La disciplina delle cooperative Le cooperative …La disciplina delle cooperative 3 Cooperative e...

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La disciplina delle cooperative Lo statuto di una società tra professionisti in forma cooperativa – parte II di Roberta Bigolin e Stefania Sampaolesi 2 Le cooperative agricole La presenza delle cooperative agricole quale fattore trainante del post crisi COVID-19 di Giuseppe Capuano e Maria Antonietta Conte 15 Le cooperative di lavoro Il ruolo delle cooperative negli appalti labour intensive: criticità e conseguenze sanzionatorie di Marco Bellumore 18 Cooperative di turismo: quali prospettive nel post COVID-19? di Gianluca Vecchio 29 Le cooperative di trasporto Le cooperative di autotrasporto di Romano Mosconi 34 La disciplina della revisione cooperativa La sospensione della vigilanza cooperativa per l’emergenza da COVID-19 di Sebastiano Patanè 40 L’accertamento in sede di revisione dell’effettività della base sociale quale prova del carattere mutualistico dell’impresa cooperativa di Enrico Maria Lovaglio 47 La società cooperativa nel mondo Lo sviluppo delle cooperative in Croazia di Valerio Mosconi 55 1 Cooperative e dintorni n. 29/2020

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La disciplina delle cooperative

Lo statuto di una società tra professionisti in forma cooperativa – parte II

di Roberta Bigolin e Stefania Sampaolesi 2

Le cooperative agricole

La presenza delle cooperative agricole quale fattore trainante del post crisi COVID-19

di Giuseppe Capuano e Maria Antonietta Conte 15

Le cooperative di lavoro

Il ruolo delle cooperative negli appalti labour intensive: criticità e conseguenze

sanzionatorie

di Marco Bellumore 18

Cooperative di turismo: quali prospettive nel post COVID-19?

di Gianluca Vecchio 29

Le cooperative di trasporto

Le cooperative di autotrasporto

di Romano Mosconi 34

La disciplina della revisione cooperativa

La sospensione della vigilanza cooperativa per l’emergenza da COVID-19

di Sebastiano Patanè 40

L’accertamento in sede di revisione dell’effettività della base sociale quale prova del

carattere mutualistico dell’impresa cooperativa

di Enrico Maria Lovaglio 47

La società cooperativa nel mondo

Lo sviluppo delle cooperative in Croazia

di Valerio Mosconi 55

1 Cooperative e dintorni n. 29/2020

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2 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

Lo statuto di una società tra

professionisti in forma cooperativa –

parte II di Roberta Bigolin – ragioniere commercialista

Stefania Sampaolesi – dottore commercialista

Nel passato numero della rivista è stata pubblicata la prima parte di uno schema di statuto

della cooperativa fra professionisti1. Una vera novità nel panorama delle cooperative. Come

già indicato, trattasi di una particolare cooperativa di lavoro nella quale il rapporto esistente

con i soci si qualifica quale rapporto di lavoro autonomo professionale.

In questa seconda parte viene rappresentato il funzionamento degli organi sociali, all’interno

dei quali i soci professionisti svolgono un ruolo determinante, mentre nella parte conclusiva

vengono esposte le disposizioni speciali previste ai sensi della L. 183/2011 e del D.M.

34/2013.

Preleva il

documento

Schema di statuto di Stp in forma cooperativa costituita ai sensi

della L. 183/2011

PATRIMONIO SOCIALE ED ESERCIZIO SOCIALE

Articolo 23 - Elementi costitutivi

Il patrimonio della cooperativa è costituito:

a. dal capitale sociale, che è variabile ed è formato:

• dai conferimenti effettuati dai soci cooperatori, rappresentati da quote, ciascuna del valore

minimo di ____ (non meno di 25) euro e non superiore ai limiti stabiliti dalla Legge;

• dai conferimenti effettuati dai soci appartenenti alla categoria speciale, rappresentati da quote

ciascuna del valore minimo di ____ (non meno di 25) euro e non superiore ai limiti stabiliti dalla

Legge;

• dai conferimenti effettuati dai soci con finalità di investimento;

1 R. Bigolin, S. Sampaolesi, “Lo statuto di una società tra professionisti in forma cooperativa – parte I”, in Cooperative e dintorni n. 28/2020.

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b. dalla riserva legale indivisibile, formata con gli utili di cui al presente statuto, e con il valore delle

quote eventualmente non rimborsate ai soci receduti o esclusi ed agli eredi dei soci deceduti;

c. dall’eventuale sovrapprezzo formato con le somme versate dai soci ai sensi del presente statuto;

d. dalla riserva straordinaria indivisibile;

e. da ogni altro fondo di riserva costituito dall’assemblea e/o previsto per Legge.

Per le obbligazioni sociali risponde soltanto la cooperativa con il suo patrimonio e,

conseguentemente, i soci nel limite delle quote sottoscritte.

Le riserve sono indivisibili e, conseguentemente, non possono essere ripartite tra i soci durante la

vita della cooperativa, né all’atto del suo scioglimento ai sensi dell’articolo 25245-ter, cod. civ..

Articolo 24 - Caratteristiche delle quote

Le quote non possono essere sottoposte a pegno o a vincoli volontari, nè essere cedute senza

l'autorizzazione del CdA.

Il socio che intenda trasferire le proprie quote deve darne comunicazione all’organo amministrativo

con lettera raccomandata o via pec. Salvo espressa autorizzazione dell’organo amministrativo, la

cessione può essere effettuata esclusivamente per l’intera quota detenuta dal socio.

Il provvedimento del CdA deve essere comunicato al socio entro 60 giorni dal ricevimento della

richiesta, decorsi i quali il socio è libero di trasferire la propria partecipazione e la cooperativa deve

iscrivere nel libro soci l’acquirente, a condizione che lo stesso abbia i requisiti previsti dal presente

statuto.

In caso di diniego dell’autorizzazione, l’organo amministrativo deve motivare la relativa delibera e

comunicarla entro 60 giorni al socio interessato, il quale, entro i successivi 60 giorni dalla

comunicazione, può attivare le procedure di mediaconciliazione di cui al presente statuto.

Articolo 25 - Bilancio di esercizio)

L'esercizio sociale va dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno.

Alla fine di ogni esercizio sociale l’organo amministrativo provvede alla redazione del bilancio, da

compilarsi in conformità alle norme di Legge.

Il bilancio deve essere presentato all'assemblea dei soci per l'approvazione entro 120 giorni dalla

chiusura dell'esercizio sociale, ovvero entro 180 giorni qualora ricorrano le condizioni di cui all’ultimo

comma dell’articolo 2364, cod. civ., segnalate dall’organo amministrativo in sede di relazione sulla

gestione.

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4 Cooperative e dintorni n. 29/2020

L'assemblea che approva il bilancio delibera sulla ripartizione dei ristorni nel rispetto dei limiti e

delle modalità previste dal successivo articolo 29 e, successivamente sulla distribuzione degli utili

annuali destinandoli:

a) a riserva legale nella misura non inferiore a quella prevista dalla Legge;

b) al Fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione di cui all’articolo 11, L.

59/1992, nella misura del 3%;

c) a rivalutazione gratuita del capitale sociale, nei limiti e alle condizioni previsti dall'articolo 7, L.

59/1992;

d) a eventuale remunerazione delle azioni dei soci con finalità di investimento nei limiti e secondo

le modalità stabilite dal presente statuto;

e) a eventuale remunerazione del capitale sociale effettivamente versato in misura non superiore al

limite stabilito dalla Legge ai fini del riconoscimento dei requisiti mutualistici;

f) la restante parte a riserva straordinaria.

L’assemblea può, in ogni caso, destinare gli utili, ferme restando le destinazioni obbligatorie per

Legge, alla costituzione o all’incremento di riserve indivisibili.

Articolo 26 - Ristorni

Il CdA che redige il progetto di bilancio di esercizio può appostare somme al Conto economico a

titolo di ristorno, esclusivamente a favore dei soli soci e proporzionalmente al valore della loro

attività, qualora lo consentano le risultanze dell’attività mutualistica.

L’assemblea, che approva il progetto di bilancio, delibera sull’erogazione dei ristorni, tenuto conto

dei commi seguenti.

I ristorni attribuiti ai soci lavoratori dipendenti costituiscono maggiorazione della relativa

retribuzione. In tal caso non possono superare la misura del 30% dei trattamenti retributivi

complessivi di ciascun socio, ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2, lettera a), L. 142/2001.

La ripartizione del ristorno ai singoli soci dovrà essere effettuata considerando la quantità e qualità

degli scambi mutualistici intercorrenti fra la cooperativa e il socio stesso, ed eventualmente secondo

quanto previsto in apposito regolamento, da approvarsi ai sensi dell'articolo 2521, ultimo comma,

cod. civ., da predisporsi a cura del CdA sulla base dei seguenti criteri, considerati singolarmente o

combinati tra loro e distinti per ciascuna categoria di soci cooperatori.

Ai fini del ristorno si terrà conto di:

− tempo lavorato e retribuito nel corso dell'anno;

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5 Cooperative e dintorni n. 29/2020

− qualifica professionale;

− compensi erogati;

− tempo di permanenza in cooperativa;

− tipologia del rapporto di lavoro.

I ristorni potranno essere assegnati, oltre che mediante erogazione diretta, anche sotto forma di

aumento gratuito del capitale posseduto da ciascun socio.

ORGANI SOCIALI

Articolo 27 - Organi sociali

Sono organi della cooperativa:

a) l'assemblea dei soci;

b) il CdA;

c) l’organo di controllo, se nominato.

Articolo 28 - L’assemblea dei soci

L’assemblea dei soci decide sulle materie riservate alla sua competenza dalla Legge, dal presente

statuto, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci, che rappresentano almeno

1/3 del numero complessivo degli aventi diritto al voto, sottopongono alla loro approvazione.

In ogni caso sono riservate alla competenza dell’assemblea dei soci:

1. l’approvazione del bilancio, la ripartizione del ristorno e la distribuzione degli utili;

2. la nomina degli amministratori e la struttura dell’organo amministrativo, compresa la misura dei

compensi da corrispondere per la loro attività collegiale;

3. la nomina dell’organo di controllo secondo la disciplina di cui all’articolo 2477, cod. civ., nonché il

compenso da corrispondere;

4. le modificazioni dell’atto costitutivo;

5. l’approvazione dei regolamenti interni con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria;

6. la liquidazione della cooperativa, la nomina dei liquidatori e i criteri di svolgimento della

procedura;

7. la delibera l’eventuale stato di crisi aziendale;

8. la delibera sulla responsabilità degli amministratori e dell’organo di controllo.

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6 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Le decisioni di competenza dei soci sono assunte mediante deliberazione assembleare, con le

modalità previste dall’articolo 2538 ss., cod. civ.. Le delibere di cui ai nn. 4 e 6 sono prese

dall’assemblea straordinaria.

Articolo 29 - Assemblee

La convocazione dell’assemblea deve effettuarsi, a cura del CdA, mediante lettera raccomandata a

mano o A.R., inviata ____ (indicare il numero dei giorni prescelto) giorni prima dell’adunanza,

contenente l'ordine del giorno, il luogo, la data e l’ora della prima e della seconda convocazione, che

deve essere fissata in un giorno diverso da quello della prima.

In alternativa, l’assemblea potrà essere convocata mediante comunicazione trasmessa ai soci a mezzo

fax o posta elettronica, ai recapiti risultanti dal libro soci, a condizione che sia garantita la prova

dell’avvenuto ricevimento almeno ____ (indicare il numero dei giorni prescelto) giorni prima

dell’assemblea.

L’assemblea ha luogo almeno una volta all'anno per l’approvazione del bilancio di esercizio nei tempi

indicati all’articolo 25.

In assenza delle prescritte formalità per la convocazione, l'assemblea si reputa validamente costituita

quando siano presenti o rappresentati tutti i soci con diritto di voto, tutti gli amministratori e l’organo

di controllo, se nominato. Tuttavia, in tal caso, ciascuno degli intervenuti può opporsi alla discussione

degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato.

Articolo 30 - Costituzione e quorum deliberativi

In prima convocazione, l'assemblea è regolarmente costituita quando siano presenti o rappresentati

la metà più uno dei voti dei soci aventi diritto al voto.

In seconda convocazione, l'assemblea è regolarmente costituita qualunque sia il numero dei soci

intervenuti o rappresentati aventi diritto al voto.

L’assemblea delibera a maggioranza assoluta dei voti presenti o rappresentati su tutti gli oggetti

posti all’ordine del giorno.

Quando si tratta di deliberare lo scioglimento anticipato della cooperativa o la sua trasformazione

l’assemblea delibera con il voto favorevole di almeno i 2/3 dei soci.

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Articolo 31 - Voto e intervento

Ai sensi dell’articolo 2538, cod. civ., nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti

da almeno 90 giorni nel libro soci e che non siano in mora nei versamenti delle quote sottoscritte.

Ciascun socio cooperatore ha un solo voto, qualunque sia l’ammontare della sua partecipazione.

L’assemblea può svolgersi con intervenuti dislocati in più luoghi, contigui o distanti, collegati

audio/video, a condizione che siano rispettati il metodo collegiale e i principi di buona fede e di parità

di trattamento dei soci, e in particolare a condizione che:

− sia consentito al presidente dell’assemblea, anche a mezzo del proprio ufficio di presidenza, di

accertare inequivocabilmente l’identità e la legittimazione degli intervenuti, regolare lo svolgimento

dell’adunanza, constatare e proclamare i risultati della votazione;

− sia consentito al soggetto verbalizzante di percepire adeguatamente gli eventi assembleari oggetto

di verbalizzazione;

− sia consentito agli intervenuti di partecipare in tempo reale alla discussione e alla votazione

simultanea sugli argomenti all’ordine del giorno;

− vengano indicati nell'avviso di convocazione (salvo che si tratti di assemblea totalitaria) i luoghi

collegati audio/video a cura della cooperativa, dovendosi ritenere svolta la riunione nel luogo ove

saranno presenti il presidente e il soggetto verbalizzante.

I soci che, per qualsiasi motivo, non possono intervenire personalmente all’assemblea, hanno la

facoltà di farsi rappresentare, mediante delega scritta, soltanto da un altro socio avente diritto al

voto, purchè non sia amministratore o persona dell’organo di controllo della cooperativa.

Ciascun socio non può rappresentare più di numero 1 (un) socio.

I soci persone giuridiche sono rappresentati in assemblea dal loro legale rappresentante oppure da

altro soggetto designato dal medesimo.

Per i soci appartenenti alla categoria speciale si applica l’articolo 6 del presente statuto.

Per le votazioni si procederà normalmente col sistema dell’alzata di mano, o con altro metodo

deliberato dall'assemblea, legalmente consentito.

I voti complessivamente attribuiti ai soci con finalità di investimento e ai soci cooperatori di cui

all’articolo 5, lettera b), non devono superare 1/3 dei voti spettanti all’insieme dei soci professionisti

di cui all’articolo 5, lettera a), presenti o rappresentati in ciascuna assemblea.

Le elezioni delle cariche sociali avverranno, a maggioranza relativa, per alzata di mano, per

acclamazione o con altro sistema deliberato dall’assemblea.

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8 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Articolo 32 - Presidenza dell’assemblea

L'assemblea è presieduta dal presidente del CdA e, in sua assenza, dal vice presidente, e in assenza

anche di questi, dalla persona designata dall'assemblea stessa, col voto della maggioranza dei

presenti.

Essa provvede alla nomina di un segretario, anche non socio. La nomina del segretario non ha luogo

quando il verbale è redatto da un notaio.

Articolo 33 - Consiglio di amministrazione

Il CdA è composto da un numero di consiglieri variabile da 3 a 5, eletti dall'assemblea, che ne

determina, di volta in volta, il numero.

Il CdA elegge nel suo seno il presidente e il vicepresidente.

L’amministrazione della cooperativa può essere affidata anche a soggetti non soci, purché la

maggioranza degli amministratori sia scelta tra i soci cooperatori.

Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a 3 esercizi e scadono alla

data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro

carica. Gli amministratori sono rieleggibili.

Articolo 34 - Compiti del Consiglio di amministrazione

Il CdA è investito dei più ampi poteri per la gestione della cooperativa, esclusi solo quelli riservati

dalla Legge alla decisione dell’assemblea.

Il CdA può delegare parte delle proprie attribuzioni, a eccezione della redazione del progetto di

bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché di quanto previsto dall’articolo 2544, cod. civ.,

in materia di ammissione, recesso ed esclusione dei soci e delle decisioni che incidono sui rapporti

mutualistici con i soci, a uno o più dei suoi componenti, oppure a un comitato esecutivo formato da

più amministratori, determinandone il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della

delega.

Articolo 35 - Convocazioni e deliberazioni del Consiglio di amministrazione

Il CdA è convocato dal presidente tutte le volte nelle quali vi sia materia su cui deliberare, oppure

quando ne sia fatta domanda da almeno 1/3 dei consiglieri.

La convocazione è fatta dal presidente a mezzo lettera, fax, e-mail o pec, da spedirsi/inviarsi non

meno di ____ (indicare il numero dei giorni prescelto) giorni prima dell'adunanza e, nei casi urgenti, a

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mezzo telegramma o pec, in modo che i consiglieri e sindaci effettivi ne siano informati almeno un

giorno prima della riunione.

Le adunanze del CdA sono valide quando vi intervenga la maggioranza degli amministratori in carica.

La presenza alle riunioni può avvenire anche per il tramite di mezzi di telecomunicazione. In questo

ultimo caso devono comunque essere soddisfatte le seguenti condizioni:

1. che siano presenti nello stesso luogo il presidente e il segretario della riunione, che provvederanno

alla formazione e sottoscrizione del verbale;

2.che sia effettivamente possibile al presidente della riunione accertare l’identità degli intervenuti,

regolare lo svolgimento della riunione, constatare e proclamare i risultati della votazione;

3.che sia consentito al soggetto verbalizzante di percepire adeguatamente gli eventi oggetto di

verbalizzazione;

4.che sia consentito agli intervenuti partecipare alla discussione, intervenire in tempo reale durante

la trattazione degli argomenti esaminati e di partecipare alla votazione simultanea sugli argomenti

all’ordine del giorno, nonché, quando necessario, di visionare, ricevere o trasmettere documenti.

Sussistendo queste condizioni, la riunione si considera tenuta nel luogo in cui si trova il presidente e

dove deve pure trovarsi il segretario, onde consentire la stesura e la sottoscrizione del verbale sul

relativo libro.

Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta dei voti. In caso di parità di voti la deliberazione

proposta si intende approvata o non approvata a seconda di come ha votato chi presiede la seduta.

Articolo 36 - Integrazione del Consiglio di amministrazione

In caso di mancanza sopravvenuta di uno o più componenti del CdA, anche conseguente alla loro

decadenza dalla carica per perdita sopravvenuta di uno o più dei requisiti richiamati dal presente

statuto, gli altri provvedono a sostituirli nei modi previsti dall'articolo 2386, cod. civ..

Articolo 37 - Compensi agli amministratori

Spetta all’assemblea determinare i compensi dovuti ai componenti il CdA.

Spetta al CdA, sentito il parere dell’organo di controllo, se nominato, determinare la remunerazione

dovuta a singoli amministratori investiti di particolari cariche.

L’assemblea può anche riconoscere agli amministratori un trattamento di fine mandato.

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Articolo 38 - Rappresentanza

Il presidente del CdA ha la rappresentanza della cooperativa di fronte ai terzi e in giudizio.

