LE LEGGI DELL’ELETTROMAGNETISMO - Elettrotecnica · 2001-10-09 · LE LEGGI...

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CAPITOLO 0 LE LEGGI DELL’ELETTROMAGNETISMO 0.1 Le sorgenti del campo elettromagnetico Assumiamo nota dal corso di Fisica la nozione di carica elettrica (dei due segni), nonché la relativa unità di misura nel Sistema Internazionale (SI) (il coulomb, (C)). Le forze con le quali due cariche puntiformi interagiscono nel vuoto, in un riferimento inerziale, dipendono, oltre che dalla loro posizione reciproca, anche dalle rispettive velocità 1 . La Teoria dell’Elettromagnetismo nel vuoto prende in considerazione un arbitrario sistema di cariche (comunque distribuite), delle quali siano note a priori le leggi del moto (quali che siano) e consente di valutare la forza che si esercita su ciascuna carica, in ogni punto-istante (P;t) dello spazio-tempo “occupato” da essa, per effetto dell'azione di tutte le altre cariche presenti. La teoria consente, inoltre, di valutare anche la forza e il momento (rispetto a un polo arbitrario) risultanti su una qualsiasi parte del sistema di cariche, in ogni istante. Cosa vuole dire assegnare le leggi del moto delle cariche? Nell'ambito di una descrizione macroscopica dell'elettromagnetismo, le cariche possono presentarsi sotto forma di cariche puntiformi concentrate, oppure aggregate in distribuzioni continue: lineari, superficiali o volumetriche. Una descrizione adeguata di questi aggregati continui di cariche è ottenibile assegnando in ciascun punto della distribuzione una corrispondente “densità” scalare: rispettivamente, lineare λ=λ(P;t), superficiale σ=σ(P;t), volumetrica ρ=ρ(P;t). Il significato di tali grandezze è chiaro: nel caso di distribuzioni volumetriche, dire che in un generico punto P della distribuzione, la densità volumetrica ha il valore ρ(P;t) al generico istante t, vuole dire che in un volume elementare dcentrato in P è presente una carica elementare dQ = ρP t d ; (1) analogamente, per le distribuzioni superficiali e lineari risulta, rispettivamente, dQ σ = σP t dS (2) 1 A questo proposito vedi S. Bobbio e E. Gatti, Elementi di Elettromagnetismo, (Boringhieri, Torino 1984).

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CAPITOLO 0

LE LEGGI DELL’ELETTROMAGNETISMO

0.1 Le sorgenti del campo elettromagnetico

Assumiamo nota dal corso di Fisica la nozione di carica elettrica (dei due segni), nonché la

relativa unità di misura nel Sistema Internazionale (SI) (il coulomb, (C)). Le forze con le quali due

cariche puntiformi interagiscono nel vuoto, in un riferimento inerziale, dipendono, oltre che dalla loro

posizione reciproca, anche dalle rispettive velocità 1.

La Teoria dell’Elettromagnetismo nel vuoto prende in considerazione un arbitrario sistema di

cariche (comunque distribuite), delle quali siano note a priori le leggi del moto (quali che siano) e

consente di valutare la forza che si esercita su ciascuna carica, in ogni punto-istante (P;t) dello

spazio-tempo “occupato” da essa, per effetto dell'azione di tutte le altre cariche presenti. La teoria

consente, inoltre, di valutare anche la forza e il momento (rispetto a un polo arbitrario) risultanti su

una qualsiasi parte del sistema di cariche, in ogni istante.

Cosa vuole dire assegnare le leggi del moto delle cariche?

Nell'ambito di una descrizione macroscopica dell'elettromagnetismo, le cariche possono

presentarsi sotto forma di cariche puntiformi concentrate, oppure aggregate in distribuzioni continue:

lineari, superficiali o volumetriche. Una descrizione adeguata di questi aggregati continui di cariche è

ottenibile assegnando in ciascun punto della distribuzione una corrispondente “densità” scalare:

rispettivamente, lineare λ=λ(P;t), superficiale σ=σ(P;t), volumetrica ρ=ρ(P;t).

Il significato di tali grandezze è chiaro: nel caso di distribuzioni volumetriche, dire che in un

generico punto P della distribuzione, la densità volumetrica ha il valore ρ(P;t) al generico istante t,

vuole dire che in un volume elementare dΩ centrato in P è presente una carica elementare

dQ = ρP tdΩ ; (1)

analogamente, per le distribuzioni superficiali e lineari risulta, rispettivamente,

dQσ = σP tdS (2)

1 A questo proposito vedi S. Bobbio e E. Gatti, Elementi di Elettromagnetismo, (Boringhieri, Torino 1984).

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dQλ = λP td O , (3)

avendo indicato con dS e d O , rispettivamente, l’area dell’elemento superficiale e la lunghezza

dell’elemento lineare centrati nel generico punto P della distribuzione. Per ogni fissato istante di

tempo il dominio di definizione di λ è una linea, quello di σ è una superficie e quello di ρ è un

volume dello spazio. È pure ovvio che le unità di misura derivate per le tre densità, nel SI, sono

rispettivamente λ[ ]= C m σ[ ]= C m2 ρ[ ]= C m3

Assegnare, dunque, una distribuzione di cariche, in un dato istante, vuole dire assegnare le

posizioni, in quell'istante, di tutte le cariche puntiformi che ne fanno parte, nonché le funzioni

λP t σ(P;t) e ρ(P;t) , che descrivono, nello stesso istante, le distribuzioni degli aggregati continui

di cariche appartenenti al sistema. È inutile dire che non sempre nel sistema sono presenti

contemporaneamente tutti i diversi tipi di distribuzioni.

Osserviamo esplicitamente che, nell'ambito di una descrizione macroscopica

dell'elettromagnetismo, è possibile concepire la presenza contemporanea, in una stessa regione

spaziale, di due distribuzioni di cariche di segno opposto. Così, ad esempio, un volume elementare

dΩ, centrato attorno a un punto P, può essere considerato sede, nel medesimo istante, di due

distribuzioni volumetriche: una, positiva descritta da una densità ρ+ P;t , l'altra, negativa di densità

ρ− P;t . In tale caso, è ovvio che la densità di carica totale (o “netta”) risulta pari a

ρP; t = ρ+ P;t + ρ− P;t . (4)

Quando accade che ρ− P; t = ρ + P;t , risulta ρP t = 0 . Considerazioni analoghe valgono anche

per gli altri tipi di distribuzioni.

È importante sottolineare che, quando le cariche sono ferme nel nostro riferimento inerziale, di

solito, viene fornita la sola densità netta, e non le eventuali densità di segno opposto che la

compongono, poiché gli effetti elettromagnetici risultanti dalla presenza contemporanea delle

cariche dei due segni (considerate ferme) sono, in questo caso, pari a quelli prodotti dalla carica netta

(o totale).

Diversamente stanno le cose quando passiamo a descrivere il moto delle cariche. In questo, caso,

infatti, occorre partire dalla osservazione fondamentale che due cariche di segno opposto, che si

muovono in versi opposti (con pari velocità) producono lo stesso effetto. Ciò implica che se sono

presenti due portatori di carica, con densità pari rispettivamente a ρ+ P;t e ρ− P;t , occorrerà

specificare tanto la velocità media Y+ P;t , quanto la Y− P;t , con cui i due portatori si muovono

nel riferimento inerziale. Ciò avviene introducendo due grandezze vettoriali, dette densità di corrente,

date rispettivamente da:

- P t = ρ + P tY+ P t , (5)

- − P t = ρ− P tY − P t . (6)

La densità di corrente totale è data ovviamente da:

- P;t = -+ P;t + -− P;t . (7)

Anche in questo caso, ciò che interessa, alla fine, è - P;t .

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È bene, però, osservare esplicitamente che la densità di corrente totale - P;t non può essere

introdotta, in generale, a partire dalla sola conoscenza della densità di carica totale ρP; t . Il caso più

evidente è dato da quello, diffusissimo, che si verifica nei normali conduttori (di rame, ad esempio),

nei quali la corrente elettrica è dovuta al moto orientato dei soli elettroni, mentre gli ioni positivi del

metallo restano fermi. In questo caso, pure essendo ρ− P; t = ρ + P;t e quindi ρP; t = 0 , risulta:

- P t ,

- − P t = ρ− P t ⋅Y − P t(8)

quindi

- P t = ρ− P tY− P t . (9)

Il conduttore, in altre parole, può essere neutro elettricamente in ogni suo punto, e ciò non pertanto

essere percorso da corrente.

