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Applicazioni Industriali Elettriche Le Macchine Sincrone 1 LE MACCHINE SINCRONE Introduzione Le macchine sincrone trovano la maggior parte delle applicazioni nel funzionamento da generatore, anche se con l’evoluzione della tecnologia dei convertitori statici di frequenza, si sta diffondendo l’utilizzo di queste anche come motori. Inizialmente facciamo una classificazione che tiene conto di come è realizzato il sistema induttore, ovvero quel sistema che produce il flusso magnetico al traferro e che nelle macchine sincrone è posto sul rotore. Nelle macchine con circuito d’eccitazione in corrente continua, viene realizzato un sistema induttore, costituito da un circuito posto sulla parte rotorica e alimentato ad esempio da anelli posti sull’albero di rotazione. Su questi anelli poggiano delle spazzole (di graffite) che vengono alimentate attraverso un opportuno sistema di alimentazione. Un’altra modalità di realizzazione del sistema induttore è quella che impiega dei magneti permanenti . I materiali che si utilizzano per questo tipo di macchine devono avere ovviamente una induzione residua particolarmente alta, in modo tale che possano resistere a eventuali azioni smagnetizzanti. Questo tipo di macchine trovano largo utilizzo

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Applicazioni Industriali Elettriche – Le Macchine Sincrone

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LE MACCHINE SINCRONE

Introduzione

Le macchine sincrone trovano la maggior parte delle applicazioni nel funzionamento da

generatore, anche se con l’evoluzione della tecnologia dei convertitori statici di frequenza,

si sta diffondendo l’utilizzo di queste anche come motori. Inizialmente facciamo una

classificazione che tiene conto di come è realizzato il sistema induttore, ovvero quel

sistema che produce il flusso magnetico al traferro e che nelle macchine sincrone è posto

sul rotore.

Nelle macchine con circuito d’eccitazione in corrente continua, viene realizzato un

sistema induttore, costituito da un circuito posto sulla parte rotorica e alimentato ad

esempio da anelli posti sull’albero di rotazione. Su questi anelli poggiano delle spazzole (di

graffite) che vengono alimentate attraverso un opportuno sistema di alimentazione.

Un’altra modalità di realizzazione del sistema induttore è quella che impiega dei magneti

permanenti. I materiali che si utilizzano per questo tipo di macchine devono avere

ovviamente una induzione residua particolarmente alta, in modo tale che possano

resistere a eventuali azioni smagnetizzanti. Questo tipo di macchine trovano largo utilizzo

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soprattutto come motori per applicazioni industriali e sono caratterizzate da un’elevata

compattezza.

Una terza tipologia di macchine è quella cosiddetta delle macchine “a riluttanza”, queste

hanno una struttura anisotropa, e sono in grado di creare una coppia elettromagnetica

anche in assenza del circuito induttore, proprio sfruttando la particolare forma del rotore.

Ciascuna di queste categorie si può suddividere ulteriormente, come è evidente dallo

schema.

In particolare per le macchine che hanno un circuito di eccitazione in corrente continua

si ha la suddivisione in macchine con rotore a poli lisci e con rotore a poli salienti. La

prima delle due è utilizzata essenzialmente nella generazione nelle centrali elettriche ed è

una macchina isotropa; la seconda invece ha una struttura anisotropa ed è utilizzata nelle

centrali idrauliche, dove il numero di giri è relativamente basso (500- 1000 giri/min), si fa

questa scelta proprio perché per la struttura del rotore a poli salienti, se raggiungessimo

delle velocità troppo elevate, avremmo dei problemi fisici (dati ad esempio dalla forza

centrifuga).

Per le macchine a magneti permanenti si può fare una distinzione: spm, (isotrope) a

magneti permanenti montati superficialmente al rotore e ipm, (anisotrope) a magneti

permanenti montati internamente alla struttura rotorica.

La categoria delle macchine a riluttanza sono invece per loro natura delle macchine

anisotrope.

In questa trattazione faremo riferimento principalmente alle macchine a circuito

d’eccitazione, in particolare a quelle con rotore a poli salienti, dato che da queste è facile

risalire al funzionamento di quelle a rotore liscio, semplicemente imponendo una

condizione di isotropia.

