Le Politiche Sociali Ferrera 1

51
FERRERA - LE POLITICHE SOCIALI Capitolo 1 L’analisi delle politiche sociali e del welfare state 1. Concetti fondamentali L’analisi delle politiche sociali è lo studio di come, perché e con quali effetti i diversi sistemi politici  perseguono certi corsi di azione per risolvere problemi di rilevanza collettiva. Problemi e obiettivi hanno a che fare con il benessere dei cittadini. Benessere = soddisfacimento della funzione di utilità di un singolo individuo eo la massimizzazione delle funzioni di utilità degli individui che compongono una data collettività. Le politiche sociali sono corsi di azione volti a! ". definire le norme, gli standard e le regole # " $ in merito alla distribuzione di alcune risorse e opportunità considerate particolarmente rilevanti per le condizioni di vita e dunque meritevoli di essere in qualche modo garantite dall’autorità dello %tato& si realizzano cos' gli ideali normativi della tradizione occidentale moderna! Libertà, (guaglianza, %olidarietà, %icurezza& ). organizzare concretamente la produzione e distribuzione di queste risorse e opportunità #attraverso gli  schemi previdenziali, servizi sanitari e di impiego$.  Stato di benessere o welfare state = l’insieme delle politiche sociali. *li attori! + enti pubblici e funzionari statali& + enti non pubblici. Nozione di bisogno! una carenza, la mancanza di qualcosa di importante e al tempo stesso un oggetto, un  bene mancante oppure necessario per sopperire o rimediare a una mancaza. Nozione di rischio! esposizione a determinate eventualità che possono accedere e che, quando si verificano, producono effetti negativi e generano bisogni. d entrambi si pu- far fronte ricorrendo a! + mercato #del lavoro$ = produzione di redditi& + sfera familiare& + associazioni intermedie #comunità informali o gruppi organizzati, ossia associazioni di categoria o terzo settore$. "  Nozione di cittadinanza [T.H. Marshall]. Cittadino: non solo beneficiario di diritti civili e politici, ma anche di diritti sociali (= diritti-spettanze . "

description

politiche sociali ferrera

Transcript of Le Politiche Sociali Ferrera 1

Maurizio Ferrera- Le politiche sociali

FERRERA - LE POLITICHE SOCIALICapitolo 1

Lanalisi delle politiche sociali e del welfare state

1. Concetti fondamentali

Lanalisi delle politiche sociali lo studio di come, perch e con quali effetti i diversi sistemi politici perseguono certi corsi di azione per risolvere problemi di rilevanza collettiva.

Problemi e obiettivi hanno a che fare con il benessere dei cittadini.

Benessere = soddisfacimento della funzione di utilit di un singolo individuo e/o la massimizzazione delle funzioni di utilit degli individui che compongono una data collettivit.

Le politiche sociali sono corsi di azione volti a:

1. definire le norme, gli standard e le regole () in merito alla distribuzione di alcune risorse e opportunit considerate particolarmente rilevanti per le condizioni di vita e dunque meritevoli di essere in qualche modo garantite dallautorit dello Stato;si realizzano cos gli ideali normativi della tradizione occidentale moderna: Libert, Eguaglianza, Solidariet, Sicurezza;

2. organizzare concretamente la produzione e distribuzione di queste risorse e opportunit (attraverso gli schemi previdenziali, servizi sanitari e di impiego).

Stato di benessere o welfare state = linsieme delle politiche sociali.Gli attori:

enti pubblici e funzionari statali; enti non pubblici.

Nozione di bisogno: una carenza, la mancanza di qualcosa di importante e al tempo stesso un oggetto, un bene mancante oppure necessario per sopperire o rimediare a una mancaza.Nozione di rischio: esposizione a determinate eventualit che possono accedere e che, quando si verificano, producono effetti negativi e generano bisogni.

Ad entrambi si pu far fronte ricorrendo a:

mercato (del lavoro) = produzione di redditi; sfera familiare; associazioni intermedie (comunit informali o gruppi organizzati, ossia associazioni di categoria o terzo settore).Le politiche sociali forniscono protezione sociale ai cittadini, rispetto a panieri codificati di rischi e bisogni. Il Diamante del welfare.Le relazioni sono dette regime di welfare o welfare mix.Lo Stato :

1) contenitore di tutti i processi di produzione del welfare;2) regolatore di questi processi.

Le politiche sociali pi importanti:

1) politiche pensionistiche: rischio della vecchiaia = la perdita di capacit lavorativa, il rischio di invalidit e il rischio di morte in presenza di familiari superstiti;

2) politiche sanitarie: rischio di malattia e bisogni sanitari ad essa connessi;

3) politiche del lavoro: rischio disoccupazione. Regolazione del mercato del lavoro e promozione dellincontro tra domanda e offerta;

4) politiche di assistenza sociale: sono volte a garantire (o promuovere) linclusione sociale, lancoramento di individui e famiglie al tessuto sociale che li circonda, assicurandone risorse e opportunit.

Il Welfare State si basa su:

1) insieme di politiche pubbliche hanno avuto inizio nelle societ europee a partire dal XIX secolo, in risposta alla nuova configurazione di rischi e bisogni originati dalla modernizzazione (industrializzazione, urbanizzazione, famiglia nucleare, alfabetizzazione);

2) tramite queste politiche lo Stato fornisce protezione contro rischi e bisogni secondo tre modalit:

a. assistenza,b. assicurazione,c. sicurezza sociale;3) le politiche sociali definiscono e distribuiscono risorse e opportunit attraverso il conferimento di spettanze (= diritti sociali).Quadro 1.1 pagina 17 - Cosa il welfare state. Una definizione:

1. un insieme di politiche pubbliche connesse al processo di modernizzazione

2. tramite le quali lo Stato fornisce ai propri cittadini protezione contro rischi e bisogni prestabiliti, sotto forma di assistenza, assicurazione o sicurezza sociale;

3. introducendo specifici diritti sociali nonch specifici doveri di contribuzione finanziaria.

2. Assistenza, Assicurazione e Sicurezza sociale

Assistenza

Interventi a carattere condizionale e discrezionale, che rispondono in modo mirato a specifici bisogni.

Le sue prestazioni sono subordinate allaccertamento da parte pubblica di due condizioni:

bisogno individuale manifesto; assenza di risorse per farvi fronte autonomamente (verificata tramite prove dei mezzi).E una forma di protezione selettiva e residuale.

Assicurazione (obbligatoria)

Intervento pubblico imperniato sullerogazione di prestazioni semi-standardizzate in forma tendenzialmente automatica e imparziale, sulla base di precisi diritti/doveri individuali e secondo modalit istituzionali specializzate e centralizzate.

Il principio dellobbligatorieta) contrasta comportamenti di irresponsabilit e imprevidenza individuali;b) ripartisce i rischi allinterno delle diverse categorie dei lavoratori, mantenendo relativamente bassi i contributi sociali () e impedendo fenomeni di scrematura;c) copre rischi difficili (es: disoccupazione);d) attiva flussi redistributivi, non solo orizzontali (allinterno della stessa categoria lavorativa), ma anche verticali (categorie lavorative di redditi diversi);e) favoriscono certe categorie occupazionali pi disagiate (es. agricoltori);f) favoriscono situazioni personali (es. maternit).Sicurezza sociale

Secondo laccezione contenuta nel Rapporto Beveridge, il concetto di sicurezza sociale indica un sistema di protezione esteso a tutta la popolazione attiva, riguardo la garanzia del reddito, e a tutti i cittadini, riguardo lassistenza sanitaria, volta a fornire prestazioni uniformi, corrispondenti ad un minimo nazionale, scollegato dai contributi eventualmente versati.Vi assenza di collegamento tra fruizione dei benefici e la partecipazione al loro finanziamento da parte dei beneficiari.

Assistenza socialeAssicurazione socialeSicurezza sociale

CoperturaUniversale ma selettivaOccupazionaleUniversale

PrestazioniCollegate alla situazione di bisognoContributive/redistributiveA somma fissa

FinanziamentoFiscalit generaleContributivaFiscalit generale

Tab. 1.1 pagina 22 Le modalit di intervento del welfare state e le loro caratteristiche

3. Una panoramica storica

Levoluzione del welfare state europeo pu essere suddivisa in cinque fasi distinte:

1) instaurazione

2) consolidamento

3) espansione

4) crisi

5) riforma

3.1 Instaurazione

Inizi del 600: Inghilterra, Poor Laws;

XIX secolo: associazionismo privato e prime forme assicurative; dal 1883 in poi: Germania (Cancelliere Otto von Bismarck): assicurazione obbligatoria in quasi tutti i paesi europei; prestazioni fondate su precisi diritti individuali, su base nazionale. collaborazione tra le due forze antagoniste dello sviluppo capitalistico (capitalisti e proletariato).In particolare i primi paesi ad introdurre forme di assicurazione ai lavoratori furono:

Germania: 1883 malattie, 1884 infortuni, 1889 vecchiaia e invalidit;

Austria: 1887;Norvegia:1894;Finlandia:1895;Italia:

1898.Il primo schema inserito fu generalmente quello assicurativo sugli infortuni, e ci per i seguenti motivi:

1) la responsabilit individuale per i danni causati a terzi;

2) gli infortuni sul lavoro sono molto frequenti, soprattutto in era di industrializzazione, dove rappresenta il problema sociale pi grave e visibile;

3) fu il meno osteggiato dal movimento socialista, che da principio si oppose a tutte le forme di assicurazione sociale.

Il passo successivo fu lapplicazione di forme assicurative a protezione della disoccupazione (considerata da sempre come incapacit individuale e non come rischio sociale):

Gran Bretagna: 1911; Italia: 1919; Austria: 1920.

Ci che appare comune nelle scelte avanzate da tutti i paesi, la presenza di un sostrato causale comune, dovuto a:

1. Fattori cornice: problemi funzionali emersi dal processo di modernizzazione: necessit di garantire e pilotare la riproduzione ed integrazione sociale delle masse lavoratrici, sganciate dalla rete di solidariet pre-industriale (familiare e parentale), ovvero emerge la necessit di intervento nella politica sociale:

a. Crescente disponibilit di risorse economiche per tale intervento;

b. Razionalizzazione degli apparati statali, soprattutto fiscali.2. Fattori Specifici, di ordine politico-istituzionale:

la mobilitazione operaia (soprattutto socialista) a spingere verso lassicurazione obbligatoria, che si compie in modi e tempi diversi a seconda dei regimi nei quali viene ad operarsi:

a. Regimi monarchico-autoritari (Germania, Austria, Finlandia, Svezia, Italia): i partiti operai spronarono la concessione, che precedette la democratizzazione del suffragio;

b. Regimi parlamentari (Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda): i partiti operai agirono nel rispetto del programma politico, generalmente dopo la democratizzazione del suffragio.

