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Le fotografie in archivio Metodologie, processi di conoscenza e trattamento dei fondi fotografici II Sessione - L’archivio fotografico: sedimentazione/accumulo Iccd, Roma 30 giugno 2015 Modelli archivistici e biblioteconomici per il trattamento dei patrimoni fotografici Letizia Cortini, Fondazione Aamod, [email protected] Testo rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione Condividi allo stesso modo (CC BY SA)

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Le fotografie in archivio

Metodologie, processi di conoscenza e

trattamento dei fondi fotografici

II Sessione - L’archivio fotografico: sedimentazione/accumulo Iccd, Roma 30 giugno 2015

Modelli archivistici e biblioteconomici

per il trattamento dei patrimoni fotografici

Letizia Cortini, Fondazione Aamod, [email protected]

Testo rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo (CC BY SA)

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Il trattamento descrittivo dei patrimoni e l’importanza del

ritorno alle riflessioni teoriche

Negli ultimi decenni in Italia:

• proliferare di esperienze di recupero di giacimenti documentari fotografici, con

frammentazione e non condivisione nel trattamento descrittivo.

Cosa è cambiato dagli anni novanta, periodo di svolta

nella tutela istituzionale dei “nuovi” beni culturali?

• Proliferare di istituti, soggetti conservatori > soggetti/agenti politico-culturali, che

gestiscono beni, che non svolgono solo funzioni di trattamento/valorizzazione, ma

anche di comunicazione (ora anche condivisione), di “costruzione di consensi”,

attraverso l’uso dei patrimoni che gestiscono e che pubblicano in rete, insieme

alla promozione di iniziative collaterali (archivi di istituti culturali, di imprese, di

sindacati, di associazioni, di istituzioni locali, di enti territoriali, …)

• Gli usi pubblici “politici”, oltre che culturali, dei patrimoni sono finora stati poco

indagati. Le attività e le scelte di trattamento, quindi di valorizzazione, soprattutto

di archivi di immagini, non ne sono avulse, in particolare nell’epoca del web 2.0.

• Proliferare di risorse in rete (vedi le problematiche del riuso delle immagini in

ambiente digitale ).

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• Trattamento patrimoni fotografici tuttora “diviso”, forse non più conteso, tra ambiti disciplinari/professionali che dialogano a fatica:

• Biblioteconomia, archivistica, museologia/arte… in taluni casi, commistione di pratiche in cui predomina comunque un ambito.

• Ai fini dell’accesso e della valorizzazione nel web non dovrebbe più rappresentare un problema grazie all’interoperabilità, allo sviluppo di standard per metadata di varie tipologie per il trattamento digitale, la gestione, la pubblicazione e la ricerca in rete, la conservazione (pensando anche allo sviluppo e alla diffusione dei linked open data e al web semantico).

Prerequisito: bisogna aver trattato o trattare (catalogare)

i documenti/patrimoni “fisici”, là dove si trovano.

Le attività di descrizione e di digitalizzazione con produzione di metadata non sono neutre e sono molto onerose.

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Tipologie di giacimenti documentari fotografici, che ne connotano spesso

anche l’organizzazione da parte dei soggetti conservatori/produttori

(“escludendo” l’ICCD ampiamente trattato):

Archivi/fondi fotografici privati (di enti o persone), pubblici, comprendenti

documentazione non solo fotografica, sebbene quest’ultima sia la

principale, ovvero frutto dell’attività principale (archivi di studi fotografici,

di agenzie fotogiornalistiche, di fotografi, di enti quali l’Istituto Luce, …).

• Fototeche pubbliche, che conservano soprattutto raccolte e collezioni

fotografiche con specificità tematiche legate ai territori (Archivio

fotografico Regione Toscana, Fototeca Regionale Veneto,...)