Come per le densità scalari di carica, anche per le densità vettoriali di corrente è opportuno

introdurre grandezze diverse a seconda che a muoversi siano cariche distribuite con continuità in un

volume, oppure su una superficie o ancora su una linea. Così, oltre alla densità di corrente

volumetrica J appena introdotta, è possibile definire una densità di corrente superficiale -s , pari a:

-s P t = σ + P tY+ P t+ σ− P tY − P t (10)

e una lineare, - data da

- P t = λ+ P tY + P t + λ − P tY− P t . (11)

Il campo -s è definito su di una superficie e la sua direzione è sempre tangente a essa, e il campo -

è definito lungo una linea e la sua direzione è sempre tangente a essa.

Nelle leggi del campo elettromagnetico in forma integrale le sorgenti compaiono attraverso

grandezze globali: la carica elettrica e l'intensità di corrente elettrica. Per distribuzioni volumetriche,

la carica elettrica totale Q Ω = QΩ t che all’istante t si trova nella regione Ω vale

QΩ t = ρP tdΩPΩ∫∫∫ (12)

(Attenzione: Q Ω = 0 non implica ρ = 0 in Ω.), e l'intensità di corrente elettrica i S = iS t che

all'istante t circola attraverso la superficie orientata S (aperta o chiusa) vale:

iS t = -Pt ⋅QdSPS∫∫ . (13)

L'integrale nella (13) è il flusso del campo di densità corrente attraverso la superficie orientata S.

(Attenzione: i S = 0 non implica J=0 su S). La corrente iS rappresenta la carica netta che nell'unità di

tempo scorre attraverso S. Il segno di i S , per una assegnata J, dipende da come viene orientata la

normale n alla superficie S. La corrente elettrica nel SI si misura in ampere (A): 1A=1C/1s e le unità

di misura per i campi di densità di corrente sono, rispettivamente:

J[ ]= Cm3

ms

= A m2 J s[ ]= C

m2

ms

= A m J[ ]= Cm

ms

= A

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In conclusione, nell’ambito di una descrizione macroscopica dell’elettromagnetismo, assegnare le

leggi del moto delle cariche vuole dire fornire, per ogni tipo di distribuzione, rispettivamente, la

corrispondente densità totale (scalare) di carica e la corrispondente densità totale (vettoriale) di

corrente, come funzioni del punto e del tempo. Occorre, quindi, fornire, ad esempio, per le

distribuzioni volumetriche, le funzioni ρ = ρP t e - -P t per ogni punto P e ogni istante t della

regione di “spazio-tempo” che interessa.

0.2 Le leggi dell’elettromagnetismo nel vuoto

Veniamo ora alle leggi che consentono di determinare la forza agente su una carica per effetto di

tutte le altre, quando siano note le funzioni ρP t e -P t .

Sono possibili due approcci concettualmente distinti; entrambi fanno uso, comunque, di un fatto

fisico fondamentale: il cosiddetto “Principio di sovrapposizione delle interazioni elettromagnetiche”.

Ciò vuole dire che la forza cui è soggetta una data carica (“di prova”) per effetto di un sistema di altre

cariche (“sorgente”) è pari alla somma (vettoriale) delle forze che sarebbero esercitate sulla carica di

prova da ciascuna delle cariche-sorgente, considerata agente da sola (e cioè senza le altre cariche-

sorgente).

I due approcci di cui si parlava prima possono essere così sintetizzati. In uno si considera la forza

che viene ad agire su una data carica di prova per effetto di tutte le altre cariche-sorgente, considerate

insieme. Nell'altro si considera la forza esercitata sulla carica di prova da una singola carica-sorgente,

e si “sovrappongono gli effetti”. Il primo approccio è largamente preferito in Letteratura, perché di

uso più semplice. Noi seguiremo questo approccio.

In generale, la forza risultante F che agisce su una carica puntiforme q che passi, con velocità v,

per un generico punto P all'istante t, è data dalla forza di Lorentz:

) = q(P t + qY ×%P t (14)

nella quale, tutte le grandezze (e cioè coordinate del punto P, istante di tempo t, forza F, velocità v,

carica elettrica q, etc) sono da intendersi misurate in uno stesso sistema di riferimento inerziale

(quello del laboratorio, ad esempio). Il vettore E rappresenta, per definizione, il campo elettrico

agente nel punto-istante (P;t) e B il campo magnetico (induzione magnetica) nello stesso punto-

istante. La (14) consente di misurare, e quindi definire, separatamente E(P;t) e B(P;t).

Per misurare E basta mantenere la carica q ferma nel punto P e misurare la forza ) 0 che agisce, in

queste condizioni, su q. Il rapporto ) 0 q fornisce E:

( ) 0

q. (15)

Per misurare B, una volta misurato E, si attribuisca a q una velocità Y1 , e si misuri la forza )1 che, in

queste condizioni, si esercita su q; si ha allora:

)1 = )0 + qY1 ×% (16)

ripetiamo la misura attribuendo una nuova velocità, Y2 (non parallela a Y1) a q:

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) 2 = ) 0 + qY2 ×% . (17)

Le (16) e (17) consentono di individuare univocamente B. In quanto precede, si è assunto,

ovviamente, che sia E che B non cambino significativamente nell'intervallo di tempo che intercorre

fra le misure di ) 0 )1 e )2 . Ricordiamo che la forza nel Sistema Internazionale si misura in newton

(N) e la velocità in metro/secondo ([v]=m/s).

Il campo elettromagnetico è, per definizione, la coppia ordinata di funzioni vettoriali

(P t %(P;t) , definite in una assegnata regione dello spazio-tempo. Nel SI il modulo del campo

elettrico è misurato in volt/metro (V/m) e quello del campo di induzione magnetica in tesla (T).Il volt è l'unità di misura della tensione elettrica. La tensione elettrica v γ , per definizione, è

l'integrale di linea del campo elettrico lungo una curva γ i cui estremi sono A e B, orientata da $

verso % :

v γ t = (P t ⋅ Wd O γ ∫ . (18)

La tensione elettrica v γ rappresenta il lavoro che compirebbe il campo elettrico su una carica

puntiforme unitaria se si muovesse lungo γ da $ verso % . L'integrale di linea di E lungo una

qualsiasi curva chiusa orientata Γ è detta circuitazione del campo elettrico (nella letteratura viene

anche denominata forza elettro motrice (f.e.m.)).

0.2.1 Le Leggi di Maxwell in forma integrale

Le leggi che governano il campo elettromagnetico nel vuoto, nella loro forma più generale,

possono essere così espresse (assumendo, per semplicità che siano presenti soltanto distribuzioni

volumetriche di cariche e di correnti):

(⋅QdS =Σ t∫∫ 1

ε0ρdΩ

ΩΣ t ∫∫∫ =QΣ t

ε0

, (19)

%⋅QdS =Σ t∫∫ 0 , (20)

( ⋅ Wdl = − ∂%∂t ⋅QdS

S γ t ∫∫γ t∫ , (21)

% ⋅ Wdl = µ0 -+ ε 0∂(∂t ⋅QdS

S γ t ∫∫γ t ∫ = µ0IS γ t t + µ0 ε0∂(∂t ⋅QdS

S γ t ∫∫ , (22)

- ⋅QdS =Σ t∫∫ − ∂ρ

∂t dΩΩΣ t ∫∫∫ , (23)

dove Σ(t) è una qualsiasi superficie chiusa contenuta nel campo, libera di muoversi e/o deformarsi

(senza “lacerazioni”); ΩΣ t è la regione di spazio delimitata da Σ(t); γ(t) è una qualsiasi linea chiusa

contenuta nel campo, libera di muoversi e/o deformarsi (senza “strappi”); Sγ t è una qualsiasi

superficie (aperta) che abbia γ(t) come orlo; i versori (cioè, i vettori unitari) t e n sono legati

attraverso la “regola del cavatappi”. Osserviamo che, nel caso in cui le linee e le superfici non si

deformino nel tempo, è possibile invertire l'operatore di derivata temporale con quello di integrale (e

cioè “derivare sotto segno di integrale”). ε 0 e µ0 sono, rispettivamente, la costante dielettrica e la

permeabilità magnetica del vuoto e valgono nel SI

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ε0 ≅ 8.8542 ⋅10-12 F / m, µ0 = 4π ⋅10-7 H / m ,

dove il farad (F) e l’henry (H) sono, rispettivamente, le unità di misura della capacità e

dell’induttanza nel SI: 1F=1C/1V, 1H=1Wb/1A.

