Il cassetto dei buoni consigli

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Terre di Marca Obertenga www.marcaobertenga.com

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Vademecum per ristrutturare case di campagna

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Terre di Marca Obertenga www.marcaobertenga.com

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Indice Indice .............................................................................................................. 1

Chi sono Matteo Massiglio e Dario Canciani. ......................................................... 2

Introduzione al “Cassetto dei buoni consigli”. ....................................................... 3

Professionisti. ................................................................................................... 4

Orientamento degli edifici. ................................................................................. 5

Cosolidamenti: resine o micropali? ...................................................................... 6

Isolamento termico: il problema. ........................................................................ 7

Isolamento termico:soluzioni. ............................................................................. 9

Un terribile nemico delle nostre case: l’umidità di risalita. .................................... 11

Il rinforzo dei solai esistenti. ............................................................................ 13

Un caldo sano e conveniente. ........................................................................... 15

Un secchio bucato ………………………………………………………………………………………………………. 17

La scelta difficile …………………………………………………………………………………………………………. 19

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Chi sono Matteo Massiglio e Dario Canciani.

Nascono a Tortona, Dario nel 1972 e Matteo nel 1977. Il primo si laurea in Ingegneria

Edile e il secondo in Ingegneria Edile /Architettura, entrambi presso l’università di Pavia.

Dopo alcune collaborazioni con importanti studi nazionali ed internazionali - tra cui

Dante O. Benini and partner di Milano – il destino di Dario s’incrocia con quello di

Matteo, con cui fonda, nel 2007, lo Studio ACME di Tortona.

Operano sia nel campo nell’ingegneria strutturale e sismica sia in quello della

progettazione architettonica. Matteo, nel tempo, ha approfondito le tematiche

riguardanti la bio-edilizia e il risparmio energetico, Dario, invece, svolge attività

didattica e docenza in master presso alcune prestigiose università italiane (Pavia,

Torino, Perugia) e collabora con alcune riviste nazionali ed internazionali, tra le quali

Costruire ed Abitare.

Entrambi affiancano all’attività quotidiana anche numerosi interessi culturali in ambiti

professionali e non. Ma di questo avremo modo e tempo di parlare in seguito.

[email protected]

www.studioacme.it

www.dariocanciani.blogspot.it

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Introduzione al “Cassetto dei buoni consigli”.

Il piacere di una vecchia casa da ristrutturare, il recupero di un fienile o di un solaio,

rifare un tetto, costruire un camino, ricavare un secondo bagno, isolare un ambiente,

adeguare gli impianti, sconfiggere l’umidità, risolvere problemi di crepe ….

Potremmo continuare il lungo elenco di problemi con cui si deve misurare chi si pone

l’obiettivo di non costruire ex novo ma intende recuperare un patrimonio edilizio

esistente contribuendo a salvaguardare l’autenticità dei luoghi. Senza considerare

vincoli e autorizzazioni, procedure per le agevolazioni fiscali, rapporti con professionisti,

imprese e artigiani.

Vi sembra un’impresa impossibile? E difficile, ma non impossibile e alla fine, se vi sarete

avvalsi delle giuste collaborazioni, il risultato vi darà grandi soddisfazioni: il piacere di

avere realizzato qualcosa, magari sognata e inseguita per anni, proprio come piace a

voi.

Matteo Massiglio e Dario Canciani

N.B. - Il contenuto di questo volume va inteso come un "vademecum" di orientamento

per quelle persone che sono interessate alla ristrutturazione di vecchi edifici, in ambito,

prevalentemente, non urbano. Le indicazioni e i suggerimenti espressi non hanno

pretese tecnico-scientifiche. I contenuti verranno integrati e approfonditi nel tempo con

temi e argomenti che saranno via via sviluppati dagli autori o suggeriti dai lettori.

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Professionisti.

Il primo consiglio che si può dare a chi ha qualche problema nella propria abitazione,

oppure vuole ristrutturarla o ancora costruirne una nuova, è tanto semplice quanto

fondamentale: affidarsi a un buon progettista.

Spesso si considera il progettista (architetto o ingegnere che sia) come un “costo” se

possibile da evitare e se proprio non se ne può fare a meno si cerca una impresa che

abbia già un “progettista di fiducia”.

Il progettista deve essere “di vostra fiducia” e non di fiducia dell’impresa. Infatti, oltre

a supportarvi nella realizzazione delle vostre idee, dovrà controllare la corretta

esecuzione dei lavori, i tempi e i conti. Se il progettista/direttore dei lavori è di fiducia

dell’impresa, secondo voi, di chi farà gli interessi ?

Scegliete quindi il progettista esattamente come scegliereste un medico, cercante di

capire cosa ha già fatto e, se possibile, acquisite informazioni anche da precedenti

clienti per verificarne le capacità e la serietà.

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Orientamento degli edifici.

Sono molteplici i fattori che influenzano gli aspetti bioclimatici di un’abitazione, specie

se indipendente e non addossata ad altre case. L’orientamento dei vecchi edifici, frutto

di un’antica saggezza contadina che conosceva bene l’ambiente e le stagioni, sono

spesso già collocati in modo da sfruttare al meglio le condizioni di orientamento e

climatiche della zona.

In linea di massima, nel nostro territorio, l’orientamento migliore dell’asse principale

degli edifici ai fini di un guadagno di energia radiante è quello della direzione est-ovest,

ovvero fronte a meridione ottimale per il guadagno termico solare, viceversa il fronte

nord investito dai venti freddi sarà quello più suscettibile alle dispersioni termiche. E’

consigliabile quindi l’esposizione sud per gli ambienti più usati, quella verso il nord per

gli spazi serventi e la disposizione di ambienti di filtro tra le due zone.

