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l Giardino dei Simboli Trento, venerdì 09 febbraio 2018
LE ICONE: FINESTRE SULL’INFINITO
Il Mistero taciuto nei secoli e manifestato nel Signore Gesù trova il suo culmine
nell’Incarnazione, Passione, Morte, Resurrezione del Cristo, e avrà il suo sigillo nel
definitivo Ritorno di Colui che è l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine di tutte le realtà,
il Vivente, il Giudice dei vivi e dei morti.
In questa luce “storica”, di storia di redenzione e di salvezza, si dovrebbe comprendere
ogni discorso di “arte sacra”, ossia il bello per il culto e la liturgia, circa la chiesa, la
casa comune, l’altare e gli altri luoghi dello spazio sacro dove i credenti in Cristo si
radunano nella perenne memoria, nella continua presenza e per la profezia del Signore e
Salvatore nostro Gesù Cristo.
A tale proposito può risultare utile riprendere quanto è affermato, circa l’Iconografia
della storia salvifica e dei santi, nelle Premesse del Pontificale Romano, la Benedizione
degli Oli e Dedicazione della Chiesa e dell’Altare:
“Il luogo sacro, come spazio dedicato all’evangelizzazione e al culto, offre alle arti
visive un’occasione e un invito a esprimere, nel colore e nell’immagine, i segni della
fede e gli eventi della salvezza, sia nelle forme parietali, più didascaliche e narrative,
sia nelle icone, che in modo più intenso interpretano il mistero del Dio invisibile,
rivelato nel Verbo fatto uomo e testimoniato dai suoi santi”.
Vedere il Volto! Desiderio, sogno e preghiera delle generazioni credenti a partire
dall’invocazione del Salmista, fino a noi. “Mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,5) fu la
richiesta del discepolo Filippo al Signore e Maestro. Vedere il Volto!
Il tema assegnato per questo incontro assume anche un grande valore ecumenico, in
quanto riporta al cuore della Tradizione della Chiesa indivisa.
Se, nell’immediatezza, a un osservatore distratto può sembrare argomento marginale, in
realtà è tematica che merita attenzione, approfondimento e comprensione, sia per un
cammino di fede rinnovato, indispensabile in vista delle opere della carità del Regno e
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della speranza; sia per superare un pericolo presente nei nostri giorni, di fare dell’Icona
una “moda” in vista di collezioni, di commercio, e di un solo gusto estetico.
Un fatto va comunque rilevato, l’odierna attenzione e il diffondersi, negli ultimi decenni,
dell’Icona. Resta però un lungo cammino per la diffusione delle icone “vere”, e in
questo cammino resta improrogabile l’impegno, indicato anche come abbiamo visto dal
Pontificale Romano, di offrire al popolo credente - che vuole pregare - la spiegazione
teologica e approfondita dell’Icona e delle Icone, il loro significato fondamentale per il
culto e la loro relazione con la Parola divina della Rivelazione.
Infatti, ASCOLTO e VISIONE sono i due elementi che danno fondamento alla fede:
“Chi ascolta me, ascolta Colui che mi ha inviato”.
“Chi ha visto me ha visto il Padre”.
Così proclama Cristo nell’Evangelo.
I. LA TEOLOGIA SIMBOLICA
La Rivelazione biblica
In relazione con le S. Scritture, il mondo delle Icone fa parte dell’universo della
Rivelazione biblica. Cioè di quell’universo simbolico nel quale si sviluppa e avanza la
Storia della salvezza operata da Dio in favore dell’uomo, dalla creazione, fino alla fine
della storia e del mondo, con al centro il popolo di Dio, un popolo di popoli, al cui
centro sta Cristo Signore Risorto.
Nella sua realtà storica, la Rivelazione biblica, è stata operata divinamente in un
linguaggio inconfondibile di segni o simboli. E questo perché la struttura umana,
dell’uomo “immagine e somiglianza di Dio”, capace perciò di dialogo, con se stesso, con
il prossimo, con la creazione, con Dio, è sublime opera creaturale; composta di ragione e
di fede, di realtà e di simboli, di intelletto e di sentimenti, di volontà e di sensibilità.
Insomma, per usare una sola parola biblica: “di cuore”, il centro della persona. E il
cuore-intelletto ha bisogno di esprimersi nella comunicazione rapida e immediata dei
simboli e di ricevere attraverso i simboli la comunicazione dall’esterno.