La rappresentanza della cooperativa spetta, nei limiti delle deleghe conferite, anche ai consiglieri

delegati, se nominati.

In caso di assenza o di impedimento del presidente, tutti i poteri a lui attribuiti spettano al

vicepresidente, la cui firma costituisce piena prova dell’assenza o dell’impedimento del presidente.

Il presidente del CdA potrà conferire speciali procure, per singoli atti o categorie di atti, ad altri

consiglieri oppure a estranei, con l’osservanza delle norme legislative vigenti al riguardo.

Articolo 39 - Organo di controllo

L’assemblea, se obbligatorio per Legge, nomina l’organo di controllo che, se consentito dalla Legge,

può assumere la conformazione del sindaco unico o del revisore legale. L’assemblea potrà, altresì, in

alternativa, nominare, quale organo di controllo, un collegio sindacale, il quale, in questo caso, si

comporrà di 3 membri effettivi e 2 supplenti, eletti dall’assemblea tra i soggetti in possesso dei

requisiti previsti dalla Legge. Il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea.

L’organo di controllo resta in carica per 3 esercizi e scade alla data dell’assemblea convocata per

l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica.

Il compenso annuale dell’organo di controllo è determinato dall’assemblea all’atto della nomina, per

l’intero periodo di durata dell’ufficio.

Il collegio sindacale o il sindaco unico, quando nominati, esercitano anche la revisione legale dei

conti e dovranno essere scelti fra i revisori legali in possesso dei requisiti di Legge.

CONTROVERSIE

Articolo 40 - Clausola di mediaconciliazione

Sono devolute alla definizione del mediaconciliatore, anche in forma irrituale

a) tutte le controversie insorgenti tra soci o tra soci e cooperativa che abbiano ad oggetto diritti

disponibili, anche quando sia oggetto di controversia la qualità di socio;

b) le controversie relative alla validità delle deliberazioni assembleari;

c) le controversie promosse da amministratori, liquidatori o organo di controllo, o nei loro confronti.

La clausola di cui al comma precedente è estesa a tutte le categorie di soci, anche non cooperatori.

La sua accettazione espressa è condizione di proponibilità della domanda di adesione alla

cooperativa da parte dei nuovi soci.

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11 Cooperative e dintorni n. 29/2020

L’accettazione della nomina alla carica di amministratore, sindaco o liquidatore è accompagnata

dall’espressa adesione alla clausola di cui al comma precedente.

SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE

Articolo 41 - Scioglimento anticipato

La cooperativa si scioglie:

a) per le cause previste dall'articolo 2484, cod. civ.;

b) nell'ipotesi in cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei

professionisti non sia tale da determinare la maggioranza di almeno 2/3 nelle deliberazioni e

decisioni dei soci, salvo che la cooperativa non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci

professionisti nel termine perentorio di 6 mesi;

c) per le altre cause previste dalla Legge.

La cooperativa potrà essere altresì cancellata dall'Albo dell'Ordine professionale non solo nell'ipotesi

sopra prevista a punto b), bensì anche qualora, venuto meno uno dei requisiti previsti dalla Legge o

dal regolamento per la costituzione della cooperativa tra professionisti, non abbia provveduto alla

relativa regolarizzazione entro 3 mesi.

Il CdA deve senza indugio accertare il verificarsi di una qualsiasi causa di scioglimento e procedere

agli adempimenti pubblicitari previsti dalla Legge.

L'assemblea nominerà uno o più liquidatori, determinandone i poteri e disciplinando i criteri della

liquidazione.

L'assemblea che dichiara lo scioglimento della cooperativa nominerà uno o più liquidatori

stabilendone i poteri.

Articolo 42 - Devoluzione del patrimonio finale

In caso di scioglimento della cooperativa, l'intero patrimonio sociale risultante dalla liquidazione sarà

devoluto nel seguente ordine:

− a rimborso delle azioni effettivamente versate dai soci finanziatori e sovventori, eventualmente

rivalutate a norma del precedente articolo 22, lettera d), e dei dividendi deliberati e non ancora

corrisposti;

− a rimborso delle quote effettivamente versate dai soci cooperatori, eventualmente rivalutate a

norma del precedente articolo 22, lettera d), e dei dividendi deliberati e non ancora corrisposti;

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− al Fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui all’articolo 11, L.

59/1992.

DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI

Articolo 44 - Regolamenti

Per meglio disciplinare il funzionamento interno, e soprattutto per disciplinare i rapporti tra la

cooperativa e i soci determinando criteri e regole inerenti allo svolgimento dell'attività mutualistica,

il CdA, oltre al regolamento di cui all’articolo 6, L. 142/2001, potrà elaborare appositi regolamenti

sottoponendoli successivamente all'approvazione dell'assemblea dei soci con le maggioranze

previste per le modifiche statutarie.

Articolo 45 - Principi di mutualità, indivisibilità delle riserve e devoluzione

I principi in materia di remunerazione del capitale, di costituzione delle riserve indivisibili, di

devoluzione del patrimonio residuo e di devoluzione di una quota degli utili annuali ai fondi

mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, sono inderogabili e devono essere

di fatto osservati. In particolare, ai sensi dell’articolo 2514, cod. civ., la cooperativa:

a) non potrà distribuire dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi,

aumentato di 2 punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b) non potrà remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura

superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c) non potrà distribuire riserve fra i soci;

d) dovrà devolvere, in caso di scioglimento della cooperativa, l’intero patrimonio sociale, dedotto

soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la

promozione e lo sviluppo della cooperazione.

Articolo 46 - Disposizioni speciali ai sensi della L. 183/2011 e del D.M. 34/2013

A) In tema di informazione

La società, al momento del primo contatto con il cliente, deve fornire, anche tramite il socio

professionista, le seguenti informazioni:

a1) sul diritto del cliente di chiedere che l'esecuzione dell'incarico conferito alla cooperativa sia

affidato a uno o più professionisti da lui scelti;

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a2) sulla possibilità che l'incarico professionale conferito alla cooperativa sia eseguito da ciascun

socio in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale;

a3) sull'esistenza di situazioni di conflitto di interessi tra cliente e cooperativa che siano anche

determinate dalla presenza di soci con finalità di investimento; al fine di consentire la scelta al

precedente comma a1), la cooperativa deve consegnare al cliente l'elenco scritto dei singoli soci

professionisti, con l'indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi, nonché

l'elenco dei soci con finalità di investimento: la prova dell'adempimento degli obblighi di

informazione prescritti ai precedenti punti a1) e a2) e il nominativo del professionista eventualmente

indicati dal cliente devono risultare da atto scritto.

B) In tema di esecuzione dell'incarico

Nell'esecuzione dell'incarico il socio professionista può avvalersi, sotto la propria direzione e

responsabilità, della collaborazione di ausiliari e, solo in relazione a particolari attività, caratterizzate

da sopravvenute esigenze non prevedibili, può avvalersi di sostituti. In ogni caso il nominativo dei

sostituti e degli ausiliari sono comunicati al cliente ai sensi del successivo articolo. È fatta salva la

possibilità per il cliente di comunicare per iscritto il proprio dissenso entro 3 giorni dalla

comunicazione di cui al precedente comma.

C) In tema di incompatibilità

1. L'incompatibilità, di cui all'articolo 10, comma 6, L. 183/2011, sulla partecipazione del socio a più

società professionali, si determina anche nel caso della società multidisciplinare e si applica per tutta

la durata dell'iscrizione della società all'ordine di appartenenza.

Rimane espressamente stabilito nel presente statuto che anche il socio per investimento o per

prestazioni tecniche non possa far parte di più di una Stp.

2. L'incompatibilità di cui al precedente comma viene meno alla data in cui il recesso del socio,

l'esclusione dello stesso, ovvero il trasferimento dell'intera partecipazione alla Stp producono i loro

effetti per quanto concerne il rapporto sociale.

3. Il socio per finalità di investimento può far parte di una Stp solo quando:

a) sia in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l'iscrizione all'Albo professionale cui la

società è iscritta ai sensi dell'articolo 8, D.M. 34/2013;

b) non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a 2 anni di reclusione per la

commissione di un reato non colposo e salvo che sia intervenuta la riabilitazione;

c) non sia stato cancellato da un Albo professionale per motivi disciplinari.

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La disciplina delle cooperative

14 Cooperative e dintorni n. 29/2020

4. Costituisce requisito di onorabilità ai sensi del precedente comma 3, lettera a), la mancata

applicazione anche in primo grado di misure di prevenzione personali o reali.

5. Le incompatibilità di cui ai commi 3 e 4 di questo articolo si applicano anche ai legali

rappresentanti e agli Amministratori della società, che rivestono la qualifica di socio per investimento

di una Società professionale.

6. Il mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di incompatibilità, desumibile anche

dall'iscrizione all'Albo o al Registro tenuto presso l'Ordine o il Collegio professionale (di cui alla

successiva lettera D), integrano illecito disciplinare per la Stp e per il singolo professionista.

D) In tema di iscrizione

La società verrà iscritta alla sezione speciale del Registro Imprese, istituita ai sensi dell'articolo 16,

comma 2, secondo periodo, D.Lgs. 96/2001, ed è soggetta alle altre forme di pubblicità stabilite agli

articoli 8 e 9, D.M. 34/2013.

Il consiglio dell'Ordine o il Collegio professionale presso cui è iscritta la società procede, nel rispetto

del principio del contradditorio, alla cancellazione della stessa dall'Albo qualora, venuto meno uno

dei requisiti previsti dalla L. 183/2011 o dal regolamento di cui al D.M. 34/2013, la società non abbia

provveduto alla regolarizzazione nei 3 mesi successivi al momento in cui si è verificata la situazione

di irregolarità, fermo restando il diverso termine previsto dall'articolo 10, comma 4, lettera b), L.

183/2011.

E) In tema di responsabilità disciplinare

Ferme le responsabilità disciplinari del socio professionista, la Stp risponde disciplinarmente delle

violazioni delle norme deontologiche dell'Ordine a cui è iscritta. Se la violazione deontologica

commessa dal socio professionista, anche iscritto a un Ordine o Collegio diverso rispetto a quello in

cui è iscritta la società, è ricollegabile a direttive impartite dalla società, la responsabilità disciplinare

del socio concorre con quella della società.

Articolo 47 - Rinvio

Per quanto non previsto dal presente statuto, valgono le vigenti norme di Legge sulle società

cooperative, in quanto compatibili con le norme relative alle Stp.

Dal link seguente è possibile prelevare lo Schema di statuto di una società cooperativa completo:

Preleva lo schema di statuto di Stp in forma cooperativa

costituita ai sensi della L. 183/2011 completo

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Le cooperative agricole

15 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

La presenza delle cooperative agricole

quale fattore trainante del post crisi

COVID-19 di Giuseppe Capuano - economista, dirigente Mise

Maria Antonietta Conte – esperta del sistema cooperativistico e funzionario Mise1

La forte crisi economica che l’Italia e il resto del mondo stanno conoscendo in questi primi

mesi del 2020, provocata dalla pandemia del COVID-19, probabilmente conoscerà i primi

segnali di un’inversione di tendenza agli inizi dell’estate. Inversione che si dovrebbe

consolidare nel secondo semestre dell’anno, in quanto le crisi economiche provocate da

fattori esterni (esogeni) al sistema economico hanno una durata più breve, sono concentrate

nel tempo e hanno un recupero più rapido rispetto ai valori pre-crisi, se le confrontiamo alle

crisi economiche prodotte da fattori interni (endogeni) al sistema economico, come quella

c.d. dei subprime o dei debiti sovrani. Esamineremo ora le conseguenze dell’instaurarsi della

pandemia da COVID-19 sulla filiera agroalimentare e il grado di intervento delle cooperative

agricole in tale contesto.

Le componenti della filiera agroalimentare

In un contesto dominato dagli effetti della pandemia da coronavirus, uno dei settori produttivi sui quali

sarà necessario puntare per accelerare la ripresa post COVID-19 è la filiera agroalimentare, che, come

risaputo, è composta da un mix di agricoltura, industria alimentare, logistica, commercio all’ingrosso e

al dettaglio.

La filiera è considerata strategica e indicata tra i settori prioritari in tutti i D.P.C.M. emanati dal Governo

in funzione anti-pandemica durante il mese di marzo (vedi, ad esempio, allegato 1, D.P.C.M. 22 marzo

2020), con motivazioni, oltre che economiche, anche e soprattutto di tipo sociale e di sostegno alla

popolazione.

Trattasi di una strategicità e priorità che la filiera agroalimentare si è conquistata sul “campo”. Essa,

nelle sole componenti dell’agricoltura (2,2% del Pil) e dell’industria alimentare (8,3% del Pil) ha un peso

pari al 10,5% sul totale del Pil nazionale, per un valore pari a 171 miliardi di euro2 e rappresenta il 10%

1 Le opinioni espresse dagli autori non coinvolgono assolutamente il Mise e sono strettamente personali. 2 Fonte Ismea, 2018

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Le cooperative agricole

16 Cooperative e dintorni n. 29/2020

dell’UE a 28 Paesi. Percentuale che, se aggiungessimo la logistica e il commercio all’ingrosso/dettaglio

dedicato, aumenterebbe sensibilmente.

In particolare, le imprese italiane extra agricole, del settore alimentare, sono circa 57.000, seconde solo

al comparto dei prodotti in metallo e a quelle francesi nell’UE. Esse, nel 2018, hanno prodotto un

fatturato pari a circa 133 miliardi di euro3.

Gli addetti sono circa 385.000, di cui il 60% occupati in imprese localizzate nelle Regioni del nord Italia,

il 27% in quelle del sud e il 13% occupati nelle Regioni del centro.

Queste imprese esportano prodotti per un valore pari a 34,4 miliardi di euro (circa il 25% del fatturato

di settore), pari all’8% delle esportazioni totali italiane. Esportazioni che hanno come principale mercato

di sbocco l’UE (circa il 70% del totale), dove Germania (22% del totale), Francia (10% del totale) e Regno

Unito (13% del totale) sono i principali Paesi di riferimento.

La rilevanza delle cooperative agricole nella filiera agroalimentare

All’interno del quadro appena descritto, le imprese cooperative hanno e possono svolgere un

ruolo estremamente interessante e contribuire a una rapida uscita dell’Italia dalla crisi post

COVID-19.

In generale, le imprese cooperative attive sono circa 79.0004, pari all’1,5% delle imprese totali italiane.

Esse sono capillarmente diffuse su tutto il territorio nazionale: il 48,5% delle cooperative attive si

localizza nel sud Italia (la Sicilia è la prima Regione d’Italia, con 12.094 cooperative attive), il 19,3% nel

nord-ovest (la Lombardia, con 10.667 cooperative attive, è la seconda Regione in Italia), il 18,9% al

centro (il Lazio è la terza Regione d’Italia con 8.865 imprese cooperative attive), mentre la percentuale

di presenze nel nord-est è pari al 13,4%.

Delle circa 79.000 imprese cooperative attive, ben 10.799 appartengono alla filiera agroalimentare, con

9.119 imprese appartenenti al settore agricolo e 1.680 al settore alimentare. Nel loro complesso

rappresentano, quindi, circa il 14% delle imprese cooperative totali. Continuando l’analisi statistica, è

interessante rilevare che le cooperative alimentari rappresentano circa il 3% delle imprese alimentari

italiane, con un peso quasi doppio rispetto a quello (1,5%) rivestito dal totale delle imprese cooperative

sul totale imprese nazionali, distribuite su tutto il territorio nazionale e con un’importante presenza

nelle Regioni del Sud.

3 Fonte: Federalimentare. 4 Fonte: Infocamere, 2019.

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Le cooperative agricole

17 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Quanto illustrato finora e l’elencazione di dati appena considerata forniscono una chiara

rappresentazione dell’importanza che la filiera dell’agroalimentare, e in particolare la componente

cooperativistica, riveste oggi nell’economia italiana.

Un comparto che nei prossimi mesi, insieme alla filiera dei prodotti farmaceutico-sanitari (considerate

le peculiarità dell’attuale crisi economica) e dell’autotrasporto/logistica, sarà chiamato, tenendo conto

delle risorse naturali che le sono proprie, a dare un’importante spinta alla ripresa e un forte contributo

in termini di Pil e occupazione.

A tal proposito, potrebbero essere fondamentali gli effetti innescati dagli interventi di politica

economica già approvati e da quelli che sono stati annunciati dal Governo italiano, se questi dovessero

manifestare i loro effetti nel breve periodo.

Solo favorendo iniezioni di liquidità alle imprese, unitamente alla riduzione e/o alla sospensione

degli oneri fiscali, sarà possibile, infatti, sostenere i settori appena indicati in modo che possano

dare l’avvio a una ripresa effettiva del Paese. Il sostegno dei livelli occupazionali attraverso la

cassa integrazione e le politiche attive del lavoro dovrà completare, poi, l’azione complessiva

posta in atto. Solo in tal modo sarà possibile sviluppare un’incisiva azione a supporto delle

imprese italiane, al fine di accompagnare rapidamente il sistema produttivo nazionale fuori da

una crisi economica che, per molti aspetti, potremmo definire senza precedenti.

In tale contesto, le cooperative agricole, così fortemente legate al territorio e animate da quel

mutualismo che rappresenta l’asse portante del loro fare impresa, saranno ancora una volta in prima

linea nell’attività di salvaguardia dei livelli occupazionali e della tenuta sociale del Paese.

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Le cooperative di lavoro

18 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

Il ruolo delle cooperative negli appalti

labour intensive: criticità e conseguenze

sanzionatorie di Marco Bellumore– responsabile Processo vigilanza ITL di Varese1 – revisore di società cooperative

Prima che l’attenzione generale dell’opinione pubblica fosse catalizzata dall’emergenza

epidemiologica da COVID-19, l’impegno degli operatori era concentrato sulla problematica

connessa al particolare meccanismo di controllo introdotto dal D.L. 124/2019, che il

committente è chiamato a svolgere in merito al puntuale versamento delle ritenute fiscali

relative alle retribuzioni dei lavoratori impegnati nell’appalto.

Tale problematica ha acceso i riflettori sul fenomeno degli appalti e, in particolare, su quelli

c.d. labour intensive, rispetto ai quali le società cooperative sono spesso gli attori principali.

Vengono, infatti, coinvolte in un contesto in cui i modelli organizzativi si caratterizzano per

una sempre più spinta tendenza a esternalizzare fasi di un processo produttivo, che viene

affidato a società esterne. Riservando eventualmente ad altra occasione la disamina tecnica

dei nuovi oneri, le riflessioni che seguono sono volte ad analizzare i criteri distintivi degli

appalti di servizi e delle conseguenze sanzionatorie previste dall’ordinamento a tutela dei

lavoratori e della leale concorrenza tra gli operatori nelle ipotesi in cui nell’appalto non si

riscontrino i caratteri distintivi previsti dalla Legge.

Il fenomeno delle esternalizzazioni: caratteristiche e criticità

Prima di entrare nel merito dell’argomento oggetto del presente contributo, si impongono alcune

premesse per inquadrare il contesto di riferimento.

Il fenomeno delle esternalizzazioni produttive rappresenta la risposta a specifiche esigenze aziendali

scaturenti dall’evoluzione di modelli produttivi e di organizzazione del lavoro derivante dal passaggio

dal modello produttivo di tipo fordista, in cui l’azienda controllava l’intero ciclo produttivo, alla

parcellizzazione di quest’ultimo, con conseguente controllo diretto limitato ad alcuni segmenti (c.d. core

business) e con affidamento ad altri dei segmenti collaterali “secondari”.

