Le famiglie contemporanee di Francesco Colacicco.

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Le famiglie contemporanee di Francesco Colacicco

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Le famiglie contemporanee

di

Francesco Colacicco

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Le trasformazioni del sistema familiare 1(4)

Le famiglie in Europa non assumono più la forma tradizionale; così è anche in Italia, dove più della metà non sono più di tipo

tradizionale. In particolare vanno rilevati: 1. Il diffondersi delle convivenze anche nel nostro paese (unioni libere,

famiglie di fatto): una quota crescente di coppie sceglie di non istituzionalizzare l’unione;

2. Il diffondersi delle famiglie monogenitoriali (un genitore vive con un figlio), in parte originate anche dalle vedovanze;

3. La crescente instabilità coniugale (separazioni e divorzi).

Molte coppie, sempre più provenienti da precedenti esperienze matrimoniali, tendono a non mettere su famiglia e sviluppano una forma di intimità a distanza.

Si organizzano sistemi famigliari dove la madre è l’elemento fisso ed il padre quello variabile; per i figli aumentano le figure femminili al loro fianco.

Le coppie vanno al matrimonio un po’ più tardi ma, in prevalenza, restano senza figli per poco tempo e concentrano la loro nascita nei primi anni.

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Mentre negli anni ‘50 la donna concludeva la fase procreativa intorno ai 40 anni, tra gli anni ’80 e ‘90 smette di fare figli verso i 30,

con la conseguenza che dopo non più di 10 anni la fase di allevamento dei bambini è da ritenersi conclusa. Segue una fase centrale prolungata con gli stessi figli, di durata non inferiore ai 20 anni: c’è, prima, un allungamento del periodo educativo che va oltre l’età scolare dei figli, senza nuovi ingressi e una compresenza, poi, di due generazioni di adulti (famiglia con adolescenti e famiglia con giovani adulti).

La fase di coppia anziana si determina in corrispondenza dell’uscita da casa dell’ultimo figlio: si apre una nuova e lunga stagione della coppia.

Con la morte di uno dei due partner la famiglia entra nella fase finale del suo ciclo, quasi sempre dominata dalla solitudine. I dati statistici ci dicono che mentre gli uomini vivono l’ultimo periodo della vita dentro la relazione di coppia, le donne vivono da sole e si appoggiano, per far fronte al proprio decadimento fisico, soprattutto ai figli.

E’ qui, così come nell’età dell’allevamento dei figli, che si riscontra con più facilità come i legami familiari non abbiano a che fare solo con gerarchie e confini, ma anche con cura e lealtà e come si fondino sul sistema del dono: per i figli questa è la fase della restituzione.

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Famiglia allungata, famiglia-clan, famiglia infinita. Complice anche

la crisi, 7 milioni di under 35 continuano a coabitare con i genitori, rimandando sine die lo svincolo. E’ un fenomeno tipicamente italiano ma la percentuale dei giovani che resta a casa con i genitori cresce anche in Europa, ad esclusione di Francia ed Inghilterra. Si riscrivono così le regole di convivenza oscillando tra fusione e individuazione, tra affiliazione e autonomia. Si vive in palazzine o villette unifamiliari a più piani, con più generazioni.

I genitori … la famigliona protegge, dà calore ma può anche soffocare. Anche quando lasciano casa i giovani continuano ad abitare vicino i loro genitori (fanno parte dell’organizzazione della nuova famiglia). Vivere sotto lo stesso tetto significa accudimento assiduo e protratto nel tempo … tutto viene rinegoziato: la vita sessuale, dormire fuori, aiuti economici … non si impongono orari per il pranzo o per la cena, il fidanzato dorme in casa … cambiano, talvolta scompaiono, i rituali … i genitori si fanno carico di tutto, sostengono le generazioni più giovani. Nonni, figli, figli/genitori, nipoti, zii, generi, nuore …

La generazione di mezzo, tra giovani e anziani … è sovraccaricata. 4

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Non si fanno figli se i giovani non trovano un impiego stabile e allora rimangono a casa (quasi la metà dei giovani fra i 30 e 34 anni, soprattutto maschi, vive ancora in casa).