La stessa parola è composta da simboli linguistici, come lo scrivere è un simbolo
grafico. Così anche la pittura è un simbolo espressivo e catturante, come la poesia è
simbolo di affascinante efficacia.
Il segno o simbolo
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Rapidamente possiamo richiamare la serie di nozioni sul significato di segno o simbolo:
a) Il segno o simbolo: è una realtà sensibile, significante, creaturale, naturale, storica,
istituzionale. Esso è percepibile umanamente:
come elemento naturale
come elemento provocatore di storia
come istituzione affidata al popolo di Dio
b) La funzione del segno-simbolo si svolge nell’assenza (cioè nelle non percettibilità
umana attuale) di una realtà data, necessaria però alla convivenza umana, e alla
salvezza.
c) Il segno o simbolo opera la manifestazione e provoca la percezione di quella realtà.
Nella sua infinita Condiscendenza verso gli uomini, sue creature fatte a Sua immagine e
somiglianza, Dio usa il linguaggio degli uomini, i segni degli uomini, nel tempo e nello
stile degli uomini, nel regime dei segni o simboli.
II. L’ICONA QUALE “OGGETTO DI CULTO”
Icona, dal greco eikôn, significa immagine, ritratto, rappresentazione di una o più
persone, ma a partire dal Volto.
Nell’antichità esistevano innumerevoli icone di divinità e di idoli, di regnanti, di
personaggi, di privati. In specie sculture, ma anche dipinti, mosaici, affreschi, tavole.
L’Egitto, ad esempio, aveva un’arte suggestiva in questo campo.
In campo cristiano, si dovrebbe sempre parlare della santa Icona di Cristo, e di sante
Icone dei santi. Sia per il loro soggetto, sia per il loro oggetto, che era sempre una
precisa forma di culto. (NB. L’idolo “cattura”; l’Icona “rilancia, rinvia oltre”).
Le Icone stanno specie in Chiesa, ma anche nelle case e sulla persona del fedele, che è
lui stesso “Icona” per i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana, se porta il segno, ad
esempio, della Croce, come monile o tatuaggio.
Si devono però fare alcune precisazioni fondamentali:
a) Anzitutto, quanto la Parola divina rivela, l’Icona manifesta e mostra (Concilio delle
Sante Icone, Nicea II, a. 787);
b) inoltre, l’Icona si venera in quanto rappresenta sempre un Soggetto “sacro”, anzitutto
il Volto del Risorto;
c) essa è strumento prezioso, che serve, se si ascolta la Parola divina e si prega e si
contempla, ad innalzare all’imitazione del Soggetto rappresentato; Cristo, Maria, gli
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Angeli, i Martiri, i Santi. Ma soprattutto serve ad innalzare ad adorare la Persona
divina del Signore Gesù Cristo che l’Icona santa rappresenta;
d) quindi la venerazione rivolta alla “santa Icona”, deve salire come adorazione al
Prototipo divino in essa rappresentato: Cristo Signore;
e) per questo il Padre invisibile non è rappresentato nelle Icone e così lo Spirito Santo.
Solo il Verbo si incarnò e dunque solo Lui si è reso visibile; (si pensi ai tentativi nei
secoli -piuttosto rozzi per la verità- di raffigurare il Padre come un Vecchio canuto e
lo Spirito Santo come Colomba svolazzante). Tentativi ingenui, ma anche fuorvianti;
f) nell’Icona del Volto umano di Cristo noi contempliamo e veneriamo il Volto unico
divino dell’unica Carità d’Amore infinito del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Quindi non si “adora” l’Icona, essa è solo un oggetto sacro. Già i Padri mettevano in
guardia i fedeli da ogni eccesso di culto rivolto alle sante Icone fuori della regola severa
della Chiesa; tali eccessi potevano essere: bere il colore delle Icone sciolto nella Coppa
eucaristica, come fosse parte del Sacramento; gridare al miracolo per Icone che
avrebbero versato olio, latte, sangue; assumere un’Icona come padrino di Battesimo.
I fondamenti della storia
Storicamente l’Icona proviene dalla Tradizione più pura della Chiesa unita, e prende
l’attuale forma dall’incontro dell’arte romana, egiziana, greca, ma soprattutto della zona
di lingua siriaca, che avevano conservato fino al sec. 4° la memoria visiva
incredibilmente fedele del Signore, il suo identikit d’amore. Poi l’icona si diffonde in
tutto il mondo cristiano senza eccezioni.
