Le opportunità dei sistemi contacellule

2
Professione Allevatore - Numero 12 - Luglio/agosto 2017 50 Le opportunità dei sistemi contacellule L a mastite, sia essa clinica che sub-clinica, è uno dei problemi più complessi per la bovina da latte e ancora da risolvere completa- mente. Si ritiene appartenere alle tre principali cause di eliminazione, in- sieme all’infertilità e alle zoppie. L’in- fiammazione della mammella esercita un ruolo negativo, oltre che sulla qualità del latte, anche sulla fer- tilità. Basti pensare che il tasso di gravidanza si riduce del 10%, se le cellule somatiche (SC) del latte, tra 0 e 4 settimane prima dell’insemina- zione, sono > 200.000/ml, e che le mastiti cliniche durante un periodo di 14 giorni prima e 35 giorni dopo l’inseminazione riducono significati- vamente la probabilità di concepi- mento. Per tutelare la salute dei consumatori la legge (reg. 853/2004) impone ai produttori di consegnare un latte con un livello di SC 400.000/ml e, se poi esso aspira alla categoria merceologica “latte di alta qualità”, tale limite scende al di sotto delle 300.000. Sia ben inteso che non sono le cellule somatiche che sono nocive per la salute umana, ma il fatto che sono l’espressione di un’in- fezione o meglio un’infiammazione mammaria e che un latte mastitico ha una resa minore alla caseifica- zione. In questi anni molti sono stati gli sforzi fatti per ridurre l’incidenza delle mastiti. Basti guardare il valore medio della concentrazione leucoci- taria del latte analizzato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emila Romagna, dove si evidenzia che si è passati dalle oltre 450.000 del 1997 alle at- tuali poco superiori alle 250.000 SC/ml. Abbiamo più volte però evi- denziato che i dati delle cellule soma- tiche individuali analizzati durante i controlli funzionali per la selezione genetica sono ben più elevati. Questa discrepanza di risultati non deve sor- prendere e non deve essere attribuita a differenti metodiche analitiche, ma al tipo di campione utilizzato, cam- pione di massa per autocontrollo nel caso dell’IzsLE e campione indivi- duale da parte del Sistema Aia/Ara/Apa. Recentemente il tema dell’antibio- tico-resistenza nella medicina umana ha nuovamente messo sotto accusa l’allevamento degli animali da red- dito tra le cause principali di questo fenomeno, che se non controllato “promette” 10.000.000 di decessi nell’uomo nel 2025. Nella bovina si stima che il 60% degli antimicrobici viene utilizzato per curare le malattie della mammella e che 2/3 di essi sia impiegato alla messa in asciutta, pe- riodo nel quale è possibile ridurre le infezione della mammella ed evitare nuove infezioni. Molti sono gli studi e le prove che si stanno effettuando ultimamente per evitare un uso siste- matico di antibiotici in questo pe- riodo e per riservarlo solo alle bovine sicuramente infette (terapia selettiva in asciutta o selective dry-cow the- rapy). Individuare una mastite clinica è re- lativamente semplice, perché esibisce un latte visibilmente alterato accom- pagnato o meno da una sintomato- logia di una mammella o meglio di un quarto gonfio, caldo e dolente, e nei casi gravi da febbre. Molto più complessa è la diagnosi di mastite sub-clinica, dove non sono presenti i sintomi della forma clinica ma, se si analizza il latte, ci sarà un innalza- mento della concentrazione di cellule somatiche. Due sono i cut-off utilizzati per dia- gnosticare ammalata una mammella o meglio un quarto. Secondo quanto stabilito dall’International dairy fe- deration (Idf) nel 2013 il limite è quello delle 200.000 SC/ml. In Ger- mania invece si ritiene essere di 100.000 SC/ml. In allevamento è molto utile l’utilizzo del California mastitis test (CMT), che si basa su un reagente che di- strugge le cellule somatiche esponen- done il DNA, provocando così una flocculazione del latte. Il metodo uti- lizza un score da 0 a 3, ma in ogni caso non è in grado di rilevare un li- vello di SC < 300.000/ml. Più raffi- nati sono i contacellule portatili oppure quelli indiretti di misura- zione attraverso la conducibilità elet- trica del latte o l’enzima LDH. Il metodo che attualmente risulta il più diffuso è quello citofluorimetrico uti- lizzato negli strumenti di laboratorio che analizzano il latte sia di massa, che individuale. Questo metodo ana- litico ha una precisione molto ele- vata, se confrontato alla conta microscopica delle