Attualmente si registra una ripresa lenta e prudente delle nascite, dovuta soprattutto al contributo delle coppie straniere e a un aumento delle nascite fuori dal matrimonio.

Il tasso di fecondità è salito e coppie non più giovani, che hanno aspettato fino a un lavoro stabile e a una casa, non rinunciano all’idea di avere figli: cresce il numero delle mamme sopra i 40 anni.

L' invecchiamento delle madri è un fenomeno che si sta consolidando, è la scelta di donne che hanno alzato il loro livello d' istruzione e che dopo aver finito gli studi privilegiano la ricerca di un lavoro. E’ una nuova tendenza, tuttavia la percentuale di bambini che nascono da donne mature rimane ovviamente molto bassa. Nonostante sia intorno ai 30 anni che la donna italiana fissa, in media, la nascita del primo figlio, la maggior parte delle nascite è dovuta a ragazze sotto i 24 anni.

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Le funzioni del sistema famigliareIl sistema familiare si è trasformato:

anche se assolve a determinanti funzioni nell’assistenza ai malati, ai vecchi, nella cura ed educazione dei bambini, nell’organizzazione del tempo libero

ed ancora nella trasmissione delle proprietàha perso o modificato alcune funzioni assolte dalla vecchia struttura:

quelle produttive, espressive (attraverso l’uso del tempo libero), dell’istruzione, più in generale quelle socioeconomiche,

riducendo così il suo ruolo pubblico.Si è però specializzato nelle funzioni residue che gli competono,

quelle relative al suo ruolo privato, svolgendole in modo tecnicamente più efficiente:

•Il processo di socializzazione primaria del bambino attraverso l’interiorizzazione della cultura

•La stabilizzazione della personalità dei membri adulti

Queste due funzioni sono collegate, la prima può essere assolta se il bambino, nelle primissime fasi del suo sviluppo, può investire le sue risorse

emozionali impegnandosi, in modo quasi esclusivo, nel rapporto con l’adulto “significativo”

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Ricorso ai servizi sociosanitariIl ricorso ai servizi sociosanitari cresce

quanto più si scende dallo status sociale alto a quello basso. Le classi sociali più elevate utilizzano di più i servizi specialistici e di

counseling, mentre la medicina generica, i ricoveri e l’uso dei servizi pubblici territoriali sono proporzionalmente più diffusi nelle classi sociali più basse (un’analoga tendenza si riscontra a livello del territorio: ai servizi del primo tipo ci si rivolge soprattutto nelle grandi città, al medico generico nei piccoli centri).

Contemporaneamente si sono intrecciati due fenomeni:• Il sorgere di agenzie e servizi pubblici e privati, gruppi di volontariato

e comunitari, per assolvere ad una serie di compiti assolti in precedenza dalle famiglie

• La tendenza a chiedere ai servizi il soddisfacimento di una gamma sempre più vasta di bisogni che riguardano l’area dei servizi alla persona

contribuendo alla diffusione del welfare state

… sistema attualmente in difficoltà

• La questione attuale è non sostituire la famiglia, ma trovare nuove forme di comunicazione, integrazione, collaborazione tra famiglie e servizi, tra famiglie e agenzie di socializzazione

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La questione genitoriale

• i genitori troppo spesso vivono in una dimensione individuale, per cui i figli non riescono a cogliere il senso del rapporto di coppia; si perde il senso della differenza generazionale e i figli sono vissuti come dei fratelli rivali dai quali non farsi sovrastare; c’è un ripiegamento narcisistico degli adulti e un’assenza di investimento sui bambini con il conseguente abbandono dei figli

Secondo Bowlby il neonato interiorizza la madre in quanto figura di

nutrimento, accudimento e protezione, ma interiorizza anche il concetto che essa ha di lui in quanto oggetto da nutrire: questo gli permette di assumere verso di sé o verso un terzo il ruolo di lei. Questa capacità è qui deficitaria