1 Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo

impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

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Le cooperative di lavoro

19 Cooperative e dintorni n. 29/2020

A queste valide ragioni se ne contrappongono, purtroppo, altre, meno nobili, per cui determinate

fattispecie negoziali stipulate con “imprese fantasma” vengono utilizzate fittiziamente per ottenere

mere prestazioni di lavoro (si pensi all’appalto di servizi) senza assumere direttamente i lavoratori,

evadendo così gli obblighi previdenziali, assicurativi e fiscali che la legislazione prevede per il lavoro

subordinato e sfociando di fatto in un meccanismo di tipo interpositorio.

I fenomeni interpositori, caratterizzati dalla sostanziale dissociazione tra il titolare formale del

rapporto di lavoro (datore di lavoro/appaltatore) e colui (committente/utilizzatore) che beneficia

effettivamente delle sue prestazioni, sono da tempo identificati dal Legislatore come un fattore

di rischio per la tutela dei lavoratori2, cosicché l’ordinamento italiano si è sempre caratterizzato

per il contrasto alla c.d. interposizione di manodopera3 quale degenerazione delle diverse

pratiche utilizzate per realizzare le esternalizzazioni (appalto, distacco, distacco transnazionale).

Gli appalti c.d. labour intensive

Se è vero che il fenomeno delle esternalizzazioni non si esaurisce all’appalto, ma ricomprende anche

altri schemi contrattuali (distacco, distacco transnazionale, subfornitura, somministrazione), è

altrettanto vero che l’appalto costituisce la fattispecie negoziale più utilizzata per far fronte alle

necessità aziendali di affidare a soggetti esterni funzioni e/o segmenti di processi produttivi.

2 Un siffatto meccanismo, infatti, potrebbe consentire di eludere le norme poste a garanzia dei lavoratori, ad esempio, quelle sulla stabilità del

rapporto (articolo 18, L. 300/1970, cfr. anche, articolo 9, D.Lgs. 23/2015, “Contratto a tutele crescenti”), sulla responsabilità patrimoniale

dell'imprenditore (articolo 2740, cod. civ.) e, più in generale, quelle che riguardano il trattamento retributivo e contributivo e quelle attinenti

alla sicurezza sul lavoro. Senza considerare, peraltro, che siffatte pratiche minano anche le dinamiche di leale concorrenza tra gli operatori

economici, attraverso un’ingiustificata e illegittima riduzione di costi, praticata a volte adottando contratti collettivi sottoscritti da associazioni

datoriali e organizzazioni sindacali di dubbia rappresentatività, che si caratterizzano per trattamenti retributivi inferiori rispetto a quelli de

contratti collettivi comparativamente più rappresentativi (c.d. dumping salariale). 3 Una scelta radicale fu operata con la L. 1369/1960, recante il “Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova

disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi”. La disciplina prescriveva il divieto per l'imprenditore di affidare in

appalto (o in subappalto) l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro. Secondo la Legge, salve alcune eccezioni, veniva presuntivamente

considerata tale ogni forma di appalto o subappalto nel quale l'appaltatore impieghi capitali, macchine e attrezzature fornite dall'appaltante,

quand'anche per il loro uso fosse riconosciuto un corrispettivo all'appaltante. In sostanza, ogni forma di appalto in cui la prestazione

dell'appaltatore si riducesse alla fornitura del personale. La sanzione per la violazione di tali disposizioni era severa: i prestatori di lavoro,

occupati in violazione della nuova Legge, erano considerati a ogni effetto alle dipendenze dell'imprenditore finale; ed erano previste sanzioni

di natura amministrativa e penale. Sullo scorcio del secolo passato, tuttavia, l'assetto radicale imposto dalla L. 1369/1960 fu messo sempre

più in discussione, anche alla luce del fatto che il fenomeno era, invece, diffuso in molti Paesi europei e, secondo un'opinione diffusa, poteva

rappresentare, se adeguatamente regolato, un'opportunità per il nostro mercato del lavoro. Si giunse, pertanto, ad aprire una prima breccia

nel divieto di interposizione di manodopera con la L. 196/1997, c.d. Pacchetto Treu, che introdusse nel nostro ordinamento il c.d. lavoro

interinale, ossia il contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo. Mediante tale contratto, un'impresa di fornitura di lavoro

temporaneo, registrata presso uno specifico Albo, poneva dei lavoratori (denominati “prestatori di lavoro temporaneo”) a disposizione di un'altra

impresa, che ne utilizzava la prestazione per il soddisfacimento di specifiche esigenze di carattere temporaneo. I vincoli all'applicazione di

questo strumento erano ancora molti, ma la breccia nel divieto di dissociazione tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione era stata

aperta. Il quadro fu poi completato dal D.Lgs. 276/2003 (c.d. Legge Biagi), il quale istituì il “contratto di somministrazione di lavoro” e le “agenzie

per il lavoro”, in sostituzione degli strumenti previsti dal Pacchetto Treu, in sostanza dettando una regolazione più organica della materia e

ampliando le possibilità di ricorso al lavoro temporaneo. Attualmente, il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dal D.Lgs.

81/2015, uno dei decreti attuativi del c.d. Jobs Act, con il quale è stata in sostanza replicata l'ultima disciplina dell'istituto. Oggi, in conclusione,

l'interposizione reale di manodopera è lecita nei limiti e alle condizioni consentite da un valido contratto di somministrazione di lavoro. Al di

fuori di tali limiti, si versa nella c.d. somministrazione irregolare, ossia in un'interposizione illecita che può dare luogo a diverse sanzioni.

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Le cooperative di lavoro

20 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Ai sensi dell’articolo 1655, cod. civ.:

“l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con

gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.

Per distinguere la fattispecie lecita dell’appalto dal fenomeno interpositorio non consentito

dall’ordinamento – la mera somministrazione di manodopera a opera di soggetti non autorizzati4 - è

necessario rifarsi agli elementi di legittimità esplicitati a fini distintivi delle 2 figure contrattuali

dall’articolo 29, comma 1, D.Lgs. 276/2003, e riassumibili nell’organizzazione dei mezzi necessari

(capitali, strumenti e manodopera) da parte dell’appaltatore e nell’assunzione del rischio d’impresa da

parte di quest’ultimo. Lo stesso articolo precisa che l’organizzazione dei mezzi necessari può anche

consistere, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del

potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto (è il caso degli appalti

c.d. labour intensive).

Gli appalti labour intensive si caratterizzano, quindi, per il prevalente utilizzo di manodopera e

riguardano maggiormente gli appalti di servizi, soprattutto nei settori della logistica, dei servizi

alle imprese (ad esempio attività di pulizie, servizio mensa, etc.), rispetto ai quali, come già detto,

le società cooperative negli ultimi anni si sono ritagliate un ruolo importante; ed è tale tipologia

di appalti che vede quale uno dei protagonisti maggiori le società cooperative e gli eventuali

consorzi.

Nel caso di appalti labour intensive l’organizzazione dei mezzi si sostanzia nel mero esercizio del potere

direttivo e organizzativo tipico dell’imprenditore. Potere organizzativo che non deve limitarsi ai soli

compiti di gestione amministrativa del rapporto di lavoro, quali, per esempio, l’erogazione della

retribuzione, pianificazione delle ferie, etc., ma deve entrare nella reale organizzazione della

prestazione lavorativa5.

Più semplicemente, l’appaltatore non può essere intermediario nell’esecuzione dell’opera o del

servizio, limitandosi a inviare i propri dipendenti presso la committente affinché svolgano una

qualsiasi attività lavorativa per conto di essa, ma deve organizzare i mezzi e le attività lavorative

necessari per il compimento dell’opera o del servizio definiti nel contratto. Compiti di mera

gestione amministrativa del rapporto di lavoro non concretizzano una reale organizzazione della

4 Nell’ordinamento italiano la fornitura di manodopera è stata introdotta inizialmente con la L. 196/1997 ed è attualmente disciplinata dal

D.Lgs. 81/2015 (articoli da 30 a 40), che prevede una serie di garanzie a favore dei lavoratori oggetto di fornitura, non ultimo un apposito

regime di solidarietà tra utilizzatore e somministratore. Il D.Lgs. 276/2003 prevede, inoltre, un rigido regime autorizzatorio per i soggetti che

professionalmente intendono svolgere attività di somministrazione di manodopera. 5 Ex multis, Cassazione n. 9139/2018.

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Le cooperative di lavoro

21 Cooperative e dintorni n. 29/2020

prestazione finalizzata a un risultato produttivo autonomo rispetto all’organizzazione d’impresa

del committente.

La situazione si complica ulteriormente nel caso degli appalti c.d. endoaziendali, quelli svolti all’interno

dell’impresa committente, la quale affida a un’impresa esterna (appaltatrice) lo svolgimento di

determinate attività inerenti al complessivo ciclo produttivo del committente6.

Per giurisprudenza costante possono costituire oggetto di un appalto lecito endoaziendale tutte le

attività strettamente inerenti il ciclo produttivo del committente, alla condizione che siano in grado di

fornire un autonomo risultato produttivo, in quanto risultino individuabili un’organizzazione e una

gestione autonoma dell’appaltatore, con l’assunzione dei correlativi rischi economici e della

responsabilità del risultato pattuito7.

È evidente che in tali circostanze, la compresenza dei 2 aspetti – il prevalente utilizzo di manodopera

e la circostanza che l’esecuzione della prestazione lavorativa avviene all’interno dell’azienda del

committente e/o del ciclo produttivo di quest’ultima – aumenta il rischio che un formale contratto di

servizi possa “scivolare”, senza alcuna particolare volontà delle parti, verso una mera messa a

disposizione di manodopera, attuata da parte di un soggetto (appaltatore) non autorizzato a svolgere

l’attività professionale di somministrazione ai sensi del D.Lgs. 276/2003, con la conseguenza che il

committente si possa configurare quale soggetto interposto tra il formale datore di lavoro (appaltatore)

e il lavoratore impegnato nell’appalto, situazione non tollerata dal nostro ordinamento.

D’altronde nell’ambito dei processi di esternalizzazione operati mediante i citati contratti commerciali

è alto il rischio interpositorio, in considerazione del fatto che gli stessi, caratterizzandosi molto spesso

per l’utilizzo pressoché esclusivo di forza lavoro – è il caso degli appalti c.d. labour intensive – trovano

quale l’unico elemento caratterizzante l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei

lavoratori impegnati nell’appalto, elemento quest’ultimo non sempre semplice da rispettare e

garantire8.

Profili sanzionatori

Dal punto di vista della reazione sanzionatoria, ciò che rileva è innanzitutto la valutazione in merito

alla genuinità dell’appalto con riferimento all’effettiva sussistenza soprattutto di uno dei 2 indici fissati

6 In tal senso Cassazione n. 17049/2008. 7 Ex multis, Cassazione n. 15337/2002. 8 Questa, peraltro, è una delle novità introdotta con l’articolo 29, D.Lgs. 276/2003, laddove, nel definire l’appalto differenziandolo dalla

somministrazione di lavoro, è previsto che l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, elemento che unitamente al rischio

d’impresa caratterizza l’appalto ex articolo 1655, cod. civ., può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in

contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto.

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Le cooperative di lavoro

22 Cooperative e dintorni n. 29/2020

dal Legislatore e dalla giurisprudenza, vale a dire la capacità dell’appaltatore di organizzare l’attività in

relazione al servizio dedotto in contratto.

La premessa d’obbligo è che, ogni qualvolta, nel concreto esplicarsi dell’appalto, non si riscontri

l’organizzazione dei mezzi necessari per l’esecuzione dell’opera o del servizio – che negli appalti labour

intensive, come più volte ribadito, può consistere nell’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei

confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto – si è in presenza di una somministrazione di manodopera

da parte di un soggetto non autorizzato9, in quanto lo pseudo-appaltatore non possiede, o nei fatti ha

perso, i caratteri propri dell’imprenditore (articolo 2082, cod. civ.), appalesandosi quindi quale

interposto tra lavoratore e datore di lavoro committente che ne utilizza di fatto le prestazioni quale suo

reale datore di lavoro ed esercitando, nella sostanza, una somministrazione di lavoro senza la necessaria

autorizzazione ex articolo 4, D.Lgs. 276/2003.

Nell’ipotesi in cui si accerti che la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica

finalità di eludere norme inderogabili10 di Legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore

si è in presenza di un intento fraudolento, che caratterizza la specifica fattispecie della

somministrazione fraudolenta; quest’ultima si connota per un elemento ulteriore rispetto al dato

fattuale, ed è l’elemento soggettivo rappresentato dalla partecipazione psicologica

dell’utilizzatore (pseudo-committente) e del somministratore (pseudo-appaltatore), espressione

della consapevolezza dolosa degli stessi, psicologicamente orientata a eludere il sistema

normativo di protezione apprestato dall’ordinamento a favore del lavoratore, costituito dalle

norme inderogabili di Legge e di contratto collettivo (c.d. dolo specifico).

A tal proposito, a parere dell’INL11, in presenza di un appalto non genuino, la circostanza che il

committente realizzi, come avviene frequentemente ricorrendo a società cooperative, un effettivo

risparmio sul costo del lavoro in virtù dell’applicazione alle maestranze dell’appaltatore di condizioni

retributive e contributive meno favorevoli, magari attraverso l’applicazione di Ccnl di dubbia

rappresentatività e, quindi, con livelli retribuitivi ridotti rispetto a quelli dei Ccnl comparativamente più

rappresentativi, è sufficiente a dimostrare la sussistenza della condotta elusiva e, conseguentemente, a

configurare la somministrazione fraudolenta.

9 Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 5/2011. 10 Le norme inderogabili di Legge sono tutte quelle norme che si impongono sugli atti di autonomia privata da essa difformi. Il diritto del

lavoro è caratterizzato da un esteso regime di inderogabilità dell’intervento legislativo volto a limitare dall’esterno l’autonomia privata

contrattuale e porre norme di protezione per il lavoratore subordinato in ragione della sua qualità di contraente debole nell ’ambito del

rapporto di lavoro. 11 INL, circolare n. 3/2019.

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Le cooperative di lavoro

23 Cooperative e dintorni n. 29/2020

In entrambe le ipotesi si individuano conseguenze negative sia in termini di sanzioni amministrative e

penali, nel caso della somministrazione fraudolenta, sia in termini di ricadute sui rapporti di lavoro del

personale impegnato nell’appalto.

Somministrazione illecita

Nell’ipotesi di un appalto non genuino, è prevista una sanzione amministrativa di 60 euro per

ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro svolto, sia nei confronti dello pseudo

appaltatore sia nei confronti del committente/utilizzatore.

Per quanto riguarda, invece, i riflessi sui rapporti di lavoro dei lavoratori coinvolti nell’appalto, la

costituzione degli stessi, quali dipendenti dell’effettivo datore di lavoro, è lasciata alla libera iniziativa

del lavoratore mediante ricorso ex articolo 414, c.p.c.; pertanto, in assenza della costituzione del

rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore, il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato

esclusivamente nei confronti dello pseudo-appaltatore e con riferimento al Ccnl da questi applicato. Al

contrario, per il recupero dei contributi legati all’appalto illecito, bisogna fare riferimento alla

circostanza che il rapporto previdenziale intercorrente tra datore di lavoro e ente previdenziale trova la

propria fonte nella Legge e presuppone esclusivamente l’instaurazione di fatto di un rapporto di lavoro.

Di conseguenza, il recupero contributivo è completamente slegato dalla scelta del lavoratore di

agire o non agire giudizialmente per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo

all’utilizzatore.

L’INL, con circolare n. 10/2018, ribadisce con forza il principio giurisprudenziale per il quale “l’unico

rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo”.

L’Ispettorato, quindi, chiarisce al proprio personale ispettivo che bisogna procedere alla determinazione

dell’imponibile contributivo dovuto per il periodo di esecuzione dell’appalto, avendo riguardo al Ccnl

applicabile dal committente e al conseguente recupero nei confronti del committente stesso, fatta salva

l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore.

Somministrazione fraudolenta

La circolare INL n. 3/2019 impartisce al personale ispettivo alcune direttive in merito all’adozione delle

sanzioni in presenza dell’ipotesi di somministrazione fraudolenta, a integrazione di quelle già previste

nei precedenti chiarimenti amministrativi12.

12 Ministero del lavoro, circolari n. 7/2005 e n. 5/2011; INL, circolare n. 10/2018.

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Le cooperative di lavoro

24 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Viene confermata l’adozione del provvedimento della prescrizione obbligatoria13 ex articolo 15, D.Lgs.

124/2004, nei confronti del committente/utilizzatore e dell’appaltatore/somministratore.

La prescrizione non è finalizzata soltanto alla cessazione, per entrambi i soggetti interessati, della

condotta illecita accertata, ma, nei confronti del solo committente, anche alla regolarizzazione alle

proprie dipendenze dei lavoratori impiegati.

In altri termini, chiarisce la circolare, in presenza della somministrazione fraudolenta la

regolarizzazione della situazione illecita riscontrata deve essere attuata integralmente con lo

strumento della prescrizione, per cui l’eventuale ammissione al pagamento della sanzione in

forma agevolata (pagamento pari a 1/4 del massimo dell’ammenda, che nel caso di specie è pari

a 20 euro per lavoratore/giornata di lavoro) può essere disposta solo se il committente dimostra

non soltanto di aver cessato l’appalto non conforme alle previsioni di Legge, ma anche di aver

proceduto alla regolarizzazione retributiva, contributiva e amministrativa dei lavoratori

interessati, mediante l’assunzione degli stessi per tutta la durata dell’appalto.

La circolare prevede che, in presenza dell’ipotesi di somministrazione fraudolenta, oltre alla

prescrizione obbligatoria ex articolo 15, D.Lgs. 124/2004, nei confronti del committente/utilizzatore,

possa essere adottato anche il provvedimento della diffida accertativa14 ex articolo 12, D.Lgs. 124/2004,

che sarà calcolata sulle differenze retributive maturate fra gli importi tabellari contrattuali previsti dal

13 La prescrizione obbligatoria è un provvedimento impartito dal personale ispettivo dell’INL nell’esercizio delle funzioni di Polizia giudiziaria,

conseguente all’accertamento di violazioni che costituiscono reato, e si applica non soltanto quando l’inadempienza può essere sanata, ma anche

nelle ipotesi di reato a “condotta esaurita” (vale a dire nei reati istantanei, con o senza effetti permanenti), nonché nelle fattispecie in cui il reo

abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di Legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione. In

origine, l’istituto riguardava solo i reati in tema d’igiene e sicurezza del lavoro (articolo 20, D.Lgs. 758/1994); successivamente (articolo 15, D.Lgs.

124/2004) questo istituto è stato esteso a tutti i reati contravvenzionali in materia di lavoro e legislazione sociale puniti con la sola ammenda o

con l’ammenda in alternativa all’arresto. La finalità di questo istituto è quella di eliminare i pericoli gravi e immediati per la sicurezza o per la

salute dei lavoratori, anche mediante l’individuazione in positivo delle misure atte a garantire la regolarizzazione. La prescrizione è definita dalla

Legge come “obbligatoria”, in quanto deve essere formulata in ogni caso venga accertata, da parte dell’organo preposto, una violazione

contravvenzionale punita con la pena dell’ammenda o con l’ammenda in alternativa all’arresto (come accade proprio per la violazione in esame).