In fase di realizzazione, si avrà cura di schermare adeguatamente le finestrature di

modo che i raggi solari possano penetrare in inverno ed essere ostacolati in estate con

elementi orizzontali o verticali, che siano fissi o mobili, da dimensionare in base alla

latitudine, altezza edificio, esposizione, ombreggiature esistenti o altro.

Gli elementi orizzontali sono indicati per le vetrate rivolte a sud. In genere sono fissi e

possiamo creare queste schermature con una pensilina, una tenda o altro aggetto della

misura necessaria affinché si ottengano i benefici desiderati.

Gli elementi verticali sono invece indicati per schermare le vetrate rivolte a est e a

ovest, in quanto gli aggetti orizzontali non sono validi perché il sole estivo è basso al

mattino e nel tardo pomeriggio.

Si tratta, dunque, di installare setti verticali perpendicolari o obliqui rispetto alla parete

che possono essere sia fissi che mobili. Tra gli elementi mobili si considera anche la

vegetazione, come ad esempio una vite rampicante e/o alberi (ove possibile) decidui

che, proprio grazie a questa particolarità, autogestiscono l’ombreggiatura in maniera

totalmente eco-compatibile (eco-domotica?).

Ricordiamo che le schermature interne, come tapparelle, avvolgibili, veneziane e tende

sono meno efficaci di quelle esterne, ma, quando non è proprio possibile installare

queste ultime, utilizziamo pure le soluzioni interne.

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Cosolidamenti: resine o micropali?

Quando una porzione di casa ha evidenti segni di cedimento o fessurazioni, le

cosiddette “crepe”, che fare?

Una premessa: il terreno è un’entità viva, che ha dei piccoli movimenti, si comporta

come una spugna: si “gonfia” con l’acqua e si “sgonfia” con la siccità; se poi l’edificio ha

una parte cantinata e una no, la differenza di livello favorirà una differenza di

comportamenti – quelli che in gergo si chiamano “cedimenti differenziali” - e quindi le

fessurazioni.

Le tecniche d’intervento più diffuse sono due: micropali e iniezioni di resine.

Rinforzare mediante micropali significa ancorare le fondazioni agli strati profondi e

meno soggetti a cedimenti , sono in pratica delle fondazioni “profonde”.

La resina, invece, è una sostanza che si inietta nel terreno al fine di riempirne i vuoti e

renderlo omogeneo . Trova un buon impiego in zone di pianura o di collina dolce.

L'edificio potrebbe però non rimane preservato da ulteriori adattamenti del suolo.

Il primo sistema è più invasivo perché per fare i micropali occorrono trivelle di una certa

dimensione e poi occorre infilare nel terreno pali in acciaio, gettare il calcestruzzo e

collegarli alle fondazioni esistenti: un po’ come se si costruissero dei “pilastri” nel

terreno.

Il secondo sistema è invece meno “violento” perché arriva un piccolo camioncino con

delle specie di compressori che iniettano appunto queste resine nel suolo.

I costi in sé non sono molto diversi, ma sicuramente le opere accessorie e le

“demolizioni” vanno a vantaggio delle resine, specie se il cedimento o le fessure non

sono eccessive.

Attenzione, però, non sempre le resine espandenti vanno bene, poiché la loro efficacia

dipende dalla caratterizzazione geologica del sottosuolo. Ad esempio se è presente una

falda acquifera superficiale, specialmente in terreni permeabili, le resine potrebbero non

avere una presa come da progetto, inoltre in terreni con forti pendenze la loro reale

efficacia è dubbia. Se poi l’edifico non è cantinato può verificarsi un riaffioramento delle

resine e quindi un sollevamento dei pavimenti interni.

Si tratta sempre di interventi delicati, che vanno valutati caso per caso, con la

consulenza di esperti: sicuramente un geologo che indaghi le qualità e le stratigrafie del

terreno e un ingegnere che sappia valutare-leggere l’andamento delle crepe,

comprenderne l’origine e quindi fornire le soluzioni più idonee.

Con la collaborazione di Massimo Baiardi, geologo.

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Isolamento termico: il problema.

Se dal punto di vista costruttivo l’architettura moderna ha prodotto degli edifici

energivori, non è detto che con qualche accorgimento non possiamo migliorare questo

aspetto. Le perdite ingenti di calore nei nostri edifici rappresentano, infatti, un ulteriore

peso rilevante sulle spese che sosteniamo per il nostro comfort e benessere, ai quali è

difficile rinunciare, considerato che la nostra casa è il luogo dove trascorriamo più

tempo.

Parliamo tanto di energie rinnovabili, di fotovoltaico per la produzione di energia

elettrica, pannelli solari per la produzione di acqua calda, impianti geotermici per

riscaldamento e raffrescamento, impianti domotici, serramenti basso emissivi, ma

trascuriamo allo stesso tempo una tecnologia semplice ed economica che è il punto di

partenza per far funzionare al meglio tutto questo: l’isolamento termico.

Nei primi anni in cui si poteva usufruire di detrazioni per lavori di risparmio energetico,

molti hanno cambiato i serramenti ma spesso si sono ritrovati, in poco tempo, a

combattere evidenti formazioni di muffe dappertutto e soprattutto vicino ai serramenti

esterni. Questo accadeva perché non si ovviava al fatto che il vecchio serramento, se da

un lato era un “colabrodo”, proprio per questo, però, permetteva quello scambio

continuo d’aria che asciugava l’umidità che si forma normalmente in tutte le case. I

problemi non erano risolti e in molti maturavano l’idea di avere buttato i soldi dalla

finestra, convinzione non del tutto infondata, a dire il vero, in assenza di un

completamento dell’intervento con l’indispensabile isolamento termico dell’abitazione.

Il costo di questo tipo d’intervento in fase di costruzione di un nuovo edificio incide

davvero poco (tra il 5 e 10%), mentre è più rilevante se s’interviene in un secondo

momento per migliorare un edificio già esistente. E’ bene dire, però, che si tratta di un

costo ampiamente recuperabile in pochi anni grazie alla consistente riduzione dei

consumi termici.