Poichè nella nostra società il sottosistema che svolge la funzione genitoriale è abitualmente la coppia coniugale se ne consegue che le caratteristiche del ruolo genitoriale, il tipo e la qualità della vita familiare sembrano determinati:

a) dalle esperienze dei genitori nello sviluppo della loro infanzia eb) dalla relazione coniugale che si è strutturata

la questione genitoriale

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Compiti genitoriali

I genitori devono:• essere capaci di promuovere intimità psicologica

e senso d’appartenenza al gruppo familiare, di creare il clima affettivo ed emotivo adatto a favorire lo sviluppo psicologico dei figli

• permettere l’individuazione (senso di percezione dei propri pensieri, sentimenti e azioni) dei propri figli, l’accettazione delle differenze individuali, il coinvolgimento col mondo esterno

Tutto questo non riesce nelle famiglie multiproblematiche

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Le famiglie multiproblematiche Perché si tratta spesso di famiglie multiproblematiche e che cosa si intende per famiglie multiproblematiche?Negli anni 50/60 la famiglia multiproblematica venne definita come un

gruppo che attraverso i suoi vari componenti è in contatto con un’ampia varietà di servizi, agenzie e istituzioni, cui vengono richiesti interventi multipli o a lungo termine

Ben presto:emerse che un funzionamento familiare problematico e un

funzionamento dei servizi sociosanitari inadeguati possono essere visti come due facce della stessa medaglia

si generò l’ipotesi che famiglie multiproblematiche allevano famiglie multiproblematiche: pattern comportamentali problematici verrebbero trasmessi dalla famiglia dei genitori a quelle dei figli

si verificò che negli adolescenti, specie di sesso maschile, risulta alta la frequenza di dropping-out rispetto agli studi e di problemi con la giustizia (con comportamenti violenti e aggressivi in famiglia)

si osservò una maggiore esposizione ad eventi paranormativi (separazioni, malattie, licenziamenti, trasferimenti forzati di abitazione, … eventi traumatici) delle famiglie multiproblematiche che, sovraccaricate, entrano facilmente in crisi: sono sempre sull’orlo di un precario equilibrio

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Il dinamismo psicologico delle Famiglie Multiproblematiche

Lo sviluppo dei comportamenti sintomatici si verifica ai passaggi di fase del ciclo di vita della famiglia, nelle prime fasi (formazione della coppia, nascita e sviluppo dei bambini)

I comportamenti sintomatici sono efficaci nel bloccare il percorso evolutivo ma non mantengono l’equilibrio precedente

Disorganizzazione e disgregazione del nucleo familiarela situazione nel tempo si caratterizza per:Inadempienza funzionale del sistema famigliare, non più in grado di

attendere ai suoi compiti organizzativi (sostegno economico, casa, istruzione, crescita e cura dei figli, protezione dei membri più deboli) e espressivi (gestione delle tensioni, nutrimento emotivo dei piccoli, esigenze di intimità e stabilità affettiva dei membri)

Ricerca e reperimento di esterni in grado di svolgere tali compitidiminuzione progressiva di competenzanon arrivano quasi mai di loro iniziativa in terapia (polizia, vicini,altri servizi)

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Circolo vizioso dell’inadempienza funzionale

Inadempienza funzionale Disorganizzazione

Intervento scoordinato dei servizi Errore sostitutivo

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Il coordinamento degli interventi consente anche una migliore differenziazione tra i diversi livelli dell’intervento:

a. l’assistenza, la consulenza psicosociale e gli interventi educativi si forniscono ad un livello di rapporto immediato (sul territorio) con l’utenza; l’obiettivo generale è favorire l’adempimento dei compiti esistenziali da parte dei membri della famiglia attivando le risorse del sistema (sia quelle interne che quelle esterne del sistema); è il contesto di accoglimento delle richieste, del consiglio, della responsabilizzazione ed eventualmente, quando possibile, dell’orientamento verso strutture dove realizzare interventi più specifici;

b. il sostegno terapeutico è un intervento da effettuare nel contesto di servizio; obiettivo generale, è aiutare la famiglia a superare le condizioni di blocco evolutivo del sistema intervenendo su “lo spazio dei legami”, attraverso la ricerca di patterns comportamentali più adeguati.

