Le Chies Romaniche di Brenzone - Sant'Antonio a Biaza
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CONOSCERE IL BALDO – GARDA
I° CORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI TURISTICI AMBIENTALI
USCITA: SABATO 7 FEBBRAIO 2015
LE CHIESETTE DI BRENZONE
RELATORE/ACCOMPAGNATORE: PROF. GIULIANO SALA
Trascrizione dell’uscita per la visita a 3 Chiese Medioevali di Brenzone
BIAZA – CHIESA DI SANT’ANTONIO
La Chiesa di Sant’Antonio di Biaza nel documento del 1158 non viene citata perché
non esisteva. Si è spesso ipotizzato sulla data di costruzione di questa Chiesa
definendola una costruzione Romanico Campestre perché comunque del Romanico
mantiene le linee ad un’unica navata, abside semicircolare, orientamento
rigorosamente ad Ovest anche quando l’ingresso è a Sud, perché in questo caso
chiaramente ad Ovest non era possibile farlo, ma pur di mantenere l’allineamento
fra l’altare e l’Oriente la Chiesa viene messa con la facciata rivolta verso la scarpata
e l’ingresso viene fatto sul lato Sud.
In seguito ai restauri di una quindicina di anni fa, all’interno sono emersi affreschi
antecedenti a quelli che già conoscevamo quelli tardi quattrocenteschi o primi
Cinquecento, è emerso una serie di dipinti antecedenti e fra i due dipinti anche una
cartella con un’iscrizione che riporta come anno di costruzione della Chiesa il 1349.
Questo è un riferimento importante perché, come ho sempre pensato, ci fa capire
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che l’arte Romanica non finisce nel Dodicesimo Secolo, quantomeno l’architettura
Romanica, soprattutto nel territorio extra urbano viene ripresa e riutilizzata per
secoli seguendo sempre gli stessi schemi sia dal punto di vista architettonico sia
soprattutto dal punto di vista simbolico. Ecco quindi che questa è una Chiesa
Romanica ed è costruita intorno alla metà del 1300.
Sull’esterno possiamo vedere la figura del San Cristoforo, è una raffigurazione molto
punto di vista stilistico, ad un opera diversa. In comune mantengono gli aspetti
iconografici, il Cristoforo dalle dimensioni gigantesche, il Bambino sulla spalla, il
bastone che fiorisce in un ramo di palma, secondo appunto la tradizione agiografica
e soprattutto il fatto di essere raffigurata sull’esterno della Chiesa, perché per
l’invocazione nei confronti di San Cristoforo a protezione dalla mala morte, dalla
morte cattiva in peccato mortale che mandava all’Inferno, ecco che la grande
maggioranza delle raffigurazioni del Santo erano sull’esterno delle chiese, sulle
pareti esterne dei campanili, addirittura su pareti esterne di case ad uso civile, di
modo che la gente passando potesse rivolgere una preghiera al Santo senza bisogno
di entrare in una Chiesa, con la convinzione che il Santo li avrebbe protetti nell’arco
della giornata da una morte improvvisa, la morte accidentale che non permette
neanche una redenzione in fin di vita. Difatti ancora adesso San Cristoforo è il
protettore degli automobilisti, oggi questa è la morte improvvisa, accidentale per
eccellenza. Questo è quindi il motivo per cui il Santo veniva rappresentato
all’esterno, poi il suo culto decadrà dopo il Concilio di Trento (1545-1563).
La Chiesa, nella sua struttura architettonica, è molto semplice, è un’unica navata, in
questo caso abbastanza corta in lunghezza e allargata, la navata termina in un’unica
abside semicircolare
diversa dal San Cristoforo che
abbiamo visto sulla facciata della
Chiesa di Catelletto dove erano
evidenti quelli che erano gli influssi
dell’arte Bizantina, in questo caso
invece, anche se non sono passati
moltissim anni, possiamo ipotizzare
circa 50/60 anni, siamo di fronte, dal
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Quando questa chiesa sia stata costruita ce lo dice questa iscrizione
Su questa cartella c’è una scritta in rosso Millesimo Trecentesimo Quadrigesimo
Nono e diche che la costruzione di questa chiesa fu iniziata nell’anno 1349 nel
giorno di mercoledì 22 aprile (verificato: il 22 aprile del 1349 era un mercoledì),
questa scritta è un caso veramente fortunato, quindi si presume sia stata finita
l’anno dopo al massimo e ci data anche il primo intervento pittorico che è coevo
all’esecuzione della Chiesa come spesso accade, al termine della struttura
dell’edificio si provvedeva anche alla sua decorazione.
che è un po’ rientrante rispetto a quanto
abbiamo visto a Castelletto dove, a partire
anche dalla Chiesa Alto Medioevale e alla
prima Chiesa Romanica l’abside era quasi in
linea con i muri perimetrali, mentre in questo
caso è un po’ più spostata al centro.