cellule somatiche, almeno per i PMN e i linfociti. Accanto a questi metodi c’è poi tutta la batteriologia del latte, che ha la funzione di individuare in esso la presenza di microrganismi più o meno patogeni. Un’interessante opportunità è offerta dalla conta differenziale delle cellule somatiche (DSCC). Per cellule soma- tiche del latte s’intende la sommato- ria di linfociti, neutrofili (PMN), macrofagi e cellule epiteliali di sfal- damento. La loro percentuale nel latte proveniente da una mammella sana è rispettivamente del 28%, 12% e 40%. Questi valori sono pu- ramente indicativi, perché dipen- denti dal numero di lattazioni, dai giorni dal parto e dal livello produt- tivo. L’unica certezza è che, in caso di mastite, si ha un aumento molto significativo dei PMN. I macrofagi appartengono al sistema immunita- rio innato cellulo-mediato. Nel latte hanno la fondamentale funzione di individuare i microrganismi e fago- citarli, esercitando una vera e pro- pria funzione di “spazzini” degli alveoli mammari. Un volta fagoci- tato il batterio espongono i suoi an- tigeni sulla parete cellulare, permettendo ai linfociti (B) di pro- durre specifici anticorpi. Altra fon- damentale funzione dei macrofagi è quella di richiamare, attraverso so- stanze chemio-attraenti come le cito- chine, i PMN dal sangue per rendere più efficace e veloce la distruzione dei microrganismi per fagocitosi. La grande evoluzione delle cono- scenze della citofluorimetria a flusso, che ricordiamo essere una tecnica laser pensata per la biologia per il conteggio, la separazione e il rileva- mento delle cellule, ha permesso di differenziare anche nel latte questi diversi tipi cellulari. Attraverso l’in- dividuazione di due coloranti fluore- scenti che legano il DNA si è ora in grado di quantificare la presenza dei linfociti e dei PMN. I macrofagi non vengono determinati, ma calcolati da un semplice “100 meno”. Le po- tenzialità offerte da questa evolu- zione analitica sono impressionanti, sia per la gestione delle mastiti sub- cliniche, che per la selezione genetica di bovine naturalmente più resistenti a questa patologia. Dalle ricerche fin qui effettuate, anche se ancora scarse, si eviden- ziano due punti fondamentali. Il primo è che nel latte mastitico si ri- scontra un forte incremento dei PMN, che possono arrivare fino al 90% delle cellule somatiche del latte, e che i linfociti con l’aumentare della SCC diminuiscono proporzional- mente. La DSCC è allo stato attuale poco diffusa, anche se inseribile in unità analitiche integrate che riescono ad analizzare fino a 19 parametri ana- litici in sei secondi. C’è forse ancora da fare, ossia un profondo lavoro di validazione, ma le prospettive offerte sono molto interessanti, in quanto la DSCC può essere inserita di diritto tra i biomarkers sanitari delle bovine da latte. In Italia, ma a onore del vero in buona parte del mondo, le analisi del latte individuale vengono effettuate sulle bovine degli allevamenti che partecipano alla selezione genetica e per un numero limitato di parametri, come le percentuali di grasso e pro- teine e le cellule somatiche. I primi due parametri servono per la sele- zione, mentre le cellule somatiche in- dividuali per la gestione sanitaria dell’allevamento. Gli allevamenti “non iscritti”, che con la crisi dei fi- nanziamenti pubblici a sostegno della selezione genetica sono desti- nati a ridursi di numero, non dispon- gono di molti di questi biomarker, a meno che dotati di sistemi analitici real-time in line come Afilab e Herd Navigator. I progressi della citoflori- metria a flusso e del MIR stanno in- vece offrendo ai professionisti e agli allevatori importanti informazioni sulla gestione sanitaria e zootecnica dell’allevamento. I parametri anali- tici del latte di massa danno poche informazioni in tal senso e comun- que non supportano, né permettono decisioni operative, dando solo indi- cazioni di massima utili essenzial- mente per il rispetto delle leggi e il pagamento a qualità del latte. La DSCC del latte individuale apre quindi una grande possibilità appli- cativa, sia per la selezione genetica, che per la gestione delle mastiti sub- cliniche, ma va fatta una dovuta pre- messa. La pressione determinata dai pagamenti latte qualità e dal regola- DAIRY ZOOM cHImIca, bIOcHImIca e fIsIOLOgIa deLLa prOduzIONe deL Latte di alessandro fanni 50-51-FANTINI.qxp_Layout 1 07/07/17 09:04 Pagina 50