Macchina Sincrona con Rotore a Poli Lisci

Le macchine a poli lisci hanno una struttura rotorica realizzata disponendo un albero di

rotazione al quale è collegato il motore primo che aziona la macchina; su questo è

calettata una struttura ferromagnetica che può essere di tipo laminare. In questa struttura,

ottenuta impaccando tutti i lamierini, vengono ricavate delle cave, dove poi disporremo i

conduttori dei rispettivi avvolgimenti, che saranno collegati in serie e percorsi da corrente

continua. Questo sistema produce un campo magnetico che ha intensità costante, e ruota

con la stessa velocità di rotazione del rotore.

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NI BH

l S

(1.1)

Lo statore è realizzato con la forma di una corona circolare, utilizzando sempre dei

lamierini di opportuno spessore che vengono anch’essi impaccati tra di loro, come per il

rotore, in modo tale da ricavare delle cave che poi serviranno a disporre gli avvolgimenti

del circuito statorico, che saranno collegati ai morsetti trifase della macchina. I conduttori

di una stessa fase non sono tutti alloggiati all’interno della stessa cava, ma saranno

distribuiti tra più cave adiacenti in modo da occupare un certo numero di cave per polo e

per fase.

Questa macchina è isotropa come si può vedere dalla Fig. 1, in quanto il flusso che

attraversa il circuito magnetico trova sempre la stessa riluttanza, dato che questa è

determinata quasi esclusivamente dal traferro, la cui sezione si mantiene costante, e dato

che tra il rotore e lo statore vi è sempre interposta dell’aria.

Macchina Sincrona con Rotore a Poli Salienti

In questo tipo di macchine la struttura statorica è la stessa di quella precedentemente

descritta mentre quella rotorica è diversa. Sull’albero di rotazione viene realizzato un

mozzo e su questo sono fissate delle razze che sostengono un circuito magnetico. Sopra

queste vengono montate delle espansioni polari, attorno alle quali vengono avvolti dei

solenoidi. Il tutto è chiuso con le cosiddette scarpe polari, la cui funzione è quella di

distribuire il flusso al traferro della macchina. Questi tipi di rotori hanno a differenza di

quelli a poli lisci, che si espandono maggiormente nelle direzione assiale con un diametro

relativamente ridotto, un diametro più grande e una lunghezza assiale ridotta.

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Facendo un discorso analogo a quello fatto precedentemente possiamo osservare che

questa volta la macchina è anisotropa, infatti è facile vedere dalla fig. 2 che la sezione del

traferro non si mantiene costante su tutta la circonferenza della macchina. Questa

osservazione riguardo l’anisotropia magnetica non riguarda il flusso principale, dove

abbiamo sempre un valore di riluttanza minima, ma ci riferiamo alla riluttanza vista dal

campo magnetico di reazione che potrebbe vedere un valore diverso da quello minimo.

Tratteremo il campo magnetico di reazione più avanti nella trattazione delle macchine

sincrone nella condizione di carico.

Funzionamento a Vuoto della Macchina Sincrona

Analizziamo una condizione relativamente semplice di funzionamento, quella in cui

abbiamo i morsetti trifase della macchina aperti e dove ci sia un motore primo che imprima

una coppia al rotore, mettendolo in rotazione con una certa velocità r

. La coppia fornita

dal motore primo è piccola, in prima approssimazione trascurabile, tale che nella

condizione a regime debba sopperire alle perdite nel ferro di statore, dovute al fatto che

il campo magnetico visto in questo è variabile nel tempo (isteresi e correnti parassite) e

alle perdite meccaniche (attrito e autoventilazione) . E’ bene precisare che in un sistema di

questo tipo non vi è un vero e proprio sistema di autoventilazione, ma comunque il rotore

girando, inevitabilmente sposta dell’aria provocando un’azione di resistenza al movimento.