La dottrina che giustifica il culto dell’Icona, in specie l’Icona di Cristo, è sviluppata dai
Padri in trattati che sono a volte capolavori di spiritualità e di teologia, già nei secoli 4° e
successivi. Nel secolo 9° si può dire completata in ogni suo aspetto.
Molte Chiese, in Oriente e in Occidente, particolarmente in Italia per l’influsso greco,
conservano un incalcolabile patrimonio di Icone.
Solo Roma custodisce almeno 5 tra i più antichi esemplari di soggetto mariano su tavola
che ancora oggi esistano al mondo.
Di questo prezioso tesoro di fede che adorna l’Oriente e l’Occidente, un certo numero di
Icone furono salvate dai fedeli che fuggivano la persecuzione degli iconoclasti, i
“frantuma-icone” dei secoli 8° e 9°.
“Icone” sono per sé varie forme di rappresentazione: gli affreschi, i mosaici, gli smalti, i
ceselli su metallo come la Croce gemmata e le altre figure sacre, i parati sacri, i vasi
sacri e finalmente quelle che conosciamo abitualmente come tavole.
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La “scrittura” delle sante Icone
La lavorazione dell’Icona: è lunga e complessa, sia per la materia, sia per la tecnica,
sia per la raffigurazione condotta alla perfezione (cfr EGON SENDLER, L’icona
immagine dell’invisibile, ed. Paoline 1985, pp. 175-228).
L’iconografo dopo apposita scuola e tirocinio è ammesso a realizzare le Icone. Secondo
l’insegnamento della tradizione l’iconografo, prima di porsi all’opera deve digiunare,
pregare, meditare le Scritture, (per devozione può dipingere in ginocchio; si pensi al
Beato Angelico).
Terminata l’Icona, la bacia, prega davanti ad essa, accende la lampada e l’incenso.
La prima Icona che deve “scrivere” è quella della Trasfigurazione:
la Luce divina increata si diffonde dall’Umanità del Signore, anticipo della
Resurrezione. Poiché Cristo Risorto altro non è che il Cristo “Trasfigurato” in eterno.
In Oriente le Icone mal riuscite non sono esposte al culto, ma neppure distrutte, perché il
Soggetto è sempre sacro. Sono allora deposte in un luogo riparato della Chiesa e lì
lasciate fino al loro naturale disfacimento. Tale pratica è adottata anche per le Icone non
più restaurabili.
I Soggetti dell’Icona: Possiamo risalire già alla fine del 1° secolo, come è testimoniato
dai residui pittorici delle Catacombe più antiche di Roma. Troviamo così a quell’epoca:
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Cristo sotto figura allegoriche, ad esempio, del Buon Pastore
Personaggi della storia sacra
segni e simboli in enorme varietà
i sacramenti, Battesimo ed Eucaristia
soprattutto; gli Angeli, i Martiri (N.B. di Pietro e Paolo il “ritratto”).
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La “memoria” dei cristiani, il Volto e la Sindone
Nel secolo 4°, nell’area geografica dove ancora si parlava l’antica lingua aramaica,
adesso divenuta il siriaco, avviene un fatto singolare. Quei cristiani non solo parlavano
la lingua che fu di Gesù, ma, come si accennato, avevano conservato la memoria visiva
di Lui che si tramandava con appassionata e rigorosa fedeltà. Prendendo anche a
modello l’Uomo della Sindone, il Mandílion custodito ad Edessa, capitale morale della
Chiesa sira orientale. E sempre tenendo conto dell’arte del tempo per i ritratti a colori
(come abbiamo già detto, molto fiorente in Egitto).
Ritratto, Oasi di El Fayoum
Tappe della Sindone prima del 13° secolo: Gerusalemme; 544 Edessa (oggi Urfa in
Turchia) ripiegata in modo da mostrare solo il Volto; 944 da Edessa è trasferita a
Costantinopoli dove sarebbe stata distesa, permettendo la visione intera del corpo. Nel
1147 Lodovico VII di Francia, in visita a Costantinopoli venera la Sindone. Nel 1204
nell’occupazione e indegno sacco di Costantinopoli ad opera dei Crociati, molte reliquie
sono disperse. Esistono testimonianze scritte di Crociati che affermano di aver visto “la
Sindone del Signore”.
L’Icona classica è quindi quella del Signore. Il suo Volto di Risorto è rappresentato per
essere venerato.
Con il Volto, la figura, i gesti delle mani. Inoltre, aureola, sguardo. Evangelo, vesti
regali, tutto è altamente simbolico.
L’Icona e così una piccola ma densa enciclopedia teologica.