3.2 Consolidamento

Nel periodo tra le due guerre:

completato e integrato il catalogo dei rischi coperti dagli schemi;

estensione degli schemi a segmenti di popolazione diversi dai lavoratori; schemi ex-novo per questi segmenti (es: assegni familiari).1909 Norvegia: estensione dellassicurazione malattie ai componenti familiari;

1911 Germania: pensione estesa ai superstiti.Dalla nozione di assicurazione dei lavoratori si passa alla nozione di assicurazione sociale e si fa strada il concetto di protezione minima e non solo in base ai contributi versati.

3.3 Espansione

1945-1975 (Trentennio Glorioso): sviluppo impetuoso e generalizzato in tutti i paesi, con tante estensioni e notevole miglioramento della protezione offerta dallo Stato. La copertura assicurativa raggiunge tutti i cittadini. I sistemi tradizionali e locali marginalizzati nella loro portata finanziaria e funzionale.

Paesi Anglo-Scandinavi: prendono una direzione verticale: modello universalistico di welfare, detto beveridgeano (ispirato da Lord Beveridge):

schemi omnicomprensivi

relativamente generosi

principi egualitari (come prestazione)

finanziati principalmente dal gettito fiscale.

Paesi dellEuropa Continentale: prendono una direzione orizzontale: modello occupazionale, detto bismarckiano (da Otto von Bismarck):

pluralit di schemi professionali

regole e formule prestazionali differenziate

prevalentemente finanziato tramite contributi sociali.

Generalmente nei paesi europei si attuano i seguenti fenomeni:

crescita della spesa sociale

sviluppo di tecniche per migliorare e razionalizzare lestrazione di imposte e contributi

adozione del meccanismo della ripartizione per il finanziamento delle pensioni: i contributi versati dalla generazione attiva sono immediatamente utilizzati dalla generazione inattiva vengono creati nuovi schemi non assicurativi per lelargizione di prestazioni e servizi di assistenza sociale

si sviluppano complessi sistemi sanitari pubblici

3.4 Crisi

Dal 1975. Sono avvenuti i seguenti mutamenti:

Sia il modello universalistiche che quello occupazionale poggiano sulle premesse socioeconomiche e politico-istituzionali:

1) danno per scontato uneconomia in rapida crescita (elevati dividendi fiscali da ridistribuire come protezione sociale; autofinazione del sistema);

2) Welfare tarato su economia e societ prevalentemente industriali, imperniate sul paradigma fordista (produzione e consumo di massa, forza-lavoro maschile, occupato nelle grandi fabbriche, ecc.);3) Stabilit dellistituto familiare e suddivisione del lavoro tra i due generi: uomini = copertura assicurativa, donna = a carico;4) Strutture demografiche equilibrate nella composizione interna: 2 genitori e 2 o pi figli;

5) Premessa di ordine socio-culturale: il presupposto che le aspirazioni da parte dei beneficiari siano parche (morigerate) e stabili, congrue rispetto ai profili attuariali della propria categoria o limitate a livelli di adeguatezza minimi;6) Solidit e centralit dello stato-nazione come bacino di riferimento per la redistribuzione e la giurisdizione.Dalla met degli anni 70 sono avvenuti i seguenti mutamenti:

1) le economie occidentali registrano cali nei tassi di crescita: non pi dividendi fiscali, ma deficit e debiti pubblici;

2) Le societ post-industriali sono imperniate sui servizi e sui nuovi modi di produzione: decentramento produttivo, consumi differenziati, flessibilit dei rapporti di lavoro = Postfordismo;3) Partecipazione femminile al mercato del lavoro sempre pi ampia. Conseguente ripercussione sulla stabilit dei matrimoni e della famiglia;

4) Gli equilibri demografici del welfare state sono stati alterati da:

a. cause di natura endogena: declino della fertilit (tendenza strutturale e di lungo periodo) porta ad un invecchiamento della popolazione,

b. cause di natura esogena: crescente flusso di immigrati dai paesi meno sviluppati.5) il fenomeno della Rivoluzione delle aspettative crescenti nei confronti delle provvidenze pubbliche, gi iniziato durante gli anni 60, nonostante gli sforzi di austerit, ha generato un effetto di moltiplicazione tanto delle dinamiche di spesa quanto sulla loro configurazione istituzionale (aggiunta di schemi, loro continuo miglioramento, ecc.);6) le dinamiche di interdipendenza economica e di integrazione politica inter- o sopranazionali, hanno eroso la solidit e la centralit dello Stato-Nazione.

Vecchie premesseTrasformazioniSfide

Economia in rapida crescitaSviluppo lento o nulloContenimento dei costi

Societ industriale Societ post-industrialeAmmortizzatori sociali, flessibilit, ecc.

Stabilit familiare e divisione di genere del lavoroRidefinizione de rapporti di genereConciliazione tra vita professionale e riproduzione sociale

Strutture demografiche in relativo equilibrioInvecchiamento della popolazione e nuove migrazioniContenimento dei costi pensionistici e sanitari; ammortizzatori sociali per gli immigrati

Aspettative morigerate e stabiliAspettative crescentiRidefinizione degli standard di prestazione

Solidit e centralit dello Stato-NazioneInternazionalizzazione economica, globalizzazione, integrazione europeaAdattamento alle nuove condizioni di apertura

Tabella 1.2 pagina 27 Il welfare state: vecchie premesse, trasformazioni e sfide.

3.5 Riforma

La fase di riforma attuata dopo il periodo di crisi successivo agli anni 60 ha interessato tutti gli aspetti visti:

a) lobiettivo di contenimento dei costi ha interessato soprattutto i settori pensionistico e sanitario: et pensionabile: elevata; formula del computo delle pensioni: meno generosa; sanit: misure di contenimento dei consumi, accrescimento dellefficienza ed efficacia dei servizi;

b) introduzione di nuovi ammortizzatori, per sopperire a:

de-industrializzazione

flessibilizzazione

marginalizzazione dei lavoratori pi deboli

immigrazione

c) istituti di welfare ridefiniti per sopperire alla maggior partecipazione femminile al mercato del lavoro;

d) linstabilit del matrimonio ha fatto emergere sindromi di nuova povert (famiglie monogenitoriali).Globalizzazione, liberalizzazione del commercio internazionale, crescente integrazione dei mercati, sono le nuove sfide ai tradizionali assetti del welfare state e richiedono un riadattamento istituzionale per conciliare redistribuzione e solidariet sociale con efficienza e competitivit economica.

Quadro 1.2 pagina 30 - La ricalibratura del welfare state.

Il dibattito sulla crisi e riforma del welfare state ha cercato a lungo un termine attraverso cui intraprendere la direzione del cambiamento istituzionale. Inizialmente hanno prevalso i termini negativi, come tagli oppure ridimensionamento. Successivamente hanno cominciato ad essere utilizzati termini pi neutrali sotto il profilo sia descrittivo sia valutativo: ad esempio modernizzazione (termine preferito dalla commissione europea), riconfigurazione, ristrutturazione o razionalizzazione.

Ferrera, Hemerijck e Rhodes hanno proposto il termine ricalibratura. [2000]

Con questo termine si vuole connotare un processo di cambiamento istituzionale caratterizzato da:

presenza di un insieme di vincoli di natura sia esogena sia endogena, che condiziona le scelte dei decisori politici;

interdipendenza fra eventuali scelte espansive o migliorative e scelte restrittive o sottrattive, in conseguenza dei vincoli;

spostamento deliberato dellenfasi posta sui diversi strumenti e obiettivi delle politiche sociali: sia allinterno di ciascuna politica sia fra diverse politiche.

Il concetto di ricalibratura pu essere a sua volta articolato in alcune sottodimensioni:

la ricalibratura funzionale concerne i rischi in risposta ai quali i sistemi di welfare si sono sviluppati nel corso del tempo e si riferisce a quegli interventi di cambiamento volti a ribilanciare le diverse funzioni di protezione sociale: ad esempio contenimento della tutela della vecchiaia e promozione di nuovi schemi di assistenza allinfanzia;la ricalibratura distributiva riguarda i gruppi sociali e si riferisce a quegli interventi che mirano a ribilanciare il grado di protezione sociale dalle categorie ipergarantite (come ad esempio i dipendenti pubblici) a quelle sottogarantite (come le persone in cerca di occupazione).

La ricalibratura normativa si riferisce a norme o valori e denota quelle iniziative di natura simbolica (discorsi pubblici, prese di posizione da parte di leader politici, esperti o intellettuali) che forniscono argomentazioni e buone ragioni per trasformare lo status quo, in quanto inefficiente, inefficacie o iniquo.

4. Logica politica e Welfare State

Una Definizione di Welfare State: sistema di potere basato su un fitto intreccio di scambi fra lites distributrici, in cerca di legittimit e consenso, e clientele sociali interessate ad ottenere diritti-spettanze attraverso la mediazione di burocrazia e servizi. ()

4.1 Lo scivolamento distributivo della politica sociale durante la fase espansiva.

A partire dalla met degli anni 50 il profilo del welfare state passa da un carattere di tipo redistributivo ad uno di tipo distributivo, a causa del variare del profilo delle societ europee, che da tipo piramidale (pochi ricchi, molti poveri) assume una forma di rombo (maggioranza della popolazione in condizioni intermedie tra ricchezza e povert). La massa media insieme beneficiaria e contribuente: il grosso della spesa sociale consiste in un trasferimento incrociato di risorse da una categoria allaltra di questa stessa massa (da cui il carattere distributivo della politica sociale).

Le politiche distributive sono caratterizzate da:

asimmetria tra benefici e costi: benefici tangibili, costi scarsamente visibili o occulti e spalmati su grandi numeri;

elevata disaggregabilit dei benefici: possono essere distribuiti in forma selettiva e differenziata; impatto esterno di ciascuna singola misure relativamente contenuto.

Questo meccanismo incentiva ladozione di strategie di cooperazione e compromesso reciproco tra gli attori politici.

Cooperazione: massimizzazione delle dimensioni della torta da spartire;

Compromesso: modalit di spartizione (per tutti) omnicomprensiva.

La cause di questo scivolamento distributivo della politica sociale (che ha avuto lapice negli anni 60 e 70) sono molteplici. In particolare 2 i fattori che hanno reso possibile loccultamento dei costi:

1. alti tassi di sviluppo economico: quote automaticamente crescenti di risorse sono messe a disposizione di partiti e governi; anche ad aliquote costanti una redistribuzione pi elevata (introduzione di nuove categorie di beneficiari) produce maggior gettito contributivo;

2. Progressiva conversione al deficit spending (ossia spesa pubblica non coperta da entrate tributarie, ma dallemissione di titoli di debito pubblico) e adozione di tecniche finanziarie capaci di attenuare o nascondere i costi immediati dellintervento pubblico. Ad es: il meccanismo della ripartizione in campo previdenziale (riscossione dei contributo dalla generazione attiva e immediatamente erogata alla generazione ritirata dal lavoro); gli oneri derivanti da possibili squilibri nel rapporto tra contribuenti e beneficiari sono stati scaricati sulle generazioni future, politicamente irrilevanti.

