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SLIDES

pubblicato il 14 maggio 2013Gianluca Spolverato

LE COOPERATIVE E IL RAPPORTO DI LAVORO DEI SOCI

Edizione I

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1.  SOCIETA’ COOPERATIVA E SOCIO LAVORATORE: NOZIONI. 2.  IL REGOLAMENTO DI UNA COOPERATIVA: LE TIPOLOGIE DI

CONTRATTI CON I SOCI. 3.  LA DISCIPLINA APPLICABILE AL RAPPORTO DI LAVORO DEL

SOCIO. 4.  L’ORARIO DI LAVORO DEI SOCI LAVORATORI. 5.  IL RECESSO DAL RAPPORTO ASSOCIATIVO E IL

LICENZIAMENTO. 6.  LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO E LA SCELTA DEL CONTRATTO

COLLETTIVO DA APPLICARE. 7.  IL CASO UNCI E LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

ALTERNATIVA A QUELLA CONFEDERALE. 8.  CONSORZI, COOPERATIVE CONSORZIATE E COMMITTENTI:

LE CATENE. 9.  COOPERATIVE SOCIALI: PECULIARITA’.

DI COSA PARLIAMO

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SOCIETA’ COOPERATIVA: NOZIONE Le SOCIETÀ COOPERATIVE sono disciplinate dal libro V, Titolo VI, artt. 2511 e seg. del codice civile. L’art. 2511 c.c. stabilisce che le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico. La norma riassume le caratteristiche fondamentali del modello cooperativo, richiamando espressamente la variabilità del capitale sociale, elemento assente nella precedente formulazione del codice civile, e confermando la centralità dello scopo mutualistico nella qualificazione delle società cooperative. Al secondo comma dell’art. 2519 c.c. si prevedono:

•  i casi in cui la cooperativa si può costituire secondo il modello della SRL ed è integrata dalle relative norme;

•  quelli in cui necessariamente deve costituirsi come società a responsabilità limitata ovvero come società per azioni.

In termini generali, se l'atto costitutivo nulla dispone, il modello di riferimento della società cooperativa è costituito dalla società per azioni: affinché trovino applicazione le norme sulla SRL l'opzione espressa dallo statuto deve concorrere con il rispetto delle condizioni che consentono positivamente di optare per questo tipo societario.

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SOCIO LAVORATORE: NOZIONE Il SOCIO LAVORATORE è il soggetto che, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, stabilisce con la società un ulteriore rapporto di lavoro in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma (compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale), con cui contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali. Tra il socio lavoratore e la cooperativa si instaurano pertanto due rapporti giuridici: quello associativo e quello ulteriore di lavoro. In relazione al rapporto associativo, il socio lavoratore:

•  concorre alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa;

•  partecipa all’elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;

•  contribuisce alla formazione del capitale sociale e partecipa al rischio d’impresa, ai risultati economici e alle decisioni sulla loro destinazione;

•  mette a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa.

Il rapporto di lavoro che la cooperativa instaura con il socio può avere natura subordinata o autonoma (comprese le forme di collaborazione coordinata non occasionale), nel rispetto delle condizioni fissate dal REGOLAMENTO INTERNO.

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IL REGOLAMENTO INTERNO (1) DISCIPLINA ANTECEDENTE AL 2001 Prima dell’introduzione nell’ordinamento della l. 142/2001, il regolamento interno aveva la funzione di mera sintesi del trattamento economico e normativo dei soci lavoratori, qualora l’azienda non applicasse un contratto collettivo di lavoro, ovvero applicasse solamente il trattamento economico. Da un punto di vista giuridico, come confermato dal Ministero del Lavoro con circolare del 2 giugno 1997, il regolamento poteva qualificarsi come un contratto individuale plurimo e non come contratto collettivo mancando il requisito della bilateralità. LEGGE 3 APRILE 2001, N. 142 Con la l. 142/2001 viene affidato un ruolo cardine al REGOLAMENTO INTERNO. Ai sensi dell’art. 6 l. 142/2001, le cooperative definiscono un regolamento, approvato (ed eventualmente modificato) dall’assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. Per le cooperative di nuova costituzione l’approvazione deve aver luogo prima dell'inizio dell’attività lavorativa, al fine di poter legittimamente instaurare rapporti di lavoro, con i soci lavoratori, diversi da quello subordinato. Il regolamento deve essere depositato entro 30 giorni dall’approvazione presso la DTL competente per territorio. Il secondo comma dell'articolo 6 specifica inoltre che, salve le fattispecie relative ai piani di crisi e di avviamento delle cooperative, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto al solo trattamento economico minimo di cui all'articolo 3, comma 1. Nel caso in cui si violi tale disposizione, la clausola è nulla.

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IL REGOLAMENTO INTERNO (2) Il regolamento deve contenere in ogni caso:

•  il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato;

•  le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all'organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato;

•  il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato;

•  l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, all'occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e siano altresì previsti: la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi; il divieto, per l'intera durata del piano, di distribuzione di eventuali utili;

•  l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, nell’ambito del piano di crisi aziendale forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie;

•  al fine di promuovere nuova imprenditorialità, nelle cooperative di nuova costituzione, la facoltà per l'assemblea della cooperativa di deliberare un piano d'avviamento alle condizioni e secondo le modalità stabilite in accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

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DIRITTI SINDACALI DEL SOCIO LAVORATORE L'art. 2 L. 142/2001 disciplina i diritti individuali e collettivi del socio lavoratore, disponendo, in primo luogo, che ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300, con esclusione dell'art. 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo. La l. 142/2001, come modificata dall'art. 9 l. 30/2003, prevede la possibilità di derogare le disposizioni dello Statuto dei lavoratori che riguardano il Titolo III dello Statuto medesimo. L'art. 2 dispone, infatti, che le modalità di esercizio dei diritti sindacali saranno determinate da accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative. Si applicano altresì tutte le vigenti disposizioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro. Ai soci lavoratori che abbiano stipulato con la cooperativa rapporti di lavoro diversi da quello subordinato si applicano gli artt. 1 (libertà di opinione), 8 (divieto di indagini sulle opinioni), 14 (diritto di associazione e di attività sindacale) e 15 (divieto di atti discriminatori) della medesima legge 300/1970, nonché le disposizioni previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 , e successive modificazioni, e quelle previste dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 , in quanto compatibili con le modalità della prestazione lavorativa.

