LE NORME REGIONALI IN MATERIA DI PUBBLICI ESERCIZI zLEGGE REGIONALE N.14 DEL 2003 come modificata...

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LE NORME REGIONALI IN MATERIA DI PUBBLICI ESERCIZI LEGGE REGIONALE N.14 DEL 2003 come modificata dalla legge regionale n. 6 del 21 maggio 2007 DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE n. 1825 DEL 2003 (requisiti professionali ai fini esercizio attività) DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE n. 179 DEL 2006 (corsi professionali SAB) DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N 1814 DEL 2004 (istituzione Commissione regionale pubblici esercizi) DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N. 1879 del 2009 CONTENENTI AGGIORNAMENTO DIRETTIVE REGIONALI

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LE NORME REGIONALI IN MATERIA DI PUBBLICI ESERCIZI

LEGGE REGIONALE N.14 DEL 2003 come modificata dalla legge regionale n. 6 del 21 maggio 2007

DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE n. 1825 DEL 2003 (requisiti professionali ai fini esercizio attività)

DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE n. 179 DEL 2006 (corsi professionali SAB)

DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N 1814 DEL 2004 (istituzione Commissione regionale pubblici esercizi)

DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N. 1879 del 2009 CONTENENTI AGGIORNAMENTO DIRETTIVE REGIONALI

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Nuove direttive regionali

Con delibera della giunta regionale n. 1879 del 23 novembre 2009 si è operato un AGGIORNAMENTO DELLE DIRETTIVE REGIONALI PER LA FISSAZIONE, DA PARTE DEI COMUNI, DEI CRITERI PER IL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI DEI PUBBLICI ESERCIZI

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Norme regionali

Perché si è reso necessario un aggiornamento?

Per la modifica del quadro generale di riferimento

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Nuovo contesto generale di riferimento

Quali sono state le novità: Segnalazioni Antitrust

D.L. 223/2006 (pubblicato nella G.U. n. 153 del 4 luglio 2006), con le modifiche introdotte dalla legge di conversione n.248/2006 (pubblicata nella G.U. 11 agosto 2006, n. 186)

Numerosa e conforme giurisprudenza

Direttiva Bolkenstein concernente i servizi

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decreto legge 223 del 2006

Art 3 ,comma 1 , lettera b) abolisce:Il rispetto delle distanze minime

obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio ( esclusivamente in riferimento alle attività commerciali di cui al D.Lgs. n.114 del 1998 e alle attività di somministrazione di alimenti e bevande )

Paola Castellini

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decreto legge 223 del 2006

Art.3, comma 1 , lettera d) prevede che le attività commerciali, come individuate dal D. Lgs. N. 114 del 1998 e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale.

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decreto legge 223 del 2006

Il ministero dello sviluppo economico aveva chiarito, nella circolare n.3603 del 28/9/2006, che la disposizione sancisce l’inammissibilità di programmazioni fondate sulla fissazione di volumi di vendita o quote massime di mercato riferite ad ambiti territoriali predefiniti in quanto potrebbe provocare ingiustificate distorsioni della concorrenza

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decreto legge 223 del 2006

riguardo ai parametri numerici, la circolare ministeriale, al punto 9.1, affermava che “sono da ritenersi abrogati…l’art. 2, comma 2, della legge 5 gennaio 1996, n. 25” e non anche il comma 1.

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decreto legge 223 del 2006

In prima istanza si è ritenuto che :

la disposizione non incidesse sulla competenza di programmazione dei Comuni in materia di pubblici esercizi di somministrazione, qualora i criteri di programmazione comunale non introducessero vincoli basati su "quote di mercato predefinite" .

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

La legittimità dell’ordinanza del Comune di Milano del 19.4.2005, in base alla quale sono stati adottati gli specifici atti di diniego ivi impugnati, deve essere riesaminata alla luce delle novità contenute nell’art. 3 del decreto legge 223/2006, convertito, con modifiche, dalla legge 248/2006.

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

In primo luogo, l’art. 3 non appare lesivo delle prerogative legislative regionali in materia di commercio (e neppure di quelle regolamentari del Comune); posto che il legislatore statale (art. 3, comma 1), ha cura di precisare che le disposizioni da esso introdotte attengono a due materie riservate (ex art. 117, comma 2, della Costituzione), alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, vale a dire la <<tutela della concorrenza>> (art. 117, comma 2, lett. e), oltre che la <<determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale>> (art. 117, comma 2, lett. m).