Quindi la coppia motrice dovrà essere uguale alla somma di queste tre.

motrice P . ferrostat attrito autoventilazioneC C C C

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Analizziamo ora cosa avviene più in dettaglio nell’avvolgimento statorico. Se prendo in

considerazione un sistema di riferimento solidale allo statore, osservo un campo

magnetico rotante con la stessa velocità di rotazione del rotore ( r ); questo flusso crea su

un avvolgimento una f.e.m. indotta sinusoidale, quindi ai morsetti statorici avremo un

sistema trifase simmetrico. La frequenza di queste f.e.m. è facilmente ottenibile attraverso

la (3.1) e la (3.2):

rr

2 n

60

(3.1)

s sr s

2 f

p p

(3.2)

essendo r la velocità di rotazione del rotore in rad/sec,

rn i giri al minuto del rotore,

s

la pulsazione delle f.e.m. indotte, sf la frequenza delle f.e.m. indotte e p il numero di

coppie polari della macchina.

Determinata la frequenza di queste f.e.m., dobbiamo determinarne il valore efficace, quindi

lo otteniamo con la (3.3) e la (3.4):

eccd

edt

(3.3) 0 s s ecc

E KN f (3.4)

dove K è la costante che tiene conto della forma d’onda dell’induzione al traferro, del fatto

che i conduttori induttori non sono alloggiati tutti all’interno della stessa cava, ma si

trovano sfasati di un certo angolo tra di loro e quindi le f.e.m. che si creano su questi

vanno sommate vettorialmente e non algebricamente. Inoltre K contiene anche un 2 per

poter esplicitare la frequenza delle grandezze elettriche statoriche sf .

ecc è ovviamente il

flusso provocato dal circuito d’eccitazione.

La 0E dipende quindi dal numero di giri del rotore al minuto e dal flusso d’eccitazione

prodotto dal circuito induttore.

Sappiamo che il circuito magnetico attraversato dal flusso d’eccitazione è composto da

piccoli tratti in aria (traferro) e da lunghi tratti in ferro. E’ evidente che la permeabilità nel

traferro è costante essendo quella dell’aria; non possiamo dire altrettanto per ciò che

riguarda quella del ferro: infatti siamo a conoscenza del fatto che nei materiali

ferromagnetici la caratteristica B H non è lineare, ma per valori elevati di B si verifica il

fenomeno della saturazione dei materiali ferromagnetici. Mettendo il flusso d’eccitazione in

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funzione della corrente prodotta dal circuito induttore e ricordando la (3.4) e inoltre che tale

curva si riferisce a un funzionamento con r costante, tenendo inoltre conto delle

relazioni (3.5) e (3.6), ottengo il grafico nella fig. 3.

ecc ecc eccF N I R (3.5)

lR

s (3.6)

Dunque otteniamo una curva detta caratteristica della macchina a vuoto, dove in un

primo tratto il valore della 0E (f.e.m. indotta a vuoto) cresce linearmente con quello della

eccI , mentre arrivati ad un certo valore di quest’ultima, otteniamo una flessione della

funzione che deriva appunto dal fenomeno della saturazione del materiale ferromagnetico,

dato dalla crescita della riluttanza del circuito magnetico. La 0E può essere misurata

attraverso una prova a vuoto sui morsetti della macchina. Il fatto che questa non cresca

linearmente con la eccI , fa si che ci siano dei problemi nel creare un modello che ci

permetta di studiare dal punto di vista pratico il funzionamento della macchina, siamo

costretti a dunque a formulare delle ipotesi di studio per poter fare una trattazione

semplificata. Assumiamo che la zona di lavoro alla quale ci stiamo riferendo sia quella

lineare. Avendo ben presenti queste considerazioni, posso considerare lineare il

comportamento dei circuiti magnetici, in modo da poter sommare sia le cause che gli

effetti. Sfrutteremo queste considerazioni più avanti nel funzionamento sotto carico.

Vettorialmente si presenta la situazione di fig. 4 data dalla (3.7):

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0 s s eccE jKN f (3.7)

Funzionamento a Carico della Macchina Sincrona

Immaginiamo ora di collegare ai morsetti della macchina un carico passivo, cioè realizzato

ad esempio da un’impedenza trifase equilibrata. Le f.e.m. indotte negli avvolgimenti trifase

faranno circolare delle correnti sI all’interno di ogni avvolgimento, la cui pulsazione sarà la

stessa di quella delle f.e.m., l’ampiezza sarà determinata dalle f.e.m e dall’impedenza

stessa dalla quale determino anche l’angolo ψ (fig. 5)

