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LE DEFORMAZIONI DEL SUOLO RICAVATE DA DATI SATELLITARI IN UN SETTORE A RISCHIO SINKHOLE DEL BACINO DELLE ACQUE ALBULE (LAZIO) Salvi Stefano (*), Pirro Mario (*), Gasparini Calvino (*), Stramondo Salvatore (*), Pagliuca Mario Nicola (*), Atzori Simone (*), Colini Laura (*), Tolomei Cristiano (*), Doumaz Fawzi (*), Ferretti Alessandro (**), Allievi Jacopo (**) (*) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Roma (**) TeleRilevamento Europa s.r.l. - Milano 1 Premessa L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), già da alcuni anni, ha promosso delle ricerche di tipo geofisico e geologico finalizzate allo studio dei fenomeni di sprofondamento improvviso della superficie topografica (sinkholes). Un territorio che presenta un certo interesse in questo particolare ambito è ubicato nel settore occidentale del Bacino delle Acque Albule, area nota in letteratura per l’estrazione del lapis tiburtinus (travertino). La porzione di territorio presa in esame nel presente lavoro (Figura 1), ricade in parte nel comune di Guidonia Montecelio e in parte in quello di Tivoli. In particolare nella piana di Guidonia, che si estende dalla zona pedemontana dei Monti Cornicolani sino al fiume Aniene, si osserva una serie di sinkholes, riconosciuti da vari Autori (Caramanna, 2002; Colombi et alii, 2002; Pentecost et alii, 1989; Pirro et alii, 2003), collocati lungo alcuni lineamenti tettonici ritenuti attivi anche alla luce del recente periodo sismico avvenuto tra il giugno 2001 e il gennaio 2002 (Gasparini et alii, 2001). Nell’intento di investigare le cause di tali deformazioni superficiali, l’INGV ha intrapreso (in collaborazione con la società TeleRilevamento Europa) un’indagine utilizzando avanzate tecniche di monitoraggio satellitare. A tale scopo sono state utilizzate circa 100 immagini SAR acquisite dai satelliti ERS1 e ERS2, successivamente analizzate tramite la tecnica detta “degli Scatteratori Permanenti” (PS). Quest’ultima consiste in una metodologia di analisi di serie temporali di immagini SAR che consente di raggiungere elevate accuratezze di misura delle velocità di spostamento del suolo (fino a 1 mm/anno) in corrispondenza di punti stabili dal punto di vista della risposta radar. L’esame di dati ERS relativi al periodo 1992-2000 ha consentito di individuare, nell’ambito del Bacino delle Acque Albule, numerose punti in forte subsidenza (alcuni mm/anno) che si correlano alla presenza di sinkholes. 2 Inquadramento geologico e tettonico dell’area Le prime osservazioni di tipo geologico che hanno interessato il territorio tiburtino-cornicolano, ove si trova posizionato il Bacino delle Acque Albule, furono effettuate a partire dalla metà del XIX sec. (Ponzi, 1860; Ponzi, 1862) mentre il primo studio approfondito di tipo geologico e sedimentologico dell’intero bacino venne eseguito dal Maxia agli inizi degli anni ’50 Oggi, dall’insieme dei dati e delle conoscenze acquisite nel corso di studi e ricerche effettuati nel tempo, sappiamo che in tale zona del preappennino laziale, successivamente al periodo che portò al sollevamento dell’appennino centrale (Miocene sup.), ci fu una fase tettonica distensiva che si sviluppò durante il Plio- Pliostocene sup. tramite una serie di faglie dirette a direzione appenninica che ribassarono ampi settori di catena. Fu così che venne favorita un’ampia ingressione marina che permise la deposizione di una potente successione argillosa dando origine alla formazione delle ‘argille vaticane’ o ‘argille azzurre’. Questa fase si concluse con un nuovo sollevamento e con la deposizione della formazione delle ‘sabbie gialle’ di limitato spessore. Circa 600.000 anni fa, lungo le linee di debolezza presenti nella fascia peritirrenica, cominciarono a risalire magmi dal chimismo alcali-calcico. Essi andarono a costituire importanti complessi vulcanici quali i Colli Albani ed i Monti Sabatini, modificando in maniera significativa la morfologia preesistente, deviando corsi d’acqua e colmando depressioni.

