunti del sistema sanitario e del sistema sociale.

L’integrazione sociosanitaria è definita come «sinergia di

responsabilità nel coordinamento dei fattori produttivi e dei processi

assistenziali tra servizi sanitari e servizi sociali facenti capo ad

istituzioni pubbliche o private, nonché nella ripartizione dei costi ad

essa inerenti, al fine di rispondere in modo globale ed unitario ai

bisogni di salute della popolazione».9

E’ una funzione di assistenza sanitaria individuata

dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che ispirandosi al

8Patologie sociali: Sono i bisogni complessi di cui si fanno portatori i soggetti affetti da patologie che

coinvolgono la sfera sociale, come le forme di disabilità fisica e psichica e le malattie mentali. 9 Giorgio Bissolo, Luca Fazzi ( a cura di) Costruire l’integrazione sociosanitaria Carocci Faber 2007,

pag 78.

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modello biopsicosociale10

cerca di rispondere ai bisogni

multidimensionali di salute per ottenere il recupero delle funzioni

corporee e delle funzioni sociali. Si realizza mediante politiche e

prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale integrando

servizi alla persona ed al nucleo familiare con eventuali misure

economiche e la definizione di percorsi attivi che hanno lo scopo di

ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di

competenze e settorializzazione delle risposte.

L’obiettivo dell’integrazione sociosanitaria è, quindi, quello di

ottenere risposte unitarie ai bisogni di salute che richiedono interventi

integrati allo scopo di consentire al cittadino di raggiungere una migliore

qualità della vita e partecipare alla vita sociale.

3.2 L’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA NELLA PRIMA

RIFORMA SANITARIA….

L’integrazione sociosanitaria costituisce una questione da sempre

aperta, infatti per individuare un momento in cui il legislatore ha cercato

10

Modello biopsicosociale: Approccio che guarda ai bisogni considerando sia i fattori fisici che i

fattori psicologici e relazionali inserendoli nel contesto di vita della persona.

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di delineare e regolare l’integrazione occorre risalire agli anni settanta

del XX secolo.

La Legge 23 dicembre 1978 N° 833 Istituzione del Servizio

Sanitario Nazionale (SSN) ha attribuito al legislatore regionale il

compito di stabilire norme per la gestione coordinata ed integrata dei

servizi delle USL con i servizi sociali del territorio. Essa configura un

sistema istituzionale ed organizzativo dei servizi sanitari impegnati a

proteggere, tutelare e restaurare la salute dei cittadini; prevede

l’integrazione sociosanitaria e prescrive gli stessi ambiti territoriali per le

Unità Sanitarie Locali e per i Servizi Sociali Territoriali. Prevede, inoltre

la gestione da parte dei Comuni e richiede il coordinamento e

l’integrazione dei servizi delle USL con i Servizi sociali. Perciò alcune

Regioni hanno istituito le Unità sociosanitarie, altre hanno legiferato nel

senso della separazione, altre infine hanno delegato alcuni servizi alle

USL. Spesso i confini tra “prestazioni sociali” e “prestazioni sanitarie”

erano molto labili e mobili; si poneva, perciò, il problema di riconoscere

in modo univoco i costi delle prestazioni sanitarie al Fondo sanitario

nazionale e i costi delle prestazioni sociali agli Enti locali. Questa

situazione è stata chiarita con l’emanazione del D.P.C.M. 8 agosto 1985

che, recependo le indicazioni della Legge 27 dicembre 1983 N° 730,

definiva le attività di tipo sanitario connesse quelle socio-assistenziali e

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ne assegnava la spesa al fondo sanitario e definiva le prestazioni socio-

assistenziali non finanziabili. Il D.P.C.M. considerava attività di rilievo

sanitario connesse con quelle socio-assistenziali le attività che

richiedono personale e tipologie di intervento proprie dei servizi socio-

assistenziali, purché siano dirette alla tutela della salute del cittadino e

consistano in interventi a sostegno dell’attività sanitaria di prevenzione,

cura e/o riabilitazione fisica e psichica del cittadino, in assenza dei quali

l’attività sanitaria non può svolgersi o produrre effetti; tali attività sono

erogate in strutture protette ed avevano come fine la riabilitazione o

rieducazione funzionale di handicappati e disabili, la cura e il recupero

psicofisico dei malati mentali, la cura e/o il recupero psicofisico dei

tossicodipendenti, la cura degli anziani limitatamente agli stadi morbosi

non curabili a domicilio; mentre definiva attività socio-assistenziali non

finanziabili dal fondo sanitario l’assistenza economica e domestica, le

comunità alloggio, i centri di aggregazione e incontro diurno, i soggiorni

estivi, le strutture diurne socio-formative, i corsi di formazione

professionale e gli interventi per l’inserimento e il reinserimento

lavorativo, i ricoveri in strutture protette extra-ospedaliere sostitutive

dell’assistenza familiare. Tale decreto, inoltre, divideva le rette delle

strutture residenziali e semiresidenziali in due parti, una parte a carico

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del Fondo sanitario nazionale ed una parte socio-assistenziale a carico

dei Comuni o degli enti gestori.

3.3 ….NELLE RIFORME DEGLI ANNI NOVANTA....

Negli anni successivi l’assetto organizzativo delle USL cambia,

infatti le Regioni estromettono i Comuni dalle USL, inizialmente con la

soppressione dell’assemblea e del comitato di gestione, successivamente

con la sostituzione dei presidenti delle USL con un commissario

straordinario unico. Di conseguenza i Comuni ritirano le deleghe alle

USL per la gestione delle attività socio-assistenziali; tutto ciò determina

la separazione tra il settore sanitario e il settore sociale.

Questa nuova organizzazione delle USL è stata regolamentata

dall’emanazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992 N° 502 e dal D.Lgs. 7

dicembre 1993 N° 517, che prevedono la trasformazione delle USL in

aziende dotate di personalità giuridica pubblica con autonomia

gestionale, gestite da un direttore generale nominato dalle Regioni

mentre i Comuni possono delegare alle Aziende Sanitarie Locali la

gestione delle attività socio-assistenziali.

La situazione muta negli anni a cavallo del duemila, infatti il

Piano Sanitario Nazionale 1998/2000 affronta il problema salute

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proponendo un approccio globale ai fattori che concorrono alla salute e

richiedendo il coordinamento tra governo centrale e amministrazioni

regionali e locali, evidenzia, infatti, l’evoluzione dei bisogni ed afferma

che l’integrazione delle responsabilità e delle risorse è condizione

essenziale per migliorare l’efficacia degli interventi, i quali devono

essere programmati a livello distrettuale tramite intese fra le ASL e i

Comuni.

Il D.Lgs. 19 giugno 1999 N° 229 definisce prestazioni

sociosanitarie «tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi

assistenziali integrati, bisogni di salute delle persone che richiedono

unitariamente prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale in

grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni

di cura e quelle di riabilitazione». Le aree di bisogno sono individuate in

materno infantile, anziani, handicap, dipendenze, patologie in fase

terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico

degenerative.

3.4 ….E NELLE RIFORME DEGLI ANNI DUEMILA

La Legge 8 novembre 2000 N° 328 Legge quadro per la

realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali è la

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legge che definisce l’assetto organizzativo dei servizi sociali ed

introduce alcuni principi importanti: informazione cioè deve essere

costruito un sistema informativo che sia capace di riunire i dati relativi ai

bisogni ed alle caratteristiche della popolazione al fine di permettere una

corretta programmazione ed una verifica di quanto programmato;

integrazione cioè i servizi devono essere integrati nella loro complessità

e il cittadino diventa il centro dell’intervento; programmazione cioè gli

interventi e le attività sociali devono essere decisi a priori con chiari

tempi di realizzazione, precise risorse economiche ed umane e modalità

di verifica dei risultati; terzo settore cioè viene pienamente riconosciuta

l’importanza di tutto ciò che è attività sociale orientata verso il cittadino

non direttamente erogata dall’ente pubblico; universalità cioè si rivolge

a tutti i cittadini che chiedono assistenza, orientamento e sostegno.