Inoltre si sono aggiunti altri due fattori di natura politica:

3. formazione di nuovi aggregati sociali definiti in base al settore occupazionale di appartenenza, oppure in base al loro pacchetto di spettanze dal welfare state (= passaggio alla politica delle categorie); questi aggregati si sono trasformati in gruppi di interesse speciale. Olson ha dimostrato che literazione e la competizione fra gruppi di interesse tenda ad alimentare la produzione di politiche distributive. Per i piccoli gruppi i costi dellauto-organizzazione sono molto pi bassi; la crescita della complessit sociale d ai piccoli gruppi un elevato potere di ricatto. Nelle societ a forma di rombo il welfare state diventato un bacino di risorse dei gruppi di interesse speciale e delle svariate coalizioni distributive che questi hanno formato, al fine di appropriarsi di quote di reddito superiori a quelle da essi prodotte e comunque sproporzionate sia rispetto ai propri apparati finanziali sia rispetto alle proprie condizioni di bisogno.

4. Laffermazione dei partiti pigliatutti indicativo di quanto laggregazione intercategoriale del consenso attraverso microdistribuzioni di benefici pubblici sia diventato lobiettivo primario (in quanto potenzialmente pi remunerativo) degli attori politici odierni.

4.2 Crisi e riforma del welfare: dalle distribuzioni alle sottrazioni.

A partire dagli anni 90 il problema del welfare stato riportato in primo piano, forzando gli obiettivi di risanamento, recupero di efficienza, modernizzazione e ricalibratura dei vari schemi e programmi sociali.

I provvedimenti di riforme implicano sacrifici volti al conseguimento di benefici diffusi:

sostenibilit, nel lungo periodo, del sistema pensionistico;

maggiore efficienza nei servizi sanitari e nei mercati del lavoro;

maggiore competitivit;

finanze pubbliche in equilibrio, ecc.

La politica sociale tornata ad essere una questione di redistribuzione, anzi, ha assunto i contorni di una politica sottrattiva (variante di politica redistributiva, in cui si devono attribuire quasi esclusivamente delle perdite, sotto forma di cancellazione (o sensibile diminuzione) di spettanze codificate e considerate alla stregua di veri e propri diritti di propriet).

I processi redistributivi (e quelli sottrattivi) sono caratterizzati da:

alta visibilit dei costi

ampiezza delle platee coinvolte

rilevanza della posta in gioco

e inducono gli attori al confronto esplicito.

I primi attori a scendere in campo sono state le confederazioni sindacali, che hanno visto nella battaglia a difesa del welfare unoccasione per guadagnare sia il sostegno sociale che linfluenza decisionale.

I conflitti sulla riforma del welfare avvengono tipicamente nellarena elettorale, al contrario dei vecchi scambi distributivi, che avvenivano essenzialmente nellarena parlamentare (pi ospitale ai negoziati occulti, agli scambi e agli intrecci).

Quello che conta nellarena elettorale ottenere il consenso dellelettore medio.

Lo stile quello concertativo: i governi hanno cercato di contrattare le misure restrittive con i rappresentanti degli interessi coinvolti (in primis i sindacati) e lesito finale sempre condizionato in maniera cruciale dalle quote di consenso (elettorale e sociale) controllate dai partecipanti.

Queste dinamiche complicano e rallentano il processo di riforma e ne condizionano rotta e contenuti. Sono gli interessi a favore dello status quo distributivo a controllare le quote di consenso pi consistenti; per partiti e governi entrare in conflitto con questi interessi significa andare incontro a impietose e certe punizioni elettorali.

Nel riformare il welfare i politici presentano la massima attenzione ad evitare il biasimo da parte degli elettori, onde minimizzare le perdite di consenso: una strategia definita da Weaver come blame avoidance.

Questa strategia ha utilizzato differenti tattiche:

offuscamento (manipolazione dellinformazione in modo da rendere poco visibile le manovre); compensazione (placare i destinatari con clausole di transizione morbide); divide et impera (creare conflitti di interesse fra le varie categorie in causa).

Il governo della nuova politica sociale degli anni 90 stato un vero e proprio laboratorio politico, in cui gli attori hanno sperimentato ed appreso nuovi ed articolati repertori di azioni, una nuova logica interattiva pesantemente condizionata dal carattere prevalentemente sottrattivo delle decisioni da prendere.

Riducendo la gamma delle opzioni politicamente praticabili, lobiettivo della blame avoidance ha pesantemente condizionato il processo di riforma, rallentandone il ritmo d ostacolando ladozione di misure incisive.

5. Le tipologie dei welfare state

Le caratteristiche che differenziano diversi welfare state sono:

gamma e generosit delle prestazioni; condizioni di accesso; ampiezza e caratteristiche dei destinatari; modalit di finanziamento; modalit di amministrazione.5.1 Due modelli

Secondo unottica evolutiva e osservando il processo di differenziazione istituzionale del welfare state europeo durante le sue principali tappe, possiamo identificare sostanzialmente due tipologie di modelli, venutisi a creare nella prima met del XX secolo, fondate sullimportanza del CHI proteggere:

1. modelli universalistici (o beveridgeani);2. modelli occupazionali (o bismarckiani);che si differenziano in base al formato di copertura, ossia le regole di accesso e affiliazione degli schemi di protezione sociale, principalmente quelli pensionistici e sanitari.

Modello universalistico (adottato dai paesi anglo-scandinavi): tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro posizione lavorativa. Hanno creato un grande bacino di solidariet e redistribuzione.

Modello occupazionale (adottato nella maggioranza dei paesi anglo-continentali): rivolto ai lavoratori, coperti da una pluralit di schemi occupazionali, con regole diverse gli uni dagli altri. Ha assecondato le tradizionali demarcazioni tra settori produttivi e gerarchie occupazionali, frammentando la comunit politica in tante collettivit redistributive.

5.2 Tre regimi

Alla fine della seconda guerra mondiale, fino alla prima met degli anni 70, sono divenuti importanti anche gli aspetti del QUANTO e del COME, oltre a quelli del Chi.

Durante questa fase emersa e si consolidata una nuova differenziazione tipologica fra welfare state europei.

Secondo Esping-Andersen [1990] durante il periodo in questione so sono consolidati tre diversi regimi di welfare state:

Liberale,

Conservatore-corporativo,

Socialdemocratico.

Con regime di welfare si intende non solo il contenuto delle politiche sociali dello stato, ma anche lintero sistema di interrelazioni tra queste e il mercato del lavoro da una lato, e la famiglia dallaltro.

Le domande che Esping-Andersen si pone e a cui associa due diversi concetti, sono:

1) in che misura le politiche sociali offrono ai lavoratori risorse e opportunit per contrastare la loro dipendenza dal mercato del lavoro? ( demercificazione = grado in cui gli individui possono liberamente astenersi dalla prestazione lavorativa.

2) In che misura queste politiche riescono a creare un comunit di eguali di fronte a rischi e bisogni sociali, azzerando le differenze di reddito e di classe? ( destratificazione = grado in cui la formazione delle prestazioni sociali dello stato attutisce (fino ad annullare) i differenziali di status occupazionale o di classe sociale.

I tre regimi si differenziano lungo le due dimensioni, dando origine a diversi mondi del capitalismo welferista.

Quadro 1.3 pagina 41 - I tre regimi di welfare secondo Esping-Andersen

Regime liberale:

predominanza di misure di assistenza basate sulla prova dei mezzi (means-test); schemi di assicurazione sociale relativamente circoscritti e con formule di prestazioni poco generose; destinatari principali: bisognosi, poveri, lavoratori a basso reddito; il welfare state incoraggia il ricorso al mercato: in modo passivo (minima interferenza e regolazione, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro) o in modo attivo (incentivi per il ricorso a schemi assicurativi non statali); demercificazione bassa: forte dipendenza degli individui/lavoratori dal mercato; destratificazione bassa: dualismo fra il welfare dei poveri e il welfare dei ricchi. Casi embematici: Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito.

Regime conservatore-corporativo:

predominanza di schemi assicurativi pubblici collegati alla posizione occupazionale; formule di computo collegate ai contributi e/o alle retribuzioni; destinatari principali: i lavoratori adulti maschi capofamiglia (male breadwinners); enfasi sulla sussidiariet degli interventi pubblici: lo Stato interviene solo nella misura in cui i bisogni non trovano risposta a livello individuale, familiare o di associazioni intermedie; demercificazione media: la dipendenza dal mercato attenuata, ma non abolita; destratificazione medio-bassa: il welfare tende a preservare le differenze di status e classe, nonch la segregazione di genere. Casi emblematici: Germania, Austria, Francia, OlandaRegime socialdemocratico:

predominanza di schemi universalistici di sicurezza sociale con alti standard di prestazione; formule di computo: generose ma prevalentemente a somma fissa, con finanziamento fiscale;

destinatari: tutti i cittadini; il welfare state mira a marginalizzare limportanza del mercato come fonte di risposta ai bisogni e ai rischi sociali; demercificazione alta: la dipendenza dal mercato molto attenuata; destratificazione alta: eguaglianza di trattamento di tutti i cittadini: tutti beneficiano, tutti dipendono, tutti si sentono in dovere di contribuire. Casi emblematici: Svezia, Danimarca, Norvegia

5.3 La quarta Europa sociale: il welfare state dellEuropa MeridionaleSpagna, Portogallo, Grecia e Italia (anche se inizialmente era stata inserita in un regime conservatore-corporativo) costituiscono un regime distinto, aventi caratteristiche di welfare particolari:

Nelle prime fasi di instaurazione e consolidamento hanno seguito la via bismarckiana

Durante la fase dellespansione hanno per edificato sistemi di protezione sociale diversi dagli altri paesi conservatori-corporativi:

Adottando formule di prestazione molto generose per le categorie centrali del mercato del lavoro (dipendenti pubblici e dipendenti delle grandi imprese), ma formule pi modeste per le categorie pi periferiche (precari,stagionali, autonomi, dipendenti di piccole imprese). Un sistema di protezione dualistico e polarizzato. Si sono stabiliti modelli di solidariet familiare e parentale, inclini a funzionare come ammortizzatore sociale. Livelli fortemente sbilanciati di demercificazione e basso libello di destratificazione (come nel regime liberale), ma che non producono differenze di classe, bens nuove differenziazioni, in parte trasversali rispetto alla struttura di classe (ad esempio differenza di trattamento tra loperaio alle dipendenze di una azienda privata e il pari-mansioni alla dipendenza di un ente pubblico), segnando gli individui in due gruppi contrapposti: gli insiders (spettanza forti) e outsiders (spettanze deboli o assenti).

Alla fine del ciclo espansivo (tra gli anni 70 e 80) questi quattro paesi hanno istituito servizi sanitari nazionali a regime universale (in controtendenza rispetto al pensiero bismarckiano (). La presenza di un S.S.N. esercita effetti importanti sia di demercificazione che di destratificazione.

Una tradizione di elevato particolarismo ha sempre caratterizzato il funzionamento del welfare state in Europa Meridionale, sia sul versante delle erogazioni (manifestazioni clientelari e frodi) sia sul versante del finanziamento (evasioni contributive di fatto tollerate dallamministrazione, di tanto in tanto sanate attraverso condoni).

