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34 LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA Soluzioni senza rischi

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LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA

Soluzioni

senza rischi

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Alla ricerca dei solventi verdi

PARTE 2i

di Andrea Pochini

Nella prima puntata abbiamo visto leinterazioni molecolari, gli stati fisici dellamateria, i “comportamenti” chimici diqueste sostanze liquide usate su vasta scalanei settori più svariati, per esempio in quellidelle vernici, dei metalli o della pulitura asecco. Vediamo ora la valutazione dei rischichimici e ambientali, i parametri disolubilità, i traguardi già raggiunti dairicercatori (e quelli da raggiungere)all’insegna della ecocompatibilità.

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Utilizzo dei solventi,diluire o creare

una soluzione

Un solvente è una sostanzausata per diluire o sciogliereun’altra sostanza per creareuna soluzione. L’acqua è un sol-vente largamente usato ma, per quantoprecedentemente discusso, non è unbuon solvente per molte sostanze or-

ganiche, contenenti atomi di carbonio e diidrogeno, di tipo apolare o a bassa polarità.Per questo vengono ampiamente impiegatisolventi organici che, avendo caratteristichemeno polari dell’acqua e maggior somi-glianza strutturale, hanno le peculiarità diessere migliori solventi per le sostanze or-ganiche. Le possibili applicazioni dei solventi sonomolte. Ad esempio quali “carrier” di soli-di o di liquidi, riducendone la viscosità, co-me nel settore delle vernici; per la rimozio-ne di sostanze protettive da metalli, tessi-li, ecc.; per la pulitura “a secco” di vestiti,ecc. I solventi possono anche essere utiliz-zati nell’estrazione, separazione selettivamediante dissoluzione, nella cristallizza-zione, purificazione mediante fenomeni le-gati alla solubilità, nella cromatografia, se-parazione mediante fenomeni di ripartizio-ne, e quale mezzo di reazione, solventenon reattivo, in cui altre specie chimichesono libere di muoversi e di reagire e doveil fluido serve per il trasferimento del calo-re liberato dalla reazione. Svariati sono gli aspetti che vanno presi inconsiderazione per scegliere un solvente inuna certa applicazione. Si riportano qui sot-to i parametri più importanti che devo-no guidare la scelta dei solventi.

La scelta dei solventi

1. la capacità solvente2. le proprietà fisiche (e.g.: tensione di vapore, punto di ebollizione, miscibilità o immiscibilità con altri solventi,

viscosità, tensione superficiale)3. il costo4. l’infiammabilità (valutata tramite la temperatura di autoaccensione e di infiammabilità)5. la tossicità 6. l’ecocompatibilità e la facilità di smaltimento o recupero.

In questa logica uno primi para-metri che ha inizialmente influen-zato le scelte dei solventi è statal’infiammabilità degli stessi. Que-sto ha portato all’introduzione dei sol-venti clorurati. L’acquisizione di nuo-ve conoscenze tossicologiche ed am-

bientali (quali ad esempio i problemi con-nessi con la ecostabilità ed ecopermanenzae la difficoltà nello smaltimento) sta por-tando ad una revisione critica di questascelta con una conseguente forte riduzionenel consumo di tali solventi. Certamente la conoscenza di nuovi datitossicologici ed ambientali, unita alla ri-chiesta di standard di sicurezza sempremaggiori sta portando ad una continua re-visione critica dei solventi impiegati.

La conoscenza dei cicli fotochimici dellatroposfera (zona della atmosfera in cui vi-vono i sistemi biologici) ed in particolaresull’origine del cosiddetto “smog fotochi-mico” sta attirando l’attenzione sui “Com-posti Organici Volatili” (in inglese VOC)ivi presenti e sulla necessità di operare uncontrollo sulle concentrazioni di questesostanze presenti nell’atmosfera e quindisu tutte le possibili sorgenti di immissionecompreso l’utilizzo dei solventi.

Alla ricerca dei solventi

verdi

LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA

Identificazione dei pericoli o fattori di rischio (hazard). Proprietà oqualità intrinseca di una determinata entità (sostanza, attrezzo, metodo,ecc.) avente potenzialità di causare danni. Valutazione del rischio (risk). Probabilità che sia raggiunto il livello poten-ziale di danno a persone, a strutture ed all’ambiente nelle condizioni diimpiego e o di esposizione nonché dimensioni possibili del danno stesso.

R (Rischio) = F (frequenza attesa) x M (magnitudo del danno)

Per ridurre quindi il Rischio si può operare a livello di F con la prevenzio-ne e di M con la protezione. La gestione del rischio (Risk management) viene compiuta tramite l’a-deguamento strutturale, la formazione, l’informazione, le procedure, ecc. Valutazione dei fattori di rischio chimico. Facendo riferimento allanormativa europea sull’etichettatura dei prodotti chimici il problema dellavalutazione dei pericoli connessi con tali sostanze può essere affrontatomediante una sua suddivisione in:

Infiammabilità – Reattività – Tossicità – Rischio ambientale

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Il rischio: identificazione, valutazione e gestione

Al fine di dare utili indicazionisulla valutazione del rischio nel-l’utilizzo dei solventi e dei criteridi scelta degli stessi, saranno quiaffrontati alcuni aspetti correlati con lavalutazione del rischio chimico in gene-rale e di quello da infiammabilità in

particolare. Partiamo da alcune definizioni generali.