Transcript of Le opportunità dei sistemi contacellule

Page 1: Le opportunità dei sistemi contacellule

Professione Allevatore - Numero 12 - Luglio/agosto 201750

Le opportunità dei sistemi contacelluleLa mastite, sia essa clinica che

sub-clinica, è uno dei problemipiù complessi per la bovina da

latte e ancora da risolvere completa-mente. Si ritiene appartenere alle treprincipali cause di eliminazione, in-sieme all’infertilità e alle zoppie. L’in-fiammazione della mammellaesercita un ruolo negativo, oltre chesulla qualità del latte, anche sulla fer-tilità. Basti pensare che il tasso digravidanza si riduce del 10%, se lecellule somatiche (SC) del latte, tra 0e 4 settimane prima dell’insemina-zione, sono > 200.000/ml, e che lemastiti cliniche durante un periododi 14 giorni prima e 35 giorni dopol’inseminazione riducono significati-vamente la probabilità di concepi-mento. Per tutelare la salute deiconsumatori la legge (reg. 853/2004)impone ai produttori di consegnareun latte con un livello di SC ≤400.000/ml e, se poi esso aspira allacategoria merceologica “latte di altaqualità”, tale limite scende al di sottodelle 300.000. Sia ben inteso che nonsono le cellule somatiche che sononocive per la salute umana, ma ilfatto che sono l’espressione di un’in-fezione o meglio un’infiammazionemammaria e che un latte mastiticoha una resa minore alla caseifica-zione.In questi anni molti sono stati glisforzi fatti per ridurre l’incidenzadelle mastiti. Basti guardare il valoremedio della concentrazione leucoci-taria del latte analizzato dall’Istitutozooprofilattico sperimentale dellaLombardia e dell’Emila Romagna,dove si evidenzia che si è passatidalle oltre 450.000 del 1997 alle at-tuali poco superiori alle 250.000SC/ml. Abbiamo più volte però evi-denziato che i dati delle cellule soma-tiche individuali analizzati durante icontrolli funzionali per la selezionegenetica sono ben più elevati. Questadiscrepanza di risultati non deve sor-prendere e non deve essere attribuitaa differenti metodiche analitiche, maal tipo di campione utilizzato, cam-pione di massa per autocontrollo nelcaso dell’IzsLE e campione indivi-duale da parte del SistemaAia/Ara/Apa.Recentemente il tema dell’antibio-tico-resistenza nella medicina umanaha nuovamente messo sotto accusa

l’allevamento degli animali da red-dito tra le cause principali di questofenomeno, che se non controllato“promette” 10.000.000 di decessinell’uomo nel 2025. Nella bovina sistima che il 60% degli antimicrobiciviene utilizzato per curare le malattiedella mammella e che 2/3 di essi siaimpiegato alla messa in asciutta, pe-riodo nel quale è possibile ridurre leinfezione della mammella ed evitarenuove infezioni. Molti sono gli studie le prove che si stanno effettuandoultimamente per evitare un uso siste-matico di antibiotici in questo pe-riodo e per riservarlo solo alle bovinesicuramente infette (terapia selettivain asciutta o selective dry-cow the-rapy).Individuare una mastite clinica è re-lativamente semplice, perché esibisceun latte visibilmente alterato accom-pagnato o meno da una sintomato-logia di una mammella o meglio diun quarto gonfio, caldo e dolente, enei casi gravi da febbre. Molto piùcomplessa è la diagnosi di mastitesub-clinica, dove non sono presenti isintomi della forma clinica ma, se sianalizza il latte, ci sarà un innalza-mento della concentrazione di cellulesomatiche.Due sono i cut-off utilizzati per dia-gnosticare ammalata una mammellao meglio un quarto. Secondo quantostabilito dall’International dairy fe-deration (Idf) nel 2013 il limite èquello delle 200.000 SC/ml. In Ger-mania invece si ritiene essere di100.000 SC/ml.In allevamento è molto utile l’utilizzodel California mastitis test (CMT),che si basa su un reagente che di-strugge le cellule somatiche esponen-done il DNA, provocando così unaflocculazione del latte. Il metodo uti-lizza un score da 0 a 3, ma in ognicaso non è in grado di rilevare un li-vello di SC < 300.000/ml. Più raffi-nati sono i contacellule portatilioppure quelli indiretti di misura-zione attraverso la conducibilità elet-trica del latte o l’enzima LDH. Ilmetodo che attualmente risulta il piùdiffuso è quello citofluorimetrico uti-lizzato negli strumenti di laboratorioche analizzano il latte sia di massa,che individuale. Questo metodo ana-litico ha una precisione molto ele-vata, se confrontato alla conta