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L’intervento di reteVuol dire:• Evitare di mettere in atto il processo di esclusione nei confronti di

queste famiglie, vissute da servizi ed operatori come troppo ansiogene

• Che difficilmente gli interventi verranno dedicati all’intero sistema, spesso si incontreranno solo alcuni pezzi della famiglia, che risponderanno alle convocazioni degli operatori su logiche prevalentemente interne alle dinamiche famigliari

• Che la costruzione del lavoro avviene col gruppo degli operatori (che dovrebbero dotarsi di un supervisore, che li aiuti a districarsi nelle diverse trame relazionali che si sviluppano con la famiglia, con i servizi, tra la famiglia e i servizi; che li aiuti a gestire il forte coinvolgimento emotivo che l’impatto con queste situazioni provoca in loro; che li aiuti a pensare all’intervento con la giusta distanza emotiva). I confini del tempo e dello spazio dell’intervento sono variabili: è quasi impossibile pensare ad un setting ben strutturato.

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Conclusioni 3(3)

• Infine, per gli amministratori:

E’ economicamente più vantaggioso per lapubblica amministrazione finanziare un lavoro peril cambiamento delle situazioni multiproblema(intervento sociale di tipo terapeutico), persbloccarle, per mettere in crisi il circolodell’inadempienza e della inadeguatezza continuadei servizi, che provvedere ad esse solo coninterventi economici e sociali di tipo assistenziale.

Attività come queste vanno progettate e finanziate.

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L’ansia familiare

di

Francesco Colacicco

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La storia della famiglia• Lo psicoterapeuta sa che deve raccogliere non solo le notizie

anamnestiche, la storia dei sintomi e delle prescrizioni terapeutiche ma anche e soprattutto la storia della famiglia (segnalando i passaggi critici del ciclo di vita e le modalità di riorganizzazione del sistema familiare), per formulare l’ipotesi di funzionamento del sintomo (come funziona sul piano dell’economia psicologica personale e del gruppo) ed impostare il progetto terapeutico.

• In conclusione, la valutazione psicopatologica non può fondarsi sulla sola osservazione dei comportamenti sintomatici ma deve tenere conto del tipo di strutture di personalità incontrate e del livello acquisito dalle organizzazioni difensive, dell’interazione del soggetto con la famiglia e l’ambiente.

• La varietà dei quadri clinici dipende da fattori legati all’età e al ciclo vitale; dagli effetti dovuti alla combinazione prodotta dalle esigenze personali; dai meccanismi difensivi, dalla disposizione; dalle possibilità e dai limiti fisici e organici, dalle risposte dell’ambiente; dalle caratteristiche strutturali dei disturbi di personalità, intesi come un gruppo di disturbi del carattere e della personalità omogenei dal punto di vista delle strutture cognitive e difensive.

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Il significato dei sintomi

I terapisti familiari sanno che una famiglia non trasforma il suo buon funzionamento in un funzionamento molto scadente entro una sola generazione, l’attenzione del clinico fin dalla diagnosi non può perciò mai essere rivolta ai soli disturbi mentali. Allargare l’area della diagnosi alla storia e alle dinamiche interpersonali della famiglia e dell’ambiente di appartenenza del soggetto corrisponde allo sforzo del terapista sistemico di conoscere la storia familiare che a questi disturbi dà senso e significati.

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Differenziazione ed ansia

Secondo Bowen lo sviluppo di sintomi fisici, emotivi e sociali in uno o più figli di una famiglia è influenzato dalle stesse variabili che influenzano lo sviluppo di sintomi negli adulti: il livello base di differenziazione ed il livello di ansia cronica. Quanto più basso è il livello di differenziazione di un figlio, tanto maggiore è la sua vulnerabilità a sviluppare comportamenti sintomatici:

• se si manifestano dei sintomi, possono presentarsi mentre il figlio sta crescendo o nell’età dello svincolo;

• il figlio meno differenziato è quello più sensibile agli aumenti dell’ansia familiare;

• quanto più basso è il livello di differenziazione, tanto più il funzionamento di questo figlio dipende dal sostegno emotivo della sua famiglia.