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

Un’ulteriore precisazione sull’art. 3 legge 248/2006 è nel senso che lo stesso si applica non solo alla disciplina generale del commercio di cui al D.Lgs. 114/1998 ma anche al settore specifico della somministrazione di alimenti e bevande, attesa non solo la “ratio” della nuova disciplina, rivolta alla maggiore liberalizzazione del mercato ed alla promozione della concorrenza, ma anche la chiara dizione del comma 1 dell’art. 3 circa il proprio ambito applicativo (<<… le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte …>>).

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

In materia, occorre altresì ricordare l’importante parere reso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 7.6.2007 (pubblicato sul Bollettino dell’Autorità n. 22/2007), nel quale l’Autorità stessa ha dapprima evidenziato la necessità di ricomprendere nell’ipotesi dell’art. 3, comma 1, lett. d), della legge 248/2006, anche le attività di somministrazione di alimenti e bevande, posto che la scelta contraria costituirebbe un <<ostacolo normativo ad un corretto funzionamento del mercato>>.

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

Ancora, si mette in luce nel parere come la programmazione degli insediamenti commerciali fondata su limiti quantitativi predeterminati si traduce in una ingiustificata pianificazione quantitativa dell’offerta, in contrasto con gli interessi generali.

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

Sulla base di quanto premesso, l’Autorità sottolinea come l’interpretazione della legge 248/2006 contenuta nella Risoluzione ministeriale del 10.10.2006 appaia in evidente contrasto con lo stesso art. 3 della legge 248/2006.

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

Infatti, dopo aver ribadito, come già sopra esposto, che le novità della legge 248/2006 non si riferiscono certo alle sole attività di cui al D.Lgs. 114/1998, reputa il Tribunale che l’attuale assetto regolatorio comunale appare in contrasto con la lettera d), del citato art. 3, in forza della quale è illegittimo imporre il rispetto di <<limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale>>.

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

……In particolare, ai sensi del comma 2 della citata legge 131/2003, le disposizioni normative regionali vigenti nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano a trovare applicazione fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia.

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Giurisprudenza: sentenza TAR Lombardia 6259 del 2007

Di conseguenza, attesa la finalità dell’art. 3 della legge 248/2006, devono ritenersi ormai prive di efficacia, quanto meno a partire dal 1 gennaio 2007 (termine per l’adeguamento da parte delle Regioni e degli Enti Locali), le prescrizioni della legge regionale 30/2003 (in particolare l’art. 8, commi 1, 2 e 3 della succitata legge), non più compatibili con la legge 248/2006. Parimenti appaiono prive di efficacia le disposizioni regionali di cui alla delibera di Giunta 17.5.2004, laddove attuative dei tre commi del suindicato art. 8 della l.r. 30/2003

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Giurisprudenza: sentenza consiglio di stato

Con ordinanza 28 marzo 2008 n. 1641, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, considerato che “ da una comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda, appare opportuno – onde evitare di lasciare le amministrazioni senza alcun quadro di riferimento nel settore – accogliere l’istanza cautelare limitatamente agli effetti della sentenza impugnata sugli atti generali intervenuti in materia, salve restando le autorizzazioni già rilasciate alla data di adozione della presente ordinanza;”.

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Giurisprudenza: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2808/2009

“Va quindi confermato che il sistema difeso dall’appellante e dagli intervenienti ad adiuvandum si pone in contrasto con le disposizioni della legge 248/2006, che, in attuazione del principio di libera concorrenza, impediscono alle Amministrazioni di adottare misure regolatorie che incidano, direttamente o indirettamente, sull’equilibrio fra domanda e offerta, che deve invece determinarsi in base alle sole regole del mercato.

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Giurisprudenza: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2808/2009

limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda.

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Giurisprudenza: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2808/2009

I principi del Trattato e del nostro ordinamento costituzionale impongono che i poteri pubblici non interferiscano sul libero giuoco della concorrenza, astenendosi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area.