Il weber è l'unità di misura del flusso del campo magnetico attraverso una superficie. Il flusso del

campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie (chiusa o aperta) orientata S per definizione è

l'integrale di superficie della componente normale di B:

ΦS t = % P t ⋅QdSS∫∫ . (24)

Dalla (24) si ottiene che 1Wb=1T·1m2 e dall'equazione (21) si ottiene anche che 1Wb=1V·1s.

Le leggi dell'elettromagnetismo appena scritte prendono il nome di Equazioni di Maxwell in forma

“globale” o integrale, in quanto esse legano le circuitazioni ed i flussi dei campi E e B tra di loro e

alle cariche e correnti. Le (19) e (20) sono le “Leggi di Gauss” per il campo elettrico e per il campo

magnetico; la (21) è la legge di Faraday-Neumann, la (22) è la legge di Ampère-Maxwell, la (23) è la

legge di conservazione della carica elettrica. Come si vede, le sorgenti del campo elettromagnetico (e

cioè i termini noti nelle (19)÷(23)) sono la distribuzione delle cariche ρP t e delle correnti -(P;t) .Esse compaiono attraverso la carica elettrica Q Σ e l'intensità di corrente elettrica i S γ

.

Dall'equazione (20) si ha che il flusso del campo magnetico attraverso qualsiasi superficie chiusa è

sempre uguale a zero; per tale motivo si dice che il campo magnetico è conservativo rispetto al

flusso. Da questa notevole proprietà discende che il flusso del campo magnetico attraverso una

qualsiasi superficie aperta dipende unicamente dalla curva chiusa che orla la superficie (cioè

dall'orlo) e non da altri particolari. Siano S1 e S2 due superficie aperte che hanno lo stesso orlo Γorientate concordemente. Applicando la (20) alla superficie chiusa ottenuta dall'unione delle superfici

S1 e S2 si ottiene immediatamente

ΦΓ t = %P t ⋅Q1dS1s1

∫∫ = %P t ⋅Q2dS2s2

∫∫ (25)

Per questo motivo quando si considera il flusso del campo B attraverso una qualsiasi superficie aperta

si parla di flusso concatenato con la linea chiusa che orla la superficie e lo si indica ricordando a

pedice la linea chiusa che orla la superficie.

0.2.2 Le Leggi di Maxwell in forma locale

Le leggi fondamentali dell'elettromagnetismo possono essere espresse anche nella forma “locale”

o differenziale equivalente.

Si assuma che, oltre alla distribuzione volumetrica di cariche e correnti, vi sia una distribuzione

superficiale di cariche σ e di corrente -s sulla superficie Σ. In questo caso bisogna distinguere le

regioni in cui il campo è continuo dalle regioni in cui non lo è: certamente in corrispondenza della

superficie Σ il campo elettromagnetico presenta delle discontinuità.

Per ottenere le equazioni di Maxwell in forma locale nelle regioni in cui il campo è regolare basta

applicare il teorema della divergenza alle equazioni (19), (20) e (23) ed il teorema del rotore alle

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equazioni (21) e (22). Per ottenere le equazioni in corrispondenza della superficie di discontinuità

bisogna applicare le equazioni (19), (20) e (23) a una superficie elementare cilindrica posta a cavallo

di Σ e far tendere poi l'altezza del cilindro a zero e le equazioni (21) e (22) a una linea chiusa

elementare a forma di rettangolo posta sempre a cavallo di Σ e far tendere poi la “larghezza” del

rettangolo a zero. Così facendo si ottengono le Equazioni di Maxwell in forma locale:

punti regolari punti di discontinuità

div( =ρ

ε0, Q ⋅((2 − (1) = σ / ε0 , (26)

div% = 0, Q ⋅(%2 −%1) = 0 , (27)

rot( = −∂%∂t

, Q × ((2 −(1) = , (28)

rot%= µ0(-+ ε0∂(∂t

), Q × (%2 − %1) = µ0-s , (29)

div- = −∂ρ∂t

,W

GLY

∂∂σ−=+−⋅ ---Q )( 12 . (30)

Per le distribuzioni lineari (di cariche e di correnti) e puntiformi (di cariche) possono essere date

espressioni analoghe “locali”, ma sono di scarso uso.

Le equazioni (26) e (28) per i punti regolari (e le equivalenti per i punti di discontinuità) sono le

due condizioni richieste dal teorema di Helmholtz 2 per determinare il campo elettrico E;

analogamente, le (27) e (29) per i punti regolari (e le equivalenti per i punti di discontinuità)

consentono di determinare B. Infine, le equazioni (30) costituiscono il vincolo imposto sulle sorgenti

del campo elettromagnetico dalla legge della conservazione della carica elettrica.

Osservazioni

2 Il teorema di Helmholtz assicura che, se di un campo vettoriale sono noti il rotore e la divergenza in tutti i

punti dello spazio, il campo è univocamente determinato, purché esso sia “regolare all'infinito”.La divergenza di un campo vettoriale A (divA) è un campo scalare così definito: si consideri una regione Ω in

cui A è definito, un dominio spaziale τ contenuto in Ω e limitato da una superficie chiusa regolare Σ orientatacon la normale rivolta verso l'esterno e sia V il volume di τ. Si faccia contrarre la regione τ attorno a un puntofisso P . Il limite per V → 0 (se esiste ed è finito indipendentemente dalla forma di Σ) del rapporto

$ ⋅QdS∫∫( ) V è la divergenza di A in P . In coordinate cartesiane rettangolari si ha

div$ = ∂Ax ∂x + ∂Ay ∂y + ∂Az ∂z dove Ax Ay Az sono le componenti del campo A nel sistema di

coordinate considerato. In modo analogo si definisce la divergenza superficiale divsAs di un campo vettorialesuperficiale.

Il rotore di un campo vettoriale A (rotA) è un altro campo vettoriale così definito: si consideri una regione Ω, in cui A è definito e sia P un punto di tale regione. Data una qualsiasi superficie aperta S passante per P , sia γ lalinea chiusa orientata (l'orientazione di γ e la normale n devono essere concordi secondo la regola del cavatappi),che ne costituisce l'orlo. Si faccia contrarre la superficie S attorno a P mantenendo fissa la normale n a S in P .È possibile dimostrare che, al variare di n il limite per S → 0 (se esiste ed è finito indipendentemente dalla

forma di S e γ ) del rapporto $ ⋅ Wdlγ∫( ) S corrisponde alla componente, secondo le direzione n, di un vettore

univocamente individuato. Esso è il rotore di A in P . In coordinate cartesiane rettangolari si ha

rot$ = [∂

∂x+ \

∂∂y

+ ]∂

∂x

× (Ax[ + Ay\ + Az] effettuando formalmente i prodotti vettoriali considerati.

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Le equazioni (26)÷(30) per i punti regolari (o le corrispondenti (19)÷(23) in forma integrale) non

sono tutte “indipendenti”. È facile mostrare che, se le equazioni (26) e (27) per i punti regolari sono

verificate in un istante qualsiasi, allora dall'equazione (28) per i punti regolari si ottiene la (27), e

dalle equazioni (29) e (30) si ottiene la (26). In particolare l'equazione della conservazione della

carica (30) per i punti regolari è già scritta nelle corrispondenti equazioni (26) e (29).

Le equazioni (26)÷(30) (o le equivalenti in forma integrale (19)÷(23)), unite alle definizioni fisiche

delle grandezze che vi figurano, costituiscono l'intero quadro della “teoria dell'elettromagnetismo nel

vuoto”: tale teoria consente di affrontare qualsiasi problema fisico e ingegneristico che si riferisca a

situazioni nelle quali non siano presenti mezzi materiali (conduttori, dielettrici, materiali

ferromagnetici), oppure, come si vedrà, siano presenti soltanto mezzi “trasparenti” al campo

elettromagnetico.