Lo stato dellEuropa Meridionale poco Weberiano, largamente infiltrato e facilmente manipolabile dagli interessi organizzati (soprattutto politici). = Basso grado di statualit.6. Il welfare state italiano

Sotto il profilo della spesa pubblica erogata per le politiche sociali, il welfare state italiano non appare significativamente deviante rispetto agli standard europei (lItalia spende per il welfare il 26% del PIL, come Finlandia, Regno Unito e Grecia, poco meno della percentuale media dellU.E.).

La particolarit italiana sta in una distorsione funzionale che si caratterizza nella distribuzione interna della spesa (dati in % del PIL):

ItaliaU.E.

Pensioni (Vecchiaia)61,7%45,7%

Famiglia4,1%8,0%

Disoccupazione1,8%6,6%

Abitazioni ed esclusione sociale0,3%3,5%

TOTALE67,9%63,8%

E in una distorsione distributiva, ovvero allinterno delle varie funzioni di spesa vi un netto divario di protezione fra diverse categorie occupazionali;

garantiti: dipendenti pubblici e delle grandi imprese;

semi-garantiti: lavoratori dipendenti (delle piccole imprese, edilizia, agricoltori), lavoratori autonomi, lavoratori atipici;

non garantiti:lavoratori legati alleconomia sommersa.

Le cause di queste anomalie sono da ricercare nella logica politica della Prima repubblica (1948-1992), fondamentalmente imperniata sul governo dei partiti:

contesto di alta polarizzazione destra-sinistra;

bassa statualit.

Il potere dato dal welfare state si consolidato attorno ad una partitocrazia distributiva, che ha utilizzato i diritti-spettanze e gli apparati amministrativi dello Stato a fini di cattura del consenso.

Questo fenomeno ha creato crescenti problemi sul piano dellefficienza, dellefficacia e dellequit, sia allinterno delle generazioni (divari categoriali), sia fra diverse generazioni (asimmetria fra rischi dellanzianit e quelli di altre fasi della vita).

Le due distorsioni del modello hanno creato un circolo vizioso che ostacola il cambiamento istituzionale; se il welfare state non offre ai giovani risorse ed opportunit per entrare nel mondo del lavoro, acquisire autonomia, formare una famiglia, allora la famiglia di origine resta il punto di riferimento principale, in molti casi lunico ammortizzatore sociale disponibile per il soddisfacimento dei bisogni per la tutela dei rischi, attraverso lattivazione di quella rete di solidariet familiare e parentale che caratterizza le societ sud-europee.

In questo modo per la famiglia ostacola la mobilit, rallenta ed irrigidisce i processi di riproduzione sociale, frenando la formazione di una domanda politica a favore del cambiamento.

Il fenomeno prende il nome di familismo: i giovani aspirano ad acquisire le stesse garanzie dei propri genitori: posto fisso e pensione generosa a fine carriera.

Le riforme apportate a partire dal 1992 sono dovute al rapido mutamento del quadro istituzionale interno ed esterno che prese avvio proprio attorno al 1992:

1. Interno: mutamento che ha riguardato assetti, soggetti ed equilibri politici (tangentopoli port alla luce una fitta rete di pratiche illegali di finanziamento ai partiti e di frodi fiscali riguardanti numerosi partiti politici e imprenditori, mettendo a nudo il tessuto di commistioni nascoste fra affari e politica); si ebbe una delegittimazione del regime di partitocrazia distributiva e lavvio della Seconda repubblica, con le prime elezioni svoltisi con sistema maggioritario nel 1994 (1 governo Berlusconi):

a. scomparsa di quasi tutti i vecchi partiti politici,

b. massiccio ricambio del personale politico,

c. ricambio, in parte, della dirigenza statale.

2. Esterno: firma del trattato di Maastricht: impegno dei paesi a risanare le finanze pubbliche sulla base di precisi criteri di convergenza (deficit, debito, inflazione, tassi di interesse, tassi di cambio) in vista dellUnione economica e monetaria (UEM) prevista per il 1998.I sindacati concertarono con il governo Dini la riforma pensionistica del 1995, consapevoli che senza di essa lItalia non sarebbe stata ammessa nellUEM e che lesclusione avrebbe comportato per i lavoratori e i pensionati italiani esiti sottrattivi molto peggiori.

AnnoRiforma

1992Riforma Amato delle pensioni

Riforma della riforma in sanit

1992-1993Abolizione della perequazione (=equiparazione) delle pensioni alle retribuzioni

Riforma della contrattazione collettiva

1995Riforma Dino delle pensioni

1997Riforma Prodi delle pensioni

Pacchetto Treu sul mercato del lavoro

1998Riforma delle prestazioni means tested (prova dei mezzi)

1999Riforma ter della sanit

2000Riforma dellassistenza sociale

Tabella 1.3 pagina 49: Le principali riforme degli anni novanta.

Capitolo 2

Le politiche pensionisticheVerso la fine del XIX secolo, accanto agli schemi di assicurazione obbligatoria per la tutela dei lavoratori, nel caso di infortuni sul lavoro, iniziarono a diffondersi anche programmi per la tutela della vecchiaia, che avrebbero poi registrato, nel corso del novecento, una forte espansione, fino a rappresentare la prima voce di spesa sociale nella maggior parte delle nazioni europee ed in Italia in particolare.

1. Concetti fondamentali

Il concetto di Pensione individua quella prestazione pecuniaria vitalizia prevista a fronte dei rischi di vecchiaia e invalidit, nonch in relazione al grado di parentela con un assicurato o un pensionato defunto (rischio di premorienza).

Le pensioni che spettano in relazione al grado di parentela con un assicurato nel caso di premorienza dello stesso, sono essenzialmente di due tipi:

1. nel caso cui lassicurato muoia prima di essersi ritirato dal lavoro, il coniuge (o i parenti pi stretti) ha diritto a percepire una pensione indiretta;

2. nel caso in cui il decesso dellassicurato avvenga dopo il suo pensionamento, agli stesso spetta la pensione di reversibilit.

Nel caso di invalidit del pensionato si prevedono due categorie di prestazioni:

1. la pensione di invalidit previdenziale una prestazione corrisposta ai lavoratori assicurati a fronte di una perdita della capacit (parziale o totale) di lavoro a seguito di un evento invalidante;2. la pensione di invalidit civile una prestazione di natura prettamente assistenziale rivolta agli invalidi civili (totali o parziali), ai ciechi ed ai sordomuti che si trovano in condizione di bisogno, accertato tramite una prova dei mezzi.

Le pensioni che spettano invece a tutela del rischio di vecchiaia e che vengono corrisposte direttamente, sono individuata in quattro tipi:

1. pensione previdenziale di vecchiaia: prestazione che spetta al lavoratore quando, al superamento di una certa soglia di et (et pensionabile) si ritira da lavoro. La prestazione di tipo previdenziale in quanto mira al mantenimento del reddito degli individui nella fase di quiescenza. Il diritto a questo tipo di prestazione subordinato al pagamento di contributi per un periodo minimo (periodo contributivo minimo);2. pensione previdenziale di anzianit: prestazione che spetta al lavoratore nel momento in cui si pone in quiescenza, anche senza il superamento di una soglia di et, a condizione che abbia effettuato un versamento contributivo per un periodo prestabilito di anni (in Europa dai 35 ai 45);3. pensione sociale: prestazione a carattere assistenziale corrisposta a coloro che hanno superato una certa soglia di et anagrafica, ma non dispongono di requisiti contributivi, o requisiti contributivi non sufficienti, per aver diritto ad una pensione di vecchiaia. La condizione di accesso a tali prestazioni laccertamento tramite una prova dei mezzi che dimostri leffettiva condizione di bisogno;4. pensione di base: prestazione a somma fissa erogata nelle nazioni nordiche, che garantisce a tutti i cittadini che hanno superato una soglia det anagrafica un livello minimo di reddito.

Un sistema pensionistico per la tutela della vecchiaia costituito da qual complesso di regole ed istituzioni preposte a fronte del versamento di parte del reddito percepito dai lavoratori e/o cittadini ad erogare prestazioni vitalizie in denaro a coloro che hanno terminato la carriera lavorativa, ovvero hanno superato una certa soglia di et, garantendo agli stessi la sicurezza economica anche nel periodo di quiescenza.

Nellevoluzione dei sistemi pensionistici europei la tutela della vecchiaia stata affidata al settore pubblico, al settore privato, ovvero allinterazione tra i due.

Con riferimento al panorama italiano, gli enti previdenziali pubblici si individuano in INPS, INPDAP, gli istituti privati in fondi pensione, banche, assicurazioni, societ di gestione del risparmio.

Nella maggior parte dei paesi europei la tutela della vecchiaia affidata primariamente a schemi pubblici, che rappresentano il cosiddetto primo pilastro del sistema pensionistico, cui si affiancano gli schemi complementari privati a capitalizzazione di tipo occupazionale (secondo pilastro) e individuale (terzo pilastro).

Gli interventi che forniscono la sicurezza di un reddito nella fase post-lavorativa e la protezione contro il rischio di vecchiaia, possono essere conseguite attraverso regole che obblighino i lavoratori a:

a. risparmiare una parte del loro reddito, accumularlo e successivamente utilizzarlo quando termina la vita lavorativa;

b. scambiare una quota del reddito da lavoro con una garanzia che al momento del pensionamento otterranno quanto versato in precedenza.Ci introduce i due concetti di capitalizzazione e ripartizione:a. in un sistema a capitalizzazione (fully funded) le risorse versate (solitamente contributi) da parte degli individui attivi, sono accumulate in conti individuali, investite sui mercati finanziari e, una volta rivalutate secondo i rendimenti degli investimenti, convertite in rendita al momento del pensionamento;b. In un sistema a ripartizione (pay-as-you-go PAYG) i lavoratori versano i contributi ad un determinato tempo t e questi vengono immediatamente utilizzati per il pagamento delle prestazioni ai pensionati nello stesso momento t; i lavoratori ottengono per il diritto a ricevere una pensione quando al tempo t+1 essi stessi avranno maturato let pensionabile.

La distinzione tra i due sistemi di fondamentale importanza per comprendere i recenti sviluppi della politica pensionistica, in quanto i due sistemi sono differentemente esposti a rischi (demografici ed economici) che possono minare la sostenibilit degli schemi di protezione della vecchiaia.

Lungo il versante delle prestazioni, esistono tre sistemi per definire i trattamenti pensionistici:

1. a somma fissa (flat rate). Le somme sono forfetarie e non esiste collegamento con limporto versato.