Come discusso precedentemente verrà quiaffrontato in particolare il pericolo infiam-mabilità e sarà introdotto qualche sempliceconcetto connesso con la tossicità.Questi rischi dipendono dalle proprietà fisi-che discusse nelle pagine precedenti e dalleproprietà chimiche.

Introduciamo quindi sempliciconcetti sulla reattività chimicain cui molecole reagenti ad esem-pio il metano CH4 del gas di città rea-gisce con l’ossigeno O2 dell’aria perdare nuove sostanze chimiche ed inparticolare anidride carbonica CO2 edacqua H2O

CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O + Energia,

Una reazione chimica per essere sponta-nea deve soddisfare contemporaneamentedue requisiti:

1- Energetico. L’energia dei prodotti direazione deve essere minore di quella deireagenti. L’energia dei vari legami presen-ti nelle molecole determina prevalentemen-te questa energia, quindi tendono a formar-si prodotti di reazione con legami più fortirispetto ai reagenti iniziali. Nel caso dicombustione di solventi si formano adesempio anidride carbonica (O=C=O) edacqua (H-O-H) molecole che presentanolegami molto forti. Il passaggio da unasituazione a più alta energia (stato inizialedella reazione) ad una a minore energia(prodotti di reazione) libera notevoli quan-tità di energia normalmente sotto forma dienergia termica (calore).

2 - Cinetico. La velocità con cui avvienela reazione deve essere compatibile con itempi umani. Nelle reazioni organiche sia a livello appli-cativo (es. ottenimento di energia per com-bustione di sostanze organiche quali benzi-na, gasolio, metano, ecc.) sia biologico(catabolismo con ottenimento di energiaper combustione di sostanze organichequali il glucosio derivato, ad esempio, dal-l’amido) le reazioni non hanno normal-mente problemi energetici ma solo cinetici.La velocità della reazione può essere tal-mente bassa che non avviene nei tempiumani. La velocità di una reazione viene misurataattraverso la velocità di scomparsa dei rea-genti o la velocità di formazione dei pro-dotti di reazione ed aumenta all’aumentaredelle concentrazioni delle specie reagenti. Prendendo come esempio la reazione dicombustione del metano:CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O + Energia,questa reazione è molto favorita da unpunto di vista energetico, i legami presentinelle molecole di anidride carbonica (CO2)ed acqua (H2O) sono infatti molto forti, main assenza di un innesco non avviene. Lavelocità della reazione è troppo bassa atemperatura ambiente.

Valutazione dei fattori di

rischio chimiconell’utilizzo di solventi

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Dipendenza delle energie cinetiche delle molecole dalla temperatura

Alla ricerca dei solventi

verdi

Una schematizzazione delle variazioni energetiche richieste per ottenere il procedere di una reazione chimica e confronto tra una reazione non catalizzata e catalizzata

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Perché le molecole reagiscanodevono infatti avvenire degli urtifra le molecole reagenti, favoritiall’aumentare delle concentrazioni dellespecie reagenti, ma questi per portareall’evento reattivo devono avvenire conEnergia > Energia di attivazione (Ea).

Eccone un esempio nella figura qui sopra.Infatti prima di cominciare a formarsi inuovi legami covalenti, che porteranno aiprodotti di reazione, bisogna vincere delleinterazioni repulsive esistenti fra le mole-cole reagenti.

La velocità della reazione aumen-ta con la temperatura in quantol’incremento della temperatura va dipari passo con quello dell’energiacinetica di tutte le molecole e quindiconseguentemente il numero di mole-cole aventi energia superiore all’ener-

gia di attivazione, capaci di portare all’e-vento reattivo, sarà più elevato (diagrammaqui a sinistra). Aumenti di velocità di reazione si possonoanche ottenere mediante l’utilizzo di cata-lizzatori (ad esempio, catalisi enzimaticapresente nei sistemi biologici), che abbas-sano la energia di attivazione incrementan-do così il numero di molecole che possonosuperare questa barriera più bassa (Figurain alto). È evidente che quando un processo dicombustione viene innescato la forte libe-razione di calore, che avviene nella reazio-ne, mantiene e sostiene la velocità dellareazione.

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Rischio da incendio

Dopo queste note affrontiamo il problema della valutazio-ne del rischio di un possibile incendio, che porta a rilascinon controllati di energia termica e di prodotti di combu-stione che possono essere soffocanti (CO2) o tossici (CO,HCl, HCN, ecc.). Si ricorda infatti che il mondo attuale è “energia dipenden-te” e che la massima parte di questa energia viene ottenutatramite processi di combustione. Esempi classici sono lecentrali termoelettriche, per la produzione dell’energia elet-trica, e i mezzi di trasporto su strada come le nostre auto,che bruciando benzina o gasolio ottengono energia mecca-nica per muoversi. In ambedue i casi il rilascio energetico,al contrario degli incendi, è controllato e quindi può esserefacilmente sfruttato.

Qualche definizione introduttiva.

Combustibile: sostanza capace di ossidarsi in presenza diun ossidante (comburente) in una reazione chimica. Puòessere un composto puro (es. H2, CH4, CO) oppure sostan-ze in cui sono presenti miscele di composti (es. benzina, gasliquido, legno).Comburente: sostanza capace di ridursi. Normalmente èO2 (ossigeno) presente nell’aria. Combustione: reazione con forte liberazione di calore frail combustibile e il comburente. Fiamma: emissione di radiazioni, di cui una parte nel visi-bile, collegato allo sviluppo di energia che si verifica duran-te una combustione, che procede in fase gassosa.

