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A . . . G . . . D . . . G . . . A . . . D . . . U. . . MASSONERIA UNIVERSALE COMUNIONE ITALIANA GRANDE ORIENTE D’ ITALIA PALAZZO GIUSTINIANI R.L. LEONESSA ARNALDO N. 751 ALL’ORIENTE DI BRESCIA LE ORIGINI MITRAICHE DELLA MASSONERIA Il tema di questa Tavola è davvero ampio ed un po’ pretenzioso. Pensare di poter presentare la tesi sottesa nel titolo e di poterne sostenere la fondatezza tramite un consistente repertorio iconografico a sostegno, appare un’illusione pericolosa che può risolversi in una bruciante delusione. Chiedo pertanto ai Fratelli tutti di essere comprensivi con colui che si accinge al compito se le capacità non saranno adeguate all’obiettivo perseguito. IL CULTO DI MITHRA Mithra è un dio antichissimo di origine indo-iranica la cui devozione è attestata già intorno al 1400 a.C. in un trattato di amicizia tra gli Hittiti e Mitanni. Da allora la sua presenza rimane costantemente attestata nell’area turco-iranico-indiana ed in particolare, egli è presente nelle parti più antiche dei Veda, il testo sacro della religione indù, ove è rappresentato come una divinità solare, seconda solo per potenza al grande Varuna.

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A . . . G . . . D . . . G . . . A . . . D . . . U. . .

MASSONERIA UNIVERSALE

COMUNIONE ITALIANA

GRANDE ORIENTE D’ ITALIA PALAZZO GIUSTINIANI

R.L. LEONESSA ARNALDO

N. 751 ALL’ORIENTE DI BRESCIA

LE ORIGINI MITRAICHE DELLA MASSONERIA

Il tema di questa Tavola è davvero ampio ed un po’ pretenzioso.

Pensare di poter presentare la tesi sottesa nel titolo e di poterne sostenere la fondatezza

tramite un consistente repertorio iconografico a sostegno, appare un’illusione pericolosa che

può risolversi in una bruciante delusione.

Chiedo pertanto ai Fratelli tutti di essere comprensivi con colui che si accinge al compito se

le capacità non saranno adeguate all’obiettivo perseguito.

IL CULTO DI MITHRA

Mithra è un dio antichissimo di origine indo-iranica la cui devozione è attestata già intorno

al 1400 a.C. in un trattato di amicizia tra gli Hittiti e Mitanni.

Da allora la sua presenza rimane costantemente attestata nell’area turco-iranico-indiana ed

in particolare, egli è presente nelle parti più antiche dei Veda, il testo sacro della religione

indù, ove è rappresentato come una divinità solare, seconda solo per potenza al grande

Varuna.

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Fig.1 Il dio Mithra con la corona solare.

Alle caratteristiche naturalistiche solari associate tradizionalmente al dio Mithra, si

associano delle qualità più ideali e filosofiche.

Infatti, come il Sole, dall’alto del cielo, vede e controlla tutte le attività umane, così Mithra

svolge una funzione di controllore e garante dell’umana fede.

In questo senso, si giustifica la costante presenza di Mithra nei testi degli accordi

diplomatici delle Grandi Potenze dell’area che sottoponevano alla verifica diuturna del dio

Sole-Mithra la costante osservanza della parola data.

D’altronde, la stessa radice etimologica dalla quale deriva Mithra, la parola indo-iranica

(m)ithr significa “pace”, “accordo” o “giuramento”.

Il dio Mithra, dunque, soprattutto nell’ambiente iranico, assume nel tempo il ruolo di

garante della pace, dei contratti e del mantenimento della parola data, per traslazione, del

garante di colui che è responsabile del governo di un popolo.

In tale accezione, dunque, Mithra appare spesso in immagini iconografiche ove accompagna

i sovrani iranici nelle loro imprese ovvero stringe ad essi la mano.

La stretta di mano, infatti, diventa presto un elemento imprescindibile della divinità, il

simbolo dell’accordo, della parola data sulla quale vigilava Mithra.

Tale aspetto di nume tutore della fede pubblica rimarrà un attributo costante del dio Mithra

anche al momento della diffusione del culto nell’area greco-romana tanto che, almeno a

partire dall’imperatore Marco Aurelio, al sovrano verrà costantemente affiancato Mithra

quale divinità protettrice della dinastia e del ruolo dell’Imperatore, nella sua sempiterna

funzione di tutore dell’ordine.

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Fig. 2 Il dio Mithra, incoronato dai raggi solari stringe la mano ad un sovrano della dinastia

persiana che assume le sembianze di un eroe.

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Fig. 3 il dio Mithra assiste all’incoronazione del re persiano Ardashir I

In questa prima fase del culto, alla gloria del dio Mithra venivano offerti olocausti di

animali (in particolar modo cavalli e tori) di color bianco a simboleggiare la purezza della

luce; pratica, peraltro, fortemente avversata dallo stesso Zoroastro il quale, proprio per i suoi

scritti filosofi avversi al sacrificio cruento degli animali, sarà costretto ad abbandonare gli

altopiani iranici per rifugiarsi sulle montagne con i pastori (700 a.C. circa).

IL CULTO DI MITHRA NELLA SUA ESPANSIONE AD OCCIDENTE

Il culto del dio Mithra, dalle plaghe originarie degli attuali Iran, Afghanistan, Pakistan ed

India, si diffuse via via che gli Imperi iranici si espandevano nel Medio Oriente e lungo le

principali rotte commerciali che dalla Persia portavano merci e persone fino alle coste del

Mar Mediterraneo.

Lungo queste strade, il culto del dio si diffuse rapidamente e raggiunse una popolarità

inconsueta per una divinità fondamentalmente straniera.

In particolare, dopo le conquiste di Alessandro Magno e la caduta dell’Impero persiano,

Mithra cominciò ad essere apprezzato anche tra le popolazioni etnicamente diverse da

quelle originarie, avendo questi perso la sua caratteristica di “protettore” di un Regno

straniero.

La divinità incontrò particolare successo in Anatolia, nell’area del Ponto e della Frigia ove

la sua diffusione è testimoniata dall’alta frequenza del nome “Mitridate”= dono di Mithra

tra i sovrani, i quali identificavano nel dio orientale il tutore delle proprie dinastie.

E’ proprio in questo ambito che il dio Mithra, mantenendo il carattere di nume tutelare della

dinastia o classe dominante, si vede sempre più aspetto sovrapposto a divinità greche o

locali con caratteri solari ed inserito nelle principali triadi sacre in tutta l’area.

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Fig. 4 Particolare della terrazza ovest del mausoleo di Antioco I di Commagene (intorno al

60 a.C.) Mithra-Helios-Apollo siede accanto ad Heracles-Artagnes , la dea Tyche,

Zeus.Oromasde e Antioco I.