Resta comunque l’obbligo, in capo all’accertatore, di riferire all’Autorità giudiziaria la notizia di reato ai sensi dell’articolo 347, c.p.p.. Con la

prescrizione l’ispettore impartisce al contravventore, con atto scritto, le direttive per porre rimedio alle irregolarità riscontrate, fissando un termine

(max 6 mesi) per la relativa regolarizzazione. Entro 60 giorni dalla scadenza del termine prescritto l’organo di vigilanza verifica se la violazione è

stata eliminata nei modi e nei termini indicati nella prescrizione. In caso di ottemperanza alla prescrizione, il procedimento sanzionatorio si

conclude col pagamento, entro 30 giorni, di una sanzione amministrativa pari a 1/4 del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione e

il reato si estingue. In caso di non ottemperanza da parte del trasgressore, invece, viene data, entro 90 giorni, comunicazione dell’inadempimento

all’Autorità giudiziaria e al contravventore stesso e il procedimento penale (nel frattempo sospeso) riprende il suo corso. 14 La diffida accertativa è un provvedimento introdotto per la prima volta dal D.Lgs. 124/2004, che consente al personale dell’INL di diffidare

immediatamente il datore di lavoro alla corresponsione, entro il termine prefissato (30 giorni), di crediti pecuniari dovuti ai lavoratori in

conseguenza dell’effettivo svolgimento di un rapporto di lavoro, dopo averne accertato la natura e la spettanza. In seguito alla diffida il datore

di lavoro può promuovere un tentativo di conciliazione presso la DTL entro 30 giorni dalla notifica dell'atto, da effettuare nelle forme della

conciliazione monocratica. In caso di conciliazione la diffida accertativa perde efficacia e il credito vantato dal lavoratore sarà pari alla somma

concordata in sede conciliativa. Sotto il profilo contributivo e assicurativo, però, difformemente da quanto avviene per la conciliazione

monocratica, che non presuppone alcun accertamento da parte dell'organo di vigilanza, i versamenti non possono essere inferiori all'importo

retributivo previsto dall'articolo 1, D.L. 338/1989, col pagamento delle eventuali sanzioni civili e degli interessi legali. Una volta decorsi i 30

giorni, oppure in caso di mancato raggiungimento di un accordo in sede conciliativa, la diffida accertativa acquista valore di accertamento

tecnico, con efficacia di titolo esecutivo, con apposito provvedimento del Direttore dell’ITL.

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Le cooperative di lavoro

25 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Ccnl applicato dal committente e la retribuzione corrisposta nello stesso periodo dal soggetto

appaltatore/somministratore.

La circolare conferma che, pur in presenza della somministrazione fraudolenta, il personale

ispettivo dovrà procedere, oltre alla prescrizione obbligatoria ex articolo 15, D.Lgs. 124/2004, e

al provvedimento di diffida accertativa, anche alla contestazione della violazione amministrativa

prevista dall’articolo 18, D.Lgs. 276/2003 (somministrazione illecita), per effetto della

depenalizzazione intervenuta con il D.Lgs 8/2016, entrato in vigore il 6 febbraio 2016.

La sanzione amministrativa è prevista nella misura di 50 euro (dal 1° gennaio 2019 l’importo è di 60

euro, in virtù dell’aumento del 20% disposto dall’articolo 1, comma 445, lettera d), L. 145/2018).

Per la sanzione amministrativa non è ammessa la procedura di diffida ex articolo 13, D.Lgs. 124/200415,

risultando, pertanto, applicabile unicamente l’articolo 16, L. 689/1981, in virtù del quale il trasgressore

è ammesso a pagare una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione

prevista per la violazione commessa o, se più favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale.

Nel caso di sanzioni in misura fissa la somma da pagare è pari a 1/3. Nel caso di specie indicato,

pertanto, sarà pari a 20 euro dal 1° gennaio 2019 e pari a 16,67 euro fino al 31 dicembre 2018).

Riassumendo, laddove sia accertata la somministrazione fraudolenta fra committente/utilizzatore

e appaltatore/somministratore, vanno adottati i seguenti provvedimenti sanzionatori:

− illecito amministrativo (non diffidabile) per violazione dell’articolo 18, D.Lgs. 276/2003, per la

somministrazione illecita nei confronti sia dell’utilizzatore sia del somministratore;

− prescrizione obbligatoria ex articolo 15, D.Lgs. 124/2004, per la violazione dell’articolo 38-bis,

D.Lgs. 81/2015, diretta all’utilizzatore e al somministratore per la cessazione della condotta

illecita e solo al committente/utilizzatore per la regolarizzazione dei lavoratori interessati;

− diffida accertativa nei confronti del solo utilizzatore/committente per le differenze retributive

eventualmente maturate sotto il profilo contrattuale.

Relativamente alle indicazioni presenti nella precedente circolare INL n. 10/201816, nella quale si

affermava la possibilità di poter imputare gli oneri contributivi al soggetto committente in presenza di

15 L’articolo 13, D.Lgs. 124/2004, prevede che, in caso di constatata inosservanza delle norme di Legge o del contratto collettivo in materia di

lavoro e legislazione sociale, e qualora il personale ispettivo rilevi adempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a

diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il

termine di 30 giorni dalla data di notificazione del verbale di diffida. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l’eventuale obbligato

in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla Legge ovvero nella

misura pari a 1/4 della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di 15 giorni dalla scadenza del termine di cui all’articolo 13, comma

2, D.Lgs. 124/2004. Il pagamento della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di

diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa. 16 Con la circolare n. 10/2018 l’INL, condividendone i contenuti con Ministero del lavoro, Inps e Inail, detta indicazioni di carattere operativo

qualora, nell’ambito di un appalto non genuino, siano riscontrate inadempienze retributive e contributive nei confronti dei lavoratori coinvolti.

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26 Cooperative e dintorni n. 29/2020

appalto illecito, la circolare INL n. 3/2019 si limita a precisare che tali indicazioni restano valide

limitatamente ai casi in cui l’appalto risulta non genuino per l’assenza dei requisiti di cui all’articolo

1655, cod. civ.. Nella determinazione dei profili sanzionatori relativi all’ipotesi della somministrazione

fraudolenta, rileva, in ogni caso, la verifica degli atti inerenti alla costituzione e alla gestione del

rapporto di lavoro eventualmente posti in essere dal somministratore (comunicazioni di assunzione,

registrazioni a LUL, lettera di assunzione). Tali adempimenti, ove espletati precedentemente dal

somministratore per i lavoratori interessati dall’accertamento ispettivo, valgono a liberare l’utilizzatore

dall’obbligo insito nella procedura di regolarizzazione oggetto della prescrizione obbligatoria. Questo

principio vale anche per gli adempimenti retributivi e contributivi fino a concorrenza di quanto

effettivamente erogato dal somministratore.

Di seguito, è riportata una tabella riassuntiva delle sanzioni e dei provvedimenti adottati dagli organi

ispettivi.

Appalto illecito

Somministrazione illecita (circolare n. 10/2018) Somministrazione fraudolenta (circolare n. 3/2019)

Sanzioni

Articolo 18, D.Lgs. 276/2003 (sanzione amministrativa

di 60 euro per lavoratore e per giornata), a carico del

committente/utilizzatore e dell’appaltatore/

somministratore (verbale di illecito amministrativo)

• Articolo 18, D.Lgs 276/2003 (sanzione

amministrativa di 60 euro per lavoratore e per

giornata), a carico del committente/utilizzatore e

dell’appaltatore/somministratore (verbale di illecito

amministrativo)

• Ammenda di 20 euro per lavoratore e giornata al

committente/utilizzatore e all’appaltatore

/somministratore (prescrizione obbligatoria ex articolo

15, D.Lgs. 124/2004)

Effetti civili sul rapporto di lavoro

La costituzione del rapporto di lavoro a carico del

committente/utilizzatore non è automatica, ma è

Costituzione automatica del rapporto di lavoro in capo

al committente/utilizzatore con formale assunzione.

Anche alla luce dell’orientamento giurisprudenziale in materia, viene chiarito come debba essere calcolata la contribuzione e la retribuzione

dovuta e quali siano le modalità da seguire per il relativo recupero nei confronti dei trasgressori. L’INL ricorda che il reato è stato depenalizzato

e che oggi è punito con la sanzione amministrativa di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro, sia nei confronti

dello pseudo appaltatore sia nei confronti del committente/utilizzatore. Per quanto riguarda, invece, i recuperi retributivi derivanti dall’appalto

illecito, la costituzione del rapporto di lavoro nei confronti dell’effettivo datore di lavoro è lasciata alla libera iniziativa del lavoratore mediante

ricorso all’articolo 414, c.p.c.; pertanto, in assenza della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore, il provvedimento di diffida

accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo-appaltatore e con riferimento al Ccnl da questi applicato. Al

contrario, per il recupero dei contributi legati all’appalto illecito bisogna fare riferimento alla circostanza che il rapporto previdenziale

intercorrente tra datore di lavoro e ente previdenziale trova la propria fonte nella Legge e presuppone esclusivamente l’instaurazione di fatto

di un rapporto di lavoro. Di conseguenza, il recupero contributivo è completamente slegato dalla scelta del lavoratore di agire o non agire

giudizialmente per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore. L’INL ribadisce con forza il principio

giurisprudenziale per il quale “l’unico rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo”.

L’INL, quindi, chiarisce al proprio personale ispettivo che bisogna procedere alla determinazione dell’imponibile contributivo dovuto per il

periodo di esecuzione dell’appalto, avendo riguardo al Ccnl applicabile dal committente e al conseguente recupero nei confronti del

committente stesso, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore. L’intervento dell’INL è stato

necessario al fine di assicurare uniformità di comportamento di tutti gli organi di vigilanza.

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Le cooperative di lavoro

27 Cooperative e dintorni n. 29/2020

rimessa all’iniziativa del lavoratore ex articolo 414,

c.p.c.)

Tutela retributiva e contributiva

• Diffida accertativa nei confronti

dell’appaltatore/somministratore sul Ccnl applicato

• Contributi a carico del committente/utilizzatore

calcolati sul Ccnl dallo stesso applicato

• Diffida accertativa nei confronti del

committente/utilizzatore sul Ccnl dallo stesso

applicato

• Contributi a carico del committente/utilizzatore

calcolati sul Ccnl dallo stesso applicato

La responsabilità solidale del committente

La responsabilità solidale è il particolare meccanismo che la Legge pone a carico del committente

per rafforzare le tutele dei lavoratori impegnati nell’appalto a fronte di inadempienze

dell’appaltatore.

Nell’ambito dell’appalto, la responsabilità solidale può essere intesa come quel legame che obbliga, a

determinate condizioni e per un periodo di tempo definito, il terzo all’adempimento di alcune

prestazioni non eseguite dal datore di lavoro: in particolare, poiché il debitore principale non ha onorato

alcune sue ineludibili obbligazioni – il pagamento delle retribuzioni e il versamento dei relativi

contributi – il terzo che ha beneficiato delle prestazioni lavorative è chiamato a risponderne unitamente

(in solido, appunto) al datore di lavoro, salvo poi rivalersi sul debitore principale inadempiente.

In tema di appalti, le disposizioni di riferimento sono l’articolo 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003, e l’articolo

1676, cod. civ..

Di seguito è riportata una tabella riassuntiva dell’ambito applicativo delle 2 norme.

Articolo 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 Articolo 1676, cod. civ.

Durata 2 anni dalla cessazione dell’appalto 5 anni

Oggetto

Retribuzioni – contributi previdenziali – premi

assicurativi – Tfr pro quota maturato nel periodo

di esecuzione delle prestazioni dedotti in

appalto

Retribuzioni

Entità Quanto dovuto relativamente al periodo di

impiego nell’esecuzione dell’appalto

Fino alla concorrenza del debito che il

committente ha verso l’appaltatore nel tempo in

cui essi propongono domanda

Nel caso di accertate inadempienze contributive, il personale di vigilanza deve notificare17 il verbale

unico non soltanto al datore di lavoro inadempiente, bensì anche a ciascuno degli eventuali obbligati

in solido, anche al fine di consentire a terzi, estranei all’accertamento ispettivo, di conoscere dei debiti

17 Ministero del lavoro, circolare n. 5/2011.

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28 Cooperative e dintorni n. 29/2020

contributivi del proprio appaltatore/subappaltatore e sospendere i pagamenti intermedi

nell’eventualità di esser chiamati a rispondere del dovuto datoriale.

Osservazioni conclusive

Come più volte ripetuto nel presente contributo, negli ultimi anni le cooperative di lavoro hanno

assunto un ruolo rilevante nell’esecuzione di appalti di servizi c.d. labour intensive. Al contempo,

l’esperienza professionale ha consentito di rilevare come spesso tale tipologia di appalto si sostanzi di

fatto in una mera fornitura di manodopera, per di più realizzata da soggetti non autorizzati, posta in

essere per abbassare i costi, sicuramente più alti, che si sarebbero dovuti affrontare se ci si fosse rivolti

a un’agenzia di lavoro autorizzata alla somministrazione di lavoro.

Più riprovevole è, poi, l’ipotesi in cui il risparmio alcune volte viene realizzato attraverso l’applicazione

di Ccnl di non provata rappresentatività, che prevedono trattamenti retributivi sottodimensionati

rispetto ai contratti collettivi comparativamente rappresentativi. In tale ipotesi, addirittura, la condotta

della cooperativa confligge con lo spirito mutualistico che dovrebbe animare una cooperativa di lavoro.

Da tenere presente, da ultimo, che le conseguenze derivanti da un appalto che non rispetti i canoni

legislativi non scaturiscono soltanto da un eventuale accertamento degli organi ispettivi (Inl, Inps e

Inail), ma possono derivare anche dall’iniziativa dei singoli lavoratori, che potrebbero adire l’Autorità

giudiziale per chiedere la costituzione del rapporto di lavoro ex articolo 414, c.p.c., in capo al

committente e chiamare quest’ultimo a rispondere per le eventuali mancanze del proprio datore di

lavoro a titolo di responsabilità solidale, fondando le proprie istanze su una presunta non “genuinità”

dell’appalto.

Tutto ciò, perché vi sia consapevolezza, da parte del committente, a selezionare appaltatori affidabili e,

da parte delle cooperative, ad appalesarsi credibili nel rispetto delle norme poste a tutela dei propri

soci lavoratori, sia per quanto riguarda il trattamento retributivo sia per l’assolvimento degli oneri

contributivi e assicurativi; entrambi, committente e cooperativa, perché si impegnino affinché

l’esecuzione dell’appalto rispetti i criteri codificati dalla Legge e dalla giurisprudenza.

È un’importante sfida, dalla quale però passa anche la credibilità del movimento cooperativo.

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Le cooperative di lavoro

29 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative di turismo: quali

prospettive nel post COVID-19? di Gianluca Vecchio – consulente aziendale

È conosciuto a tutti che le misure restrittive adottate a livello internazionale per limitare il

diffondersi della pandemia da coronavirus hanno comportato una paralisi sconvolgente di

tutta la filiera del turismo mondiale. Tutte le sue componenti: agenzie di viaggi, tour

operator, ristorazione, accoglienza, intrattenimento, trasporti, cultura hanno risentito degli

effetti negativi del lockdown. In relazione a ciò, viene naturale porsi le seguenti domande.

Ci sono realtà che più di altre hanno potuto e saputo attutire il colpo? Ci sono parti della

filiera che hanno continuato a lavorare? Se sì, come? Il mondo del turismo era preparato a

un evento di questa portata? Anche in tale ambito, quale è stato il ruolo delle cooperative

che operano nel turismo?

Nel presente articolo si proverà a dare una risposta a questi interrogativi, cercando di

immaginare come potrà cambiare il turismo dopo questa inaspettata fermata e verificare

quale futuro si presenta per il sistema cooperativo che opera in tale settore.

Una visione d’insieme

Una ricerca internazionale ha stilato una classifica dei primi 10 prodotti che più velocemente di altri

hanno subito un declino nei volumi di vendita. La categoria merceologica che ha subito la maggiore

flessione è stata la valigeria. Non si sa quando e come le persone torneranno a viaggiare e spostarsi.

Alla valigeria si collegano le macchine fotografiche e i costumi da bagno (da uomo), delineando in

questo modo un quadro già molto chiaro. Nel breve periodo, come nel medio-lungo, si attende una

scarsità di spostamenti, sia per vacanza sia per lavoro. Si avverte, allora, come il settore turistico sia

stato uno dei settori più colpiti dalla diffusione del COVID-19, con effetti sia sull'offerta sia sulla

domanda di viaggi. Pur ritenendo che sia troppo presto per stimare il pieno impatto del coronavirus sul

turismo internazionale, si tende comunque a stimare una perdita complessiva di 30-50 miliardi di dollari

di entrate turistiche internazionali.

Ad esempio, solo in Europa si stima che nel 2020 ci sarà un calo del trasporto aereo del 41% rispetto al

2019.

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Le cooperative di lavoro

30 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Le conseguenze della pandemia sul turismo in Italia

Venendo al nostro Paese, è interessante rilevare quale sia il valore residuo del settore turistico nelle

zone dove si è diffuso maggiormente il COVID-19.

L’Italia è il sesto Paese al mondo in termini di valore nel settore turistico, con 58,3 milioni di visitatori

all’anno e 44,2 miliardi di dollari di fatturato. Significa che, per ogni visitatore perso, l’Italia perde circa

1.300 dollari di fatturato. Ulteriore dato da tenere presente è che, del totale dei turisti in arrivo in Italia,

quasi il 90% sono di provenienza europea. Tale aspetto ha accentuato la rilevanza del problema per le

aziende italiane, considerato che l’Europa è una delle regioni del mondo tra le più colpite dal COVID-

19.

Altro dato importante da ricordare: il settore turistico è stato uno dei settori traino per l’aumento

dell’occupazione nel nostro Paese.

Si conta infatti che, dopo la crisi economica globale iniziata nel 2008, l’occupazione in tutti i settori ha

visto una crescita media dell’11% tra il 2010 e il 2018, mentre l’occupazione in accoglienza e servizi di

ristorazione è cresciuta del 35%. Il dato di rilievo è, dunque, che gli stranieri hanno rappresentato più

del 50% delle presenze totali (50,5%).

Più precisamente, nel 2019 si è stimato un fatturato complessivo del settore del turismo nazionale di

ben 45 miliardi di euro, con picchi soprattutto nel periodo estivo (giugno-agosto) intorno al 50% del

totale.

A ciò, dobbiamo aggiungere che nel periodo 30 marzo-5 aprile 2020, rispetto all’anno scorso, il traffico

aereo si è ridotto del 93%. È il peggior dato della storia per il vecchio continente.

Questa paralisi, quindi, rischia di essere fatale per questo settore, fatto da pochi attori di grandi

dimensioni e innumerevoli piccoli e piccolissimi soggetti che, tradizionalmente, non hanno grandi

capacità finanziarie per reggere a lungo situazioni di improvvisa mancanza di domanda.

Nel settore del turismo non si può ragionare in una logica di stoccaggio o di magazzino della merce da

riesumare nel momento in cui riprende la domanda. Una visita guidata o una cena al ristorante non

sono stoccabili.