Combustione dei gas

Temperatura di autoaccensione (Ta): è una misura del-l’energia di attivazione del processo di combustione. Se questa energia è molto elevata la reazione di combu-stione non avviene e il prodotto non è combustibile.

La Ta è la temperatura minima alla quale il combustibileinizia a bruciare spontaneamente in presenza di combu-renti (es. aria) senza necessità di un innesco come unafiamma o una scintilla. Se non si raggiunge la Ta (gene-ralmente >> 200 °C) non avviene la reazione di combu-stione. I composti cosiddetti non infiammabili hanno nor-malmente una Ta >600°C.

Possibili inneschi: fiamme, scintille, materiali caldi, rea-zioni chimiche che liberano calore, ecc.

Limiti di infiammabilità inferiore e superiore: misceladi combustibile ed aria compresa entro i valori limiti delcampo di infiammabilità che, se innescata, dà luogo aduna combustione con propagazione della fiamma (reazio-ne autosostenuta). Se la quantità combustibile è troppo piccola si avrà una

miscela povera, se la quantità combustibile è troppo ele-vata avremo una miscela troppo ricca. In tutti e due i casila reazione di combustione non si autosostenta.

Es.: C2H2 (acetilene):Limiti di infiammabilità in aria = 1,5 – 82%

CH4 (metano):Limiti di infiammabilità in aria = 5 – 15%

Quindi se un innesco fa scattare il processo di combustio-ne in una miscela gassosa di combustibile e comburente,con concentrazioni relative tali da portarla al di fuori delcampo di infiammabilità, la reazione di combustione siblocca.

Riassumendo il rischio incendio di una sostanza gassosasi verifica quando questa è combustibile (vedi Ta), èmiscelata con l’aria in concentrazioni tali da portarla nelcampo di infiammabilità e sono presenti possibili inne-schi del processo di combustione.

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Combustione dei liquidi

Combustione dei solidi

Il processo di combustione avviene in fase gassosa, sonoinfatti le molecole presenti al di sopra del liquido allo statodi vapore che, urtando con energia superiore all’energia diattivazione (necessità di un innesco) le molecole di ossige-no dell’aria, porteranno alla combustione del liquido. Di quila necessità di un passaggio di stato da liquido a vapore.Quindi oltre alla Temperatura di autoaccensione (Ta),che definisce se un liquido è infiammabile oppure non lo è,occorre prendere in considerazione come per i gas il Limi-te di infiammabilità inferiore. Da qui: Punto di infiammabilità = T minima alla quale illiquido emette una concentrazione di vapori tali da rientra-re nei limiti di infiammabilità. Confrontando due liquidi infiammabili quali la benzina e ilgasolio, come verificato dalle loro Ta, osserviamo che atemperatura ambiente mentre la benzina ha una tensione divapore tale da fare entrare i suoi vapori nel campo di infiam-mabilità questo non avviene con il gasolio, che essendo piùaltobollente, ha una tensione di vapore più bassa. Quindi

una perdita di benzina può portare, in presenza di un inne-sco, ad un incendio mentre la perdita di gasolio non porta atemperatura ambiente, anche in presenza di un innesco, adun incendio. Essendo fuori dal proprio campo di infiamma-bilità la sua reazione di combustione non è autosostenuta equindi non procede. Va infine ricordato che quando il processo di combustioneparte la forte liberazione di calore facilita il passaggio allostato di vapore delle molecole del liquido. Su questa base lavalutazione del rischio da incendio di un liquido va fattaconsiderando la Temperatura di autoaccensione (i sol-venti clorurati non sono infiammabili perché la Ta è troppoelevata) ed il Punto di infiammabilità (se questo è ugualeo inferiore alla temperatura ambiente, questi liquidi, in pre-senza di un innesco, possono prendere fuoco, come accadeper la benzina ma non per il gasolio). Anche l’etichettatura europea delle sostanze infiammabili sibasa sul loro Punto di infiammabilità e sul loro Punto diebollizione, ben esposti nel diagramma qui sotto.

La combustione con fiamma avviene in fase gas dopo lapirolisi (degradazione termica) del solido con produzio-ne di sostanze gassose infiammabili. Il processo di combustione di liquidi o solidi dipendedalla grandezza delle particelle liquide o solide. La com-bustione di specie ad elevata area superficiale, quali lenebbie o le polveri, si avvicina alla combustione dellesostanze gassose (caratteristiche esplosive con rilascienergetici in tempi molto brevi).

La conoscenza dei vari parametri che intervengono adeterminare il rischio da incendio permette da un lato dioperare a livello preventivo ma nel caso che questo siverifichi anche a livello protettivo. In questa logica si puòvedere la ricerca di sostituti o non infiammabili o conrischio di infiammabilità inferiore, l’utilizzo di impiantielettrici adeguati ai solventi utilizzati, l’utilizzo di siste-mi di ventilazione adeguati, la previsione di opportunisistemi estinguenti, ecc.