Essa rivolge l’attenzione all’integrazione sociosanitaria ed ha una

impostazione sia in termini di prevenzione sia in termini di promozione.

Questa legge ha un impatto sui sistemi di governo dei servizi su due

dimensioni, una culturale e l’altra istituzionale. Rispetto alla dimensione

culturale la L. 328/2000 ha consolidato lo sviluppo legislativo degli anni

novanta orientato a superare gli approcci meramente assistenziali mirati

sui casi già problematici, per assumere una prospettiva di prevenzione e

promozione volta ad intercettare il disagio nel suo proporsi lungo i

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percorsi di vita, nei gruppi sociali, sul territorio, per contenerne lo

sviluppo, gestirlo, anche riconoscendo e valorizzando le risorse proprie

delle persone, delle famiglie e delle comunità sociali. Rispetto alla

dimensione istituzionale, invece le Regioni hanno assunto

comportamenti diversificati, alcune procedendo con una certa speditezza,

altre più lentamente, altre evidenziando una pesante inerzia; comunque

alcune Regioni hanno approvato leggi di riordino, alcune hanno

approvato piani sociali, altre hanno predisposto ed approvato i piani di

zona11

.

La legge attribuisce un ruolo centrale al Comune, in quanto è

ritenuto l’ente più vicino al cittadino, che deve programmare e dialogare

con l’azienda sanitaria in una logica di integrazione facendosi promotore

di iniziative e di mobilitazione degli attori locali sia pubblici che del

privato sociale.

Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001/2003

prevede la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali

(LIVEAS) che riguardano le are di intervento di responsabilità familiari,

diritti dei minori, persone anziane, contrasto della povertà, disabili,

droghe.

11

Piano di zona: Previsto dall’art, 19 L. 328/2000 è uno strumento strategico di programmazione per i

servizi sociali di un determinato territorio.

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Il D.P.C.M. 29 novembre 2001 definisce i livelli essenziali di

assistenza (LEA) che consentono di rispondere ai bisogni di promozione,

mantenimento e recupero della salute e individua l’area dell’integrazione

sociosanitaria a favore di minori, donne, famiglie, anziani, di

competenza dell’ Azienda sanitaria ed erogabili a domicilio, in

ambulatorio, in strutture residenziali e semiresidenziali. Inoltre distingue

tra prestazioni sanitarie, a carico del SSN, e prestazioni sanitarie a

rilevanza sociale nelle quali è difficile distinguere la componente

sanitaria da quella sociale, perciò prevede una percentuale del costo che

non grava sul SSN ma sull’utente o sul Comune.

I LEA, cosi come i LIVEAS, sono intesi come l’insieme delle

prestazioni da garantire a tutti i cittadini secondo il principio

dell’universalismo selettivo12

.

Per effetto della legge costituzionale N° 3/2001 che modifica il

Titolo V della Costituzione, che attribuisce alle Regioni potestà

legislativa esclusiva in materia socio-assistenziale e riserva allo Stato

competenza esclusiva per la determinazione dei LEA, il Piano sanitario

nazionale 2003/2005 si pone in un’ottica diversa rispetto ai precedenti,

infatti da atto programmatico per le Regioni si trasforma in Progetto di

salute da attuarsi con le regioni in modo sinergico ed interattivo; il Piano

12

Universalismo selettivo: Principio introdotto dalla L.328/2000, che consente di individuare target

di utenti che possano accedere ai servizi o che debbano contribuire alla spesa per i servizi che

utilizzano.

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riconosce i LEA come elementi fondamentali sui quali basare

l’assistenza sanitaria e sociosanitaria su tutto il territorio nazionale,

propone di superare la posizione “ospedalocentrica” dell’assistenza

sanitaria ed intensificare l’assistenza territoriale dove viene attribuito un

ruolo fondamentale al medico di medicina generale (MMG). Inoltre

centra l’attenzione su tematiche quali la visione olistica del paziente, la

responsabilizzazione dei cittadini, l’integrazione tra i servizi sanitari e

sociali, infatti tra gli obiettivi del Piano rientra anche la promozione di

una rete integrata di servizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati

cronici, anziani e disabili.

Le leggi ed i Piani sanitari o sociosanitari emanati dalle Regioni che

delineano i modelli regionali di gestione ed intervento dei servizi alla

persona.

3.5 LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

La modifica del Titolo V parte II della Costituzione si è resa

necessaria in seguito alle riforme introdotte con la Legge 15 marzo 1997

N° 59 (c.d. Legge Bassanini), che allo scopo di realizzare il

decentramento amministrativo, ha attribuito al Governo delega ad

emanare il D.Lgs. 1 marzo 1998 N° 112 che prevede il conferimento

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alle Regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti amministrativi

relativi alla cura degli interessi ed alla promozione dello sviluppo delle

rispettive comunità. Inoltre la l’art.4 L. 59/1997 introduce il principio di

sussidiarietà13

secondo il quale i compiti di gestione amministrativa della

cosa pubblica devono essere affidati all’ente locale più vicino al

cittadino, cioè al Comune, lasciando a Province, Regioni e Stato soltanto

le funzioni che non possono essere svolte a livello locale. Perciò la

Legge costituzionale 18 ottobre 2001 N° 3 Modifiche al Titolo V della

Parte seconda della Costituzione attribuisce alle Regioni potestà

legislativa in riferimento ad ogni materia non riservata alla potestà

legislativa dello Stato. Rispetto alle materie socio-assistenziali tale legge

attribuisce alle Regioni potestà legislativa primaria, cioè esse sono

limitate solo dal rispetto della Costituzione, dall’Ordinamento della

Comunità Europea e dagli obblighi internazionali. La legge, inoltre

demanda al Parlamento il compito di legiferare in via esclusiva su

determinate materie tra le quali rientra la determinazione dei livelli

essenziali14

e le prestazioni relative ai diritti civili e sociali; alle Regioni

la potestà legislativa concorrente nelle materie nelle quali lo Stato

determina i principi fondamentali; alle Regioni potestà legislativa

13

Sussidiarietà: Si distinguono due tipi di sussdiarietà, verticale che riguarda il rapporto tra Stato ed

enti territoriali, orizzontale che riguarda il rapporto tra istituzioni pubbliche e società civile. 14

Livelli essenziali: Previsti da DPCM 29 novembre 2001 stabiliscono le prestazioni e il loro livello

minimo da garantire a carico del Servizio Sanitario Nazionale e quelle escluse dall’assistenza

pubblica, cioè quelle gratuite e quelle a pagamento.

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esclusiva nelle materie che non sono riconducibili ne alla potestà

legislativa esclusiva dello Stato ne alla potestà legislativa concorrente

delle Regioni, tra le quali rientra l’assistenza. Inoltre la L. N° 3/2001

disciplina la potestà regolamentare degli Enti locali in materia di

organizzazione e di svolgimento di funzioni proprie riconoscendogli

ampia autonomia sia rispetto al potere dello Stato che rispetto al potere

delle Regioni; infatti la L. 131/2003, c.d. Legge La Loggia ha chiarito la

completa autonomia regolamentare di Comuni, Province e Città

metropolitane, tanto che nel caso in cui Stato e Regioni dovessero

intervenire nelle funzioni sociali degli enti locali questi ultimi potrebbero

con propri regolamenti modificare le norme legislative emanate da Stato

e Regioni.