Quindi le sI costituiscono un sistema trifase equilibrato, e a loro volta creano un campo

magnetico rotante chiamato campo di reazione, che avrà la stessa velocità di rotazione

r del rotore. In sostanza si ottiene una situazione di questo tipo: un campo magnetico

rotante prodotto dal sistema induttore e un altro campo che, prodotto dal sistema indotto,

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si va a sovrapporre a questo. Entrambi hanno la stessa velocità di rotazione

r s s/ p (questo è il motivo per cui si chiama motore sincrono), però una

relazione di fase diversa, in quanto possiamo dire che il flusso i

di reazione del sistema

indotto, sarà in fase con la corrente sI , essendo prodotto da una f.m.m.

iF (relativa alla

sI ) che agisce su un circuito magnetico di riluttanza

iR (

i i i sF R NI ).

Per le considerazioni fatte nel precedente paragrafo posso usare la sovrapposizione degli

effetti, molto utile in questa condizione di funzionamento, dato che ora ho due f.m.m., una

prodotta dal sistema indotto, mentre una è prodotta dal sistema induttore. In teoria noi

potremmo sommare queste due f.m.m., ma incontreremmo una difficoltà, dovuta al fatto

che mentre del ecc

sappiamo sempre quale è il circuito magnetico attraverso il quale

passa, ovvero quello con riluttanza minima, di i

non ne siamo a conoscenza, poiché

dipende dall’angolo di sfasamento ψ tra la corrente sI e la f.e.m.

0E . Riferendoci alla

situazione di fig. 5, possiamo osservare che se la sI fosse in fase con la

0E ,

i e

ecc

sarebbero sfasati di 90°, dunque avrei i

in direzione q (asse ad alta riluttanza) e ecc

in direzione d (asse a bassa riluttanza). Perciò a seconda dell’angolo di sfasamento tra

0E e

sI ho che

i agisce su un circuito di massima o minima riluttanza. Per ovviare al

problema di non conoscere l’effettivo percorso di i

, scompongo la sI in due componenti,

sdI e

sqI , tale da avere anche due componenti di

i : id e iq . Da quanto appena detto

si ottiene la relazione (4.1) con il grafico di fig. 6:

iqi idi id iq

i d q

FF F

R R R (4.1)

Come ecc

induce una f.e.m. 0E negli avvolgimenti statorici, così

id e

iq producono

rispettivamente delle f.e.m. idE e

iqE che gli si vanno a sommare. In sostanza si ottiene

che la U , tensione misurabile negli avvolgimenti statorici, sarà data dalla (4.2) come si

vede dalla fig. 7.

0 id iq 0 sd sd sq sqU E E E E jX I jX I (4.2)

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Sapendo comunque che:

id s id s d sd id d sd

iq s iq s q sq iq q sq

E j j L I L I

E j j L I L I

(4.3)

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Andando a sintetizzare ciò che si può dire sulla reazione d’armatura, osserviamo che la

componente sdI ha un effetto smagnetizzante o magnetizzante sul flusso al traferro a

seconda che la corrente sI si trovi in ritardo o in anticipo rispetto alla

0E : maggiore è lo

sfasamento in ritardo tra sI e

0E (si sta erogando su un carico induttivo), maggiore è la

componente sdI e maggiore è la riduzione dell’ampiezza di

0E (si riduce U ) a causa di

idE (

idE = -

sd sdjX I ) con effetto quindi smagnetizzante.

Nel caso in cui sI fosse in anticipo rispetto a

0E (si sta erogando su un carico capacitivo)

si avrebbe un effetto magnetizzante (si aumenta U ) poiché idE (

idE =

sd sdjX I ) va ad

aumentare l’ampiezza di 0E .

Per quanto riguarda l’altra componente sqI , questa è legata alla

sq sq sqE jX I la quale è

in ritardo di 90° rispetto alla 0E . La tensione che noi effettivamente abbiamo ai capi della

macchina è U , dove è l’angolo di sfasamento tra questa e la sI , caratteristico

dell’impedenza sulla quale la macchina sta erogando potenza, l’angolo è quello tra la sI

e la oE e infine l’angolo è chiamato angolo di carico della macchina.