Esempio:Classificazione dei liquidi infiammabili (D.M. oli minerali) sulla base del loro punto di Infiammabilità:A) Liquidi inf. con punto di inf. < 21°C; es: benzina -alcol etilico B) Liquidi inf. con punto di inf. > 21°C e < 65°C; es: gasolio - petrolio C) Liquidi combustibili con punto di inf. > 65°C; es: olio combustibile, lubrificante

Classificazione degli infiammabili secondo la normativa europea

ricso

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Gli aspetti

tossicologicinella valutazione

del rischio chimico

Tossicità di sostanze naturali e sintetiche

>10’000 >10 Zucchero1’000 1 Sale, etanolo Malathion,

atrazinaPiretrine, Mirex, aspirina

100 10-1 caffeina, rotenone DDT, paraquatCodeina,

10 10-2 carbofurano NaCN, As2O3

1 10-3 Nicotina Parathion, stricnina10-1 10-4 Tossina del

serpente a sonagli10-2 10-5 Aflatossina-B10-3 10-6 2,3,7,8-TCDD (diossina)10-4 10-7

10-5 10-8 Tossine del tetanoe del botulino

LD50in mg/kg

LD50in g/kg

Sostanze“naturali”

Sostanze“sintetiche”

Una sostanza è tossica quandocausa effetti biologici dannosi inun organismo vivente che assu-me tale sostanza. Come vedre-mo tutte le sostanze possono es-serlo, il parametro che determi-

na la tossicità è la dose a cui avvieneil danno biologico. Le vie di assunzionedelle sostanze tossiche sono:

1 - Inalazione di gas o vapori - via polmonie bronchi - sistemi biologici ad elevata areasuperficiale - via a maggior rischio - control-labile con mezzi di protezione collettivi qua-li sistemi di aerazione, cappe o con DPI (di-spositivi di protezione individuali), ecc. qua-li ad esempio maschere con filtri specifici,autorespiratori, ecc.

2 - Ingestione - via stomaco ed intestino - fa-cile da controllare con adeguate norme dicomportamento e di igiene.

3 - Assorbimento cutaneo - via tessuti dellapelle - specifico per sostanze apolari lipofile(facile da controllare con adeguati DPI - adesempio guanti, ecc.) Uno dei parametri per valutare tale tossicitàè il valore di LD50 che misura su basi stati-stiche la concentrazione letale per il 50%delle specie biologica in studio, normalmen-te ratti. Questi valori vengono espressi ingrammi o milligrami per kilogrammo pesodella specie biologica in studio. Riportiamonella tabella qui sopra il grado di tossicità disostanze sia provenienti dal mondo naturale,sia sintetizzate dall’uomo. Ricordiamo che a livello della normativa eu-ropea sulla etichettatura di prodotti chimiciuna sostanza con un LD50 inferiore od ugua-le a 25 mg/Kg peso viene classificata comealtamente tossica, se LD50 è compreso fra 25e 200 mg/kg peso come tossica e per valoridi LD50 compreso fra 200 e 2000 mg/kg pe-so come nociva. Non va per altro dimenticato che nel quadrodella valutazione tossicologica vanno ancheinseriti i rischi a lungo termine quali quellilegati alle sostanze cancerogene e mutagene.

Il rischio ambientaleCome accennato i rischi ambientali legati aspecifici prodotti chimici possono essere do-vuti ad interazioni negative con cicli naturaliquali quelli che portano negli strati alti del-l’atmosfera alla formazione di ozono, che ser-ve quale filtro per bloccare le radiazioni ad al-ta energia, pericolose per l’uomo, provenientidal sole. Questo ha portato ad accordi interna-zionali quali il “Protocollo di Montreal” ed isuoi successivi emendamenti sulle sostanzeche impoveriscono lo strato d’ozono.

Un altro parametro che incremen-ta la pericolosità ambientale èquella dovuta ai “Composti Orga-nici Volatili” (COV) che, incremen-tando la già presente concentrazionenaturale, può portare, in particolaricondizioni climatiche, alla formazione

di “Smog fotochimico” con formazione diconcentrazioni elevate di ozono tossico. Anche questo aspetto è entrato nella norma-tiva europea e recentemente anche in quellaitaliana. Anche le sostanze che hanno unaelevata stabilità, reagendo molto lentamentecon l’acqua e l’ossigeno presenti nella su-perficie terrestre, possono creare problemiconnessi con la loro stabilità ambientale. In-fatti, attraverso un complesso processo, que-sta elevata stabilità legata alla sua bassa reat-tività porta ad elevati tempi di permanenzanell’ambiente e conseguentemente a feno-meni di bioaccumulo nelle specie biologicheed in particolare in quelle ricche di tessutiadiposi, che possono portare al superamentodella concentrazione tossica con danni an-che irreversibili per la specie stessa. In questa categoria si colloca ad esempio ilPercloroetilene, solvente largamente usatonel lavaggio “a secco”.

(approssimato)

Alla ricerca dei solventi

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Nella ricerca di sostituti dei varisolventi bisogna tenere conto deivari requisiti richiesti al solventeda utilizzare. Sicuramente quello fon-damentale è la sua capacità solvente.Questa, prima di una verifica sperimen-tale, può essere valutata sulla base dei

parametri empirici di solubilità basati sulleforze intermolecolari che entrano in gioco nelprocesso di solubilizzazione e sulla regolaempirica che sostanze che hanno parametri disolubilità molto simili sono mutuamente solu-bili o miscibili.