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Giurisprudenza: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2808/2009

Anche ammesso che l’esigenza di interventi limitativi sia collegabile alla tutela di valori di rango equivalente al principio di libera iniziativa economica, posto che questa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (art. 41, comma 2, Cost.), tra tali valori non può farsi rientrare la salvaguardia di una quota di mercato in favore degli esercizi esistenti.

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Direttiva Servizi 2006/123/CE

La direttiva 2006/123/CE stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio di libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi nel mercato interno europeo.

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Direttiva Servizi 2006/123/CE

Viene chiesto con questa direttiva agli stati membri di esaminare le procedure e le formalità relative all’accesso ad un’attività di servizi ed al suo esercizio, e laddove tali procedure e formalità non siano sufficientemente semplici e non rispettino i criteri di non discriminazione, necessità e proporzionalità, gli stati membri sono tenuti a semplificarle

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Direttiva Servizi 2006/123/CE

Il termine per il recepimento della direttiva è il 28/12/2009.

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Direttiva Servizi 2006/123/CE

Al fine del monitoraggio erano state predisposte dal Dipartimento delle Politiche Comunitarie delle schede di monitoraggio per il censimento relativo alla normativa regionale in materia di regimi di autorizzazione

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

(Disposizioni generali sull’accesso e l’esercizio delle attività di servizi)

Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi) 1. Nei limiti del presente decreto, l’accesso e l’esercizio delle

attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie.

2. Nei casi in cui l’accesso o l’esercizio di un’attività di servizi sono subordinati alla presentazione all’amministrazione competente di una dichiarazione di inizio attività, ove non diversamente previsto, si applica l’articolo 19, comma 2, secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

Art. 11 (Requisiti vietati) 1. L’accesso ad un'attività di servizi o il suo esercizio non

possono essere subordinati al rispetto dei seguenti requisiti: a) requisiti discriminatori fondati direttamente o indirettamente

sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull'ubicazione della sede legale,

……………………………. e) l'applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che

subordina il rilascio del titolo autorizzatorio alla prova dell'esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell'attività o alla valutazione dell'adeguatezza dell'attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d'interesse generale;

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

g) l'obbligo di essere già stato iscritto per un determinato periodo nei registri italiani o di aver in precedenza esercitato l'attività in Italia per un determinato periodo.

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

Capo II Disposizioni generali in materia di regimi autorizzatori Art. 14 (Regimi autorizzatori) 1. Fatte salve le disposizioni istitutive e relative ad ordini, collegi e

albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo.

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

Art. 15(Condizioni per il rilascio dell’autorizzazione)

1. Ove sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali è subordinato l’accesso e l’esercizio alle attività di servizi sono:

a) non discriminatorie; b) giustificate da un motivo imperativo di interesse generale; c) commisurate all'obiettivo di interesse generale; d) chiare ed inequivocabili; e) oggettive; f) rese pubbliche preventivamente; g) trasparenti e accessibili.

Paola Castellini

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

2. I requisiti e i controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili quanto a finalità, ai quali il prestatore sia già assoggettato in un altro Stato membro, sono da considerarsi idonei ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni per il rilascio di un titolo autorizzatorio, sempre che il prestatore o le autorità competenti dell’altro Stato membro forniscano al riguardo le informazioni necessarie.

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

Art. 18 (Autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni)1. Fatti salvi i poteri di ordini, collegi ed organismi

professionali e di organi collegiali che agiscono in qualità di autorità competente, ai fini del rilascio dei titoli autorizzatori o dell’adozione di altri provvedimenti rilevanti per l’esercizio dell’attività di servizi è vietata la partecipazione diretta o indiretta alla decisione, anche in seno ad organi consultivi, di operatori concorrenti.

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 12 DICEMBRE 2006, RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO.

TITOLO I (Disposizioni relative ai procedimenti di competenza regionale) Art. 84 (clausola di cedevolezza) 1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della

Costituzione e fatto salvo quanto previsto dagli articoli 16, comma 3, e 10, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, nella misura in cui incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di competenza concorrente, le disposizioni del presente decreto si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione della direttiva 2006/123/CE, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto.