Nell’ambito di questa modifica sono di particolare importanza : art.

117 Cost. che attribuisce allo Stato la determinazione dei livelli

essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, che devono

essere garantiti a tutti i cittadini, attraverso i quali si deve realizzare

l’eguaglianza del contenuto dei diritti sociali su tutto il territorio

nazionale e concretizzare il principio dell’universalismo, e vanno

interpretati come il punto di partenza dal quale muovere per garantire

un’ampia gamma di diritti sociali; art. 119 Cost. che prevede la

distribuzione da parte dello Stato di risorse aggiuntive in funzione

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perequativa, cioè ogni qual volta vi sia la minaccia che i diritti della

persona non possano essere effettivamente garantiti lo Stato deve

intervenire erogando risorse economiche a Regioni ed enti locali affinché

la tutela dei diritti alle prestazioni non scenda sotto la soglia

dell’essenzialità; art. 120 Cost. che prevede che il Governo può

sostituirsi alle Regioni nel caso in cui queste ultime non rispettano i

livelli essenziali, cioè lo Stato può esercitare potere sostitutivo solo per

omissioni e violazioni di natura amministrativa e soltanto nel caso in cui

le Regioni una volta emanate proprie leggi ottemperanti le disposizioni

statali sui livelli essenziali di assistenza (LIVEAS) non proteggano

adeguatamente i diritti sociali.

3.6 CLASSIFICAZIONE DELLE PRESTAZIONI

SOCIOSANITARIE

Gli interventi sociosanitari rappresentano lo sforzo di avvicinare ed

unire l’ambito degli interventi sociali con quelli sanitari, considerando il

cittadino al centro dell’attenzione attorno alla quale devono organizzarsi

i servizi.

Il D.P.C.M. 14 febbraio 2001 Atto di indirizzo e coordinamento in

materia di prestazioni sociosanitarie definisce prestazioni

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sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi

assistenziali integrati, i bisogni di salute della persona che richiedono

unitariamente prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale in

grado di garantire la continuità tra le azioni di cura e quelle di

riabilitazione; stabilisce che i destinatari delle prestazioni sanitarie e

delle azioni di protezione sociale sono persone con bisogni di salute

nell’ambito di progetti personalizzati sulla base di valutazioni

multidimensionali. La natura dei bisogni viene stabilita tenendo conto

delle funzioni psicofisiche, delle limitazioni delle attività, della

partecipazione alla vita sociale e del contesto ambientale e familiare;

introduce due importanti concetti: la presa in carico integrata dei

cittadini-utenti che deve avvenire partendo dai bisogni della persona e

della sua famiglia, la logica della globalità propria dell’integrazione

sociosanitaria che deve essere applicata a tutti i cittadini-utenti.

La complessità dell’intervento è stabilità in tre fasi: fase intensiva

con impegno riabilitativo specialistico, di elevata complessità, di breve

durata, con modalità residenziali, semiresidenziali ambulatoriali e

domiciliari; fase estensiva con minore intensità terapeutica, di durata

medio-lunga; fase di lungo-assistenza finalizzata a mantenere

l’autonomia funzionale e favorire la partecipazione alla vita sociale.

Le prestazioni sociosanitarie sono classificate in:

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Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale: di competenza delle

Aziende Sanitarie locali ed a carico del Fondo Sanitario

Nazionale, sono erogate contestualmente ad adeguati interventi

sociali e sono finalizzati alla promozione della salute, alla

prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti

degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite,

contribuendo alla vita sociale ed all’espressione personale. Tali

prestazioni sono di competenza ed a carico delle Aziende sanitarie

locali (ASL), sono inserite in progetti personalizzati di durata

medio-lunga e sono erogate in regime ambulatoriale o domiciliare,

oppure in strutture residenziali e semiresidenziali;

Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria: di competenza ed a

carico dei comuni con partecipazione alla spesa da parte dei

cittadini, sono attività sociali che hanno lo scopo di supportare la

persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di

emarginazione condizionanti lo stato di salute, tali prestazioni

sono inserite in progetti personalizzati di lunga durata e sono

erogate nella fase estensiva e di lungo assistenza;

Prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria:

erogate dalle Aziende Sanitarie Locali ed a carico del fondo

Sanitario Nazionale, sono caratterizzate dall’inscindibilità del

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concorso di apporti professionali sia sanitari che sociali,

dall’indivisibilità dell’impatto congiunto degli interventi sanitari e

sociali sul risultato e dalla preminenza dei fattori produttivi

sanitari. Vengono erogate nella fase post-acuta, in regime

ambulatoriale, domiciliare, in strutture residenziali e

semiresidenziali, nelle fase estensiva e nella fase di

lungoassistenza. (Tab. 1)

Tabella 1 Le prestazioni socio-sanitarie15

PRESTAZIONI

COMPETENZA

ONERI

INTENSITA’ E DURATA INTERVENTI

PRESTAZIONI SANITARIE A RILEVANZA SOCIALE

ASL

A carico delle ASL

Lungo assistenza. Progetti personalizzati di medio-lunga durata

PRESTAZIONI SOCIALI A RILEVANZA SANITARIA

Comuni

A carico dei Comuni con partecipazione alla spesa da parte dei cittadini

Lungo-assistenza. Progetti personalizzati di lunga durata

PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE AD ELEVATA INTEGRAZIONE SANITARIA

ASL

A carico delle ASL

Lungo assistenza

15

Fonte: D.P.C.M. 14 febbraio 2001

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3.7 I LIVELLI DELL’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

Il Piano Sanitario Nazionale 1998/2000 individua i livelli

attraverso i quali si deve realizzare l’integrazione sociosanitaria, le

strutture e gli strumenti necessari per l’attuazione.

Integrazione istituzionale: consente di definire i patti per la

salute tra i diversi responsabili dell’integrazione, si fonda sulla

necessità di promuovere collaborazioni fra diverse istituzioni che

si organizzano per conseguire obiettivi di salute comuni, è, quindi,

il rapporto che si instaura fra le istituzioni che hanno competenza

in materia sociale e sanitaria ed individua il distretto sociosanitario

come luogo elettivo per la sua realizzazione. Le azioni da

compiere sono definizione degli obiettivi di salute che consiste

nell’individuare i risultati di salute attesi e le azioni adeguate a

conseguire tali risultati, definizione delle risorse che consiste

nell’individuare le risorse che ogni attore coinvolto nel processo si

impegna a garantire e i diversi livelli di competenza e

responsabilità, valutazione dei risultati che è l’insieme delle azioni

che hanno lo scopo di monitorare i risultati di salute e rilevare

l’efficienza e la qualità percepita dei percorsi assistenziali. Gli

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strumenti sono accordi di programma, conferenza dei servizi,

convenzioni e accordi tra amministrazioni pubbliche;

Integrazione gestionale: garantisce l’adozione di modelli

organizzativi coerenti, consiste nel rapporto operativo instaurato

tra gli enti incaricati di realizzare l’integrazione tra i servizi

sanitari e i servizi sociali, trova fondamento nel coordinamento dei

processi assistenziali e nell’ unificazione delle risorse, anche a

questo livello assume un ruolo importante il distretto che ha una

funzione fondamentale nella programmazione aziendale e

regionale, e deve garantire assistenza specialistica ambulatoriale,

attività o servizi per la prevenzione e la cura delle

tossicodipendenze, attività o servizi consultoriali per la cura della

salute dell’infanzia, della donna e della famiglia, attività o servizi

rivolti a disabili ed anziani, attività o servizi di assistenza

domiciliare integrata, attività o servizi per le patologie da HIV o

per le patologie in fase terminale. Le azioni da compiere sono

definizione della configurazione organizzativa del distretto,

potenziamento dell’approccio multidisciplinare. Gli strumenti

sono delega, convenzioni, protocolli d’intesa;

Integrazione professionale: permette di armonizzare le

competenze dei professionisti che concorrono alla realizzazione

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degli obiettivi di salute comuni, fa riferimento al rapporto tra

operatori sanitari e operatori socio-assistenziali e si basa su

conoscenze e fiducie reciproche, sul rispetto delle diverse

opinioni, sulla consapevolezza che per realizzare l’integrazione è

necessario il lavoro congiunto degli operatori dei due settori, si

realizza in ambulatori, servizi domiciliari, residenziali e

semiresidenziali. Le azioni da compiere sono potenziamento delle

attività di valutazione multidisciplinare, definizione dei protocolli

assistenziali e linee guida, formazione. Gli strumenti sono lavoro

in equipe, linee guida, case management.

