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LE MIE SCENE NEL CASSETTO di Sergio Leone C'era una volta in America simbolo dell'avventura leoniana, epilogo del West: c'è chi ha visto la versione mutilata di due ore e trenta, chi quella ufficiale di tre ore e quaranta. Ma si è parlato poco di quei quaranta-cinquanta minuti mai apparsi in pubblico. Sono «Scene madri» omesse, tagliate dal montaggio definitivo, non senza dolore e recriminazione. Qui, Sergio Leone spiega per la prima volta che cosa rappresentano, perché non sono compresi nella versione cinematografica e quanto gli è costato dover eliminare, dopo averli girati, quel metri "in più" di pellicola. Per rispondere, devo necessariamente fare un lungo passo indietro nel tempo e raccontare come è nata la storia di C'era una volta in America . Normalmente un film nasce da un'idea che viene elaborata in sceneggiatura tramite un processo ad espansione che attraverso gli episodi, i dialoghi e lo svolgersi della trama, racconti quell'idea iniziale. Oppure il progetto nasce da un libro. In questo caso, molto spesso l'adattamento cinematografico implica una riduzione, una serie di scelte. C'era una volta in America nasce invece in modo anomalo, completamente diverso dai canoni tradizionali. Lo spunto proviene da un libro, "Mano armata", ma è proprio e semplicemente lo spunto per raccontare una vicenda molto più complessa ed articolata. 1 / 3

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LE MIE SCENE NEL CASSETTO di Sergio Leone

C'era una volta in America simbolo dell'avventura leoniana, epilogo del West: c'è chi ha vistola versione mutilata di due ore e trenta, chi quella ufficiale di tre ore e quaranta. Ma si è parlatopoco di quei quaranta-cinquanta minuti mai apparsi in pubblico. Sono «Scene madri» omesse,tagliate dal montaggio definitivo, non senza dolore e recriminazione. Qui, Sergio Leone spiegaper la prima volta che cosa rappresentano, perché non sono compresi nella versionecinematografica e quanto gli è costato dover eliminare, dopo averli girati, quel metri "in più" dipellicola.

Per rispondere, devo necessariamente fare un lungo passo indietro nel tempo e raccontarecome è nata la storia di C'era una volta in America. Normalmente un film nasce da un'ideache viene elaborata in sceneggiatura tramite un processo ad espansione che attraverso gliepisodi, i dialoghi e lo svolgersi della trama, racconti quell'idea iniziale. Oppure il progetto nasceda un libro. In questo caso, molto spesso l'adattamento cinematografico implica una riduzione,una serie di scelte. C'era una volta in America nasce invece in modo anomalo, completamentediverso dai canoni tradizionali. Lo spunto proviene da un libro, "Mano armata", ma è proprio esemplicemente lo spunto per raccontare una vicenda molto più complessa ed articolata.

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Avevo bisogno di ristrutturare la storia, ricrearla da cima a fondo per far vivere ai personaggiuna loro vita che li portasse attraverso tutto l'arco narrativo. Fu così che in molti mesi di lavoroin collaborazione con gli sceneggiatori fu concepito quel gigantesco trattamento che, in terminipersino solo letterari, ha ben poco a che vedere con l'opera di Harry Gray.Sceneggiare quel trattamento avrebbe significato fare un film di nove o dieci ore e checomunque non avrebbe avuto quell'impatto e quella forza che io volevo dare alla storia.Si trattava ora di passare ad una seconda fase, quella di riduzione, quella fase che, comedicevo prima, si ha quando un film viene tratto da un'opera letteraria. Fu in questo momentoche nacque l'idea di prevedere una doppia versione: una cinematografica ed una, più lunga,anche proponibile in due o tre puntate televisive.Ciò avrebbe permesso di mantenere alcuni episodi che non avrebbero trovato posto nellaversione per le sale.Quando il film era quasi pronto, tuttavia, il produttore si accordò con le reti televisive per unalunghezza di tre ore e 40 che corrispondeva a quella cinematografica. Quei 40-50 minuti in piùnon avrebbbero più trovato un posto, destinati a rimanere per sempre in un cassetto.Uno di questi episodi era quello dell'incontro, romantico e spiritoso, tra Noodles ed Eve in unelegante bar-ristorante di New York. Era la presentazione di un personaggio. la compagna diNoodles, appena accennato nel film e che nella versione televisiva acquistava uno spaziomaggiore. Culminava in una scena di sesso mancato tra lei e Noodles, ubriaco e disperatodopo essere stato abbandonato da Deborah. Si trattava di due sequenze che non servivano adapprofondire la drammaticità, né avevano una funzione esplicativa nel racconto. Manell'ipotetica versione televisiva avrebbero chiarito una figura che, distribuita nell'arco di piùepisodi, avrebbe potuto risultare sbiadita e poco .riconoscibili.Più o meno per gli stessi motivi, era indirizzata solamente al piccolo schermo la sequenza di unaltro incontro tra Carol e Noodles negli anni