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L’atmosfera emotiva familiare• La teoria dei sistemi non ritiene che i sintomi siano causati da una ‘malattia’

presente all’interno dell’individuo. La ‘malattia’ è considerata il sintomo di un processo di relazione e questo processo di relazione è legato al sistema emotivo familiare. In ogni famiglia c’è un’atmosfera emotiva creata dalle reazioni emotive ed affettive, dagli atteggiamenti soggettivi, dai valori e dalle credenze di ciascuno dei suoi membri. Questa atmosfera determina il livello di differenziazione e, di conseguenza, il grado di adattabilità allo stress di ogni figlio che cresce nella famiglia.

• Le famiglie con un’atmosfera ‘pesante’ sono quelle poco differenziate, i membri si sentono sovrastati dalla pressione intensa dei reciproci bisogni di contatto … e si sentono soli, per via della distanza creata dalle reciproche allergie ad un coinvolgimento eccessivo. Le persone sono interamente controllate dal processo di relazione. I figli che crescono si trasformano in ciò che le forze di coesione della famiglia stabiliscono. Le famiglie con un’atmosfera ‘leggera’ sono invece quelle meglio differenziate, ma tra ‘pesante’ e ‘leggero’ c’è un continuum di posizioni. Quando il tono emotivo di una relazione è negativo e il livello di differenziazione è basso, la violenza fisica (genitori verso i figli, tra fratelli, figli verso i genitori) è piuttosto comune.

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La trasmissione generazionale dell’ansia

• Anche se i figli di una stessa famiglia raramente hanno livelli di differenziazione identici, sviluppano tuttavia livelli base di differenziazione piuttosto simili. La relazione che esercita la maggiore influenza diretta sul livello base di differenziazione è quella con la persona che prevalentemente si prende cura dei figli e questa nella maggior parte dei casi è la madre.

• Il grado di dipendenza dalla relazione di un figlio è il prodotto dell’equilibrio tra le forze che favoriscono e ostacolano la sua separazione emotiva dalla famiglia. Quando un genitore e un figlio funzionano in modo da favorire la separazione emotiva, la differenziazione viene mantenuta da una generazione all’altra. Quando un genitore e un figlio funzionano in modo da ostacolare la separazione, l’ansia e l’indifferenziazione dei genitori vengono trasmesse alla generazione successiva. Questo processo di trasmissione dell’indifferenziazione dai genitori a un figlio si chiama ‘processo di proiezione familiare’. Lo sviluppo della differenziazione in un figlio è favorito dalla capacità dei genitori di concentrarsi sul proprio funzionamento (individualità) invece che sul funzionamento del figlio (coesione). Più i genitori riescono a lavorare sulla propria differenziazione, più favoriscono la differenziazione tra loro e tra loro e i figli.

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Ansia

di

Francesco Colacicco

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Patologia mentale• Per definire patologico un comportamento umano sono

necessarie: l'infrequenza statistica (scarsa presenza dei sintomi manifestati dalla persona afflitta dal disturbo nella popolazione), la violazione delle norme sociali (se vìola le norme sociali oppure se rappresenta una minaccia o una fonte di ansia per gli altri), il disagio individuale (la sofferenza individuale), l'incapacità o disfunzione (menomazione del normale funzionamento di una persona, per esempio una compromissione delle abilità sociali o lavorative) e l'imprevedibilità (impossibilità di prevedere il comportamento che ne deriva, ad es. nel caso dei disturbi d'ansia la reazione di paura o di panico si verifica in maniera imprevista, in assenza di reali segnali di pericolo). Esse devono essere tutte quante presenti contemporaneamente, altrimenti non si può parlare di patologia mentale.

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I disturbi d’ansia

I disturbi d'ansia sono stati per lungo tempo considerati forme di nevrosi, ovvero un insieme molto vasto di disturbi caratterizzati da ansia non legata a ragioni obiettive.