Parametri di solubilità di Hildebrand

Al fine di arrivare a definire quantitativa-mente la capacità solvente un primo approc-cio si basa su un singolo parametro δ ricava-to da Hildebrand sfruttando i calori di eva-porazione, quale misura di tutte le forzeintermolecolari che operano all’internodel solvente. In particolare il parametro δ diHildebrand è la radice quadrata della energiacoesiva c. Pressione di coesione di un liquido c(∆ Hv = calore di evaporazione, Vm = volu-me molare, R = costante dei gas, T = tempe-ratura espressa in K).

c =(∆ Hv – RT)/VmParametro di solubilità di Hildebrand δ = c1/2

Questi parametri sono normalmente espressiin MPa1/2 o in cal1/2 cm-3/2. Quelli misuratiin MPa1/2 sono circa due volte (per l’esattez-za 2,0455) i valori misurati in cal1/2 cm-3/2.Qui accanto (in alto) sono riportati i valori diδ di vari solventi da cui si evidenzia un au-mento di tale parametro passando dagli alca-ni, ai clorurati, agli aromatici, agli esteri echetoni, agli alcoli fino a raggiungere il va-lore massimo con l’acqua. Sulla base di questi parametri un soluto, peresempio un polimero, (qui accanto in basso)presenta una completa solubilità o miscibi-lità se ha un parametro δ il più possibileuguale a quello del solvente.

Capacità solvente:i parametri di solubilità

Parametri chimico-fisici e di solubilità di Hildebrand δ per alcuni solventi

Solventi Temp. Temp. Costante Momento Indice di MPa1/2

Fusion,° Ebolliz, dielettrica dipolare rifrazioneC °C ε µ nD20 δ

Acqua 0,0 100,0 78,30 5,9 1,3330 47,9Formammide 2,55 210,5 111,0 11,2 1,4475 39,31,2-Etandiolo -12,6 197,5 37,7 7,7 1,4318 29,9Metanolo -97,7 64,5 32,66 5,7 1,3284 29,6Etanolo -114,5 78,3 24,55 5,8 1,3614 26,0Acido acetico 16,7 117,9 6,17 5,6 1,3719 20,71-Propanolo -126,2 97,15 20,45 5,5 1,3856 24,32-Propanolo -88,0 82,2 19,92 5,5 1,3772 23,5Nitrometano -28,55 101,2 35,94 11,9 1,3819 26,0Acetonitrile -43,8 81,6 35,94 11,8 1,3441 24,3Dimetilsolfossido 18,5 189,0 46,45 13,5 1,4793 24,5N,N-Dimetil -60,4 153,0 36,71 10,8 1,4305 24,8formammideAcetone -94,7 56,1 20,56 9,0 1,3587 20,2Nitrobenzene 5,8 210,8 34,78 13,3 1,5562 20,5Diclorometano -94,9 39,6 8,93 5,2 1,4242 19,8Piridina -41,55 115,25 12,91 7,9 1,5102 21,9Cloroformio -63,5 61,2 4,81 3,8 1,4459 19,0Etilacetato -83,55 77,1 6,02 6,1 1,3724 18,6Tetraidrofurano -108,4 66,0 7,58 5,8 1,4072 18,6Clorobenzene -45,6 131,7 5,62 5,4 1,5248 19,4Dietiletere -116,3 34,4 4,20 3,8 1,3524 15,1Benzene 5,5 80,1 2,27 0,0 1,5011 18,8Toluene -95,0 110,6 2,38 1,0 1,4969 18,2CCl4 -22,8 7 7,6 2,23 0,0 1,4602 17,6n-Esano -95,3 68,7 1,88 0,0 1,3749 14,9Cicloesano 6,7 80,7 2,02 0,0 1,4262 16,8

Parametri di Hildebrand δ (MPa1/2) di alcune classi di polimeri

Polimero δ Polimero δ

Politetrafluoroetilene 12,7 Polivinilcloruro 19,6Polipropilene 16,2 Polietilen tereftalato 21,9Polietilene 16,4 Poliossimetilene 22,7Gomma stirene butadiene 16,6 - 17,4 Poliammide 6-6 27,6Polistirene 17,4 - 19,6 Poliacrilonitrile 31,5

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I problemi connessi con l’utilizzodei solventi precedentementeesposti hanno spinto i chimici aricercare nuove alternative enuove soluzioni al problema. Lasostituzione di un solvente con uno me-no pericoloso non è però un problema

semplice da affrontare e non può essere ri-condotto semplicemente, ad esempio, a ri-solvere problemi di solubilità e di prezzo.Sono infatti molti i parametri da inserire perottenere una scelta mediata che dovrebbeportare a un “solvente verde”. Un primo possibile approccio potrebbe esse-re basato sul metodo di valutazione EHS(enviromental – health – safety) che valutaper il solvente in esame i possibili danni e lasua persistenza a livello ambientale, i possi-bili danni sia a livello acuto sia cronico, a li-vello della salute e le caratteristiche del pro-dotto e la sua infiammabilità e reattività a li-vello della sicurezza.