2. collegate a retribuzione. Le prestazioni sono collegate al precedente reddito da lavoro e vengono calcolate in percentuale sulla media delle retribuzioni di n anni di carriera (retribuzione pensionabile). Generalmente vengono presi in considerazione solamente gli ultimi anni, oppure i migliori, di attivit, ma pu anche accadere che la retribuzione pensionabile rappresenta la media delle retribuzioni di tutta la vita lavorativa (ad esempio in Germania). Quale che sia la scelta, in un sistema retributivo la pensione viene calcolata secondo la formula: P = rp . n . r

dove: P = pensione; rp = retribuzione pensionabile calcolata come media delle retribuzioni di n anni di lavoro; n = numero di anni di contribuzione/lavoro; r = aliquota di rendimento, che esprime quanto rende un anno di contribuzione.3. collegate a contribuzione. Esso riflette leffettivo ammontare della contribuzione (e non solo la durata come nel caso precedente). In questo caso limporto della pensione strettamente connesso allammontare dei contributi versati (montante contributivo) e dipende solitamente da un ulteriore parametro:

a. effettivo = (sistema a capitalizzazione) tasso di rendimento degli interessi,

oppure

b. convenzionale = (sistema a ripartizione) stabilito dal legislatore.

I due sistemi di calcolo delle prestazioni possono combinarsi con i criteri di gestione delle risorse, dando vita a quattro tipi di schemi pensionistici differentemente strutturati:

RipartizioneCapitalizzazione

Prestazioni collegate a retribuzioneSistema RETRIBUTIVO: le risorse prelevate dai lavoratori attivi sono erogate ai pensionati in proporzione al precedente reddito da lavoroSistema a PRESTAZIONE DEFINITA: livello della pensione stabilito in percentuale su una retribuzione di riferimento che pu corrispondere a quella dellultimo anno di lavoro, ovvero a quella media degli ultimi n anni. Limporto delle aliquote da versare varia in maniera inversa rispetto allandamento della rivalutazione del capitale versato.

Prestazioni collegate a contributi versatiSistema CONTRIBUTIVO: le risorse prelevate dai lavoratori attivi sono erogate ai pensionati in proporzione allammontare dei contributi precedentemente versatiSistema a CONTRIBUZIONE DEFINITA: ci che viene fissato non il livello della prestazione erogata a fine rapporto, ma il tasso di contribuzione del lavoratore; il valore della prestazione dipende sia dal montante contributivo accumulato sia dal rendimento di tali risorse investite sui mercati finanziari.

Sia in un sistema retributivo che in un sistema contributivo, il valore delle prestazioni pensionistiche solitamente misurato in rapporto alla precedente retribuzione del lavoratore, attraverso il cosiddetto tasso di sostituzione lordo, che esprime il rapporto percentuale tra la pensione lorda al momento del pensionamento e lultima retribuzione lorda percepita.

2. Il sistema pensionistico italiano

2.1 Articolazione e funzionamento

Dallistituzione dellassicurazione sociale obbligatoria fino agli anni 90, il sistema pensionistico italiano stato costituito dal primo pilastro pubblico, gestito a ripartizione a partire dalla fine degli anni 60 e da uno schema peculiare denominato Trattamento di Fine Rapporto (TFR).

I pilastri complementari sono sempre rimasti sottosviluppati rispetto alla maggior parte dei paesi europei.

Le riforme degli anni 90 hanno previsto interventi volti alla riconfigurazione su tre pilastri del sistema pensionistico nazionale attraverso lo sviluppo di forme complementari, gestite a capitalizzazione.

Il primo pilastro pubblico si struttura su due livelli:

1 livello: costituito dalle prestazioni di tipo assistenziale, volte a garantire una rete si sicurezza minima contro la povert per gli anziani, ed erogate dalla Gestione Interventi Assistenziali per conto dello Stato (GIAS), presso lINPS;2 livello: schemi di natura previdenziale, gestiti a ripartizione, che erogano prestazioni collegate al precedente reddito da lavoro, a fronte di versamenti di contributi sociali.

Il primo pilastro caratterizzato da unelevata frammentazione, nel senso che esistono numerose casse pensionistiche per diverse categorie professionali; ci frutto dellevoluzione storica del sistema che nel corso del XX secolo andato strutturandosi attraverso una sequenza di estensioni dellassicurazione obbligatoria di vecchiaia alle diverse categorie occupazionali.

Gli Enti principali sono articolati in gestioni o casse:

INPS: lavoratori dipendenti (FPLD, Fondo Volo, minatori, Fondo Gas, ecc.), lavoratori autonomi (coltivatori diretti, artigiani, commercianti), lavoratori parasubordinati; INPDAP: dipendenti dello stato (CPDS), dipendenti enti locali (CPDEL), sanitari (CPS) insegnanti dasilo (CPI), ufficiali giudiziari (CPUG); casse autonome lavoratori dipendenti: giornalisti (INPGI), lavoratori dello spettacolo (ENPALS); casse private liberi professionisti: pluricategoriale (EFAP), notai (CN), avvocati e procuratori (CNP), consulenti del lavoro (ENPACL)..Attualmente tutta la popolazione regolarmente occupata protetta dagli schemi pensionistici del primo pilastro.

Sul piano economico-finanziario la principale relazione tra il livello centrale di governo (ministri, parlamento, bilancio pubblico) e gli enti previdenziali si sostanzia nel prelievo fiscale operato, a differenza di altri paesi europei, sulle prestazioni previdenziali. Inoltre il parlamento stabilisce annualmente con la legge finanziaria la quota di partecipazione statale al finanziamento delle prestazioni non previdenziali (pensione sociale, integrazione al minimo, assegno sociale) che viene erogata dal GIAS.Le casse previdenziali del primo pilastro non erogano soltanto prestazioni di vecchiaia, ma tutelano i propri iscritti anche contro il rischio di premorienza (attraverso lerogazione di pensioni indirette e di reversibilit) ed invalidit.

Pilastri complementariIl secondo pilastro del sistema invece costituito dalle riforme pensionistiche a capitalizzazione ad adesione collettiva. Tra queste si ricordano i fondi pensione previsti dal D.lgs. 124/1993 (decreto di regolamentazione dellintero settore della previdenza complementare)(vanno citati i fondi chiusi, detti anche negoziali o occupazionali e i fondi aperti) e i fondi pensione preesistenti a tale normativa.

Il terzo pilastro la previdenza a capitalizzazione individuale per quei lavoratori che vogliono garantirsi unulteriore rendita alla vecchiaia. Le alternative proposte sono date dalle polizze pensionistiche individuali (PIP) introdotte nel 2000, dai fondi aperti e dalle assicurazioni sulla vita con possibilit di conversione in rendita.

Il nesso principale che intercorre tra il bilancio pubblico e le forme pensionistiche complementari di secondo e di terzo pilastro, consiste nel prelievo fiscale operato sulle prestazioni erogate, ma anche nelle minori entrate per il bilancio pubblico connesse alla deducibilit fiscale dei contributi versati.

2.2 Il sistema pensionistico in cifreFinanziamento

Il finanziamento della prestazioni pensionistiche assicurato tramite il versamento obbligatorio di contributi sociali. Il livello di prelievo differenziato per le varie categorie professionali. Per i lavoratori dipendenti la contribuzione ripartita nellordine dei 2/3 a carico del datore di lavoro e 1/3 a carico del lavoratore, mentre per i lavoratori autonomi a completo carico dei lavoratori.

Le aliquote contributive fissate nellultima revisione [dalla pubblicazione del libro, n.d.s.] del 1995 sono pari al 32,7% per i lavoratori iscritti allINPS, 32,35% per i lavoratori pubblici assicurati allINPDAP, tra il 10 e il 20% per i lavoratori autonomi e parasubordinati.

QUADRO 2.1 pagina 61 - Il Trattamento di Fine Rapporto, nella formulazione della L.297/1982

Il TFR una prestazione di fine servizio che le imprese devono obbligatoriamente corrispondere ai loro dipendenti in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro: pensionamento, cambio di occupazione, licenziamento.

Il TFR finanziato da contributi sociali (6,91% della retribuzione lorda) e nella sua sostanza opera come uno schema previdenziale a prestazione definita per i dipendenti del settore privato.

E essenzialmente concepito come una forma di salario differito per tutti i dipendenti privati e prevede un rendimento modesto ma garantito pari al 1,5% fisso pi il 75% del tasso dinflazione.

La prestazione erogata in ununica soluzione, calcolata come segue: [retribuzione annua lorda di ciascun anno di lavoro]/13,5 x [anni di contratto di lavoro]

Poich laccantonamento dei contributi versati soltanto virtuale, il TFR costituisce unimportante (e relativamente conveniente) fonte di finanziamento per le imprese.

La portabilit del TFR non permessa n in caso di cambio di lavoro da parte del lavoratore n in caso di licenziamento. Va segnalato che in questultima eventualit il TFR ha spesso concretamente svolto la funzione di sussidio di disoccupazione.

3. Evoluzione storica della tutela della vecchiaia: lItalia in prospettiva comparata.

I modelli su cui si basano gli schemi pensionistici europei, traggono origine da due schemi istituiti in Germania nel 1889, ad opera del cancelliere Otto von Bismarck, e in Danimarca nel 1891; tali modelli prendono il nome rispettivamente di modello bismarckiano e modello beveridgeano (dal nome di Lord Beveridge, coordinatore di un piano di riforma delle assicurazioni sociali britanniche pubblicato nel 1942).

BismarckianoBeveridgeano

ObiettivoMantenimento del redditoPrevenzione della povert

PrestazioniCollegate al redditoA somma fissa

Regole daccessoPagamento contributiCittadinanza (stato di bisogno)

CoperturaLavoratoriTutta la popolazione (anziana)

FinanziamentoContributiFiscalit generale

Tabella 2.6 pagina 69 I modelli originari di tutela della vecchiaia.

LItalia si colloc fin dal 1919 (d.lgs.lgt 603) secondo il modello tedesco.

Le altre caratteristiche fondamentali di tale sistema erano:

1. obbligo contributivo dei lavoratori industriali pi esposti a rischio: operai;2. obbligo anche per gli impiegati con retribuzione mensile inferiore alle 350 lire (poi 800 lire dal 1923);3. finanziamento contributivo da parte dei lavoratori e datori di lavoro cui si aggiungeva una quota di concorso dello stato;

4. gestione delle risorse a capitalizzazione;5. metodo di calcolo delle pensioni di tipo contributivo, ma con tassi di rivalutazione predeterminati che consentivano di predefinire il livello della prestazione futura;6. la soglia dei 65 anni per il pensionamento.

Con la riforma del 1939 (r.d.l. 636/1939 convertito in l.1272/1939) si estese la copertura per gli impiegati con retribuzione mensile inferiore a 1500 lire, venne introdotta la pensione di reversibilit, la differenziazione e labbassamento dell'et pensionabile per gli uomini a 60 anni e per le donne a 55 anni (in vigore fino al 1992, riforma Amato), si differenzi il sistema di finanziamento, accollando i 2/3 dellonere contributivo ai datori di lavoro.

Nel Trentennio Glorioso postbellico i vari governi dei paesi accolsero le richieste provenienti dai gruppi di pressione e partiti, volte ad un irrobustimento (sia in termini di estensione che di quantit degli importi erogati) della tutela della vecchiaia.