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LE DEFORMAZIONI DEL SUOLO RICAVATE DA DATI SATELLITARI IN UN SETTORE A RISCHIO SINKHOLE DEL BACINO DELLE ACQUE ALBULE (LAZIO) Salvi Stefano (*), Pirro Mario (*), Gasparini Calvino (*), Stramondo Salvatore (*), Pagliuca Mario Nicola (*), Atzori Simone (*), Colini Laura (*), Tolomei Cristiano (*), Doumaz Fawzi (*), Ferretti Alessandro (**), Allievi Jacopo (**) (*) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Roma (**) TeleRilevamento Europa s.r.l. - Milano

1 Premessa L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), già da alcuni anni, ha promosso delle ricerche

di tipo geofisico e geologico finalizzate allo studio dei fenomeni di sprofondamento improvviso della superficie topografica (sinkholes).

Un territorio che presenta un certo interesse in questo particolare ambito è ubicato nel settore occidentale del Bacino delle Acque Albule, area nota in letteratura per l’estrazione del lapis tiburtinus (travertino).

La porzione di territorio presa in esame nel presente lavoro (Figura 1), ricade in parte nel comune di Guidonia Montecelio e in parte in quello di Tivoli. In particolare nella piana di Guidonia, che si estende dalla zona pedemontana dei Monti Cornicolani sino al fiume Aniene, si osserva una serie di sinkholes, riconosciuti da vari Autori (Caramanna, 2002; Colombi et alii, 2002; Pentecost et alii, 1989; Pirro et alii, 2003), collocati lungo alcuni lineamenti tettonici ritenuti attivi anche alla luce del recente periodo sismico avvenuto tra il giugno 2001 e il gennaio 2002 (Gasparini et alii, 2001).

Nell’intento di investigare le cause di tali deformazioni superficiali, l’INGV ha intrapreso (in collaborazione con la società TeleRilevamento Europa) un’indagine utilizzando avanzate tecniche di monitoraggio satellitare. A tale scopo sono state utilizzate circa 100 immagini SAR acquisite dai satelliti ERS1 e ERS2, successivamente analizzate tramite la tecnica detta “degli Scatteratori Permanenti” (PS). Quest’ultima consiste in una metodologia di analisi di serie temporali di immagini SAR che consente di raggiungere elevate accuratezze di misura delle velocità di spostamento del suolo (fino a 1 mm/anno) in corrispondenza di punti stabili dal punto di vista della risposta radar.

L’esame di dati ERS relativi al periodo 1992-2000 ha consentito di individuare, nell’ambito del Bacino delle Acque Albule, numerose punti in forte subsidenza (alcuni mm/anno) che si correlano alla presenza di sinkholes.

2 Inquadramento geologico e tettonico dell’area Le prime osservazioni di tipo geologico che hanno interessato il territorio tiburtino-cornicolano, ove si

trova posizionato il Bacino delle Acque Albule, furono effettuate a partire dalla metà del XIX sec. (Ponzi, 1860; Ponzi, 1862) mentre il primo studio approfondito di tipo geologico e sedimentologico dell’intero bacino venne eseguito dal Maxia agli inizi degli anni ’50

Oggi, dall’insieme dei dati e delle conoscenze acquisite nel corso di studi e ricerche effettuati nel tempo, sappiamo che in tale zona del preappennino laziale, successivamente al periodo che portò al sollevamento dell’appennino centrale (Miocene sup.), ci fu una fase tettonica distensiva che si sviluppò durante il Plio-Pliostocene sup. tramite una serie di faglie dirette a direzione appenninica che ribassarono ampi settori di catena. Fu così che venne favorita un’ampia ingressione marina che permise la deposizione di una potente successione argillosa dando origine alla formazione delle ‘argille vaticane’ o ‘argille azzurre’. Questa fase si concluse con un nuovo sollevamento e con la deposizione della formazione delle ‘sabbie gialle’ di limitato spessore.