Tale metodo ha già eliminato un notevole nu-mero di solventi o per ragioni di elevata in-fiammabilità (ad esempio CS2 con Ta = 100 °C ca.) o tossicità (ad esempio benzene,cloroformio, ecc.) o per elevatissimi rischiambientali. Un primo approccio alla valuta-zione secondo tale metodologia dei solventiancora in uso può essere ottenuto tramite lalettura dei rischi riportati nell’etichettatura,secondo la normativa europea, dei solventicon possibile rischio chimico. Nella tabella sotto sono così riportati i sim-boli di rischio F (infiammabile), T (tossico),Xn (nocivo), Xi (irritante), C (corrosivo) edA (rischio ambientale) con le corrisponden-ti frasi di rischio, che caratterizzano alcunisolventi. D’altra parte l’utilizzo del solventein studio porta anche a molti effetti dannosiindiretti sull’ambiente. Per esempio la ridu-zione di sorgenti non rinnovabili come con-seguenza della sintesi del solvente da prodot-ti petroliferi, immissione di CO2 nell’am-biente dovuta all’incenerimento del solvente,alti consumi energetici per il recupero delsolvente ecc. Nella valutazione globale va co-sì inserita tutta la vita del solvente con tutte leproblematiche ad esso connesse dalla sua sin-tesi, al suo utilizzo, al suo recupero e al suoeventuale smaltimento. Su questa base è statomesso a punto il metodo di valutazione LCA(life-cycle assessment), che tiene conto di tut-ti questi aspetti. Utilizzando questi approcci sistanno, da un lato, valutando i solventi esisten-ti e, dall’altro, si sta procedendo alla ricerca dinuovi solventi e nuove metodologie. Ad esempio, nell’utilizzo quali mezzi di rea-zione si sta studiando la possibilità di com-piere specifiche reazioni in assenza di solven-ti oppure utilizzare l’acqua quale mezzo direazione. Un altro approccio vede la sintesidi nuovi solventi che riducano i possibili ri-schi che li caratterizzano. In questa logica stanno anche assumendo no-tevole rilevanza la sintesi di solventi partendonon dal petrolio ma da fonti rinnovabili ed inquesta categoria ricadono gli esteri dell’acidolattico. Quali esempi di queste ricerche verra-no presentati alcuni promettenti settori e pro-dotti in sviluppo.

Etichettatura europea di alcuni solventi

Solvente Formula Simbolo Frasi di rischiorischio

n-Esano C6H14 F Xn-A 11-38-48/20-51/53-62-65-67Cicloesano C6H12 F Xn-A 11-38-50/53-65-67Toluene C7H8 F-Xn 11-38-48/20-63-65-67Cloruro di metilene CH2Cl2 Xn 40Percloroetilene C2Cl4 Xn-A 40-51/53Tetraidrofurano C4H8O F-Xi 11-19-36/37Acetone C3H6O F- Xn 11-36-66-67Etil acetato C4H8O2 F- Xn 11-36-66-67n-Butil acetato C6H 12O2 10-66-67Dietil carbonato C5H10O3 Xi 10-36/37/38Acetonitrile C2H3N F-Xn 11-20/21/22-36N,N-dimetilformammide C3H7NO T 61-20/21-36Metanolo CH4O F-T 11-23/24/25-39/23/24/25Etanolo C2H6O F 11Etil lattato C5H10O3 Xi 10-37-41n-Butil lattato C7H14O3 Xi 36/37/38Etilen glicol C2H6O2 Xn 22Acido acetico C2H4O2 C 10-35

La ricerca, verso un solvente

“verde”

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Il dimetilcarbonato

Dall’inizio degli anni ‘80 EniChemha introdotto sul mercato degliintermedi il dimetil carbonato[(CH3O)2CO - DMC], producendolo suscala industriale secondo una tecnologiapulita ed innovativa, che si differenziaradicalmente dalla tecnologia tradizio-

nale, basata sull’utilizzo del fosgene (COCl2), sostanza ad elevato rischio tossico-logico. La nuova tecnologia, basata sulla car-bonilazione ossidativa del metanolo, permettedi affrancarsi totalmente dal ciclo industrialedel cloro. Lo schema di reazione è il seguen-te:

Il nuovo procedimento di produzione presen-ta caratteristiche favorevoli dal punto di vistaambientale, in primis perché impiega materieprime relativamente meno pericolose, ma so-prattutto in quanto l’unico sottoprodotto si-gnificativo della reazione è acqua. Esso ben sipresta alla realizzazione di impianti produttividi elevata capacità. Il DMC a sua volta è in grado di sostituire ilfosgene nelle reazioni di carbonilazione, ed ildimetil solfato o il metil cloruro nelle reazionidi metilazione, fornendo quindi, nel segmen-to della produzione di intermedi, un’alternati-va a prodotti rischiosi. Sulla base di tali carat-teristiche, il DMC ha trovato impiego comeintermedio in processi sia nel settore farma-ceutico e dei “fine-chemicals”, prodotti chi-mici per impieghi specialistici, sia nella fab-bricazione di polimeri, quali i policarbonatiaromatici e, in prospettiva, i poliuretani. Accanto a queste applicazioni come interme-dio, ormai consolidate, il DMC sta ora trovan-do impiego anche nel settore dei solventi, inquanto molti produttori ed utilizzatori sonoconsapevoli del fatto che l’utilizzo di formu-lazioni basate su solventi tradizionali a rischiodi tossicità e ad elevato impatto ambientale èsempre meno tollerabile. Sulla base di talimotivazioni, in ambito mondiale, e con mag-giore intensità nei paesi maggiormente evolu-ti, si riscontra in generale un andamento ne-gativo per quanto riguarda la quantità di sol-