3.8 GLI STRUMENTI DELL’INTEGRAZIONE

SOCIOSANITARIA A LIVELLO TERRITORIALE

L’integrazione sociosanitaria si realizza nel distretto in quanto è a

livello territoriale che si realizzano i processi di integrazione fra

istituzioni. Nel settore sanitario lo strumento di programmazione è il

programma delle attività territoriali, previsto dal D.Lgs. 229/1999, che

definisce gli obiettivi di salute; mentre nel settore sociale lo strumento di

programmazione è il Piano di zona, previsto dalla legge 328/2000, che è

lo strumento strategico dei Comuni o dei consorzi intercomunali di un

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determinato ambito territoriale per il governo locale dei servizi sociali, è

definito sulla base di un accordo di programma con la partecipazione dei

servizi pubblici e di rappresentanti del terzo settore; l’ambito territoriale

dei comuni è stabilito dalle Regioni e coincide con il distretto sanitario.

Entrambi gli strumenti prevedono la programmazione delle aree di

integrazione sociosanitaria e devono tenere presenti i tre livelli: Stato,

Regioni, comunità locale. (figura 1)

Figura 1 La progressiva definizione dell’integrazione sociosanitaria

Questi due documenti devono contenere:

la definizione operativa degli obiettivi da perseguire;

l’elencazione delle attività e dei progetti predisposti per il

raggiungimento degli obiettivi strategici;

STATO

Fornisce le linee guida programmatiche con il Piano sanitario

nazionale e con il Piano sociale nazionale

Definisce i LEA

Definisce i LIVEAS

REGIONE

Piano sociale regionale

Piano sanitario regionale

(Piano sociosanitario)

AZIENDE SANITARIE

Programmazione delle attività

territoriali

COMUNITA SANITARIE

Piani di zona

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la definizione delle rispettive competenze e responsabilità;

la definizione e la ripartizione dei costi;

l’individuazione delle modalità di condivisione delle

informazioni, di continuità dell’intervento, delle procedure di

attivazione rapida;

l’elencazione delle risorse formali di entrambi gli ambiti,

l’individuazione e le modalità di coinvolgimento delle risorse

informali che il territorio può mettere a disposizione;

i temi e le modalità di formazione congiunta tra professionalità

diverse;

una serie di protocolli operativi tra i vari servizi, in grado di

definire l’articolazione delle azioni e delle collaborazioni, di

effettuare eventuali azioni correttive e di procedere a una

verifica dei risultati delle azioni dei vari attori implicati.

Tali verifiche rappresentano un compito molto complesso perché il

giudizio deve tenere conto di diverse variabili e i risultati di questa

verifica devono consentire un adeguamento dei progetti; inoltre sono

importanti l’analisi dei risultati complessivi, del grado di utilizzo delle

risorse organizzative e dei dati del follow-up, i contatti con aziende, enti

o servizi per avere un loro giudizio sulla qualità delle attività e sugli

aspetti da modificare.

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4.1 INTRODUZIONE

L’integrazione sociosanitaria non è semplicemente una funzione di carattere

organizzativo o amministrativo, ma un’esigenza che esprime una valenza molto più

profonda con implicazioni etiche e culturali secondo le quali ribadire la centralità

dell’integrazione significa far emergere la centralità della persona e soprattutto la sua

unicità e quindi non frazionabilità.

L’integrazione del sociale con il sanitario non deve essere solo un accessorio

della programmazione ma deve rappresentare un suo obiettivo fondante, infatti se al

centro si pone la persona e il suo bisogno di salute (inteso come benessere

complessivo e non solo come cura di una malattia) non può esistere la cultura di un

intervento che distingua tra “malato curabile” destinatario di un intervento sanitario e

“persona inguaribile” da “ archiviare” come attenzione sanitaria, separando

rigidamente cultura di salute e cultura di assistenza.

L’integrazione dei servizi deve essere considerata sia come un valore, sia come

uno strumento in rapporto diretto all’affermazione del principio della dignità della

persona di ogni essere umano, in quanto risponde all’esigenza di affrontare in modo

integrato e non frammentato i bisogni della persona all’interno della rete dei servizi;

inoltre alla centralità della persona corrisponde la centralità della famiglia come

riferimento per l’analisi integrata dei bisogni e per l’integrazione dei servizi.

Solo finalizzando unitariamente la programmazione e l’organizzazione dei

servizi, in termini di approccio ai bisogni e di contenuti operativi, ai fruitori dei

servizi stessi sarà possibile superare le difficoltà che sono sempre più presenti nella

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relazione tra sociale e sanitario, per la crescente disomogeneità degli assetti

istituzionali sia per l’eterogeneità dei livelli professionali ed organizzativi che

caratterizzano i due ambiti. La persona, in rapporto il più possibile organico con il

contesto relazionale in cui vive e con le questioni di “benessere” ad esso collegate

deve rappresentare il criterio guida per l’attuazione dell’integrazione, attraverso il

riferimento teorico-interpretativo alla trama dei mondi vitali e delle reti di solidarietà

sociale che consentono di creare le condizioni per un’efficace scambio con il sistema

dei servizi. Secondo questa ipotesi, che ha il suo fondamento nella teoria

husserliana del lebenswelt (cioè mondo della vita), solo quando la persona si

concepisce in relazione solidale ed organica con il proprio “mondo vitale quotidiano”

diventa possibile contare su efficaci reti di solidarietà e l’utente diventa interlocutore,

protagonista e partecipe del sistema dei servizi, con tutta la sua dignità di persona16

4.2 I SOGGETTI RESPONSABILI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI

SERVIZI

Il progetto obiettivo anziani definisce gli obiettivi, le modalità organizzative e

le competenze territoriali del settore socio-assistenziale per anziani.

La Regione è l’ente istituzionale che ha il compito di definire gli obiettivi

strategici e generali della rete locale, deve infatti programmare le attività da erogare

sul territorio ed è responsabile della gestione economico-finanziaria dell’intero

16

Francesco Villa (a cura di) Percorsi di integrazione tra sociale e sanitario: un’esperienza di assistenza domiciliare agli

anziani. Vita e pensiero 1999, pag. 21.

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sistema. L’Azienda sanitaria locale, in particolare il Distretto, è responsabile

dell’erogazione delle prestazioni sanitarie e della progettazione degli interventi

individuali. I Comuni sono responsabili dell’attività di coordinamento della rete e

dell’erogazione delle prestazioni assistenziali, che possono gestire direttamente

oppure le possono delegare ad enti privati, in particolare del terzo settore17

, che

operano in regime di convenzione.