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IL RAPPORTO DI LAVORO DEL SOCIO (1) Le tipologie di rapporto lavorativo adottabili sono definite nel testo dell’art. 1, comma 3, l. 142/2001, nel quale si spiega che l’ulteriore (ma non distinto) rapporto lavorativo, instaurabile tra socio e cooperativa, può essere in forma subordinata o autonoma, o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Sarà comunque il regolamento interno (art. 6, comma 1, lett. b), l. 142/2001) a definire le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all'organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato. Come indicato dal messaggio Inps 1968/2005, l'individuazione degli ulteriori rapporti di lavoro (non subordinato) instaurabili è necessario per poterli qualificare formalmente come tali, ma saranno le concrete modalità di svolgimento a classificare tali rapporti nelle fattispecie tipizzate (es. lavoro autonomo).

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RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO E PRESIDENTE DI COOPERATIVA L’Inps, con messaggio 12441/2011, ha affermato come anche nei confronti del presidente di cooperativa può essere ammessa la compatibilità della carica ricoperta con il lavoro subordinato, ogni qual volta ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: •  il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la

volontà dell’ente, sia affidato a un organo diverso (consiglio di amministrazione o amministratore unico);

•  il presidente svolga, in concreto e nella veste di lavoratore dipendente, mansioni estranee al rapporto organico con la cooperativa, contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale

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IL RAPPORTO DI LAVORO DEL SOCIO (2) SOCIO E AMMINISTRATORE. Il Ministero del Lavoro, con circolare 34/2002, sostiene che da una lettura sistematica della norma e sul presupposto che tale previsione debba essere introdotta in forma alternativa, è da escludersi la possibilità che lo stesso socio possa avere contemporaneamente un rapporto subordinato e uno di collaborazione autonoma, aggiungendo che la cosa accade di frequente con gli amministratori, che sono anche soci lavoratori delle cooperative. SOCIO E ASSOCIATO IN PARTECIPAZIONE. Altra problematica da segnalare è la possibilità di stipulare dei rapporti di associazione in partecipazione. La risposta data dalla dottrina è negativa sul presupposto che nell’associazione in partecipazione la gestione dell’affare e agli utili dello stesso compete all’associante, escludendo conseguentemente la partecipazione attiva e democratica del socio alla vita della cooperativa. Questo pare in contrastato con la disciplina societaria e con le disposizione della l. 142/2001. SOCIO E CONTRATTO A PROGETTO. Al rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato tra socio e cooperativa, nonostante alcune minoritarie opinioni dottrinali (non supportate dalle giurisprudenza) dovrà applicarsi la normativa contenuta negli artt. 61 e ss. d.lgs. 276/2003 e pertanto anche la determinazione del progetto. Considerata la loro marginalità e occasionalità resta esclusa la possibilità di instaurare con il socio un rapporto di lavoro occasionale ai sensi dell’art. 61, comma 2, d.lgs. 276/2003 ovvero di lavoro autonomo occasionale. SOCIO E RAPPORTO DI LAVORO ACCESSORIO. Stante la natura meramente occasionale del lavoro accessorio, lo stesso è di per sè incompatibile con la figura di socio. Resta legittimo l’utilizzo di tale tipologia contrattuale con soggetti estranei alla compagine sociale e nel rispetto della normativa.

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ORARIO DI LAVORO DEL SOCIO (1) L'art. 1 l. 142/2001 dispone che il socio lavoratore stabilisce, con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo, un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma non occasionale, da cui conseguono ex lege determinati effetti giuridici. Al medesimo articolo (comma 2, lettera d), è poi previsto che il socio debba mettere a disposizione la propria capacità professionale in relazione alla quantità di lavoro necessaria alla realizzazione degli scopi della cooperativa. Il socio, al momento della sottoscrizione del contratto associativo, aderisce anche alle clausole stabilite dal regolamento interno, tra cui quella afferente alla possibilità per la società, di deliberare una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi nell'ipotesi di crisi aziendale (art. 6, comma 1, lett. d) , l. 142/2001). In questo contesto è possibile per il datore di lavoro disporre unilateralmente la riduzione dell'orario di lavoro nei confronti dei soci di cooperative di produzione e lavoro? Il Ministero del Lavoro, con nota n. 2598 del 14 febbraio 2012, ha chiarito che anche le società cooperative di produzione e lavoro devono garantire ai propri soci, con cui abbiano instaurato un rapporto di lavoro subordinato, l'effettivo svolgimento dell'orario di lavoro pattuito, salvo accordi collettivi che introducano un orario multiperiodale o oggettive situazioni di crisi aziendale deliberate dall'assemblea e risultanti da una riduzione del fatturato.

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ORARIO DI LAVORO DEL SOCIO (2) In particolare, come già precisato nella risposta all’interpello 7/2009, il Ministro del Lavoro ha sottolineato che: •  la deliberazione aziendale dello stato di crisi ha carattere di eccezionalità, ciò al fine di

evitare che vengano perpetrati abusi in danno dei soci lavoratori; •  alla luce dei principi civilistici in materia di obbligazioni contrattuali, a prescindere dalla natura

del soggetto datoriale, la predisposizione di una qualsivoglia riduzione di orario di lavoro non può essere unilaterale (art. 1372 c.c.), né, in ogni caso, tale da collocarsi al di sotto della soglia minima prevista dalla contrattazione collettiva, in assenza della stipulazione di un accordo in sede sindacale.