Si ebbe una convergenza di alcuni paesi appartenenti ad uno e allaltro gruppo verso una configurazione piuttosto simile:

la prima tendenza si sostanziava nel rafforzamento della protezione di base per gli anziani tanto in paesi bismarckiani quanto nei paesi beveridgeani.

I paesi bismarckiani introdussero una rete di protezione per gli anziani in condizioni di bisogno attraverso schemi che erogavano prestazioni modeste a fronte di una prova dei mezzi.

Al contrario, nei paesi beveridgeani, che gi disponevano di una pensione sociale per gli anziani poveri, furono previste estensioni della copertura assicurativa fino a proteggere tutta la popolazione anziana residente con listituzione di una pensione sociale di base, o di cittadinanza.

Paesi BismarckianiPaesi Beveridgeani

AustriaDanimarca

BelgioFinlandia

FranciaNorvegia

GermaniaSvezia

GreciaGran Bretagna

ItaliaIrlanda

Olanda

Portogallo

Spagna

Tab. 2.7 pagina 72 - I sistemi pensionistici dei paesi europei alla fine della seconda guerra mondiale.

Causa della riduzione del livello delle prestazioni provocate dalla spirale inflazionistica conseguente al conflitto bellico, in Italia, tra il 1945 e il 1947, fu necessario varare interventi demergenza: venne creato il Fondo dintegrazione per le assicurazioni sociali (FIAS) finanziato tramite contributi aggiuntivi sulle retribuzioni e volto ad erogare sia sussidi integrativi alle pensioni pi modeste, sia a garantire un livello minimo di pensione. Tale intervento comport libridazione del sistema pensionistico a capitalizzazione, sul tronco del quale venne innestato un fondo gestito a ripartizione.

Nel ventennio successivo lo sviluppo della previdenza ha proceduto attraverso tre direttrici:

a) estensione della copertura al fine di tutelare tutte le categorie di lavoratori, compresi quelli autonomi;

b) creazione di una rete di protezione di base attraverso listituzione della cosiddetta integrazione al minimo per le prestazioni previdenziali di importo inferiore ad una soglia prestabilita e lintroduzione di una pensione sociale finalizzata a prevenire la povert di vecchiaia ed erogata a fronte di una prova dei mezzi;

c) aumento della generosit del sistema, sia sul versante delle prestazioni, sia in relazione alle condizioni di accesso.

Nel 1956 venne introdotta la possibilit per i dipendenti pubblici di ritirarsi dal lavoro prima del raggiungimento dellet pensionabile, a fronte del soddisfacimento del solo requisito contributivo. Per tali lavorativi fu sancito il diritto alla pensione di anzianit dopo soli 20 anni di contribuzione; le pensioni di anzianit vennero poi estese anche ai dipendenti del settore privato (1965 ed ai lavoratori autonomi, ai quali fu consentito di accedere al trattamento di quiescenza dopo 35 anni di lavoro, indipendentemente dallet.

Ci rappresent un impegno importante per il nostro paese:

1) i modesti requisiti contributivi avrebbero determinato nei decenni successivi lapprofondirsi del divario tra contributi versati e prestazioni percepite, intaccando gli equilibri finanziari del sistema;

2) le diverse regole per le varie categorie di lavoratori aumentarono la frammentazione normativa del sistema con rilevanti conseguenze sul piano dellequit inter-generazionale e inter-categoriale.

Passaggio fondamentale costituito dalla L.153/1969, che caratterizz il sistema pensionistico italiano per oltre due decenni, che condusse al processo di progressiva sostituzione del sistema di gestione a capitalizzazione con il sistema di gestione a ripartizione e allintroduzione del metodo di calcolo delle prestazioni di tipo retributivo.

Dal 1969 in poi le pensioni sarebbe state calcolate con la formula

P = rp . n . r

rp = retribuzione pensionabile

n = numero degli anni di lavoro/contribuzione

r = aliquota di rendimento

Secondo la quale, per un periodo contributivo ipotizzabile di 40 anni, la prestazione pensionistica sarebbe stata pari all80% della retribuzione pensionabile (P= rp . 40 . 2% = 80% rp)

La possibilit di occultare i costi di tali interventi espansivi consent ai policy-makers di utilizzare le politiche per la vecchiaia quale moneta corrente degli scambi politici, o quale strumento fondamentale per attrarre il sostegno dei gruppi di interessa e dei cittadini/elettori.

Il risultato di questi provvedimenti fu un sistema pensionistico generoso, costoso ed estremamente frammentato lungo le linee occupazionali.

4. Crisi e riforma dei sistemi di tutela della vecchiaia.

4.1 Le sfide ai sistemi pensionistici mono-pilastro

La vulnerabilit degli schemi di tutela della vecchiaia deriva da due ordini di fattori:

1) la spesa pubblica per le pensioni costituisce la prima voce di spesa nei pesi dellunione europea, cos che eventuali tagli alla spesa sociale tendono ad interessare primariamente questa voce;

2) i fattori che stanno alla base della crisi dei sistemi di welfare influiscono in modo particolarmente pronunciato sugli schemi di tutela della vecchiaia.

nella maggioranza dei paesi europei (in particolare quelli aventi schemi di tutela della vecchiaia di tipo monopilastro, ovvero con schemi a ripartizione gestiti quasi esclusivamente dallo stato) lequilibrio finanziario del sistema a ripartizione si fonda sullequivalenza tra le entrate e le uscite in un determinato periodo temporale, espresso dalla formula:

Entrate = Uscite ( RLK = PN

Dove:

R = retribuzione media

L = numero degli occupati

K = aliquota contributiva di equilibrio

P = valore della pensione media

N = numero dei pensionati

Il fattore RLK esprime il valore del prelievo contributivo complessivo sul montante retributivo, e cio le risorse economiche che entrano nel sistema;

Il fattore PN esprime invece la spesa.

A partire dagli anni 60, fattori esogeni rispetto ai sistemi di welfare alterarono lequilibrio dei sistemi pensionistici a ripartizione, incidendo su entrambi i versanti, sia delle entrate che delle spese:

Entrate: RLK: I fattori cruciali che determinarono la crisi dei sistemi previdenziali furono:

a) il rallentamento della crescita economica e delle retribuzioni (riduzione di R);

b) laumento dei tassi di disoccupazione (riduzione di L)

c) la modificazione della struttura della societ: (riduzione di L)

Uscite: PN: invecchiamento demografico introdotto dal calo della natalit e dallallungamento della vita media:

a) aumento del numero di pensionati N

b) allungamento del periodo di erogazione della pensione.

Lequilibrio finanziario di un sistema pensionistico non tanto espresso da:

indice di dipendenza demografica degli anziani =Anziani (oltre 65 anni)

Popolazione in et da lavoro (15-64 anni)

Quanto piuttosto dallindice

Indice di dipendenza economica degli anziani =Pensionati (qualunque et)

Popolazione effettivamente occupata

Sugli squilibri finanziari dei sistemi pensionistici pesano anche fattori esogeni rispetto ai sistemi di welfare, che hanno a che fare con:

a) evoluzione istituzionale degli schemi previdenziali

b) scelte della politica sociale e del lavoro, operate dai governi durante il periodo considerato.

A causa delle dinamiche appena considerate, a partire dalla fine degli anni 60 i sistemi previdenziali di molti paesi europei hanno evidenziato una sindrome comune, caratterizzata da costi crescenti e dallapprofondimento del divario tra contributi e prestazioni.

Riconsiderando la formula di equilibrio finanziario RLK = PN ( K = PN/RL

Si intuisce come a fronte di una crescita della spesa pensionistica PN pi rapida del montante contributivo RL, il fattore K tende ad aumentare. Ci significa che per riportare in equilibrio il sistema senza operare tagli alle prestazioni (ovvero senza intervenire su P e N ) si deve operare sull aliquota contributiva di equilibrio K, ovvero sul prelievo contributivo.

Laumento delle aliquote contributive ha effettivamente rappresentato il principale provvedimento adottato dai governi per fronteggiare la crisi previdenziale nel periodo che va dalla met degli anni 60 ai primi anni del 90.

Negli anni pi recenti si per assistito ad una modificazione del contesto economico e politico internazionale: in particolare con fenomeni di liberalizzazione ed internazionalizzazione dei mercati che hanno agevolato processi di delocalizzazione della produzione, con conseguente potenziamento delle imprese nellarena politica domestica, rendendo pi arduo ai decisori politici perseguire sulla strada dellinnalzamento delle aliquote contributive, peraltro gi piuttosto elevate.

Incentivi ai decisori politici verso la scelta di operare politiche volte al contenimento/riduzione della spesa, piuttosto che allaumento delle entrate, stato dato dal cambiamento politico nel cammino verso lunificazione europea: i parametri di convergenza previsti dal trattato di Maastricht hanno infatti imposto forti vincoli di bilancio ai paesi comunitari, incentivando cos i governi ad adottare misure che, riducendo la spesa pensionistica, diminuiscono i trasferimenti dal bilancio pubblico volti ad appianare lo squilibrio finanziario degli schemi previdenziali.

4.2 La riforma dei sistemi pensionistici mono-pilastro.

A partire dagli anni 90 in tutti i paesi europei con un sistema pensionistico incentrato sul pilastro pubblico a ripartizione sono state adottate riforme atte a contenere la spesa pubblica per la tutela della vecchiaia.

Sono stati individuati due percorsi alternativi:

Un primo percorso (definito strutturale) prevede lo spostamento di parte della spesa per la tutela della vecchiaia su schemi a capitalizzazione, con riarticolazione su pi pilastri. Tale soluzione di difficile realizzazione a causa del cosiddetto problema del doppio pagamento: durante la transizione da una sistema a ripartizione verso un sistema a capitalizzazione, le generazioni attive dovrebbero pagare due volte: versare i contributi per la formazione del proprio fondo a capitalizzazione e continuare a finanziare il sistema a ripartizione per garantire il pagamento delle prestazioni ai lavoratori pensionati.

Un secondo percorso prevede un ventaglio di interventi (definiti parametrici) consistenti in:

innalzamento dellet pensionabile;

diminuzione dellimporto delle prestazioni attraverso: diminuzione dellaliquota di rendimento, estensione del periodo di periodo di riferimento per il calcolo della retribuzione pensionabile, modificazione del meccanismo di indicizzazione delle prestazioni;

istituzione di un pi stretto legame tra contributi versati e prestazioni percepite per mezzo di:

passaggio da un sistema retributivo a un sistema contributivo, estensione del periodo contributivo minimo.Queste misure vanno accompagnate da riforme del mercato del lavoro volte ad aumentare il tasso di occupazione, specie per i lavoratori pi anziani, allargando in tal modo la cosiddetta base contributiva, cio il numero dei contribuenti.