Quest’ultimo è di fondamentale importanza e deriva dalla componente iq sq sqE jX I ,

ovvero dal fatto che la corrente ha una componente sull’asse q, e quindi che la reazione

d’armatura sia rappresentata anche con una componente di flusso (iq

) in quadratura con

ecc .

Se abbiamo due campi magnetici, tra di essi si crea una forza attrattiva o repulsiva che ha

valore massimo nel caso questi due siano in quadratura tra di loro (prodotto vettoriale). In

sostanza la componente di asse q della reazione d’armatura e quindi della corrente sI è

quella responsabile della coppia elettromotrice che si viene a determinare nella condizione

sotto carico della macchina. Ovviamente questa coppia nel funzionamento da generatore

sarà una coppia resistente mentre in quello da motore sarà motrice.

Quindi il motore primo, nel passaggio da funzionamento da vuoto a carico, dovrà fornire al

generatore una coppia decisamente più grande di quella vista in condizione di morsetti

statorici aperti, che corrisponde in termini elettrici alla potenza elettrica che viene erogata

dal generatore sincrono. Tale potenza vale:

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e s e rP 3UI cos C (4.4)

Con quest’ultima espressione ricaviamo la coppia della macchina espressa dalla (4.5):

s

e

s

3 pUI cosC (4.5)

Dato che si vuole un’espressione in funzione dell’angolo di carico , che nasce quando

c’è la componente iq

in quadratura con la ecc

, otteniamo la coppia voluta attraverso i

seguenti passaggi partendo dalla (4.5):

ss

e s

s s s

3 pUI cos3 pUI cos 3 pC UI cos cos sen sen

tenendo conto che

s sq

s sd

I cos I

I sen I

e

0 sd sd

sq sq

U cos E X I

Usen X I

si ha

0e

s sq sd sd

E sen3 p Usen cos U cos senC U

X X X

e infine la

20e

s sd sq sd

E U3p sen2 1 1C sen U

X 2 X X (4.6)

La (4.6) è l’espressione della coppia fornita da una macchina sincrona anisotropa. Come

avevamo già accennato, questo tipo di espressione ci permette di ricavare la coppia per

una macchina sincrona con rotore a poli lisci, semplicemente imponendo la condizione di

isotropia:

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S sd sqX X X

0

e

s S

E U3pC sen

X (4.7)

Tale espressione per la coppia può essere direttamente trovata considerando il

diagramma fasoriale di Fig. 7a, relativo a una macchina sincrona a poli lisci. Considerando

la relazione s s 0X I cos E sen si può scrivere

s 0

e

s s S

3 pUI cos 3 pUE senC

X (4.7a)

Se ora si considerasse invece di una macchina isotropa, una anisotropa priva di circuito

induttore, ma caratterizzata da una forte anisotropia (macchine a riluttanza), si avrebbe

una 0E nulla; ciò significa che la coppia diverrebbe:

2

e

s sq sd

3 p sen2 1 1C U

2 X X (4.8)

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Figura 8 – Coppia in funzione dell’angolo di carico

Bisogna fare però una osservazione per quanto riguarda la stabilità della macchina: infatti

i punti in cui può realmente funzionare sono quelli compresi tra 0 e il massimo della

funzione (fig. 8), mentre nei punti tra il massimo e si verifica una condizione di

funzionamento pericolosa.

Analizziamo prima cosa accade nella zona di funzionamento stabile. Il rotore dal punto

di vista vettoriale è rappresentato dal ecc

; se il motore primo aumenta la coppia motrice, il

rotore accelera aumentando la velocità di rotazione; aumenta quindi l’angolo di carico e di

conseguenza la coppia resistente, con il raggiungimento di una nuova condizione di

equilibrio. Se invece la macchina stesse funzionando in una zona instabile, a un aumento

della coppia fornita dal motore primo, quindi della velocità del rotore e dell’angolo di carico,

otterrei la diminuzione della coppia resistente, quindi un nuovo incremento della velocità

del rotore; insomma la macchina come già detto si porta in una condizione pericolosa

caratterizzata dal fatto che il rotore aumenta la sua velocità fino a che il sistema

meccanico non ce la fa più a sopportare le sollecitazioni provocate dal funzionamento in

condizioni anomale della macchina. Si dice pertanto che il rotore si porta alla velocità di

fuga e esce dal sincronismo.

