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Le decisioni della Corte di cassazione sulla giurisdizione contabile: possibilità di una translatio iudicii. di Antonio Ciaramella Sommario: 1 - Necessità di un’osmosi fra le tutele giurisdizionali: Le sentenze della Corte Costituzionale n. 77 del 2007 e della Corte di Cassazione n. 4109 del 2007. 2 – Le pronunce della Corte di cassazione o del giudice di merito sulla giurisdizione contabile: possibilità di una translatio iudicii. 3 - Problemi applicativi: legittimazione ad agire, disciplina sostanziale e processuale in ipotesi di translatio riguardante il settore della responsabilità amministrativa. 4 - Applicazione del principio relativamente ad altre materie rientranti nella giurisdizione del giudice contabile. 1 - Necessità di un’osmosi fra le tutele giurisdizionali: Le sentenze della Corte Costituzionale n. 77 del 2007 e della Corte di Cassazione n. 4109 del 2007. Con due decisioni, entrambe del 2007, sia la Consulta( sent. n. 77) che il Giudice di legittimità( sent. n. 4109), hanno dato una risposta positiva in merito alla sussistenza di un canale di comunicazione processuale fra le giurisdizioni tale da non impedire, in caso di difetto di quest’ultima in capo al giudice adito, la prosecuzione del giudizio presso l’Organo giudiziario dotato di potestas iudicandi, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda originariamente introdotta( c. d. translatio iudicii), in quanto l’intero sistema giurisdizionale deve essere diretto, in applicazione dei valori espressi

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Le decisioni della Corte di cassazione sulla giurisdizione contabile:

possibilità di una translatio iudicii.

di

Antonio Ciaramella

Sommario: 1 - Necessità di un’osmosi fra le tutele giurisdizionali: Le sentenze

della Corte Costituzionale n. 77 del 2007 e della Corte di Cassazione n. 4109

del 2007. 2 – Le pronunce della Corte di cassazione o del giudice di merito

sulla giurisdizione contabile: possibilità di una translatio iudicii. 3 - Problemi

applicativi: legittimazione ad agire, disciplina sostanziale e processuale in

ipotesi di translatio riguardante il settore della responsabilità amministrativa. 4

- Applicazione del principio relativamente ad altre materie rientranti nella

giurisdizione del giudice contabile.

1 - Necessità di un’osmosi fra le tutele giurisdizionali: Le sentenze della

Corte Costituzionale n. 77 del 2007 e della Corte di Cassazione n. 4109

del 2007.

Con due decisioni, entrambe del 2007, sia la Consulta( sent. n. 77) che il

Giudice di legittimità( sent. n. 4109), hanno dato una risposta positiva in

merito alla sussistenza di un canale di comunicazione processuale fra le

giurisdizioni tale da non impedire, in caso di difetto di quest’ultima in capo al

giudice adito, la prosecuzione del giudizio presso l’Organo giudiziario dotato

di potestas iudicandi, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della

domanda originariamente introdotta( c. d. translatio iudicii), in quanto l’intero

sistema giurisdizionale deve essere diretto, in applicazione dei valori espressi

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dagli art.li 24, I e II co., e 111 della Costituzione, a risolvere, per quanto

possibile, le controversie nel merito, in modo da dare una risposta circa

l’attribuzione del bene della vita richiesto.

Ciò, evidentemente, nell’interesse di chi fruisce del servizio giustizia,

soprattutto in un periodo storico, come quello attuale, in cui vuoi per interventi

non organici e chiari del legislatore, sui quali spesso è intervenuta in modo

demolitorio anche la Corte Costituzionale1 vuoi per le frequenti oscillazioni

giurisprudenziali, risulta spesso estremamente difficile, anche per gli operatori

del diritto, individuare il confine fra le varie giurisdizioni. Circostanza che non

potrebbe essere ulteriore elemento di ostacolo per chi chiede una tutela

giurisdizionale effettiva.

Le due decisioni sono, come detto, convergenti quanto al principio di diritto

affermato, ma differiscono relativamente all’àmbito applicativo dello stesso ed

al percorso logico giuridico utilizzato.

Infatti, secondo la Suprema Corte il principio si può dedurre dal sistema

vigente con un’interpretazione costituzionalmente orientata. In particolare,

facendo leva sull’art. 382, comma III, c.p.c. che, in caso di ricorso, consente

la cassazione senza rinvio solo nel caso di difetto assoluto di giurisdizione e

sulla circostanza che, essendo oramai ammesso il regolamento di

1 Si pensi, ad es., agli effetti della decisioni n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, della Corte cost. rispetto ai

giudizi regolarmente introdotti innanzi al giudice amministrativo, vigente la disciplina della giurisdizione di

quest’ultimo per blocchi di materie, che rischiavano, prima delle suddette decisioni, di non poter essere più

utilmente avviati innanzi al giudice ordinario per decadenze o prescrizioni.

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giurisdizione nel caso di giudizi pendenti innanzi a qualunque giudice

speciale, andrebbe interpretato in modo estensivo l’art. 367, II co, del codice

di rito che ammette la riassunzione solo se la Corte di cassazione dichiara la

giurisdizione del giudice ordinario. Secondo la Consulta, invece, non sarebbe

possibile evincere dal sistema. nemmeno tramite un’operazione ermeneutica

costituzionalmente orientata, la possibilità di una translatio iudicii, in quanto,

in tema di giurisdizione, vigerebbe un contrario principio. Quest’ultimo,

secondo la Corte Costituzionale, va espunto dall’ordinamento, operazione

necessaria perché quello che consente la translatio possa nascere sulle

ceneri del primo.