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della vecchiaia. Qui, per la verità, la funzione delle scene mai apparse era quella diapprofondire il misero destino della donna che aveva finito per abbandonarsi all'eroina percercare di aggrapparsi a delle sensazioni che la sua vuota e noiosa esistenza non lepermettevano.Forse anche per cercare di cancellare dei ricordi che rimanevano troppo vividi nella suamemoria.L'episodio di Noodles che nel '68 va al cimitero di Riverdale per visitare il mausoleo con letombe dei suoi amici di un tempo, veniva arricchito, sempre per la televisione, dalla presenza diun personaggio ambiguo ed austero, la direttrice del cimitero, che conferiva un'atmosfera digrande pathos alla prima ricerca del proprio passato da parte del protagonista.La grande interpretazione di Louise Fletcher, premio Oscar per il Cuculo di Milos Forman,aggiungeva fascino e personalità spiccate a quell'incontro quasi irreale. Non nascondo chel'accantonamento dell'idea di una versione tv, e la conseguente scomparsa del personaggio dalfilm, mi hanno messo in una condizione di serio imbarazzo nei confronti di una grande attriceche aveva accettato un così piccolo ruolo per puro entusiasmo e stima nei miei confronti.Purtroppo non ho avuto alternative. Uno dei tanti salti nel tempo, flash forwards e flashbacksche costituiscono la spina dello stile narrativo, veniva risolto in modi diversi per le due versioni.Dopo la rapina a Detroit, l'uccisione di Joe e i suoi scagnozzi, Noodles si getta con tutta l'autoed i suoi amici nel lago. Max, Patsy e Cockeye riemergono, mentre Noodles, restituendo unvecchio scherzo, sembra essere stato ingoiato dalle acque.Max preoccupato scruta in tutte le direzioni e il suo sguardo si blocca su una minacciosa gruche sta dragando il fondo del lago. L'enorme braccio metallico vomita su una riva un ammassodi materiale raccolto e questa cascata di detriti si fonde con quella di un camion di rifiuti chemacina la spazzatura. Ma questa dissolvenza ci ha portato trentatré anni avanti, quandoNoodles sta osservando i cancelli della villa del senatore Bailey e si trova testimone casualedell'esplosione di una limousine di proprietà del senatore. Quella stessa limousine che Noodles,nella versione televisiva, aveva notato al cimitero di Riverdale.Al cinema, invece, le immagini ci portano direttamente dal tonfo dell'auto nell'acqua al serviziotelevisivo che commenta l'esplosione della limousine.Senza dubbio la complessità della versione dilatata ed il suo grande effetto drammaticoconferiscono un senso di ritualità mistica al ricordo di Noodles, amplificano illegamepassatopresente, rendendolo quasi simbolico.Ma anche in questo caso ho dovuto fare una scelta, che anche se sofferta, credo sia in lineacon la struttura del film, i suoi equilibri, la sua compattezza. Senza dubbio, all'opposto, lafantomatica edizione televisiva ne avrebbe guadagnato in chiarezza e spettacolarità.Due scene "scomparse" riguardavano invece il personaggio di Deborah, l'amore di tutta unavita di Noodles. Una di queste precedeva la partenza di lei nel 1933, dopo la violenza subita daNoodles: lei in attesa del treno, seduta al tavolino di un ristorante della stazione, sconvolta edancora incredula per quanto le era accaduto. Aveva la funzione di sottolineare la drammaticitàdella fine di un rapporto d'amore mai vissuto, ma covato dentro per anni ed anni e che avevaportato a quell'esplosizione di violenza inaudita. Come tutte le cose che si scrivono e si giranocon passione, anche questa scena mi sarebbe piaciuto vederla montata, ma nella versionecinematografica avrebbe influito sul ritmo narrativo, con il risultato di appesantire il raccontonella sua struttura.L'altro momento mai apparso che si riferisce al personaggio di Deborah è quello che precedel'ultimo incontro con Noodles nel 1968. Prima di fronteggiarla nel camerino, Noodles era nellaplatea del teatro in cui la donna interpretava Cleopatra nel dramma di Shakespeare. La scenadella morte della principessa egiziana, sublime e semplice al tempo stesso, conferiva unimpatto visivo di grande effetto a quell'incontro.È stata forse la scena che mi è costato di più tagliare, ma rimango convinto che l'immediatezzae la sorpresa che scaturiscono dal faccia a faccia nel camerino rendono più vero e più soffertoquel momento di grande drammaticità.L'ultima sequenza, in ordine cronologico, è quella dell'incontro tra Jimmy, il sindacalista, e ilsenatore Brailey nello studio di quest'ultimo, prima che salga Noodles per il confronto finale. Erauna scena dedicata espressamente al pubblico televisivo, che non ho mai pensato di includerenella versione cinematografica. Si tratta di un lungo colloquio tra i due amici-nemici chespiegava, riassumendola, la situazione che il senatore doveva affrontare, lo scandalo in cui erarimasto coinvolto e la sua disperazione. L'unico elemento che veniva veramente approfonditoera il grottesco contrasto della figura di Jimmy, che da ingenuo idealista si era trasformato neglianni in cinico opportunista al servizio di chi comanda.Quando si scrive una scena dopo averla pensata e rimuginata, corretta e limata, la si gira congrande attenzione, dedizione, cura dei particolari, con l'apporto di tutta una troupe e laprofessionalità degli interpreti, questa scena diventa parte di te stesso, una tua creatura a cui tiaffezioni e a cui senti di dover riconoscere il diritto di esistere. Ma la realtà vuole che il prodottofinale non sia influenzato da istanze illogiche e quel che conta è il risultato.Con C'era una volta in America mi sono trovato di fronte ad una situazione in cui non avevoscelta: la versione per le sale, già di. tre ore e quaranta minuti, non poteva essere appesantitacon scene girate e previste per essere mostrate solo al pubblico televisivo, anche secondannate a rimanere nel dimenticatoio o reliquie di un progetto mai nato. Per gentile concessione: "Cinecritica" n. 11-12, ottobre 1988 / marzo 1989

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