E’ pertanto da ritenersi compatibile con la posizione del socio lavoratore, che abbia instaurato con la cooperativa un rapporto di lavoro subordinato, il principio generale secondo cui quando il dipendente offre la propria prestazione e questa non viene accettata per ragioni imputabili all'orientazione del datore di lavoro, quest'ultimo risulta ugualmente tenuto al pagamento della retribuzione dovuta per I’orario di lavoro contrattuale. Ciò comporta l’impossibilità per il datore di lavoro di ridurre unilateralmente l’orario di lavoro e conseguentemente la retribuzione dei dipendenti (art.1372 c.c.) in quanto una diversa soluzione comporterebbe il rischio del ricorso a un sistema volto a occultare una parte delle ore effettivamente lavorate e delle connesse retribuzioni imponibili, in quanto la mancanza di un orario nomale di lavoro, renderebbe più ardua la verifica in ordine alla correttezza della dichiarazione circa le ore e le giornate complessivamente lavorate.

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SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO REGOLAMENTO INTERNO E SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO CON I SOCI LAVORATORI Il Ministero del Lavoro, con interpello 1/2013, ha risposto a un quesito circa la possibilità che il regolamento interno, approvato dall’assemblea di una cooperativa ex art. 6 l. 142/2001, contempli l’istituto della sospensione del rapporto di lavoro con i soci lavoratori. Secondo l’interpretazione del ministero del lavoro, in caso di riduzione dell’attività lavorativa per cause di forza maggiore o di circostanze oggettive, ovvero nelle ipotesi di crisi determinate da difficoltà temporanee della cooperativa, il regolamento interno potrebbe prevedere l’istituto della sospensione del rapporto di lavoro e, dunque, della sospensione delle reciproche obbligazioni contrattuali, scongiurando in tal modo il rischio di eventuali licenziamenti. Questa possibilità trova, peraltro, rispondenza nel dettato normativo laddove all’art. 1, comma 2, lett. d), l. 142/2001 si stabilisce che i soci lavoratori mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonchè alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa. In conformità ai principi di trasparenza e parità di trattamento, si ritiene comunque necessario che le cause legittimanti la sospensione temporanea dell’attività, per le quali non è presentata richiesta di ammortizzatori sociali, siano specificatamente individuate dal regolamento interno e di volta in volta deliberate dal consiglio di amministrazione della cooperativa o comunque da chi abbia titolo secondo statuto, che deve anche contenere le condizioni che consentano, nel periodo di sospensione concordata, un equilibrato utilizzo di tutta la forza lavoro della cooperativa mediante specifica individuazione di criteri oggettivi di turnazione/rotazione del personale.

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IL RECESSO DAL RAPPORTO ASSOCIATIVO (1) Con le modifiche introdotte dalla l. 30/2003 alla l. 142/2001 nel caso di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con un socio di cooperativa emergono due principi:

•  la cessazione del rapporto di lavoro subordinato non necessariamente comporta la perdita dello status di socio (art. 2, comma 1, l 142/2001);

•  il recesso/esclusione da socio comporta di conseguenza la cessazione del rapporto di lavoro subordinato (art. 5, comma 2, l. 142/2001).

RECESSO DEL SOCIO Dimissioni. Le dimissioni del lavoratore possono essere rassegnate secondo le modalità previste per la generalità dei lavoratori dipendenti. La rassegnazione delle dimissioni comporta la cessazione del rapporto di lavoro ma non di quello associativo. Recesso dal rapporto associativo. Il socio cooperatore può recedere dal rapporto associativo nei casi previsti:

•  dalla legge (c.d. recesso legale) le cui ragioni variano a seconda della forma societaria adottata dalla cooperativa;

•  dall'atto costitutivo (c.d. recesso statutario). Lo Statuto delle cooperative può prevedere delle cause di recesso del rapporto associativo. Il recesso non può essere parziale.

RECESSO DELLA COOPERATIVA DAL RAPPORTO DI LAVORO Licenziamenti collettivi. In presenza dei requisiti di legge, le società cooperative che procedono a più di cinque licenziamenti devono rispettare la procedura prevista per i licenziamenti collettivi. Ai fini dell'individuazione dei requisiti di legge per l'applicabilità della normativa, non rileva la distinzione tra lavoratori soci e non soci (Cass. 9 maggio 2001, n. 6446). Licenziamenti individuali. La disciplina del licenziamento individuale del socio lavoratore di cooperativa è, in generale, quella prevista per la generalità dei lavoratori dipendenti comprensivo della disciplina ex art. 7 l. 300/1970.

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IL RECESSO DAL RAPPORTO ASSOCIATIVO (2) RECESSO DELLA COOPERATIVA DAL RAPPORTO SOCIALE Ai sensi degli artt. 2533 e successivi del codice civile l'esclusione del socio, oltre che per mancato pagamento delle quote sociali, può aver luogo:

•  nei casi previsti dall'atto costitutivo; •  per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale,

dal regolamento o dal rapporto mutualistico; •  per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società; •  per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale,

nonché per l'interdizione, l'inabilitazione del socio o per la sua condanna a una pena che importa l'interdizione anche temporanea, dai pubblici uffici;

•  per fallimento del socio. Tra le cause più frequenti di recesso inserite nello statuto delle cooperativa indichiamo, a titolo esemplificativo, il caso del socio che:

•  ha perduto i requisiti per l'ammissione; •  non è più in grado di partecipare al raggiungimento degli scopi sociali; •  non partecipano alle assemblee per un certo numero di votazioni consecutive; •  ha posto in atto gravi inadempienze che hanno comportano il recesso del rapporto di

lavoro per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

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IL RECESSO DAL RAPPORTO ASSOCIATIVO (3) RECESSO E CONSEGUENZE SANZIONATORIE Per individuare la disciplina applicabile occorre distinguere due ipotesi:

•  si risolve il rapporto di lavoro ma non quello associativo. In tal caso si applica il regime di tutela dei licenziamenti individuali previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti con riferimento alla dimensione della società cooperativa;

•  si risolve il rapporto associativo con apposita delibera assunta nel rispetto dello statuto e delle norme di legge. In tal caso automaticamente si scioglie quello lavorativo e non sono applicabili le disposizioni sulla reintegrazione nel posto di lavoro (art. 18 l. 300/70). L'illegittima estromissione del socio lavoratore può tuttavia dar luogo al risarcimento danni.