Circa 600.000 anni fa, lungo le linee di debolezza presenti nella fascia peritirrenica, cominciarono a risalire magmi dal chimismo alcali-calcico. Essi andarono a costituire importanti complessi vulcanici quali i Colli Albani ed i Monti Sabatini, modificando in maniera significativa la morfologia preesistente, deviando corsi d’acqua e colmando depressioni.

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Figura 1: L’area del bacino delle Acque Albule vista dal satellite SPOT. Il poligono indica l’estensione

degli affioramenti di travertini; le aree ad alta riflettanza (bianche) corrispondono generalmente alle zone di cava.

E’ proprio in quest’ultimo contesto ambientale che sulla riva destra della bassa valle dell’Aniene, a

partire da circa 165 ka, ebbe modo di impostarsi il Bacino travertinoso delle Acque Albule. Secondo l’interpretazione più recente, l’impostazione del bacino venne favorita da un sistema tettonico

di tipo pull-apart (Kearey, 1990) governato da faglie trascorrenti destre (Faccenna et alii, 1994; Marra et alii, 2004) con direzione N-S che a seguito della loro dinamica crearono delle zone di subsidenza bordate da faglie dirette .

Il Bacino delle Acque Albule presenta un’estensione areale complessiva di circa 45 Kmq mentre il suo spessore massimo, osservato in un sondaggio geo-meccanico a Bagni di Tivoli, supera di poco i 100 metri. Dal punto di vista geologico si presenta caratterizzato da due unità litostratigrafiche ben distinguibili dal punto di vista sedimentologico: la prima definibile come ‘travertino antico’ mentre la seconda è definita ‘travertino recente’. Il travertino antico si presenta in bancate decametriche sub orizzontali, ed è generalmente compatto anche se non mancano settori cariati e carsificati con colori che vanno dal bianco latte sino al giallo ocra e marroncino. Il travertino recente, denominato localmente ‘testina’ o ‘cappellaccio’, è costituito da un sabbione calcareo incoerente di spessore variabile ma generalmente crescente da nord verso sud ove può in taluni casi superare i 12 m di spessore.

Analizzando attentamente i dati provenienti dai sondaggi geomeccanici (La Chioma, 1999) e dalle osservazioni dirette effettuate all’interno delle cave di travertino, si nota che la deposizione del materiale calcareo non è stata sempre omogenea; si individuano infatti delle interruzioni caratterizzate dalla presenza di strati terriginosi derivanti molto probabilmente dall’erosione di depositi piroclastici ubicati lungo i bordi

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del bacino stesso. Il suddetto bacino, inoltre, nel corso del tempo è stato attraversato da corsi d’acqua provenienti soprattutto dai limitrofi rilievi montuosi dei Lucretili e dei Cornicolani

3 Sismicità dell’area L’esame dettagliato del carattere sismico dell’area del bacino della Acque Albule e dei suoi dintorni,

entro un raggio di circa 30 Km, permette di individuare le seguenti aree sismogenetiche: 1) la media-alta Valle dell’Aniene impostata prevalentemente lungo faglie a direzione appenninica (NW-SE), con brevi tratti ad andamento antiappenninico (NE-SW), la quale è caratterizzata da una media

sismicità (Molin et alii, 2002) i cui eventi storici hanno avuto una Imax > 7 MCS. Nel marzo 2000 in questo particolare settore della Valle dell’Aniene si è manifestato un periodo sismico il cui evento maggiore, avvenuto alle ore 10.35 (GMT) del giorno 11, ha raggiunto una magnitudo Md = 4.3 pari al VI-VII MCS danneggiando i centri storici di Rocca Canterano, Gerano, Canterano e Cerreto Laziale (Pirro & Di Maro, 2002);

2) a sud del bacino travertinoso, oltre la piana di Guidonia, è presente l’importante centro sismico del ‘Vulcano Laziale’ caratterizzato prevalentemente da sciami sismici di bassa intensità e con rari eventi sismici che storicamente non hanno superato all’epicentro un valore di intensità pari alVII-VIII MCS;