Le fasi di progettazione ed erogazione dei servizi sono, dunque, due momenti

diversi, di competenza di attori diversi che devono essere coordinate al fine di

garantire all’anziano l’efficacia degli interventi e la continuità assistenziale; tale

coordinamento deve essere garantito dall’Unità di valutazione geriatrica attraverso il

case manager18

che di solito è l’assistente sociale.

Tuttavia è proprio l’attività di coordinamento a costituire l’elemento debole

dell’intero sistema, all’interno dell’UVG tra professionisti del sociale e professionisti

della sanità, in questo caso i contrasti sono dovuti alle differenze di status, di carriera,

di cultura professionale e al diverso livello di legittimazione di cui le categorie

professionali godono all’interno del sistema; nel passaggio tra la fase di

programmazione e quella di gestione dei servizi, cioè nel rapporto tra soggetti

pubblici che hanno il compito di programmare i servizi e gli enti privati che hanno il

compito di gestirli, in questo caso le criticità sono dovute alle diverse modalità

organizzative adottate dal settore pubblico e dal terzo settore nella supervisione e

gestione del caso.

17

Terzo settore: E’ l’insieme delle organizzazioni che svolgono attività e servizi di pubblico interesse, con motivazioni

di solidarietà, senza trarne utili personali o collettivi,diretti o indiretti. 18

Case manager: Termine inglese che significa “gestore del caso”.

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4.3 GLI ATTORI COINVOLTI NELLA RETE DEI SERVIZI

SOCIOSANITARI PER ANZIANI

Il concetto di rete dei servizi sociosanitari prevede che ci sia un’unica porta di

ingresso per tutte le opzioni assistenziali possibili, per la quale operatori appartenenti

a servizi diversi individuino criteri di accesso comuni utilizzando gli stessi strumenti

di valutazione, lavorino in equipe e gestiscano risorse proprie per un fine comune.

La rete dei servizi, infatti, prevede che l’anziano per accedere ai servizi deve

rivolgersi all’assistente sociale del Comune di residenza oppure al proprio medico di

medicina generale (MMG), i quali presentano domanda al distretto per la valutazione

delle condizioni dell’anziano e per la definizione dell’intervento. In questo modo si

attiva un’équipe multiprofessionale, definita Unità di valutazione geriatrica (UVG)

composta da diverse figure professionali – geriatra, fisiatra, infermiere professionale,

medico di base e assistente sociale – che ha il compito di:

Valutare in modo integrato e multidimensionale lo stato di autonomia

dell’anziano attraverso appositi strumenti;

Definire i risultati dell’intervento;

Redigere il piano di intervento individualizzato nel quale sono indicati

gli obiettivi e il tipo di servizio;

Monitorare l’andamento del progetto individualizzato, verificando

periodicamente i risultati raggiunti.

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L’UVG, è il cardine dell’intero sistema dei servizi, è un organismo complesso

da gestire, in quanto è una garanzia per la salute dell’anziano e richiede che tutti gli

operatori siano d’accordo sui risultati da ottenere e sul programma di intervento da

realizzare; inoltre dal punto di vista organizzativo richiede la collaborazione e

l’integrazione di molte figure professionali con diverse competenze specialistiche.

La famiglia è un altro attore all’interno del sistema dei servizi, che ha una struttura

organizzativa flessibile e facilmente attivabile, in grado di far fronte in modo

continuativo ai bisogni dell’anziano; riconoscere il suo ruolo sociale significa

prevedere e programmare interventi destinati non solo all’anziano ma anche al

sostegno dei suoi familiari.

Il terzo settore rappresenta un importante attore del sistema dei servizi sociosanitari

in virtù della diffusione del quasi mercato, ma nello stesso tempo pone problemi di

integrazione e di coordinamento; tale modello prevede la delega della gestione dei

servizi al terzo settore mediante il meccanismo del contracting-out, che rappresenta

una soluzione sia alla questione del contenimento dei costi per l’erogazione dei

servizi sia al problema della semplificazione burocratica.

A questi si affiancano eventuali operatori di assistenza privati assunti dagli utenti e

dalle loro famiglie per integrare l’assistenza fornita dai servizi professionali. Questi

operatori sono spesso donne straniere che assistono l’anziano in regime di convivenza

facendosi carico di tutte le esigenze della vita quotidiana; l’offerta di tali servizi,

comunque, è basata su un rapporto di lavoro privato tra famiglia e singolo lavoratore

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e se non è integrata con l’intervento di organizzazioni e servizi professionali presenta

notevoli criticità sia per l’anziano sia per il lavoratore.

4.4 ESEMPI DI INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

A livello regionale si è sviluppata la sperimentazione di servizi innovativi,

fondati su tre principi:

Principio di efficacia-efficienza: li amministratori individuano

nell’integrazione un fattore strategico per dare qualità al sistema dei sevizi;

Principio di efficacia tecnica : gli operatori sono convinti che il loro lavoro

può dare risultati adeguati solo se aumenta la collaborazione tra i vari apporti

professionali;

Principio di efficacia strategica: i cittadini sono consapevoli della globalità

dei loro bisogni e rivendicano una maggiore coerenza complessiva del sistema

di offerta.

Di seguito si riportano alcuni esempi che rappresentano nuovi modi di progettare

l’integrazione sociosanitaria e promuovere la qualità dei servizi:

Integrazione mediante accesso unico ai servizi: realizzato attraverso il

progetto Punto Unico per l’assistenza domiciliare che ha l’obiettivo di

semplificare l’accesso ai servizi di assistenza domiciliare e prevede la

costituzione di un punto unico di accesso alle prestazioni domiciliari, al quale

afferiscono tutte le richieste di assistenza domiciliare, l’Unità di valutazione

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territoriale prende in carico le richieste più complesse e redige il piano; tale

progetto costituisce un esempio di sanità amica che adotta un approccio di

intervento fortemente orientato ai bisogni dell’utilizzatore.

Integrazione mediante la condivisione di informazioni: realizzato attraverso

il progetto Sistema informativo/informatico per tutte le attività che si svolgono

nel territorio che consente di condividere le informazioni sull’utente ed opera

tramite un sistema informativo che permette la circolarità delle informazioni

relative alle attività assistenziali che si svolgono nel territorio, l’idea di fondo

che ogni cittadino assistito da medico di base, servizio sociale, servizio

sociosanitario, ospedale e residenza assistenziale possa essere seguito e

rintracciato su un unico archivio utenti costantemente aggiornato che facilita la

collaborazione e riduce i passaggi di informazione tra gli uffici.

Integrazione mediante quality management: realizzato attraverso il progetto

La qualità dell’assistenza domiciliare che ha consentito la sperimentazione di

un modello di integrazione sociosanitaria per il servizi di assistenza domiciliare

rivolto ad anziani e soggetti non autosufficienti ed ha introdotto alcune

strategie innovative, cioè orientamento alla qualità in conformità alle norme

ISO 9000 e l’approccio globale proprio dell’assistenza sanitaria primaria, cioè

l’utilizzo dei servizi sanitari e sociali distrettuali per assistere, al tempo stesso,

l’anziano e la sua famiglia.

Integrazione mediante continuità assistenziale: realizzato dall’Unità

operativa di continuità assistenziale (UOCA), che è una Unità di valutazione

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geriatrica formata da infermiere professionale, fisioterapista e assistente sociale

che si pone l’obiettivo di garantire le dimissioni protette dell’anziano

dall’ospedale, prendendolo direttamente in carico e fornendogli assistenza

domiciliare integrata in continuità con l’ospedale, è importante la figura

dell’assistente sociale che assume il ruolo di case manager (responsabile del

caso) che ha il compito di contattare, fin dall’inizio della degenza, i familiari

del paziente e l’assistente sociale del territorio allo scopo di individuare

qualsiasi ostacolo aloe dimissioni e attivare, se necessario, le procedure per la

dimissione programmata.