• Archivi in senso “tradizionale”, pubblici, statali, privati che producono

soprattutto carte, al cui interno si trovano anche fotografie (oppure che

abbiano prodotto, sedimentato e/o “raccolto” fotografie, organizzate “a

parte” rispetto alle carte, per es. gli archivi sindacali, archivi d’impresa,

archivi politici, archivi di personalità pubbliche, archivi di famiglia, …);

• Situazioni specifiche (Foteca Zeri,Fototeca Panizzi-ER;AFT Prato, …).

Ogni tipologia di produzione/sedimentazione richiede uno studio e delle

scelte specifiche per il trattamento e la valorizzazione, da parte

dell’ente/persona che conserva, responsabile del recupero, della

ricostruzione della storia dei giacimenti documentari e della loro

rappresentazione, ai fini dell’accesso ad essi.

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In ambito storico la fotografia è “un documento”, fonte per la storia

(contemporanea, dell’arte, sociale, antropologica, etnografica,

economica, industriale, della scienza, del paesaggio, urbana,

politico-sindacale, … naturalmente per la storia della fotografia), che

narra/”documenta” storia/e, che agisce sulla storia (riconoscimento a

partire dalla scuola delle Annales).

In ambito museale/artistico/beni culturali (ICCD) è stata prima

considerata come strumento di documentazione degli oggetti

d’arte, ambientali,…

Solo in anni recenti istituzionalmente considerata documento/opera,

bene culturale, oggetto di trattamento specifico, a parte le

esperienze pioneristiche, per es. a partire dall’Emilia Romagna e

non solo, grazie soprattutto all’opera di Giuseppina Benassati e

Laura Gasparini (non potendo citare tutti gli operatori culturali che

contribuirono efficacemente in tal senso).

ICCD>scheda F, fine anni novanta

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In ambito biblioteconomico (ICCU-SBN) il documento fotografico,

nell’INDICE opac risulta con una specifica natura (monografia,

collezione, raccolta,…), uno specifico materiale (grafico…), con

designazione speciale (fotografico) su cui siano registrate

informazioni (tipologia record: fotografico). Non si riconoscono

ancora pienamente in Indice le specificità del linguaggio e delle

forme del documento fotografico. Non ci sono, p.es., nelle

indicazioni delle tecniche, le tipologie dei fototipi.

Tutto questo nonostante l’enorme lavoro di ricerca, di analisi,

identificazione e riconoscimento delle specificità della fotografia in

ambito biblioteconomico portato avanti dagli anni ottanta da

Giuseppina Benassati e Laura Gasparini. Un lavoro che oltre il

famoso manuale – G. Benassati, La fotografia: Manuale di

catalogazione, Bologna, Grafis Edizioni, 1990 - che anticipò la

normativa dell’Iccd (la scheda F), è rintracciabile ancora oggi nelle

esperienze di polo regionali, soprattutto nell’area emiliana, con il

recupero e la sperimentazione di metodologie di catalogazione in

sbn specifiche per numerose fototeche valorizzate e accessibili on

line.

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Per l’archivistica la fotografia è riconosciuta come documento (non solo

di natura probatoria o strumentale) di recente. Recenti anche le

riflessioni sul valore di documento dei beni fotografici (anche

audiovisivi).

L’archivistica desume(va) dalla diplomatica la definizione di

documento, legata al valore giuridico e probatorio, a cui va

associata quella di atto:

• l’atto è l’evento, l’azione

• il documento è la testimonianza scritta che lo rappresenta in

modo duraturo

Dal punto di vista internazionale, nel congresso del 1988 a Parigi,

l’ICA per la prima volta in una sessione si parlò di nuove fonti,

raggruppate in archivi audiovisivi (e fotografici), produzioni

radiotelevisive, archivi orali, archivi informatici, microfilm.