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Quanto rimane del primo intervento sono due riquadri, nel primo di sinistra
abbiamo la raffigurazione dell’ultima cena, molto rovinata, intanto c’è da dire che
era stata ricoperta da un affresco in epoca più tarda ma poi l’affresco era in parte
crollato e aveva permesso di riportare alla luce quelli che erano gli affreschi originari
anche se nell’ultima cena abbiamo una caduta dell’intonaco nella parte superiore di
sinistra che ha danneggiato notevolmente il dipinto. Quanto noi ora vediamo è la
tavola imbandita con i soliti riferimenti eucaristici: il vino, il pane, ma anche con il
pesce che allude alla comunità dei fedeli redenti dopo il battesimo. Il pesce, nella
tradizione simbolica nell’arte Paleo Cristiana si riferiva a Gesù Cristo, al salvatore
degli uomini, invece nell’arte Romanica il pesce è un simbolo di purezza, difatti l
Diluvio Universale colpì le persone, gli animali della terra non quelli delle acque,
quindi il pesce era considerato un animale puro, non contaminato dal peccato e,
appunto soprattutto nell’iconografia Romanica tende a diventare simbolo della
comunità dei fedeli ritornati a nuova vita attraverso il Sacramento del Battesimo.
Ecco quindi che sempre, nell’ultima cena, è presente il pesce come simbolo, qui non
vediamo il pesce perché siamo a Brenzone e c’era il pesce, queste sono ipotesi
semplici che prendono origine sempre dal fatto di voler interpretare la storia del
passato con la mentalità di adesso, come adesso se vediamo l’apertura a destra
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pensiamo che è così perché è il Meridione, chi è che apre una porta a Nord, però il
motivo non era questo, era un motivo simbolico, per cui si vede molte volte che
studiosi danno significati moderni agli affreschi non tenendo conto dei significati
simbolici, soprattutto nell’arte Romanica eforse fino al Trecento. Quando si vede il
gambero non è perché si mangiavano questi animali ma è un’allusione alla
redenzione, perché anche il gambero fa la muta, cambia il guscio e quindi è un
simbolo di rinnovamento, di redenzione appunto. Quindi il vin,. Il pane, il pesce e poi
le ciliegie, queste sono abbastanza rare, ne ho viste solo in un affresco in una
chiesetta a Volta Mantovana intitolata alla Madonna, anche in questo caso viene
ricondotta sempre a un simbolo di redenzione, di resurrezione praticamente perché
il motivo fondamentale dell’ultima cena è la resurrezione e, secondo la liturgia,
l’istituzione del Sacramento Eucaristico. Vediamo però che in tutte le Ultime Cene,
dalle prime rappresentazioni e anche a questa che è datata 1349, il momento
culminante su cui si sofferma il nostro pittore, come tanti altri, è questo:
Si protende verso Giuda il quale viene raffigurato sempre nella parte esterna e ne
dichiara la sua estraneità dal resto degli Apostoli, nell’atto di prendere questo pezzo
di pane e spesso, adesso qua non si vede ma ha legato in vita oppure tiene nell’altra
mano un sacchetto che allude alla ricompensa dei trenta denari. Ecco che il fatto
qua c’è una mano che scende, un
braccio, e qua c’è l’unico
personaggio che è collocato sul
lato esterno del tavolo, questo è
Giuda e quella è la mano di Gesù
nell’atto di porgere a Giuda il
pezzo di pane, infatti, nei testi
evangelici, quando si parla
appunto dell’ultima cena a un
certo punto si riferisce che Gesù
disse la famosa frase: “uno di voi
mi tradirà” Marco chiede: “chi
Maestro?” e lui dice: “colui al
quale io darò questo pezzo di
pane intinto nel sugo”. E infatti
ecco appunto la mano di Gesù che