La penisola anatolica era all’epoca il terreno di confronto e scontro tra le culture iraniche ed

elleniche che attorno al IV secolo a.C. si contendono il predominio politico ed ideologico

nel Mediterraneo orientale.

Tra le popolazioni d’origine greca, presenti soprattutto lungo le coste dell’Anatolia, visse

altresì l’astronomo, fisico e matematico Ipparco di Nicea (190-120 a. C.) che fu il primo a

redigere un catalogo delle stelle frutto della sua paziente e costante opera di osservazione

delle stesse.

Questo straordinario personaggio fu il primo studioso ad individuare l’effetto della

precessione degli equinozi ed a trattarlo nell’opera “Sulla lunghezza dell’anno”.

La precessione degli equinozi scientificamente parlando è un movimento fisico della Terra

che fa cambiare in modo lento ma continuo l’orientamento del suo asse di rotazione rispetto

alla sfera ideale delle stelle fisse.

L’asse terrestre subisce una precessione (una rotazione dell’asse rispetto alla verticale simile

a quello di una trottola) a causa dell’effetto di due combinati fattori: la forma non

perfettamente sferica della Terra e le forze gravitazionali della Luna e del Sole che agiscono

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sulla sporgenza equatoriale cercando di equilibrare l’asse della Terra con la perpendicolare

al piano dell’eclittica.

Il risultato è un moto di precessione che compie un giro completo ogni 25.800 anni circa,

periodo noto anche con il nome di anno platonico, durante il quale la posizione

delle stelle sulla sfera celeste cambia lentamente. Di conseguenza, anche la posizione

dei poli celesti cambia: infatti, tra circa 13.000 anni sarà Vega e non l'attuale Polaris, nota

comunemente col nome di Stella Polare, ad indicare il polo nord sulla sfera celeste.

L’effetto esteriore della precessione degli equinozi è lo spostamento delle stelle nel corso

dei millenni con la loro progressiva retrocessione nel cielo.

Di fatto, nel corso dei millenni, nel medesimo momento dell’anno il panorama stellato

appare completamente diverso ed in particolar modo è la posizione del principale astro del

firmamento, del Sole rispetto alle stelle del fondo ad apparire diversa.

L’osservazione astronomica dell’epoca si concentrava eminentemente sul ciclo del Sole la

cui regolarità appariva essenziale per garantire la sopravvivenza della società umana.

In tutte le civiltà, infatti, l’astro più luminoso incarna la vita, l’alternarsi continuo delle

stagioni garantisce il rinnovarsi periodico delle piante, degli animali e dell’umanità stessa e

la divinità che lo rappresenta assume la posizione preminente nei pantheon dei diversi

popoli.

In particolare, l’osservazione astronomica del ciclo del Sole rivestiva una particolare

importanza nei quattro momenti dell’anno quando la durata del giorno e della notte sono

eguali (gli equinozi di primavera e d’autunno) e soprattutto nel giorno più lungo –quando il

Sole sembra aver raggiunto il massimo della sua forza – e nel giorno più buio, quando, al

contrario, sembra che esso muoia.

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Fig. 5 I solstizi d’estate e d’inverno ed i solstizi di primavera ed autunno.

Le diverse civiltà del bacino mediterraneo, dunque, nel corso dei millenni avevano avuto

modo di osservare la posizione del Sole rispetto alle stelle “fisse” sullo sfondo del cielo e,

riscontrato che esso attraversa sempre lo stesso gruppo di costellazioni (quelle che

compongono le figure dello Zodiaco) avevano attribuito a dette costellazioni capacità di

influire direttamente sui destini dell’umanità.

La processione degli equinozi, dunque, il progressivo retrocedere apparente delle stelle

rispetto all’osservatore sulla Terra, fece sì che nel corso dei millenni, la costellazione

attraversata dal Sole al momento dell’equinozio di primavera mutasse e passasse, per

esempio da Toro ad Ariete, e da Ariete a Pesci.

Il tempo medio necessario perché la precessione degli equinozi abbia come effetto lo

spostamento “retrogrado” delle stelle nel cielo fino a passare a una costellazione ad un’altra

è di circa 2200 anni e tale arco di tempo viene chiamato “era astronomica”.

Attualmente viviamo nell’Era dei Pesci ovvero il giorno dell’equinozio di primavera il Sole

attraversa la costellazione dei Pesci, tuttavia, poiché tale era è iniziata all’incirca intorno

all’anno 0, siamo in procinto di passare ad un’altra Era, quella dell’Acquario.

Prima dell’Era dei Pesci, il Sole aveva attraversato la costellazione dell’Ariete e, altri 2200

anni prima quella del Toro.

Non si può peraltro non notare come la precessione degli equinozi fosse stata percepita dagli

antichi anche prima di Ipparco sebbene in forme spontanee ed irrazionali attribuendo

caratteri di divinità all’animale rappresentato nella costellazione all’epoca attraversata dal

Sole.

Prima del 2200 c.a. avanti Cristo e dunque nell’Era del Toro, troviamo tracce di tali

osservazioni astronomiche e dell’assegnazione di attributi divini alle stelle nel culto del

Toro o Bue Api in Egitto (già adorato durante la I dinastia dal 3100 al 2900 a. C.) e del Toro

a Creta (civiltà fiorita intorno al 2700 a.C.)

Fig. 6 Il Bue sacro Api con il disco solare tra le corna

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Il successivo movimento nella Casa dell’Ariete è attestato a livello cultuale ed iconografico

con la devozione alle divinità a forma di capra quali Amun in Egitto e Baal in Medio

Oriente, le quali assumono, come il precedente Toro sacro, caratteri eminentemente solari e

predominanti sui pantheon delle diverse civiltà.

Peraltro, non è un caso che l’oroscopo che ancora oggi noi consultiamo, cristallizzatosi

proprio in questo periodo, abbia come primo segno l’Ariete.

Fig. 7 Il viale di Amon a Karnak.

Non si può, peraltro, tacere la singolare circostanza che proprio attorno all’anno di nascita di

Cristo si ebbe un nuovo passaggio di costellazione ed il Sole iniziò il suo percorso

all’interno della Casa dei Pesci dove tuttora esso si trova e che proprio il pesce sia divenuto

da subito uno dei più noti apparati iconografici per rappresentare Gesù Cristo e la religione

Cristiana, così come i primi discepoli di Gesù siano stati identificati come pescatori.

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Fig. 8 Una delle prime rappresentazioni cristiane del Pesce.

Al momento delle osservazioni di Ipparco, dunque, il Sole si trovava ancora a muoversi

apparentemente nella Casa dell’Ariete, egli, tuttavia, grazie alla paziente osservazione dei

cieli durata decenni era arrivato per primo a descrivere lo strano fenomeno dello

spostamento delle costellazioni ed era giunto alla conclusione che, come in quel momento il

Sole si stava progressivamente spostando dalla Casa dell’Ariete a quella dei Pesci, così in

un tempo remoto esso si doveva essere spostato da una Casa precedente, quella del Toro, in

quella dell’Ariete.