Come accennato, le sentenze in discorso differiscono anche circa

l’individuazione della portata del principio. Infatti, per la Corte di cassazione

sarebbe concepibile la possibilità di una trasmigrazione dei processi anche a

seguito di un’eventuale declinatoria di giurisdizione da parte del giudice del

merito. Ovviamente, una decisione di tal genere, a differenza di quella del

Giudice regolatore, non potrebbe vincolare il giudice dichiarato fornito di

giurisdizione. In tal caso, eventuali conflitti negativi di giurisdizione

andrebbero risolti con il meccanismo di cui all’art. 362 c.p.c.

A tali posizioni garantiste si sono, prontamente, adeguati, nel 2007, anche il

Consiglio di Stato( con la sentenza della VI sezione n. 3801) ed il TAR Lazio(

con la sentenza n. 72). I giudici amministrativi, rilevato il proprio difetto di

giurisdizione, hanno rimesso le parti innanzi al giudice ordinario.

Relativamente a tale deciso revirement giurisprudenziale si è parlato, in

dottrina, di un’importante occasione per sottolineare che la funzione

giurisdizionale, intesa come servizio per il cittadino, pur se esercitata da

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giudici di diversi plessi giurisdizionali, deve considerarsi in modo unitario, e

che l’attuale pluralità di giurisdizioni deve essere un valore aggiunto e non un

fattore di complicazione o di riduzione delle garanzie per chi chiede giustizia2.

Le sentenze in esame sembrano gravide di conseguenze, anche per il

sistema di tutela dei diritti che vengono fatti valere innanzi al giudice

contabile.

2 – Le pronunce della Corte di cassazione o del giudice di merito sulla

giurisdizione contabile: possibilità di una translatio iudiciis.

Da una lettura in combinato disposto delle due suddette pronunce, è

possibile, probabilmente, immaginare, già da oggi, un’applicazione del

principio della translatio iudicii, come definito nelle stesse, anche a seguito di

decisioni della Suprema Corte o dello stesso giudice del merito relative

all’àmbito di giurisdizione del giudice contabile, con riguardo a tutti i settori

rientranti nella giurisdizione di quest’ultimo, pur senza nascondersi che vi

sono, come vedremo, alcuni ostacoli di non poco rilievo da superare.

Tale possibilità potrebbe trovare fondamento su due ordini di considerazioni.

1) Per il carattere di autorevole precedente della suddetta sentenza della

Suprema Corte che si riferisce, pacificamente, ai rapporti fra il giudice

ordinario e tutti i giudici speciali ed a quelli reciproci fra questi ultimi.

2 A Pajno in “per una lettura unificante delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa” sottolinea

come l’art. 24 della Cost. garantisce sia l’effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi che

l’unitarietà della funzione giurisdizionale. E’ noto, altresì, che la necessità di una concentrazione e prontezza

della risposta giurisdizionale alle richieste di tutela dei diritti costituiscono principi consolidati della

giurisprudenza comunitaria.

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Infatti, ad es., a pag. 15 della stessa si afferma che “è stato dato ingresso

nell’ordinamento processuale al principio della translatio iudicii dal giudice

ordinario al giudice speciale e viceversa in caso di pronunce sulla

giurisdizione”.

E’ bene ricordare che, secondo l’impostazione di tale decisione, il principio si

applicherebbe non solo a seguito delle sentenze del Giudice regolatore della

giurisdizione, ma anche a quelle del giudice del merito che dovesse ritenere

non sussistente la propria giurisdizione.

Il fatto che la pronuncia in esame possa costituire un leading case in materia

sembra trovare conforto anche nella circostanza che negli ultimi tempi le

decisioni della Suprema Corte in materia di riparto di giurisdizione sulla

responsabilità civile della pubblica amministrazione conseguente da atti od

omissioni illegittime e sui confini della giurisdizione contabile, sembrano

acquisire una certa stabilità. Si pensi, alle ripetute affermazioni di alcuni

principi contenuti nella sentenza n. 500 del 1999, come la natura

extracontrattuale della suddetta responsabilità e la necessità di valutare la

colpa dell’amministrazione( intesa come apparato); alla posizione oramai

consolidata, almeno da parte del Giudice di legittimità, circa la non necessità

della c.d. pregiudiziale amministrativa per ottenere un risarcimento del danno

da parte del soggetto leso da provvedimenti illegittimi della P.A.3; al

riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario nelle fattispecie di

danni sofferti da risparmiatori per omesso esercizio dei poteri di vigilanza da

3 Si vedano Cass. Sez. un. n. 13569/06; 13660/06 e 13911/06.

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parte di un’autorità pubblica4; alla distinzione fra lesione di diritti

incomprimibili, come la salute o l’integrità personale, riservata alla cognizione

del giudice ordinario ed il mancato soddisfacimento di prestazioni più comode

ed agevoli, di cognizione del giudice amministrativo. 5

Per quanto riguarda, in particolare, la giurisdizione contabile alcuni principi, affermati dal Giudice

regolatore, tendono ad assumere il carattere di vero e proprio diritto vivente. Si veda l’ampia