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Paola Carucci ha indicato nei primissimi anni novanta come l’archivistica avesse:

“Esteso il suo ambito anche a documenti non giuridici [diplomatica] e più in

generale a qualsiasi testimonianza, qualunque ne sia il supporto e la natura,

contenuta in un archivio o a cui sia riferibile il concetto di archivio,

rivolgendo la sua attenzione anche a quelle fonti per le quali siano applicabili ai

fini di una corretta conservazione alcuni principi essenziali elaborati per gli

archivi tradizionali” (1991)

Fondamentale, per l’archivistica, come specifica sempre la Carucci, è avere chiaro

che il documento fotografico o di altra tipologia, è trattato solo nel contesto

dell’archivio (fondo, serie, unità archivistica, in cui si trova). Sempre nel 1991,

elencava i tre elementi determinanti il concetto di archivio (prima ancora di

“documento”):

“un soggetto che produce la fonte, il fatto che la documentazione sia prodotta

nell’ambito dell’esercizio di una attività istituzionale, amministrativa,

professionale, personale, commerciale, culturale, assistenziale o altro; il fatto

infine che – trattandosi di una attività pratica svolta da un soggetto – esista

una connessione logica o funzionale tra le unità che compongono

l’insieme”.

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A proposito della definizione di documento, Ansano Giannarelli,

nell’ambito delle battaglie per il riconoscimento di bene culturale alle

nuove fonti (audiovisive e fotografiche), promosse, già dagli anni

ottanta, dalla Fondazione Aamod (Archivio audiovisivo del

movimento operaio e democratico), confrontandosi nel 1995 con gli

archivisti, sottolineava la necessità di un chiarimento a proposito

delle parole opera, prodotto, documento:

“il termine prodotto indica esattamente il risultato di un processo di

produzione, e quindi di un’attività umana, e perciò si configura

anche come documento: innanzitutto di quel processo, di

quell’attività. ... Certo, è un prodotto con sue caratteristiche

particolari, dal momento che le immagini comunicano idee,

emozioni, concetti, valori, ideologia. Alcuni di questi prodotti

possono attingere alla sfera dell’arte, allora è più appropriato il

termine opera, ma sempre di prodotti si tratta, prima di tutto…

Così un prodotto o un documento, filmici o audiovisivi [e fotografici]

non sono sempre anche opere d’arte, … mentre un film [o

fotografia] opera d’arte è sempre anche un prodotto, un

documento. …”.

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Nel “mondo biblioteconomico”, la biblioteca costruisce il suo catalogo,

scegliendo di descrivere il documento in base alla materia, alla

natura... Per la descrizione semantica fa ricorso alla soggettazione e

alla redazione di un abstract. Tratta il “prodotto” specifico (anche

incompleto) costruendo legami (quindi relazioni) sia con le

responsabilità (soggetti produttori/autori) sia orizzontalmente e

verticalmente con altri “documenti”.

Solo parzialmente recepite e applicate in Sbn Indice le norme FRBR.

Per l’archivistica i documenti fotografici sono sempre considerati e

trattati all’interno di un complesso archivistico, sia che si tratti di

archivi che producano fotografie e con esse documenti di carte e altro,

sia di archivi di carte all’interno dei quali si trovino anche fotografie o

raccolte (soprattutto archivi di persone e di privati). Gli archivi si

sedimentano nello svolgimento di determinate attività e sono

prodotti da soggetti specifici, sono quindi costituiti da documenti

tra loro legati/correlati, secondo un vincolo necessario, non solo

dal punto di vista organizzativo, e non per tipologie, ma in modo

logico e funzionale (serie, unità archivistiche …). Per la

descrizione del contenuto sono prodotte voci d’autorità con la

costruzione di thesauri e/o authority file, abstract e regesti.

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La biblioteca costruisce CATALOGHI > Catalogazione

L’archivio produce INVENTARI (in una accezione diversa da quella

biblioteconomica)

Inventario (in un archivio) > Strumento di ricerca. Descrive in maniera

analitica, o sommaria, tutte le unita archivistiche di un fondo ordinato

e ne illustra la storia (anche dei soggetti produttori e conservatori).