Non avendo né gli strumenti né le conoscenze scientifiche per comprendere obbiettivamente

il curioso fenomeno, Ipparco o più probabilmente i suoi successori nella Scuola astronomica

da lui fondata in Anatolia, dovettero rivolgersi alla religione ipotizzando che una divinità

cosmica, di straordinaria potenza, fosse responsabile di queste migrazioni e dunque del

costante rinnovarsi del Sole e dell’intero universo.

Scrutando nel cielo notturno, ai seguaci di Ipparco apparve inevitabile attribuire un tale

carattere alla figura d’uomo presente nell’arco stellato sovrastante il Toro, in un

atteggiamento di aggressione.

Era la costellazione che ancora oggi chiamiamo Perseo, una figura astrale i Greci,

assorbendo le nozioni astrologiche maturate in Mesopotamia, assimilarono al nome di

Perseo, eroe argivo liberatore di Andromeda, per assonanza con l’antico nome che gli

avevano dato i Magi persiani.

In realtà, i Sumeri avevano identificato in detta costellazione proprio la divinità iranica per

eccellenza, Mithra, Perseus- Il Persiano.

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Fig. 8 Rappresentazione dello Zodiaco con l’indicazione dell’equinozio di primavera in

Toro e con la Costellazione di Perseo evidenziata.

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Fig. 9 Particolare della Costellazione del Toro con la costellazione di Perseo sovrastante.

Dunque, per Ipparco dovette essere facile ritenere Mithra il responsabile del sacrificio del

Toro attribuendogli l’onere di rinnovare ciclicamente l’universo conosciuto.

Proprio in quel periodo, comincia a diffondersi la credenza di un Mithra cosmogonico, in

grado di alterare i destini dell’universo, il tutore dell’ordine non solo sulla Terra ma anche

tra le Stelle.

Tale credenza, diffusasi nella penisola anatolica grazie ai seguaci della scuola astronomica

di Ipparco, prese piede e cominciò a diffondersi nel bacino mediterraneo grazie alla

campagna del 67 a. C. di Gneo Pompeo Magno contro i pirati cilici, che avevano assunto il

carattere di vera e propria piaga lungo le coste asiatiche e greche, dei quali Plutarco riferisce

la fedeltà al dio Mithra, spesso affiancato alla dea Cibele.

Proprio attraverso i pirati catturati e fatti schiavi da Roma, il culto di Mithra raggiunse

l’Occidente.

E’ attestata la sua presenza a Roma intorno al 50-60 d.C. quando lo stesso imperatore

Nerone sarebbe stato iniziato ai Misteri di Mithra dal re del Ponto Tiridate.

Da allora, il successo di Mithra non avrà confini: la sua presenza è attestata soprattutto

presso i confini dell’Impero ove maggiore è la presenza delle legioni, in particolar modo di

quelle di leva asiatica, oltre che nei centri principali del commercio e dell’industria dove i

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liberti, ex schiavi liberati, spesso di origine ellenica od asiatica, ricoprono molte cariche di

rilievo nell’amministrazione pubblica.

Il culto di Mithra si caratterizzò nell’Occidente – in via del tutto originale rispetto alle

precedenti esperienze cultuali iranico-indiane – per aver assunto una natura misterico-

esoterica che chiaramente rimandava alle precedenti esperienze elleniche dei culti di Eleusi

e di Cibele, con le quali certamente il dio del Sole persiano deve essersi mescolato

rimanendone profondamente influenzato.

Da allora, i fedeli di Mithra, tipicamente uomini appartenenti alla classe militare ed

amministrativa dell’Impero, si diffusero in ogni angolo dell’Impero anche se la versione

misterica del suo culto non ebbe particolare successo presso le popolazioni locali nel Medio

Oriente ove il ricordo della versione originaria del dio ebbe sempre migliore accoglienza.

Con la progressiva espansione dell’Impero romano verso il cuore della Mesopotamia ed il

confronto bellico plurisecolare con l’Impero persiano sassanide che premeva ai suoi confini,

l’influenza dei caratteri orientaleggianti della sovranità trovarono una maggiore eco presso

le classi dominanti dell’Impero ed in particolar modo presso le famiglie imperiali le quali

avevano tutto l’interesse ad adottare le abitudini asiatiche della divinizzazione del re, quale

rappresentante dei numi celesti sulla Terra, per meglio giustificare il proprio potere sui

cittadini romani.

Proprio per questo, con il passare del tempo si riscontrò un sempre maggiore interesse per le

pratiche cultuali orientali e nello specifico diversi Imperatori vennero introdotti al culto di

Mithra interpretato come uno strumento per garantire la fedeltà dei militari e degli

amministratori alla persona dell’Imperatore: tra essi sicuramente presero parte ai Misteri

mitraici i sovrani Adriano, Commodo, i membri della famiglia Severo (Settimio, Caracalla,

Eliogabalo ed Alessandro) e gli Imperatori soldato del III secolo d.C. tra i quali spicca

Aureliano detto “La spada”(270-275 d.C.) il quale adottò a Roma una versione “ufficiale”

del culto di Mithra identificato quale Helios o Sol Invictus, divinità solare posta a garanzia

della sopravvivenza e continuità dell’Impero.

Egli fece costruire un grande tempio al dio Sole presso il grande Ippodromo di Roma, la cui

frequentazione avrebbe dovuto garantire alla città Eterna, nuova fortuna e gloria.

Questo culto “pubblico” di Mithra nella sua classica declinazione solare e di garante della

parola data e della fede pubblica proseguì negli anni successivi fino all’apogeo del

convegno di Carnuntum (308 d.C.) durante il quale i Tetrarchi (Galerio, Diocleziano e

Massimiano) riuniti a consiglio per risolvere l’ennesima crisi dell’Impero, vollero sigillare il

successo dell’incontro con un’ara dedicatoria al dio Sol Invictus-Mithra quale garante

dell’unità dell’Impero.

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Fig. 10 L’ara votiva dedicata al dio Sol Invictus-Mithra posta dai Tetrarchi a Carnuntum nel

308 dopo Cristo.

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L’ultima scintilla di gloria per il culto di Mithra si ebbe con l’ascesa al potere di Giuliano

(360-363 d.C.) il quale rimise al bando la religione cristiana e consentì solamente ai

sacerdoti del Sole Invictus di praticare la propria fede alla luce del Sole.

Caduto però Giuliano, tutte le religioni pagane vennero progressivamente abbandonate

anche se in alcune zone periferiche dell’Impero o nelle valli tra le montagne, le antiche

tradizioni permasero e si trasformarono poco a poco in credenze popolari e superstizioni

duramente avversate dalla Chiesa già nei primi decenni del Medio Evo.

Il culto di Mithra, come le altre religioni pagane, venne a poco a poco abbandonato e

dimenticato, sebbene esistano tracce della persistenza di pratiche religiose ad esso dedicate

almeno fino ai primi anni del VI secolo d.C. in alcune valli trentine.