4.5 LE PROBLEMATICHE DELL’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

NEL SETTORE ANZIANI

I principali problemi che ostacolano la realizzazione dell’integrazione tra i servizi

sociali e sanitari sono:

Difficoltà di natura istituzionale: dovute ad una legislazione poco

organica, poiché manca un quadro legislativo che accomuni il comparto

sociale e quello sanitario;

Difficoltà di natura organizzativa: dovute sia alle incertezze istituzionali

in quanto la regolazione del sistema è affidata a diversi livelli di governo

nei quali il comparto sociale e il comparto sanitario sono separati, sia ai

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problemi di comunicazione esistenti tra le diverse professionalità operanti

nei due comparti;

Difficoltà di natura culturale: dovute alle profonde divisioni tra i

professionisti del sociale e i professionisti della sanità;

Difficoltà dovute all’assenza di incentivi economici all’integrazione e

squilibri dei finanziamenti: è infatti difficile definire il rapporto tra i

soggetti titolari dei finanziamenti (le Regioni attraverso le ASL e i Comuni)

e le modalità di utilizzo dei fondi sia per il comparto sanitario che per il

comparto sociale.

Queste difficoltà si sono moltiplicate in seguito alle modifiche introdotte dal

D.Lgs. 502/92 e dal D:Lgs. 517/93 ed alla loro attuazione.

Inoltre a queste difficoltà si aggiungono le differenze tra le Regioni in termini di

risorse economiche disponibili, di cultura locale e di capacità amministrativa e

gestionale, a cui avrebbe dovuto rispondere la Legge 328/2000, ma che si limita solo

a raccomandare il coordinamento tra la pianificazione del distretto e la pianificazione

di zona, senza richieder la con testualità dei due momenti.

Spesso questa mancanza di contestualità crea conflitti e rende più difficile

l’integrazione, alcune Regioni reagiscono a tali criticità con la

regolamentazione dei tempi e delle modalità delle due pianificazioni.

In particolare i punti da affrontare sono tre:

Finanziamento: le risorse sanitarie sono più elevate rispetto alle risorse

sociali anche se in futuro si può prevedere un aumento dei finanziamenti

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per il sociale ed una contrazione della spesa sanitaria, in questo modo la

crescita dei servizi sociosanitari dipende dalla conversione delle strutture

e delle risorse umane dedicate agli ospedali verso la rete dei servizi

territoriali;

Gestione: l’azienda sanitaria locale che gestisce il bilancio della sanità è

più grande della zona sociale che gestisce il bilancio sociale;inoltre i due

gestori si differenziano dal punto di vista organizzativo, infatti l’azienda

sanitaria è un soggetto unitario con un direttore generale nominato dalla

Regione e con finanziamenti erogati direttamente dalla stessa, mentre la

zona sociale è un soggetto plurimo costituito dall’unione di più Comuni

poco abituati ad individuare e perseguire strategie ed interessi comuni;

Cultura professionale: nel comparto sanitario la cultura professionale

ha portato ad un progressivo incremento delle specializzazioni che hanno

assunto un peso crescente nelle dinamiche tra operatori, mentre nel

comparto sociale la cultura professionale è più fluida e aperta alla ricerca

di paradigmi unificanti per un approccio globale al benessere della

persona.

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5.1 CHI E’ FONDAZIONE BETANIA ONLUS

Fondazione Betania ONLUS nasce nel 1944 a Catanzaro e Gasperina (CZ) su

iniziativa di tre sacerdoti: Don Giovanni Apa, Don Giovanni Capellupo, Don Nicola

Paparo, e di una donna consacrata Maria Innocenza Macrina; allo scopo di prendersi

cura di persone anziane, di persone disabili e di tutte le persone bisognose a causa

della guerra ancora in corso.

Nel 1993 ai sensi dell’art 12 del Codice Civile italiano è riconosciuta ente di

diritto privato “non profit”; nel 1997 è riconosciuta ONLUS (ORGANIZZAZIONE

NON LUCRATIVA DI UTILITA’ SOCIALE) in base al D.Lgs. N° 460 del 4

dicembre 1997.

Fondazione Betania ONLUS ispira la propria attività al comandamento evangelico

della carità, realizzato mediante la promozione e l’affermazione della dignità delle

persone svantaggiate ed in condizioni di marginalità sociale.

Nel perseguire lo scopo istituzionale, Fondazione Betania ONLUS si ispira ai

seguenti principi:

eguaglianza: i servizi sono erogati secondo regole uguali per tutti a

prescindere da sesso, razza, lingua, religione, opinione politica;

imparzialità: nell’erogazione del servizio, deve essere tenuto un

comportamento obiettivo, imparziale, neutrale;

continuità: il servizio fornito deve essere regolare e continuo ed, in caso di

eventuali interruzioni o pause, deve essere prevista una adeguata

organizzazione delle strutture, tale da non creare pregiudizi all’assistenza;

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partecipazione: deve essere intesa come informazione, personalizzazione ed

umanizzazione del servizio e tutela dell’utente;

efficacia ed efficienza: la qualità del servizio deve essere rispondente a criteri

di efficacia ed alle attese dell’utenza, con il più razionale utilizzo delle risorse

strumentali ed umane a disposizione.

L’attività di Fondazione Betania ONLUS è rivolta primariamente alle persone

che soffrono per programmare e gestire con loro itinerari terapeutici, riabilitativi,

migliorativi capaci di ricreare le giuste condizioni affinché ogni persona, in stato di

disagio o di sofferenza, si possa riappropriare del senso e del suo progetto di vita; in

questo modo gli operatori sono impegnati a garantire gradi sempre più accettabili di

salute, oppure alleviare, per quanto possibile, gli effetti devastanti della malattia e

della sofferenza.

5.2 I SERVIZI OFFERTI

Attualmente Fondazione Betania ONLUS è presente in ventiquattro strutture,

sia di tipo residenziale che di tipo diurno, allocate nella provincia di Catanzaro e Vibo

Valentia.

Fondazione Betania ONLUS è diviso in tre aree centri/servizi:

Centro di riabilitazione polivalente M.I. Macrina che comprende :

- Servizio Riabilitativo Residenziale

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- Servizio Riabilitativo Semiresidenziale

- Servizio Riabilitativo Ambulatoriale

Centro Servizi Comunità per disabili che comprende:

- Servizio Residenze

- Centri socio-riabilitativi diurni

- Servizio per la riabilitazione sociale

Centro Polivalente per anziani Narareth che comprende:

- Casa Protetta “Mimosa” ubicata nel quartiere Santa Maria di Catanzaro

- RSA19

Casa della Carità “ Don Nicola Paparo” ubicata nel territorio di

Gasperina (CZ)

- RSA Casa “ Mons. Giovanni Apa” ubicata nel territorio di Catanzaro in viale

Pio X

- Casa Prottetta”Ulivi” ubicata nel territorio di Girifalco (CZ).

Fondazione Betania ONLUS, infatti, si prende cura di:

Persone con disabilità di qualunque età che presentano problemi fisici,

psichici, sensoriali, motori, cognitivi derivanti da qualsiasi causa alle

quali vengono offerti percorsi socio-riabilitativi e di integrazione sociale

e lavorativa;

Persone anziane con vari gradi di non autosufficienza, attraverso

percorsi terapeutici di natura socio-sanitaria e socio riabilitativa;

19

RSA: Residenza Sanitaria Assistenziale.