Ordinamento (in ambito archivistico) > Complesso delle operazioni

necessarie per dare un'organizzazione sistematica alle unita

archivistiche sulla base di un principio teorico. Si è affermato in Italia

il metodo basato sul rispetto del principio di provenienza o metodo

storico, che consiste nel restituire alle serie dei documenti I'ordine

originario. Tale metodo comporta la necessità di studiare

I'ordinamento dell'ente (o persona) che ha prodotto le carte, le sue

funzioni, I'organizzazione degli uffici e i criteri secondo cui aveva

organizzato il proprio archivio. …(SAN, Direzione generale archivi)

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Come per gli storici, di fronte a documenti e a complessi documentari

fotografici, è fondamentale porsi subito alcune domande:

sulla provenienza e l’origine delle immagini, sui soggetti produttori (non

solo gli autori), sul perché si trovino lì e in quali condizioni, su

eventuale altra documentazione esistente correlata, su eventuali altri

esemplari esistenti presso altri soggetti conservatori. Si passa quindi

alle attività di pre e pro identificazione, alla ricognizione della

consistenza, delle loro sedimentazioni/accumulazioni, alla ricerca di

criteri coevi o successivi, etc. si operano scelte (di metodo) legate

anche al “buon senso”, oltre che scientifiche, domandandosi anche il

perché non siano state “recuperate” e trattate prima e perché lo

siano o lo debbano essere ora, per quali finalità e con quali

metodologie. Da qui possono discendere le scelte delle modalità di

riordino, previ interventi di messa in sicurezza e restauro …

Come affrontare il recupero e il trattamento di giacimenti fotografici

piccoli/medi/grandi? Quali strumenti di trattamento soprattutto

descrittivo ci sono oggi in Italia utili e sostenibili, per la

“catalogazione” di patrimoni fotografici? Questi strumenti a quali

livelli e con quale specificità restituiscono la provenienza, la

sedimentazione, i processi produttivi, le finalità, le specificità, la

dimensione e la complessità culturali di un giacimento documentario

fotografico? Ovvero, i diversi contesti?

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All’interno degli ambiti disciplinari principali > quali strumenti oggi?

Biblioteconomia

Strumenti attuali “sostenibili”, ovvero “gratuiti”, se già in uso in una biblioteca

per la catalogazione di altri materiali, come libri, grafiche …:

SBN (evolutiva, 2015); Reicat, Isbd (consolidate)

Sbnweb – Sebina

In sbn Indice attualmente sono catalogate fotografie e complessi fotografici:

• come materiale GRAFICO, quindi “monografia semplice” per le singole foto,

mentre più (insiemi di) fototipi possono essere rappresentati come

Collezioni, Raccolte fattizie, Monografie superiori, a seconda delle intenzioni

editoriali o meno della loro aggregazione da parte di un soggetto (le schede

delle singole foto/documento presentano un legame/relazione -fanno parte

di- con la scheda “superiore”, legame che restituisce il senso della loro

aggregazione. Non si scende, nell’esperienza, oltre i due livelli, possibile un

terzo livello, ma con limiti di restituzione chiara dei contesti e delle relazioni).

• Occasione mancata quella di recepire le novità delle specificità della

fotografia, anticipate dal citato lavoro di Giuseppina Benassati, i cui sviluppi

sono stati invece applicati nei poli soprattutto dell’Emilia Romagna e

dall’IBC. Si vedano i materiali pubblicati sul web Foto graphia Attività di

catalogazione e tutela dei fondi fotografici in Emilia Romagna http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/apubblicazioni/t?NRECORD=0000016330

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Archivistica

Dal punto di vista archivistico importanti sono i contesti, il/i soggetto/i produttori;

i legami tra i documenti che restituiscono i “contesti” (è importante ripeterlo e

ricordarlo).