I problemi che più frequentemente si incontrano nella tecnica, per ciò che riguarda le situazioni

finora considerate, possono essere classificati in due grandi categorie: quelli in cui si può assumere

che la distribuzione delle sorgenti sia nota nell'intero spazio (in questo caso bisogna imporre le

condizioni iniziali e le condizioni di “regolarità” all'infinito); quelli in cui la distribuzione delle

sorgenti sia nota soltanto in una regione limitata dello spazio (o, addirittura, non sia affatto nota), ma

si conoscano, in aggiunta, opportune “condizioni al contorno” sulla frontiera della regione nella quale

si considera il campo, nonché le“condizioni iniziali”.

0.3 Le leggi dell’elettromagnetismo nei mezzi materiali

Quando il campo elettromagnetico interessa mezzi materiali (conduttori, isolanti, materiali

“magnetici”, etc), le equazioni che esprimono le leggi generali dell'elettromagnetismo assumono una

forma più complessa, poiché le sorgenti del campo non si limitano più soltanto a quelle presenti nello

spazio vuoto (delle quali sono note a priori le distribuzioni), ma comprendono anche quelle che si

generano nei mezzi materiali per effetto dell'interazione del campo elettromagnetico ivi presente. Ne

deriva che queste nuove distribuzioni svolgono allo stesso tempo il ruolo di sorgenti (e quindi - se si

vuole - “cause”) del campo e quello di “effetto” (in quanto determinate dal campo stesso). Di qui, la

maggiore complessità richiesta dalla descrizione dei fenomeni elettromagnetici in presenza di mezzi

materiali.

I fenomeni che si manifestano nei mezzi materiali, quando immersi in un campo elettromagnetico,

sono così classificabili: conduzione elettrica, polarizzazione elettrica e polarizzazione magnetica.

Può riscontrarsi la presenza significativa di più d'uno di tali fenomeni, oppure la prevalenza di uno

solo (ad esempio, in un pezzo di ferro sono significativi sia il fenomeno della conduzione che quello

della polarizzazione magnetica, mentre in uno di rame è significativo soltanto quello della

conduzione e in uno di plastica quello della polarizzazione elettrica).

Il fenomeno della conduzione elettrica è caratterizzato dalle distribuzioni di cariche e correnti

(superficiali e volumetriche), risultante dall'azione del campo elettromagnetico sui portatori di carica

liberi di muoversi nel conduttore su dimensioni macroscopiche.

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Il fenomeno della polarizzazione elettrica è caratterizzato dal campo di intensità di polarizzazione

elettrica P, che descrive la distribuzione macroscopica del momento di dipolo elettrico per unità di

volume risultante dall'azione del campo elettromagnetico complessivo sul materiale. Infine, il

fenomeno della polarizzazione magnetica è caratterizzato attraverso il campo di intensità di

magnetizzazione M, che descrive la distribuzione macroscopica del momento di dipolo magnetico

per unità di volume “indotto” dal campo elettromagnetico.

Alla distribuzione di dipoli elettrici descritta da P è possibile sostituire una distribuzione

equivalente di cariche (di volume e superficiali) che producono gli stessi effetti ai fini del campo

risultante. A queste cariche, che in un dielettrico polarizzato sono localizzate, in generale, sia sullasuperficie esterna, con densità superficiale σ p = 3 ⋅Q (n è il versore normale alla superficie, diretto

verso l'esterno), sia nel volume con densità volumetrica ρp = −div3 , si dà il nome di cariche di

polarizzazione (o anche legate), per distinguerle da quelle libere presenti nei conduttori (che, ad

esempio, possiamo togliere o aggiungere alle armature di un condensatore). Analogamente alla

distribuzione di dipoli magnetici descritta da M è possibile sostituire una distribuzione equivalente di

correnti (di volume e superficiali) che producono gli stessi effetti ai fini del campo risultante. A

queste correnti, che in un materiale magnetico sono localizzate in generale sia sulla superficie

esterna, con densità superficiale -sm = 0× Q , (anche in questo caso n è il versore normale alla

superficie diretto verso l'esterno), sia nel volume con densità volumetrica -m = rot0 , si dà il nome di

correnti di magnetizzazione (o vincolate), per distinguerle dalle ordinarie correnti di conduzione, che

seguono percorsi macroscopici definiti dai conduttori presenti, correnti che possono essere inserite o

interrotte mediante un interruttore, e misurate con un amperometro. Queste ultime vengono chiamate

correnti libere.

Va detto con chiarezza che, ove mai fosse possibile conoscere a-priori la distribuzione delle

sorgenti legate ai mezzi materiali presenti, oltre che di quelle libere, le leggi del campo

elettromagnetico potrebbero ancora essere utilizzate nella forma relativa allo spazio vuoto (come se i

mezzi materiali non esistessero), a patto, naturalmente, di fare figurare fra le sorgenti anche quelle

legate (oltre che quelle libere). Analoga situazione si ha quando i mezzi materiali presenti siano

completamente trasparenti al campo elettromagnetico: ciò si verifica quando nel mezzo materiale non

vengono indotte sorgenti significative per effetto della presenza in esso del campo elettromagnetico

(è il caso, ad esempio, dell'aria in condizioni usuali, nonché di altri gas).

Nelle situazioni più frequenti che si presentano nella tecnica, le cose stanno però, come si è detto,

in modo più complicato, perché anche quando si ammetta di potere conoscere a priori la distribuzione

di tutte le sorgenti libere (come poi vedremo, quasi sempre anche esse sono incognite del problema),

non è nota a priori quella delle sorgenti legate perché non è noto il campo complessivo: occorre,

quindi, trovare il modo di riuscire a determinare insieme sia queste, sia il campo elettromagnetico che

esse contribuiscono a produrre. A questo scopo, le equazioni del campo elettromagnetico in presenza

di mezzi materiali assumono la forma seguente (per non appesantire le equazioni omettiamo di nuovo

di scrivere i contributi dovuti alle distribuzioni superficiali e lineari di cariche e correnti libere):

' ⋅QdS =Σ t ∫∫ ρ libdΩ

ΩΣ t∫∫∫ (31)

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10 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

%⋅QdS =Σ t ∫∫ 0 (32)

(⋅ Wdl = − ∂%∂t ⋅QdS

Sγ t ∫∫γ t ∫ , (33)

+ ⋅ Wdl = -lib + ∂'∂t ⋅QdS

Sγ t∫∫γ t ∫ , (34)

-lib ⋅QdS =Σ t ∫∫ − ∂ρlib

∂t dΩΩΣ t ∫∫∫ . (35)

Come si vede, nella legge di Gauss “elettrica” figura a primo membro un nuovo campo vettoriale,

il vettore “spostamento” elettrico D (detto anche “induzione elettrica”) e, a secondo membro sono

presenti le sole sorgenti libere, ρlib . Il campo D è legato al campo E e al campo P tramite la

relazione

' = ε0( + 3 . (36)

Analogamente, nella legge di Ampère-Maxwell, figura a primo membro un nuovo campo vettoriale

H, (l'intensità di campo magnetico), mentre, a secondo membro, sono presenti la densità di corrente

libera - lib e la densità di corrente di spostamento ∂' ∂t . Il campo H è legato al campo B e al campo

M tramite la relazione

% = µ0 + + 0 . (37)

La circuitazione di H lungo una qualsiasi curva chiusa orientata γ è detta forza magneto-motrice

(f.m.m.); essa ha le stesse dimensioni della corrente elettrica. Nella legge di conservazione della

carica, infine, figurano le sole sorgenti libere. Nel Sistema Internazionale l'unità di misura del modulo

di D e di P è C / m2 e l'unità di misura del modulo di H e di M è A/m. Anche nei mezzi materiali il

campo magnetico B è conservativo rispetto al flusso.