E allora, perché un isolamento termico ottimale?

1. L’isolamento termico è una fonte di energia

Parliamo tanto di “energia pulita” ma dobbiamo sapere che l’energia davvero pulita è

prima di tutto quella che non consumiamo! L’isolamento agisce in questo senso: riduce

il fabbisogno di energia contribuendo a ridurre le emissioni nocive in atmosfera.

2. Il comfort

Sappiamo che la temperatura dell’aria è garantita dal riscaldamento ma forse non

prestiamo sufficiente attenzione al fatto che l’isolamento termico influisce in modo

diretto sulle temperature delle superfici. Un edificio ben isolato raggiunge un comfort

ottimale quando la temperatura dell’aria raggiunge i 20°C e, al tempo stesso, riduce le

dispersioni di calore verso l’esterno. Gli standard d’isolamento delle “case passive” sono

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quelli da prendere ad esempio, integrandoli, tuttavia, con serramenti di elevate

caratteristiche termiche.

Occorre, inoltre, riflettere sul fatto che un buon isolamento termico della casa non solo

aiuta a risparmiare durante il periodo invernale ma diminuisce drasticamente i costi

anche per il raffrescamento dei locali interni durante il periodo estivo. Si tratta di una

questione spesso sottovalutata in quanto le “case passive” cui si fa riferimento,

riguardano in prevalenza esperienze nord europee, dove il problema fondamentale è il

freddo intenso. Noi, invece, dobbiamo confrontarci con un’elevata escursione termica

stagionale che ci porta a dover risolvere entrambe le problematiche: il caldo dell’estate

e il freddo dell’inverno. Lo sanno molto bene coloro che anni fa hanno acquistato le

prime case prefabbricate in legno, molto decantate per i risparmi energetici invernali,

dovendosi poi sobbarcare le spese di costosi impianti di condizionamento per sopperire

a temperature eccessive in casa nel periodo estivo.

Nel prossimo “buon consiglio” vi parleremo di alcune possibili soluzioni.

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Isolamento termico:soluzioni.

Le modalità con cui eseguire l’isolamento termico di una casa sono numerose, tra

queste citiamo il più conosciuto “cappotto termico”, che può essere eseguito sia

esternamente che internamente la casa, e ”l’insufflaggio” di materiale isolante nelle

intercapedini esistenti nelle murature a cassa vuota, soprattutto nelle case e condomini

degli anni ’60 – ’70 – ’80.

Individuare e correggere i “ponti termici” (ovvero zone di dispersione termica) negli

edifici è di fondamentale importanza sia per la salubrità degli ambienti, sia per il

risparmio energetico generale delle costruzioni.

La cosa fondamentale per avere chiare le idee e non lasciarsi “abbindolare” è quella di

far eseguire alla propria casa o appartamento una “termografia”. è una tecnica che,

mediante l' uso di una particolare telecamera e successiva restituzione grafica (con

colori dal rosso al blu molto intuitivi) consente l’individuazione puntuale e precisa delle

dispersioni termiche di un edificio così da permettere una conseguente perfetta

definizione a tavolino degli interventi di isolamento, senza sgradite sorprese successive.

Diciamo subito che la miglior scelta è la realizzazione di un cappotto esterno: in questo

modo andiamo a coprire tutta la casa evitando di lasciare zone scoperte (ponti termici)

o comunque di limitarne fortemente la formazione. Tra questi possiamo citare i balconi

e parti aggettanti in generale, celini, cassonetti per tapparelle, spigoli esterni,

sottofondazioni a contatto col terreno: tutti punti che comunque hanno trovato in questi

ultimi anni soluzioni molto valide.

Le caratteristiche tipiche e insostituibili del “cappotto”:

· isolare senza discontinuità dal freddo e dal caldo;

· proteggere le facciate dagli agenti atmosferici;

· rendere ottimali, confortevoli e igieniche le condizioni degli spazi abitativi;

· contribuire sensibilmente alla riduzione delle immissioni inquinanti nell’atmosfera.

Di contro è molto dispendioso in quanto, oltre allo strato di isolante, bisogna creare un

nuovo strato di intonaco esterno e si ha bisogno quindi di impalcature e di imprese edili

professionali per l’esecuzione a regola d’arte.

In certe occasioni, invece, vuoi per problemi di distanze da costruzioni o confini vicini, o

perché magari ci troviamo in appartamento e non possiamo alterare il prospetto del

condominio, dobbiamo eseguire il cappotto interno. Medesimi vantaggi di quello esterno

ma da valutare altre problematiche come:

· diminuzione della misura degli ambienti;

· problemi nell’installazione di scaffalature e simili in quanto bisogna prevedere

contro-pareti per ovviare al problema, con l’ulteriore diminuzione degli spazi;

· residui di problematiche derivanti da ponti termici non risolti all’origine.

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Per quanto concerne, invece, le costruzioni con murature a cassa vuota, negli ultimi

anni si è fatta avanti una tecnica molto valida dal punto di vista del rapporto

costi/benefici: l’insufflaggio di materiale isolante nelle intercapedini delle medesime.

In realtà è una tecnica già in uso da tempo ma eseguita, originariamente, con sostanze

schiumose che indurendosi creavano una barriera termica. Si trattava, però, di una

soluzione molto invasiva soprattutto perché non retroattiva: un vero e proprio muro che

avvolgeva anche impianti passanti nelle intercapedini con prevedibili disagi in caso di

manutenzioni agli stessi.

Oggi viene, invece, utilizzato materiale secco: ha i vantaggi dell’isolamento classico e,

soprattutto, può essere facilmente rimosso in caso di necessità.

I materiali utilizzati sono i più vari: dal granulato di sughero espanso, alle sfere sfuse di

polistirene, all’argilla espansa, fino agli ecologici fiocchi di cellulosa che derivano da

scarti di raffinazione della cellulosa di cartiera. Interessanti sono anche i risultati in

termini di isolamento acustico.