Le cooperative operanti nel settore turistico

Dopo quanto premesso, siamo in dovere di rilevare che nessun'altra attività economica con impatto

sociale, come il settore turistico, si basa sull'interazione tra le persone. Ed è qui che troviamo il richiamo

all’impresa cooperativa, dove il capitale più grande sono le persone e lo scambio mutualistico tra esse

e l’azienda stessa.

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Le cooperative di lavoro

31 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Alla fine del 2019 le imprese cooperative operanti in un codice ATECO afferente al settore turistico

erano meno di 6.000. Di queste, il 50% appartiene al comparto della ricezione, ristorazione e operatori

turistici, che realizza circa il 70% del fatturato. Il restante 50% è distribuito tra imprese che si dedicano

all’organizzazione di eventi, cultura e sport, a cui spetta il restante 30% del volume di affari.

Questo ecosistema di imprese genera nel complesso un fatturato di 3,2 miliardi di euro e dà lavoro a

più di 74.000 persone.

Non tutti i comparti in cui operano le cooperative del settore sono in utile. Vi è, infatti, un sottoinsieme

di un migliaio di cooperative del comparto dello sport e tempo libero che genera una perdita netta nei

bilanci dopo le imposte.

La quasi totalità delle imprese del settore si possono ascrivere alla definizione di piccola e media

impresa. Solo 5 imprese fanno parte della tipologia grandi imprese e rappresentano grossomodo il

settore nella sua complessità. Queste sono imprese attive nel comparto della ristorazione, dei servizi

accessori alla cultura e biblioteche.

Considerato che, già antecedentemente all’arrivo del coronavirus, il settore del turismo

cooperativo presentava delle criticità in termini di grandezza e di performance, l’attuale situazione

potrebbe essere al contempo uno svantaggio e una grande opportunità per il settore, che, mai

come adesso, deve rivedere la propria strategia complessiva. Deve, infatti, fare i conti con una

dura crisi, contare i sopravvissuti e fare sistema per rinascere più forte di prima, magari

conquistando nuove fette di mercato, espandendosi in nuovi comparti e lavorando su un cambio

di paradigma che è alla base di una ripresa economica di tutto il settore.

Un’altra ricerca mostrava come in termini percentuali il settore turistico cooperativo fosse un settore

con un buon valore aggiunto (mediamente intorno al 40%) e che il costo del lavoro rappresentava la

voce di spesa più importante di ciascuna azienda.

Lo stato di salute delle aziende si poteva evincere da un EBITDA medio intorno al 5% e da risultati

operativi dell’1%, a volte negativi. Era, dunque, da tempo che le imprese cooperative di questo settore

sentivano il bisogno di ristrutturarsi alla luce di performance e dinamiche non eccellenti o, comunque,

scarsamente attrattive per logiche d’investimento o di risultati di gestione.

Non è detto, allora, che proprio chi in questo momento ha dimensioni più ridotte e opera nei

settori in cui si ripartirà prima (esempio sport e tempo libero) non possa, non solo resistere meglio

degli altri, ma anche provare a essere da traino del settore.

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Le cooperative di lavoro

32 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Ipotesi di sviluppi futuri per le cooperative turistiche

Nel quadro dell’emergenza pandemica, 2 saranno i temi principali da affrontare per il turismo. Il

salvataggio delle imprese di questo settore e poi quello della ripresa.

Quale sarà il turismo in generale, e quello cooperativo nello specifico, dopo questo duro colpo, che sarà

difficile cancellare dalla memoria di tutti? E poi, come si tornerà a viaggiare?

Questa seconda è la vera domanda che le imprese di questo settore dovranno porsi e a cui dovranno

dare una risposta precisa, se vorranno rimanere in vita. Basti pensare agli altri episodi rilevanti che sono

avvenuti negli anni passati. Non ultimo, il terrorismo e le conseguenze che gli attentati hanno avuto

nella gestione dei voli e degli aeroporti.

Certamente, da parte dello Stato sarà importante assicurare che nel Paese che accoglie non ci sia più il

rischio di contagio. E, dunque, il primo sforzo che bisogna chiedere a chi governa è questo tipo di

assicurazione.

Una tendenza iniziale sarà sicuramente quella di non spostarsi in un raggio troppo ampio e,

quindi, le imprese del settore dovranno guardare preliminarmente a una domanda di prossimità.

Proprio in tale ambito potranno affermarsi le cooperative, che naturalmente sono radicate nel

territorio.

Altro dato su cui riflettere è se i turisti di domani preferiranno i luoghi affollati e super gettonati, oppure

faranno più riferimento a località più defilate e meno frequentate.

Sicuramente ci si deve aspettare un’iniziale ripartenza dei viaggi individuali e di coppia/famiglia, prima

di quelli di gruppo, proprio per la necessità del distanziamento sociale, che sarà un tema centrale e una

regola di comportamento anche per le relazioni all’interno della stessa impresa.

Ancora una volta, il mondo digitale avrà un ruolo centrale nei servizi, sempre per lo stesso motivo del

distanziamento sociale. Occorre poi ripensare le stagionalità. Per il 2020 la stagione estiva è

evidentemente ormai alle spalle (non solo per il turismo). Occorre, quindi, rimodularsi su altre

stagionalità.

Verranno sicuramente premiate le località e le strutture che esprimeranno più pulizia, igiene, spazi

aperti e non sovraffollamento.

Avremo, in sostanza, un turismo più povero, perché anche gli altri settori stanno risentendo della

crisi e coloro i quali decideranno di allocare la propria spesa famigliare nel viaggio, lo faranno in

massima economia.

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Le cooperative di lavoro

33 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Conclusioni

Un dato certo è che non sappiamo quando vedremo la fine di questa crisi. Sappiamo, però, anche che

nel settore turistico milioni di posti di lavoro sono a rischio e che vanno protette le categorie che più

di tutte risentiranno del post lockdown, come le pmi e i lavoratori autonomi. Un esempio, al riguardo,

sono le cooperative fra guide turistiche.

Dovranno, per questo, essere creati meccanismi di sopravvivenza delle aziende, finché il mercato non

si autoregolerà nuovamente, con nuovi paradigmi e nuove sfide. Non ci si può, quindi, non associare

alla richiesta che, ancora inascoltata, viene da tutti i settori produttivi, per la quale occorre un reale

sostegno economico, unitamente a misure fiscali e monetarie veloci e concrete, che aiutino a proteggere

i posti di lavoro, a sostenere i lavoratori autonomi e la liquidità delle aziende per accelerare la ripresa.

Il turismo è per il nostro Paese e per la cooperazione di settore un importante strumento di creazione

di posti di lavoro, soprattutto per quelle categorie prima citate: pmi e lavoratori autonomi. È anche un

settore con comprovata capacità di ripresa e volano di crescita per altri settori della filiera.

Per questo, piani coordinati e intelligenti per il recupero di competitività nel settore del turismo possono

generare grandi ritorni in tutti i settori dell'economia e dell'occupazione.

Se volessimo immaginarci il futuro della mobilità, dobbiamo aspettarci la trasformazione delle

postazioni di treni e aerei, che saranno provviste di barriere parafiato fisse per il distanziamento sociale.

Dovremmo, quindi, abituarci a viaggiare in un modo nuovo e ciò potrebbe ricadere sulla quantità di

spostamenti che saremo disposti a effettuare.

Si tratta di ipotesi plausibili, che incideranno sui costi degli spostamenti e, quindi, un dato potrebbe

essere un aumento degli spostamenti con mezzi propri, piuttosto che con mezzi pubblici. Questo

significa comprendere come il ruolo dei costi della benzina tornerà presto al centro dell’attenzione, così

come il mercato dell’automotive (e, perché no, dei camper e della nautica).

Se tutto ciò fosse vero, gli operatori del turismo ricettivo, in particolare le cooperative, dovrebbero

attrezzarsi per accogliere un turismo sempre più auto-organizzato, che si muove con mezzi propri, così

lo stesso dovranno fare le città d’arte, mete di turismo, e i siti archeologici e museali.

Allo stesso modo, si potrà contare soprattutto su un turismo di prossimità, nel senso di Paesi che sono

ai confini o poco distanti. Questa considerazione potrebbe essere confortante, poiché sarebbe in linea

con ciò che già accade e vale a dire che il turista target per l’Italia continuerà ad essere, oltre a quello

nazionale, soprattutto quello europeo.

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Le cooperative di trasporto

34 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

Le cooperative di autotrasporto di Romano Mosconi – dottore commercialista

Si inizia, con il presente articolo, una sequenza di approfondimenti su alcune tipologie di

cooperative molto diffuse nella pratica, ma poco conosciute dalla dottrina, e relativamente

alle quali si riscontrano una serie di norme concorrenti che non sempre sono coordinate fra

loro. Iniziamo a prendere in esame oggi le cooperative di trasporto, che trovano una

classificazione autonoma nell’Albo delle cooperative, in quanto, in relazione alla struttura

adottata, possono essere individuate, alternativamente o anche congiuntamente, come

cooperative artigiane, di lavoro autonomo, di lavoro dipendente e di fornitura di servizio o

di servizi.

La cooperativa di trasporto: generalità

Come tutte le cooperative, anche quelle di trasporto devono iscriversi all’Albo previsto dall’articolo

2511, cod. civ., avendo tale iscrizione natura costitutiva. Ecco allora insorgere la prescrizione di

attuazione dettata dal D.M. attività produttive (ora sviluppo economico) del 23 giugno 2004, di

istituzione dell'Albo delle società cooperative. In particolare, l’articolo 4 di tale Decreto così recita:

“La società cooperativa deve presentare la domanda di iscrizione presso l'ufficio delle CCIAA dove ha

la sede legale. La domanda di iscrizione firmata dal legale rappresentante deve indicare la sezione -

cooperative a mutualità prevalente o cooperative diverse - nella quale la società cooperativa intende

iscriversi. Nella domanda di iscrizione la società cooperativa deve indicare l'appartenenza a una delle

seguenti categorie: cooperative di produzione e lavoro, cooperative di lavoro agricolo, cooperative

sociali, cooperative di conferimento prodotti agricoli e allevamento, cooperative edilizie di abitazione,

cooperative della pesca, cooperative di consumo, cooperative di dettaglianti, cooperative di trasporto,

consorzi cooperativi, consorzi agrari, banche di credito cooperativo, consorzi e cooperative di garanzia

e fidi, altre cooperative”.

Come si può vedere, 2 sono le caratterizzazioni da evidenziare: essere o meno cooperative a

mutualità prevalente e individuare la categoria di appartenenza. A tal riguardo, colpisce quella delle

cooperative di trasporto, che, diversamente da altre tipologie, pure particolari, vedono attribuirsi

una categoria autonoma, distinta da quelle di lavoro, cosa che invece non avviene, ad esempio, per

le cooperative artigiane, cui spesso appartengono proprio le stesse cooperative di trasporto.

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Le cooperative di trasporto

35 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Ricercando fra le varie definizioni che vengono date delle cooperative di trasporto, non è possibile

giungere a una sintesi che le possa raggruppare e accomunare tutte. Infatti, le cooperative di trasporto

si articolano in:

1. cooperative di trasporto di cose per conto di terzi;

2. cooperative di trasporto di persone per conto di terzi;

3. cooperative di trasporto per l’esercizio di prestazioni di supporto, ausiliarie e complementari;

4. cooperative operanti nel trasporto pubblico locale;

5. cooperative di car sharing.

Con riferimento alle singole tipologie appena indicate, si hanno poi le corrispondenti organizzazioni

consortili, come anche si possono avere cooperative con scopo e oggetto sociale plurimo.

La cooperativa di autotrasporto: l’iscrizione all’Albo nazionale degli autotrasportatori

di cose per conto di terzi e al relativo Registro elettronico nazionale

L’esercizio dell’attività delle cooperative di autotrasportatori di cose per conto terzi, prescindendo dalle

norme di carattere generale sulle cooperative, basa la propria disciplina in una serie di Leggi speciali e

regolamenti, che possiamo elencare come segue: L. 298/1974; D.P.R. 155/1990; L. 68/1992; D.M.

521/1999; D.D. 27 luglio 2004; L. 244/2007; D.D. 291/2011; D.L. 5/2012; circolare n. 8/2012.

La prima norma da considerare è la L. 298/1974, istitutiva dell'Albo nazionale degli autotrasportatori

di cose per conto di terzi (dove si iscrivono le persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto

di cose per conto di terzi. In assenza di tale iscrizione l’autotrasporto indicato non è esercitabile) nonché

della disciplina degli autotrasporti di cose. L’Albo nazionale è articolato in Albi provinciali, nei quali è

prevista l'istituzione di una sezione speciale riservata alle cooperative a proprietà divisa e ai consorzi

aventi lo scopo di esercitare l'autotrasporto.

Oltre all’iscrizione all’Albo, le imprese di autotrasporto devono essere iscritte nel Registro

elettronico nazionale delle imprese che esercitano la professione di autotrasportatore (obbligo

previsto dall’articolo 11, Decreto Dirigenziale 291/2011).

Il Registro è composto da 2 sezioni separate:

− la prima, intitolata “Sezione imprese e gestori”, contiene la denominazione e forma giuridica

dell’impresa, la sede sociale, il nome del gestore dei trasporti ed, eventualmente, di un legale

rappresentante dell’impresa societaria, il tipo di autorizzazione, il numero di veicoli oggetto di

autorizzazione e, se richiesto, il numero della licenza comunitaria;

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Le cooperative di trasporto

36 Cooperative e dintorni n. 29/2020

− la seconda, intitolata “Sezione sanzioni”, contiene il numero, la categoria e il tipo delle eventuali

infrazioni gravi che hanno dato luogo a una condanna o a una sanzione negli ultimi 2 anni; il nome

delle persone dichiarate inidonee a dirigere l’attività di trasporto di un’impresa, finché non abbiano

ottenuto la riabilitazione o sia stata ripristinata l’onorabilità.

Per l'iscrizione all'Albo e nel Registro elettronico nazionale (Ren), che costituisce autorizzazione

all’esercizio della professione di trasportatore su strada, è necessario dimostrare il possesso dei requisiti

di:

− onorabilità;

− idoneità finanziaria;

− idoneità professionale.

Occorre, poi, documentare lo stabilimento.

Oltre alla dimostrazione dei predetti requisiti, e comunque prima della iscrizione all'Albo, le imprese

dovranno dimostrare l'avvenuto versamento della tassa di concessione governativa, dovuta solo una

tantum all'atto dell'iscrizione.

L'iscrizione all'Albo è la condizione necessaria per ottenere il rilascio della carta di circolazione "uso

terzi" ed è anche condizione necessaria, ma non sufficiente, per l'esercizio dell'attività di trasportatore

su strada, in quanto per chi esercita l'attività con veicoli di massa complessiva superiore a 1,5 tonnellate

occorre anche effettuare l’accesso al mercato.

In particolare, per quanto riguarda tale accesso, occorre tenere presente quanto disposto con la circolare

Mit n. 1/2008, con la quale si dettano le disposizioni applicative delle norme contenute nell’articolo 2,

comma 227, L. 244/2007.

I requisiti e le condizioni appena elencati si ritengono soddisfatti dalle cooperative e dai consorzi se

sono posseduti dalle imprese socie, potendo esercitare l’attività sia con automezzi propri o anche o

esclusivamente con automezzi di proprietà o in semplice disponibilità delle imprese socie.

Per quanto riguarda queste ultime, è opportuno ricordare che esiste una differente iscrizione per quelle

che gestiscono autoveicoli di massa complessiva da 1,5 a 3,5 tonnellate rispetto a quelle che operano

con automezzi senza limitazioni di massa trasportabile. Alle cooperative di produzione e lavoro, di

servizi e di trasporto, ottenuta l'iscrizione nell'Albo, vengono riconosciute le autorizzazioni già rilasciate

ai soci lavoratori autonomi. Analizzando le modalità di ottenimento dell’iscrizione, questa è data;

− alle cooperative costituite da almeno 9 persone fisiche titolari d’impresa, iscritte all'Albo degli

autotrasportatori e dotate ciascuna di almeno un’autorizzazione per il trasporto di cose per conto di

terzi;

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Le cooperative di trasporto

37 Cooperative e dintorni n. 29/2020

− alle cooperative costituite da persone giuridiche con almeno 5 soci iscritti all'Albo degli

autotrasportatori e dotati ciascuno di almeno un’autorizzazione per il trasporto di cose per conto di

terzi;

− ai consorzi che abbiano, tra i soci, imprese di numero non inferiore a 5 iscritte all'Albo degli

autotrasportatori e autorizzate all’esercizio dell’autotrasporto di cose per conto di terzi.

Per concludere la trattazione relativa all’iscrizione dovuta dalle cooperative e dai consorzi per l’esercizio

dell’attività di autotrasporto e alla sussistenza dei requisiti necessari per ottenerla, è necessario

prendere in esame i chiarimenti dati nella circolare Mit n. 26964/2012, relativamente a quanto disposto

dall’articolo 4, D.P.R. 155/1990. In tale circolare si ribadisce che, per quanto attiene al requisito

dell'onorabilità, le cooperative e i consorzi

“soddisfano il requisito autonomamente, mediante la dimostrazione dello stesso da parte degli

amministratori del consorzio o della cooperativa”,

mentre per quanto concerne il requisito dell'idoneità professionale, è sufficiente

“la dimostrazione del possesso dell'attestato di idoneità professionale da parte di uno degli

amministratori ovvero attraverso la nomina a gestore dei trasporti di un soggetto che eserciti le

medesime funzioni presso una delle imprese consorziate o associate”.

Per l'impresa consorziata o associata è ammissibile, quindi, che il gestore dei trasporti ricopra il

medesimo incarico nel consorzio o nella cooperativa di cui l'impresa stessa è socia. Affinché il gestore

possa assumere la propria qualifica, deve rivestire una delle seguenti cariche o posizioni all’interno

dell’impresa consorziata o socia; deve essere quindi:

− titolare dell'impresa individuale o familiare o

− collaboratore dell'impresa familiare o

− amministratore unico o

− membro del CdA o

− socio illimitatamente responsabile nelle società di persone o

− lavoratore subordinato cui siano state espressamente conferite le relative attribuzioni, avente

qualifica medio/alta e più precisamente non inferiore al 2° livello impiegati del Ccnl trasporti e

spedizioni merci o

− esterno all'impresa, a condizione che sia abilitato e sia stato stipulato con lui un contratto che indichi:

a) le funzioni di gestore dei trasporti per conto della stessa;

b) i compiti che deve svolgere effettivamente e continuativamente;

c) l'indicazione delle sue responsabilità in qualità di gestore dei trasporti;

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Le cooperative di trasporto

38 Cooperative e dintorni n. 29/2020

d) la dirigenza in qualità di gestore dei trasporti di un'unica impresa relativa a un parco

comprendente al massimo 50 veicoli immatricolati;

e) che lo stesso non abbia legami con altre imprese di trasporto.

Sempre per le imprese consorziate o socie delle cooperative la dimostrazione del requisito avviene

tramite presentazione dell'attestato d'idoneità professionale e della dichiarazione sostitutiva di

certificazione del gestore dei trasporti.

Alternativamente, può essere prodotto un attestato di frequenza a uno specifico corso di formazione

preliminare tenuto da enti riconosciuti. Per quanto riguarda “la dimostrazione del requisito di idoneità

finanziaria, essa è data dalla dimostrazione di tale requisito da parte delle imprese” consorziate o socie. Tali

imprese devono, comunque, essere sempre in grado di adempiere agli obblighi finanziari che dovessero

insorgere durante l’anno. In relazione a ciò, considerato che l'idoneità finanziaria va valutata in funzione

del numero di autoveicoli in disponibilità, l’impresa associata deve essere in grado di dimostrare in ogni

anno la disponibilità di un capitale e di riserve di ammontare almeno pari a:

− 9.000 euro per un autoveicolo in disponibilità;

− 5.000 euro per ogni autoveicolo supplementare.