3) nel settore NW è localizzato il terzo centro sismico compreso tra le località di Palombara Sabina e Monterotondo e caratterizzato da una sismicità medio bassa il cui piu’ importante periodo sismico noto fu caratterizzato dall’evento principale del 24 aprile 1901, stimato all’epicentro con intensita’ pari all’VIII MCS. Tale evento causò alcuni danneggiamenti negli abitati di Stazzano, Cretone e Palombara Sabina (Cancani, 1902; Margottini & Paciello, 1983);

4) l’ultimo distretto sismico da segnalare è posto ad alcuni chilometri a Sud dei Cornicolani e caratterizza la parte occidentale del ‘Bacino delle Acque Albule’ ove è localizzata la ‘piana di Guidonia’. Tale distretto simico è stato oggetto di studio di diversi Autori (Meloni & Pirro, 1989; Gasparini et alii, 2001; Gasparini et alii, 2002). Gli eventi sismici maggiori hanno raggiunto il V-VI MCS. L’ultimo periodo sismico, avvenuto nel 2001, ha evidenziato una distribuzione ben raggruppata degli eventi tellurici che risultano localizzati lungo i due principali lineamenti tettonici dell’area rispettivamente ad andamento meridiano (N-S) e ad andamento anti-appenninico N 25°-30° E. Tali eventi sono stati caratterizzati da una profondità ipocentrale assai modesta,compresa fra 300 m e 800 m (Gasparini et alii, 2001).

4 Osservazioni geomorfologiche nell’area. Il territorio del bacino geologico oggetto di studio si presenta in generale sub pianeggiante con quote

che raggiungono al massimo 85 m s.l.m., ad esclusione del settore nord occidentale, ove si presenta un’area sollevata con quote che raggiungono i l 100 m s.l.m.. Quest’ultimo settore si sviluppa nella sua parte più occidentale lungo un asse N-S per poi assumere una direzione all’incirca NE-SW. Tale area risulta caratterizzato dalla presenza di travertino antico, osservabile in affioramento in tre località: ‘Le Caprine’, ‘La Pietrara’, e ‘Il Sassone’.. La presenza di travertino consentì in epoca romana di impostare in località ‘Le Caprine’ delle importanti cave per l’estrazione del lapis tiburtinus. Oggi l’area si presenta quasi completamente antropizzata tanto da mascherare la sua antica destinazione. Recenti scavi effettuati in località ‘La Pietrara’ hanno consentito di raccogliere dati ed informazioni che mettono in evidenza l’intensa tettonizzazione dell’area.

Nel resto del bacino il territorio si presenta piuttosto antropizzato (Figura 2) e caratterizzato sia da presenze industriali (cave e manufatti) sia da centri abitati sorti dopo gli anni ’50.

Assai significativi risultano nell’area esaminata gli effetti prodotti dal fenomeno carsico quali inghiottitoi, cavità ipogee, ecc. Di particolare interesse risultano i sinkholes che caratterizzano il bacino di travertino la cui formazione è imputabile a diversi fattori. I principali sinkholes individuati nel bacino delle Acque Albule sono il lago di San Giovanni, il lago delle Colonnelle, il lago della Regina, il lago dei Tartari e il lago dell’Inferno. Da precisare che i primi tre sinkholes sono attualmente dei veri e propri laghi d’acqua dolce e/o solfurea, mentre gli ultimi due, a seguito di lavori di bonifica , sono stati colmati con materiale di riporto e parzialmente inglobati nel tessuto urbano risultano quindi poco riconoscibili. Essi sono generalmente localizzati in prossimità dei principali lineamenti tettonici che caratterizzano il bacino. La batimetria dei laghi di San Giovanni, delle Colonnelle, e della Regina mostra una certa omogeneità nell’andamento morfologico (Carammana, 2002; Pentecost et alii, 1989) mentre la profondità è piuttosto variabile.