Si tratta di un metodo poco invasivo anche dal punto di vista dei lavori edili necessari in

quanto vengono effettuati dei piccoli fori nei muri perimetrali (di pochi cm di diametro)

e possono essere eseguiti sia dall’interno che dall’esterno. Non ledono il prospetto

condominiale e non diminuiscono metratura “preziosa” dell’appartamento. L’economicità

e la rapidità d’intervento (nell’ordine di uno o due giorni contro le settimane dei sistemi

a cappotto) hanno portato a un’impennata di richieste negli ultimi tempi.

Le principali problematiche tecniche da tenere presenti riguardano:

· intercapedini riguardanti murature di spessore superiore ai 5-6 cm per avere una

reale convenienza dell’intervento;

· individuazione meticolosa, di eventuali camini passanti, dove bisogna solamente

utilizzare del materiale ignifugo (viene fatto tramite video-ispezione prima degli

interventi);

· eventuale accoppiamento con altri interventi per eliminare ponti termici esistenti

come ad esempio pilastri, travi, pareti sottofinestra, cassonetti tapparelle.

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Un terribile nemico delle nostre

case: l’umidità di risalita.

Il fenomeno della risalita dell'acqua nelle murature è spesso attribuito alla tecnologia

costruttiva di una parete muraria e ai suoi elementi costitutivi: blocchi di mattoni,

pietre, ciottoli di diverse pezzature legati tra loro da impasti di sabbia e cemento: tutti

materiali assorbenti. Il fenomeno è maggiormente accentuato in assenza di un

isolamento delle murature dalla fondazione e spesso anche dalla mancanza di un piano

scantinato, con il conseguente diretto contatto del muro col terreno. L'”effetto camino”

che permette la continuità del processo di risalita dell’acqua sul muro, che si comporta

come una spugna, è oltretutto assicurato dall'evaporazione dell’acqua stessa che attira

dall'interno, per effetto osmotico, altra acqua e i sali in essa disciolti.

Prima di studiare la migliore soluzione tecnica per affrontare il problema è bene partire

dal presupposto che l'umidità è solo un sintomo, e come tale è fondamentale

individuarne le cause per poterlo curare. Lo strato bagnato e marcio che si presenta

sulla muratura è causato dai sali dannosi (es. salnitro) accumulati negli anni e dalla

risalita ancora oggi in atto.

Soluzioni come cartongessi, perline, pannelli, ecc. che si applicano alla muratura

interna, ritinteggiature o nuovi intonaci anche, macro-porosi, sulla muratura esterna,

senza averla prima prosciugata e risanata, sono “non soluzioni” che non risolvono la

causa della risalita capillare dell’acqua dal terreno. Sono interventi di cosmesi idonei

solo a coprire e mascherare il problema che, inevitabilmente, si ripresenterà entro

breve tempo. Il problema rimarrà e provocherà comunque un disagio ambientale, in

quanto una muratura umida perde le caratteristiche proprie isolanti e l’ambiente interno

dell’abitazione non può definirsi sano. Infatti, l'umidità di risalita in un'abitazione e

l'evaporazione della stessa negli ambienti domestici, aumenta il tasso di vapore acqueo

nell'aria favorendo fenomeni di condensazione in altre parti dei muri dove potranno

comparire aree di muffe, causa di problemi igienici, allergie, asma, ecc..

Un ulteriore danno, mai calcolato in occasione di interventi di risanamento delle

murature o di ristrutturazione di vecchi muri umidi, è quello relativo al fattore di

isolamento termico: una muratura umida si comporta come una maglia di lana umida e

trasmette molto velocemente il calore, aumentando anche del 40% i consumi per il

riscaldamento.

Detto questo, per risanare “definitivamente” una muratura dall’umidità di risalita, è

necessario operare su due fronti:

· rimuovere i sali esistenti, in quanto mantengono il muro umido e ne causano la

distruzione;

· creare un'efficace barriera alla risalita dell’acqua, per impedire l'ingresso di nuova

umidità e sali.

Le tecniche attualmente in uso, quasi tutte caratterizzate dalle medesime modalità

d’intervento tramite fori nei muri ad intervalli regolari, sono riconducibili a tre tipologie:

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Sistemi attivi: prevedono di operare mediante uno sbarramento chimico e/o fisico.

La barriera chimica, o taglio chimico, viene formata iniettando del liquido idrofobizzante

che forma nel muro uno strato idrorepellente in grado di bloccare e respingere l'acqua

in risalita. Il taglio fisico consiste invece nel realizzare un vero e proprio taglio nel muro

per permettere l'inserimento di una guaina o lastra impermeabilizzante. E' bene

precisare che quest'ultima è una soluzione risolutiva ma molto delicata da eseguire e

molto invasiva, spesso poco gradita alle Autorità, specialmente in zona sismica, e quindi

da evitare.

Sistemi passivi: l'allontanamento dell'acqua avviene mediante i cosiddetti metodi di

aerazione, con cartucce o buchi, drenaggi, intercapedini, scannafossi aeranti e intonaci

evaporanti. A proposito di questi ultimi, c’è da dire che riescono a garantire buone

prestazioni nell'immediato mostrando un'apparente asciugatura del muro. In realtà essi

danno vita a una sorta di risucchio forzato provocando un aumento della risalita e

dell'evaporazione, con la conseguente formazione di molti cristalli di sali che andranno

man mano a saturare l'intonaco, fino a farlo crollare. Si parla in questo caso di intonaco

“sacrificale”.