Nel caso dei documenti fotografici, Adolfo Mignemi, che ha maggiormente

indagato, come storico, il tema del trattamento documentario, in termini

archivistici, delle fonti fotografiche, indica e individua nell’evento fotografico

e nei suoi autori e committenti, nel processo di stampa, il procedimento che

porta al documento fotografico (2003).

xDAMS, Archimista (precedentemente anche GEA), …

Isad G utilizzate anche per la rappresentazione (architettura) degli archivi e dei

fondi fotografici, e per la loro descrizione, con adattamenti desunti dalla

Scheda F nel tracciato catalografico > descrizione multilivello gerarchica, dal

Fondo al Documento, con possibilità di scegliere il livello dell’Unità di

descrizione (si può scegliere anche solo il primo livello, fondo).

Musei e soprintendenze (fotografia come opera e come documentazione

di opere)

SIGEC Web > Scheda F, Scheda FF

Questi strumenti e i relativi modelli si confrontano, per il tracciato catalografico

del livello documento, con la normativa ministeriale ovvero con la scheda F

(con degli adattamenti).

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ISAD (G) - ELEMENTI DI DESCRIZIONE con collegamento alle schede ISAAR (CPF)

(Anai, http://media.regesta.com/dm_0/ANAI/anaiCMS/ANAI/000/0111/ANAI.000.0111.0002.pdf)

AREA DELL’IDENTIFICAZIONE

Segnatura/e o codice/i identificativo/i

Denominazione o titolo

Data/e

Livello di descrizione (Fondo, Serie, Unità archivistica, Unità documentaria?)

Consistenza e supporto dell'unità di descrizione (quantità, volume, dimensione fisica)

AREA DELLE INFORMAZIONI SUL CONTESTO

Denominazione del/dei soggetto/i produttore/i

Storia istituzionale/amministrativa, nota biografica

Storia archivistica

Modalità di acquisizione o versamento

AREA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE AL CONTENUTO E ALLA STRUTTURA

Ambiti e contenuto

Procedure, tempi e criteri di valutazione e SCARTO [problema/questione dello scarto regolamentato per le immagini, non solo fotografie…

oltre quello fisiologico, o quello realizzato in modo e con criteri soggettivi dai soggetti conservatori]

Incrementi previsti

Criteri di ordinamento

AREA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE ALLE CONDIZIONI DI ACCESSO ED UTILIZZAZIONE

Condizioni che regolano l’accesso

Condizioni che regolano la riproduzione

Lingua/scrittura della documentazione

Caratteristiche materiali e requisiti tecnici

Strumenti di ricerca

AREA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE A DOCUMENTAZIONE COLLEGATA

Esistenza e localizzazione degli originali

Esistenza e localizzazione di copie

Unità di descrizione collegate

Bibliografia

AREA DELLE NOTE

Note

AREA DI CONTROLLO DELLA DESCRIZIONE

Nota dell’archivista

Norme o convenzioni ; Data/e della descrizione

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Biblioteca della Società napoletana di storia patria

Back office Opac sbnweb. Catalogazione in Indice di Album fotografici, per i quali è stata

riscontrata una intenzione editoriale. Catalogati quindi come monografia superiore

(scheda madre per l’Album) e monografie inferiori le singole foto(schede figlie).

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Esempio di un Album della SNSP nel Front end Opac SBN Indice. Parziale visione della

scheda Album (monografia superiore) cui seguono i titoli di tutte le singole foto

dell’Album. Cliccando si aprono le relative schede:

http://www.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&resultForward=opac/iccu/full.jsp&from=

1&nentries=10&searchForm=opac/iccu/error.jsp&do_cmd=search_show_cmd&fname=n

one&item:1032:BID=IT\ICCU\NAP\0667255

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Front end Fondo fotografico Supino (Università di Bologna): in sbn locale ma non in

Indice. Organizzati dei percorsi. Per la catalogazione utilizzato Sebina.

http://www.archiviostorico.unibo.it/it/struttura-organizzativa/sezione-archivio-

fotografico/archivi-fotografici-aggregati/fondo-igino-benvenuto-

supino/biografia/?IDFolder=456&LN=IT

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In Sebina le schede

delle singole fotografie

del Fondo Supino non

sono collegate né

orizzontalmente né

verticalmente.