Le leggi generali del campo elettromagnetico (31)÷(35) sono indipendenti dalla costituzione fisica

dei mezzi materiali presenti. Esse non sono, di per sé, sufficienti a descrivere il campo

elettromagnetico: occorrono altre relazioni, dette “costitutive”, che dipendono univocamente dalla

costituzione fisica dei mezzi materiali, capaci di definire le caratteristiche fisiche di tipo

elettromagnetico dei mezzi materiali presenti. Nelle normali applicazioni tecniche che più interessano

queste lezioni, queste relazioni sono del tipo ' = ε 0( + 3( = '( % = µ0 >+ + 0+ @ = %+

- lib = -(%Y × %(∗ Stiamo considerando materiali dielettrici in cui il campo P in un qualsiasi

punto-istante dipende unicamente dal valore del campo elettrico nello stesso punto-istante e materiali

magnetici in cui il campo M in un qualsiasi punto-istante dipende unicamente dal valore del campo H

nello stesso punto-istante (materiali senza “memoria” e senza dispersione spaziale). Il campo di

corrente J in un mezzo conduttore, in un qualsiasi punto-istante, può dipendere, oltre che dal valore

campo elettrico nello stesso punto-istante, anche dal campo magnetico B (effetto Hall), dalla velocità

del conduttore attraverso la grandezza Y × % (nelle dinamo e negli alternatori) e da campi di forze di

natura non elettrica, che abbiamo indicato con E* (ad esempio, il campo elettromotore di natura

chimica di una pila o il campo elettromotore di natura fotoelettrica nelle celle solari). Nei diodi e nei

transistori, se i campi variano lentamente, - lib dipende non linearmente da E.

Le relazioni costitutive si particolarizzano, per materiali in quiete lineari e isotropi nelle:

' = ε(, (38)

% = µ+, (39)

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Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica 11

- = γ ( + (∗ (40)

nelle quali εµ e γ sono grandezze scalari indipendenti dai campi. Esse sono, rispettivamente, la

costante dielettrica del materiale, la permeabilità magnetica e la conducibilità elettrica e sono da

intendersi misurate nello stesso sistema di riferimento inerziale in cui vanno misurate tutte le altre

grandezze. Esse possono essere non uniformi (e cioè variabili da punto a punto del materiale) e tempo

varianti (e cioè variabili nel tempo). In un conduttore ohmico in quiete la (40) si riduce a

- = γ( . (41)

Il limite γ → 0 descrive il comportamento di un materiale isolante, come il dielettrico ideale: in

questi materiali non circola corrente pur in presenza di un campo elettrico. Invece il limite γ → ∞

descrive il comportamento di materiali con elevatissima conducibilità, cioè il comportamento dei

conduttori ideali: in questo caso pur in presenza di correnti che circolano nel conduttore il campo

elettrico è nullo. La conducibilità elettrica, nel SI, si misura in siemens (S) e la resistività elettrica η,

definita come η=1/γ, si misura in ohm·metro (Ω·m), quindi 1S=1/1Ω. L'ohm (Ω) è l'unità di misura

della resistenza elettrica e 1Ω=1V/1A.

Le equazioni di Maxwell per i mezzi materiali (31)÷(35) possono essere espresse in forma locale,

così come è stato fatto per il caso del vuoto. In presenza di corpi materiali occorre, però, distinguere i

punti in cui le proprietà dei mezzi materiali sono continue da quelli in cui sono discontinue (ciò

accade in genere in corrispondenza di superfici di discontinuità dei parametri fisici caratteristici dei

materiali, come, ad esempio, la costante dielettrica, la conducibilità, etc). Operando questa

distinzione abbiamo:

punti regolari punti di discontinuità

div' = ρlib , Q ⋅'2 − '1 = σlib , (42)

div% = 0, Q ⋅(%2 − %1) = 0 , (43)

rot( = −∂%

∂t, Q × ((2 − (1) = , (44)

rot+ = -lib + ∂'

∂t Q × +2 − +1 = -slib , (46)

div-lib = −∂ρlib

∂t. Q ⋅-2 − -1 + divs-slib = −

∂σlib

∂t. (47)

Nelle (42), (46) e (47) σ lib e -slib sono, rispettivamente, distribuzioni superficiali di cariche e di

correnti libere; come poi vedremo esse possono nascere sulle superfici dei conduttori.

Il quadro completo della teoria dell’elettromagnetismo in presenza di mezzi materiali lineari,

isotropi e senza “memoria” è dunque costituito dalle equazioni di Maxwell in forma locale (42)÷(47)

(o equivalentemente da quelle in forma integrale (31)÷(35)), dalle equazioni costitutive dei mezzi

materiali (38)÷(40), unite alle condizioni iniziali e alle condizioni di “regolarità” all'infinito. Così

come accade per le equazioni del campo elettromagnetico nel vuoto, le equazioni (42)÷(47) nei punti

regolari (o le equivalenti (31)÷(35)) non sono tutte “indipendenti”.

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12 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

L’equazione (33) (o l’equivalente (44) per i punti regolari) descrive il fenomeno dell’induzione

elettromagnetica secondo il quale, in presenza di campi magnetici variabili nel tempo, la

circuitazione del campo elettrico è, in generale, diversa da zero. È, questo, uno dei fenomeni più

importanti dell'elettromagnetismo: conseguenza immediata è che l'integrale di linea di E, esteso a una

linea γ AB , (la tensione elettrica lungo γ AB ), in presenza di un campo magnetico variabile nel tempo,

dipende, oltre che dagli estremi A e B, anche dal cammino di integrazione. Quando in una regione

dello spazio esiste un campo magnetico variabile nel tempo, ad esso è associato sempre un campo

elettrico rotazionale.

Il termine della densità di corrente di spostamento ∂' ∂t nell'equazione di Ampère-Maxwell (34)

(o l'equivalente (46) per i punti regolari) descrive il fenomeno dell'induzione magnetoelettrica,

secondo il quale la circuitazione del campo magnetico lungo una linea chiusa γ non dipende soltanto

dal flusso di J, ma anche dal flusso della derivata di D rispetto al tempo.

L'accoppiamento tra E e H, prodotto dai fenomeni di induzione elettromagnetica e

magnetoelettrica, è all'origine del fenomeno della propagazione del campo elettromagnetico 3. In

presenza di mezzi conduttori c'è un altro meccanismo che accoppia il campo elettrico al campo

magnetico: un campo elettrico variabile nel tempo produce nei conduttori correnti che generano un

campo magnetico, il quale a sua volta, essendo variabile nel tempo, contribuisce al campo elettrico.

Questo accoppiamento è all'origine del fenomeno della diffusione del campo elettromagnetico nei

conduttori (correnti di Foucault).

Osservazione

In tutti i sistemi elettromagnetici “artificiali”, cioè quelli che l'uomo costruisce, le sorgenti “reali”

(cioè quelle che è possibile fissare a piacere attraverso “manopole”), non sono né le cariche libere, né

le correnti libere, ma i campi elettromotori, oppure le tensioni del campo elettrico tra determinate

coppie di punti e lungo certi cammini (si pensi, ad esempio, alle prese di corrente nelle nostre

abitazioni, nei laboratori, etc; in questo ultimo caso le sorgenti entrano in gioco tramite le condizioni

al contorno). Le cariche e le correnti libere che nascono nei corpi conduttori e sulle loro superfici

sono incognite del problema, assieme al campo elettromagnetico. La progettazione di un sistema

elettromagnetico si riduce, in ultima analisi, proprio alla determinazione della struttura fisica del

sistema e delle “sorgenti reali” che realizzino determinate configurazioni di cariche, correnti e campo

elettromagnetico.

0.4 Equazioni di Maxwell in regime stazionario

Quando il campo elettromagnetico è stazionario (ciò si verifica se le sorgenti sono costanti nel

tempo e i transitori si sono estinti) il modello matematico si semplifica notevolmente. Le equazioni

del campo elettrico e del campo di corrente si disaccoppiano da quelle del campo magnetico perché

tutti i termini che compaiono sotto derivata temporale nelle equazioni di Maxwell si annullano:

3 A questo proposito vedi G. Franceschetti, Campi Elettromagnetici (Boringhieri, Torino 1983).

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Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica 13

punti regolari punti di discontinuità

div' = ρlib

rot( =

div-lib = 0

Q ⋅ '2 − '1 = σlib

Q × (2 − (1 =

Q ⋅ -2 − -1 = 0

(48)

div% = 0

rot+ = -lib

Q ⋅ %2 − %1 = 0

Q × +2 − +1 = -slib

(49)

Osserviamo subito che il vettore - lib figura come incognita nelle (48), laddove, invece, appare

come sorgente del campo magnetico nelle (49). Come poi vedremo, le equazioni (48) consentono di

determinare il campo elettrico e il campo di corrente una volta assegnate le “sorgenti”, mentre le

equazioni (49) consentono di determinare il campo magnetico prodotto da quel campo di corrente.