4.3 Lemergere della questione previdenziale in Italia e lo stallo decisionale degli anni 80.

A partire dalla met degli anni 60 lItalia ha dovuto fronteggiare dinamiche sfavorevoli:

crisi disoccupazionale (alto tasso di disoccupazione); debole crescita economica; emergenza demografico (invecchiamento della popolazione);Sul versante delle scelte politiche operate durante il periodo espansivo, si manifestano certe criticit endogene del sistema pensionistico:

un rapido aumento della spesa, non bilanciato da un equivalente aumento delle entrate; deficit strutturale delle gestioni per i lavoratori autonomi; elevata frammentazione normativa; effetti redistributivi perversi della formula redistributiva adottata nel 1969 che favoriva i lavoratori con forti incrementi di retribuzione negli ultimi anni di carriera; elevato livello delle prestazioni a fronte di requisiti contributivi troppo poco stringenti in prospettiva comparata.

A tale criticit si accompagnavano alcune peculiarit, quali lassoluta inconsistenza dei pilastri complementari a capitalizzazione e lesistenza, accanto al sistema pensionistico pubblico, di uno schema come il Trattamento di Fine Rapporto che poteva essere considerato alla stregua di un secondo pilastro.

Nel 1981 il Ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, istitu una commissione che elabor la prima complessiva valutazione del sistema pensionistico. Il rapporto della commissione conteneva alcune proiezioni di spesa pensionistica prendendo in esame due periodi (1980-1985 e 1980-2000) e ipotizzando due scenari differenti. Al situazione risultava critica per entrambi i periodo ed in entrambi gli scenari (la spesa pensionistica sarebbe cresciuta dal 10,8% del 1980 fino ad arrivare al 18-19% nel 2000).

La commissione propose alcune misure che miravano principalmente a ristabilire la sostenibilit finanziaria del sistema, agendo in particolare sulla leva dellequit intra-generazionale attraverso larmonizzazione delle regole tra gli schemi diversi. Con riferimento alla spesa, la commissione sugger di modificare il meccanismo di indicizzazione e di ridurre limporto delle pensioni estendendo il periodo di riferimento per il calcolo della retribuzione.

5. Le riforme nel nome del Risanamento e dellEuropa.

Le riforme del sistema pensionistico italiano approvate nel corso degli anni 90 sono rilevanti perch hanno avviato una sostanziale riconfigurazione del sistema previdenziale agendo su due fronti:

1. la riduzione del ruolo del sistema pensionistico pubblico a ripartizione nel mantenimento del reddito nella fase post-lavorativa;2. lo sviluppo di forme pensionistiche complementari fondate sul principio della capitalizzazione.5.1 La riforma Amato:

Sullo sfondo della crisi politico-istituzionale ed economico-finanziaria, nel 1992 la spesa pubblica per le pensioni raggiunse il 12,8% del PIL.

In tale situazione, Giuliano Amato, nominato presidente del Consiglio dei Ministri, costituisce un governo parzialmente tecnico.

Nellaffrontare questo processo di risanamento del Welfare, il Governo adotta una duplice strategia:

da un lato mira a ridurre la spesa pubblica nel breve periodo attraverso misure demergenza;

dallaltro nomina una commissione per disegnare una riforma organica del sistema pensionistico.

La negoziazione tripartita informale tra Governo, sindacati e Confindustria procede fino alladozione della legge delega. La L.421/1992 delega quindi il Governo ad emanare due decreti legislativi atti ad avviare la transizione del sistema pensionistico verso una configurazione multi-pilastro:

il d.lgs. 503/1992 riguarder la ristrutturazione del sistema pubblico a ripartizione (primo pilastro);

il d.lgs. 124/1993 definir un quadro normativo per le pensioni complementari a capitalizzazione-occupazionali (secondo pilastro), ovvero individuali (terzo pilastro).

d.lgs. 503/1992:

Due principi fondamentali:

1. contenere la spesa pubblica;

2. armonizzare le differenti regole per i dipendenti pubblici e privati;

Gli interventi consistono in:

a. modificazione della formula per il calcolo delle prestazioni nel sistema retributivo, con estensione del periodo di riferimento per il computo della retribuzione pensionabile con estensione del periodo di riferimento da 5 anni (per i dipendenti privati) o lultimo mese (per i dipendenti pubblici) agli ultimi 10 anni per tutti i lavoratori con almeno 15 anni di contribuzione;

b. innalzamento dellet pensionabile per i dipendenti privati, da 55 a 60 anni per le donne, da 60 a 65 anni per gli uomini, allo scopo di unificare le regole vigenti per tutti i lavoratori (era di 65 anni per tutti i dipendenti pubblici);c. inasprimento dei requisiti per laccesso alle pensioni di anzianit nel settore pubblico; il periodo contributivo minimo richiesto ai dipendenti pubblici viene gradualmente parificato a quello in vigore per i dipendenti privati (35 anni di contribuzione):d. indicizzazione delle pensioni al tasso di inflazione, applicandolo non soltanto alle pensioni future ma anche alle prestazioni gi erogate ai lavoratori in quiescenza;e. estensione da 15 a 20 anni del periodo contributivo minimo per accedere alle pensioni di vecchiaia, tanto per i lavoratori dipendenti quanto per gli autonomi;f. introduzione del divieto di cumulo tra pensioni e reddito da lavoro.

La seconda tappa della riforma Amato - d.lgs. 124/1993 - delinea due forme pensionistiche complementari: i fondi chiusi e i fondi aperti.

La sostanziale differenza tra le due tipologie di fondi consiste nel ruolo svolto dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nellistituzione e gestione dei fondi pensione chiusi, diversamente a quelli aperti, che sono creati e gestiti da istituzioni finanziarie senza alcun contributo da parte dei sindacati e datori di lavoro.

Il problema principale del governo Amato consiste nellaggirare il problema del doppio pagamento in una situazione economico-finanziaria che si presenta sfavorevole allo sviluppo di una componente previdenziale a capitalizzazione. A tal fine si decide di ricorrere alla possibilit di utilizzare il TFR per finanziare i fondi complementari, in collegamento con la previsione di agevolazioni fiscali per i contribuenti. I lavoratori entrati nel mondo del lavoro dopo il 1 gennaio 1993 devono infatti versare obbligatoriamente ed integralmente il TFR ai fondi pensione nel caso in cui decidano di sottoscrivere un piano pensionistico complementare.

Ad ogni modo la previdenza complementare rimane volontaria poich i lavoratori possono non aderire a tali piani e mantenere il TFR.

5.2 Il fallimento del 1 governo Berlusconi.

La riforma del welfare e del sistema previdenziale diventano il tema principale della campagna elettorale del 1994.

La tornata elettorale (la prima tenutasi con il sistema elettorale parzialmente maggioritario introdotto nel 1993) registra una parziale ristrutturazione del sistema partitico e la formazione di una nuova maggioranza di centro-destra. Silvio Berlusconi nominato Presidente del Consiglio.

Berlusconi nomina Lamberto Dini al ministero del tesoro e Clemente Mastella a dirigere il ministero del lavoro.

Alla fine del settembre 1994 viene definito un disegno di legge che delega il Governo a riformare le pensioni. Tale progetto si basa su tre punti:

1. disincentivo a ritirarsi anticipatamente dal lavoro attraverso il canale delle pensioni di anzianit. Viene prevista una riduzione del 3% per ogni anno di anticipo rispetto allet legale di pensionamento;2. riduzione dellaliquota di rendimento dal 2 all1,75% per i lavoratori con pi di 15 anni di contributi (i meno colpiti dalla riforma Amato);3. sostituzione del meccanismo di indicizzazione al tasso dinflazione con un nuovo meccanismo che collega le pensioni soltanto al tasso dinflazione programmata.

Il progetto governativo fall perch mirava a conseguire la sostenibilit finanziaria e il contenimento dei costi, agendo su aspetti sui quali la sensibilit dei sindacati era massima, senza offrire alcuna misura compensatoria in una direzione che potesse indurre questi ultimi allacquiescenza.

5.3 La rivoluzione copernicana della riforma Dini.

Dopo le dimissioni di Berlusconi, il Presidente Scalfaro forma un nuovo gabinetto, che viene affidato a Lamberto Dini ed sostenuto da una coalizione di centro-sinistra.

Lesecutivo guidato da Dini avvia un processo di concertazione con le parti sociali, prestando particolare attenzione alle richieste dei sindacati. Dal canto loro, questi sembrano persuasi che una riforma del sistema pensionistico sia necessaria e appoggiano lelaborazione di una proposta di riforma.

Il ministro del lavoro e della previdenza sociale Tiziano Treu si impegna ad un dialogo e ad una trattativa pi istituzionalizzati rispetto a quanto fatto nei precedenti governi.

Laccordo formale siglato l8 maggio 1995, sottoposto a referendum, ma a cui Confindustria di dissocia, viene approvato con la L.335/1995 il 4 agosto.

La riforma Dini opera una riconfigurazione sostanziale al sistema pensionistico italiano, nel senso della sostenibilit finanziaria e del contenimento dei costi, dellequit intra-generazionale . della modernizzazione e della flessibilizzazione.

Nel nuovo sistema pensionistico, le pensioni non riflettono soltanto la durata della contribuzione, ma anche lammontare dei contributi effettivamente versati. Inoltre limporto della penione dipende dallet effettiva di pensionamento, dallandamento delleconomia e dalle dinamiche demografiche; le prestazioni sono infatti calcolate come segue:

i contributi pagati dai lavoratori sono virtualmente accumulati in un conto individuale, che viene rivalutato secondo la crescita media del PIL degli ultimi 5 anni; al momento del pensionamento limporto complessivo (montante contributivo) convertito in rendita vitalizia per mezzo di un coefficiente di trasformazione che varia in relazione allet anagrafica del neo-pensionato.

La riforma introduce unet di pensionamento flessibile (tra i 57 e i 65 anni), che garantisce il massimo importo della pensione ritirandosi a 65 anni.

I coefficienti di trasformazione devono essere obbligatoriamente rivisti ogni 10 anni al fine di registrare i cambiamenti occorsi, tanto sul fronte economico quanto su quello demografico.

Durante il pensionamento le prestazioni rimangono indicizzate al tasso di inflazione, come previsto dalla riforma Amato.

Di fatto la riforma ha dovuto rispettare i cosiddetti diritti acquisiti dei lavoratori pi anziani. stato infatti previsto un lungo periodo di transizione; nel 2008, al termine di questo periodo, i lavoratori potranno andare in pensione allet di 57 anni con almeno 35 anni di contributi, ovvero a qualsiasi et dopo 40 anni di contribuzione lavorativa.

Al termine del periodo di transizione saranno inoltre armonizzate anche le norme che regolano laccesso alle pensioni di anzianit nei diversi schemi.

Inoltre il nuovo sistema dovrebbe scoraggiare levasione contributiva, in quanto le prestazioni erogate dipendono strettamente dai contributi effettivamente versati.

Dini e il ministro del lavoro Treu hanno tenuto in grande considerazione le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali, configurando con attenzione una proposta che permettesse un fruttuoso scambio politico con i sindacati su queste basi: il contenimento sostanziale dei costi in cambio di:

a) protezione del livello delle prestazioni per i lavoratori pi prossimi al pensionamento e per coloro gi in quiescenza;

b) un trattamento pi omogeneo delle diverse categorie allinterno del sistema attraverso leliminazione delle regole privilegiate per i lavoratori autonomi.