CO + 2 CH3OH + 1/2 O2 → (CH3O)2CO + H2O

venti utilizzati. Ad esempio, nel settore deiprodotti vernicianti, si adottano nuove tecno-logie, che da una parte prevedono la messa apunto di formulazioni a base acquosa o ad al-to contenuto di solidi e dall’altra sono orienta-te verso la sostituzione dei solventi a rischiopiù elevato. Questo processo di sostituzionein taluni casi ha assunto la forma di un vero eproprio bando dettato obbligatoriamente dallegislatore. Le applicazioni più coinvolte nonsono solo quelle che prevedono il rilascio fi-nale della totalità del solvente all’atmosfera,ma la maggior parte delle lavorazioni indu-striali, data l’introduzione di leggi che regola-no in modo sempre più stringente la quantitàe la qualità delle emissioni delle sostanze or-ganiche volatili (in inglese VOC in italianoCOV). Per il mercato dei solventi, il segmen-to degli ossigenati (eteri, chetoni, esteri) è l’u-nico che presenta una leggera crescita in valo-re assoluto, con un andamento in percentualefortemente positivo.Tuttavia, anche nella clas-se dei solventi ossigenati, non mancano pro-blematiche relative al loro impiego, ad esem-pio l’utilizzo degli esteri va sostituendo quellodei chetoni. Nella classe degli esteri la possi-bilità di impiego dei carbonati alchilici comesolventi è nota da tempo e non rappresenta inassoluto una novità, ma la crescente sensibi-lità sviluppatasi nell’ultimo decennio verso letematiche ambientali ed il connesso interesseall’impiego di prodotti chimici “puliti” hannoportato a valorizzare in modo più consapevolee approfondito le loro potenzialità applicative.

Il parametro di solubilità delDMC, calcolato secondo Hilde-brand in riferimento alla densità dienergia coesiva, sulla base del volumemolare e dell’energia di vaporizzazione,risulta pari a 18,7 [MPa1/2] a 25 °C, assaisimile, ad esempio, a quello dell’aceto-

ne (vedi alla pagina precedente). Quindi ilDMC si inserisce nell’area dei solventi mode-ratamente polari. Le caratteristiche chimico-fisiche del DMC non condurrebbero da solead una reale valenza applicativa se non vi fos-sero riscontri altrettanto positivi nelle caratte-ristiche di sicurezza e di ridotto impatto am-bientale. Il DMC presenta, infatti, un profilotossicologico ed eco-tossicologico particolar-

Alla ricerca dei solventi

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LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA

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Esteri dell’acido lattico

mente favorevole, che ne permette lo stoccag-gio e l’applicazione senza particolari precau-zioni. Infatti il DMC è caratterizzato da bas-sissima tossicità acuta. Dal punto di vista am-bientale il DMC denota bassissima tossicitàverso gli organismi acquatici e pronta biode-gradabilità e non è considerato potenzialmen-te bioaccumulabile. Di conseguenza la classi-ficazione di pericolosità per le acque prevedeper il DMC una valutazione di debole rischio-sità . È altresì degna di nota la sua trascurabiletendenza alla formazione fotochimica d’ozo-no nei bassi strati atmosferici. I solventi sonotipici composti organici volatili (COV) impli-cati, come già detto, nella produzione fotochi-mica troposferica di ozono in aree urbane in-quinate. Lavori recenti hanno evidenziato che il DMCpresenta di gran lunga la più bassa tendenzaalla formazione di ozono tra le più comuni so-stanze organiche volatili ossigenate. Sulla base delle proprietà sopra illustrate, ilDMC non rientra in alcuna classe di pericolo-sità secondo le norme dell’Unione Europea,salvo la facile infiammabilità.

L’acido lattico CH3-CHOH-COOHsi ottiene da prodotti di originepetrolifera quali il propilene ma sipuò ottenere per fermentazione anaero-bica di zuccheri ottenuti da biomasse adesempio di origine agricola, quindi dasorgenti rinnovabili. Questo acido può

poi essere esterificato trasformandolo neicorrispondenti esteri e fra questi quello chetrova maggiori applicazioni è l’estere etilicosolvente a media polarità, altobollente (P.E.154 °C), che presenta un bassissimo rischiochimico collegato solo alla sua infiammabi-lità. Unico problema, che limita una sua piùampia applicazione, è il prezzo che è attual-mente circa il doppio di un comune solventeossigenato. Notevoli sforzi sono in atto sia alivello del processo fermentativo che di quel-lo di esterificazione al fine di ridurre i costied aprire conseguentemente una più ampiafetta di mercato a questo solvente.

Quando i solventi... risolvono

Da uno dei più noti solventi, l’acetone, alla marea di nuovi prodotti

Si va diffondendo nei paesisupersviluppati il “nail bar”dove, tra quattro chiacchieree un drink, le ragazzeapprofittano per farsi fareuna smaltatura di unghie a regola d’arte.Niente paura: se il risultatonon sarà di gradimento o seappare qualche sbavaturasarà l’acetone, uno dei piùnoti solventi di usodomestico, a permetterecorrezioni e rimedi...

L’industria cosmeticasi va estendendo neipaesi in via disviluppo, fornitori dimaterie primenaturali. Ecco, nellafoto qui accanto, lalavorazione degliestratti dell’aloe, unapianta da cui siricavano basi esolventi per cosmeticie medicinali. Sotto:una proposta... diprodotti dal SudAmerica.

r.g.