ALCUNE PRECISAZIONI La violazione di norme inderogabili stabilite dalla legge a tutela del lavoro subordinato determinano l'illegittimità del licenziamento. Un licenziamento intimato in ragione esclusiva della mancata adesione alla proposta della società di proseguire il rapporto di lavoro solo come socio lavoratore non rientra nella tutela del licenziamento discriminatorio, dovendosi escludere la contrarietà del motivo, di carattere dominante, a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume ovvero ad altri scopi espressamente proibiti dalla legge (Cass. 9 luglio 2009, n. 16155). Sussiste giustificato motivo oggettivo di licenziamento di un dipendente di società cooperativa la soppressione del reparto o del posto cui era addetto lo stesso anche qualora non sia stata accolta la domanda del lavoratore di essere ammesso come socio o nel contempo siano stati ammessi altri nuovi soci. Non possono essere, infatti, poste sullo stesso piano due posizioni diverse, quella del dipendente e quella del socio. (Cass. 4 novembre 2004, n. 21121). Qualora il giudice accerti che il dipendente licenziato abbia intrattenuto solo un rapporto di subordinazione con la società cooperativa senza ricoprire anche la qualità di socio, è senza dubbio pienamente applicabile la disciplina del licenziamento individuale (Cass. 8 febbraio 2011, n. 3043).

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SOCIO SUBORDINATO: LE REGOLE Dal tipo di scelta contrattuale deriva la normativa giuridica, previdenziale e fiscale di riferimento (art.1, comma 3, legge 142/2001). Pertanto qualora venga instaurato un rapporto di lavoro subordinato con il socio, dovranno essere rispettate tutte le peculiarità di un normale rapporto di lavoro dipendente:

•  iscrizione nel libro unico del lavoro; •  regime contributivo dei lavoratori dipendenti; •  obblighi in materia di collocamento; •  computo del lavoratore in tutti i limiti numerici; •  applicazione delle disposizioni fiscali in merito al reddito di lavoro dipendente.

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AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE E SOCI DI COOPERATIVA Secondo l’interpello 1074/2005, appare ammissibile la concessione della agevolazione di cui all’art. 8, comma 4, l. 223/1991 anche ai lavoratori soci di cooperativa. Uguale soluzione può riferirsi alla concessione della agevolazione di cui al comma 2 dello stesso articolo, concernente l’assunzione di lavoratori in mobilità con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi. In tal caso, tuttavia, va chiarito che il rapporto associativo evidentemente non è soggetto ad alcun termine, indipendentemente dal fatto che il rapporto di lavoro abbia una durata temporalmente limitata

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LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO (1) L'art. 3 l. 142/2001 disciplina il TRATTAMENTO ECONOMICO DEL SOCIO LAVORATORE. Viene confermato, in primo luogo, l'applicazione della norma contenuta nell'art. 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (appalti pubblici) Quindi, salva l'applicazione di detta norma, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

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ART. 36 L. 300/1970 Nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per l'appaltatore di applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria o della zona

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LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO (2) Il secondo comma dell'art. 3 l. 142/2001 stabilisce che ULTERIORI TRATTAMENTI ECONOMICI possono essere deliberati dall'assemblea ed essere erogati:

•  a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati tra le Centrali cooperative e le Organizzazioni sindacali, ai sensi dell'art. 2 l. 142/2001;

•  in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30% dei trattamenti retributivi suddetti, mediante integrazioni delle retribuzioni medesime ovvero mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti massimi di partecipazione individuale al capitale sociale, ovvero mediante distribuzione gratuita delle azioni di partecipazione cooperativa, di cui all'art. 5 l. 31 gennaio 1992, n. 59.

La scelta è stata quindi quella di individuare nel contratto collettivo nazionale la soglia minima retributiva e dare alla lettera a), del secondo comma, dell'art. 3, il contenuto in genere riferito alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale (di secondo livello). RISTORNI In materia di ristorno, va ricordata la norma contenuta nell'art. 4, secondo comma, la quale stabilisce che le somme erogate a tale titolo non sono considerate agli effetti previdenziali reddito da lavoro dipendente. In altre parole, sulle somme erogate a titolo di ristorno non si versano i contributi previdenziali.

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LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO (3) TRATTAMENTO ECONOMICO MINIMO: I CHIARIMENTI DEL MINISTERO (Circ. Min. Lav. 10/2004) Il Ministero del Lavoro, con circolare 10/2004, ha richiamato l’art. 6 l. 142/2001 secondo cui, salvo gli specifici casi indicati, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto al trattamento economico minimo. Ciò determina che al socio lavoratore inquadrato con rapporto di lavoro subordinato debba essere garantita una retribuzione non inferiore ai minimi contrattuali non solo per quanto riguarda la retribuzione di livello (tabellare o di qualifica, contingenza, EDR), ma anche per quanto riguarda le altre norme del contratto che prevedono voci retributive fisse, ovvero il numero delle mensilità e gli scatti di anzianità, a fronte delle prestazioni orarie previste dagli stessi contratti di lavoro (orario contrattuale). Infine, viene ricordato che per i soci lavoratori con rapporto di lavoro di tipo subordinato sussiste l'obbligo di applicazione di istituti normativi che la legge disciplina per la generalità dei lavoratori (t.f.r., ferie, ecc.).

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MANCATA EROGAZIONE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO MINIMO: CONSEGUENZE

possibile vertenza con il socio lavoratore diffida accertativa DTL (nota Min. Lav. 1954/2009)

sanzioni per omesso pagamento dei contributi: l’imponibile contributivo dovrà essere calcolato

comunque sul c.c.n.l. comparativamente rappresentativo

sanzioni per errata tenuta del libro unico del lavoro

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LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO (4) TRATTAMENTI ECONOMICI DEI SOCI LAVORATORI DI SOCIETÀ COOPERATIVE L’art. 7, comma 4, l. 31/2008 stabilisce che fino alla completa attuazione della normativa in materia di soci lavoratori di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’art. 3, comma 1, l. 142/2001, trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Ciò significa che, laddove vi siano più contratti collettivi applicabili, il trattamento economico (= retributivo-contributivo) dei soci dovrà essere parametrato con riferimento ai minimi stabiliti dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.