Tale idoneità può poi essere dimostrata da:

− un’attestazione rilasciata da un revisore contabile;

− una o più dichiarazioni che attestano l'esistenza di un contratto di fideiussione;

− una dichiarazione della compagnia di assicurazione attestante l'esistenza di una polizza di

responsabilità professionale (nel caso di imprese costituite da non più di 2 anni).

La circolare continua con la precisazione che sia le cooperative sia i consorzi possono esercitare

l'attività di trasporto "anche o esclusivamente con i veicoli in disponibilità delle imprese socie". Ne segue

che l'idoneità finanziaria richiesta può essere dimostrata anche facendo riferimento all’idoneità

finanziaria delle imprese consorziate o socie, ammettendo quindi la traslazione del requisito alla

stregua di quanto avviene con l’avvalimento nel settore degli appalti.

Per tale motivo i consorzi e le cooperative, anche nel caso in cui fossero intestatari in proprio di

automezzi, non dovranno dimostrare la sussistenza di un autonomo requisito di idoneità

finanziaria, nel caso lo abbiano già dimostrato le imprese socie.

Da ultimo, relativamente al requisito di stabilimento previsto dal Regolamento (CE) 1071/2009, i

consorzi o le cooperative che esercitano esclusivamente con i veicoli delle imprese consorziate o

associate, individuano la propria sede operativa facendo riferimento alla sede operativa di queste

ultime. Solo nel caso in cui il consorzio o la cooperativa operi con automezzi propri dovrà dare

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Le cooperative di trasporto

39 Cooperative e dintorni n. 29/2020

dimostrazione del possesso di una propria sede operativa. In tale caso, invertendosi la situazione

precedente, saranno le imprese socie o consorziate a poter indicare come propria sede operativa quella

della cooperativa o del consorzio di cui sono socie.

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La disciplina della revisione cooperativa

40 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

La sospensione della vigilanza

cooperativa per l’emergenza da COVID-19 di Sebastiano Patanè – revisore legale ed esperto in cooperative

A seguito dell’insorgenza della pandemia da COVID-19 anche i termini dei procedimenti

amministrativi connessi con la vigilanza sulle cooperative sono stati sospesi, portando così in

rilievo alcune conseguenze per il godimento delle agevolazioni da parte delle cooperative non

vigilate. In relazione a ciò, appare opportuno procedere a un breve esame delle conseguenze

relative alla citata sospensione dell’attività ministeriale di vigilanza, ponendo una particolare

attenzione agli effetti che si generano sia nei rapporti con le associazioni di rappresentanza

sia in relazione alla possibilità di godimento delle agevolazioni da parte delle cooperative.

La sospensione dell’attività di vigilanza

Con il D.L. 6/2020, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza

epidemiologica da COVID-19”, il Governo ha adottato i primi provvedimenti idonei a contrastare la

diffusione del virus, prevedendo, tra l’altro, che con uno o più D.P.C.M. potessero essere disposte ulteriori

misure restrittive, come poi effettivamente avvenuto con i successivi D.P.C.M. dell’8, 9 e 11 marzo 2020.

Coerentemente con tali disposizioni, tenuto conto delle misure di contenimento sociale emanate dal

Governo – con restrizioni agli spostamenti non dettati da esigenze indifferibili e comprovate – e tenuto

conto che le attività di vigilanza esterna di cui al D.Lgs. 220/2002 debbono, di norma, essere svolte nel

rispetto del principio del contradditorio, alla presenza del rappresentante legale o di un suo delegato,

con nota del 10 marzo 2020, indirizzata ai propri revisori e alle associazioni riconosciute di

rappresentanza, tutela e vigilanza degli enti cooperativi, la Direzione generale per la vigilanza sugli enti

cooperativi sulle società e sul sistema camerale ha tempestivamente disposto la sospensione di tutte

le attività di vigilanza attiva1.

L’articolo 103, D.L. 18/2020, ha sospeso, poi, anche i termini dei procedimenti amministrativi,

sospensione ulteriormente prorogata dal D.L. 23/20202, senza individuare alcuna scadenza per la

ripresa dell’ordinaria attività.

1 La comunicazione, inviata a mezzo mail, recita: “A seguito di quanto disposto dal D.P.C.M. del 9 marzo 2020, si dispone la sospensione fino al 3

aprile 2020 di tutte le attività di vigilanza sulle cooperative di competenza del Ministero dello sviluppo economico. Il dirigente della divisione V”. 2 L’articolo 37, D.L. 23/2020. recita: “1. Il termine del 15 aprile 2020 previsto dai commi 1 e 5, articolo 103, D.L. 18/2020, è prorogato al 15 maggio 2020”.

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La disciplina della revisione cooperativa

41 Cooperative e dintorni n. 29/2020

La comunicazione alle associazioni

In riferimento alla citata sospensione delle attività e alla correlata interruzione dei termini dei

procedimenti amministrativi, con la nota del 26 marzo 2020, indirizzata alle associazioni nazionali di

rappresentanza, tutela e vigilanza, la Direzione generale ha precisato che:

“In merito alla questione in oggetto e alla necessità di sospendere tutte le attività di vigilanza di

competenza - data la situazione di emergenza e considerati i provvedimenti restrittivi adottati dalle

Autorità di Governo - ricomprendendo nelle stesse anche le attività di programmazione e attribuzione

degli incarichi ai revisori/ispettori, non potendosi, al momento, stabilire una nuova data di ripresa (e,

di conseguenza, di conclusione) delle attività da parte dei medesimi, si porta a conoscenza che questa

Direzione ha provveduto, tra l’altro, a segnalare all’ufficio di gabinetto e all’ufficio legislativo di questo

Ministero (dello sviluppo economico) quanto segue.

La presente Direzione generale - stante quanto disposto dall’articolo 103, D.L. 18/2020, laddove è

prevista una generale sospensione dei procedimenti amministrativi, in quanto ai fini del computo dei

termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo

svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23

febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la

medesima data e quella del 15 aprile 2020 – ha condiviso l’orientamento volto a ritenere compresa

nel citato articolo anche la sospensione delle più ampie attività di programmazione della vigilanza

attiva sugli enti cooperativi, in quanto, al momento, risulta impossibile stabilire una nuova data di

ripresa (e, di conseguenza, di conclusione) delle attività da parte dei revisori incaricati e, pertanto, non

risulta neanche possibile programmare e procedere alla attribuzione degli incarichi ai medesimi

revisori\ispettori. Ciò comporterà, pertanto, un inevitabile eccezionale slittamento anche dei termini

fissati per gli adempimenti connessi alla conclusione del biennio di revisione sopra citati.

Allorché la situazione di emergenza sia cessata e vi sia maggiore chiarezza circa l’ordinaria ripresa

delle attività amministrative, anche di vigilanza, si valuti positivamente l’emanazione di una norma, in

forma di Decreto Ministeriale, che consenta eventualmente la proroga dei termini [di cui all’articolo

2, comma 8, D.Lgs. 220/2002 e agli articoli 12 e 13, D.M. 6 dicembre 20043, nonché agli articoli

3 Il D.M. 6 dicembre 2004 disciplina con l’articolo 12 la trasmissione al Ministero dei dati della vigilanza da parte delle associazioni: “Entro il

primo trimestre successivo alla conclusione di ciascun biennio di revisione, le Associazioni devono trasmettere su supporto informatico al Mise, che

ne definisce il tracciato:

1. l’elenco degli enti cooperativi revisionati nel biennio precedente, specificando il numero di revisioni effettuate a ciascuno di essi;

2. l’elenco degli enti cooperativi non revisionati nel biennio precedente, distinguendo quelli, tra essi, che non hanno versato il contributo;

3. l’elenco degli enti cooperativi aderenti, tenuti al versamento del contributo per il biennio in corso.

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La disciplina della revisione cooperativa

42 Cooperative e dintorni n. 29/2020

18 e 19, D.M. 22 dicembre 20054] oltre la data già prevista dalle norme attualmente vigenti,

coerentemente con il periodo di emergenza effettivamente trascorso.

L’attività attuale della Direzione

In relazione a quanto precede, la Direzione generale ha sospeso sia la vigilanza ministeriale sia

quella delle associazioni di rappresentanza.

Quanto all’attività amministrativa propedeutica e successiva, la chiusura fisica dell’ufficio a causa

dell’emergenza sanitaria e l’utilizzo generalizzato e improvviso dello smart working a decorrere dal 16

marzo 2020, in attuazione della direttiva n. 2/2020 della Presidenza del Consiglio dei Ministri5, sta

ovviamente causando un rallentamento dell’operatività, considerata anche l’impossibilità di gestire la

documentazione cartacea non precedentemente scansionata.

Prosegue comunque il controllo dei verbali di revisione e di ispezione già conclusi e trasmessi al

sistema informativo e l’attività sanzionatoria conseguente alla vigilanza, con la sola esclusione

dei segmenti procedimentali interessati dalla sospensione dei termini.

Si intendono revisionati nel biennio gli enti cooperativi nei confronti dei quali la fase rilevazione, iniziata comunque entro il termine del biennio

medesimo, si concluda entro il primo mese del biennio successivo.

Entro il primo semestre successivo alla conclusione di ciascun biennio di revisione le Associazioni trasmettono al Ministero dello sviluppo economico

una dettagliata relazione sull’attività di revisione complessivamente svolta nel biennio precedente, al fine di consentire la valutazione sull’efficienza

ed efficacia dell’attività di revisione da esse svolta su tutto il territorio nazionale.

La relazione di cui al comma precedente dovrà contenere la specifica degli enti cooperativi revisionati e di quelli non revisionati, delle eventuali

difficoltà incontrate, delle soluzioni adottate per il superamento delle stesse e dovrà concludersi con un elenco aggiornato, distinto per provincia, degli

enti cooperativi tenuti al versamento del contributo per il biennio in corso.

All’inizio di ciascun biennio, le Associazioni hanno l’obbligo di assoggettare prioritariamente a revisione gli enti cooperativi loro associati non vigilati

nel biennio precedente”. 4 Il D.M. 22 dicembre 2005 disciplina la vigilanza ministeriale sulle banche di credito cooperativo. In particolare, l’articolo 18 riguarda la

trasmissione dei dati della vigilanza:

“1. Entro il primo trimestre successivo alla conclusione di ciascun biennio di revisione, le Associazioni che effettuano le revisioni comunicano al

Ministero delle attività produttive, nonché alla Banca d'Italia:

a) l’elenco delle banche di credito cooperativo revisionate nel biennio precedente, specificando il numero di revisioni effettuate a ciascuna di esse;

b) l’elenco delle banche di credito cooperativo non revisionate nel biennio precedente, distinguendo quelle, tra esse, che non hanno versato il contributo;

c) l’elenco delle banche di credito cooperativo aderenti, tenute al versamento del contributo per il biennio in corso.

2. Si intendono revisionati nel biennio gli enti nei confronti dei quali la fase di rilevazione, iniziata comunque entro il termine del biennio di riferimento,

si concluda entro il primo mese del biennio successivo.

3. Entro il primo semestre successivo alla conclusione di ciascun biennio di revisione le associazioni trasmettono al Ministero e alla Banca d'Italia una

dettagliata relazione sull’attività di revisione complessivamente svolta nel biennio precedente, al fine di consentire la valutazione sull’efficienza ed

efficacia dell’attività di revisione da esse svolta su tutto il territorio nazionale.

4. La relazione di cui al comma precedente dovrà contenere la specifica delle banche di credito cooperativo revisionate e di quelle non revisionate,

delle eventuali difficoltà incontrate, delle soluzioni adottate per il superamento delle stesse e dovrà concludersi con un elenco aggiornato, distinto

per provincia, delle banche di credito cooperativo tenute al versamento del contributo per il biennio in corso”.

L’articolo 19 regola la durata della revisione alle Bcc:

“1. Ai sensi degli articoli 2, 4 e 10, L. 241/1990, la revisione alle società cooperative deve concludersi entro il termine massimo di 30 giorni dall’inizio

della stessa. L’eventuale successiva fase di accertamento deve concludersi entro 30 giorni dalla scadenza del termine previsto nella diffida”. 5 La direttiva n. 2/2020 prevede, tra l’altro, che “le Pubbliche Amministrazioni, anche al fine di contemperare l’interesse alla salute pubblica con

quello alla continuità dell’azione amministrativa, nell’esercizio dei poteri datoriali assicurano il ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di

svolgimento della prestazione lavorativa”.

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La disciplina della revisione cooperativa

43 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Le problematiche conseguenti da affrontare

Dal momento in cui, al cessare dell’emergenza, si riprenderà in pieno l’attività, come auspicato dalla stessa

Direzione generale nella nota alle associazioni, sarà necessaria l’emanazione di un D.M., che definisca

chiaramente i termini per la conclusione dell’attività revisionale relativa all’anno trascorso e, quindi, alla

conclusione del biennio revisionale 2019/2020, con i relativi adempimenti amministrativi da parte delle

associazioni stesse. Sarà, inoltre, opportuno fornire le necessarie direttive ai revisori in relazione agli

effetti delle proroghe finora disposte e alle misure che presumibilmente verranno ulteriormente emanate.

Potrebbe essere necessaria, ad esempio, un’ulteriore, seppur breve, proroga dei termini per l’approvazione

del bilancio6 o anche di quelli relativi all’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa7.

Gli effetti sul godimento delle agevolazioni da parte delle cooperative

È opportuno ricordare, in particolare, che una delle novità a suo tempo introdotte dal D.Lgs. 220/2002,

con cui, in attuazione della delega della L. 142/2001, venne riorganizzata la vigilanza cooperativa, fu

quella di attribuire alle cooperative, al fine del godimento di agevolazioni fiscali e di altra natura, l’onere

di dimostrare il possesso dei requisiti mutualistici, esibendo le risultanze dell’attività revisionale, se

effettuata, ovvero richiedendo una urgente revisione all’Autorità di vigilanza8.

Risulta evidente che, stante l’attuale sospensione dell’attività revisionale, le eventuali richieste

avanzate dalle cooperative non potranno essere sollecitamente soddisfatte; tuttavia, considerata

l’importanza dell’accesso alle agevolazioni, la citata norma già prevede che, con la richiesta di

revisione, per accedere ai benefici di Legge, la cooperativa possa provvedere autonomamente a

certificare il possesso dei requisiti mutualistici, attraverso un’apposita dichiarazione sostitutiva9.

6 Ricordiamo che l’articolo 106, D.L. 18/2020, ha definito nuovi termini e modalità per lo svolgimento delle assemblee societarie. Di rilevo per

le cooperative i primi 3 commi:

“1. In deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, cod. civ., o alle diverse disposizioni statutarie, l’assemblea ordinaria

è convocata entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio.

2. Con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie le Spa, le Sapa, le Srl, e le società cooperative e le mutue assicuratrici possono

prevedere, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l'intervento all'assemblea

mediante mezzi di telecomunicazione; le predette società possono altresì prevedere che l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi

di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti

di cui agli articoli 2370, comma 4, 2479-bis, comma 4, e 2538, comma 6, cod. civ., senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo,

ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio.

3. Le Srl possono, inoltre, consentire, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2479, comma 4, cod. civ., e alle diverse disposizioni statutarie,

che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto”. 7 Riportiamo di seguito l’articolo 5, D.L. 23/2020 - Differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui

al D.Lgs. 14/2019: “1. All'articolo 389, D.Lgs. 14/2019, il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Il presente Decreto entra in vigore il 1° settembre

2021, salvo quanto previsto al comma 2””. 8 Il comma 5, articolo 2, D.Lgs. 220/2002, prevedeva: “Nel caso in cui l'ente cooperativo ha la necessità di certificare il possesso dei requisiti

mutualistici e non ha ancora ottenuto la revisione, può formulare esplicita richiesta agli uffici territoriali del Governo di cui all'articolo 11, D.Lgs.

300/1999, e, nelle more dell'adozione del decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 9, comma 3, D.P.R. 287/2001, alle DPL, ovvero, nel caso

di enti cooperativi aderenti alle associazioni, a quest'ultime”. 9 L’articolo 6, D.Lgs. 220/2002, prevede appunto la possibilità di autocertificare il proprio stato attraverso una dichiarazione sostitutiva:

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La disciplina della revisione cooperativa

44 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Appare, quindi, probabile, considerato l’attuale scenario, che le cooperative dovranno avvalersi nel

prossimo futuro di tale facoltà, che si è voluta qui richiamare, in attesa di quel ritorno alla normalità

che tutti auspichiamo possa verificarsi al più presto e in sicurezza per tutti.

In relazione a quanto sopra, si riporta di seguito il modello di dichiarazione sostitutiva idonea a

certificare i requisiti mutualistici, approvata, da ultimo10, con D.M. 23 marzo 2015.

Preleva il

documento

Modello di dichiarazione sostitutiva idonea a certificare i requisiti

mutualistici

Al Ministero dello sviluppo economico

Direzione generale per la vigilanza sugli enti cooperativi

sulle società e sul sistema camerale - DGVECSSC

Viale Boston 25, 00144 - Roma

All’associazione nazionale di rappresentanza

____________________________________*

Oggetto: Dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’articolo 6, D.Lgs. 220/2002

L’ente cooperativo ____________________________________, con sede in ____________________________________

(prov.) ___ Via/Piazza ____________________________________ C.F. ____________________________________

Registro Imprese di ____________________________________; costituito in data

____________________________________, con atto dott. ____________________________________, notaio in

1. nel caso in cui l'ente cooperativo abbia necessità di certificare il possesso dei requisiti mutualistici, al fine del godimento di un'agevolazione

o dell'applicazione di un provvedimento di favore, e non disponga del certificato di revisione o dell'attestazione di revisione, relativi al periodo

di vigilanza in corso, è tenuto a produrre agli Uffici territoriali del Governo e, nelle more dell'adozione del decreto del Ministro dell'interno di

cui all'articolo 9, comma 3, D.P.R. 287/2001, alle Direzioni provinciali del lavoro, e all'associazione cui eventualmente aderisce, una

dichiarazione, sottoscritta dal presidente dell'ente medesimo e, per asseverazione, dal presidente del collegio sindacale;

2. se il collegio sindacale non è previsto dalla Legge o dall'atto costitutivo, o il presidente dello stesso non è iscritto al Registro dei revisori contabili,

la sottoscrizione per asseverazione è apposta da un revisore contabile esterno, scelto fra i soggetti iscritti nel Registro dei revisori contabili;

3. nella dichiarazione di cui al comma 1 sono indicati, oltre agli estremi identificativi dell'ente cooperativo e del legale rappresentante:

a) l'iscrizione all'Albo nazionale delle società cooperative ovvero, nelle more dell'istituzione dello stesso, al Registro prefettizio;

b) eventuali iscrizioni richieste dalla Legge per il godimento della agevolazione o del provvedimento di favore di cui si chiede l'applicazione;

c) gli estremi del versamento del contributo dovuto ai fondi di mutualità nazionale, ai sensi degli articoli 8 e 11, L. 59/1992, o, in difetto, le

motivazioni per il mancato versamento;

d) il numero dei soci, come risultante dal libro soci;

e) l'indicazione dell'agevolazione o del provvedimento di favore di cui si chiede l'applicazione e dell'ente competente al riguardo,

unitamente alla dichiarazione del possesso dei requisiti per poterne godere;

4. alla dichiarazione sostitutiva deve essere allegato l'ultimo bilancio approvato, con l'indicazione degli estremi dell'avvenuto deposito presso

il Registro Imprese, nonché copia del versamento del contributo biennale di revisione previsto dalle norme vigenti;

5. l'ente cooperativo che procede alla dichiarazione sostitutiva deve contestualmente formulare la richiesta prevista dall'articolo 2, comma 5;

6. le eventuali dichiarazioni sostitutive prodotte devono essere indicate nel verbale di revisione o di ispezione straordinaria;

7. la copia della dichiarazione sostitutiva presentata, unitamente alla ricevuta dell'avvenuta notifica, può essere utilizzata, da parte dell'ente

cooperativo, ai fini della richiesta di agevolazioni o di provvedimenti di favore alla pubblica amministrazione. 10 In effetti, con D.M. 12 giugno 2017 è stato approvato il nuovo modello del verbale di revisione e la relativa modulistica, mentre la modulistica

relativa alla dichiarazione sostitutiva è rimasta invariata.