0.4.1 Proprietà del modello stazionario

Nel regime stazionario, il campo elettrico è irrotazionale nelle regioni dello spazio in cui è regolare

rot( = , (50)

ed è conservativo rispetto alla circuitazione, cioè:

( ⋅ Wdl = 0γ∫ (51)

per ogni curva chiusa orientata γ. Pertanto il campo elettrico in regime stazionario può essere sempre

espresso attraverso il gradiente 4 di un potenziale scalare ϕ=ϕ(P), il cosiddetto potenziale elettrico

scalare,

( = −∇ϕ . (52)

Pertanto per la tensione elettrica v γ abbiamo

v γ = ( ⋅ Wd O γ ∫ = ϕ$− ϕ % , (53)

ed è indipendente dalla linea γ che connette i punti $ e % .

Il campo di densità di corrente stazionario è solenoidale nelle regioni dello spazio in cui è regolare

ed è conservativo rispetto al flusso, cioè:

- lib ⋅ QdS =Σ∫∫ 0 (54)

per ogni superficie chiusa orientata Σ. Esso, quindi, può essere sempre espresso attraverso il rotore di

un campo vettoriale T=T(P) (potenziale vettore elettrico)

4 Il gradiente di un campo scalare U (gradU) è un campo vettoriale così definito: si consideri una regione Ω in

cui il campo scalare U è definito, un punto P 0 di Ω, e una generica retta orientata s passante per P 0 e un altro

punto P di essa. Si faccia tendere a zero la distanza d(P, P 0 ) tra P e P 0 . Il limite per d(P, P 0 ) → 0 del rapporto

incrementale > UP − U P 0 @ dP P 0 (se esiste ed è finito), al variare di s, corrisponde alla componente,

secondo le direzione s, di un vettore univocamente individuato. Esso è il gradiente di U in P 0 .

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14 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

- lib = rot7 . (55)

Il campo magnetico H è irrotazionale soltanto nelle regioni prive di correnti libere, mentre non è

conservativo rispetto alla circuitazione. Si ha infatti:

+ ⋅ Wdl = i γγ∫ (56)

dove γ è una qualsiasi curva chiusa orientata e iγ è la corrente libera che circola attraverso una

qualsiasi superficie Sγ aperta che ha come orlo γ (la superficie è orientata concordemente con il

verso scelto per γ secondo la regola del cavatappi)

iγ = - lib ⋅ QdSS γ∫∫ . (57)

Sono infinite le superfici Sγ che hanno γ come orlo. Quale scegliere? Una qualsiasi, poiché il flusso

di - lib è indipendente dalla particolare superficie scelta, essendo il campo di corrente stazionario

conservativo rispetto al flusso: i γ dipende unicamente dalla curva γ. Questo è il motivo per cui si usa

l'espressione “corrente (o flusso) concatenato con γ”.

Infine il campo magnetico B, come già abbiamo messo in evidenza, è sempre conservativo rispetto

al flusso, anche quando i campi sono variabili nel tempo. Pertanto esso può essere sempre, e non solo

nel caso stazionario, espresso attraverso il rotore di un campo vettoriale A=A(P) (potenziale vettore

magnetico)

% = rot$ . (58)

Per ottenere modelli matematici “chiusi”, alle leggi dei campi stazionari bisogna aggiungere le

relazioni costitutive dei mezzi materiali, nonché opportune condizioni al contorno. In letteratura,

vengono trattati separatamente i sistemi stazionari in cui circolano correnti e quelli in cui, pure

essendovi conduttori in presenza di campi elettrici, le correnti sono assenti.

Il primo caso è descritto dal modello del campo stazionario di corrente. Esso è costituito

dall'insieme di equazioni che descrivono - lib ed E in un sistema fisico fatto di conduttori in cui

circolino correnti e isolanti .

Il secondo caso è descritto dal modello del campo elettrostatico. Esso è costituito dall'insieme di

equazioni che descrivono il campo elettrico in un sistema fisico fatto ancora di materiali conduttori e

isolanti, in cui, questa volta, non vi siano correnti (le cariche sono, cioè, ferme).

0.4.2 Modello della conduzione stazionaria

Il modello del campo stazionario di corrente è costituito dalle equazioni:

punti regolari punti di discontinuità

rot( = , Q × ((2 − (1) = , (59)

div- = 0, Q ⋅(-2 − -1) = 0 , (60)

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Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica 15

- = γ ( + (∗ , (61)

dove E* è un campo elettromotore stazionario assegnato; sia γ che E* sono in generale non uniformi

e discontinui.

Il rotore di J (e, con esso, la relazione tra le componenti tangenti di J sulle superfici di

discontinuità) si ottiene dalla (59) facendo uso della relazione costitutiva (61); la divergenza di E (e,

con essa, la relazione tra le componenti normali di E sulle superfici di discontinuità) si ottiene dalla

(60) ancora facendo uso della relazione costitutiva (61). Il campo J non è conservativo rispetto alla

circuitazione e il campo E non è conservativo rispetto al flusso. Una volta determinato E, le cariche

libere si ottengono utilizzando la legge di Gauss per il campo elettrico. Come vedremo in seguito,

queste equazioni, insieme alle condizioni al contorno, sono sufficienti per determinare la

distribuzione dei campi E e J (stiamo omettendo di scrivere il pedice “lib”).

0.4.3 Modello dell’elettrostatica

Il modello dell'elettrostatica è dato da:

punti regolari punti di discontinuità

div' = ρlib , Q ⋅'2 − '1 = σlib , (62)

rot( = , Q × ((2 − (1) = , (63)

' = ε(. (64)

In questo modello le uniche sorgenti sono le cariche ferme. La costante dielettrica ε è, in generale,

non uniforme e discontinua.

Il rotore di D (e, quindi anche, la relazione tra le componenti tangenti di D sulle superfici di

discontinuità) si ottiene dalla (63) facendo uso della la relazione costitutiva (64); la divergenza di E

(e, quindi anche, la relazione tra le componenti normali di E sulle superfici di discontinuità) si

ottiene dalla (62) facendo uso, ancora, della relazione costitutiva (64). Il campo D non è conservativo

rispetto alla circuitazione e il campo E non è conservativo rispetto al flusso. Come vedremo in

seguito, queste equazioni, insieme alle condizioni al contorno, sono sufficienti per determinare la

distribuzione dei campi E e D.

Si noti che, una volta assegnato il sistema di conduttori e isolanti, nonché le sorgenti, per stabilire

se siamo in elettrostatica è sufficiente verificare che il campo di corrente sia identicamente nullo.

0.4.4 Modello del campo magnetico stazionario

Il modello del campo magnetico stazionario è costituito dall'insieme di equazioni che descrivono il

campo magnetico prodotto da correnti libere assegnate in presenza di materiali con proprietà

magnetiche (si pensi, ad esempio, a un elettromagnete o a un induttore su ferrite). Le leggi di questo

modello sono:

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16 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

punti regolari punti di discontinuità

div% = 0, Q ⋅(%2 − %1) = 0 , (65)

rot+ = -lib Q × +2 − +1 = -slib , (66)

% = µ+. (67)

In questo modello le correnti libere sono le sorgenti del campo magnetico. La permeabilità magnetica

µ è, in generale, non uniforme e discontinua.

Il rotore di B (e, con esso, la relazione tra le componenti tangenti di B sulle superfici di

discontinuità) si ottiene dalla (66) facendo uso della relazione costitutiva (67); la divergenza di H (e,

con esso, la relazione tra le componenti normali di H sulle superfici di discontinuità) si ottiene dalla

(65) facendo uso, ancora, della relazione costitutiva (67). Il campo B non è, in generale, conservativo

rispetto alla circuitazione e il campo H non è conservativo rispetto al flusso. Come vedremo in

seguito, queste equazioni, insieme alle condizioni al contorno, sono sufficienti per determinare la

distribuzione dei campi B e H.

La relazione costitutiva lineare (67) non è, in generale, sufficiente a descrivere il comportamento

dei materiali ferromagnetici: soltanto in condizioni di funzionamento molto particolari (di cui

parleremo più avanti) è possibile ignorare gli effetti dovuti ai fenomeni di isteresi magnetica e di

saturazione. In generale, la relazione costitutiva B-H è isteretica e non lineare.