Inizialmente vennero inseriti nel gruppo delle nevrosi disturbi molto diversi fra loro, utilizzando come criterio diagnostico il fatto che alla base di tutti vi fosse un problema di ansia rimossa.

Col trascorrere del tempo diversi psicopatologi iniziarono a mettere in discussione l'opportunità di mantenere in vita il concetto di nevrosi, dato che era diventato talmente esteso e onnicomprensivo da svuotarsi di ogni significato quale categoria diagnostica. A partire dalla terza versione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), e specialmente nella quarta, le vecchie categorie delle nevrosi vengono redistribuite tra nuove e più precise categorie diagnostiche; fra queste i disturbi d'ansia.

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Le categorie del DSM – Asse IIl DSM propone sei categorie principali: fobie, disturbo di panico, disturbo d'ansia generalizzato, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress,disturbo acuto da stressAccade di frequente che un persona che soffre di un disturbo d'ansia manifesti

anche sintomi considerati parte di un altro disturbo d'ansia; in questo caso si parla di comorbilità. Ciò dipende da due fattori: innanzitutto dal fatto che i sintomi che rientrano in questa categoria di disturbi non sono completamente specifici; per esempio i segni somatici dell'ansia (sudorazione, battito cardiaco accelerato ecc.) sono comuni sia al disturbo di panico, sia a quello d'ansia generalizzato che al disturbo post-traumatico da stress. In secondo luogo, le teorie correnti circa l'origine dei disturbi d'ansia sono applicabili a più di un disturbo (secondo alcuni, ad es., l'incapacità di controllare i fattori di stress in cui ci si imbatte è un aspetto importante nell'origine sia delle fobie che del disturbo d'ansia generalizzato).

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I DISTURBI DI PERSONALITÀI disturbi di personalità possono essere considerati delle

espressioni estreme di caratteristiche che noi tutti possediamo.

Le persone in grado di adattarsi efficacemente alle diverse situazioni della vita tendono ad assumere una modalità alternativa quando lo stile abituale risulta inefficace. Al contrario, gli individui con un Disturbo di Personalità sono rigidi e tendono a rispondere in modo inappropriato ai problemi della vita fino al punto che le relazioni con i propri familiari, gli amici e i colleghi di lavoro divengono difficoltosi, insoddisfacenti , conflittuali o vengono sistematicamente evitati. Tali modalità disadattive appaiono generalmente in adolescenza o nella prima età adulta e tendono a rimanere stabili nel tempo.

La maggior parte delle persone con un Disturbo di Personalità risulta insoddisfatta e sofferente rispetto alla propria esistenza, inoltre, presenta numerosi problemi interpersonali sul lavoro o nelle situazioni sociali.

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I tre cluster – DSM, Asse IISono molto frequenti sintomi depressivi, ansia, abuso di sostanze o

disturbi alimentari. I soggetti con un Disturbo di Personalità sono ignari che il loro pensiero o i propri modelli di comportamento sono inappropriati e disfunzionali: quindi, tendono a non cercare l’aiuto di uno specialista. Invece, possono essere segnalati ai servizi psichiatrici dai loro amici o dai membri della famiglia dal momento che il loro comportamento causa significative difficoltà ad altre persone. Quando cercano aiuto autonomamente generalmente questo avviene a causa dei problemi quotidiani generati dal loro Disturbo di Personalità, o a causa di sintomi disturbanti quali ad esempio: ansia, depressione o abuso di sostanze; in questi casi, comunque, tendono a ritenere che i loro problemi siano causati dalle altre persone o dalle circostanze della vita sulle quali non ritengono di avere controllo.

Vengono raggruppati in tre Cluster (Insiemi): Cluster A: disturbi di personalità caratterizzati da condotte

strane o eccentriche.Cluster B: comportamenti drammatici o eccentrici.Cluster C: condotte ansiose o inibite.