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SOCIO LAVORATORE DI SOCIETA’ COOPERATIVE E CONTRATTO APPLICATO La Corte Costituzionale, con sentenza n. 59 del 29 marzo 2013, ha dichiarato la legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, l. 31/2008, sollevata dal Tribunale di Lucca, in riferimento all’art. 39 Cost., che disciplina la libertà sindacale e l’autonomia collettiva professionale. La sentenza della Corte riguarda la regolamentazione dei rapporti di lavoro nel settore cooperativo in presenza di una pluralità di contratti collettivi e conferma la legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, l. 31/2008 secondo cui fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’art. 3, comma 1, l. 142/2001 i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale di categoria

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LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO (5) PIANO DI CRISI AZIENDALE L’art. 6, comma 1, lett. d), l. 142/2001 attribuisce all’assemblea la facoltà di deliberare all’occorrenza un piano di crisi aziendale, volto alla salvaguardia dei livelli occupazionali, mediante il quale stabilire:

•  la possibilità di una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi erogati a titolo di ristorno;

•  il divieto per l’intera durata del piano di distribuzione degli eventuali utili; •  forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della

crisi, in proporzione alle disponibilità e capacita finanziarie. Tale apporto può consistere nel conferimento di parte della retribuzione, riducibile anche sotto il minimo prescritto.

Nel momento in cui la situazione di crisi si dovesse concretizzare, la delibera assembleare deve prevedere:

•  l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge;

•  la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi; •  uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori

degli interventi previsti.

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LA RETRIBUZIONE DEL SOCIO (6) STATO DI CRISI PER LE SOCIETA’ COOPERATIVE Secondo l’interpretazione del Ministero del Lavoro (interpello 7/2009), l’ipotesi prevista dall’art. 6, comma 1, lett. e), l. 142/2001 concerne il conferimento di forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi. Pertanto, non potendosi escludere, secondo la lettera della legge, la legittimità di un conferimento economico disposto dalla delibera assembleare che, ad esempio, preveda il conferimento di parte della retribuzione attraverso la riduzione della retribuzione anche sotto il minimo di cui all’art. 3 comma 1, si ritiene che la cooperativa debba comunque procedere con trasparenza, nel rispetto delle regole democratiche della deliberazione assembleare, garantendo la leale e corretta informazione preventiva a tutti i soci lavoratori in merito agli effetti retributivi della adozione della delibera del piano di crisi aziendale. Inoltre, viene precisato che l’art. 6, comma 1, lett. e), l. 142/2001 vincola la legittimità del conferimento del socio lavoratore al fatto che esso sia determinato “in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie” del socio lavoratore stesso, nel senso che, in assonanza con la lettera dell’art. 53 della Costituzione, che per altra materia richiama i principi di proporzionalità e di progressività, l’entità dei sacrifici economici deve essere rapportata nel “quantum” alla capacità economica dei singoli soci lavoratori. Tale riduzione retributiva è valida anche ai fini previdenziali?

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ASPETTI PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI (1) AI fini previdenziali e assistenziali le cooperative sono inquadrate in base al settore economico e merceologico di appartenenza, secondo i criteri generali previsti per la generalità delle aziende e per la contribuzione previdenziale e assicurativa si deve far riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro. Ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato è garantita, con modalità ed estensione diverse a seconda della tipologia di cooperativa, la tutela previdenziale e assistenziale dell’Inps prevista per la generalità dei lavoratori dipendenti e la copertura assicurativa antinfortunistica prestata dall’Inail. ASPETTI PREVIDENZIALI La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale. Le aliquote contributive sono in genere le stesse stabilite per i datori di lavoro secondo il settore di inquadramento (fatte salve le particolarità previste per ciascuna tipologia di cooperativa), con l’unica particolarità riguarda la riduzione del contributo CUAF per le cooperative iscritte all’Albo Informativo (ex registro prefettizio o schedario generale della cooperazione). Le cooperative che svolgono attività plurime devono tener conto della prevalenza dell’attività, mentre nel caso in cui le diverse attività abbiano un’autonomia l’Inps attribuirà più posizioni a seconda delle diverse attività svolte.

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ASPETTI PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI (2) AMMORTIZZATORI SOCIALI I soci di cooperativa hanno diritto in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2013, alle indennità Aspi e mini Aspi. Il trattamento di disoccupazione viene erogato senza che ciò comporti la perdita dello stato di socio. Beneficiano dell’indennità di mobilità i soci lavoratori delle cooperative che, in base al settore di attività e alla dimensione occupazionale, rientrano nel campo di applicazione della disciplina. Per i soci delle cooperative cui si applica la disciplina della mobilità è dovuto il contributo dello 0,30% calcolato sulle retribuzioni che costituiscono imponibile contributivo e, nei casi di attivazione delle procedure di mobilità, il contributo di ingresso.

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ASPI E MINI ASPI PER I SOCI LAVORATORI DELLE COOPERATIVE Sarà disponibile a breve sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro del Lavoro di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze del 25 gennaio 2013, riguardante i soci lavoratori delle cooperative, di cui al d.p.r. 602/1970, che non avevano accesso alle previgenti indennità di disoccupazione. Il decreto, attuativo della legge di riforma del mercato del lavoro, determina la misura delle prestazioni Aspi e mini Aspi da liquidarsi in misura proporzionale all’aliquota effettiva di contribuzione. In particolare, per l’anno 2013, la prestazioni Aspi e mini Aspi saranno liquidate per un importo pari al 20% della misura delle indennità, come previste a regime, in proporzione all’effettiva aliquota di contribuzione

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SOCIO VS DIPENDENTE (1)