Dall’Icona del Volto discendono in ordine:
Icone di Cristo negli episodi evangelici, in specie la Croce
la Madre di Dio, sempre con il Figlio
i Patriarchi, i Profeti e i Santi dell’A. T., gli Angeli
con speciale, antichissima venerazione queste 3 categorie:
I) i Dodici Apostoli, con predilezione per Pietro e Paolo, poi Andrea, Giovanni,
Tommaso
II) i Martiri gloriosi
III) i Vescovi della Chiesa locale: Atanasio, Basilio, Cipriano, Agostino
poi i 4 Evangelisti
e gli altri Santi
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III. L’ICONA “SI LEGGE”
Come abbiamo visto, l’Icona è oggetto di vero culto. Essa non si “guarda” come
frettolosamente possono fare i visitatori dei musei sospinti dalle loro guide.
Essa, per il suo profondo significato, chiede di essere “letta”. Una lettura attenta, nel
senso del latino legere che per sé significa “raccogliere le lettere a una a una ”, lettere
di una parola, di un discorso. Si tratta di un’opera paziente, ma sempre fruttuosa.
Se tale “lettura” è conosciuta, se è abituale, diventa un fatto acquisito e continuo, che
porta alla contemplazione e a una comprensione della Parola divina.
La spiegazione di un’Icona data ad adulti e a bambini, se è ben fatta non si dovrà più
ripetere. Entrando in chiesa o, come sarebbe bene, tenendo in casa un’Icona, la visita ad
essa è come un colloquio tra amici.
Indicazioni per la “lettura”
Elenchiamo adesso alcuni modi essenziali per “leggere” l’Icona:
1. Il rigido e il solido: la Chiesa antica per esprimere la “sua” arte ripudiò ogni
materiale morbido o molle (tele, cuoio, ecc.), il primo motivo fu che su tali materiali
non si poteva fissare l’oro, elemento indispensabile per l’Icona (abbiamo così:
affreschi, mosaici, ceselli, tavole). Non solo, ma fin dall’origine tralasciò le statue
perché pagane. Venendo alla “tavola”: il materiale deve essere stagionato per non
“imbarcarsi”, per questo può essere rafforzato dietro con listelli. Sulla tavola si fissa
una tela di lino con colle apposite. Sul lino si passano gesso finissimo e colla e quindi
si fissano i colori di fondo che sono sempre terre preziose. Un modo classico è di
fissare la foglia d’oro zecchino e poi dipingervi sopra. Per l’Icona di Cristo si
procede così: si delinea la figura, poi si dipingono le vesti e l’Evangelo, poi le mani,
poi la testa a partire dai capelli, il Volto e per ultimi, la bocca e gli occhi.
2. L’oro e il suo simbolismo: per leggere l’Icona si deve procedere nel modo in cui fu
dipinta, cioè dall’esterno verso l’interno, cogliendo ogni particolare, poiché tutto è
significante. Di grande senso simbolico è l’oro in cui è come immersa la figura
dell’Icona. Esso ha una funzione tipica e indispensabile che non si può trovare in un
quadro su tela. L’oro infatti visivamente abolisce lo sfondo tridimensionale e
naturalistico e ogni panorama, in specie quando campeggiano i volti e le figure del
Signore. Gli episodi biblici hanno uno sfondo di rocce che si aprono come adorando
il Mistero Natale, Battesimo, Anástasis:
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oppure sono incorniciati da case, dal tempio, dalla Città santa: Annunciazione del
Signore, Presentazione, Croce.
L’Icona fissa una rappresentazione bidimensionale e si compone secondo la
prospettiva inversa, che consiste nel rendere maggiore il primo piano rispetto al
secondo piano. L’effetto percepito è che la figura e gli oggetti (es. lo sgabello del
trono del Signore; le porte scardinate dell’Ade nell’Anástasis), è come se si
protendessero verso il fedele che guarda (NB: al contrario della Cena di Leonardo).
L’oro quindi elimina lo spazio e insieme elimina il tempo. È pura luce che si dona
all’occhio senza assorbire la luce naturale. Ci insegna la profondità della
“trasfigurazione”, della creazione nuova operata dalla Resurrezione. La figura
rappresentata è così immersa nell’eternità divina e beata, indicibile per splendore. Il
tempo avverso, il chrónos, è superato, il tempo favorevole, il kairós divino, si fa
presente.