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centrale non è tanto l’istituzione del Sacramento dell’Eucarestia ma è la denuncia
del tradimento di Giuda perché probabilmente, nell’immaginario popolare
Medioevale, il fatto del tradimento di Giuda e la sua denuncia era la cosa che più era
rimasta impressa, che più aveva colpito e che si voleva denunciare perché il
tradimento era un peccato imperdonabile, forse era anche un po’ una reticenza di
un periodo, che ancora comunque nel Trecento vedeva tante relazioni basate sul
rapporto feudale, se pensiamo al Monastero di San Zeno che aveva rapporti di
Signoria Feudale nel nostro territorio nel Trecento e anche nel Quattrocento e anche
dopo, quindi nel rapporto feudale fra vassallo e signore, l’aspetto fondamentale è
mantenere i patti è la fedeltà del vassallo appunto verso il signore e il tradimento
viene visto come il peccato grave da denunciare. Il personaggio che si riconosce fra
gli apostoli è il penultimo, San Bartolomeo il quale non ha il coltello perché gli serve
per mangiare ma perché abbiamo visto come il coltello sia simbolo di San
Bartolomeo. Quindi abbiamo questa cartella con l’iscrizione come abbiamo visto
prima e poi a seguire un altro riquadro suddiviso dove a sinistra abbiamo la
abito con motivi a fiori, in questo caso invece non è così.
raffigurazione di San Giacomo
Apostolo, San Giacomo Maggiore
che riconosciamo da quanto si
intravede dell’impugnature del
bastone da pellegrino che è il suo
simbolo principale e a destra
abbiamo ancora la raffigurazione di
San Bartolomeo, in questo caso
identificato dal coltello che
impugna nella mano, il coltello
perché San Bartolomeo subì il
martirio attraverso lo scuoiamento.
In questo caso l’abito non porta il
motivo a fiori, come si vede spesso
in tantissime rappresentazioni di
San Bartolomeo, anche l’abito
denuncia il suo martirio ed è un
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A un certo punto la Chiesa divenne quasi una chiesa non proprio privata ma una
Chiesa di “jus patronato” della Famiglia Brenzoni. Jus patronato significa che la
Famiglia Brenzoni si assume l’onere del mantenimento della Chiesa ma soprattutto
anche del sacerdote che veniva a celebrare la messa in questa Chiesa il quale non
poteva essere un sacerdote mantenuto dalla Chiesa, questa era una Cappella, senza
“cura d’anime” quindi qua il sacerdote ceniva solamente la domenica o nelle feste di
precetto a celebrare la messa. Chi pagava questo sacerdote? Chi lo manteneva? Era
la Famiglia Brenzoni. In cambio la Famiglia Brenzoni aveva il diritto di proporre la
candidatura al Vescovo poi procedeva alla nomina ma su indicazioni fornite dal “jus
patrono”, in questo caso una famiglia nobiliare, in altri casi sono le intere comunità,
soprattutto quando si evolveranno poi in Parrocchie, perché tante nascono come
Parrocchie non tanto di libera collazione ma di libero patronato, per esempio a
Costermano esiste un documento di fine Quattrocento in cui la comunità, a un
certo punto, fa un atto nel quale cede al parroco dei terreni in modo da costituire un
beneficio parrocchiale che possa mantenere il parroco e i suoi successori, infatti il
parroco è impegnato anche a farli fruttare, a farli rendere questi beni e non lasciarli
andare in rovina perché dovranno essere la sussistenza deiparroci a seguire nel
tempo, ed è per questo che si legavano al beneficio parrocchiale dei beni immobili,
dei terreni, che non potessero andare persi come sarebbe stato per il denaro,
terreni che di solito venivano locati e con le entrate si manteneva il parroco.