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d.lgs di attuazione della direttiva 2006/123/ce

(approvato CdM 12 dicembre 2006)

Art. 63(Somministrazione di alimenti e

bevande) L’apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio. Il trasferimento di sede e il trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi di cui al presente comma sono soggetti a dichiarazione di inizio di attività da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio, ai sensi dell’articolo 19, comma 2, rispettivamente primo e secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Paola Castellini

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d.lgs di attuazione della direttiva 2006/123/ce

(approvato CdM 12 dicembre 2006)

E’ subordinata alla dichiarazione di inizio di attività anche l’attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari soggetti elencati alle lettere a), b), c), d), e), f), g) e h) del comma 6 dell’articolo 3 della legge. Resta fermo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235.

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d.lgs di attuazione della direttiva 2006/123/ce

(approvato CdM 12 dicembre 2006)

Al fine di assicurare un corretto sviluppo del settore i Comuni, limitatamente alle zone del territorio da sottoporre a tutela, adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico di cui al comma 1, ferma restando l’esigenza di garantire sia l’interesse della collettività inteso come fruizione di un servizio adeguato che quello dell’imprenditore al libero esercizio dell’attività.

Paola Castellini

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d.lgs di attuazione della direttiva 2006/123/ce

(approvato CdM 12 dicembre 2006)

Tale programmazione può prevedere, sulla base di parametri oggettivi e indici di qualità del servizio, divieti o limitazioni all’apertura di nuove strutture limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale e sociale, di viabilità o di ordine pubblico rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo in particolare per il consumo di alcolici e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità. , Paola Castellini

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d.lgs di attuazione della direttiva 2006/123/ce

(approvato CdM 12 dicembre 2006)

In ogni caso, resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storco, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell’esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di alimenti e bevande e presenza di altri esercizi di somministrazione.

Paola Castellini

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Adeguare la normativa regionale ai nuovi principi affermati dal legislatore

italiano e comunitario agli indirizzi consolidati della giurisprudenza

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METODO UTILIZZATO

processo di condivisione con i rappresentanti degli Enti locali (CAL 9 novembre 2009), delle associazioni del commercio, del turismo e dei servizi, delle associazioni dei consumatori (5 ottobre 2009)

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Premessa delle nuove direttive regionali

Il nuovo contesto di riferimento delinea un rinnovato concetto del servizio di somministrazione di alimenti e bevande che supera l'originaria impostazione della pianificazione numerica e si apre ad obiettivi di:

promozione della concorrenza"utilità sociale" da rendere al consumatore e,

in generale, all'intero sistema dell'economia urbana

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

La rete degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande ricopre un ruolo fondamentale ai fini del mantenimento della vitalità di un organismo urbano e, allo stesso tempo, nella sua funzione di aggregazione e socialità per i consumatori, i quali rappresentano i principali fruitori del servizio.

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

I pubblici esercizi possono determinare modificazioni strutturali nell'utilizzo dei luoghi della città e generare impatti ambientali positivi o negativi a seconda della distribuzione e dei livelli di addensamento o di rarefazione degli esercizi a scala urbana e in relazione al diverso grado di residenzialità delle singole porzioni del territorio.

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

La giurisprudenza riconosce l’esigenza di interventi limitativi se collegati alla tutela di valori di rango equivalente al principio di libera iniziativa economica, posto che questa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (art. 41, comma 2, Cost.),

tra tali valori non può farsi rientrare la salvaguardia di una quota di mercato in favore degli esercizi esistenti.

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

La giurisprudenza del Consiglio di Stato dichiara espressamente che limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda.

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Anche l’ordinanza con cui era stata accolta l’istanza cautelare dichiarava “da una comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda, appare opportuno – onde evitare di lasciare le amministrazioni senza alcun quadro di riferimento nel settore – accogliere l’istanza cautelare”

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Pertanto si parte dal presupposto che Un quadro di riferimento nel

settore ci deve essere ( per le modificazioni strutturali nell'utilizzo dei luoghi della città e per gli impatti ambientali positivi o negativi -a seconda della distribuzione e dei livelli di addensamento o di rarefazione- che i pubblici esercizi possono determinare)

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

il quadro di riferimento non può essere definito sul concetto della salvaguardia di una quota di mercato in favore degli esercizi esistenti

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Il principio della libera concorrenza trova il limite dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà e dignità umana (art. 41, comma 2, Cost.),