conformazione del significato del rapporto di servizio che viene, oramai pacificamente, ritenuto

sussistente, anche se costituito con strumento negoziale, se è idoneo a collocare un soggetto in

condizione di compartecipe di una funzione pubblica. Ciò, anche se tale partecipazione avviene

attraverso l’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale 6. Possono essere, infine,

ricordate le note pronunce circa la sussistenza della giurisdizione contabile nei casi di responsabilità

per danni causati da amministratori o dipendenti ad enti pubblici economici od a società a

partecipazione pubblica.7

D’altra parte, è noto che la recente riforma del processo di cassazione ha

inteso valorizzare la funzione nomofilattica della Corte, in particolare delle

4 Si veda ad es. Cass. Sez. un. n. 15916/05);

5 Si vedano ad es. Cass. sez. sent.ze n. 6218/06 e 17461/06.

6 Si vedano, ad es., Cass. sez. un. n. 16216 del 2001; Cass. sez. un. n. 16829 del 2002, n. 1472 del 2002,

n. 9693 del 2002.

7 Si vedano, Cass. sez. un. n. 19667 del 2003, n. 10973 del 2005, n. 3899 del 2004, n. 6425 del 2005, n. 9096 del 2004,

n.14101 e 14102 del 2006, n. 15458 del 2007.

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sezioni unite della stessa, che, com’è noto, si occupano, in via esclusiva,

delle impugnazioni per motivi attinenti alla giurisdizione della Corte dei conti e

del Consiglio di Stato( si pensi alla nuova formulazione dell’art. 374 c.p.c.).

Funzione che un eventuale cambiamento di rotta, in materia, rischierebbe di

far perdere di spessore.

2) Per la natura di sentenza additiva di principio che potrebbe definirsi

“rafforzata” della suesposta sentenza della Consulta. Quest’ultima, infatti, ha,

in primo luogo, inteso eliminare un principio generale, secondo il Giudice

delle leggi immanente nell’ordinamento, che stabiliva il divieto della translatio

iudicii nel campo della giurisdizione, ed affermare, nel contempo, una

contraria regola costituzionalmente necessaria, chiamando il legislatore

ordinario a dare organica disciplina alla materia, attraverso l’esercizio di un

determinato ambito di discrezionalità.

Con ciò, la Corte Costituzionale è rimasta nei confini delle decisioni che, di

solito, vengono definite, come detto, additive di principio8. Però, la Consulta

sembra aver fatto un passo ulteriore, dando un carattere ancor più propulsivo

alla decisione. Infatti, dopo aver affermato( si vedano i punti 5 e 7 della

sentenza) che il principio della “incomunicabilità dei giudici appartenenti ad

ordini diversi…….. è certamente incompatibile, nel momento attuale, con

8 Si vedano, per un recente esempio di decisioni di tal genere, le pronunce nn. 348 e 349 del 2007,

rispettivamente, dichiarative dell’incostituzionalità della normativa sulla determinazione dell’indennità di

esproprio dei suoli edificabili e di quella relativa alla determinazione del risarcimento conseguente ad

occupazioni c.d. acquisitive.

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fondamentali valori costituzionali” e che la conservazione degli effetti della

domanda originaria discende “direttamente dall’ordinamento interpretato alla

luce della Costituzione”, senza porre alcun limite al tipo di giudizi le cui

domande introduttive hanno tale capacità di conservazione, in coda alla

sentenza ha precisato che “ è’ superfluo sottolineare che, laddove possibile

utilizzando gli strumenti ermeneutici( come, nel caso oggetto del giudizio a

quo, dopo la declinatoria di giurisdizione) i giudici ben potranno dare

attuazione al principio della conservazione degli effetti della domanda nel

processo riassunto”. Perciò, la Consulta fa riferimento al principio in esame

come un necessario raccordo fra le giurisdizioni, costituzionalmente

necessario, di cui tutti i giudici, devono tenere conto, nel caso in cui se ne

presenti l’occasione, se vogliono dare, com’è loro obbligo, un’interpretazione

alle norme di settore conforme a Costituzione.

In definitiva, pur concernendo la dichiarazione di incostituzionalità

specificamente l’art. 30 della legge n. 1034 del 1971, nella parte in cui non

consente la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della

domanda a seguito di declinatoria di giurisdizione da parte del giudice

amministrativo, si potrebbe dare, già da oggi, un’applicazione al principio

della translatio, anche con riferimento alle possibili interferenze fra

giurisdizione contabile ed ordinaria, senza necessità di sollevare questioni di

legittimità costituzionale delle norme da cui potrebbe evincersi un contrario

principio o attendere un futuro eventuale intervento del legislatore.

D’altronde, non mancano precedenti giurisprudenziali della Corte

Costituzionale intesi a dare un indirizzo all’interpretazione dei giudici di merito

in modo da raggiungere, in via interpretativa, quel risultato di carattere

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generale che, in prima battuta, era stato attinto attraverso l’intervento della

Consulta di abrogazione di una specifica normativa disciplinante casi

analoghi.