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Fototeca Zeri.

Commistione di modelli

biblioteconomici,

archivistici, normative

Iccd

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http://www.fondazionezeri.unibo.it/home/00000003_Home.html

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La scheda Foto

rinvia alla scheda

Opera e

viceversa. Link ai

materiali correlati

(carte).

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Catalogazione fotografie BNCF del Fondo

Mario Pannunzio. Non c’è una scheda

Fondo. Catalogazione “livello” Collezione

per le serie individuate (“scheda madre”) a

cui sono legate le schede delle singole foto

relative a quella serie/collezione. La risposta

alla ricerca non ci restituisce

“immediatamente” i legami.

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Progetto innovativo finanziato dalla Fondazione Del Monte. Gli

archivi fotografici descritti sono trattati secondo modelli

archivistici (piattaforma Xdams): http://cittadegliarchivi.it/

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Sirbec Lombardia Beni Culturali. Archivi fotografici trattati seguendo la

normativa ministeriale e in parte le regole biblioteconomiche

http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/

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Fondi fotografici Archivio storico Luce Cinecittà (back office). Piattaforma

Xdams, giacimenti documentari descritti secondo il modello archivistico

(Isaad (G) con tracciato catalografico che segue in parte le indicazioni della

scheda F: http://www.archivioluce.com/archivio/

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Archivi on line (Senato della Repubblica)

Fondo archivistico “classico” con una sottoserie costituita da fotografie (Gea)

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Altro esempio di fondo

archivistico “tradizionale”

con una serie “fotografie”, a

cui sono legate le unità

archivistiche (fascicoli con

fotografie relative a oggetti

specifici)

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http://www.archivionline.senato.it/scripts/GeaCGI.exe

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A conclusione di questo quadro, necessariamente schematico e non

esaustivo, ritorniamo alla domanda posta nella prima slide dove ci si

chiedeva cosa fosse cambiato dagli anni novanta, il decennio “di

svolta” nel recupero e trattamento dei “nuovi” archivi.

E’ possibile constatare un altro cambiamento da allora:

i diversi ambiti disciplinari stanno in parte convergendo

sull’importanza e quindi la messa a punto di modelli di trattamento e

descrizione dei patrimoni fotografici che tengano conto:

• delle specificità linguistiche di questa tipologia documentaria,

• delle relazioni orizzontali e verticali tra i singoli documenti e gli

insiemi,

• dell’importanza della ricostruzione delle attività e della storia dei

soggetti produttori,

• della valorizzazione dei contesti.

Lavoro che recupera le anticipazioni che già negli anni ottanta erano

state fatte grazie all’opera di Giuseppina Benassati e Laura

Gasparini, per citare i due nomi più noti e in un certo senso

“capofila”.

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Considerazioni “a margine”

Strategico nel web 2.0 che il mondo della conservazione e valorizzazione

dei beni culturali si colleghi al mondo della scuola, di ogni ordine e

grado.

Formazione degli insegnanti: molti non sanno cosa sia un bene culturale,

non sanno, per la maggior parte, dell’esistenza di archivi e istituti di

conservazione dei beni culturali. Conoscono biblioteche e musei, non

conoscono beni culturali “nuovi” quali appunto fotografie e film.

La maggior parte non conosce l’esistenza di professioni specifiche per il

trattamento di questi beni, per la loro valorizzazione, e riuso creativo.

La fotografia nel e dal mondo della scuola è spesso ancora considerata un

“hobby”.

Mancanza di una educazione al linguaggio fotografico e alla sua storia,

alle sue forme (come per il cinema, e gli altri media visuali). Manca una

visual literacy in Italia. Assenza anche di una public history, di una

digital public history (inesistenza di questi insegnamenti in ambito

accademico, nelle università italiane > da quest’anno istituito un master

in Emilia Romagna).

Forse queste problematiche influiscono sulla proliferazione abnorme, virale,

incontrollata di risorse digitali frammentate, di cui si perdono le

provenienze e i contesti.