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SOCI DIPENDENTI

CONTRATTO APPLICATO

•  C.c.n.l. di settore, OO.SS. comparativamente più rappresentative

•  C.c.n.l. di settore, OO.SS. comparativamente più rappresentative

ATTIVAZIONE DEL PIANO DI CRISI

•  Attivabile su delibera dall'assemblea a seguito di oggettive situazioni di crisi aziendale risultanti da una riduzione del fatturato

•  Non attivabile

ORARIO DI LAVORO

•  Secondo le intese raggiunte con il contratto di assunzione, salvo il caso di delibera di un piano di crisi aziendale

•  Secondo le intese raggiunte con con il contratto di assunzione

LIQUIDAZIONE RISTORNI

•  Liquidabili nel limite del 30% dei trattamenti economici complessivi corrisposti ai soci lavoratori

•  Non liquidabili

ATTIVITA’ SOCIALE

•  Partecipa anche economicamente all’attività sociale della cooperativa

•  Non partecipa all’attività sociale

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SOCIO VS DIPENDENTE (2)

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SOCI DIPENDENTI

RETRIBUZIONE MENSILE

•  Secondo le intese raggiunte tra le parti e comunque non inferiore alle previsione del c.c.n.l., salvo il caso di delibera di un piano di crisi aziendale

•  Secondo le intese raggiunte tra le parti e comunque non inferiore alle previsione del CCNL

CONTRIBUZIONE PREVIDENZIALE

•  Sulla retribuzione contrattuale e comunque non inferiore alle previsione del c.c.n.l. di settore, nel rispetto del limite minimo di retribuzione giornaliera

•  Sulla retribuzione contrattuale e comunque non inferiore alle previsione del c.c.n.l. di settore, nel rispetto del limite minimo di retribuzione giornaliera

ALIQUOTA CONTRIBUTIVA

•  DPR 602/70 iscritte - operai soci IVS 33,00% DS 0,00% TFR 0,20% CUAF 0,00% MALATTIA 1,28% MATERNITA’ 0,00% TOTALE 34,48%

•  DPR 602/70 iscritte - operai non soci

IVS 33,00% DS 0,67% TFR 0,20% CUAF 0,00% MALATTIA 2,22% MATERNITA’ 0,00% TOTALE 36,09%

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SOCI DI COOPERATIVA: IL CASO UNCI (1) Nel mercato delle cooperative di facchinaggio, pulizia e multiservizi si è affacciato un nuovo “fornitore”: l’UNCI, un “fornitore” che offre servizi di appalto a tariffe molto convenienti. IL C.C.N.L. UNCI È VALIDO ED APPLICABILE?

•  Sì, non vi può essere alcun dubbio in merito alla natura giuridica di contratto collettivo del c.c.n.l. UNCI e, conseguentemente, alla sua vincolatività in quanto tale. Si tratta di un contratto collettivo di diritto comune, alla stregua di altri contratti collettivi quali ad esempio il c.c.n.l. trasporto e facchinaggio cooperative sottoscritto da Confetra, Confcooperative e Legacoop.

•  Non vi è dubbio che il c.c.n.l. UNCI debba considerarsi giuridicamente un contratto collettivo. Soggetti firmatari, infatti, sono, per parte datoriale, l’Unione Nazionale delle Cooperative Italiane e, per parte dei lavoratori, CONFSAL, la Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi dei Lavoratori.

IL C.C.N.L. UNCI È APPLICABILE ALLE ATTIVITÀ DI FACCHINAGGIO, PULIZIE E MULTISERVIZI? Sì. Il contratto, infatti, disciplina i rapporti di lavoro delle cooperative che svolgono, anche per conto terzi, le seguenti attività: gestione nella totalità delle attività inerenti magazzini e centri distributivi; servizi pulizia e servizi di facchinaggio.

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SOCI DI COOPERATIVA: IL CASO UNCI (2) LA DISCIPLINA DEGLI ARTT. 7, COMMA 4, L. 31/2008 E 1 D.L. 338/1989 Il beneficio che l’applicazione del c.c.n.l. UNCI sembra comportare deve essere contemperato con la previsione di cui all’art. 7, comma 4, l. 31/2008, di conversione del d.l. 248/2007, e la previsione di cui all’art. 1 d.l. 338/1989. Il citato art. 7, entrato in vigore il 1° gennaio 2008, stabilisce che fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione del contratto di categoria devono applicare ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’art. 3, comma 1, l. 142/2001, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria. Nel settore delle cooperative multiservizi, quindi, il contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale è quello sottoscritto da CONFETRA, CONFCOOPERATIVE e LEGACOOP, che prevede un trattamento complessivamente più favorevole per i dipendenti rispetto al c.c.n.l. UNCI. Ciò significa che i soci/dipendenti delle cooperative che applicano il c.c.n.l. UNCI potrebbero chiedere il riconoscimento del trattamento economico e normativo migliorativo previsto dal c.c.n.l. CONFETRA e, sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003 (solidarietà nell’appalto), avanzare le proprie pretese anche nei confronti del committente.

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SOCI DI COOPERATIVA: IL CASO UNCI (3) CALCOLO DEL MINIMALE CONTRIBUTIVO L’art, 1, comma 1, d.l. 338/1989 prevede che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo. Le Sezioni Unite (S.U. 29 luglio 2002, n. 11199), sul punto, hanno chiarito che nell’imponibile contributivo debbono computarsi non soltanto gli elementi che rientrano nella nozione di c.d. minimo costituzionale (paga base, divisore orario, indennità di contingenza e 13 mensilità) ma anche gli altri elementi previsti dal contratto (ad esempio maggiorazioni per lavoro straordinario e ulteriori mensilità aggiuntive). Non vi è dubbio che il contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale sia il c.c.n.l. CONFETRA e ciò significa che, in caso di accesso ispettivo da parte dell’Inps, l’Istituto possa procedere al recupero contributivo calcolandone il valore nel delta tra il livello retributivo garantito dal contratto collettivo concretamente applicato al rapporto individuale e quello previsto dalla contrattazione collettiva delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Chiaramente, anche l’Istituto potrà chiedere il pagamento dei maggiori contributi al committente.

