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LE NOMINE NELLE FONDAZIONI BANCARIE

UN CASO COMMENTATO DA GIULIO TAMBURONI

CURRICULUM

Giulio Tamburoni è nato ad Alseno (PC) il

15.12.1964. Si è laureato a 22 anni, il

09.07.1987, in Giurisprudenza, conseguendo il

punteggio 110 e lode, presso l’Università degli

Studi di Parma.

L’oggetto della Tesi riguardava “I contratti

Autonomi di Garanzia”, relatore il Prof.Guido

Uberto Tedeschi titolare della Cattedra di

Diritto Commerciale. Dal Luglio 1987 ha

svolto la pratica forense presso lo Studio

dell’Avv. Prof. Benito Spaccapelo del Foro di

Reggio Emilia e docente presso l’Università di Parma e nel Luglio 1990 ha conseguito

l’abilitazione all’esercizio della professione forense. Dall’Agosto 1990 è iscritto all’albo

degli Avvocati di Reggio Emilia. Dal 2002 è iscritto all’Albo speciale degli avvocati

Cassazionisti. Tamburoni ha collaborato con lo studio dell’Avv. Dario Buzzelli del Foro

di Roma e, nell’espletamento dell’attività professionale, ha maturato una significativa

esperienza nel settore civile, in particolare in quello del diritto del lavoro. Ha svolto

inoltre attività di consulenza e assistenza nel settore tributario, materia che è stata

approfondita grazie ad un corso post-laurea presso l’Università di Bologna. Collabora

come consulente per associazioni di categoria professionali.

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LE NOMINE NELLE FONDAZIONI BANCARIE

UN CASO COMMENTATO DA GIULIO TAMBURONI

Nell’agosto 2009 il Consiglio Generale della Fondazione bancaria Q ha deliberato la

nomina a membri del medesimo i Sigg.ri X e Y, nonché ha successivamente votato X

Presidente.

Nel marzo scorso A e B, in qualità di componenti il Consiglio Generale della medesima

Fondazione Q, presentano al Tribunale di W un atto di citazione con il quale chiedono

l’annullamento delle nomine dei Sigg.ri X e Y, adducendo cause di ineleggibilità e

sostenendo che la loro presenza in Consiglio ha violato e viola le norme statutarie che

disciplinano l’organizzazione e l’operatività dell’ente attuative del d.lgs. 153/1999.

Il sistema di designazione dei membri dell’organo di indirizzo della Fondazione Q

prevede vari enti designanti ai sensi dello statuto, sulla base di rose di candidati, dalle

quali il Consiglio Generale uscente nomina i membri del nuovo, ai sensi dell’art. 13 dello

Statuto. Uno di questi enti è una società di capitali posta sotto la direzione ed il controllo

della stessa associazione di cui il Sig.re X era Presidente al tempo della nomina e lo è

tuttora.

L’art.8 dello Statuto della Fondazione Q, infatti, disciplina i casi di incompatibilità ed

ineleggibilità, disponendo che non possono rivestire la carica di componenti dell’organo

di indirizzo, amministrazione e controllo della Fondazione, coloro che ricoprono

funzioni di indirizzo, amministrazione e controllo dei soggetti cui lo Statuto attribuisce il

potere di designazione dei componenti gli organi della Fondazione, ovvero abbiano con

questi rapporti organici, di dipendenza o professionali stabili. Di fatto il Sig.re X ha

nominato se stesso, in palese contrasto con l’art.8 dello Statuto.

In relazione alla nomina del Sig.re Y, si è potuto accertare che la stessa è illegittima in

quanto non ha i requisiti richiesti per la nomina. In conformità all’art.13 dello Statuto il

Sig.re Y dovrebbe essere una persona che “abbia un’adeguata professionalità,

competenza ed esperienza nel settore dell’arte e della conservazione e valorizzazione del

patrimonio artistico”. Mentre il Sig.re Y ha svolto un’onorata carriera come dipendente

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bancario, non ha certo svolto alcuna esperienza nel settore dell’arte, conservazione e

valorizzazione del patrimonio artistico

Dalle tesi sostenute dagli attori A e B, finora esposte, ne deriva che la delibera di nomina

dei nuovi consiglieri dell’agosto 2009 è palesemente illegittima poiché sono stati

nominati nel Consiglio Generale due membri che non avevano i requisiti per questa

carica.