Sistemi di evacuazione: sono i sistemi elettrosmotici e le apparecchiature di tipo

elettrofisico, metodi per nulla invasivi e di costo relativamente contenuto. Il concetto

alla base di queste applicazioni è che, se l'acqua tende ad andare verso il polo negativo,

basterebbe creare artificialmente un campo elettrico o elettromagnetico nel quale il polo

negativo sia situato nel terreno, mentre il polo positivo sia collocato nel muro. Molti

dubbi sono stati sollevati circa la loro reale efficacia nelle effettive condizioni di

esercizio. Vale qui il proverbio: “tra il dire e il fare vi è di mezzo il mare”. A nostro

avviso, ci sono ancora troppe differenze tecniche tra le marche commerciali presenti sul

mercato (oltre al prezzo) per poterne affermare validità e convenienza.

In conclusione, possiamo affermare che il problema dell'eliminazione dell'umidità nelle

murature è una delle questioni più sentite nella pratica della manutenzione degli edifici

e del restauro fin dall'antichità e rimane ancora oggi un tema di grande attualità. Basta

guardarsi intorno ed è facile verificare come il problema sia fortemente presente, d’altro

canto, la stessa informazione tecnica messa a disposizione dai produttori (spesso

carente e di parte) non sempre consente di fornire risposte attendibili per l’assunzione

di decisioni consapevoli. In ogni caso, valutazioni tecniche in loco sono indispensabili

per comprendere in dettaglio la natura del fenomeno, valutare la soluzione più

adeguata al singolo caso e definire al meglio le modalità d’intervento.

Fatte salve situazioni particolari, la sequenza standard di operazioni suggerite è la

seguente:

1) asportazione dell’intonaco ammalorato, fino ad almeno 1 metro sopra la “linea”

visibile del problema;

2) raschiatura di sali, di muffe e di quant’altro abbia intaccato il muro;

3) asciugatura del muro per un tempo da valutare in relazione all’entità del danno;

4) esecuzione di un taglio chimico;

5) realizzazione dell’intonacatura mediante materiali macro-porizzati per migliorarne le

prestazioni;

6) utilizzo, infine, di idropitture altamente traspiranti.

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Il rinforzo dei solai esistenti.

Accade spesso, nei vecchi edifici, di trovarsi di fronte a solai sui quali vi sono dubbi di

stabilità e capacità portante, oppure sono oggetto di ristrutturazione e cambi di

destinazione d’uso. La questione è particolarmente delicata perché riguarda problemi di

staticità e di sicurezza che andranno affrontati anche alla luce delle normative

antisismiche.

Come sempre, il primo passo è l’analisi accurata dello stato di fatto, attraverso

l’individuazione dei materiali utilizzati, degli strati e dello stato di conservazione,

operazione che comporta ovviamente l’esecuzione di saggi di prova.

Occorre, inoltre, capire come il solaio è connesso alle murature: il terremoto produce

forze “orizzontali” e può “sfilare” il solaio dalla sua sede provocandone la caduta e, di

conseguenza, danni irreparabili all’intero stabile.

Nei casi dubbi, può essere necessario procedere anche con “prove di carico”,

applicando, per l’appunto, dei carichi ai solai. In questo modo si misura la deformazione

degli stessi e da questi dati si ricava la capacità portante. In alcuni casi tale analisi può

essere svolta direttamente dall’impresa - ovviamente coordinata da un ingegnere - ma

sempre più spesso ci si affida a ditte specializzate: la prova dura di solito poche ore,

non si creano danni e i costi sono relativamente contenuti.

Quando si perviene alla conclusione che il manufatto non è in grado di assolvere

completamente il proprio compito, si agisce, generalmente, con il getto di uno strato

superiore di calcestruzzo alleggerito (solitamente sono sufficienti 5-6 cm) che va

“connesso” alla struttura esistente e alle murature. Tale connessione è fondamentale!

Diffidate di chi semplicemente getta del calcestruzzo, è come sostenere che posando

delle pietre su una trave questa può portare più carico.

Anche nel caso in cui provando a camminare su un’asse di legno ci accorgiamo che

flette troppo, non sarà sufficiente posarne una seconda sopra la prima (che, di fatto, ne

aggraverebbe il carico!): occorrerà chiodarle tra di loro per impedire che “scivolino” una

sopra l’altra. I “chiodi” assorbiranno appunto questo scorrimento, renderanno la nuova

struttura più rigida e sono alla base del sistema di “connessione”. Questa tecnica può

essere applicata sia a solai in legno sia a strutture in “putrelle” e voltini, la più classica

delle nostre zone, e persino a solai più “moderni” come quelli in cemento. Come si

diceva prima occorre, però, inserire dei ferri anche nel perimetro per connettere meglio

il solaio alle murature.

Non fatevi spaventare o convincere da chi vi dice che sono sistemi complicati o costosi:

ci sono ditte produttrici che forniscono tutto il materiale adatto per mettere in grado

ogni impresa di svolgere il lavoro in tempi rapidi e con costi del tutto sopportabili.

Infine, non fidatevi del semplice fatto che “in passato ci caricavamo quintali di fieno ed

è ancora su!” perché, innanzitutto, un conto è la capacità portante e un’altra la

deformazione. Se un solaio con sopra del fieno si deforma, è poco male, ma se si

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deforma un solaio di abitazione provocando la fessurazione di piastrelle e tramezze ci

possono essere danni economici anche considerevoli e poi, come diceva un vecchio

saggio, “anche la torre di Pavia è stata su per secoli e una notte, all’improvviso, è

crollata!”.

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Un caldo sano e conveniente.

Il sistema di riscaldamento della casa è un elemento fondamentale della nostra

abitazione che ne determina il livello di efficienza e di comfort. Scegliere l'impianto più

adatto è importante per garantire la giusta temperatura durante tutto l'anno, ma anche

per limitare i costi di gestione e per rendere più eco-sostenibile l'edificio. Valutare le

diverse soluzioni per individuare quella più adatta, sia per una casa nuova sia per una

ristrutturazione, dipende da svariatii fattori: dall’esposizione diretta ai raggi solari, alla

disposizione interna degli ambienti, dal grado d’isolamento termico esistente,

all’ubicazione stessa della casa da riscaldare.