LA TAUROCTONIA ED I SIGNIFICATI DEI MISTERI DI MITHRA

L’episodio della tauroctonia ovvero dell’uccisione del Toro, evento mitico per il quale il dio

Mithra è particolarmente noto soprattutto in Occidente, fu una rielaborazione ellenistica del

mito.

In essa si fondeva la tradizione iranica dell’olocausto animale dei tori o cavalli bianchi in

onore del dio contro i quali si era battuto Zarathustra e la concezione cosmogonica della

precessione degli equinozi - e latatamente della rivoluzione periodica dell’universo –

maturata nell’ambiente della scuola di Ipparco che aveva individuato nelle costellazioni

presenti nella volta stellata una spiegazione mitico-religiosa.

Le prime tracce relative ad un culto mitraico innovativo con caratteri misterici e

“cosmogonici” si hanno in Pannonia e nelle provincie carpatiche intorno alla metà del I

secolo d.C. in luoghi dove era folta la presenza di militari di origine siriano-anatolica, i quali

evidentemente, svilupparono un culto esoterico come reazione ad un ambiente almeno

inizialmente ostile e lontano dai temi del dio solare.

Con il II secolo d.C. la dinamica mitologica della tauroctonia e dei Misteri di Mithra si

attesta in forme definitive che resteranno sostanzialmente inalterate fino agli ultimi bagliori

del culto.

Il racconto mitologico, spesse volte rappresentato in affreschi o lapidi scolpite a formelle,

narra la nascita del dio il quale emerge già armato di pugnale/spada da una pietra.

Dopo aver dovuto affrontare alcune prime prove di coraggio tra le quali la più rappresentata

è l’aver fatto sgorgare una sorgente d’acqua da una pietra colpendola con alcune frecce,

Mithra si trova ad inseguire in un campo verde un grande Toro bianco.

Una volta catturato il Toro, Mithra lo trascina – caricandoselo sulla schiena – fino ad una

grotta nella quale il Toro viene rinchiuso, questi tuttavia riesce misteriosamente a fuggire e

Mithra è costretto per una seconda volta a catturarlo e, a quel punto, su ordine diretto del

Sole, a sacrificarlo recidendo la gola dell’animale.

A quel punto il Sole scende sulla Terra e condivide con Mithra un banchetto di

ringraziamento dopo il quale risale in cielo assieme al dio iranico.Il momento del sacrificio

del Toro è considerato da sempre il momento topico del mito del dio iranico: è il momento

più rappresentato, quello nel quale si riassume il nucleo del messaggio di Mithra.

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Fig. 11 Mithra petrogenito.con pugnale

e fiaccola.

Fig. 12 Mithra mentre sacrifica il Toro.

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Il complesso marmoreo raffigura il momento topico del sacrificio, quando Mithra, dietro

sollecitazione del Sole, distogliendo lo sguardo per pietà nei confronti dell’animale, lo

sacrifica.

Ai suoi piedi sono presenti un cane, un serpente ed uno scorpione: rappresentano le forze

del male e del caos le quali non intendono consentire il sacrificio e nel caso del cane e del

serpente si sforzano di bere il sangue del Toro prima che tocchi la Terra e la rigeneri mentre

lo scorpione stringe nelle tenaglie i testicoli del bovino.

Lo sforzo tuttavia sarà vano, già dalla punta della coda del Toro spunta una spiga di grano a

rappresentare il potere rigenerante insito nella morte dell’animale.

Naturalmente è appena il caso di dire che gli animali rappresentati in questa scena sono

esattamente i medesimi che si ritrovano nella volta celeste nelle immediate vicinanze della

costellazione del Toro ( Canis Minor, Scorpio ed Hydra).

Appare dunque condivisibile la tesi di coloro che ravvisano nella narrazione fantastica e

nelle rappresentazioni del momento del sacrificio del Toro la trasposizione mitologica del

fenomeno astronomico della precessione degli equinozi.

Come detto, infatti, detto fenomeno giustificava l’idea della presenza di un Essere che

potesse elevarsi al di sopra dell’universo in grado di governarne i movimenti, assicurando il

ciclo evolvere delle Ere con le sue distruzioni e le sue rinascite.

L’identificazione di tale figura in Mithra, complice da una parte la sua natura di divinità

solare regolatrice del ciclo della natura e di garante dell’ordine e dall’altra la felice

circostanza della quasi sovrapponibilità, in un’ottica meramente umana, tra le costellazioni

del Toro e del Perseo, giustificano il suo ruolo preminente nel racconto leggendario sopra

riassunto.

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Fig. 13 Lo Scorpione attacca i testicoli del Toro (part.)

Mithra nasce da un pietra o da un uovo, a simboleggiare la sua superiorità rispetto alla volta

celeste.

Essa, infatti, nelle epoche antiche veniva considerata una vera e propria volta in pietra

all’interno della quale si trovavano le stelle, quelle erranti (i cosiddetti pianeti) e le stelle

fisse.

E’ chiaro dunque come una volta, vista dall’altro lato appaia del tutto simile ad un uovo o ad

una pietra ovale ed il suo superamento, il suo attraversamento, dunque, indichi che la

potenza di Mithra travalica i suoi stessi confini raggiungendo lo spazio universo al di là del

cielo dal quale egli opera lo spostamento delle stelle.

In tale senso, trascinare il Toro all’interno della grotta nella quale il medesimo viene

sacrificato ha il significato opposto: di riportare l’azione all’interno del mondo conosciuto

dall’Uomo, là dove le stelle sono visibili e dove le costellazioni sono a ricordare per sempre

il momento dell’olocausto.

La narrazione della leggenda di Mithra con le spiegazioni cosmogoniche o teogoniche ad

essa collegate, delle quali purtroppo non resta quasi più traccia, veniva tramandata di adepto

in adepto attraverso il progressivo superamento di prove fisiche, comportamentali e

dottrinali che avrebbero alla fine consentito all’iniziato di comprendere il messaggio

nascosto nel mito.

Il percorso di formazione del fedele comportava il superamento delle prove prescritte il cui

fine era la forgiatura del carattere dell’adepto e la sua preparazione psicologica ed

attitudinale per il disvelamento finale del segreto.

I gradi di iniziazione erano sette, il cui numero riprendeva il numero dei colori primari

visibili con l’effetto della rifrazione della luce, tipico attributo di un dio Solare.

Essi erano:

Corax (il corvo; Mercurio)

Cryphius o Nymphus (l'occulto o lo sposo, Venere)

Miles (il soldato, Marte)

Leo (il leone, Giove)

Perses (il Persiano, Luna)

Heliodromus (il corriere del sole, Sole)

Pater (il Padre, Saturno).

Secondo alcune versioni del mito, a ogni grado era associata una porta, una sfera planetaria,

un giorno della settimana, un colore ed un metallo. Le varie versioni a volte differiscono per

l'associazione dei pianeti.