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Ulteriore fondamentale presupposto:l’evoluzione del settore deve tenere conto delle

caratteristicheSocialiFisiche Funzionali del territorio Per evitare Conflitti di interesse che

incidano sul concetto della qualità della vita

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

obiettivo e compito del pubblico(Trattato di Amsterdam)

Promozione di uno sviluppo sostenibile delle attività economiche

Elevato livello di protezione e miglioramento dell’ambiente anche di vita

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

La legge regionale n. 14 stabilisce all’art. 1 il principio della valorizzazione delle attività di somministrazione al fine della

promozione della qualità sociale delle città e del territorio

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OBIETTIVO DELLE NUOVE DIRETTIVE REGIONALI

Garantire coerenza ed uniformità al comparto a livello regionale

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ADEMPIMENTI DEI COMUNI

I Comuni, sentite le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi, le organizzazioni sindacali e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative, adottano i criteri per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande

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ADEMPIMENTI DEI COMUNI

I criteri sono soggetti a revisione quinquennale

I Comuni possono avvalersi per la definizione e l’aggiornamento dei criteri dei CAT

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la trasparenza e la qualità del mercato, la libera concorrenza e la libertà d'impresa,

queste condizioni possono infatti garantire le migliori condizioni dei prezzi la maggiore efficienza ed efficacia della rete

distributiva.

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

l'evoluzione e l'innovazione della rete dei pubblici esercizi per favorire l’efficacia e la qualità del servizio. A tal fine devono essere favorite le scelte imprenditoriali che promuovono:

- la qualità del lavoro; - la formazione e l'aggiornamento

professionale degli operatori e dei dipendenti;

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la valorizzazione della attività di somministrazione per le ricadute che queste hanno

per la qualità sociale delle città e del territorio,

per la promozione del turismo, dell'enogastronomia e delle produzioni tipiche locali.

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

l'armonizzazione e l'integrazione del settore con altre attività economiche al fine di consentire lo sviluppo e il diffondersi di formule innovative ( nuovi concept-store, librerie-caffetterie,ecc.,)

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la tutela dei cittadini-consumatori, per quanto riguarda la salute con particolare riferimento a

Inquinamento acusticoInquinamento ambientalePrevenzione dell’alcolismoTutela dell’integrità psichica delle

persone

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la tutela dei cittadini-consumatori, per quanto riguarda

la tutela della sicurezza stradale

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la tutela dei cittadini-consumatori, per quanto riguarda:

una corretta informazione sui prezzi e sui prodotti.

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente e dell’ambiente urbano e rurale;

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OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

la salvaguardia del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale.

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CARATTERISTICHE DELLA PROGRAMMAZIONE COMUNALE

ALLA LUCE DEI PRINCI DELINEATI SONO DA RITENERSI IN OGNI MODO ESCLUSI:

UTILIZZO PARAMETRI NUMERICIutilizzo contingenti di superficieindividuazione di distanze minime

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INDIRIZZI STABILITI DALLA NORMATIVA REGIONALE

favorire l'efficacia e la qualità del servizio da rendere al consumatore con particolare riguardo all'adeguatezza della rete e all'integrazione degli esercizi di somministrazione nel contesto sociale ed ambientale;

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INDIRIZZI STABILITI DALLA NORMATIVA REGIONALE

salvaguardare e riqualificare le zone di pregio ARTISTICO, STORICO, ARCHITETTONICO, ARCHEOLOGICO, AMBIENTALE con una presenza di attività di somministrazione adeguate alle esigenze di dotazione di servizio, ma anche alle esigenze di tutela

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INDIRIZZI STABILITI DALLA NORMATIVA REGIONALE

salvaguardare e riqualificare la rete nelle zone meno densamente popolate (Comuni montani, rurali, centri minori, frazioni, )

per incrementarne l’attrattività e contrastare il rischio di desertificazione

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Le zone comunali

vengono individuate qualora il comune abbia un territorio con differenti vocazioni

Vengono individuate alla luce degli obiettivi fissati dalla normativa regionale prima illustrati ("utilità sociale" , promuovere la massima competitività del sistema, ecc.)