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5 Analisi delle deformazioni con la tecnica degli Scatteratori Permanenti. Lo studio delle deformazioni del suolo nel bacino delle Acque Albule è stato eseguito utilizzando una

innovativa tecnica basata sull’Interferometria SAR (InSAR). Una descrizione della tecnica InSAR completa di esempi di applicazioni si può trovare in Massonnet e Feigl, 1998.

La tecnica InSAR nasce per misurare spostamenti superficiali e ottenere modelli digitali del terreno con elevata accuratezza a partire da immagini radar da satellite.

A differenza dell’immagine ottica, l’immagine radar è di tipo complesso, ovvero un generico pixel contiene l’informazione relativa ad un segnale complesso del tipo:

s(i,j) = a(i,j) + jb(i,j) In cui a(i,j) rappresenta l’ampiezza del segnale retrodiffuso dalla superficie verso il sensore, e jb(i,j) la

sua fase. Quest’ultima trasporta un’informazione relativa alla distanza percorsa dal segnale radar tra il satellite e la superficie.

L’interferometria SAR si basa sul confronto dei termini di fase di due immagini relative alla stessa area, ma acquisite in tempi diversi, per fornire stime di quota topografica (InSAR) o movimento (Interferometria Differenziale SAR - DInSAR). Questo viene realizzato tramite la generazione di un interferogramma, ovvero un’immagine che contiene le differenze delle fasi dei pixels omologhi. La risoluzione con cui può essere determinato uno spostamento del suolo ‘contenuto’ nell’interferogramma differenziale dipende da vari fattori, ed in genere non scende al di sotto del centimetro.

Per sfruttare appieno il potenziale di un dataset SAR sono state sviluppate delle tecniche basate sull’impiego di lunghe serie temporali di immagini (interferometria multi-pass). In questo lavoro è stata utilizzata la tecnica detta degli Scatteratori Permanenti (Permanent scatterers – PS), ideata dal Politecnico di Milano (Ferretti et al., 2001) e successivamente sviluppata dalla società TeleRilevamento Europa, che attualmente la commercializza in tutto il mondo. Essa consiste nell’identificazione e nell’analisi della risposta di fase di riflettori naturali stabili (costruzioni, rocce, ecc.)detti Scatteratori Permanenti. Usando lunghe serie temporali di immagini SAR (almeno in numero di 20) è possibile stimare con estrema precisione i vari contributi alla fase interferometrica e isolare la velocità di spostamento del singolo PS.

L’elaborazione consiste, inizialmente, in uno studio statistico delle immagini di ampiezza e nella selezione di un insieme di punti (PSC – candidati Permanent scatterers) adatti alla stima dei movimenti del suolo. I PSC sono selezionati per mezzo di un indice, chiamato indice di stabilità sull’ampiezza, che fornisce informazioni sulla stabilità dei valori di riflettività all’interno di ogni cella di risoluzione nell’arco di tempo coperto dalla serie di immagini.

Si procede con l’analisi ispezionando la differenza di fase (chiamata “connessione”) tra tutte le coppie di PSC poste ad una distanza minore di D; per i punti appartenenti a queste coppie il disturbo atmosferico viene assunto quasi costante. Si assume inoltre che i movimenti del terreno seguano una legge di tipo lineare. Con tali assunzioni è possibile stimare e rimuovere il contributo atmosferico. Al termine dell’analisi vengono selezionati solo quei punti che presentano un’elevata stabilità di fase (superiore ad una soglia prefissata): ciò porta alla definizione dei PS veri e propri.

L’elaborazione dei dati di fase per ogni PS consente di ricostruire lo spostamento del punto per ogni acquisizione. Infatti, una volta compensato il disturbo atmosferico in corrispondenza di ogni singolo PS, è possibile stimare in ciascun interferogramma differenziale l’eventuale contributo di fase dovuto al solo movimento. Successivamente, dalla serie temporale degli spostamenti si stima la velocità (supposta costante nel periodo), con accuratezza massima di 1 mm/anno. Tutti i dati di velocità sono relativi ad un punto assunto come riferimento. Va inoltre considerato che le misure SAR rilevano i movimenti lungo la direzione individuata dalla congiungente satellite–bersaglio radar (linea di vista, Line of Sight - LOS); nel caso dei sensori ERS, la LOS è quasi verticale (~ 23°), per cui l’analisi PS fornisce misure di deformazione pseudo-verticale. Nel caso si abbiano a disposizione dati provenienti da orbite diverse è possibile eseguire anche delle stime di deformazioni orizzontali, ma solo nella direzione E-W.