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Utilizzo di solventi supercritici

Lo stato supercritico è un parti-colare stato fisico della materia,intermedio fra quello liquido equello gassoso, che viene raggiuntoquando la temperatura e la pressionedel sistema sono superiori ad unatemperatura ed una pressione critica

specifica per ogni sostanza (diagramma sot-to). Al di sopra di tale pressione e temperatu-ra non c’è più possibilità di coesistenza diuna fase gas ed una liquida, esiste una solafase chiamata supercritica. Nella figura sonoriportate le varie zone di esistenza dello statogassoso, liquido, solido e supercritico, cheevidentemente dipendono dai due parametrifisici pressione e temperatura.Per molti sistemi, ad esempio l’acqua, talivalori critici corrispondono a temperature epressioni molto elevate. Sicuramente i valoridi Tc = 31,3°C e Pc = 72,9 Atm che caratte-rizzano la CO2 hanno permesso una suasemplice utilizzazione quale solvente super-critico. I solventi supercritici, proprio per la

loro caratteristica di essere in uno stato fisicointermedio fra quello gassoso e quello liqui-do, sono caratterizzati da una notevole velo-cità di diffusione all’interno dei solidi, facili-tando in tal modo enormemente i processi diestrazione. L’estrazione della caffeina dalcaffè per ottenere i caffè decaffeinati ottenu-ta utilizzando la CO2 supercritica è un otti-mo esempio di tali applicazioni. Tale proces-so evita inoltre che nel prodotto destinato adusi alimentari siano presenti tracce di solven-ti residui. A questo si aggiunge un’assenza di rischi dainfiammabilità e da tossicità, che rendonoquesto mezzo molto interessante da un pun-to di vista applicativo. Anche il potere solvente della CO2 supercri-tica può essere valutato con i parametri di so-lubilità, ad esempio di Hildebrand (diagram-ma sotto), che evidenziano una bassa pola-rità di questo mezzo. Interessante è la possi-bilità di poter variare il suo potere solventecon la pressione. Nel caso in cui non si rie-sca ad ottenere un parametro di Hildebrandsoddisfacente per ottenere la solubilizzazio-ne di specifici soluti, si può ricorrere all’uti-lizzo di cosolventi polari. Ad esempio si può

Regione supercritica: il rapporto pressione-temperatura

Parametri di solubilità di Hildebrand dell’anidridecarbonica supercritica e confronto con alcuni solventi classici.

LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA

Alla ricerca dei solventi

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Conclusioni

Come già riportato la scelta diun solvente sta diventando unproblema sempre più comples-so, sia per il numero elevatissimo diparametri da valutare, conseguenzaanche dell’apporto di nuove cono-scenze, sia per la richiesta di standard

di sicurezza sempre più elevati. Sicuramente l’avanzare delle conoscenzesta rispondendo positivamente a queste ri-chieste, ad esempio con l’utilizzo di sol-venti più sicuri quali l’acqua, con l’avventodi nuovi mezzi solventi, ecc. In questa logica va anche visto l’utilizzodei parametri di solubilità che permettonogià su basi non sperimentali una previsionedel potere solvente dei nuovi mezzi.

Andrea PochiniDipartimento di Chimica Organica e Industriale

dell'Università di Parma

2 - fine - La prima parte è apparsa sul numero 8

1- Per gli aspetti generali su forze intra ed intermolecoari vedi Wikipedia http://en.wikipedia.org/wiki/Main_Page

2- Per gli aspetti correlati con il rischio in generale e quello chimico in particolare vedi i seguenti siti internethttp://www.unipr.it/arpa/spp/HomePage.htm -http://www.unipv.it/safety/ -http://safe.uniud.it/indice.asp (Questi siti offronoanche interessanti collegamenti con altri siti sia italiani sia esteri – Ad esempio, per i problemi ambientali si consiglia il colle-gamento al sito della Environmental Protection Agency USA).

3- Per gli aspetti correlati con i parametri di solubilità vedi http://sul-server2. stanford.edu/byauth/burke/solpar/ http://palimpsest.stanford.edu/byauth/burke/solpar/solpar2.html F. M. Barton - Chem. Rev. 1975 75 730-753. A. Pochini, Parametri empirici per definire la capacità solvente, La Chimica e L’Industria, Luglio/Agosto2000, p. 657.

4- Per i “green solvents” vedi Green chemistry—a sustainable solution for industrial specialties applications - Rainer Ho¨ferand Joaquim Bigorra - Green Chemistry, 2007, 9, 203–212.

5- Per il dimetilcarbonato vedi F. Mizia, M. Notari, F. Rivetti, U. Romano, C. Zecchini, Carbonati alchilici: solventi dellanuova generazione, La Chimica e L’Industria, Marzo 2001, p. 47.

6- Per i fluidi supercritici vedi http://ull.chemistry.uakron.edu/chemsep/super/http://sweb.uky.edu/~mmsark1/super.htm

Per saperne di più

addizionare piccole quantità di acqua, chepresenta un parametro di Hildebrand eleva-to, alla CO2 supercritica. In questo modo lamiscela risultante presenterà valori del para-metro di Hildebrand sufficientemente elevati(20-25 MPa1/2) da poter solubilizzare un so-luto a media polarità. Concludendo riportiamo alcune applicazioniindustriali recenti della CO2 supercritica. LaDu Pont sta utilizzando la CO2 supercriticaquale solvente per la produzione di polimerifluorurati (solventi usuali della polimerizza-zione sono i clorofluorocarburi, che rientra-no nel Protocollo di Montreal). Alcune industrie americane stanno mandan-do in produzione sistemi per il lavaggio asecco basati sull’impiego di anidride carbo-nica supercritica e speciali surfattanti. Que-sto approccio tecnologico potrebbe quindi ri-solvere il problema della sostituzione delpercloroetilene, solvente attualmente in usoin tali applicazioni, che per quanto sia noninfiammabile e a tossicità non elevata, poneperò grossi problemi ambientali, legati allasua bassa reattività, con elavata permanenzain ambiente e fenomeni di bioaccumulo co-me discusso in precedenza.