microscopica delle cellule somatiche,almeno per i PMN e i linfociti.Accanto a questi metodi c’è poi tuttala batteriologia del latte, che ha lafunzione di individuare in esso lapresenza di microrganismi più omeno patogeni.Un’interessante opportunità è offertadalla conta differenziale delle cellulesomatiche (DSCC). Per cellule soma-tiche del latte s’intende la sommato-ria di linfociti, neutrofili (PMN),macrofagi e cellule epiteliali di sfal-damento. La loro percentuale nellatte proveniente da una mammellasana è rispettivamente del 28%,12% e 40%. Questi valori sono pu-ramente indicativi, perché dipen-denti dal numero di lattazioni, daigiorni dal parto e dal livello produt-tivo. L’unica certezza è che, in casodi mastite, si ha un aumento moltosignificativo dei PMN. I macrofagiappartengono al sistema immunita-rio innato cellulo-mediato. Nel lattehanno la fondamentale funzione diindividuare i microrganismi e fago-citarli, esercitando una vera e pro-pria funzione di “spazzini” deglialveoli mammari. Un volta fagoci-tato il batterio espongono i suoi an-tigeni sulla parete cellulare,permettendo ai linfociti (B) di pro-durre specifici anticorpi. Altra fon-damentale funzione dei macrofagi èquella di richiamare, attraverso so-stanze chemio-attraenti come le cito-chine, i PMN dal sangue per renderepiù efficace e veloce la distruzionedei microrganismi per fagocitosi.La grande evoluzione delle cono-scenze della citofluorimetria a flusso,che ricordiamo essere una tecnicalaser pensata per la biologia per ilconteggio, la separazione e il rileva-mento delle cellule, ha permesso didifferenziare anche nel latte questidiversi tipi cellulari. Attraverso l’in-dividuazione di due coloranti fluore-scenti che legano il DNA si è ora ingrado di quantificare la presenza deilinfociti e dei PMN. I macrofagi nonvengono determinati, ma calcolatida un semplice “100 meno”. Le po-tenzialità offerte da questa evolu-zione analitica sono impressionanti,sia per la gestione delle mastiti sub-cliniche, che per la selezione geneticadi bovine naturalmente più resistentia questa patologia.

Dalle ricerche fin qui effettuate,anche se ancora scarse, si eviden-ziano due punti fondamentali. Ilprimo è che nel latte mastitico si ri-scontra un forte incremento deiPMN, che possono arrivare fino al90% delle cellule somatiche del latte,e che i linfociti con l’aumentare dellaSCC diminuiscono proporzional-mente.La DSCC è allo stato attuale pocodiffusa, anche se inseribile in unitàanalitiche integrate che riescono adanalizzare fino a 19 parametri ana-litici in sei secondi. C’è forse ancorada fare, ossia un profondo lavoro divalidazione, ma le prospettive offertesono molto interessanti, in quanto laDSCC può essere inserita di dirittotra i biomarkers sanitari delle bovineda latte.In Italia, ma a onore del vero inbuona parte del mondo, le analisi dellatte individuale vengono effettuatesulle bovine degli allevamenti chepartecipano alla selezione genetica eper un numero limitato di parametri,come le percentuali di grasso e pro-teine e le cellule somatiche. I primidue parametri servono per la sele-zione, mentre le cellule somatiche in-dividuali per la gestione sanitariadell’allevamento. Gli allevamenti“non iscritti”, che con la crisi dei fi-nanziamenti pubblici a sostegnodella selezione genetica sono desti-nati a ridursi di numero, non dispon-gono di molti di questi biomarker, ameno che dotati di sistemi analiticireal-time in line come Afilab e HerdNavigator. I progressi della citoflori-metria a flusso e del MIR stanno in-vece offrendo ai professionisti e agliallevatori importanti informazionisulla gestione sanitaria e zootecnicadell’allevamento. I parametri anali-tici del latte di massa danno pocheinformazioni in tal senso e comun-que non supportano, né permettonodecisioni operative, dando solo indi-cazioni di massima utili essenzial-mente per il rispetto delle leggi e ilpagamento a qualità del latte. La DSCC del latte individuale aprequindi una grande possibilità appli-cativa, sia per la selezione genetica,che per la gestione delle mastiti sub-cliniche, ma va fatta una dovuta pre-messa. La pressione determinata daipagamenti latte qualità e dal regola-