L’informazione associata ad ogni PS viene infine geocodificata in modo da assegnare ad ogni bersaglio una coppia di coordinate e il tutto viene inserito in un GIS per l’interpretazione.

Per l’area del bacino delle Acque Albule sono state elaborate dalla società TRE 66 immagini ERS da orbita discendente e 33 da orbita ascendente, riuscendo ad individuare rispettivamente 6200 e 5100 PS di

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buona qualità. Come si è detto, la maggior parte dei PS nell’area considerata è localizzata su edifici o comunque manufatti, con una densità che è quindi dipendente dal livello di urbanizzazione (Figura 2).

Figura 2: Gli Scatteratori Permanenti individuati nell’area (rombi: PS da orbita discendente, cerchi: PS

da orbita ascendente). Su ogni punto è disponibile la velocità media nel periodo 1993-2000. Il punto di riferimento per le velocità dei PS corrisponde alla stazione GPS permanente posta presso la

sede INGV di Roma, la cui velocità è stata calcolata per il periodo 2001-2004. L’analisi dei PS mostra la presenza nell’area di due diversi tipi di deformazioni del suolo caratterizzati da

scale diverse. Il primo tipo è rappresentato dalla presenza di singoli PS che mostrano tassi di subsidenza molto più forti (fino a 10 mm/anno e oltre) di quelli delle aree immediatamente adiacenti. Tali punti sono stati individuati tramite un’analisi degli outliers sulle distribuzioni di velocità dei PS ricadenti in sottoaree di 500 x 500 m. Il livello di soglia per gli outliers è stato definito come la media della velocità più tre volte la deviazione standard. Con questo criterio sono stati individuati 51 PS discendenti e 40 PS ascendenti, caratterizzati da velocità di subsidenza ‘anomale’ (Figura 3). Questi punti sono distribuiti abbastanza uniformemente all’interno dell’area del bacino, con una densità correlata con la densità di PS. Essi si rinvengono principalmente nelle aree coperte dal travertino, con una minore percentuale nei terreni vulcanici e nelle coperture sedimentarie plio-pleistoceniche.

Il secondo tipo di deformazione osservato nell’area è rappresentato da una subsidenza generalizzata del settore centrale del bacino. L’area in subsidenza si estende per circa 6 chilometri in direzione nord-sud, con una larghezza di circa 1.5 chilometri. I tassi di deformazione sono circa -10 mm/anno nella parte settentrionale e diminuiscono rapidamente verso sud.

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Figura 3: PS con velocità di subsidenza anomale individuati tramite l’analisi degli outliers (rombi: PS da

orbita discendente, cerchi: PS da orbita ascendente). Sono indicate le velocità in mm/anno. 6 Interpretazione L’origine delle deformazioni limitate a PS isolati (outliers) vanno evidentemente da ricercare in fattori

estremamente locali. In linea generale è possibile individuare due categorie di cause: cedimenti del terreno o cedimenti strutturali del manufatto. Mentre la presenza della prima è quasi sempre accompagnata anche dalla seconda, i cedimenti strutturali del manufatto possono verificarsi anche indipendentemente dai cedimenti del terreno.