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La disciplina della revisione cooperativa

45 Cooperative e dintorni n. 29/2020

____________________________________, nella persona del legale rappresentante pro tempore Sig.

____________________________________ nato a ____________________________________ (prov.) ___ il

____________________________________ e residente a ____________________________________ (prov.) ___ in

Via/Piazza ____________________________________

PREMESSO CHE

- alla data odierna non è stato ancora assoggettato alla revisione prevista dal D.Lgs. 220/2002 e

quindi non dispone del relativo certificato/attestazione;

- ha la necessità di certificare il possesso dei requisiti mutualistici al fine di beneficiare di

un’agevolazione o dell’applicazione di un provvedimento di favore.

DICHIARA

a) di essere iscritto all’Albo nazionale delle società cooperative;

b) di essere altresì iscritto nell’Albo/elenco/etc.**) ___________________________________________________,

che è requisito necessario per il godimento del beneficio di cui sopra;

c) di essere stato sempre in regola con il versamento del contributo dovuto al Fondo mutualistico

come previsto dall’articolo 8, comma 1, e dall’articolo 11, comma 4 ss., L. 59/1992, in particolare:

• l’ultimo versamento è stato effettuato in data ____________________________________ sul c/c n.

____________________________________ intestato a ____________________________________ per €

____________________________________;

• non sono stati effettuati versamenti per uno dei seguenti motivi:

[ ] non è ancora stato redatto il primo bilancio d’esercizio;

[ ] non sono stati realizzati utili d’esercizio;

[ ] gli utili d’esercizio sono stati interamente impiegati per ripianare perdite pregresse;

[ ] l’importo dovuto è risultato inferiore a € 10,33 (articolo 11, comma 4, L. 59/1992, così come

modificato dall’articolo 3, comma 3, L. 28/1999);

d) che dal libro soci risulta una platea sociale composta da n. ___ soci;

e) che intende richiedere all’Ente pubblico ____________________________________ l’ottenimento della

seguente agevolazione/provvedimento di favore ____________________________________, prevista/o da:

(Legge, Decreto, altro) ____________________________________

e di essere in possesso dei prescritti requisiti.

Per quanto sopra, nell’allegare alla presente una copia dell’ultimo bilancio di esercizio approvato,

con l’indicazione degli estremi dell’avvenuto deposito presso il Registro Imprese e una copia della

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La disciplina della revisione cooperativa

46 Cooperative e dintorni n. 29/2020

quietanza di versamento del contributo biennale dovuto ai sensi dell’articolo 15, comma 4, L.

59/1992,

RICHIEDE

una urgente revisione cooperativa ai sensi dell’articolo 6, comma 5, D.Lgs. 220/2002.

Data____________________________________ TIMBRO DELLA SOCIETÀ COOPERATIVA

(Il legale rappresentante)

____________________________________

Il sottoscritto Presidente del collegio dei sindaci/revisore esterno, iscritto al Registro dei revisori

legali al n. ______ dichiara, sotto la propria personale responsabilità, di aver verificato quanto

dichiarato dal legale rappresentante dell’ente cooperativo, di confermarne il contenuto e di

sottoscrivere la presente per asseverazione.

In fede

(Presidente del collegio dei sindaci – revisore contabile)

__________________________________________________________

* Da compilarsi esclusivamente a cura degli enti cooperativi aderenti ad Associazioni di rappresentanza.

** Ai sensi dell’articolo 6, comma 3, lettera b), D.Lgs. 220/2002, devono essere indicate le eventuali iscrizioni richieste dalla Legge per il

godimento della agevolazione o del provvedimento di favore di cui si chiede l’applicazione.

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La disciplina della revisione cooperativa

47 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Cooperative e dintorni n. 29/2020

L’accertamento in sede di revisione

dell’effettività della base sociale quale

prova del carattere mutualistico

dell’impresa cooperativa di Enrico Maria Lovaglio – revisore di enti cooperativi e società di mutuo soccorso

Ai sensi dell’articolo 4, D.Lgs. 220/2002, l’istituto della vigilanza cooperativa persegue anche

lo scopo di accertare, mediante verifica amministrativo-contabile di gestione, l’effettività

della base sociale di cui è formata l’impresa. La verifica in oggetto dovrebbe precedere tutte

le altre, allo scopo d’individuare sin da subito, se, e in qual misura, l’impresa vigilata sia

realmente provvista dei requisiti necessari di mutualità, aldilà di ogni presunzione formale.

Non a caso, entrando nel merito, l’Autorità amministrativa di vigilanza cooperativa ha

provveduto a precisare i criteri con cui i revisori devono adempiervi puntualmente.

L’accertamento dei requisiti di mutualità cooperativa

Ai sensi dell’articolo 2511, cod. civ., l’impresa cooperativa è iscritta a un Albo apposito e l’iscrizione ha

valenza costitutiva, qualificandone formalmente il carattere mutualistico. Infatti, priva d’iscrizione,

l’impresa non può assumere la qualifica di cooperativa, risultando automaticamente esclusa dal diritto

di fruire dei benefici fiscali previsti dalla disciplina vigente.

Secondo quanto disposto dall’articolo 4, D.Lgs. 220/2002, l’istituto della vigilanza cooperativa è

principalmente orientato ad accertare la reale natura mutualistica dell'ente e l’accertamento dei

requisiti di mutualità cooperativa riveste un carattere duplice, formale e sostanziale, ed “è riservato, in

via amministrativa, al Mise, anche in occasione di interventi ispettivi di altre Amministrazioni pubbliche”.

Partendo dal presupposto che la base sociale, di cui è formata l’impresa cooperativa, deve essere

effettiva, sia dal punto di vista della numerosità dei soci che la compongono, sia dal punto di vista

dei rispettivi requisiti personali, “è specifico compito del revisore verificare l’effettività e la

sostanzialità del rapporto associativo, dalla costituzione al suo scioglimento”.

Diversamente, si può assistere all’“alterazione del funzionamento democratico dell’ente” e per

questo ne deve conseguire la partecipazione effettiva dei soci alle vicende e allo scambio

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mutualistico d’impresa. In considerazione di ciò, il Ministero competente raccomanda al revisore

cooperativo di verificare i motivi che giustifichino la permanenza del socio in cooperativa; i motivi

per cui eventualmente non partecipi, anche solo temporaneamente, allo scambio mutualistico, e,

eventualmente, i motivi per cui sia stato escluso dalla base sociale.

Appare chiaro che l’impresa formalmente cooperativa, sebbene priva di carattere mutualistico, è niente

più che un paradosso giuridico, da risolversi con lo scioglimento coattivo, ai sensi dell’articolo 2545-

septiesdecies, cod. civ.. Infatti, se l’impresa è priva di carattere mutualistico, persegue finalità per nulla

solidaristiche, anteponendo all’interesse generale quello squisitamente personale. Pertanto, non svolge

la propria attività d’impresa allo scopo principale di soddisfare i bisogni, economici e sociali, della

comunità residente nei territori in cui la esercita.

Ecco, allora, che dallo scioglimento coattivo dell’impresa irregolare deve conseguire la

cancellazione dall’Albo delle società cooperative, nonché la cancellazione dal Registro Imprese,

obbligando gli amministratori a ripetere all’erario l’equivalente fiscale risparmiato indebitamente

durante i 5 anni d’imposta che hanno preceduto quello in cui si è accertata l’assenza di mutualità,

oltreché devolvere ai fondi mutualistici della cooperazione il patrimonio eventualmente residuato

alla procedura di scioglimento.

L’effettività della base sociale

Secondo quanto disposto dall’articolo 4, D.Lgs. 220/2002, l’accertamento della natura mutualistica di

una cooperativa ne presuppone anche la verifica amministrativo-contabile della consistenza

associativa, nonché la verifica dei requisiti dei soci che ne costituiscono la base sociale. Il revisore

cooperativo ne rileva, quindi, la consistenza, nonché la reale effettività.

Ineluttabilmente, i soci di cui l’impresa cooperativa giustifichi appieno l’appartenenza alla propria base

associativa devono possedere requisiti coerenti allo scopo mutualistico e all’oggetto sociale. Ne deriva,

in tal modo, la partecipazione legittima alle vicende societarie e allo scambio mutualistico, l’esercizio

legittimo dei diritti amministrativi e patrimoniali, nonchè il contributo legittimo al perseguimento degli

scopi mutualistici d’impresa.

Al revisore cooperativo si richiede, pertanto, di svolgere una ricognizione attenta e puntuale della

base sociale di cui è formata l’impresa, benché, in considerazione della numerosità che può

distinguere talune compagini associative, particolarmente ampie in ragione dell’attività

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La disciplina della revisione cooperativa

49 Cooperative e dintorni n. 29/2020

specificamente svolta, tale ricognizione possa essere eventualmente condotta con criteri e

metodi, ragionevolmente sistematici, di rilevazione campionaria.

La numerosità della base sociale

La verifica amministrativo-contabile di gestione, prevista dall’istituto della vigilanza cooperativa,

costituisce il mezzo con cui, preliminarmente, il revisore cooperativo accerta la consistenza della

base sociale d’impresa.

Ai sensi dell’articolo 2522, comma 2, cod. civ., la base sociale della cooperativa è formata da almeno 3

soci, a condizione che questi siano persone fisiche e che il sistema di amministrazione dell’impresa sia

quello delle Srl. La disciplina previgente prevedeva, più minuziosamente, che l’allora “piccola società

cooperativa”, istituita ai sensi della L. 266/1997 (Legge Bersani), fosse costituita da un numero di soci -

persone fisiche - non inferiore a 3 e non superiore a 8. Va, però, specificato che la disciplina vigente,

secondo quanto previsto dall’articolo 111-septies, norme di attuazione del Codice civile, ha conservato,

per l’impresa cooperativa formata da un numero di soci pari o inferiore a 8, l’articolazione associativa

precedente (nella Relazione accompagnatoria al D.Lgs. 6/2003 si legge, infatti, che l’articolo 2522,

comma 2, cod. civ., “si riferisce alla piccola società cooperativa, figura che data la sua diffusione nella pratica,

merita di essere mantenuta in vita autonomamente”). D’altro canto, il testo vigente del codice civile non

detta condizioni in relazione ai tipi di soggetti di diritto che formano la base sociale della cooperativa

amministrata secondo lo schema giuridico delle Srl e costituita da meno di 9 soci, potendo, ancora,

dedursi che, se l’impresa cooperativa è formata da un numero di soci inferiore a 9, i rispettivi soci devono

essere tutti persone fisiche.

Se, poi, la numerosità dei soggetti di diritto che formano l’impresa cooperativa dovesse scendere sotto

ai minimi di Legge, senza essere ricostituita durante i 12 mesi successivi, il revisore cooperativo, prima

di proporne all’Autorità amministrativa di vigilanza l’eventuale scioglimento, diffiderà il CdA a

intraprendere sollecitamente il percorso di risanamento necessario a regolarizzarne la struttura

associativa.

Sostanzialmente, l’istituto della diffida, pur costituendo l’extrema ratio con cui il revisore

cooperativo induce l’organismo di amministrazione inerte ad adempiere alle rispettive funzioni

di garanzia, concede alla società un supplemento di termini, entro cui questa può tentare

l’esperimento di sanare l’irregolarità contestata.

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La disciplina della revisione cooperativa

50 Cooperative e dintorni n. 29/2020

I requisiti della base sociale

La verifica amministrativo-contabile della gestione costituisce, ulteriormente, il mezzo con cui il

revisore cooperativo accerta il requisito di effettività che deve distinguere la base sociale della

cooperativa.

Il requisito di effettività della base sociale, così come il requisito di numerosità, è essenziale per

poter riconoscere all’impresa la qualifica giuridica di cooperativa.

In primo luogo, la base sociale dell’impresa è realmente effettiva se formata da soci cooperatori

(lavoratori, conferenti, fruitori, tecnici e amministrativi, ai sensi dell’articolo 23, L. 1577/1947), con i

quali questa abbia stabilito legami effettivi di scambio mutualistico, d’intensità misurabile e

documentabile.

In secondo luogo, è ugualmente effettiva se formata anche da soci cooperatori (volontari), la cui

partecipazione al conseguimento degli scopi mutualistici d’impresa, benché d’intensità non misurabile,

essendo resa a titolo gratuito, non dà luogo a costi di servizio, sia comunque ugualmente apprezzabile.

In terzo luogo, è ugualmente effettiva se formata anche da soci cooperatori (finanziatori e sottoscrittori

di titoli di debito), la cui partecipazione al perseguimento degli scopi mutualistici d’impresa si

estrinsechi, economicamente, in ragione del contributo reso in forma di sostegno finanziario all’attività

societaria.

In quarto luogo, è ugualmente effettiva se costituita anche da soci in categoria speciale ai sensi

dell’articolo 2527, comma 3, cod. civ..

Il verbale di revisione (D.M. 12 giugno 2017) chiede al revisore cooperativo di rilevare anche se la base

sociale dell’impresa vigilata sia formata da soci cooperatori non impiegati nello svolgimento

dell’attività sociale, e, in tal caso, di descriverne il ruolo.

L’irregolarità della base sociale

Immaginando che l’impresa cooperativa sia costituita, invece, da una base sociale irregolare, in

relazione alla numerosità o ai requisiti dei propri soci, deve sciogliersi volontariamente o essere sciolta

coattivamente se non provvede a adeguarne la struttura nei termini di Legge.

Immaginando l’irregolarità della base sociale, l’impresa non avrà stabilito - almeno, non in ogni

caso - legami effettivi, di scambio mutualistico con i soci o, nonostante questi legami mutualistici

siano stati formalmente stabiliti, in ragione della rispettiva incoerenza rispetto allo scopo

mutualistico e all’oggetto sociale dell’impresa, non avranno assunto rilevanza né dal punto di

vista della sostanza né, tantomeno dal punto di vista della qualità. L’impresa irregolare,

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La disciplina della revisione cooperativa

51 Cooperative e dintorni n. 29/2020

ulteriormente, non avrà neppure realizzato forme consone di partecipazione dei soci alle vicende

societarie.

L’Autorità amministrativa di vigilanza cooperativa cita, ad esempio, i soci di cooperativa edilizia di

abitazione che non hanno mai prenotato o ai quali non sia mai stato assegnato l’alloggio; oppure i soci

di cooperativa agricola di conferimento che da tempo sono privi dei requisiti necessari per ottemperare

all’impegno di conferire, sebbene prosegua, ciononostante, la loro partecipazione alle vicende societarie

e assembleari.

Il Ministero competente richiama, poi, l’attenzione dei revisori al caso in cui l’amministratore eserciti la

propria influenza sulla gestione, senza avere instaurato, pur avendone i requisiti, o non avendo mai

instaurato, essendone completamente sprovvisto, alcun legame effettivo di scambio mutualistico con

la società che presiede.

In pratica, il CdA irregolare, privo dei requisiti necessari di numerosità e di effettività, assume

delibere non legittime, pur risultando formalmente adempiente ai rispettivi doveri. Le delibere

non legittime sono esposte al rischio d’annullamento, poiché il processo di formazione della

volontà consiliare è viziato dalla irregolarità dell’organismo deliberante.

Giustappunto, il verbale richiede al revisore cooperativo di accertare se la composizione e il

funzionamento dell’organismo di amministrazione siano regolari.

La base sociale della cooperativa di lavoro

Nel caso di cooperative di lavoro, “il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o

successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore e distinto rapporto di lavoro”, con cui

contribuisce a realizzare gli scopi sociali. Ecco perché, così come precisato dall’Autorità amministrativa

di vigilanza cooperativa, se nel corso degli esercizi risulta che alla conclusione di successivi contratti

d’appalto la cooperativa abbia reiteratamente deliberato l’esclusione dei soci lavoratori ivi impiegati,

oppure, se questa abbia reiteratamente ammesso nuovi soci, da impiegare al lavoro, esclusivamente in

considerazione dell’aggiudicazione di nuovi contratti d’appalto, si configurerebbe “un rapporto societario

a tempo, sottratto alla volontà negoziale del socio”.

Ulteriormente, la cooperativa deve assicurare ai propri soci lavoratori le medesime tutele

riconosciute dalla legislazione vigente alla generalità dei lavoratori, pur in considerazione del

fatto che la disciplina speciale, con riferimento al socio lavoratore, ammetta l’instaurazione di un

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La disciplina della revisione cooperativa

52 Cooperative e dintorni n. 29/2020

legame giuridico duplice - associativo e lavorativo - di dipendenza organica, ove il primo prevale

sul secondo.

Sino alla revisione della legislazione in materia cooperativistica, con riferimento al socio lavoratore,

questo non succedeva; né i principi culturali e solidaristici dell’epoca inducevano il Legislatore a

ritenere d’importanza cruciale la necessità d’affermare la preminenza del legame giuridico di tipo

associativo su quello mutualistico di lavoro. Anzi, la giustificazione sociale della cooperazione di lavoro

era ritenuta sufficiente per motivarne la coesistenza, indifferenziata, di legami contrattuali a valenza

associativa e mutualistica.

Poi, l’intervento correttivo apportato alla L. 142/2001, dall’articolo 9, L. 30/2003, stabilì, invece, che

detti legami contrattuali non avrebbero dovuto confondersi, mescolando diritti e tutele del socio

cooperatore e del socio lavoratore, ai quali, piuttosto, è la Costituzione stessa a conferire identità

univoche. Con ciò, il perimetro delle competenze giurisdizionali in materia di rapporti tra soci e

cooperativa è stato reso più definito, nonché i presupposti della disciplina statutaria e regolamentare,

concernente le causali di recesso, di esclusione o di decadenza del socio, sono stati resi più chiari.

Senonché, la legislazione vigente in materia cooperativistica, con riferimento alla posizione del

socio lavoratore, pur avendo prevista la risoluzione automatica del legame mutualistico di lavoro

alla cessazione del legame associativo, indipendentemente dalle sue cause (recesso o esclusione

del socio lavoratore), non dispone con chiarezza il caso in cui dovesse verificarsi l’ipotesi contraria

di risoluzione del legame mutualistico di lavoro prima della risoluzione del legame associativo.