Una molto comune associa alla prima porta la Luna e l'argento, alla seconda il Mercurio e il

ferro, alla terza Venere e lo stagno, alla quarta il Sole e l'oro, alla quinta Marte e la lega, alla

sesta Giove e il bronzo e alla settima Saturno e il piombo.

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I primi tre gradi era rappresentativi dei progressi spirituali che il fedele avrebbe dovuto

compiere per giungere ad un certo livello di coscienza interiore mentre, una volta

conseguito il grado di Leo o Leone, essendo così assurto al più elevato grado di

approfondimento personale, il fedele avrebbe potuto accedere agli altri gradi superiori che

incarnavano uffici specializzati volti al funzionamento del Mitreo, intendendo per Mitreo,

non solo il locale adibito a tempio ma – altresì – la comunità di fedeli che condividevano i

Misteri solari.

I patres dei diversi Mitrei esprimevano poi, per votazione segreta, il Pater Patrum ovvero il

supremo grado amministrativo della comunità il quale assumeva su di sé la responsabilità di

guidare i fedeli.

Delle pratiche cultuali vere e proprie o delle attività svolte durante le cerimonie non resta

nulla, ciò che residua sono brevi riferimenti inseriti nella letteratura paleocristiana la quale

citava singole elementi delle cerimonie per confutarle, paragonarle alle tradizioni cristiane o

criticarle, purtroppo, il materiale originario non è sopravvissuto ad eccezione del Papiro

Magico oggi conservato a Parigi il quale contiene un riassunto della tauroctonia ed un inno

religioso-magico al dio medesimo.

Da quel poco che è rimasto e dalle tracce presenti nel materiale iconografico sopravvissuto

si può ragionevolmente ritenere che il cosiddetto Corax o Corvo non partecipasse

direttamente ai lavori nel tempio ma ne fosse escluso chiamato come era ad assistere in

silenzio alle cerimonie “pubbliche” ed a prestare la sua opera nelle attività di manutenzione,

sorveglianza e di vettovagliamento.

Le cerimonie misteriche, infatti, terminavano con un’agape fraterna durante la quale ai

fedeli più giovani era richiesto di cucinare e servire a tavola.

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Fig. 14 Un’agape rituale con i Corax (a sin. con la maschera rituale) che servono a tavola tra

le colonne del Tempio-

LE SIMILITUDINI TRA MITRAISMO E MASSONERIA NELL’ICONOGRAFIA

Sommariamente analizzato il culto di Mithra e l’evoluzione che il medesimo ha avuto nel

corso dei secoli, procediamo con l’analisi delle similitudini esistenti tra l’iconografia

mitraica e quella massonica (in particolar modo di rito Scozzese).

L’Arredo del Tempio

Confrontiamo innanzitutto i luoghi.

I Mitrei ovvero i luoghi sacri al dio Mithra ove si tenevano i suoi Misteri, soprattutto

nell’area occidentale dell’Impero romano erano solitamente costruzioni ipogee o grotte

riadattate all’uso.

L’ingresso, dopo la scalinata di accesso era caratterizzato da una nicchia nella quale si

trovava solitamente una statua o un’ara dedicatoria, dopo un primo spazio comune si

accedeva al tempio vero e proprio costruito tipicamente come un’aula a volta unica con una

nicchia in fondo, un altare davanti alla nicchia e lungo i due lati lunghi due banchi

contrapposti ove i fedeli sedevano per assistere alle cerimonie che presumibilmente si

tenevano in prossimità dell’altare.

In molte occasioni, i banchi erano arricchiti da colonne divisorie che finivano per creare

ambienti diversi all’interno della medesima aula.

Il soffitto era decorato con stelle e le pareti del tempio con le costellazioni dello Zodiaco a

rappresentare con il Mitreo l’universo intero.

A terra, spesse volte si ritrovano pavimenti a tessere bianche e nere, qualche volta con

rappresentazioni mitologiche, altre volte con le immagini stilizzate dei diversi gradi di

iniziazione con i relativi attributi, quasi a riassumere visivamente le principali nozioni del

Mitraismo.

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Fig. 15 L’interno di un tipico Mitreo con la volta a botte, l’ara centrale ed i banchi per i

fedeli.

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Fig. 16 La volta stellata di un Mitreo

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Fig. 17 Mitreo con colonnato all’ingresso e lungo i lati.

Fig. 18 Pavimento a tessere di un Mitreo, corpo centrale dell’aula del Tempio.

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Nella nicchia in fondo all’aula principale era posta una rappresentazione della tauromachia

sia essa in forma di complesso statuario che per via di affresco o nei Mitrei più modesti in

bassorilievo, era costantemente velata alla vista degli adepti, il disvelamento della scena

finale infatti era appannaggio solamente dei gradi superiori quando gli insegnamenti ricevuti

consentivano al fedele di comprendere i significati esoterici della scena rappresentata.

La scena invariabilmente rappresenta il giovane dio nell’atto di sgozzare il Toro alla

presenza del dio Sole e della dea Luna che, tuttavia, distolgono lo sguardo come se, pur

riconoscendo la necessità dell’atto, non lo condividano davvero.

D’altronde lo stesso Mithra è sempre ritratto mentre distoglie lo sguardo dal Toro come se

fosse dispiaciuto del sacrificio dell’animale.

Ai piedi del bovino, vi sono il cane, il serpente e lo scorpione – le forze del male . che

contrastano l’opera benefica di rinnovamento del dio iraniano mentre dalla coda di esso

spunta già la prima spiga del nuovo grano.

Osservano la scena dai lati due dadofori, chiamati Cautes e Cautopates, i quali portano due

fiaccole, il primo con le fiamme volte in alto ed il secondo con la torcia girata al contrario.

Essi rappresentano l’alternanza delle stagioni, i momenti dell’equinozio di primavera e di

autunno quando il Sole dapprima prende a salire nel cielo e successivamente comincia la

lenta discesa verso l’inverno.

Fig. 19 Affresco rappresentante la tauroctonia con i due dadofori e gli dei Sole e Luna

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Anche ad un esame così superficiale dell’architettura e dell’arredo dei Mitrei balza evidente

agli occhi la grande rassomiglianza tra i medesimi ed i Templi massonici di rito Scozzese

come si sono tramandati fino a noi.

Per quanto riguarda la struttura, infatti, sia il Tempio che il Mitreo sono composti da una

sala capitolare distinta dall’area sacrale, lo spazio interno è composto da uno spazio centrale

con candelabri/bracieri ed un altare sacrificale ornato da un pavimento a tessere bianche e

nere.

Sulle pareti sono dipinti i segni zodiacali e sulla volta del Tempio e del Mitreo il cielo

stellato.

Ad oriente, in posizione sopraelevata, composta da una scala di sette gradini ora è posto lo

scranno del Mastro Venerabile a sovrapporsi allo spazio dedicato alla statua del dio Mithra

con alle spalle sempre il Sole e la Luna e la Stella fiammeggiante.