0.4.5 Modello del campo magnetostatico

Il modello del campo magnetostatico è costituito dall'insieme di equazioni che descrivono il campo

magnetico prodotto da un sistema con magnetizzazione assegnata e in assenza di correnti libere (ad

esempio, una calamita). Le leggi di questo modello sono:

punti regolari punti di discontinuità

div% = 0, Q ⋅(%2 − %1) = 0 , (68)

rot+ = Q × (+2 − +1 ) = , (69)

% = µ0 + + 00 . (70)

La magnetizzazione 00 non è uniforme ed è discontinua. In questo modello il campo H è

conservativo rispetto alla circuitazione e quindi può essere espresso tramite il gradiente di un campo

scalare (il potenziale scalare magnetico).

Come per il modello del campo magnetico stazionario, il rotore di B (e, con esso, la relazione tra le

componenti tangenti di B sulle superfici di discontinuità) si ottiene dalla (69) facendo uso della

relazione costitutiva (70); la divergenza di H (e, con essa, la relazione tra le componenti normali di H

sulle superfici di discontinuità) si ottiene dalla (68) facendo uso, ancora, della relazione costitutiva

(70). A causa della non uniformità di 00 , il campo B non è conservativo rispetto alla circuitazione e

il campo H non è conservativo rispetto al flusso.

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Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica 17

La relazione costitutiva (70) descrive approssimativamente il comportamento del materiale con cui

è realizzato un magnete permanente. Molto spesso non è possibile ignorare gli effetti dovuti alla non

linearità e ai fenomeni di isteresi.

0.5 Approssimazioni quasi-stazionarie delle Equazioni di Maxwell

Le equazioni di Maxwell, con le opportune relazioni costitutive, le condizioni iniziali e le

condizioni al contorno, descrivono tutti i fenomeni dell’ elettromagnetismo macroscopico, da quelli

caratteristici del regime stazionario ai fenomeni di propagazione più complicati. Naturalmente la

soluzione esatta di questi problemi è spesso difficile e molte volte anche non necessaria. Quando i

campi sono stazionari la soluzione delle equazioni di Maxwell è molto più semplice perché i campi si

disaccoppiano.

I fenomeni descritti dalla teoria dei circuiti sono di tipo elettromagnetico e quindi i concetti e le

leggi di questa teoria devono potersi derivare dalle equazioni di Maxwell. D'altra parte esistono

fenomeni di tipo elettromagnetico previsti dalla teoria di Maxwell e che la teoria dei circuiti non

riesce a descrivere come, ad esempio, quello della propagazione del campo elettromagnetico. Di

conseguenza la teoria dei circuiti descrive una classe ristretta di soluzioni delle equazioni di Maxwell.

I concetti e le leggi della teoria dei circuiti sono molto più vecchi delle equazioni di Maxwell. Essi

sono nati con lo studio dei campi elettrici e magnetici lentamente variabili nel tempo, quindi le

soluzioni delle equazioni di Maxwell descrivibili attraverso la teoria dei circuiti sono quelle

caratterizzate da campi elettrici e magnetici con variazioni temporali sufficientemente lente.

Sufficientemente lente rispetto a cosa? Certamente rispetto ai tempi caratteristici della propagazione

elettromagnetica, cioè proprio rispetto ai tempi che caratterizzano il fenomeno che la teoria dei

circuiti non riesce a descrivere.

Molti importanti problemi di campo lentamente variabile possono essere risolti efficacemente

attraverso approssimazioni successive a partire da un modello stazionario. Il modello stazionario da

cui partire dipende dal sistema fisico in esame: esso deve coincidere con il modello stazionario che

descrive il sistema quando il campo è costante nel tempo.

In principio possiamo avere tre situazioni distinte nel limite stazionario:

(a) il campo magnetico tende a zero e il campo elettrico resta diverso da zero;

(b) il campo elettrico tende a zero e il campo magnetico resta diverso da zero;

(c) sia il campo magnetico che il campo elettrico restano diversi da zero.

Nel caso (a) anche il campo di corrente tende a zero e quindi il modello di campo è quello

dell'elettrostatica. In questo caso non potendo esserci un campo di corrente, pur essendoci un campo

elettrico, tra i conduttori deve essere frapposto un materiale isolante, cioè del materiale con

conducibilità nulla. Un esempio di sistema di questo tipo è il condensatore con dielettrico ideale.

Nel caso (b) il modello di campo è quello del campo magnetico stazionario. In questo caso

dovendo esserci, per ovvie ragioni, un campo di corrente ed essendo per ipotesi il campo elettrico

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18 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

nullo, la corrente deve circolare necessariamente in conduttori con conducibilità infinita. Un esempio

di sistema di questo tipo è l'induttore realizzato con un conduttore ideale.

Infine, nel caso (c), è evidente che il modello deve essere quello del campo stazionario di corrente

perché c'è un campo elettrico in presenza di un campo di corrente. In questo caso la corrente circola

in conduttori con conducibilità finita. Ciò è quanto si osserva, ad esempio, in un resistore.

Cosa accade quando le grandezze variano nel tempo? Per semplicità, si supponga che tutte le

grandezze del sistema elettromagnetico di interesse varino nel tempo con legge sinusoidale, (cioè la

dinamica temporale di ogni grandezza scalare e di ciascuna componente dei campi vettoriali è del

tipo a0 VLQ2π I t + ϕ0 ). Si supponga, inoltre, in un esperimento di “pensiero” di disporre di un

sistema con cui potere stabilire, a piacere, il valore da assegnare alla frequenza I . Non ci

preoccupiamo per il momento, di come ciò possa essere fatto. Senza affrontare il problema del

calcolo dei campi elettrici, magnetici e di corrente per l'esempio considerato, limitiamoci qui a

riportare i risultati. L'avere supposto una dinamica di questo tipo non costituisce affatto una

limitazione, in quanto, come ben sappiamo, dinamiche temporali ben più complesse possono essere

sempre rappresentate attraverso una opportuna “somma” discreta o continua di funzioni sinusoidali.

Nel caso (a), pur considerando grandezze lentamente variabili, si dimostra che gli effetti dovuti al

fenomeno dell'induzione magnetoelettrica nell'equazione di Ampère-Maxwell non possono essere

trascurati; invece è possibile trascurare gli effetti dovuti al termine di induzione elettromagnetica

nell'equazione di Faraday-Neumann se la frequenza I non supera un valore caratteristico

I em = c L c , (71)

dove c è la velocità della luce nel mezzo, c =1 εµ (stiamo considerando un mezzo omogeneo e

tempo invariante) e L c è la dimensione caratteristica più grande del sistema. Questo modello

approssimato del campo elettromagnetico prende il nome di modello quasi-stazionario elettrico.

Prendiamo ad esempio il condensatore con dielettrico ideale. Se si ignorasse l'effetto della corrente di

spostamento, la corrente che circolerebbe in esso sarebbe sempre nulla e ciò sarebbe chiaramente in

disaccordo con quanto si osserva e quanto prevedono le equazioni di Maxwell. Invece, non si

commette un grave errore considerando irrotazionale il campo elettrico se le grandezze variano

lentamente nel tempo.

Nel caso (b), pur considerando grandezze lentamente variabili, si dimostra che gli effetti dovuti al

fenomeno dell'induzione elettromagnetica nell'equazione di Faraday-Neumann non possono essere

trascurati; invece è possibile trascurare gli effetti dovuti al termine di induzione magnetoelettrica

nell'equazione di Ampère-Maxwell se la frequenza I non supera il valore caratteristico I em . Il

modello approssimato di campo che ne deriva prende il nome di modello quasi-stazionario

magnetico. Prendiamo, ad esempio, l'induttore realizzato con un conduttore ideale. Se si ignorasse

l'effetto dell'induzione elettromagnetica la tensione tra i suoi terminali sarebbe sempre nulla il che è

chiaramente in disaccordo con la teoria e quanto si osserva. Invece, non si commette un grave errore

considerando come unica sorgente del campo magnetico la corrente di conduzione se le grandezze

variano lentamente nel tempo.

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Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica 19

Nel caso (c), a causa dell’accoppiamento tra il campo elettrico e il campo di corrente dovuto alla

conduzione, si dimostra che esiste una frequenza caratteristica al di sotto della quale sono trascurabili

sia gli effetti dovuti all’induzione elettromagnetica che quelli dovuti all’induzione magnetoelettrica. Il

modello approssimato di campo che ne deriva è quello del campo stazionario di corrente, che

abbiamo già descritto.