Fanno parte del primo gruppo il disturbo paranoide, schizoide e schizotipico; nel secondo gruppo rientrano il disturbo antisociale, borderline, istrionico e narcisistico; nel terzo gruppo troviamo il disturbo evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo.

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Gruppo C: ansioso/timoroso (1/3)

Il disturbo evitante di personalità: tale disturbo affligge le persone acutamente sensibili anche solo all'eventualità di essere criticate o disapprovate e che sono perciò riluttanti ad allacciare relazioni interpersonali, a meno che non abbiano la certezza di essere apprezzate. Se gli altri dimostrano simpatia nei loro confronti, le personalità evitanti tendono a dubitare della loro sincerità. Nelle situazioni sociali questi individui sono inibiti dalla paura di dire qualche sciocchezza o di trovarsi in grave imbarazzo per via del rossore o di altri segni d'ansia che possono manifestare. Si ritengono incompetenti e inferiori agli altri, esagerano i rischi, i pericoli o le difficoltà connessi al fare qualcosa di estraneo alla loro solita routine.

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Gruppo C: ansioso/timoroso (2/3)

Il disturbo dipendente di personalità: i soggetti affetti da disturbo dipendente di personalità si caratterizzano per mancanza di sicurezza e fiducia in sé, e per eccessivo bisogno di essere accuditi, che si manifesta attraverso un comportamento sottomesso e adesivo. Questo bisogno fa sì che si sentano a disagio se lasciati in solitudine, e spesso si preoccupano eccessivamente all'idea di doversi prendere cura di se stessi. Essi infatti lasciano agli altri la responsabilità di decidere della loro stessa vita, preferendo non fare scelte perché temono di perderne l'approvazione, e arrivano a compiere azioni sgradevoli pur di essere guidati e accuditi. Si mostrano sempre d'accordo con tutti, anche nel momento in cui sono consapevoli del fatto che gli altri stiano sbagliando, e hanno grosse difficoltà nell'intraprendere di propria iniziativa qualsiasi attività, presentando quindi grandi difficoltà nella vita quotidiana, dovendo sempre essere consigliati e rassicurati.

Spesso subordinano i propri bisogni a quelli degli altri, poiché pensano che agendo altrimenti potrebbero rovinare le relazioni che hanno costruito, e nel momento in cui una relazione intima termina, ne cercano immediatamente una nuova con cui sostituire la precedente. I soggetti affetti da questo disturbo mostrano sfiducia nelle proprie capacità, pratiche e di giudizio. Il disturbo si manifesta maggiormente nelle donne, probabilmente a causa delle differenti esperienze di socializzazione infantile rispetto agli uomini . Il disturbo dipendente di personalità si manifesta frequentemente insieme al borderline e a quello evitante, così come spesso viene associato al disturbo distimico, alla depressione e all’ansia; esso compare nella prima metà della vita adulta.

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Gruppo C: ansioso/timoroso (3/3)

Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità: la personalità di questo tipo è caratterizzata da perfezionismo e preoccupazione per i minimi dettagli e dall'osservazione scrupolosa di regole, orari e via dicendo. Queste persone prestano così tanta attenzione ai piccoli particolari da non riuscire mai a portare a termine un progetto. Si tratta di soggetti orientati più verso le attività lavorative che verso quelle piacevoli, i quali hanno enormi difficoltà a prendere decisioni per paura di sbagliare e ad organizzare il proprio tempo per il timore di concentrasi sulla cosa sbagliata. Spesso le loro relazioni personali sono scadenti, perché sono ostinati ed esigono che tutto venga fatto a modo loro. In genere sono seri, rigidi, formali e inflessibili, soprattutto su argomenti di natura morale. Non riescono a liberarsi di oggetti ormai vecchi e inutili, anche quando sono privi di qualsiasi valore affettivo; spesso sono avari e taccagni e vivono al di sotto delle loro possibilità. Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità si distingue dal semplice disturbo ossessivo-compulsivo per la mancanza delle ossessioni e delle compulsioni tipiche di quest'ultimo. Esso presenta un'elevata comorbilità con il disturbo evitante di personalità.