Vediamo in dettaglio un sistema “rinato” negli ultimi anni.

Il riscaldamento a pavimento

“…è dannoso per la circolazione delle gambe!”

“ allaga tutta la casa se scoppiano i tubi!”

Sicuramente antiestetici e spesso ingombranti, i termosifoni o caloriferi tradizionali

trovano sempre meno spazio nelle moderne progettazioni di edifici. Riscaldare gli

ambienti dal basso, invece, non è una scoperta ma piuttosto una riscoperta.

Il sistema di riscaldamento a pannelli radianti, detto anche "riscaldamento a pavimento"

è un sistema impiantistico sempre più usato per riscaldare gli appartamenti. E' una

tecnologia che permette ottimi risultati dal punto di vista energetico, potendo

funzionare con temperature relativamente basse e in combinazione con i pannelli solari.

Il funzionamento avviene attraverso una serpentina di tubi in cui scorre acqua calda e

che, a loro volta, sono collegati alla caldaia che riscalda il fluido. Il solaio, nella parte più

interna a contatto con la struttura, alloggia uno strato isolante che non permette il

passaggio del calore verso il piano inferiore ma solo verso l'ambiente da riscaldare.

La necessità di applicare tecniche di risparmio energetico nel settore delle costruzioni

sta comportando uno sviluppo di questa tecnologia; cerchiamo, quindi, di valutarne i

principali pro e contro.

Vantaggi

· La bassa temperatura di esercizio (25°-30°) con conseguente risparmio energetico (i

termosifoni hanno temperatura intorno ai 70°-80°) permette di evitare eccessive

dilatazioni termiche e fastidi circolatori (come avveniva invece fino a 30-40 anni fa),

le serpentine sono realizzate con tubazioni più leggere e affidabili.

· Possibilità di collegare i pannelli solari direttamente al riscaldamento.

· Vantaggio nell'uso di caldaie a condensazione.

· Minima dispersione energetica, buona parte del caldo dei termosifoni “vola” in alto e

verso l’esterno nei classici sotto-finestra.

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· Temperatura uniforme e costante su tutta la superficie dell'ambiente riscaldato e

gestione elettronica che ottimizza il rendimento termico.

· Maggiore superficie disponibile grazie all'assenza dei termosifoni, quindi maggior

libertà nell’arredamento degli ambienti.

· Riduzione del movimento dell’aria calda e conseguente riduzione dello spostamento

di polveri, a tutto vantaggio, ad esempio, di chi soffre di allergie.

· Migliore distribuzione del calore dal basso a tutto vantaggio del comfort. Si può

camminare piacevolmente scalzi.

· Assenza di combustione delle polveri.

· Tecnologia adattabile per il raffrescamento estivo, anche in abbinamento a un buon

sistema di deumidificazione dell’ambiente.

Svantaggi

· Costo di realizzazione maggiore rispetto ai sistemi tradizionali (15-20%). Molto

dipende dalle caratteristiche dell'abitazione: se si tratta di un restauro o di una nuova

costruzione, dalla località, dall'altezza degli ambienti.

· Lentezza nel portare a temperatura l'ambiente da riscaldare, ma una volta raggiunta

la temperatura di esercizio essa è mantenuta costante per tutto il periodo di utilizzo.

Molti si chiederanno se è possibile utilizzare il parquet con questo tipo di impianto, la

risposta è che si può utilizzare un qualunque tipo di rivestimento. Naturalmente ogni

rivestimento, cosi anche il parquet, ha specifiche caratteristiche che vanno prese in

considerazione in fase di progettazione!

A tutti coloro che intenderebbero realizzare questo innovativo sistema di riscaldamento

e che si chiedono se esso provochi problemi di circolazione si possono dare ampie

rassicurazioni. Questo rischio, in effetti, esisteva fino a 40-50 anni fa a causa

dell’inesperienza e della conseguente inadeguatezza della progettazione e

dell’installazione dell'impianto che sovente generava temperature d’esercizio dell’acqua

eccessivamente elevate.

Oggi si rispettano i requisiti imposti dalle normative vigenti che regolano tutte le fasi di

progettazione e di realizzazione e dunque si ha un notevole controllo dei risultati e

migliori prestazioni.

Nel medio lungo termine si ottengono costi d’esercizio sicuramente inferiori rispetto ai

sistemi tradizionali, e le bollette energetiche di chi li ha già installati ne sono la

dimostrazione.

Oggi, gli impianti a pannelli radianti consentono un risparmio energetico dell’ordine del

25% ed è importante ricordare che le ristrutturazioni energetiche ottengono degli ottimi

incentivi da parte dello Stato almeno fino a tutto 2014. Il costo totale dell'impianto,

quindi, può essere detratto fino al 65% della spesa…e non è poco di questi tempi!

In conclusione, si consiglia - come sempre - di affidarsi a un progettista capace, una

ditta onesta, qualificata e, possibilmente, sperimentata nello specifico campo, mettendo

da parte quelle diffidenze che spesso accompagnano i sistemi e le soluzioni innovative.

Page 18: Il cassetto dei buoni consigli

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Un secchio bucato.

In questi ultimi anni, forse alla ricerca di un “voltare pagina” rispetto ai decenni di indi-

scriminata speculazione edilizia e forse anche grazie alla crisi perdurante del settore

edilizio, ci si è trovati di fronte a una spietata concorrenza. L’invenduto di nuove costru-

zioni e le abitazioni meno recenti di 30-40 anni fa, se non di più, si confrontano sul

mercato. Le caratteristiche appaiono e sono sovente analoghe.

Adesso non conta più solo la posizione (che magari è la stessa), non conta più la tinteg-

giatura ed entrambi hanno giardinetto e parquet! Adesso il cliente ha una grande scelta

e solo il prezzo la fa da padrone.