Quindi i Brenzoni, a un certo punto, hanno il jus patronato sulla Chiesa e ne fanno il
loro piccolo monumento sepolcrale, infatti l’affresco che noi vediamo sotto
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è probabilmente un affresco che riguarda il monumento sepolcrale, ci doveva essere
probabilmente un sarcofago o una tomba come sembra ci sia qua sotto, che era
della Famiglia Brenzoni, infatti questo si legge nel testamento di Delaido Brenzoni
che dice che vuole essere sepolto nella Chiesa di Sant’Antonio dove ci sono i suoi
antenati. Quindi secondo me quando fanno il sepolcro dipingono anche l’affresco
che si divide chiaramente in due parti distinte, la prima celebrativa, con lo stemma
della Famiglia, vediamo due putti che sorreggono appunto lo stemma della Famiglia
Brenzoni che è quello con le tre stelle
I Brenzoni avevano possedimenti anche nel Caprinese ma là era la Famiglia con il
leone.
Quindi abbiamo visto la parte celebrativa che ricorda la Famiglia e a fianco tutta la
famiglia che si fa ritrarre ai piedi della Vergine e sotto ci sono i vari nomi dei
componenti.
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I caratteri delle iscrizioni sono molto simili a quelli che si possono leggere presso la
zona cimiteriale nei pressi della Chiesetta di San Michele di Gaium, quella sull’Adige,
dove abbiamo anche un frammento inferiore di un Santo Francescano che è identico
a quello che vediamo qui.
La celebrazione della Famiglia Brenzoni si raccoglie in atteggiamento devoto ai piedi
della Vergine e del Bambino. Sotto abbiamo questi motivi marmorei che sono
abbastanza indicativi dell’epoca di esecuzione che sappiamo definire in quanto
abbiamo un’iscrizione
Dove si legge chiaramente 1 4 8 1 dove l’8 è scritto quasi fosse una X poi 1 4 e poi si
vede poco, il che ci fa capire che questo affresco, quando va a coprire l’altro, è
senz’altro dopo l’anno 1481 e un po’ prima di quando Adelaido fa testamento e
indica il luogo dove vuole essere sepolto, nei primi decenni del 1500. Quindi
all’epoca l’affesco o c’era già oppure c’era il sepolcro ma non l’affresco. Anche dal
punto di vista stilistico il periodo è quello. Sarei comunque più propenso a portarlo
alla fine del Quattrocento che non all’inizio del Cinquecento, perché anche il motivo
araldico, la forma dello scudo la ritrovo molto vicina ad altre copie per esempio alla
SS Trinità a Torri dove c’è il monumento ai Calderini il motivo araldico dello scudo è
identico e siamo intorno alla fine del Quattrocento, data alla quale risale l primo
intervento della chiesa di San Michele di Gaium che viene poi ricoperto da un
affresco più tardo risalente alla seconda metà del Cinquecento.
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Relativamente alle simbologie sui Santi per esempio San Bartolomeo, il Santo
scorticato è anche la terra scorticata dalla siccità, o il Giovanni Battista, nella novella
di D’Annunzio “La figlia di Iorio” riporta una tradizione, in vigore soprattutto nel Sud,
che chi nel giorno di San Giovanni avesse visto nel cielo, al sorgere del disco del sole,
il volto del Battista, si sarebbe sposata entro l’anno e quindi le ragazze nubili
aspettavano l’alba per vedere la testa del Battista, o da bambini quando si metteva
la chiara dell’uovo nella brocca d’acqua la notte dei SS Pietro e Paolo.
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Storia della Famiglia Brenzoni
la fonte è l' Enciclopedia storico-nobiliare di Vittorio Spreti.
Brenzone
Arma : Di rosso troncato da un filetto di nero : nel 1°al leone illeopardito di oro ; nel 2°a tre bande
d'oro (D.M. di Ricon. 20 maggio 1901).
Dimora : Verona e Desio (Milano)
Anticamente, in numerosi documenti, è chiamata De Rangonis de Brenzono (princ. del sec. XIV) ; più tardi
abbandona il vecchio cognome per assumere solo quello di provenienza (Brenzone, sul Garda), dove
occupò il Castello per quasi tutto il trecento.
Capostipite finora conosciuto è BENEDETTO de Rangonis de Brenzono vissuto nella seconda metà del XIII
sec ; il figlio di questo, BARTOLOMEO, fu tra i maggiori mutuanti al Comune di Verona, nel prestito
pubblico emesso da Mastino della Scala nel 1339.
NICOLO' (di Franceschino, di Bartolomeo, di Benedetto) fece parte del Consiglio dei XII e dei L del Comune
di Verona del 15 luglio 1396. Questo Nicolò unitosi in matrimonio con Maddalena, figlia del Notaio
Giovanni dagli STATUTI, (figlio di Facino, compilatore della legislazione di Cangrande) passò a Verona
circa il 1375.