Si pensi ad es. alla sentenza n. 115 del 2000 con la quale la Corte, a fronte

dell’impugnazione di una norma riguardante un arbitrato obbligatorio, si limitò

ad emettere una sentenza interpretativa di rigetto, sul presupposto che il

giudice ordinario era in grado di optare, sulla scorta della precedente

giurisprudenza della Consulta che aveva dichiarato l’incostituzionalità arbitrati

previsti come obbligatori, per un’interpretazione secundum Costitutionem

idonea a non far considerare obbligatorio l’arbitrato previsto dalla norma

impugnata. Allo stesso modo, con la sentenza n. 28 del 2004, la Consulta, a

proposito del momento di perfezionamento delle notificazioni, ha escluso che

fosse necessaria, dopo la sentenza n. 477 del 2002, un’ulteriore pronuncia di

incostituzionalità per estendere i principi enunciati in tale ultima decisione, in

ordine alla corretta interpretazione dell’art. 149 c.p.c., relativamente a tutte le

forme di notificazione disciplinate dagli articoli 138 e segg. Infine, può citarsi

la sentenza n. 268 del 1993, sulla possibilità di comprendere in via

interpretativa nel concetto di termini processuali, da intendersi sospesi nel

periodo feriale, anche i termini di decadenza previsti dalle varie disposizioni

per l’esercizio dell’azione.

In definitiva, non sembra possano evidenziarsi motivi per i quali l’esigenza

che spinge per un’immediata applicazione del principio riguardo a giudizi

instaurati presso altre giurisdizioni, cioè quella di pervenire, per quanto

possibile, ad una decisione di merito circa il bene delle vita oggetto della

domanda, non debba valere anche riguardo all’accertamento del diritto di

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un’amministrazione pubblica o soggetto equiparato ad ottenere un ristoro a

seguito di danni causati da soggetti legati alla stessa da un rapporto di

servizio, ovvero al possibile riconoscimento di altro diritto in materia di cui può

conoscere il giudice contabile, come, ad es., quella pensionistica.

Si tratta di interessi sostanziali certamente di valore non inferiore rispetto a

quelli di soggetti che si fanno portatori di diritti presso altre giurisdizioni9.

Potrebbe essere utile, a tal proposito, richiamare la circostanza che i primi

commenti alle decisioni in esame con riguardo agli effetti delle stesse sui

rapporti fra giudice ordinario e tributario, hanno evidenziato proprio il fatto che

il principio in discorso andrebbe applicato immediatamente anche in tale

àmbito.10

3 - Problemi applicativi: legittimazione ad agire, disciplina sostanziale e

processuale in ipotesi di translatio riguardante il settore della

responsabilità amministrativa.

La circostanza che dalle suddette decisioni della Consulta e della Corte di

9 Com’è noto la Corte Costituzionale nelle sentenze che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale delle

norme che eliminavano il potere del P.M. di impugnare la sentenze di proscioglimento in relazione al rito

ordinario ed abbreviato( sentenze n. 26 e 320 del 2007) ha ritenuto lesiva di principi costituzionali la

creazione di una dissimmetria radicale nel trattamento dell’interesse di cui si fa portatore il P.M. rispetto ad

altri interessi.

10 Si vedano Berliri “ sul diritto tributario il sigillo della Corte costituzionale” in “ il Sole-24 Ore” del 2 aprile

2007, pag. 36 e A.P. Brocchetta “ Sempre ammessa la translatio iudicii tra giurisdizioni diverse( compresa

quella tributaria)” in Il Fisco n. 28 del 2007.

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cassazione non si evincono limiti quanto alla natura dei giudizi cui applicare il

principio che un processo erroneamente instaurato davanti ad un giudice

sfornito di giurisdizione debba poter continuare così come iniziato davanti al

giudice che ne è fornito, non può fare, comunque, dimenticare che le

fattispecie concrete che le hanno originate, riguardano la trasmigrabilità delle

cause dal giudice ordinario a quello amministrativo e viceversa. In tali casi,

come in quelli relativi a materie rientranti nella giurisdizione del giudice

tributario, non viene in evidenza la particolare disciplina, circa la

legittimazione ad agire e sostanziale propria com’è noto del giudizio di

responsabilità amministrativa, che potrebbe avere riflessi anche in sede di

un’eventuale riassunzione dello stesso innanzi al giudice ordinario.

Vanno, perciò, esaminati gli effetti di tale particolare disciplina sulla possibilità

di una translatio relativa ad un giudizio avente ad oggetto l’accertamento di

una responsabilità amministrativa.

E’ necessario, però, considerare due ipotesi:

1) L’eventualità in cui la Suprema Corte, a seguito di regolamento preventivo

o ricorso per motivi di giurisdizione, dichiara la giurisdizione del giudice

ordinario, su di una determinata fattispecie di responsabilità amministrativa

sottoposta alla cognizione del giudice contabile ovvero, secondo quanto

ritenuto dalla Corte di cassazione, è direttamente quest’ultimo a riconoscere il

proprio difetto di giurisdizione, ritenendo competente il giudice ordinario11.

11 Probabilmente, in tale ultimo caso, in presenza di un appello, occorrerebbe attendere una definitiva

decisione del giudice di secondo grado.

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Occorre pensare a fattispecie di confine, in cui la sussistenza di un danno a

carico di un’amministrazione pubblica o soggetto equiparato è, ovviamente,

comunque prospettata nella domanda, ciò che viene negata dalla Cassazione

o dal giudice contabile è la giurisdizione di quest’ultimo, ad es. per mancanza

di un rapporto di servizio con un’amministrazione pubblica, per motivi di

insindacabilità da parte del giudice contabile di scelte discrezionali o

imprenditoriali, per questioni di diritto intertemporale( quale, ad es. in caso di

danni a società a partecipazione pubblica, la verificazione del danno prima

della legge n. 20 del 1994), ai casi in cui, relativamente ad una identica

fattispecie, viene dichiarato dal giudice che alcuni soggetti possono

convenirsi presso giudice contabile ed altri presso quello ordinario.