Per tale motivo, l’Autorità amministrativa di vigilanza cooperativa ha ritenuto di raccomandare ai

revisori di “irrogare diffida a espungere”, dallo statuto e/o dal regolamento ex L. 142/2001, la

previsione “dell’automatica esclusione del socio in ragione della cessazione del rapporto di lavoro per

qualsiasi ragione o causa non riconducibile a inadempimento o colpa del socio”.

In linea generale, precisa l’Autorità competente, l’esclusione immediata del socio, a seguito di

cessazione del rapporto di lavoro, non è legittima; a meno che la cessazione del legame associativo sia

giustificata da motivi di carattere soggettivo, nonché da circostanze in cui l’impossibilità di ripristinare

il rapporto lavorativo sia palese. Lo scopo mutualistico delle cooperative di lavoro consiste, infatti, nello

stabilire con il socio “un ulteriore e distinto rapporto di lavoro”, anche “successivamente all'instaurazione

del rapporto associativo”, a condizione che il socio sia ovviamente dotato dei requisiti che ne giustifichino

la continuazione del legame associativo, nell’ipotesi in cui quello lavorativo, sebbene cessato per motivi

di carattere oggettivo, possa ragionevolmente riprendersi.

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La disciplina della revisione cooperativa

53 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Secondo l’Autorità amministrativa di vigilanza cooperativa, i casi in cui l’esclusione immediata

del socio, contestuale alla cessazione del rapporto di lavoro, è giustificata sono: il licenziamento

del socio per giusta causa o giustificato motivo soggettivo; il mancato superamento del relativo

periodo di prova; impedimenti variamente collegati alle relative obbligazioni contrattuali di

lavoro; l’applicazione della c.d. clausola sociale, per cui, se l’impresa cooperativa perde l’appalto,

ne consegue l’assunzione del socio presso un diverso datore di lavoro; le dimissioni del socio,

significando il suo disinteresse alla prosecuzione del legame di scambio mutualistico.

Ulteriormente, afferma l’Autorità amministrativa di vigilanza cooperativa che “la condizione di reiterata

inattività del socio, qualora dipenda da cause oggettive, di impossibilità della cooperativa di offrire occasioni

di lavoro” - cita, a titolo di esempio, la riduzione non temporanea dell’attività e/o dei settori d’intervento

della cooperativa, oppure l’inutile tentativo della cooperativa di reperire nuovi appalti e nuove

commesse di lavoro, con l’intento dichiarato di affidarne l’esecuzione esclusivamente ai soci - legittima

l’organismo di amministrazione all’esclusione. Di tale decisione deve comunque essere fornita adeguata

e comprovata motivazione, documentando le ragioni nella Nota integrativa del bilancio d’esercizio,

nonchè nelle relazioni di competenza, che il revisore cooperativo potrà cogliere per esplicitarne i

contenuti nel verbale.

Specifica, però, l’Autorità amministrativa di vigilanza cooperativa - diversamente dall’ipotesi di

cessazione del rapporto lavorativo, che, dipendente da motivi soggettivi, giustifica l’esclusione

immediata e contestuale del socio – che la cessazione del rapporto lavorativo per motivi dipendenti,

invece, da cause oggettive, non priva automaticamente di significato il legame associativo, che, anzi,

deve proseguire, sebbene non indefinitamente, per consentire, in ossequio allo scopo mutualistico, “la

ricerca da parte della cooperativa di nuove commesse e occasioni di lavoro”, nel tentativo di reimpiegare i

soci temporaneamente inattivi. Ciò, sino a quando i soci, dei quali si sarà sperimentato, invano, il

tentativo di reimpiego, potranno procedere all’“approvazione del bilancio relativo all’esercizio nel corso

del quale si è verificata la cessazione del rapporto lavorativo”, potendo esercitare in quella sede i propri

diritti, amministrativi e patrimoniali, in ragione del contributo lavorativo prestato allo svolgimento

dell’attività d’impresa, durante il periodo in cui hanno potuto a concorrervi.

Diversamente, nel caso in cui la cessazione del legame associativo sia correlata a una procedura di

licenziamento collettivo - ad esempio, causata da crisi, ristrutturazione aziendale, conclusione

dell’attività successivamente all’accordo sindacale – il CdA della cooperativa è autorizzato a escludere

i soci inattivi, “anche prima dell’approvazione del bilancio dell’esercizio durante il quale sono stati licenziati

ma comunque dopo un periodo di 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro”.

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La disciplina della revisione cooperativa

54 Cooperative e dintorni n. 29/2020

In relazione a entrambe le suddette ipotesi di esclusione del socio, conseguente a cessazione del

rapporto di lavoro - indipendentemente dalle relative cause, soggettive o oggettive –

“in ragione dell’unilateralità del provvedimento, le motivazioni delle esclusioni dovranno in ogni caso

essere sempre esplicitate nella relativa determina dell’organo amministrativo e comunicate al socio

nella notifica del provvedimento con le modalità previste dallo statuto, anche ai fini della possibilità

per l’interessato di proporre opposizione nelle sedi opportune”.

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La società cooperativa nel mondo

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Cooperative e dintorni n. 29/2020

Lo sviluppo delle cooperative in Croazia di Valerio Mosconi – revisore contabile

Anche se le cooperative in Croazia nascono nel 1841, quando fu creata la Società economica

croata-slavofona a Zagabria, finalizzata alla promozione di vari rami dell'economia

cooperativa e della formazione economica, nel concreto la storia cooperativa croata prende

origine da 3 organizzazioni sociali chiamate gilde, una sorta di corporazioni, consistenti in

patti di mutua assistenza fra soggetti che svolgevano la stessa attività. Nel presente articolo

osserveremo come il movimento cooperativo croato ebbe poi a svilupparsi fino a diventare

una componente importante della struttura sociale ed economica del Paese.

La nascita del movimento cooperativo croato

Con la creazione, nel 1841, della Società economica croata-slavofona a Zagabria si venne a costituire

una grande cooperativa centrale, con lo scopo di dotare di una sede professionale e imprenditoriale le

rispettive componenti regionali. I membri della cooperativa centrale appartenevano a diverse categorie

di cooperazione, in particolare: credito, acquisto, consumatori, agricole e varie altre tipologie minori. Le

cooperative di credito e risparmio, oggi molto popolari, vennero menzionate per la prima volta in

Croazia nel 1862. La prima cooperativa di questo tipo fu fondata in un villaggio situato nella regione di

Drava da contadini locali e piccoli artigiani, che in precedenza erano stati associati in 3 diverse gilde:

La prima gilda era costituita da fabbri, carrettieri, falegnami, tornitori, bottai, ebanisti, fabbri e lattai.

La seconda gilda era costituita da sarti, barbieri, pasticceri, vasai, panettieri, mugnai, macellai e pittori

di case. La terza gilda era costituita da calzolai, produttori di stivali, produttori di cinture, tappezzieri e

spazza camini.

Si ebbe, così, un rilevante salto di qualità e di organizzazione, passando da associazioni di mestieri a

vere nuove realtà economiche d’impresa.

Come indicato, la prima cooperativa di mutuo credito nacque nel 1862, qualificandosi inizialmente

come cooperativa artigiana, per diventare poi cooperativa di risparmio e credito artigianale. Era stata

fondata, infatti, per promuovere l'artigianato e il commercio e per consentire alle persone con un piccolo

surplus di denaro di depositare i loro soldi allo scopo di prestarli ai nuovi imprenditori che si andavano

costituendo. Le attività e le passività, la vita e il lavoro dei soci della cooperativa furono definiti in un

Regolamento del 1863, che riprendeva le regole dettate nel 1847 da Raiffeisen e Schulze/Delitzsch,

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La società cooperativa nel mondo

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che divenne poi, nel 1864, il primo statuto delle cooperative di credito e risparmio. Si dimostrò, così, la

vicinanza di idee e di programmi delle associazioni di cooperative dell'Europa centrale con quelle

dell’Europa occidentale dell'epoca.

All'inizio del XX secolo, le cooperative si trasformarono in un sistema economico molto influente, che

si sviluppò nei territori croati sotto l'influenza della pratica cooperativa europea. A quel tempo, si

contavano più di 1.500 cooperative con circa 250.000 soci.

Lo sviluppo appena accennato non si interruppe nemmeno durante le guerre mondiali, compiendo nei

fatti progressi significativi. Come inizialmente si erano contate 3 gilde, così si contarono 3 diverse

federazioni cooperativistiche. Le cooperative contadine croate si unirono nella Federazione centrale

della federazione croata dei contadini a Zagabria, le cooperative di produzione nell'ambito della Società

economica croata-slavofona di Magreb e le cooperative di mutuo soccorso nella Federazione delle

cooperative di concordia economica.

Negli anni '40, subendo l’influsso dell'ex Unione Sovietica, le cooperative persero le loro caratteristiche

originali, riprendendole però negli anni '50, soprattutto attraverso la formazione di varie alleanze

cooperative, che favorirono la nuova vitalità del risparmio di tipo cooperativo. In una continua

alternanza di indirizzi politici, però, nel decennio successivo vennero adottate nuove Leggi, volte

all'abolizione delle alleanze cooperative, delle relazioni cooperative bancarie e delle unioni agrarie

cooperative e contemporaneamente tese a favorire le singole cooperative. Avvenne, così, che nel 1955

il Parlamento della Repubblica di Croazia emanò la Legge sulla cooperativa, che rappresentò il primo

vero sistema di norme per il funzionamento delle cooperative in Croazia.

L’impresa cooperativa in Croazia

Il movimento cooperativo croato inizia il suo percorso nel 1955, con l'adozione della prima Legge sulle

cooperative, che, pur non risolvendo tutte le problematiche legate agli assetti finanziari e proprietari,

riconosce tali enti come entità economiche. A causa dell’incertezza normativa, però, nel periodo fra il

1999 e il 2007, mentre il numero di cooperative in Croazia andava aumentando da 350 a 556, al

contempo la loro attività commerciale e il numero di soci e dipendenti andava diminuendo. In

particolare, tale fenomeno di apparente contraddizione era dovuto alla presenza di un certo numero di

cooperative spurie. La problematica delle cooperative spurie è stata, poi, risolta con l’emanazione, nel

2011, della nuova Legge sulle cooperative, che ha aumentato il numero minimo di soci fondatori da 3

a 7. Ulteriormente, è stata definita la problematica della destinazione dei beni residui della cooperativa

in caso di fallimento. Mentre prima questi beni venivano trasferiti in proprietà ai patrimoni degli enti

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locali, che ne disponevano liberamente, ora sono soggetti a un vincolo di destinazione e, quindi,

utilizzabili solo per la formazione e lo sviluppo di nuovi enti cooperativi.

A causa della nuova regolamentazione legislativa, nel periodo dal 2011 al 2013, proprio a seguito

dell’eliminazione delle cooperative spurie, il numero delle cooperative è diminuito del 48%, il

numero dei soci del 33% e il numero dei dipendenti del 36%. Attualmente, solo lo 0,3% della

popolazione croata è membro di cooperative, mentre nella UE la corrispondente percentuale si

attesta sul 33%.

Il supporto dello Stato al sistema cooperativo

Il ruolo del sostegno istituzionale al sistema cooperativo è quello di fornire assistenza e informazioni

sulle opportunità offerte dal mercato, fornire assistenza ai soci cooperativi, sviluppare in modo etico ed

efficace la produzione di beni e servizi e collaborare in genere in ogni fase del ciclo di vita cooperativo.

Questo sostegno comprende attività quali la ricerca di mercato, la formazione e lo sviluppo di

competenze imprenditoriali per i soci e la direzione, l'assistenza alla preparazione di piani aziendali e

finanziari per l’affermazione della imprenditorialità cooperativa nella comunità locale.

A questo si aggiunge il sostegno finanziario, che si sviluppa sia a livello nazionale sia regionale sia sotto

forma di contributi che di agevolazioni di vario tipo. Per questo le organizzazioni imprenditoriali e le

associazioni delle cooperative stanno promuovendo l’armonizzazione degli interessi comuni dinanzi

agli organi governativi. Si parla, infatti, di porre maggiore attenzione allo sviluppo dell'istruzione

professionale permanente nel campo della gestione cooperativa e dell’impresa socialmente

responsabile. Si evidenzia la necessità di promuovere lo sviluppo di un marchio cooperativo per la

conservazione della tradizione, dell'autenticità e dell'origine prodotti, acquisendo il logo '.coop', in

modo da fornire alle cooperative croate una maggiore visibilità mercati esteri.

Sebbene la legislazione cooperativa croata sia disciplinata dagli standard dell'UE, il sostegno

fiscale e istituzionale non è ancora sufficiente per l’ottenimento di una promozione di uno

sviluppo di maggior qualità delle cooperative in genere e di quelle agricole in particolare.

È necessario, quindi, stabilire un audit cooperativo per controllare l'accuratezza delle imprese e delle

attività, applicando i principi mutualistici e, di conseguenza, incoraggiare l'imprenditorialità cooperativa

attraverso vari sgravi fiscali. Risolvere il problema della doppia imposizione per i soci della cooperativa

sarebbe, poi, favorevole per l'intero sviluppo del movimento agricolo e cooperativo croato, portando

tale sistema all'originale fisionomia cooperativa che è presente nella maggior parte dei Paesi del mondo

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sviluppato. Un maggiore sviluppo delle cooperative agricole influenzerebbe, inoltre, il corrispondente

sviluppo delle zone rurali e dell'economia croata nel suo complesso.

La cooperazione agricola: un quadro d’insieme

Volendo fare una breve e sintetica analisi sullo sviluppo dell’agricoltura in Croazia, è necessario

rilevare che la scarsa competitività dell'agricoltura croata nel mercato UE è causata da una serie

assai ampia di limiti, che ne condizionano fortemente il possibile incremento. In particolare, si

deve evidenziare l’esistenza di infrastrutture di mercato piccole e frammentate, scarsamente

sviluppate, e un basso livello tecnologico di produzione.

In tali circostanze, uno dei fattori indispensabili per aumentare la competitività dell'agricoltura interna

è lo sviluppo delle aziende agricole familiari e il passaggio necessario è proprio la creazione di

cooperative. Numerose esperienze nell’UE e nel mondo dimostrano, infatti, che, se opportunamente

sviluppate, le cooperative agricole operano come un'impresa di successo grazie alla realizzazione di un

modello economico che contribuisce alla loro competitività nel mercato alimentare globale, rafforzando

al contempo il potere contrattuale nell'approvvigionamento alimentare.

Secondo i dati disponibili, è possibile mettere a confronto l'attuale situazione delle cooperative croate

nel settore agricolo con le cooperative agricole in determinati Stati membri dell'UE. L'analisi sviluppata

ha mostrato che il contributo delle cooperative nella produzione, acquisto e fatturato dei prodotti

agricoli in Croazia è ancora marginale, evidenziando come queste entità non riescano ancora a

rispondere alle incessanti richieste proposte dal mercato, sia sotto il piano della produzione, sia sotto

l’aspetto tecnologico necessario per stare al passo con le cooperative operanti in altri Stati UE.

La legislazione cooperativa in Croazia è regolata dalle normative standard dell'UE, ma il sostegno

finanziario e istituzionale non è sufficiente a incentivare lo sviluppo delle cooperative agricole.

Nonostante le favorevoli condizioni agro-climatiche e la diversità dell’ecosistema, la produzione

agricola in Croazia è diminuita nel lungo periodo, il che testimonia un basso livello di autosufficienza e

un’elevata importazione di alimenti dall’estero, a scapito della produzione interna.

Come già indicato, uno dei presupposti fondamentali per aumentare la competitività e la

sostenibilità della produzione agricola locale è lo sviluppo imprenditoriale delle aziende agricole

a conduzione familiare, attraverso l’aggregazione in rete e la costituzione di cooperative agricole.

Tali forme di aggregazione aziendale sono particolarmente importanti nelle attività di gestione

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La società cooperativa nel mondo

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dei terreni, nella vendita di prodotti agricoli, della loro distribuzione e commercializzazione

all’ingrosso, dove la competitività delle aziende agricole a conduzione familiare è molto bassa.

Numerosi esempi hanno dimostrato che le cooperative operano con un modello di business di successo,

che organizza gli agricoltori e contribuisce alla loro competitività, elevando la loro posizione nel

mercato alimentare globale e nel rafforzare il potere contrattuale nelle filiere alimentari.

In tutto il mondo molte cooperative fanno parte di strutture di rete complesse che combinano più

funzioni e servizi come produzione, finanza, audit, assicurazione, marketing, istruzione, consulenza in

tutti i settori economici. Le cooperative possono essere, dunque, uno strumento molto importante per i

"servizi di auto aiuto" nelle zone rurali.

Secondo gli indicatori socioeconomici di base, l'economia agricola croata genera complessivamente

circa il 6% del PIL. Nell'ultimo decennio, la relazione emanata dal Ministero dell’agricoltura croato sui

prodotti agricoli e alimentari mostra come vi sia stato un costante deficit nel commercio estero,

evidenziando per la Croazia una forte necessità di importazione di prodotti alimentari, in particolare dal

resto dell’Europa.

La Croazia conta circa 233.000 aziende agricole, in misura quindi notevolmente inferiore alla media UE.

La maggior parte di esse sono piccole aziende a conduzione familiare, con meno di 2 ettari di terreno

per azienda. Al contempo, la quota delle aziende più grandi, che conducono più di 50 ettari, rappresenta

solo l'1,4% del totale delle aziende agricole in Croazia.

Un ulteriore problema che si presenta per l’agricoltura croata è quello della frammentazione interna

dei terreni agricoli, in quanto si è in presenza di aziende agricole con fino a 15 terreni separati, cosa

assolutamente sfavorevole dal punto di vista dell'efficienza e della produzione. In queste circostanze,

a fronte di una dimensione media dell'azienda fondiaria che non è in grado di fornire piena occupazione

e un adeguato reddito agli agricoltori, solo l’aggregazione in cooperativa è riuscita a risolvere tale

aspetto. Non è riuscita, però, a risolvere l’ulteriore problema della qualificazione degli agricoltori. Il

numero dei soci delle cooperative agricole è rappresentato per la maggior parte dagli stessi agricoltori

proprietari dei terreni e dai loro familiari, con una quota che si aggira intorno al 90% del totale della

forza lavoro. Tale forza lavoro è composta per lo più da lavoratori in età anziana, con un'età media di

59,8 anni, mentre solo il 4,5% di loro ha un’età inferiore ai 35 anni.

La forza lavoro così composta ha, poi, anche una formazione professionale di basso livello; solo il 5%

ha un'istruzione, formata in specifici centri di formazione universitaria o di enti specializzati, mentre la

maggior parte degli agricoltori (76%) ha una conoscenza basata sull'esperienza pratica.

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60 Cooperative e dintorni n. 29/2020

Nel 2013 il movimento cooperativo agricolo croato registrava 444 cooperative agricole (39%), con 8.080

soci (42%) e un impegno lavorativo per 1.378 lavoratori (51%). Nell'anno precedente tali enti cooperativi

hanno avuto un gettito di 187,4 milioni di dollari (pari al 56% del totale delle entrate del settore

cooperativo). Dati strutturali nel settore delle cooperative agricole mostrano che 276 cooperative

operano nella produzione agricola (54%), 88 nella produzione zootecnica (17%), 39 in pesca d’acqua

dolce, pesca marina e acquacoltura (8%). Le restanti cooperative si sono impegnate nella produzione di

modelli misti e di altre attività di servizio aggiuntive in coltura e produzione animale, silvicoltura e

caccia (21%).

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61 Cooperative e dintorni n. 29/2020

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