DAIRY ZOOM chimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte

di alessandro fantini

50-51-FANTINI.qxp_Layout 1 07/07/17 09:04 Pagina 50

Page 2: Le opportunità dei sistemi contacellule

Professione Allevatore - Numero 12 - Luglio/agosto 2017 51

mento 853/2004 ha stimolato gli al-levatori a intensificare l’igiene dell’al-levamento e a eradicare quei battericlassificati come contagiosi. Inoltre,in moltissimi piani d’accoppiamentovengono scelti tori in grado di tra-smettere alle figlie un minore conte-nuto di cellule somatiche. Questo hapermesso a molti allevatori di conse-gnare un latte con una conta leuco-citaria più bassa e veder ridurre lebovine con cellule somatiche >200.000/ml. L’avvento della DSCC riapre però unantico dibattito sul fatto se sia pro-prio l’ideale puntare a un latte indi-viduale con sempre meno cellulesomatiche. È esperienza empiricad’allevamento il notare che una ridu-zione della prevalenza delle mastitisub-cliniche spesso comporta un au-mento delle forme cliniche, chespesso decorrono con inaudita gra-vità, esitando spesso nelle pratica-mente incurabili forme croniche.Non abbiamo purtroppo in Italia un

osservatorio epidemiologico dellemastiti cliniche, per cui ci dobbiamobasare sulle “sensazioni” d’alleva-mento. La “vacca ideale” dovrebbe avereun’elevata presenza nel latte di ma-crofagi e una relativa bassa consi-stenza di linfociti e soprattuttoneutrofili. Una vacca con questoidentikit ha una mammella priva dipatogeni, ma in grado di mettere inatto una rapida azione difensiva neiconfronti di invasioni occasionali dibatteri e quindi, sempre in teoria, ingrado di reagire rapidamente e pron-tamente all’infezione, diminuendo ilrischio di cronicizzazione. La sele-zione genetica basata sulla raccoltadel fenotipo “cellule somatiche”,non distinguendo tra macrofagi, lin-fociti e PMN, rischia di premiare ge-neticamente soggetti con una minoreconta leucocitaria, ossia soggetti ingrado di vivere senza ammalarsi soloin ambienti ultra-igienici e ovvia-mente in assenza di patogeni occa-

sionali, come i batteri classificati tragli ambientali. Poter invece selezio-nare bovine che hanno un elevato li-vello ”basale” di macrofagipermetterebbe di premiare bovinecon un’ottimale linea difensiva “ba-sale” del sistema immunitario cel-lulo-mediato.Di grande interesse è anche l’appli-cazione della DSCC nella terapia se-lettiva in asciutta (SDCT), in quantoesiste una correlazione, ovviamenteda approfondire, tra presenza di pa-togeni in mammella e componentidel sistema immunitario cellulo-me-diato che aumentano la loro pre-senza in mammella solo in casod’infezione. O almeno così dovrebbeessere. Questo permetterebbe albuiatra e all’allevatore di deciderecon consapevolezza quali bovinetrattare prima della messa inasciutta, evitando il laborioso e co-stoso esame batteriologico del latteindividuale. È tuttavia da precisareche l’esame batteriologico è tuttora

il gold standard per la ricerca dei mi-crorganismi. La riduzione all’indi-spensabile dell’uso degli antibioticialla messa in asciutta (SDCT), in al-ternativa alla BTCT (blanket drycow therapy), è una tecnica da ac-quisire rapidamente, ma allo statoattuale è di grande complessità. Lebovine in cui adottare la SDCT sonosicuramente quelle che non presen-tano mastite cronica, ossia chehanno una conta cellulare inferiorea 200.000 per tre controlli consecu-tivi e che non hanno alle spalle ma-stiti cliniche. L’esecuzione di unesame batteriologico classico in unlaboratorio o i test on-farm come ilMinnesota Easy Culture System neigiorni antecedenti all’asciutta dannomaggiori garanzie alla SDCT. Unavolta estesamente validata, la DSCCpotrebbe essere un’alternativa ra-pida, economica e veloce all’esamebatteriologico e aprire nuove possi-bilità nella diagnosi differenzialedelle mastiti. •

DAIRY ZOOM

50-51-FANTINI.qxp_Layout 1 07/07/17 09:04 Pagina 51