Invero, dubbi sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e Corte dei conti,

anche a fronte di un danno subito da un’amministrazione pubblica o soggetto

equiparato, in fattispecie che, almeno in astratto, potrebbero rientrare nella

giurisdizione di quest’ultima, continueranno a porsi, in modo anche

accentuato, almeno fino a quando la Corte Costituzionale continuerà a

ritenere la giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica,

ex art. 103 co. II Cost., solo tendenzialmente generale, perchè la sua portata

espansiva incontrerebbe il limite dell’interpositio legislatoris12.

Nell’ipotesi in discorso si pone, in primo luogo, il problema dell’individuazione

del soggetto legittimato a proseguire il giudizio innanzi al giudice ordinario.

Una titolarità in tal senso potrebbe far capo all’amministrazione danneggiata.

Tale possibilità, però, sembra porsi in conflitto con la consolidata

12 Si vedano ad es. le sentenze n. 773 del 1988 e n. 641 del 1987.

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giurisprudenza contabile secondo cui l’amministrazione danneggiata non

avrebbe la possibilità di agire autonomamente per la tutela giudiziale del

diritto al risarcimento del danno sia innanzi al giudice contabile che a quello

ordinario, in fattispecie che possano concretizzare ipotesi di responsabilità

amministrativa, né avrebbe la disponibilità del relativo diritto.13

Un’ulteriore ricaduta del suddetto principio è la pacifica posizione

giurisprudenziale per la quale è ammesso in giudizio solo un intervento

dell’amministrazione danneggiata adesivo-dipendente alla posizione

processuale del P.M.14

Tali limitazioni deriverebbero dal carattere esclusivo della giurisdizione

contabile, nel senso che, a fronte di fattispecie rientranti nell’alveo di

quest’ultima, non potrebbe ritenersi ammissibile la possibilità di una

concorrente giurisdizione. Conseguentemente, sarebbe intestata, in via

13 In tal senso, ad es., Corte dei conti sez. riun. sent. n. 6/QM del 2003 e sez. I centrale sent. n. 333 del

2004; sez. II centrale n. 215 del 2004 e sez. III nn. 672 e 490 del 2005. La giurisprudenza è, poi, pacifica nel

ritenere che un’eventuale transazione tra l’amministrazione ed il responsabile non impedisce l’azione del

P.M. nel limite del danno eventualmente residuo a seguito della esecuzione della stessa( si vedano ad es.

sez. III centrale n. 196 del 2002 e sez. I centrale n. 298 del 2005).

14 Recenti pronunce della sezione giurisdizionale campana della Corte dei conti (sentenze nn. 2512-2513-

2514-2515 del 3 ottobre 2007) hanno ammesso l’intervento adesivo autonomo dell’amministrazione alla

posizione processuale degli agenti contabili, se la prima si limita a negare il difetto di giurisdizione della

Corte dei conti, volendo, così, tutelare la propria autonoma sfera di competenza.

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esclusiva al P.M. presso tale giudice, l’azione tesa all’accertamento di una

possibile responsabilità amministrativa 15.

La suddetta giurisprudenza sembra avallata da alcune pronunce delle sezioni

unite della Suprema Corte( si vedano le decisioni sez. un. civ. n. 933 del

1999, n. 179 del 2001 e n. 98 del 2000), ribadite, da ultimo, con l’ordinanza n.

22059 del 2007, che nell’affermare la possibilità del giudice contabile di

conoscere di azioni revocatorie, sembra voler dare una copertura

costituzionale, ex art. 103, secondo comma, della Carta fondamentale, al

principio dell’esclusività della giurisdizione della Corte dei conti in materia,

attraverso una rivalutazione della visione di quest’ultima quale giudice

naturale in materia di contabilità pubblica.

Non bisogna, però, dimenticare che la stessa Corte di legittimità ammette

deroghe a tale principio, nel riconoscere all’amministrazione pubblica la

possibilità di tutelare il suo diritto al risarcimento attraverso la costituzione di

parte civile, in sede penale, nel caso di danni conseguenti a reati commessi

15 Parte della giurisprudenza è dell’avviso che nei casi di cui di cui all’art. 30, comma 15 della legge n. 29

del 2002( che prevede la possibilità da parte del giudice contabile di irrogare agli amministratori delle regioni

ed altri enti locali che deliberano di ricorrere all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di

investimento, una sanzione pecuniaria rapportata all’indennità di carica) l’azione possa spettare ad ogni

cittadino. Tale norma prevede, però, una forma di responsabilità sanzionatoria, forse non assimilabile a

quella amministrativa, anche perché prescinde dalla prospettazione di un danno specifico per l’ente locale

amministrato e probabilmente anche dalla dimostrazione dell’elemento psicologico da considerare in re ipsa

nella partecipazione alla decisione illegittima.

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da propri funzionari16.

Allo stesso modo, la sussistenza della giurisdizione contabile, in caso di

danni causati da amministratori a società a partecipazione pubblica17 non

sembra impedire, allo stato dell’ordinamento, l’azione sociale di

responsabilità nei confronti degli stessi, da far valere presso il giudice

ordinario, ovviamente, nei limiti del rispetto del principio del ne bis in idem18.