Questo comporta gravissime conseguenze per la corretta funzionalità dell’ente in

questione, in quanto tutti gli atti c.d. “a valle” dell’atto illegittimo potrebbero essere

travolti nella medesima sorte per il concorso (determinante o meno che sia) ( credo sia

invalidante solo se determinante) di consiglieri invalidamente nominati. Si noti – sempre

in via di anticipazione – che il Consiglio Generale della Fondazione è, secondo legge e

secondo statuto, organo co-decisore su una serie di importanti atti a rilevanza esterna (e

non solo sul versante delle erogazioni benefiche, ma anche su quello della gestione del

patrimonio destinato e delle residue partecipazioni bancarie, quindi della voce

“investimenti” in generale), quali – ad esempio -: “ .. la determinazione di programmi

pluriennali di attività con riferimento alla necessità del territorio, individuando i settori, tra quelli

previsti dallo Statuto, ai quali destinare le risorse tempo per tempo disponibili e definendo, in linea di

massima, gli obiettivi, le linee di operatività e le priorità degli interventi; l'approvazione del documento

programmatico previsionale annuale, entro il mese di ottobre di ogni anno, relativo agli obiettivi e alle

linee di operatività e intervento per l’esercizio successivo; la definizione delle linee generali della gestione

patrimoniale e della politica degli investimenti ..” (cfr. art. 14, nn. da 10 a 12, statuto). In

particolare ( comma 3° art. 8 del regolamento della Fondazione), il Consiglio Generale

determina “ … i programmi pluriennali, individuando l'ambito temporale di operatività, i settori di

intervento, tra quelli previsti dallo statuto, le aree territoriali e le relative risorse disponibili, sulla base di

una proposta del Consiglio di Amministrazione; qualora quest'ultimo non provveda, il Consiglio

Generale provvede autonomamente; approva il documento programmatico previsionale annuale

predisposto dal Consiglio di Amministrazione; decide l'esercizio da parte della Fondazione di imprese

strumentali nell'ambito dei settori rilevanti, anche mediante l'assunzione di partecipazioni di controllo in

società operanti in via esclusiva nei settori rilevanti; determina particolari impieghi del patrimonio

finalizzati agli ambiti di operatività istituzionale (ad es. acquisto di immobili funzionali ad attività

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istituzionali, acquisto di opere d'arte, etc.) .. ”; potrebbero non valere, per le fondazioni di

origine bancaria, i meccanismi di sostanziale sanatoria relativamente all’invalidità degli

“interna corporis”, meccanismi elaborati dall’ordinamento in specie per le società di

capitali; la rinomanza e la diffusione di notizie sulla questione (notorietà sui media non

solo locali) potrebbe non consentire ai terzi di opporre la salvezza degli atti compiuti in

buona fede con la Fondazione Q, secondo il noto principio generale sui limiti di

opponibilità del negozio solo annullabile. E questo dunque con gravissimo rischio di

destabilizzazione dell’attività dell’ente aggravata dal fatto che due membri del Consiglio

sono stati eletti illegittimamente e uno, addirittura il Presidente, è l’organo che

rappresenta l’Ente verso l’esterno e riveste un ruolo di garanzia e trasparenza. Primo

presupposto per un corretto funzionamento dell’Ente è la circostanza che gli organi

siamo composti da persone che hanno i requisiti stabiliti dalla legge, nel caso specifico

siamo in presenza di una doppia anomalia nell’organo di indirizzo Consiglio Generale e

di rappresentanza il Presidente.

Relativamente alle ragioni in diritto che fondano la domanda che si sta tratteggiando,

occorre preliminarmente richiamare quali sono le fonti di disciplina delle fondazioni

bancarie come persone giuridiche di diritto privato, fonti che – per la verità, come

attestato anche da autorevoli giuristi (F. GRANDE STEVENS, voce “Fondazioni

bancarie”, in Enc. Diritto – Annali – I – Milano, 2007, p. 608 ss.) – risentono della relativa

novità dell’istituto e del suo inquadramento normativo, sicuramente non organico al

sistema.