Circuito Equivalente della Macchina Sincrona

Per quanto riguarda il circuito equivalente, possiamo schematizzare quello che abbiamo

appena detto con l’equazione (5.1), mentre per una macchina isotropa si ottiene

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l’equazione (5.2) aggiungendo per una maggior precisione il termine che tiene conto della

resistenza propria dell’avvolgimento statorico della macchina:

0 sd sd sq sqU E jX I JX I (5.1)

0 S s sU E JX I RI (5.2)

Quindi il circuito con il quale posso schematizzare la macchina è:

Per quanto riguarda il funzionamento da motore, la corrente circola nel verso contrario

rispetto al generatore, come vedremo più avanti. Il grafico vettoriale relativo al

funzionamento da generatore è quello di figura 9.

Il Rendimento di una Macchina Sincrona Isotropa

Per semplicità, faremo riferimento alle macchine isotrope. Il rendimento di una macchina

sincrona è in genere definita come:

erogata erogata sgeneratore

assorbita erogata persa m r

P P 3UI cos

P P P C (6.1)

La potenza assorbita dalla macchina coincide con quella fornita dal motore primo. In

sostanza le perdite di potenza apprezzabili sono: quelle per attriti meccanici, quelle nel

ferro, quelle per effetto Joule nello statore e nel circuito d’eccitazione.

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persa attrito Fe Cu s Cu rP P P P P (6.2)

con 2

Cu s s sP 3R I (6.3)

L’ultimo termine non è presente nell’espressione nel caso in cui il circuito d’eccitazione sia

separato rispetto a quello statorico.

Manovra di Parallelo di un Generatore Sincrono ad una Rete di Potenza Infinita

Andiamo ad analizzare più da vicino il reale funzionamento di un generatore sincrono che

viene collegato in parallelo alla rete nazionale.

La macchina deve essere allacciata alla rete attraverso un interruttore (fig. 10) dopo aver

raggiunto una condizione appropriata di funzionamento, ottenuta attraverso la cosiddetta

manovra di parallelo.

Quello che otterrei non effettuando la manovra di parallelo prima di connettere i morsetti

trifase della macchina alla rete, sarebbero delle vibrazioni del rotore e delle correnti

assorbite molto elevate, con i relativi problemi connessi a queste.

Grazie al teorema di Thevenin, possiamo schematizzare la rete alla quale attaccheremo la

macchina con un circuito equivalente in modo da poterla considerare di potenza infinita, la

cui tensione a vuoto (U ) si mantiene costante qualsiasi cosa accade durante

funzionamento. Con questa ipotesi possiamo allacciare il nostro generatore ad una rete

con tensione fissa e impedenza nulla.

Per poter effettuare la manovra di parallelo, devo far sì che la 0E sia un vettore che abbia

la stessa AMPIEZZA, FASE e FREQUENZA di U , tensione a vuoto della rete.

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Si può ottenere la regolazione della frequenza attraverso un numero di giri del rotore

adeguato, con le relazioni (3.1) e (3.2); l’ampiezza della 0E si può regolare con

un’opportuna scelta della eccI . L’ultima condizione da soddisfare è quella di avere i due

vettori in fase, in modo da non avere delle correnti dovute a una differenza di potenziale,

nel momento in cui aggancio la macchina. Tale condizione si ottiene variando leggermente

la velocità di rotazione del motore primo; in tal modo la frequenza, e quindi la pulsazione

elettrica, della fem 0E differisce di poco da quella della tensione di rete, permettendo ai

due fasori di raggiungere la situazione di uguaglianza di fase e di rimanere in tale

condizione per il tempo necessario all’operazione di chiusura dell’interruttore di parallelo.

A scopo di verifica della differenza di fase si usano degli strumenti di misura chiamati

sincronoscopi.

Una volta raggiunte le tre condizioni imposte, si può chiudere l’interruttore e la macchina

viene collegata alla rete. La macchina non erogherà alcuna corrente e potenza, come ci

eravamo preposti di fare.