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Vocazione delle aree

L’individuazione della delle diverse parti del territorio comunale costituisce un elemento di notevole interesse dal punto di vista qualitativo: può permettere infatti di sviluppare scelte strategiche collegate alla qualità della vita e della gestione del territorio

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Vocazione delle aree

Il criterio può essere utilizzato per determinarecaratteristiche qualitative requisiti prestazionali

coerenti con l’area di insediamento

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Vocazione delle aree

Requisiti e vincoli, al fine di rendere le attività consone alle zone di insediamento, in termini :

di modalità di svolgimento delle attività, (orari, tipologie degli alimenti e bevande somministrabili, modalità di erogazione del servizio soprattutto se svolto all’esterno o in aree visibili all’esterno, ecc.)

strutturali (dimensioni degli esercizi, caratteristiche delle insegne, degli arredi, delle apparecchiature)

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Vocazione delle aree

Le scelte che i comuni potranno effettuare comportano necessariamente una forte integrazione con le normative urbanistiche e igienico-sanitario

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Finalità della zonizzazione comunale

la zonizzazione consente di fissare le caratteristiche indispensabili ai fini del rilascio dell’autorizzazione

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Le zone comunali: requisiti obbligatori da definire da parte del comune

Al fine di promuovere la migliore accessibilità e promuovere adeguate condizioni di sostenibilità ambientale, i Comuni fissano, in relazione alle diverse parti del territorio,

gli standard di parcheggio obbligatori per i nuovi esercizi di somministrazione, ad eccezione di quelli ubicati in ZTL;

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Le zone comunali: requisiti obbligatori da definire da parte del comune

i requisiti di insonorizzazione delle nuove unità immobiliari sede di attività di somministrazione;

la dotazione di adeguate aree per lo scarico merci;

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requisiti facoltativi da valutare da parte del comune

La presenza di almeno un servizio igienico di cortesia, dotato di lavabo e WC, distinto e separato da quelli destinati agli addetti dell'impresa di somministrazione. Il servizio, accessibile ai soggetti diversamente abili, deve essere opportunamente segnalato.

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requisiti facoltativi da valutare da parte del comune

Adeguati spazi funzionali alla gestione differenziata ed igienica dei rifiuti, degli imballaggi e dei contenitori a perdere prodotti dall'attività, tali da ridurre progressivamente il numero dei cassonetti stradali su suolo pubblico e incrementare la raccolta differenziata.

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requisiti facoltativi da valutare da parte del comune

Identificazione di locali di conservazione, magazzinaggio e stoccaggio di derrate alimentari, di convenienti dimensioni in relazione all’attività svolta, che consentano approvvigionamenti periodici e non giornalieri, limitando l'uso di veicoli di trasporto merci ed inquinamento.

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requisiti facoltativi da valutare da parte del comune

L'accessibilità alla totalità dei locali destinati alla somministrazione al pubblico da parte dei soggetti diversamente abili, e non limitata a parti dell'esercizio.

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requisiti facoltativi da valutare da parte del comune

Un equilibrato riparto della superficie complessiva dell'unità immobiliare fra superficie destinata alla preparazione, conservazione e produzione di alimenti e bevande, compresa quella dei locali destinati ai dipendenti, e superficie destinata alla somministrazione cui i clienti hanno libero accesso: quest'ultima non dovrebbe di norma essere inferiore al 40% della superficie totale dell'unità immobiliare.

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Richiesta di autorizzazione

Nella domanda di autorizzazione deve essere dichiarato il rispetto delle vigenti norme in materia di sicurezza con particolare riferimento alla normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e di misure si prevenzione antincendio.

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Individuazione di problemi di sostenibilità da parte del Comune

Qualora il Comune ravvisi, sulla base di indicatori accertati oggettivamente,

oggettivi problemi di sostenibilità sociale ed ambientale e di accessibilità

in parti identificate e delimitate del territorio,

il Comune può inibire limitatamente a tali aree l'avvio di ulteriori attività

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Aree di interesse storico-archeologico

tali aree vanno espressamente individuate da parte dei Comuni alla luce delle indicazioni stabilite nei criteri di programmazione

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Aree di interesse storico-archeologico

nelle aree individuate l’attività di somministrazione può essere sottoposta:

a divietia semplici limitazioni.

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Aree di interesse storico-archeologico

le limitazioni possono riguardare: - il dimensionamento dell'esercizio

(superficie di somministrazione non superiore ad una certa soglia);

- le modalità di erogazione del servizio (ad esempio, limiti sui prodotti somministrabili o altri anche derivanti dall'applicazione di altre normative di settore);

- la tipologia architettonica (insegne, arredi, apparecchiature, ecc. …).