E’ assodato tra gli autori – come si vedrà a breve - che non si tratti propriamente di

sottotipologie delle fondazioni civilistiche di cui agli artt. 12 e ss. c.c.

La norma di riferimento deve essere considerata l’art. 29 del d. lgs. n. 153 del 1999,

secondo il quale “Per quanto non previsto dalla legge di delega e dal presente decreto, alle fondazioni

si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 12 e seguenti e 2501 e seguenti, del

codice civile.”.

Ne consegue – ai fini dell’indagine sulla normativa applicabile concretamente – che

occorre appurare: (a) se la legge speciale (principalmente proprio il d.lgs. n. 153) reca utili

spunti; (b) oppure se essi riferimenti si rinvengano nello statuto, in quanto non pare a chi

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scrive che il richiamo statutario possa essere trascurato, giacché proprio la disciplina

legislativa fondamentale lascia spesso all’autonomia degli enti in parola un vero ruolo

complementare; (c) quale sia il portato del rinvio al codice civile.

Le verifiche sub. (a) e sub. (b) risultano negative, nel senso che non si rinviene alcuna

previsione circa la disciplina delle impugnative di delibere di organi delle fondazioni di

origine bancaria e, per di più, gli artt. 10 e 11 del d. lgs. n. 153, nel trattare dei poteri

dell’Autorità di Vigilanza, non menzionano l’impugnativa tra di essi poteri, con ciò

escludendo – all’evidenza - l’argomento che la disciplina di detto rimedio possa ritenersi

assorbita nel campo dei controlli pubblicistici in parola (cfr. invece quanto avviene per le

fondazioni civilistiche nell’art. 25 c.c., dove peraltro non si ritiene che l’annullamento di

atti colà contemplato avvenga in via giudiziaria bensì in via amministrativa).

Resta dunque il rinvio al codice civile e precisamente a quella parte (artt. 12 e ss.) che

riguarda sia le associazioni che le fondazioni come persone giuridiche di diritto privato.

A tale proposito, la dottrina che ha affrontato il tema ha precisato che: “ … se ne ricava

un modello organizzativo costruito con la logica del tipo, suscettibile di essere integrato, in mancanza di

norme specifiche, dagli artt. 12 ss. e 2501 ss. c.c. (art. 29, d.lgs. n. 153 del 1999), secondo un

procedimento analogico che si risolve nella disapplicazione delle norme codicistiche incompatibili con i

caratteri della fondazione bancaria.

Quest'ultima non è un sottotipo della fondazione codicistica: l'esclude la constatazione che la norma di

collegamento del regime speciale del tipo con la disciplina degli enti privati rinvia alle disposizioni dettate

per le persone giuridiche del primo libro del codice civile senza distinguere tra fondazioni ed associazioni

… “ (E. DEL PRATO, Persone giuridiche e fondazioni bancarie, in Banca borsa tit. cred., 2004,

fasc. 6, 678 ss.).

Si potrebbe pertanto concludere per l’applicabilità – in via analogica - dell’art. 23 c.c.,

dettato specificamente in tema di associazioni, il quale dispone: “Annullamento e sospensione

delle deliberazioni. [I]. Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo

statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico

ministero. [II]. L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona

fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima. [III]. Il presidente del tribunale

o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può sospendere, su istanza di colui che

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ha proposto l'impugnazione, la esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi

motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori. [IV].

L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa anche

dall'autorità governativa.”.

Si noti peraltro la legittimazione del P.M., la quale impone, nel redarre l’atto di citazione,

di considerare il medesimo litisconsorte necessario (con le conseguenze processuali del

caso). Sul punto dell’applicabilità della parte “de qua” dell’art. 23 c.c. alle “associazione e

alle fondazioni legalmente riconosciute e con autonoma personalità giuridica” incidenter

Tribunale Palermo, 14 dicembre 2005, in Giur. Merito, 2006, 10, 2164 con nota

MIRENDA (adde Cass. 8 febbraio 1985; Cass. 10 aprile 1990, n. 2983).