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Cittadini comuni attraverso percorsi diagnostico terapeutici e sanitari-

riabilitativi.

5.3 IL SETTORE ANZIANI

Il settore anziani si occupa di persone anziane che manifestano bisogni di

assistenza a causa di eventi che hanno alterato o potrebbero alterare il loro progetto di

vita in maniera totale e permanente ( soggetti non autosufficienti), oppure parziale e

momentanea (soggetti a rischio di non autosufficienza), a causa di:

demenza in tutte le sue forme,

patologie cronico-degenerative invalidanti.

L’affidamento è disciplinato dal regolamento regionale per l’autorizzazione e

l’accreditamento DGR N° 545 del 7 agosto 2009, infatti si accede previa

autorizzazione del Distretto Socio-Sanitario di appartenenza dell’utente, che può

variare da un minimo di 90 giorni ad un massimo di 180 giorni rinnovabili.

5.4 IL CASO DI FONDAZIONE BETANIA ONLUS

Nel settore anziani di Fondazione Betania ONLUS opera un’equipe

multiprofessionale composta da Medico di medicina generale, Medico specialista,

Infermiere, Fisioterapista, Assistente Sociale, Operatore Sociosanitario, Educatore

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Professionale e Psicologo, ognuno con propri compiti ed in base alle proprie

competenze contribuisce al benessere psicofisico e sociale dell’utente-ospite.

5.4.1 I COMPITI DEGLI OPERATORI PROFESSIONISTI

Rispetto al ruolo svolto i compiti degli operatori professionisti sono:

Medico di medicina generale: seguire lo stato di salute dei pazienti e curare le

relazioni con i loro familiari.

Medico specialista: curare l’organizzazione tecnico sanitaria della struttura,

garantire l’applicazione del documento sull’organizzazione e sul

funzionamento della struttura, assicurare la tenuta dell’archivio sanitario

relativo alla conservazione delle cartelle cliniche e delle schede cliniche

ambulatoriali, rilasciare la certificazione sanitaria riguardante le prestazioni

eseguite, vigilare sulle condizioni igienico-sanitarie, controllare la regolare

tenuta del registro di carico e scarico del materiale sanitario.

Infermiere: è responsabile del reparto, curare la gestione dei farmaci e la

somministrazione della terapia, effettuare medicazioni, curare la richiesta di

materiale sanitario e parasanitario.

Fisioterapista: rendere il paziente il più autonomo possibile mantenendo o

ripristinando dove limitata l’escursione articolare ed il trofismo muscolo-

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cutaneo, mantenere l’autonomia nelle ADL (Attività di vita quotidiana)

primarie e secondarie, addestrare ai passaggi posturali e dove necessario

addestrare nelle tecniche compensatorie.

Assistente Sociale: organizzare e gestire il servizio sociale del settore anziani,

curare la presa in carico dell’utente, offrire supporto sociale all’utente ed ai

familiari, partecipare alle riunioni di team dando il proprio contributo alla

stesura del Piano di Assistenza Individualizzato (PAI), curare le attività di

segretariato sociale.

Operatore Sociosanitario: offrire assistenza agli utenti per quanto riguarda le

attività di vita quotidiana quali igiene personale e cambio biancheria,

preparazione e/o aiuto nell’assunzione dei pasti, aiuto nella deambulazione,

ecc.

Educatore Professionale: programmare e gestire interventi che mirano al

recupero ed allo sviluppo delle potenzialità dell’utente per il raggiungimento

di livelli sempre più avanzati di autonomia attraverso attività fisica e

cognitiva (ROT), curare i rapporti interpersonali con utenti e familiari e le

relazioni con il territorio.

Psicologo: effettuare valutazioni psicologiche tramite colloqui, test,

osservazioni dirette ed indirette, svolgere attività di counseling individuale e

di gruppo estendendolo anche alle famiglie, effettuare riabilitazione

cognitiva, partecipare alla redazione/elaborazione del Piano di Assistenza

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individualizzato (PAI) in collaborazione con le altre figure professionali,

curare l’inserimento dell’utente nella comunità e le relazioni tra gli ospiti.

5.4.2 IL PARERE DEGLI OPERATORI PROFESSIONISTI

SULL’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

Gli operatori professionisti ritengono che l’integrazione sociosanitaria sia

fondamentale per avere una conoscenza globale dell’utente.

Essi ritengono che l’integrazione sociosanitaria deve essere intesa come

interconnessione tra i sistemi dei servizi sociali e dei servizi sanitari fondata sulla

persona nel suo contesto e finalizzata alla promozione delle sue capability.

Viene realizzata tramite il lavoro di equipe, quindi tramite incontri periodici e

sistematici fondati sulla collaborazione e il confronto tra le figure professionali

afferenti ai diversi servizi (sociale, medico, psicologico, assistenziale, educativo e

fisioterapico) al fine di mantenere e migliorare il benessere socio-psico-assistenziale

e sanitario dell’utente-ospite nel rispetto della sua globalità. Tutto ciò consente di

realizzare un percorso di cura che non sia esclusivamente sanitario, ma anche di tipo

sociale con prestazioni di tipo globale che valutano la situazione di contesto

ambientale e familiare.

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5.4.3 GLI STRUMENTI DI INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

L’integrazione sociosanitaria è realizzata attraverso l’utilizzo di strumenti e

metodiche tecnico scientifiche aggiornate.

Il primo strumento è costituito dalle riunioni di team durante le quali tutti i

membri dell’equipe si riuniscono per valutare le condizioni generali del paziente,

viene, inoltre, compilata la scheda per la valutazione RUG che ha lo scopo di

misurare il livello di intensità assistenziale dell’utente, nella quale ogni professionista

riporta, per le proprie competenze, l’osservazione/valutazione dell’utente al fine di

definire il Piano di Assistenza individualizzato (PAI), che ha lo scopo di descrivere il

percorso di cura che si intende intraprendere con ogni singolo utente e che

successivamente viene trasmesso al Distretto Sociosanitario di appartenenza

dell’utente.

Altri strumenti sono la scheda di primo contatto compilata dall’Assistente

Sociale che raccoglie la richiesta di assistenza e nella quale vengono inseriti i dati

dell’utente, cartella clinica, cartella sociale.

5.4.4 I PROBLEMI DI INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA NEL SETTORE

ANZIANI

I problemi di integrazione sociosanitaria rilevati nel settore anziani di

Fondazione Betania ONLUS sono:

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carenza di integrazione istituzionale e gestionale dovuta alla mancanza

di piani di zona, piani sociali regionali e difficoltà negli accordi

contrattuali per la problematica del piano di rientro che determina anche

problemi di finanziamento;

inefficienza dei servizi territoriali e sociali;

resistenza a superare la visione ospedalocentrica che determina

difficoltà nella creazione di un ambiente familiare per l’utente;

scarsa apertura alla presa in carico globale dell’utente che determina

difficoltà nella collaborazione tra gli operatori professionisti;

scarsa conoscenza del funzionamento delle strutture sociosanitarie che

determina difficoltà nella collaborazione tra il servizio sociale e il

servizio sanitario interni a Fondazione Betania ONLUS;

difficoltà di comunicazione interna tra le diverse figure professionali

dovute ad opinioni divergenti, obiettivi non specificati in maniera chiara

ed alla sindrome di burn-out e mobbing che colpisce gli operatori

professionisti.

carenza di personale e risorse che determina sovraccarico di lavoro e di

conseguenza l’impossibilità per gli operatori professionisti a dedicare la

giusta attenzione ai singoli utenti.