Qualcosa bisogna allora inventare per distinguersi, è necessario differenziarsi, serve un

prodotto che si distingua dalla concorrenza. Si scopre il filone del risparmio energetico,

e riparte la corsa all’oro… Di punto in bianco ogni cosa è improvvisamente diventata

“BIO”, tutto adesso è “sostenibile, in bioedilizia, naturale…!”.

Non è così ovviamente. Noi abbiamo la possibilità di costruire, raggiungendo un’ottima

efficienza energetica, utilizzando qualsiasi tipo di materiale, sia che lo si trovi in natura

o che necessiti di una trasformazione per essere ottenuto. Ciò che rende sostenibile

l’intervento dell’uomo non è soltanto il risultato finale, ma il processo e ancor prima

l’approccio.

Non è necessariamente BIO una casa in legno.

La sostenibilità nella costruzione di un edificio è un percorso che parte dall’analisi del si-

to e di chi lo dovrà abitare, tiene conto delle abitudini e degli usi del destinatario finale e

non può prescindere dal “dialogo” con lo spazio in cui l’edificio s’inserisce.

L’orientamento, l’approvvigionamento di risorse idriche, il rapporto con la terra, la scel-

ta dei materiali e la tipologia costruttiva sono solo alcuni aspetti da valutare attenta-

mente e con i quali il progetto dovrà interagire.

Non è sempre più efficiente una Classe A di una Classe C.

Classe A, B, C, D, E, F e tante G…, trascurando le molteplici “non classificabile”.

Il legislatore nel nostro paese non si è mai distinto per chiarezza e di certo anche in

questo campo non ha fatto eccezione. Le, ormai note, “Classi energetiche”, in assenza

di un’unica normativa nazionale di riferimento, sono uno strumento poco utile che non

garantisce un univoco criterio di comparazione e contribuisce così a rendere confusiona-

le lo sforzo di comprensione dell’utente medio, attribuendo all’Attestato di Certificazione

Energetica la mera funzione di “carta per il Notaio”. Ed è qui che nasce il problema:

sappiamo snocciolare a menadito, come le poesie a scuola, i consumi e quant’altro di

qualsiasi auto o lavatrice ma, su quel mostro energivoro della nostra abitazione, che ol-

tretutto non si cambia di certo con la medesima frequenza di auto o lavatrici, poco o

nulla sappiamo. Quanto consuma? Quali sono le dispersioni maggiori? E’ ben isolata

termicamente? L’aria malsana la espello facilmente? Utilizzo fonti rinnovabili?

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La Classe Energetica dovrebbe indicare il “fabbisogno di energia” di quel determinato

involucro edilizio. La realtà però non dice questo, poiché troppi fattori condizionano il ri-

sultato finale. Nelle Regioni che hanno legiferato autonomamente il fattore “impiantisti-

co” è determinante e va a far media con le caratteristiche dell’involucro! E allora che ef-

ficienza energetica è?

Regola aurea I

“Se ho un secchio bucato, è meglio tappare i buchi piuttosto che lasciare aperto il rubi-

netto per tenerlo pieno”.

Poco importa se l’energia che utilizziamo viene da fonti energetiche rinnovabili (certo

questo è sicuramente meglio), prima pensiamo all’involucro. Una volta “certificato” che

l’involucro è “efficiente” e privo di “ponti termici” (che vuol dire evitare di disperdere e

sprecare energia) allora possiamo cominciare a ragionare degli impianti.

Regola aurea II

Diffidate dei "pacchetti regalo" ovvero di pseudo-tecnici che propongono analisi energe-

tiche, con relativo attestato finale, per pochi centesimi.

Quasi sicuramente non entreranno neppure nella vostra abitazione (sì, è utile ribadire

che per eseguire un certificato di prestazione energetica si deve entrare in casa vostra

per rilevare tutto il necessario per poi eseguire i calcoli di rito: dalle dimensioni ambien-

ti, al tipo di serramenti, alle stratigrafie dei muri e solai, alla caldaia, ai termosifoni,

ecc...) di conseguenza il certificato che vi proporranno sarà certamente privo degli ele-

menti basilari per cui lo avete richiesto. Inutile quindi ricordarvi che in caso di controllo

da parte della Regione la multa minima, in caso di anomalie per falsi, si aggira tra i

5000 e i 6000 euro. Pensate poi se ad accorgersene dovesse essere il compratore di

turno: falso in atto pubblico davanti ad un notaio e tutto quello che ne deriva. E pensare

che su un classico appartamento di città da 100.000 euro la redazione di un certificato

si aggira intorno allo 0,3% ! Conviene, quindi, andarsela a cercare !?!

Page 20: Il cassetto dei buoni consigli

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La scelta difficile.

Avete appena finito il vostro nuovo appartamento (o casa) con bellissimi pavimenti in

parquet quercia in zona giorno, un pavimento in ceramica spatolato cemento bianco in

cucina, in pietra naturale rigenerata in bagno, e vi hanno lasciato tutte le pareti bianche

(come da capitolato)?

Siete nella classica fase delle “pulizie di primavera” dove oltre al classico cambio degli

armadi, volete anche cambiare gli armadi, spostare dei mobili e dando uno sguardo ai

muri della vostra casetta non avete più quel feeling con i colori scelti con amore 10 anni

fa?

Bene, è arrivato il momento di scegliere i colori giusti per “ri-arredare casa”. Esatto,

proprio arredare per il semplice fatto che una stanza con pavimenti e mobili coordinati

deve giocoforza avere anche lo sfondo (pareti) intonato per far risaltare l’ambiente

stesso. Praticamente come abbinare i vestiti per le grandi occasioni (o le uscite del

week-end).

Perché esistono infinite combinazioni di colori per vernici (o fantasie di tappezzerie

rivisitate in chiave contemporanea) che vanno ad esempio rispecchiare sia chi preferisce

la modernità dei neutri o i colori più rustici, quindi trovando lo schema adatto alla

propria famiglia e casa.