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LE NOVITA’ DELL’ART. 13 TER D.L. 83/2012 (1) Il comma 28 l. 248/2006 (c.d. Visco-Bersani) è stato sostituito da tre nuovi commi:

•  il primo riguarda i rapporti tra appaltatore e subappaltatore; •  il secondo riguarda il committente che si avvale di appaltatori ed eventualmente di subappaltatori; •  il terzo definisce l’ambito di applicazione delle nuove norme, ampliandoli rispetto al passato.

Il primo comma stabilisce che in caso di appalto l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dei dipendenti impiegati nell’esecuzione dell’appalto e del versamento dell’Iva dovuta in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del subappalto. Detta responsabilità solidale:

•  è prevista nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto dall’appaltatore; •  viene meno se l’appaltatore, prima di versare il corrispettivo, verifica che il subappaltatore ha

correttamente adempiuto al versamento dell’Iva e delle ritenute. COSA SIGNIFICA IN CONCRETO?

•  Che la solidarietà è prevista solo nel caso di rapporti di durata (continuativi): lo si capisce dal secondo periodo del comma che prevede l’obbligo di acquisire la documentazione con riferimento al periodo precedente;

•  che la solidarietà scatta anche se il corrispettivo per le prestazioni per cui vanno versate le ritenute e l’Iva è stato corrisposto, ma è limitata in ragione del corrispettivo dovuto: ciò significa che l’obbligo solidale non può comportare oneri maggiori di quanto l’appaltatore ha pagato o avrebbe dovuto pagare per le prestazioni effettuate per suo conto;

•  che l’appaltatore prima di pagare ciascuna fattura dovrebbe verificare che l’Iva e le ritenute fiscali riguardanti le prestazioni già fatturate siano state correttamente pagate: com’è chiaro, questo comporterebbe un appesantimento del procedimento di riscossione.

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LE NOVITA’ DELL’ART. 13 TER D.L. 83/2012 (2) COME FA L’APPALTATORE A VERIFICARE CHE IL SUBAPPALTATORE HA CORRETTAMENTE ADEMPIUTO AI SUOI OBBLIGHI? L’attestazione dell’avvenuto adempimento può (e ciò significa che questo non costituisce l’unico modo, ma la legge non ne prevede altri) essere rilasciata attraverso un’asseverazione da parte dei soggetti che sono abilitati ad effettuare i versamenti dell’Iva e delle ritenute fiscali ovvero del legale rappresentante (Circ. Agenzia delle Entrate 40E/2012). L’appaltatore, quindi, prima di pagare la fatture di un fornitore dovrebbe chiedere al fornitore di esibire la documentazione attestante il regolare versamento dell’Iva e delle ritenute riferite alle fatture precedenti, e il subappaltatore dovrebbe esibire all’appaltatore un’asseverazione rilasciata, ad esempio, dal proprio commercialista. Il commercialista, ovviamente, nel rilasciare l’asseverazione assume su di sé una responsabilità e, nel caso di falsa attestazione, può incorrere in sanzioni anche penali. CHE COSA SUCCEDE NEL CASO IN CUI NON VENGA ACQUISITA LA DOCUMENTAZIONE CHE ATTESTA IL REGOLARE VERSAMENTO E CHE COSA SUCCEDE SE L’ATTESTAZIONE E’ FALSA?

•  L’appaltatore può sospendere il pagamento della fattura fino all’esibizione della attestazione;

•  l’appaltatore non è esonerato dalla responsabilità solidale e quindi potrà essere chiamato a pagare le ritenute e l’Iva non versate;

•  il committente potrà incorrere in una sanzione amministrativa, gravosa, se i versamenti non sono stati correttamente effettuati (comma 28 bis, ultimo periodo).

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LE NOVITA’ DELL’ART. 13 TER D.L. 83/2012 (3) PRIMA CONCLUSIONE. In caso di catena lunga, il committente rischia di pagare una sanzione amministrativa se paga senza verificare che siano stati correttamente adempiuti gli obblighi di versamento, mentre l’appaltatore risponde in solido col subappaltatore per il versamento dell’Iva e delle ritenute. Il committente, invece, non è responsabile in solido. La disciplina che riguarda il committente è contenuta nel comma 28 bis, il quale prevede che:

•  il committente deve pagare l’appaltatore solo dopo avere verificato che l’appaltatore e gli eventuali subappaltatori hanno correttamente pagato quanto dovuto a titolo di ritenute fiscali e Iva sulle prestazioni effettuate;

•  il committente può sospendere il pagamento se non viene fornita la documentazione richiesta;

•  il committente può essere sanzionato con una sanzione amministrativa (da 5.000 a 200.000 euro) se ha pagato senza acquisire la documentazione e in concreto i versamenti non sono stati effettuati.

SECONDA CONCLUSIONE. Se la catena è corta, il committente non è obbligato in solido con l’appaltatore, ma rischia il pagamento di una sanzione amministrativa se paga l’appaltatore senza acquisire la documentazione che attesta il corretto pagamento dell’Iva e delle ritenute (sempre che l’appaltatore non abbia di fatto pagato quanto dovuto). L’appaltatore, invece, non rischia nulla, perché non vi è obbligazione solidale (prevista solo in caso di subappalto) e non è prevista per l’appaltatore la sanzione amministrativa, in quanto il comma 28 bis parla solo di committente. CHIARIMENTO. I commi 28 e 28 bis non prevedono alcun termine di decadenza della solidarietà e non vi è più il termine biennale dalla scadenza prima previsto.

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SOLIDARIETA’: L’ART. 29 DOPO IL D.L. 5/2012 Il decreto semplificazioni, fermo restando quanto già previsto dall’art. 35, comma 28, d.l. 223/2006 in ordine alla responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore per le ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e i contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore, ha chiarito l’ambito della responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore prevista dall’art. 29 d.lgs. 276/2003. ART. 21 D.L. 5/2012 (c.d. DECRETO SEMPLIFICAZIONI) In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonchè i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. NOTA INAIL 21 FEBBRAIO 2012, N. 1275: CHIARIMENTI

•  Nella nuova formulazione dell’art. 29 d.lgs. 276/2003, la responsabilità solidale tra committente imprenditore o datore di lavoro, appaltatore e subappaltatore, oltre ai contributi previdenziali è espressamente estesa anche ai premi assicurativi Inail.