I dadofori sono ora sostituiti dai due Fratelli diaconi che recano con sé la misura, l’asta di

legno a sezione quadra lunga 24 cubiti ed il cui movimento alternato richiama

evidentemente il procedere alternato delle stagioni e o degli equinozi.

D’altronde, è prescritto come il gioiello di Loggia dei diaconi debba recare sul verso del

medesimo il simbolo del Sole e della Luna a rappresentare il carattere cosmologico del loro

ruolo.

Ancora, le divinità poste a tutela degli Ufficiali di Loggia (per il Maestro Venerabile

Minerva, per il Primo Sorvegliante Venere e per il Secondo Sorvegliante Ercole)

richiamano le medesime divinità che più frequentemente vengono rappresentate accoppiate

con Mithra, come abbiamo visto all’inizio, per esempio, al tempio di Antioco I di

Commagene, le divinità connesse al potente dio iranico sono proprio Ercole, Cibele-Venere

e Giove-Minerva, esse svolgono una funzione di mera assistenza al protagonista del

racconto, garantendo il buon fine del sacrificio.

Inoltre, come a tutti ben noto, pugnali e spade fanno parte del comune arredo massonico per

la forza evocativa che hanno legata al sacrificio ed alla punizione del fedifrago che viene

meno alla parola data e mette a rischio le fiducia degli altri, anche in questo caso i punti di

contatto con il Mitraismo appaiono di tutta evidenza se solo si pensa al ruolo svolto da

Mithra quale garante della parola data ed all’importanza centrale assunta dal pugnale nel

mito del dio.

L’uso del cappuccio nelle Logge è ora riservato a particolari occasioni durante le quali è

opportuno procedere con un mascheramento delle proprie identità, allo stesso modo nei

Mitrei, per sottrarre alla vista degli adepti di primo grado le fattezze dei fedeli più

importanti, nelle cerimonie comuni si portavano maschere rappresentative del proprio

status.

Sempre sul tema è appena il caso di notare il cappello che veste il dio Mithra.

Si tratta del noto cappello frigio, caratterizzato dalla punta floscia e volta in avanti, tipico

dell’area anatolica ove il dio iranico conobbe una seconda giovinezza svestendo gli abiti

persiani per assumerne di ellenistici.

E’ esattamente il medesimo cappello rosso vestito con tanta frequenza durante la massonica

Rivoluzione Francese assurto a simbolo di libertà.

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Fig. 20 Il cappello frigio della Rivoluzione Francese

E’ appena il caso di citare le due Feste Massoniche più importanti: la Festa di San Giovanni

Battista il 24 giugno (giorno tradizionale del Solstizio d’Estate – giorno dedicato

anticamente proprio a Mithra) e quella di San Giovanni Evangelista il 27 dicembre (giorno

del Sostizio d’Inverno) che hanno chiaramente rimandi al culto solare e cosmologico come

peraltro si evince facilmente dall’uso del fuoco sacro nel calderone quale strumento di

purificazione che richiama le Feste del Fuoco zoroastriane che hanno luogo nelle medesime

giornate.

Fig. 21 Il Fuoco sacro zoroastriano per i sacrifici rituali.

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LE INFLUENZE DEL PENSIERO MITRAICO NELLA MASSONERIA

I punti di contatto tra la Massoneria ed il Mitraismo non si limitano ai meri aspetti estetici

ma hanno una conferma sul piano più strettamente ideologico e filosofico.

Come il Mitraismo, la nostra Istituzione persegue il perfezionamento spirituale della

persona lungo un percorso individuale caratterizzato da prove progressive da superare.

E’ opinione concorde che anche le prove alle quali erano sottoposte i fedeli di Mithra

fossero completamente inoffensive e che dunque assumessero dei caratteri meramente

simbolici, di prova interiore più che di prova fisica.

Da notare che l’aspirante al culto di Mithra si presentava per affrontare le prime prove quasi

completamente svestito, legato, con un cappuccio in testa ed una corda al collo a

simboleggiare le dipendenza del soggetto dalle pene e dalle fatiche umane e solamente con

il superamento delle prove poteva riacquistare la sua libertà.

Al medesimo soggetto, peraltro, al momento della formulazione del giuramento veniva fatto

bere l’haoma una sostanza leggermente inebriante, composta prevalentemente da miele a

rappresentare la dolcezza dello status di fedele del dio Mithra, proprio come all’iniziato

viene fatta bere la tazza di miele e di aceto a rappresentare gli effetti della violazione della

parola data.

E poi, la stessa regola della stretta di mano o dei toccamenti segreti propria della

Massoneria, si ritrova nel Mitraismo ove, come abbiamo visto, il dio presiedeva anche alle

strette di mano ed alla conservazione della promessa fatta, tanto che nel tempo i Mitraici

ebbero a sviluppare un proprio linguaggio del corpo per consentire loro di riconoscersi.

E’ la famosa dextrarum iunctio o syndexios ossia “unirsi tramite la stretta della mano

destra” .

E’ appena il caso di ricordare che nelle culture arcaiche la mano, ed in particolare la destra,

veniva considerata un centro di potenza, un punto di focalizzazione energetica tanto che il

saluto, nell’antica Roma era formulato aprendo la mano destra con il palmo rivolto alla

persona da salutare, mentre la preghiera, come ancora oggi, veniva formulata con le mani

giunte, un modo tecnico per aprire o chiudere un “circuito di forza”.

Il gesto di unire le mani destre, dunque, aveva un duplice significato, simbolico e tecnico.

Esso alludeva alla comunanza mistica del sodalizio mitraico ed era al tempo stesso un modo

tecnico per aprire un circuito “sottile” di energia favorendone la circolazione fra i membri

della confraternita solare.

Nella concezione esoterica mitraica, esoterica in generale ed anche massonica, è infatti

presente il tema della “catena psichica” o “catena d’unione” quale centro di coagulazione e

di circolazione di energia fra i membri del gruppo misterico, che svolga una funzione di

magnete per attirare una forza dall’alto, un’influenza divina.

Fig. 22 La moderna catena d’unione massonica.

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I Misteri di Mithra erano culti “solari” ovvero riservati solamente agli uomini e

particolarmente diffusi tra i militari ed i funzionari pubblici dello Stato, esattamente come

accadde – almeno inizialmente – alla stessa Massoneria.

Julius Evola nel suo testo “La via per l’evoluzione di sé secondo i Misteri di Mithra”

sottolinea l’aspetto filosofico del culto, enfatizzando gli effetti della ricerca e miglioramento

personale che la leggenda di Mithra avrebbe dovuto compiere sugli adepti via via che essi

penetravano fino ai gradi più alti della gerarchia.