3. L’iscrizione: Con il Concilio di Nicea II, ecumenico VII (anno 787), la Chiesa trattò
e formulò la complessa dottrina dell’Icona di Cristo e delle sante Icone. Se il Verbo
si è incarnato nella storia, la Sua Persona divina può essere rappresentata a partire
dalla sua “forma” umana divinizzata. Dunque il culto delle Icone è legittimo e
meritorio, salendo dall’Icona alla Persona divina del Rappresentato. Ma i Padri
conciliari decretarono che fosse Icona autentica, ossia idonea al culto, solo quella che
portava chiaramente l’epigrafê, l’iscrizione (cfr Mc 12,6). L’iscrizione obbligatoria
serve a identificare il soggetto e l’episodio. L’Icona si riconosce perché porta una
“parola”, un nome, un evento, della Sacra Scrittura. Così è per le Icone di Cristo,
della Madre di Dio, degli Angeli, degli Apostoli. Per le Icone di Martiri e gli altri
Santi l’iscrizione è invece opera della Chiesa Maestra che li dichiarò santi.
4. Le iscrizioni di Cristo e di Maria: Per riconoscere la Persona del Signore sull’Icona
troviamo un’iscrizione duplice e obbligatoria: le lettere greche IC XC, Gesù Cristo; e
l’iscrizione sempre greca Ό ΩΝ “Colui che esiste”, queste ultime devono essere
poste sui bracci della croce iscritta nell’aureola intorno al Capo del Signore. Aureola
di luce divina che emana dall’Umanità del Risorto.
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Di conseguenza hanno l’aureola anche la Madre di Dio, gli Angeli e i Santi
(eventuali personaggi ragguardevoli, viventi ancora nel tempo, hanno l’aureola
quadrata). La Croce indica l’eternità del segno supremo di Cristo, il suo sacrificio
come offerta eterna al Padre. Il Nome divino Ό ΩΝ traduce in greco l’ebraico JHVH,
il Kýrios, il Signore, il Dio Vivente, rivelatosi per sempre a Mosè nel roveto ardente
(Es 3,14). Nel N. T. Dio Padre mostra nell’Umanità del suo Figlio, per la Potenza
dello Spirito Santo la sua Signoria divina (cfr in Giovanni: Io sono: Pastore, Porta,
Luce, Vita, Vite ecc.). Il Nome è la Persona e nell’invocazione del Nome rivelato noi
possiamo essere salvi.
5. Altre iscrizioni oltre quelle obbligatorie: ho Pantokrátôr: l’Onnitenente (alla
lettera), equivale a Onnipotente; ho Zôodótês: il Datore di Vita; ho Sôtêr: il
Salvatore; ho Nymphíos: lo Sposo, ecc.
6. Icone della Madre di Dio: L’identificazione avviene mediante l’iscrizione
obbligatoria MP ΘY, che significa Madre di Dio.
Con questa principale indicazione, sulle sante Icone che raffigurano la Madre di Dio
troviamo anche altre iscrizioni alfine di meglio caratterizzarle, per indicarne alcune
possiamo segnalare: Hodighitria: Indicante la Via;
Glicofilusa: Colei che dolcemente ama;
Eleousa: la Misericordiosa;
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Platitera: la Più Ampia (dei cieli) perché contenne il Figlio di Dio;
Galaktotrephusa: che nutre con il suo latte; la Fonte della vita; la Portinaia, Icona
posta all’ingresso dei Monasteri; ecc.
CONCLUSIONE
Il linguaggio delle sante Icone resta incomprensibile, se prima non è spiegato a partire
dal Mistero divino che abbiamo ricevuto nei santi Segni dell’Iniziazione cristiana.
Occorre dunque conoscere le Sante Scritture e recuperare la teologia simbolica.
Ripetendo quanto affermato nel Concilio di Nicea II, nel 787, il Concilio di
Costantinopoli dell’anno 800 afferma circa le sante Icone: “Quanto l’Evangelo ci parla
con la Parola, l’Icona ce lo annuncia con i colori e ce lo rende presente”.
Così, per la fede cristiana, l’Icona si pone quale complemento indispensabile della
Parola. Proprio per questo l’Iconografo (scrittore di Icone) deve restare fedele: come un
“copista” della Sacra Scrittura non può alterare i versetti che trascrive, così l’iconografo.
Nelle sante Icone contempliamo “quello che Cristo è, dunque quello che noi saremo,
perché così già ci sta facendo”.
Siamo predestinati a contemplare il Volto di Lui. Occorre dunque abituarsi a
contemplarlo nelle Icone fin da adesso.
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d.LM