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Autorizzazioni in deroga ai criteri comunali

la possibilità di rilasciare autorizzazioni in deroga ai criteri deve essere prevista nell'ambito dei criteri medesimi

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Autorizzazioni in deroga ai criteri comunali

Le autorizzazioni possono essere rilasciate in deroga nei seguenti casi:

nell'ambito di progetti di valorizzazione commerciale di cui all'art. 8 della legge regionale n. 14 del 1999

nell’ambito di programmi di intervento locali per la promozione e l’attivazione di centri commerciali naturali ai sensi dell’art. 10 bis della l.r.41 del 1997,

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Autorizzazioni in deroga ai criteri comunali

Le autorizzazioni possono essere rilasciate in deroga nei seguenti casi:

nell’ambito di altri progetti volti al recupero e alla riqualificazione di edifici di particolare valore storico;

all'interno di grandi strutture di vendita autorizzate ai sensi della L.R. 14/1999.

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Attività stagionali

Nell'ambito dei Criteri di programmazione i Comuni stabiliscono i criteri relativi all'apertura e al trasferimento delle attività stagionali.

E' facoltà dei Comuni stabilire altresì le condizioni per l'esercizio dell'attività di somministrazione in forma stagionale. Tali condizioni potranno avere ad oggetto, fra gli altri, i seguenti aspetti:

- la zonizzazione del territorio; - la apertura o la chiusura obbligatoria

in determinati periodi dell'anno solare.

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Autorizzazioni temporanee

Nell'ambito dei criteri di programmazione i Comuni possono determinare il termine temporaneo che deve intercorrere fra le autorizzazioni temporanee, di cui all'art. 10 della legge regionale n. 14 del 2003, rilasciate al medesimo organizzatore, nelle stesso luogo e/o con l'utilizzo delle medesime strutture.

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Disciplina dei piccoli trattenimenti

Ai sensi dell'art. 12, comma 2, della legge regionale n. 14 del 2003, le autorizzazioni all'esercizio della somministrazione di alimenti e bevande abilitano anche allo svolgimento di piccoli trattenimenti musicali senza ballo,

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piccoli trattenimenti senza ballo

Spettacoli, trattenimenti (divertimenti,attrazioni,rappresentazioni musicali, esposizione di opere artistiche,presentazione libri,conferenze e manifestazioni similari)

il pubblico assiste in modo prevalentemente passivo, può anche attivamente partecipare, no danza, non deve essere pubblico spettacolo,

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piccoli trattenimenti senza ballo

Il comune può stabilire caratteristiche e modalità di svolgimento inerenti, fra gli altri,

orarimodalità di pubblicizzazionetipo di strumenti musicaliutilizzati

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somministrazione di alcolici

Per governare fenomeni che possono suscitare allarme sociale

per prevenire l'abuso di alcolici i Comuni possono impedire la somministrazione

di bevande alcoliche in relazione a comprovate esigenze di interesse pubblico e possono altresì graduare il divieto di somministrazione di bevande alcoliche sulla base delle diverse tipologie di impianti sportivi presenti sul territorio comunale.

sentiti i competenti assessorati comunali settori sociale e sanitario

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somministrazione di alcolici

Come disposizione generale per tutti gli esercizi di un’area

in particolari occasioni di tempo e di luogo in determinate fasce orarie

come prescrizione temporanea o permanente per determinati esercizi(art 9 TULPS)

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

ATTIVITA’ DI SOMMINISTRAZIONE SVOLTA CONGIUNTAMENTE A ATTIVTA’ DI SPETTACOLO,

TRATTENIMENTO E SVAGO IN STRUTTURE DI SERVIZIO Purché SIA FUNZIONALMENTE E LOGISTICAMENTE

COLLEGATA ALL'ATTIVITÀ PRINCIPALE LA SUPERFICIE DEDICATA ALLA

SOMMINISTRAZIONE NON SIA PREVALENTE

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

NEGLI ESERCIZI ALL’ INTERNO DI AREE DI SERVIZIO DI STRADE EXTRAURBANE PRINCIPALI E AUTOSTARDE

NELLE STAZIONISUI MEZZI DI TRASPORTO PUBBLICO

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

NEGLI ESERCIZI SITUATI NELL’AMBITO DI IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE CARBURANTI PURCHE’