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5.4.5 LA SOLUZUIONE DI TALI PROBLEMI ED I RISULTATI OTEENUTI

Gli operatori professionisti intendono risolvere tali problemi attraverso:

il miglioramento della rete organizzativa potenziandone gli elementi

costitutivi;

l’applicazione dei protocolli assistenziali nel modo più efficace ed

efficiente possibile;

l’uso di modalità di comunicazione integrative e/o diverse quali

l’organizzazione di riunioni di equipe allo scopo di affrontare i problemi,

definire obiettivi comuni e capire quali sono le cause dei problemi al fine

di trovare soluzioni alternative;

riunioni dei responsabili dei servizi allo scopo di tenersi costantemente

aggiornati adottando modalità di lavoro comuni al fine di raggiungere gli

obiettivi prefissati.

Operando in questo modo gli operatori professionisti ritengono che sia

possibile raggiungere ottimi risultati determinati dalla definizione di modalità

di intervento più adeguate che consentono di raggiungere obiettivi comuni nei

confronti degli utenti-ospiti ripristinando il loro interesse per le attività svolte;

una comunicazione più efficiente ed efficace ed una maggiore coesione

all’interno dell’equipe, al fine di garantire il benessere psicofisico dell’utente-

ospite.

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CONCLUSIONI

Osservando la società è possibile notare che, grazie al miglioramento dello stile

di vita, il numero degli anziani è in netto aumento; ciò ha fatto si che si sviluppasse

una maggiore attenzione riguardo alla gestione di questa età, quando non è possibile

che ciò avvenga nelle mura domestiche, questi viene affidato ad adeguate strutture

che permettono l’accoglienza di soggetti non autosufficienti o a rischio di non

autosufficienza.

Tra le strutture sociosanitarie calabresi nella provincia di Catanzaro e Vibo

Valentia è presente Fondazione Betania ONLUS, all’interno della quale ho svolto una

ricerca allo scopo di studiare le problematiche dell’integrazione sociosanitaria nel

settore anziani.

Da questa ricerca è emersa la consapevolezza da parte degli operatori

professionisti di quanto l’integrazione sociosanitaria sia fondamentale fin dal primo

approccio con l’utente al fine di avere una visione globale del problema che egli

presenta nel momento in cui chiede assistenza e possa essere affrontato nel modo più

efficace ed efficiente possibile, garantendo, allo stesso tempo un ambiente sereno e

tranquillo all’interno del quale l’anziano possa ricevere le cure di cui necessita. E’

proprio accanto a tale consapevolezza che sono emerse le difficoltà cui gli operatori

professionisti devono far fronte nel realizzare tale integrazione. Il principale

problema è rappresentato dalla carenza di integrazione istituzionale e gestionale

dovuta alla mancanza di una regolamentazione a livello locale; sono emerse, inoltre,

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difficoltà organizzative che inevitabilmente si ripercuotono sul funzionamento della

struttura. Nonostante ciò vengono offerti servizi di alta qualità che consentono

all’utente-ospite di riappropriarsi del senso e del suo progetto di vita garantendo gradi

sempre più accettabili di salute e livelli sempre più elevati di autonomia.

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BIOBLIOGRAFIA

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2000

2. BINDI ROSY: La salute impaziente. Editoriale Jaca book 2005

3. BISSOLO GIORGIO – FAZZI LUCA: COSTRUIRE L’INTEGRAZIONE

SOCIOSANITARIA. Attori, strumenti, metodi. Carocci Faber 2007

4. BOCCIA PIETRO: Sociologia. Teoria, storia, metodi e campi di esperienza

sociale. M&P Edizioni 2001

5. BOCCIA PIETRO: Psicologia applicata. Aree di attività. Liguori 2002

6. BORZAGA CARLO – FAZZI LUCA: Manuale di politica sociale. Franco

Angeli 2005

7. CHIESA-BIANCHI M. – VECCHI T.: Elementi di psicogerontologia. Franco

Angeli 1998

8. DI LEO DIEGO – ANTONELLA STELLA: Manuale di psichiatria

dell’anziano. Piccin 1994

9. FRANZONI FLAVIA – ANCONELLI MARISA: La rete dei servizi alla

persona. Carocci Faber 2003

10. GORI CRISTIANO (a cura di): La riforma dei servizi sociali in Italia. Carocci

2004

11. LASLETT PETER: Vecchiaia. Enciclopedia delle scienze sociali e storia -

Treccani

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12. PAJER PAOLO: INTRODUZIONE AI SERVIZI SOCIALI. Manuale per

operatori sociosanitari. Franco Angeli 2005

13. RANIERI FIORENZO: Psicologia. Alphatest 2002

14. RANCI ORTIGOSA EMANUELE: A tre anni dall’approvazione della L.

328/00 in Prospettive Sociali e Sanitarie N° 2/2004

15. SALADINI GIUSEPPE: Anziani del 2000: nuovi orizzonti culturali. Armando

Editore 2003

16. VILLA FRANCESCO (a cura di): Percorsi di integrazione tra sociale e

sanitario: un’esperienza di assistenza domiciliare agli anziani. Vita e pensiero

1999

17. Carta dei servizi sanitari e socio-sanitari Fondazione Betania O.N.L.U.S.

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INDICE

PAG

INTRODUZIONE 1

CAP. 1 L’ETA’ ANZIANA 3

1.1 Una popolazione che invecchia 4

1.2 L’età anziana: uno sguardo d’insieme 6

1.3 Caratteristiche dell’età anziana 8

1.4 Anziani e società 11

1.4.1 L’anziano nelle società del passato 11

1.4.2 L’anziano nella società contemporanea 13

1.5 Le teorie sull’età anziana 15

CAP. 2 I SERVIZI SOCIOSANITARI PER ANZIANI 20

2.1 I servizi sociosanitari per anziani: un po’ di storia 21 2.2 La

rete dei servizi sociosanitari per anziani 23

2.3 Il Progetto-obiettivo “Tutela della salute degli anziani” 25

2.4 Tipologia dei servizi sociosanitari per anziani 27

2.5 Le professioni coinvolte 30

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CAP. 3 L’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA 32

3.1 Definizione ed obiettivi 33

3.2 L’integrazione sociosanitaria nella prima riforma sanitaria…. 34

3.3 ….nelle riforme degli anni novanta…. 37

3.4 ….e nelle riforme degli anni duemila 38

3.5 La riforma del titolo V della Costituzione 42

3.6 Classificazione delle prestazioni sociosanitarie 45

3.7 I livelli dell’integrazione sociosanitaria 49

3.8 Gli strumenti dell’integrazione sociosanitaria a livello

territoriale 51

CAP. 4 L’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA NEL SETTORE ANZIANI:

ATTUAZIONE E PROBLEMATICHE 54

4.1 Introduzione 55

4.2 I soggetti responsabili della programmazione dei servizi 57

4.3 Gli attori coinvolti nella rete dei servizi sociosanitari

per anziani 59

4.4 Esempi di integrazione sociosanitaria 61

4.5 Le problematiche dell’integrazione sociosanitaria

nel settore anziani 64

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CAP. 5 IL CASO DI FONDAZIONE BETANIA ONLUS 68

5.1 Chi è Fondazione Betania ONLUS 69

5.2 I servizi offerti 71

5.3 Il settore anziani 72

5.4 Il caso di Fondazione Betania ONLUS 73

5.4.1 I compiti degli operatori professionisti 74

5.4.2 Il parere degli operatori professionisti sull’integrazione

sociosanitaria 76

5.4.3 Gli strumenti di integrazione sociosanitaria 77

5.4.4 I problemi di integrazione sociosanitaria nel

settore anziani 78

5.4.5 La soluzione di tali problemi ed i risultati ottenuti 79

CONCLUSIONI 81

BIBLIOGRAFIA 83