Fermo restando che le cause devono essere determinate con uno studio mirato caso per caso, sono stati eseguiti dei sopralluoghi speditivi per vedere se esistevano degli elementi comuni agli outliers individuati. L’errore di localizzazione dei PS sul terreno è stimato in circa 15 m ed è quindi stato possibile individuare quasi tutti i manufatti che li originano. Il risultato è che molti di essi sono edifici caratterizzati da danni più o meno gravi alle strutture, per lo più evidenziati da fratture beanti nelle murature portanti o nelle tamponature, dislocazioni di solette, marciapiendi e giunti, tilting di interi edifici, flessioni di muretti anche in cemento armato, ecc. Una buona percentuale degli outliers è costituita da edifici ad uno o due piani, di circa 30-40 anni di età, per i quali è difficile ipotizzare solo cedimenti di tipo strutturale, come anche cedimenti differenziali dovuti a normale consolidamento del terreno. Come detto in precedenza, gran parte del Bacino delle Acque Albule presenta una stratigrafia del sottosuolo caratterizzata da banconi di travertino compatto

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di spessori metrici e decametrici, intervallate da livelli solitamente poco spessi di depositi piroclastici rimaneggiati.

Non esistono quindi le premesse sedimentologiche (presenza di argille poco consistenti o sabbie sature) per imputare le deformazioni a processi di consolidamento, se non in situazioni particolari. D’altra parte, come detto in precedenza, sono riconosciuti nell’area alcuni sinkholes, sia allagati: il Lago delle Colonnelle, il Lago della Regina, il Lago di S. Giovanni, che asciutti: il Lago dei Tartari e il Lago dell’Inferno, drenati con gli interventi di bonifica della fine dell’800.

Nelle aree di questi ultimi due bacini sono presenti degli outliers che indicano una forte velocità di subsidenza. In particolare nel Lago dei Tartari si ha un punto con velocità di -15.5 mm/anno e un’altro, 40 m all’esterno del bordo del bacino, con velocità di -4.4 mm/anno (Figura 4). Nell’area sono inoltre presenti altri 5 punti con velocità minori di -3 mm/anno, consentendo di individuare un’estensione areale del fenomeno di almeno 170 m. Sul lato Nord del bacino i punti a forte velocità corrispondono ad alcuni edifici e manufatti del complesso scolastico ITC Pisanò, che risulta gravemente lesionato in più parti ed attualmente dichiarato parzialmente inagibile.

Nel bacino del Lago dell’Inferno si individuano due punti isolati con velocità di -4.9 e -5.5 mm/anno, ma la bassa densità di PS in quest’area non consente di definire l’estensione della subsidenza (Figura 4).

La presenza di cavità carsiche impostate su fratture di probabile origine tettonica è osservabile nelle numerose cave di travertino presenti nella parte orientale del bacino, ed è pertanto molto probabile che una buona percentuale degli outliers individuati sia indicativa della presenza di sinkholes in formazione.

Per quanto riguarda invece la subsidenza di tipo areale individuata al centro del bacino, riteniamo che la sua estensione (6 x 1.5 km) e la sua geometria non siano in accordo con un origine carsica, tuttavia altri dati saranno necessari per interpretare correttamente il fenomeno.

Figura 4: Localizzazione degli outliers di subsidenza rispetto alle aree edificate (sono indicate le velocità

dei punti in mm/anno), nelle aree del Lago dei Tartari e del Lago dell’Inferno.

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7 Conclusioni Le tecniche di interferometria SAR da satellite hanno aperto nuove prospettive nello studio delle

deformazioni del suolo. In particolare la tecnica di analisi degli Scatteratori Permanenti è in grado di fornire misure di velocità di spostamento del terreno di ottima accuratezza e con una copertura areale molto buona nelle zone favorevoli. La possibilità di individuare i singoli punti consente inoltre di eseguire uno studio mirato anche a scala molto ridotta dei fenomeni che causano le deformazioni.

L’applicazione di questa tecnica all’area del Bacino delle Acque Albule ha permesso di individuare per la prima volta un gran numero (circa 100) di fenomeni di cedimenti localizzati, associati a danni del patrimonio edilizio. Un’analisi accurata delle condizioni strutturali e geologiche locali dei singoli outliers dovrà essere eseguita per accertare l’esatta causa delle anomalie di subsidenza, tuttavia è molto probabile che per molti punti le cause siano riconducibili a sinkholes.

8 Bibliografia Caramanna G. (2002), ‘I laghetti sorgivi delle Acque Albule’ In: Giardini M. (a cura di) Atti: Il

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