In dottrina non mancano dubbi circa la conformità agli articoli 24 e 111 della

Costituzione della sottrazione all’amministrazione danneggiata del diritto di

agire presso il giudice ordinario( o almeno di intervenire autonomamente nel

giudizio presso il giudice contabile) anche nei casi che possano, in astratto,

concretizzare fattispecie di responsabilità amministrativa. Ciò per i limiti che si

16 Si veda in merito Cass. sez. un. n. 20476 del 2005 che proprio partendo dal presupposto del carattere

solo tendenzialmente generale della giurisdizione contabile ha ritenuto l’ammissibilità di espresse deroghe

legislative, come nella materia del risarcimento danni, anche non patrimoniali, da reato, che rientrerebbe

nella giurisdizione del giudice ordinario, ponendosi gli artt. 74 ss. c.p.p. in rapporto di specie a genere

rispetto alla disciplina della responsabilità amministrativa. Com’è noto, l’esercizio del diritto in discorso, da

parte della P.A., non incide sulla sussistenza della giurisdizione contabile, sulla stessa fattispecie dannosa,

sebbene, eventualmente, sull’interesse concreto del P.M. ad agire( si vedano ad es. Corte cost. sent. n. 773

del 1988; Cass. sez. un. ord. n. 4957 del 17/2/2005; Corte dei conti sez. Lombardia sent. n. 22 del 2005;

sez. II centrale sent. n. 215 del 2004 e sez. I sent. n. 74 del 2004).

17 Cass. sez. civ. ord. n. 19667 del 2003 e sent. n. 3899 del 2004.

18 Si veda sez. Lombardia ord. n. 32 del 2005

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porrebbero per soggetti dell’ordinamento riguardo alla tutela giurisdizionale19.

Nel caso in cui si ritenesse legittimata l’amministrazione danneggiata a

proseguire l’azione, la stessa non avrebbe un obbligo in tal senso, anche se

tale circostanza potrebbe essere valutata in termini di perdita di chance, ai fini

di una possibile responsabilità amministrativa dei titolari dei competenti

organi dell’ente.

L’altra possibilità è riconoscere una legittimazione ad agire in riassunzione in

capo al P.M. presso il giudice contabile.

In tal caso, si pone il problema della veste in cui agirebbe il Requirente e

della fonte di una potestà in tal senso, circostanza che implica un rapido

esame del ruolo che il P.M. presso il giudice contabile svolge nel giudizio di

responsabilità amministrativa.

Com’è noto, si afferma, tradizionalmente, che, nelle ipotesi di responsabilità

amministrativa, il titolare del diritto sostanziale leso è l’amministrazione

danneggiata, mentre al P.M. presso il giudice contabile fa capo l’esercizio del

diritto di azione.

Tale posizione è influenzata dalla nota tesi che vede il P.M. agente, nel

19 Si vedano A. Corpaci “il principio cardine del giudizio di responsabilità amministrativa: l’attribuzione del

potere di azione al pubblico ministero presso la Corte dei conti” ed A.Pajno “ Il rapporto con le altre

giurisdizioni: concorso o esclusività della giurisdizione di responsabilità amministrativa?”, relazioni al 51

convegno di studi amministrativi, Varenna, 15-17 settembre 2005. Gli autori sottolineano, altresì, come una

concorrenza di tutele giurisdizionali, tenderebbe a massimizzare l’interesse al ristoro dei danni subiti dalle

amministrazioni.

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processo civile, quale parte in senso formale, in quanto estraneo alla

situazione sostanziale dedotta in giudizio e portatore dell’interesse generale

al rispetto dell’ordinamento giuridico.

Il collegamento con la tutela di interessi pubblici e la consolidata affermazione

del carattere obbligatorio ed indisponibile dell’azione di cui è titolare, ne

hanno fatto evidenziare i punti di contatto rispetto all’analogo Requirente

operante presso il giudice penale.

Però, una perfetta sovrapponibilità della figura del P.M. presso il giudice contabile rispetto a quella

dell’analogo Organo che agisce presso il giudice civile o penale potrebbe non essere scontata.

In primo luogo, se in materia civile, il P.M., pur agendo sempre nell’interesse della legge, è

completamente estraneo ai diritti che può dedurre in giudizio20, ciò non sembra valere,

completamente, per il P.M. presso il giudice contabile.

In disparte ogni considerazione sulla natura degli interessi tutelati, la figura del P.M. presso la Corte

dei conti sembra diversa anche da quella del P.M. penale soprattutto per il fatto che quest’ultimo

agisce in un processo in cui il giudice ha solo l’obbligo della correlazione fra imputazione e

decisione per quanto concerne il fatto( art.li 521 e 597 c.p.p.), mentre costituisce oramai posizione

20 Tale considerazione sembra suffragata anche dalla circostanza che, nella maggior parte dei casi, la sua legittimazione

ad agire è concorrente o sussidiaria rispetto a quella di altri soggetti. Satta( “ del Pubblico Ministero” in Commentario

al codice di procedura civile, I, pagg. 236 e segg., Milano 1966) ritiene che l’azione civile del P.M. riguarda “casi in cui

o l’ordinamento non riesce a realizzarsi nel soggetto o il soggetto non riesce a realizzare l’ordinamento” ovvero casi “in

cui l’azione del p.m. esprime il limite che l’ordinamento pone alla libera esplicazione della volontà del soggetto”. Il

riferimento è sempre ad interessi di altri soggetti, reali o potenziali, pur essendo la previsione dell’azione pubblica

giustificata dalla particolare rilevanza di tali interessi.