Si vuole quindi regolare la potenza attiva e reattiva da erogare alla rete. Ricordando

l’espressione della coppia elettromagnetica, questa dipende dall’angolo ; quindi

dobbiamo creare obbligatoriamente uno sfasamento tra la 0E e la U (sempre

considerando ciò che si è detto riguardo la stabilità della macchina); devo far sì che la 0E

si porti in leggero anticipo rispetto alla U , con una conseguente produzione di potenza

attiva. Tale condizione si verifica di seguito all’incremento della coppia motrice impressa

dal motore primo all’albero di rotore del generatore sincrono. A seguito di ciò la situazione

ottenuta è quella in fig. 11 con la relazione (7.1):

0 s sE U jX I (7.1)

0 0s

s s

E U E UI j

jX X

(7.2)

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Come si vede dal grafico, oltre a erogare potenza attiva, il generatore sincrono scambia

potenza reattiva capacitiva con la rete stessa, infatti la sI è in anticipo rispetto alla U . Per

regolare il valore e la natura della potenza reattiva si deve agire sulla eccI , e quindi sulla

0E , poiché U è costante, in modo da modificare l’angolo e quindi lo sfasamento della

sI . In tale modo è possibile immettere verso la rete potenza reattiva di tipo induttivo o

capacitivo, rispettivamente sovra-eccitando ( 0E U , Fig. 11a) o sotto-eccitando (

0E U )

la macchina.

Macchina Sincrona in Funzionamento da Motore

Andiamo ora ad analizzare il funzionamento di una macchina sincrona, qualora funzioni

come motore, cioè assorbendo potenza attiva dalla rete. Come per il generatore non è

possibile chiudere l’interruttore a macchina ferma: anche in questo caso deve essere

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effettuata la manovra di parallelo, di cui si è già parlato. La manovra di parallelo viene

effettuata attraverso un motore di lancio, che porta alla velocità desiderata il rotore; poi

come si è già visto, si regola 0E attraverso

eccI e si portano in fase i due vettori verificando

con il sincronoscopio.

Quello che succede quando si connette la macchina alla rete, dopo aver effettuato la

manovra di parallelo, è che la 0E si porta in ritardo rispetto alla U , dato che il rotore, una

volta scollegato al motore di lancio e collegato al carico tramite una frizione, è rallentato

dal carico meccanico, così si viene a generare una coppia motrice che aggancia il rotore

(0E ) al campo magnetico rotante (U ): la situazione è quella in fig. 12, con il relativo

grafico vettoriale di fig. 13.

L’angolo di carico è tanto più grande, quanto maggiore sarà la condizione di carico della

macchina. Sempre intervenendo sul valore delle eccI e quindi della

0E , è possibile

decidere se la macchina debba funzionare assorbendo, oltre alla potenza attiva richiesta

dal carico meccanico, una potenza reattiva di tipo induttivo o capacitivo. A questo

proposito, è bene soffermarsi un attimo proprio sulle possibilità offerte dal motore sincrono

di lavorare come se fosse un banco di condensatori, che però offre il vantaggio di poter

regolare il valore di potenza reattiva che si vuole scambiare. In questa condizione di

funzionamento, il motore sincrono prende il nome di compensatore rotante o

compensatore sincrono. La macchina lavora come un motore nella condizione a vuoto,

quindi assorbendo una potenza attiva utile a compensare le perdite a vuoto della

macchina, ma scambia potenza reattiva di tipo induttivo o capacitivo con la rete a seconda

che venga sotto eccitata o sovraeccitata. Quindi, in generale, affinchè la macchina

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sincrona possa immettere in rete la potenza reattiva richiesta per rifasare apparecchiature

e utenze di tipo resistivo-induttivo, è necessario che la macchina venga sovraeccitata: in

questo modo il motore sincrono ha un comportamento da carico capacitivo.

Il compensatore rotante viene utilizzato come “regolatore” di potenza reattiva, come se

fosse un banco di condensatori, quindi viene collegato alla rete in parallelo, soprattutto nei

nodi dove è necessario fornire la potenza reattiva richiesta dalle utenze. In genere, si evita

di fornire potenza reattiva direttamente dalle centrali elettriche di produzione, ma si

preferisce immetterla nei nodi di smistamento in prossimità delle utenze, in modo da

contenere la dissipazione di energia sulle linee elettriche di trasmissione e sui

trasformatori di alta tensione.