•  Diversamente, la responsabilità solidale, dal 10 febbraio 2012 (data di entrata in vigore del d.l. 5/2012), è esclusa per le sanzioni civili, per le quali risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

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TIPOLOGIE DI COOPERAZIONE (1) COOPERATIVE DI PRODUZIONE LAVORO Si costituiscono per permettere ai soci di usufruire di condizioni di lavoro migliori sia in termini qualitativi che economici, rispetto a quelli disponibili sul mercato del lavoro. Queste cooperative svolgono la propria attività sia nella produzione diretta dei beni che nella fornitura dei servizi. COOPERATIVE EDILIZIE Rispondono alle esigenze di soddisfare un bisogno abitativo delle persone, realizzando complessi edilizi che vengono poi assegnati ai soci in proprietà, se la cooperativa è a "proprietà divisa”, o in diritto di godimento, se la cooperativa è a "proprietà indivisa”. COOPERATIVE DELLA PESCA Sono costituite da soci pescatori e svolgono un'attività con un impegno diretto dei soci o un'attività di servizio ai propri associati, quali l'acquisto di materiale di consumo o di beni durevoli, o la commercializzazione dei prodotti ittici, o la loro trasformazione. COOPERATIVE DEL TRASPORTO Associano singoli trasportatori iscritti all'Albo e ai quali garantiscono servizi logistici, amministrativi, di acquisizione delle commesse, o gestiscono in proprio i servizi di trasporto a mezzo di soci-lavoratori. COOPERATIVE DI CONSUMO Si costituiscono con lo scopo di assicurare ai soci-consumatori la fornitura di beni, sia di consumo che durevoli a prezzi più contenuti di quelli correnti di mercato. Per raggiungere tale scopo realizzano punti vendita ai quali possono accedere i soci, e, previo rilascio dell'apposita licenza di vendita, anche i non soci.

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TIPOLOGIE DI COOPERAZIONE (2) COOPERATIVE AGRICOLE Sono costituite da coltivatori e svolgono sia attività diretta di conduzione agricola, sia attività di commercializzazione e trasformazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci. COOPERATIVE MISTE Sono comprese in queste tipologie tutte le cooperative che non rientrano nei settori prima richiamati e che svolgono attività diversificate, quali le cooperative culturali, le cooperative di garanzie che prestano fidejussioni o piccoli prestiti ai propri associati, cooperative che associano gli esercenti di attività commerciali. COOPERATIVE SOCIALI Sono cooperative regolamentate dalla l. 381/1981 e hanno come scopo quello di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione umana dei cittadini. Si distinguono in due tipologie: 1. quelle che gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi; 2. quelle che svolgono attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi) finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

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COOPERATIVE SOCIALI L’art. 1 l. 381/1991 qualifica COOPERATIVE SOCIALI quelle che hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso:

•  la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (c.d. cooperative sociali di tipo A); •  lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate

all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (c.d. cooperative sociali di tipo B).

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PERSONE SVANTAGGIATE (art. 4 l. 381/1991) Si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'art. 21 l. 354/1975 e successive modificazioni, i soggetti indicati con d.p.c.m., su proposta del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro della Sanità, con il Ministro dellIinterno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall'art. 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni. Le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno il 30% dei lavoratori della cooperativa e compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza

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COOPERATIVE SOCIALI DI TIPO A Le COOPERATIVE SOCIALI DI TIPO A hanno come scopo lo svolgimento di servizi socio-sanitari ed educativi che devono essere finalizzati alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini, quale interesse generale della comunità. Questa funzione può essere svolta dai servizi sociali e assistenziali scolastici di base e di formazione professionale, sanitaria di base e a elevata integrazione socio-sanitaria, tutti di rilevanza costituzionale. I destinatari dei servizi sono persone bisognose di intervento sociale a causa dell’età, della condizione personale o familiare o in base alla condizione sociale. Le cooperative sociali di tipo A devono essere iscritte nell’apposita sezione dell’albo informativo e prevedono due tipologie di soci:

•  soci ordinari; •  soci volontari (per i quali non è previsto il versamento contributivo ma solo

l’assicurazione Inail sulla base di retribuzioni convenzionali).

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COOPERATIVE SOCIALI DI TIPO B Le COOPERATIVE SOCIALI DI TIPO B hanno come scopo l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate appartenenti alle categorie indicate dall’art.4 l. 381/1991:

•  invalidi fisici, psichici e sensoriali; •  ex degenti di istituti psichiatrici; •  soggetti in trattamento psichiatrico; •  tossicodipendenti e alcolisti; •  minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare; •  condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione.

Le persone svantaggiate devono costituire almeno il 30% del numero complessivo dei lavoratori che svolgono attività lavorativa nella cooperativa (con esclusione dei soci volontari e svantaggiati) e con interpello 4/2008 il Ministro del Lavoro ha stabilito che la percentuale deve essere calcolata con riferimento a un arco temporale di 12 mesi. Le cooperative sociali di tipo B prevedono tre tipologie di soci:

•  soci ordinari; •  soci volontari; •  lavoratori svantaggiati (per i quali è previsto l’esonero totale dei contributi previdenziali

purché raggiungano il 30% della forza lavoro della cooperativa).

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SOCI VOLONTARI SOCI VOLONTARI Gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente. I soci volontari sono iscritti in un'apposita sezione del libro dei soci. Il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato e autonomo, a eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Ministro del Lavoro, con proprio decreto, determina l'importo della retribuzione da assumere a base del calcolo dei premi e delle prestazioni relative. Ai soci volontari può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, sulla base di parametri stabiliti dalla cooperativa sociale per la totalità dei soci, e sono esonerati dal versamento della contribuzione previdenziale. Nella gestione dei servizi da effettuarsi in applicazione dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche, le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti.

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