L’IMPIANTO SIA DOTATO DI SISTEMA POST-PAY L’ATTIVITA’ DI SOMMINISTRAZIONE SIA FUNZIONALMENTE

E LOGISTICAMENTE COLLEGATA CON L’ATTIVITA’ DI DISTRIBUZIONE

L’AUTORIZZAZIONE SIA RILASCIATA AL TITOLARE DI LICENZA UTF

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

Il 25 febbraio è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna la deliberazione dell'Assemblea legislativa n. 208 del 2009, contenente le modifiche alle Norme regionali di indirizzo programmatico per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva carburanti già contenute nella Delibera di Consiglio Regionale n. 355 del 2002.

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

La modifica della normativa regionale in materia di distribuzione carburanti è stata determinata dalla esigenza di conformare la disciplina regionale alle disposizioni introdotte dall’ art. 83bis, commi da 17 a 21, del DL 112/2008, come convertito dalla legge 133/2008.

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

La norma nazionale ha risposto alle contestazioni mosse allo Stato italiano dalla Commissione Europea con la procedura di infrazione 2004/4365. La Commissione europea aveva infatti ritenuto che le norme in materia di impianti di distribuzione carburanti confliggessero con il principio di libertà di stabilimento (articolo 43 del Trattato CE), in particolare per gli aspetti relativi all'obbligo di distanze minime e di superfici minime per i nuovi impianti, all'obbligo e alle limitazioni relative alle attività non-oil nell'ambito dell'impianto, agli orari massimi di apertura degli impianti e alle disposizioni relative ai tecnici abilitati a presentare i progetti relativi ai nuovi impianti

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

Le principali novità introdotte dalla disciplina statale si sono sostanziate in:

abolizione delle distanze minime per la realizzazione di nuovi impianti di distribuzione carburanti e per l'aggiunta di ulteriori carburanti negli impianti esistenti;

eliminazione dell'obbligo di superfici minime commerciali per la realizzazione dei nuovi impianti;

eliminazione dell'obbligo di attività accessorie non-oil e di limiti alle dimensioni delle medesime.l

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

NEGLI ESERCIZI ANNESSI AI RIFUGI ALPINI

NEGLI ESERCIZI POLIFUNZIONALINELLE MENSE AZIENDALI E ALTRE

ATTIVITA’ NON APERTE AL PUBBLICO INDIVIDUATE DAI COMUNI

NELLE ATTIVITA’ RICETTIVE

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

PER LE ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE IL COMUNE RILASCIA L’AUTORIZZAZIONE NEL RISPETTO DI TUTTI I REQUISITI E VINCOLA L’ATTIVITA’ DI SOMMINISTRAZIONE A MANTENERE IL COLLEGAMENTO FUNZIONALE E LOGISTICO CON L’ATTIVITA’ PRINCIPALE

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

ATTIVITA’ SVOLTE AL DOMICILIO DEL CONSUMATORE E RIVOLTE SOLO AL CONSUMATORE, SUOI FAMILIARI E INVITATI

DOMICILIO:PRIVATA DIMORA, LOCALE IN CUI IL CONSUMATORE SI TROVI PER MOTIVI DI LAVORO, STUDIO,CERIMONIE,CONVEGNI E CONGRESSI

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ATTIVITA’ ESCLUSE DALLA PROGRAMMAZIONE

ATTIVITA’ SVOLTE IN FORMA TEMPORANEA (ART.10 L.R.14/2003)

IL COMUNE PUO’ STABILIRE L’INTERVALLO DI TEMPO CHE DEVE INTERCORRERE FRA DIVERSE AUTORIZZAZIONI TEMPORANEE RILASCIATE AL MEDESIMO SOGGETTO,NELLO STESSO LUOGO CON LE MEDESIME STRUTTURE

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BED&BREAKFAST

ALLE ATTIVITA’ DI BED&BREAKFAST NON POSSONO ESSERE RILASCIATE AUTORIZZAZIONI AI SENSI DEL DISPOSTO DELL’ART.13 DELLA LEGGE REGIONALE N.16 DEL 2004 SULLE STRUTTURE RIVCETTIVE