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consolidata della giurisprudenza contabile il riconoscimento dell’insussistenza di poteri c.d.

sindacatori del giudice contabile tali da incidere sui principi della domanda e della corrispondenza

fra il chiesto ed il pronunciato.

La valorizzazione della diversa natura dell’interesse tutelato dal P.M., presso

il giudice contabile, rispetto a quello dell’amministrazione danneggiata, la

finalità non esclusivamente risarcitoria della responsabilità fatta valere dal

Requirente21, l’autonomia di quest’ultimo, anche nei confronti

dell’amministrazione danneggiata, nel determinare, in modo motivato,

nell’àmbito della speciale disciplina sostanziale della responsabilità

amministrativa, l’an, il quantum del danno ed i soggetti eventualmente

responsabili, la possibilità, riconosciuta dalla giurisprudenza, di costituire in

mora con l’invito a dedurre il presunto responsabile, il potere di esercitare

tutte le azioni poste a tutela del creditore dalla procedura civile, sembrano

spingere verso una visione dell’Organo requirente presso il giudice contabile

come titolare non solo di poteri processuali.22

21 Circostanza che sembra, implicitamente, avallata da Corte Costituzionale ord. n. 392 e sent. n. 183 del

2007.

22 Per il riconoscimento anche di un diritto sostanziale autonomo in capo al P.M. si veda la sentenza Corte

dei conti, sez. III giurisdizionale centrale, n. 383 del 2003, che ha definito il P.M. presso il giudice contabile

“quale soggetto pubblico che agisce per la tutela di un interesse proprio( e nell’esercizio di un proprio

autonomo e correlato diritto)alla tutela dell’integrità dell’ordinamento giuridico compromesso dalle condotte

antidoverose dei pubblici dipendenti in danno delle rispettive amministrazioni”. Si vedano ad es. Corte dei

conti sentenze sez. I n. 292 del 1991 e sez. un. n. 6/Qm del 2003. Le sez. riun. della Corte dei conti nella

sentenza n. 14/QM 2000 hanno ribadito che il P.M presso il giudice contabile agisce nell’interesse dello

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In definitiva, volendo ritenere il P.M. presso il giudice contabile abilitato a

proseguire l’azione presso il giudice ordinario, lo stesso, in tal caso, farebbe

valere il suo ruolo (più che di organo di giustizia o di portatore di un astratto

interesse generale all’integrità dell’ordinamento giuridico), di soggetto che ha

attivato un processo, attraverso l’uso degli ampi poteri che, come detto,

l’ordinamento gli concede, acquisendo, conseguentemente, la titolarità, in

posizione paritaria con le parti private, anche di diritti come quello in

discussione. Andrebbe, perciò, rimarcata la funzione del P.M. nella concreta

dinamica processuale, quale soggetto che si muove per la realizzazione dello

specifico interesse dedotto in giudizio.

In tal modo, il P.M. verrebbe ad assumere la stessa veste di quando agisce o

resiste, con ricorso o controricorso per motivi di giurisdizione, innanzi alla

Suprema Corte( dove, com’è noto, conclude, autonomamente, il diverso P.M.

presso la stessa). Tutto ciò coerentemente con la generale tendenza

legislativa, che sulla scorta di principi costituzionali, concentra sul Requirente

il ruolo di organo di richiesta e di azione, in modo che siano tenute ben

distinte le funzioni attribuite a quest’ultimo da quelle proprie dei giudici.23

Quanto al titolo che legittimerebbe il P.M. a proseguire il giudizio, esso

Stato ordinamento con valenza mediatamente finalizzata alla tutela patrimoniale della specifica

amministrazione danneggiata.. Si pensi anche alla possibilità riconosciuta al P.m. contabile di costituire in

mora con l’invito a dedurre il presunto responsabile.

23 Si vedano in argomento Corte Cost. sent.ze n. 419 del 1994 e 420 del 1995.

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potrebbe essere, implicitamente, la sentenza della Corte costituzionale di cui

si è discusso, vista la sua forza innovativa dell’ordinamento, oltre che

propulsiva per i giudici di merito.

D’altra parte, una volta ammessa la translatio come principio generale,

valevole perciò anche con riguardo ai giudizi per l’accertamento di una

responsabilità amministrativa, un soggetto titolare del potere di proseguire

l’azione presso il giudice fornito di giurisdizione deve poter essere individuato.

Se non è l’amministrazione titolare del diritto al risarcimento del danno, deve

essere il P.M. presso il giudice contabile. Non sembra vi sia, poi, una

preclusione, a livello di principi costituzionali, ad ammettere anche tale ultima

possibilità, tanto più che non sono mancati nel recente passato tentativi

legislativi, poi non realizzati, di legittimare il P.M. contabile ad impugnare

presso il giudice amministrativo atti amministrativi illegittimi.

Comunque, indipendentemente da chi possa essere il soggetto legittimato a proseguire il giudizio, il

principio della conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda originaria( e della

non vanificazione delle eventuali attività istruttorie effettuate) non sembra possa essere posto in

discussione.