In tal senso, il mito della nascita dalla pietra o dall’uovo si spiegherebbe come la

rappresentazione visiva dello sforzo che il fedele deve compiere per abbandonare il mondo

sensibile e pieno di distrazioni e raggiungere il mondo oltre il mondo, la realtà di puro

pensiero nella quale gli sarà possibile crescere in saggezza.

Allo stesso modo, la tauroctonia non starebbe più solo a rappresentare l’eterno rinnovarsi

delle stagioni o degli universi quanto la necessità di una palingenesi, di un rinnovamento

personale e psichico del fedele che dovrà passare dalla vita quotidiana ad un diverso e più

alto livello di coscienza di sé (noi diremmo abbandonare i metalli).

L’ultimo grado d’iniziazione mitraico, il Pater, rappresenterebbe lo stato di auto-dominio

dell’Uomo che consegue al percorso intrapreso sotto la protezione del dio della luce, il

Signore invitto e solitario che, nell’atto salvifico e vivificante del sacrificio del toro, realizza

la sua natura perennemente vittoriosa.

L’iniziazione suprema avveniva con tutta probabilità in momenti astrologicamente propizi e

simbolici quando la costellazione del Toro scompariva all’alba mentre le altre costellazioni

erano ancora visibili all’orizzonte.

Il Pater peraltro, essendo sottoposto all’influenza di Saturno, veniva costituito all’alba del

sabato, giorno dedicato al dio protettore, dopo aver trascorso la notte in veglia presso il

Mitreo.

Il suo colore cromatico è il rosso, simbolo del fuoco (purificazione), del sangue (simbolo di

vita) e del sole, quale allegoria della raggiunta luce spirituale.

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Colpisce in questo senso l’analogia cromatica e simbolica con le fasi dell’Opera della

tradizione alchemica: il “Nero” può trovare corrispondenza nel colore del Corax o Corvo

fino alla dimensione notturna del Perses (è infatti l’iniziato che ha finalmente trovato la

chiave per la discesa ad inferos ovvero ha finalmente trovato la via per liberarsi delle

costruzioni profane ed immergersi nella realtà misteric), il “Bianco” con la luminosità dell’

Heliodromos ed il “Rosso” con il Pater.

LA TRADIZIONE MITRAICA NELLA STORIA MASSONICA

La tradizione associa la nascita della Massoneria al giorno 24 giugno 1717 (ancora una

volta il giorno della Festa di Mithra!) quando tre logge londinesi ed una di Westminster si

riunirono alla taverna dell’Oca e della Graticola per costituire la prima Gran Loggia

d’Inghilterra.

Quest’atto di fondazione non fu tuttavia indolore né incontestato.

Già nel 1752, ben nove logge si distaccarono dall’Istituzione contestando l’introduzione di

diverse innovazioni nel sistema consolidato di lavoro delle logge preesistenti e

denominandosi gli “Antichi” in contrapposizione ai “Moderni” per sottolineare la volontà

di preservare i caratteri originali della Massoneria tradizionale rispetto alle modifiche

introdotte da Anderson ed il Gran Maestro Duca di Wharton.

Ma a quali tradizioni “antiche” si rifacevano gli scissionisti?

Abbiamo nozione dell’esistenza di logge di muratori e di scalpellini già nei primi anni del

secolo XVII, ma è pensabile che questa Tradizione sia sorta dal nulla?

Le ipotesi sull’origine della Massoneria sono molteplici, tuttavia, poiché la Storia come la

Natura non opera per salti, sarebbe opportuno, piuttosto che avventurarsi in teorie più o

meno esotiche, applicare il metodo del Rasoio di Occam il quale sosteneva che “A parità di

elementi, la soluzione più semplice è da preferire”.

Se dunque dobbiamo seguire quest’impostazione, la questione che dovremmo

preliminarmente risolvere è la seguente: come mai la Massoneria si diffonde così

ampiamente e precocemente in Inghilterra rispetto agli altri Paesi?

Per dare una risposta dobbiamo risalire all’epoca dell’occupazione romana della Britannia.

A partire dal II secolo dopo Cristo, la continua pressione esercitata dalle popolazioni

bellicose che occupavano le terre alte scozzesi, avide di bottino e di sangue, costringono i

Romani a dedicarsi a grandiose opere di fortificazione a tutela dei confini.

Il Vallo Adriano che taglia in due l’intera isola viene costruito nel 122-125 d.C. e

costantemente mantenuto e rinforzato per fare fronte alle continue scorrerie dei nemici.

Successivamente allo stesso si sostituisce – anche se per un breve periodo – il Vallo

Antonino (150-164 d.C.) quando l’espansione romana raggiunse il culmine prima di

cominciare a declinare.

Ma tutta l’isola è caratterizzata da fortilizi ed altre roccaforti per difendere la scarsa

popolazione romanizzata dalle incursioni degli Irlandesi e dei Gallesi e dei primi popoli

germani che giungono dal Mare del Nord.

Per tre secoli, fino al definitivo abbandono dell’isola da parte dei Romani nel 410 d.C.,

l’isola è attraversata da numerose legioni che garantiscono – con sempre maggiore difficoltà

– la tenuta dei confini, tanto da essere la provincia con più truppe stanziali dopo la

Germania.

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E le testimonianze archeologiche ci riportano che la maggior parte delle truppe acquartierate

in Britannia, ai piedi dei Valli, erano di origine mediorientale, siriani o anatolici, tanto che

le tracce dei culti delle divinità orientali, portati evidentemente dai legionari con sé nelle

terre del Nord, sono diffusissime.

E tra tutti Mithra spicca.

I Mitrei superstiti ritrovati sono presenti su tutto il territorio dell’odierna Inghilterra ma con

una particolare concentrazione a ridosso dei Valli dove le legioni erano più numerose e le

truppe restavano acquartierate più a lungo.

Ancora oggi, il numero dei Mitrei in Inghilterra è superiore a qualsiasi altra provincia

imperiale, ad eccezione dell’Italia.

Ma le truppe non erano sole.

Erano accompagnate da Collegia artificum et fabrorum.

Essi erano delle vere e proprie corporazioni professionali ed artigianali caratterizzate dalla

segretezza, dalla comune venerazione di una divinità protettrice e dalla permanenza

obbligatoria degli appartenenti al sodalizio.

Presenti sin dalle origini di Roma, con l’espandersi dell’Impero e con l’ampliamento della

forza militare e delle sue esigenze logistiche, sempre più spesso questi collegia vennero

aggregati alle truppe per fornire loro supporto tecnico.

Questo era naturalmente tanto più vero per quei collegia la cui erudizione o pratica

apparivano fondamentali per la buona riuscita delle operazioni di assedio o di difesa.

In particolare, con il declinare della forza dell’Impero, divenne necessario aggregare agli

originari appartenenti alle singole corporazioni dei collegia publica composti di prigionieri,

schiavi liberati e stranieri il cui scopo fosse quello di rimpinguare le fila delle corporazioni

romane.