Da quell'anno la famiglia abbandonò Brenzone sul Garda e passò in città e suoi membri presero parte al
nobile patrio Consiglio fino dal 1406 e poi sempre, ininterrottamente, per secoli, occupando anche le più
eminenti cariche cittadine. Vi si notano infatti provveditori di Comune, capitani del Garda, Podestà di
Legnago e Peschiera, Capitani e Vicari di Zevio, di Cerea, di Garda, di Lavagno, di Montecchia ecc., Vicari
della Casa dei mercanti, ecc. ecc.
La famiglia fu infeudata di Campione sul Garda il 4 ottobre 1396 da parte della potente Abbazia di Leno
nel Bresciano ; nel 1403 ebbe in feudo terre a Villimpenta ; nel 1407 ebbe Cisano con le peschiere, dalla
Camera fiscale ; nel 1746 fu investita della Contea di Cisano di Gardesana ; nel 1755 (1°dicembre) ebbe,
pro parte, il feudo di Asparedo.
Un ramo famigliare, con Decr. del Ven. Senato del 26 febbraio 1786, ottenne il titolo di Conte di S. Vigilio
e con esso venne iscritto nell' A.L.T.
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La sepoltura di famiglia fu dal 1422 in S. Fermo di Verona, dove il tumulo è adorno delle opere insigni
dello scultore Nanni di Bartolo e del pittore A. Pisanello, costituendo un celebre monumento sepolcrale
del XV secolo dell'arte italiana.
http://it.wikipedia.org/wiki/Monumento_ ... 2_Brenzoni
Vari membri della famiglia si resero chiari nelle armi, nelle lettere, e nel diritto :
- GIACOMO valoroso guerriero sotto i signori di Milano.
- NICOLO' nominato Cavaliere di S. Marco.
- BARTOLOMEO eletto ad incontrare il Cardinale Marco Cornaro e scelto fra gli ostaggi tenuti da
Massimiliano d'Austria.
- FRANCESCO incaricato di riporre nelle mani del Doge le chiavi di Verona e inviato a ricevere Caterina,
Regina di Cipro.
- GIROLAMO BENEDETTO e LAURA furono letterati e poeti, specie quest'ultima di chiara fama.
- AGOSTINO merita speciale menzione quale grande giureconsulto e oratore della Serenissima Repubblica,
amico dei migliori letterati del suo tempo, costruttore della celebre villa di S. Vigilio sul Garda, della cui
erezione fu dato incarico all'architetto M. Sammicheli.
La famiglia è attualmente rappresentata da :
Antonio, di Luigi, di Antonio e di Regina ROSSETTI (* Lazise, VR, 23.X.1860),
sposato a Besozzo (CO) 28 dicembre 1887 con Maria MAZZOLA
Figli :
- INES (* Besozzo, 16.I.1889)
- LANFRANCO (* ivi, 12.VII.1892 † in guerra a Conca Lancia, 14.III.1916)
- REGINA (* Besozzo, 28.III.1894)
- ALBERTO (* Locate Triulzi, 17.VIII.1902), avvocato
Altro ramo
Teobaldo, di Francesco, di Antonio e di Pasqua FUSARI (* Verona, 03.I.1858 † 09.VIII.1932),
avvocato, prof. di Belle Lettere, Presidente della Cassa di Risparmio di Verona e di Vicenza, Vice
Presidente dell'Ospedale di Verona, Presidente dei Gruppi educativi, ecc
sposato il 20 febbraio 1890 con Innocenza GARLONI
Figli :
- RAFFAELLO (* Verona, 28.XI.1890),
dottore in Giurisprudenza, pittore, restauratore dei dipinti per le R. Sopraintendenze, ricostruttore di
monumenti nazionali, appartenente ad Accademie e Deputazioni di Storia Patria, scrittore di storia d'arte,
autore di numerose pubblicazioni,
sposato il 16 ottobre 1924 con Angela GIACOMETTI
- WALBURGA (* Verona, 29.VI.1893)
La famiglia è iscritta nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana e nell' Elenco Uff. Nob. Ital. 1933 coi titoli
di Conte (m) e Nobile (mf).