Il colore è in grado di trasformare radicalmente l’aspetto e l’atmosfera di una stanza, e

anche gli effetti delle diverse superfici possono avere un impatto enorme su un

ambiente. Subito un esempio per capire: il verde è il colore della natura e infonde un

senso di benessere e serenità, infatti non è un caso che prima di andare in scena alcuni

attori attendono nella “stanza verde” per rilassarsi. Il rosso, al contrario, è un clore

energico associato alla vitalità, che stimola il sistema cardiocircolatorio: stimola cioè

entusiasmo, calore e attrazione. Gli schemi dei colori neutri invece sono sempre

popolari (o almeno dagli anni ‘90 in avanti) in quanto uniscono l’eleganza e la classe a

un ambiente rilassante e confortevole che va ad esaudire quel “primordiale” desiderio di

avere non una semplice casa, ma un rifugio dal mondo caotico esterno. L’unico aspetto

negativo di questa ultima tendenza è stato che molti non hanno più “osato” scegliere e

abbinare dei colori caldi/forti per paura di sbagliare di creare orrende composizioni.

Partiamo col raggruppare in schemi predeterminati la scelta più corretta dei colori,

prendendo come base il cerchio dei colori (immagine in alto):

Schemi armoniosi: si creano scegliendo dei colori che sul cerchio dei colori sono

adiacenti, ad esempio giallo-verde-blu. Uno schema di questo tipo avrà sempre suc-

cesso per via dei rapporti di vicinanza che hanno tra loro questi colori.

Schemi complementari o contrastanti: sono più difficili da gestire, ma splendidi

se usati nel modo giusto. Contengono colori che si trovano l’uno di fronte all’altro sul

cerchio: esempio rosso-verde, blu-arancio oppure giallo-viola. Un esempio per saper

calibrare anche la giusta proporzione è avere una poltrona rosa scuro in una stanza

Page 21: Il cassetto dei buoni consigli

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color verde pallido: risalta subito l’oggetto che vogliamo risalti subito agli occhi

dell’ospite senza che questi sia confuso da mille altri colori forti presenti e distolga lo

sguardo, o peggio, lo confonda creando disagio.

Schemi complementari divisi: anziché usare due colori esattamente opposti, se ne

sostituisce uno con i due adiacenti. In questo modo si crea uno schema a tre colori

ad esempio rosso, verde limone(giallo-verde) e turchese (blu-verde).

Schemi monocromatici: sono quegli ambienti decorati con vari toni di un medesi-

mo colore. Il segreto è usare una combinazione di superfici diverse per creare anche

un movimento tattile per non dare piattume al risultato (esempio con lino, cotone,

seta, lana, tappezzerie, ecc..).

Schemi d’accento: usarli è un ottimo modo per ravvivare schemi di colore per am-

bienti monocromatici, armoniosi e neutri. S’introducono colori d’accento su cuscini,

tappetini, quadri e accessori, ma senza esagerare. Un accento no dovrebbe essere

più di questo: un tocco di colore per dare vitalità all’ambiente. A volte un semplice

vaso di tulipani arancioni in una stanza blu è sufficiente per dare una sferzata di colo-

re.

Schemi neutri: diciamo subito che sono i più usati ma sono i prestigiosi assenti dal

cerchio dei colori. Comprendono il nero, bianco, grigio, marrone, beige, kaki e panna.

Offrono elementi di riposo che sono importanti in ogni schema scelto. I più affermati

negli ultimi tempi sono sicuramente le tonalità di grigi che essendo formato solo da

nero e bianco, non enfatizza né attenua i colori che lo circondano premiandolo come

neutro perfetto per ogni schema.

Schemi freddi: si concentrano intorno al blu e comprendono violetto, blu-violetto,

blu, blu-verde, verde. I colori freddi danno l’impressione visiva di fa apparire più

grande una stanza piccola (tonalità chiara). Funzionano bene quindi in quegli am-

bienti che si trovano a sud e ovest perché portano una nota di quiete in ambienti do-

ve la luce diretta del sole li rende di base caldi e soleggiati.

Schemi caldi: comprendono rosso, rosso-arancio, arancio, giallo-arancio, giallo ma

anche rosso-violetto e giallo-verde. Danno l’impressione di avanzare in una ambien-

te: una parete rossa sembrerà più vicina ed è azzeccata se la stanza è lunga e stret-

ta. A contrapposizione degli schemi freddi, qui si prediligono ambienti rivolti a nord e

est per andare a compensare la luce naturale che non arriva e le ombre grigie proiet-

tate possono essere un problema di disagio (a livello di percezione).

Schemi accesi: sono le tinte più autentiche nel cerchio dei colori. Carichi di energia

devono essere usati a piccoli tocchi. Un tocco di verde limone aggiunge un sapore at-

traente ad uno schema ma attenzione: in una stanza da letto dalle pareti verde limo-

ne (o rosse) trasuda così tanta forza e vitalità che sarà difficile stare seduti, e ancor

peggio dormire.

Ricordandoci che, come già detto sopra, il colore non è che un elemento per creare

degli ottimi interni a cui bisogna abbinargli le superfici ed i motivi (ruvido-liscio, seta-

lana, tappezzerie con stampe moderne o vintage) si può solo aggiungere che l’ideale

sarebbe partire sempre dal pavimento che avete: naturale (legno, grès, pietra,

terracotta, ecc.) oppure colorato determinano già di per sé dei canali determinati nella

successiva scelta degli arredi e colori da abbinare per rendere fantastici i vari ambienti

della vostra casa.

E naturalmente, come ultima buona regola oltre a quelle appena descritte, è

consigliabile anche di uscire dagli schemi osando qualcosa di “nuovo” stando comunque

attenti all’unico principio ovvero quello di creare i giusti rapporti nel disegno d’insieme.