Circa il particolare profilo della violazione delle norme statutarie nella contestazione dei

due membri Y e X, si sottolinea nel primo caso la violazione dell’art. 13 e nel secondo la

violazione dell’art. 8 dello statuto. Per il Sig.re Y si deve verificare se lo stesso ha i

requisiti indicati dall’art. 13 dello Statuto, in particolare se ha adeguata professionalità,

competenza ed esperienza nel settore dell’arte, della conservazione e valorizzazione del

patrimonio artistico. La nomina di X prima a consigliere poi a Presidente è in evidente

contrasto con l’art 8 dello statuto. Questa norma dispone che coloro che ricoprono

funzioni di indirizzo, amministrazione e controllo dei soggetti cui lo statuto attribuisce il

potere di designazione dei componenti degli organi della Fondazione, ovvero abbiano

con questi rapporti organici, di dipendenza o professionali stabili non possono rivestire

ruoli negli organi della Fondazione. Inoltre il Sig.re X e la sua vice M sono stati eletti con

sette voti su tredici, quindi col voto determinante di due membri che non avevano i

requisiti per far parte del Consiglio Generale (X e Y) la deliberazione sarebbe nulla anche

se solo uno dei due non avesse i requisiti, perché verrebbe meno il numero legale e ciò

vale anche per l’elezione della vice- presidente M.

Lo scopo della norma violata è quello di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della

fondazione che nell’esercizio della sua attività deve cercare di raggiungere gli scopi

previsti dallo statuto e non essere un mero strumento di potere nella mani degli enti

designanti, autonomia che viene sottolineata dal fatto che gli eletti non hanno alcun

vincolo di mandato con gli enti designanti ( art. 4 legge 153 1999 comma II i componenti

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dell’organo di indirizzo non rappresentano i soggetti esterni che li hanno nominati né ad essi rispondono

). A sottolineare questa autonomia è lo stesso art. 8 dello statuto che nella parte finale

dispone che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo

presso la fondazione, non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione e

controllo presso la società bancaria conferitaria o sue controllate o partecipate.

Nel caso specifico è vero che formalmente X è stato indicato nella rosa di una società di

cui lui non è nel cda, ma come emerge dai documenti agli atti, egli è il Presidente

dell’Associazione che ha il controllo totale di quella società. Ne discende che X in qualità

di Presidente di tale Associazione ha il controllo e la gestione della società che lo ha

proposto e ha con la stessa un rapporto stabile ed organico ed hai sensi dell’art. 8 lettera

E dello statuto non poteva e non può rivestire ruoli negli organi della Fondazione. La

tesi contraria che ritiene legittima la nomina di X si fonderebbe su una interpretazione in

frode alla legge ai sensi dell’art. 1343 e ss c.c. elusiva di una norma imperativa che vuole

dare la massima autonomia delle fondazioni rispetto agli enti con potere di designazione

e alle stesse banche conferitarie. I soggetti in contestazione ai sensi dell’art. 4 lettera H

della d.lgs 153 / 1999 avrebbero dovuto dare immediata comunicazione delle cause di

incompatibilità e decadenza che li riguardano.

Con le premesse e le motivazioni finora esposte A e B hanno citato a comparire avanti

il Tribunale di W la Fondazione Q, in persona del legale rappresentante pro tempore

Sig.re X, nonché il P.M. in qualità di litisconsorzio necessario, per accertare e/o

dichiarare la nullità e/o l’annullamento della deliberazione del Consiglio Generale della

Fondazione Q, nel punto in cui ha deliberato la nomina a membri del medesimo

Consiglio Generale e ha verificato i requisiti e o presupposti dei Sigg.ri X e Y nonché

accertare e/o dichiarare la nullità e/o l’annullamento della deliberazione del Consiglio

Generale della Fondazione Q nel punto in cui ha deliberato la nomina a Presidente di X.

Gli attori A e B chiedono peraltro la immediata sospensione delle suddette deliberazioni.

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