Sul piano dellequit tra le generazioni, la riforma ha per generato una frattura inter-generazionale a causa dellintroduzione del sistema contributivo e del lungo periodo di transizione, accollando alle giovani generazioni gran parte dei costi del riordino della previdenza e del risanamento della finanza pubblica.

QUADRO 2.2 pagina 96 - La riforma Dini L. 335/1995

Introduce il nuovo sistema contributivo per il calcolo delle prestazioni

A chi si applica il sistema contributivo: La legge individua tre gruppi di lavoratori in base allanzianit contributiva misurata al 31/12/1995:

Contribuzione superiore o uguale a 18 anni. Non si applica il nuovo sistema contributivo. Per questi lavoratori la pensione sar ancora calcolata con il sistema retributivo secondo le regole previste dalla riforma del 1992 (Amato).

Contribuzione inferiore a 18 anni. Si applica il sistema contributivo pro-rata: la pensione viene cio calcolata con un sistema misto ed pertanto costituita dalla somma di due parti: per gli anni contributivi precedenti al 1995 si applica il sistema retributivo come riformato nel 1992; per gli anni successivi al 1995 si applica il sistema contributivo;

Nuovi entrati sul mercato del lavoro (dopo 1.1.1996). Si applica integralmente il sistema contributivo per tutti gli anni della carriera lavorativa.

Come funziona il sistema contributivo: il sistema rimane a ripartizione. Tuttavia i contributi versati dai lavoratori vengono contabilizzati in un conto individuale e rivalutati annualmente secondo la media del PIL degli ultimi 5 anni. Al momento del pensionamento il montante contributivo accumulato (la somma dei contributi versati e rivalutati) viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione che varia in relazione allet anagrafica del lavoratore al momento del pensionamento.

Qual let pensionabile introdotta dalla riforma Dini: la riforma prevede unet pensionabile flessibile tra i 57 e i 65 anni.

Esiste qualche relazione tra let di pensionamento e limporto della pensione: per fare un esempio, supponiamo che un lavoratore, al termine della carriera lavorativa, disponga di un montante contributivo pari a 500.000 Euro. Al fine di determinare limporto annuale della pensione tale cifra verr moltiplicata per i coefficienti di trasformazione (es.pari a 0,04720 a 57 anni; 0,05163 a 60 anni; 0,06136 a 65 anni), il valore dei quali aumenta al crescere dellet del lavoratore.

5.4 La riforma Prodi

le riforme Amato e Dini rappresentano un grosso passo avanti, ma esse sono anche il risultato di compromessi sociali e politici nellambito dei quali i governi hanno dovuto fare una serie di concessioni rispetto ai progetti iniziali. Il pi eclatante di queste concessioni riguard lapplicazione del nuovo metodo contributivo introdotto dalla riforma Dini. Tale sistema non venne infatti applicato a tutti i lavoratori che alla data del 31 dicembre 1995 potevano vantare unanzianit assicurativa di 18 anni.

Nel gennaio 1997 Prodi, nominato Presidente del Consiglio dopo le elezioni politiche della primavera 1996, nomin una commissione di esperti presieduta da Paolo Onofri, con il compito di elaborare scenari e proposte in materia.

Onofri ha indicato innanzi tutto la rotta generale da seguire: non tanto la riduzione della spesa (pi o meno in linea con quella degli altri paesi europei), quanto un suo incisivo riequilibrio interno.

Nella diagnosi della commissione si riconosce che i tempi troppo lenti di entrata in vigore del nuovo sistema hanno di fatto addebitato alle generazioni pi giovani i consti del cambiamento.

La commissione dunque propone:

a) una completa e tempestiva attuazione di tutte le parti della riforma Dini, con particolare riguardo allarmonizzazione delle regole;

b) la separazione tra previdenza e assistenza, individuando corretti trattamenti contabili delle partite di natura assistenziale gestite a carico dellINPS;c) introduzione di nuove misure per completare e perfezionare a regime il nuovo sistema, e pi precisamente: lunificazione di tutti gli schemi pensionistici esistenti o, in alternativa, il riconoscimento di autonomia gestionale e finanziaria subordinata alla presenza di autosufficienza; lapplicazione senza eccezioni del metodo contributivo; la revisione dei coefficienti di trasformazione; lelevazione dellet minima di pensionamento;

d) laccelerazione della transizione al nuovo regime attraverso leliminazione delle vigenti difformit di trattamento;e) una decisa accelerazione dello sviluppo della previdenza complementare, estendendola anche al settore pubblico.

Nella legge finanziaria del 1990 il governo Prodi cerc di inserire molte delle raccomandazioni della commissione. La strenua opposizione di Rifondazione Comunista e i difficili negoziati con le parti sociali costrinsero tuttavia il Governo a ridurre significativamente le proprie ambizioni.

Anche se modesti rispetto alle ambizioni originarie, questi tagli hanno avuto il vantaggio di essere immediatamente efficaci e hanno dato contributo significativo per raggiungere gli obiettivi di bilancio del 1998. Non stata tuttavia adottata la raccomandazione (forse la pi importante del piano Onofri) di attuare una decisa accelerazione della transizione al nuovo regime contributivo introdotto nel 1995.

5.5 Dopo le riforme degli anni 90: un sistema pensionistico in transizione.

Le riforme degli anni 90 hanno evitato il collasso del sistema agendo su diversi fronti:

1. sostenibilit finanziaria e contenimento dei costi;

2. frammentazione normativa e iniquit intra-generazionale;

3. transizione verso un sistema multi-pilastro

Ridimensionamento del pilastro pubblico:

Per lItalia nei prossimi decenni il tasso di dipendenza economica degli anziani aumenter drasticamente, passando dal 48,8% del 2000 al 64,5% del 2020, al 79,9% del 2030, e addirittura nel 2040 si raggiunger la parit tra la popolazione sopra i 65 anni e gli occupati delle fasce di et 15-64 anni (tasso di dipendenza economica = 97,8%).

Lavvio dei pilastri pensionistici complementari:

I principali fattori identificati come responsabili del difficile decollo del secondo e terzo pilastro sono:

a) le scarse risorse disponibili per finanziare il sistema;

b) i modesti incentivi fiscali previsti dalla legge.

Lavvio della previdenza complementare avviene concretamente solo nel 1998, con listituzione del primo fondo pensione chiuso, a 5 anni dalla definizione del quadro regolativo (tale ritardo si spiegacon il fatto che la L.335/1995 rimandava a successivi decreti del ministero del lavoro e del ministero del tesoro la definizione di aspetti essenziali per la costituzione e lattivit delle forme pensionistiche complementari, e tali decreti furono emanati soltanto nel corso del 1996 e 1997).

Sembra essere mancato al settore dei fondi pensionistici non tanto lo slancio iniziale, quanto il consolidamento attraverso un consistente aumento delle adesioni dopo i primi due-tre anni di attivit delle forme pensionistiche a capitalizzazione (infatti, mentre nel periodo 1998-2000 la crescita numerica di fondi sia chiusi che aperti e laumento delle iscrizioni ad essi hanno proceduto con un discreto ritmo, si avuto un sensibile rallentamento a partire dal 2001).

La ragione di tale arresto sembra risiedere nella modalit di funzionamento dei fondi stessi:

i fondi pensione operano secondo il meccanismo della capitalizzazione, investendo perci le risorse acquisite sui mercati finanziari. In condizione di crisi di questi ultimi plausibile che i lavoratori tendano a non aderire a piani pensionistici complementari che investono i contributi proprio su mercati finanziari. Si tenga anche conto che tale dinamica aggravata nel caso italiano dal fatto che i fondi pensione per i lavoratori dipendenti possono soltanto seguire il principio della contribuzione definita, che accolla i rischi e i costi di eventuali bassi rendimenti finanziari proprio ai lavoratori iscritti ai fondi.

La previdenza complementare, specie occupazionale, pu decollare se si danno due condizioni:

a) che il TFR sia disponibile

b) che le fonti istitutive dei fondi pensione (sindacati e datori di lavoro) sfruttino la possibilit offerta da tale strumento attraverso efficaci campagne informative volte ad incentivare ladesione ai fondi di categoria.

5.6 Lultima riforma?

Nel novembre 2001 il ministro del welfare Maroni present il d.d.l. 2145/2001, con il quale chiese al parlamento delega per operare una ridefinizione dei pesi tra i pilastri a ripartizione e a capitalizzazione, forzando il completo sfruttamento del TFR attraverso la destinazione obbligatoria dello stesso ai fondi pensione complementari.

Viene raggiunta unintesa tra sindacati, Confindustria e il Governo, con la previsione del trasferimento del TFR ai fondi pensione con il meccanismo del silenzio assenso: i lavoratori avranno cos sei mesi di tempo, dallentrata in vigore del decreto attuativo della delega, per decidere la destinazione del TFR; nel caso rimangano silenti questo confluir alle forme di previdenza complementare.

Figura 2.9 pagina 107 - Il meccanismo del silenzio assenso secondo il d.lgs.252/2005

QUADRO 2.3 pagina 106 - Le principali misure della riforma Maroni-Tremonti. L. 243/2004

Periodo 2004-2007: incentivi per i dipendenti privati che matureranno, entro il 31 dicembre 2007, i requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di anzianit e che decideranno di rimanere al lavoro: il 100% dei contributi sociali verr versato sulla busta paga dei lavoratori.

Dal 2008. Requisito minimo per accedere alle pensioni di anzianit sia nel sistema retributivo che nel sistema contributivo: 35 anni di contribuzione e 60 anni di et (elevato a 35 e 61 nel 2010) ovvero 40 anni di contribuzione a qualsiasi et.

Requisito per accedere alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo: 5 anni di contribuzione e 65 (uomini o 60 donne) anni di et.

Formula del silenzio assenso per il trasferimento integrale del TFR maturando verso le forme pensionistiche complementari.

Ulteriori agevolazioni fiscali per favorire lo sviluppo della previdenza complementare.

Graduale eliminazione del divieto di cumulare pensione e reddito da lavoro.

Versamento di un contributo di solidariet per i trattamenti pensionistici che superano i 516 euro al giorno.

Capitolo 3

Le politiche del lavoro

Le politiche del lavoro rivestono un ruolo di estrema importanza, non solo come parte del nucleo originario dei sistemi di protezione sociale, ma anche per via della centralit che il tema della lotta alla disoccupazione ha acquisito nelle agende politiche dei vari governi nazionali.

1. Concetti fondamentali

Per Politiche del lavoro si intende quellinsieme di interventi rivolti alla tutela dellinteresse collettivo alloccupazione. Tale settore per finisce quasi sempre ad intrecciarsi e sovrapporsi a politiche in campo fiscale, sociale ed economico.

Possiamo definire i principali compiti svolti da queste politiche:

1. regolamentazione del mercato del lavoro, attraverso:

a. la disciplina dei rapporti di lavoro (ovvero diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro),

b. le norme sulla sicurezza e sulla salute sul posto di lavoro,

c. non discriminazione sindacale, politica, religiosa, e