0.5.1 Modello quasi-stazionario elettrico

Il modello quasi-stazionario elettrico è il modello approssimato delle equazioni di Maxwell

ottenuto trascurando il termine ∂% ∂t nell'equazione di Faraday-Neumann (33) (o nell'equivalente

(44)). Pertanto le equazioni di questo modello sono nella formulazione locale:

punti regolari punti di discontinuità

div' = ρlib Q ⋅ '2 − '1 = σ lib , (72)

rot( = Q × (2 − (1 = , (73)

div-lib = − ∂ρlib

∂t Q ⋅ -2 − -1 = − ∂σ lib

∂t, (74)

A queste equazioni bisogna aggiungere le relazioni costitutive (38) e (40).

In questo modello l'unica legge approssimata è quella della circuitazione di E: essa coincide con

quella del limite stazionario e vale, quindi, con approssimazione tanto migliore quanto più lente sono

le variazioni dei campi. Inoltre, in questo modello le dinamiche del campo elettrico e del campo di

corrente sono indipendenti da quella del campo magnetico. Questo accoppiamento potrebbe essere

realizzato soltanto attraverso opportune relazioni costitutive.

Il campo magnetico, invece, dipende da - lib , -s e D, tramite le equazioni

punti regolari punti di discontinuità

div% = 0, Q ⋅(%2 − %1) = 0 , (75)

rot+ = - lib +∂'

∂t Q × +2 − +1 = -slib . (76)

Pertanto, una volta noto il campo di corrente e il campo elettrico, attraverso le equazioni (75) e (76) e

le relazioni costitutive (38) e (39), è possibile determinare il campo magnetico.

0.5.2 Modello quasi-stazionario magnetico

Il modello quasi-stazionario magnetico è ottenuto, invece, trascurando la densità di corrente di

spostamento nell'equazione di Ampère-Maxwell (34) (o nell'equivalente (46)). Pertanto le equazioni

in forma locale di questo modello sono:

punti regolari punti di discontinuità

rot( = − ∂%

∂t Q × (2 − (1 = , (77)

div-lib = 0 , Q ⋅ -2 − -1 = 0 , (78)div% = 0 Q ⋅ %2 − %1 = 0 , (79)rot+ = -lib Q × +2 − +1 = -slib . (80)

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20 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

A queste equazioni bisogna aggiungere le relazioni costitutive (39) e (40).

Nel modello quasi stazionario magnetico la legge di circuitazione per E è esatta, mentre le

equazioni del campo di corrente e del campo magnetico H sono quelle del limite stazionario e,

quindi, valgono su approssimazione tanto maggiore quanto più lente sono le variazioni dei campi. La

dinamica del campo magnetico dipende da quella del campo elettrico se sono presenti corpi

conduttori: in essi il campo di densità di corrente dipende dal campo elettrico attraverso la relazione

costitutiva (40). A sua volta il campo elettrico dipende dalla dinamica del campo magnetico

attraverso il termine ∂% ∂t .

La carica libera può essere determinata, una volta noto E, per mezzo della relazione costitutiva

(38) e delle equazioni

punti regolari punti di discontinuità

ρlib = div' σ lib = Q⋅ '2 − '1 . (81)

Per un approfondimento dei modelli quasi-stazionari il lettore può consultare: Hermann A. Haus e

James R. Melcher, Electromagnetic Fields and Energy (Prentice Hall, 1989); L. De Menna, G.

Miano, “Linear Circuit Elements”, in Encyclopedia of Electrical and Electronic Engineering, John

Wiley & Sons Inc., febbraio 1999.

Osservazioni

Diciamo subito che il funzionamento di moltissimi sistemi elettromagnetici, che sono alla base

dello sviluppo tecnologico, è descritto adeguatamente, anche se in modo approssimato, da uno dei

modelli quasi-stazionari. Per individuare quale sia il modello quasi-stazionario che approssimi il

funzionamento di un dato sistema nel limite lentamente variabile basta utilizzare il criterio che

abbiamo innanzi introdotto. Si faccia funzionare il sistema nel limite I → 0 , cioè in regime

stazionario. Se accade che il campo magnetico tende a zero e il campo elettrico resta diverso da zero,

allora il modello quasi-stazionario che ne approssima il funzionamento nel limite lentamente

variabile deve essere necessariamente quello quasi-stazionario elettrico. Se invece è il campo

elettrico che tende a zero, mentre quello magnetico resta diverso da zero, allora il modello quasi-

stazionario che ne approssima il funzionamento è necessariamente quello quasi-stazionario

magnetico. Esistono casi in cui, pure essendo il campo elettromagnetico variabile nel tempo, sono

trascurabili entrambi i fenomeni di induzione e l'unico fenomeno importante è quello della

conduzione. In questi casi nel limite stazionario sia il campo elettrico che il campo magnetico sono

diversi da zero. Quando ciò accade, la dinamica del campo è descrivibile per mezzo del modello del

campo stazionario di corrente. Ad esempio, il funzionamento di resistori, diodi, transistori può essere

descritto in maniera molto accurata dal modello della conduzione stazionaria se le grandezze

elettromagnetiche variano lentamente.

Non tutte le parti di un sistema elettromagnetico possono essere descritte attraverso lo stesso

modello approssimato. Spesso si incontrano sistemi in cui alcune parti possono essere descritte

tramite il modello quasi-stazionario elettrico, altre tramite il modello quasi-stazionario magnetico,

altre tramite il modello del campo di corrente stazionario e altre possono richiedere il modello

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Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica 21

completo di Maxwell perché gli effetti dovuti alla propagazione non sono trascurabili. Prima di

concludere questo capitolo, riportiamo un esempio di tali sistemi, (vedi figura 1) 5 .

Sulla collina, c'è una antenna A, che trasmette segnali televisivi nella banda UHF (300MHz-3GHz;

a 300 MHz la lunghezza d'onda è 1m). La distanza tra l'antenna trasmittente A e quella ricevente C è

molto più grande della lunghezza d'onda e gli effetti dovuti ai fenomeni di propagazione non possono

essere trascurati. Di conseguenza, per descrivere il campo nella regione B, bisogna ricorrere al

modello esatto delle equazioni del campo.

Il campo elettromagnetico irradiato dall'antenna A induce delle correnti sulla antenna ricevente C,

che vengono convogliate verso il televisore attraverso una linea di trasmissione costituita da un cavo

coassiale. La lunghezza del cavo può essere uguale a molte lunghezze d'onda, e quindi anche in

questo caso gli effetti dovuti alla propagazione non possono essere ignorati.

Nel televisore il funzionamento dei transistori, E, e del tubo catodico, D, sono descritti

accuratamente dal modello del campo di corrente stazionario e dal modello quasi-stazionario

elettrico, rispettivamente. Il funzionamento dell'altoparlante, che trasforma il segnale elettrico in

segnale acustico, è, invece, descritto dal modello quasi-stazionario magnetico.

Il sistema di generazione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica fornisce altri esempi di

campi quasi-stazionari. Il funzionamento del trasformatore F, che in prossimità delle abitazioni

abbassa la tensione, ad esempio, da 9kV a 220V, è descrivibile con il modello quasi stazionario

magnetico; e così pure il funzionamento dell'alternatore H, che nella centrale termoelettrica trasforma

calore in energia elettrica. Analogamente, la maggior parte dell'elettronica I (schede per

l'acquisizione dei dati, calcolatori, etc), utilizzata per controllare il funzionamento dell'intera centrale,

è descritta dal modello quasi-stazionario elettrico e dal modello del campo di corrente stazionario,

come pure il precipitatore elettrostatico L, che serve per rimuovere le particelle solide dai gas di

combustione prima di essere immessi nell'atmosfera. Il sistema di trasmissione di energia elettrica

funziona ad alta tensione (centinaia di chilovolt); pertanto esso può essere descritto tramite il modello

quasi-stazionario elettrico e così, anche, gli isolatori G. La frequenza di rete è 50Hz e quindi la

lunghezza d'onda è 6000 km. La trasmissione di energia elettrica avviene su tratti la cui lunghezza

può essere anche migliaia di chilometri. Su queste distanze, confrontabili con la lunghezza d'onda,

alcuni effetti dovuti alla velocità finita di propagazione del campo possono essere non trascurabili.

5 Questo esempio è stato preso da Hermann A. Haus e James R. Melcher, Electromagnetic Fields and Energy

(Prentice Hall, 1989).

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22 Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Figura 1 Esempi di sistemi elettromagnetici.