Naturalmente, la vicinanza con le truppe stanziate presso le fortezze alle quali i collegia

dovevano dedicarsi e, spesso, la comune origine antropologica rendevano estremamente

facile lo scambio culturale tra le due diverse realtà e l’assimilazione delle tradizioni e/o dei

culti degli uni da parte degli altri.

In quest’ottica è presumibile che il culto mitraico così diffuso tra i militari sia passato

abbastanza facilmente anche alle corporazioni di mestieri composta da connazionali.

Tracce di questo sincretismo religioso sono ancora presenti in numerose dediche relitte in

Inghilterra ma non solo a divinità straniere tra le quali è presente Mithra stesso.

Il carattere segreto delle corporazioni, il culto comune, la solidarietà spontanea tra gli

appartenenti ad un determinato gruppo sociale resero presumibilmente più facile

l’assimilazione dei misteri mitraici, cosa della quale, peraltro, si lamentava il medesimo

Sant’Albano primo evangelizzatore della Britannia.

Il centro politico della Britannia dell’epoca era la città di Eboracum, capitale della provincia

ove morì peraltro l’imperatore Settimio Severo, manifesto seguace di Mithra e Costanzo

Cloro, generale romano padre dell’imperatore Costantino, il quale, prima di

improvvisamente convertirsi al Cristianesimo si faceva raffigurare cinto dei raggi solari del

dio persiano.

Eboracum, infine, divenne la città di York la quale ha svolto e svolge tuttora un ruolo molto

significativo nella Massoneria moderna.

Con la caduta dell’Impero i collegia, come molte altre istituzioni romane vennero travolte

un po’ dovunque ad eccezione della Britannia ove vi sono tracce della persistenza di tali

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tradizioni nella setta dei Culdei, una congregazione cristiana presente nell’area

settentrionale dell’Inghilterra, la quale sarebbe stata l’unica in grado di tramandare le

tradizioni romane, fondando delle schole ed edificando le prime chiese (tra le quali spicca la

prima cattedrale di Inghilterra proprio a York).

I promotori del Cristianesimo fecero appello dunque proprio a quanto resisteva dei collegia

romani in quanto essi ancora possedevano i migliori artigiani, utili per la propagazione della

fede attraverso la costruzione di chiese e quando la loro esistenza divenne incompatibile con

la nuova società che andava emergendo è proprio intorno alla Chiesa che si costituirono i

nuovi gruppi di costruttori.

I costruttori venuti dai collegia si trovarono infatti ben presto legati ai vescovi ai quali

chiedevano protezione ed in cambio le loro istituzioni vennero assorbite tanto che, in diversi

casi vi sono evidenze archeologiche di resti di collegia integrati nei conventi medioevali.

Essi poterono conservare le loro pratiche, i loro rituali, perfino i loro segreti, purché

trasmettessero il sapere tecnico ai monaci.

In questo modo, poco per volta essi vennero assorbiti e scomparvero dalla Storia intorno

all’VIII secolo d.C.

Ma sono davvero scomparsi?

Non è forse più semplice pensare che essi si siano semplicemente mescolati con la koiné

culturale del primo Medioevo, facendosene in parte contaminare, preservando tuttavia una

propria specificità?

Che siano semplicemente annegati nel mare magnum della nuova società?

E che siano poi riaffiorati, modificati ma essenzialmente ancora loro, con la nascita delle

nuove corporazione laiche di mestieri dopo il Mille?

Se così fosse, e pure in assenza di prove archeologiche o documentali a conferma di ciò,

appare ragionevole pensare che alcune tradizioni antiche, presenti nei collegia romani si

siano preservate – anche se in forme corrotte, imbastardite e cristianizzate – nelle successive

realtà associative di mestiere e che, dunque, assieme al sapere tecnico, si siano trasmesse le

tradizioni ed i riti –mitraici – già diffusi prima della caduta dell’Impero.

D’altronde, gli “Antichi” dalla cui secessione siamo partiti, lamentavano l’abbandono da

parte di Anderson e dei “Moderni” delle tradizioni secolari e giunsero ad un

accomodamento solamente quando – nel 1813 – venne sancita la non cristianità della

Massoneria.

Che fosse questo un residuo dell’antico confronto tra il dio persiano ed i seguaci del Cristo?

Mithra, ora, è direttamente presente nel sistema della Massoneria quale mito applicato al

28° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato sotto la locuzione “Cavaliere del Sole,

secondo una tradizione nata probabilmente in Francia intorno alla metà del XVIII secolo d.

C. nella quale, peraltro, esso era anche il grado più alto, costituendo così l’essenza finale del

segreto iniziatico-

Ad esso Albert Pike, nel suo Ritual and Dogma dedica più di duecento pagine mentre

Mackey nella Enciclopedia Massonica del 1919 dichiara che “ Di tutti gli alti gradi, questi

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è forse il più importante ed il più interessante per l’erudito che vuol ricercare il vero

segreto dell’Ordine”

Ce ne è a sufficienza per pensare che dietro alla formula V.I.T.R.I.O.L. si possa nascondere

la chiave del mistero.

E se “visitando interiorae terrae rectificando invenies occultam lapidem”non fosse altro

che un gioco di parole per rappresentare le attività dei Misteri mitraici?

Scendendo nelle viscere della Terra proprio come si faceva all’epoca trovandosi la maggior

parte dei Mitrei in strutture ipogee, rectificando correggendo il tuo comportamento invenies

occultam lapidem troverai una pietra velata (la statua di Mithra??)

Concludo riprendendo le parole del Fratello Kipling il quale volle dedicare a suo tempo una

poesia proprio al dio visto come guida verso la Luce:

Mitra, Dio del Mattino, la nostra tromba risveglia le Mura!

Ora che siamo stati chiamati e le guardie sono partite

Mitra, anche tu soldato, dacci la forza in questo giorno!

Mitra, Re della Notte, qui dove muore il grande Toro,

Guarda ai tuoi figli nell'oscurità. E accogli i nostri sacrifici!

Molte strade ci hai indicato e tutte portano alla Luce!

Mitra, anche tu soldato, insegnaci a morire!

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

- Reinhold Merkelbach “Mitra. Il signore delle grotte” ed. ECIG

- David Ulansey “I misteri di Mithra. Cosmologia e salvezza nel mondo antico” Ed

Mediterranee

- Stefano Arcella “I misteri del Sole” Ed Controcorrente

- Franz Altheim “Deus Invictus” Ed Mediterranee

- Paul Naudon “Le origini della Massoneria” Ed Atànor

- Charles Leadbeather “La Massoneria e gli antichi misteri” Ed. Atànor

- Charles Imbert “Les sources souterraines de la franc.maconerie” Ed Vegas

- Julius Evola “La via della realizzazione di sé secondo I misteri di Mitra” Ed.

Controcorrente

- Tullio Ossanna “La stretta di mano. Il contenuto etico della religione di Mitra” Ed

Borla

- Jorg Sabellicus “Rituale Mitraico” Ed Hermes

-