Nell’ipotesi di cui si discute viene in evidenza l’ulteriore problema, una volta denegata la

giurisdizione del giudice contabile, della normativa sostanziale applicabile alla fattispecie da parte

del giudice ordinario.

Pur essendo la questione particolarmente problematica, non potrebbe escludersi a priori

un’applicazione da parte del giudice civile, innanzi al quale è stato riassunto il giudizio, della

disciplina relativa alla responsabilità amministrativa, dal momento che il P.M. ha, inizialmente,

formulato la domanda applicando la suddetta normativa e che la stessa concerne, comunque, un

danno subito da una pubblica amministrazione o ente equiparato da parte di un soggetto che agisce

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per il perseguimento di un interesse proprio degli stessi.

2) La seconda ipotesi è quella che la Suprema Corte o il giudice ordinario,

ritengano competente il giudice contabile a seguito di giudizio instaurato, in

prima battuta, presso quest’ultimo. In tal caso si pongono, evidentemente,

minori problemi applicativi, in quanto il giudizio andrebbe proseguito presso il

giudice contabile ad opera del P.M. presso quest’ultimo, con la pacifica

applicazione della normativa sulla responsabilità amministrativa. L’elemento

di novità della disciplina della fattispecie sarebbe, ovviamente, la salvezza

degli effetti sostanziali e processuali della domanda come originariamente

proposta. E’ evidente, poi, che tale ipotesi pone un dovere di denuncia del

caso al P.M. da parte dei soggetti obbligati in tal senso all’interno del

soggetto pubblico danneggiato.

Una volta ipotizzata la possibilità dell’applicazione del principio in discorso

anche a seguito di pronunce che attengono all’àmbito di giurisdizione del

giudice contabile, si pone la necessità indicata dalla Consulta che il giudice

individui in via interpretativa la disciplina della riassunzione, in attesa di futuri

organici interventi del legislatore.

Tale individuazione per quanto riguarda i casi che coinvolgono la

giurisdizione contabile non sembra comportare particolari difficoltà

ermeneutiche.

Infatti, nelle ipotesi in cui la Cassazione abbia ritenuto, decidendo su ricorso

per motivi attinenti alla giurisdizione a seguito di un giudizio instaurato presso

il giudice ordinario, competente il giudice contabile, il rinvio operato dall’art.

26 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti al

codice di procedura civile, consente l’applicazione dell’art. 392 c.p.c. che

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prevede la riassunzione della causa sotto forma di citazione entro un anno

dalla pubblicazione della sentenza. Nel caso, poi, di decisione della

Cassazione a seguito di regolamento di giurisdizione dovrebbe tenersi conto

per la riassunzione del termine semestrale dalla comunicazione della

sentenza sul regolamento, di cui all’art. 367, II co, c.p.c..

Tali norme dovrebbero ritenersi applicabili anche nelle ipotesi in cui la Corte

regolatrice, attivata a seguito di un giudizio instaurato presso il giudice

contabile, affermi la giurisdizione del giudice ordinario.

Nel caso, infine, in cui il difetto di giurisdizione sia affermato dal giudice del

merito, potrebbe venire in rilievo, in via analogica, il suddetto art. 367 II co,

del c.p.c., con obbligo di riassunzione entro sei mesi dalla comunicazione o

notificazione della sentenza del giudice.

4 - Applicazione del principio relativamente ad altre materie rientranti

nella giurisdizione del giudice contabile.

Il principio in discorso sembra suscettibile di un’applicazione meno

problematica nella materia pensionistica di cui conosce il giudice contabile, in

quanto:

• a seguito dell’abrogazione delle norme che prevedevano l’intervento del

P.M. le parti del giudizio sono solo l’amministrazione ed il soggetto

richiedente l’accertamento del diritto ad una determinata prestazione

previdenziale scaturente da un pregresso rapporto di pubblico impiego;

• si tratta di un giudizio sulla definizione di un rapporto tra un privato ed una pubblica

amministrazione non diverso da quello che può venire in discussione presso altre

giurisdizioni;

• anche in tale materia possono venire in evidenza questioni problematiche e che potrebbero

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coinvolgere non solo i confini fra la giurisdizione del giudice contabile e quella del giudice

ordinario, come nel caso della responsabilità amministrativa, ma anche quelli fra il primo ed

il giudice amministrativo. Si pensi, ad es., ai dubbi sui poteri di delibazione del giudice

contabile sugli atti strettamente presupposti al trattamento di quiescenza, ai confini

soggettivi della giurisdizione pensionistica del giudice contabile, nei confronti degli ex

dipendenti di enti pubblici trasformati in società per azioni.

Conseguentemente, anche nella materia in discorso, possono venire in rilievo decadenze o

prescrizioni che vanno sanate con il meccanismo della translatio.

Anche relativamente ai c.d. giudizi ad istanza di parte rientranti nella cognizione del giudice

contabile( ad es controversie esattoriali in materia di aggio o rimborso di quote inesigibili) non

dovrebbero, pur nel loro limitato ambito, sussistere ostacoli all’applicazione del principio, in

quanto, anche in tali casi, l’azione non è introdotta dal P.M. ( che è solo interveniente nel relativo

giudizio) e concerne l’accertamento di un ordinario rapporto di debito-credito fra un privato ed

un’amministrazione pubblica, che dovrebbero ritenersi, entrambi, abilitati a proseguire il giudizio

presso il giudice fornito di giurisdizione.