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SIMPOSIO S.I.C.S.S.O. in S.O.I.

Milano, 24 Novembre 2005

LE CHERATITI MICROBICHE

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LE CHERATITI MICROBICHE

Vincenzo Sarnicola, Luigi Conti,Deborah Ballerini, Chiara Signori,

Luigi Fontana*, Gabriella Parente*, Giorgio Tassinari*

Unità Operativa di Oculistica, Ospedale Misericordia, Grosseto

*Unità Operativa di Oculistica, Ospedale Maggiore, Bologna

Editore

SIMPOSIO S.I.C.S.S.O. in S.O.I.

Milano, 24 Novembre 2005

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Edizione fuori commercioOmaggio per i Signori Medici Oculisti

Finito di stampare nel mese di Novembre 2005

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CONSIGLIO DIRETTIVO

PRESIDENTE

Prof. Vincenzo Sarnicola - Grosseto

VICEPRESIDENTE

Prof. Leonardo Mastropasqua - Chieti - Pescara

SEGRETARIO

Dott. Alberto Montericcio - Trapani

TESORIERE

Dott. Luigi Conti - Grosseto

CONSIGLIERI

Dott. Vincenzo Napoli - Salerno

Dott. Matteo Piovella - Monza

Dott. Giustino Boccassini - Roma

Dott. Giancarlo Caprioglio - Venezia

Dott. Antonio Mocellin - Lecce

RAPPORTO CON LE BANCHE DEGLI OCCHI

Dott. Luigi Fontana - Bologna

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INDICE

Prefazione Pag. 9

Capitolo 1LE CHERATITI BATTERICHE " 11

Capitolo 2LE CHERATITI MICOTICHE " 41

Capitolo 3LA CHERATITE DA ACANTHAMOEBA " 55

Capitolo 4DALLA DIAGNOSI ALLA TERAPIA MEDICA " 63Strategie diagnostico-terapeutiche per il trattamento delle cheratiti microbiche

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PREFAZIONE

Cari colleghi e soci S.I.C.S.S.O.,

anche quest’anno riusciamo a mantenere l’impegno di pubblicare, in occasione

dell’85° Congresso Nazionale S.O.I. di novembre, l’attesa monografia. Dico attesa

perché numerosi ed incoraggianti sono stati i riscontri delle precedenti pubblicazio-

ni. L’appuntamento con una «review» è apprezzato da molti colleghi perché consente

un pronto e facile approccio al problema, sicuri di non trascurare l’aggiornamento.

Anche le aziende sponsor si dimostrano disponibili, consentendone la realizzazione.

Quest’anno ringraziamo la sempre presente e generosa SIFI, che accompagna con

attenzione e puntualità lo sviluppo dell’Oftalmologia in Italia.

Perché «Le cheratiti microbiche»? Ci è sembrato giusto concludere il capitolo delle

infezioni corneali, già avviato lo scorso anno con la cheratite erpetica. La scelta è

stata anche in considerazione del fatto che lo scorso Congresso Nazionale

S.I.C.S.S.O. di Venezia ha avuto come «main subject» le cheratiti batteriche, le fungi-

ne, la cheratite da Acanthamoeba, rendendo il lavoro più puntuale e opportuno. Que-

sto lavoro esce in concomitanza con l’elezione del nuovo Consiglio S.I.C.S.S.O., che

personalmente considero come «fresca linfa vitale» in aiuto allo sviluppo di questa

giovane società, che continua a porsi obiettivi importanti. Personalmente ringrazio

tutti i componenti del nuovo Consiglio per aver messo a disposizione la propria pro-

fessionalità, il proprio lavoro, il proprio tempo. Concludo sperando che anche questa

monografia Vi soddisfi come le precedenti ed auguro una buona lettura.

Vincenzo Sarnicola

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Le cheratiti batteriche rappresentanoun’urgenza-emergenza oculistica inquanto possono evolvere verso unaperforazione corneale ed un’endoftalmi-te. Non sono caratterizzate da segni spe-cifici. La diagnosi viene effettuata in se-guito ad un’attenta anamnesi, un correttoinquadramento clinico ed un adeguatolavoro di laboratorio per identificare ilgerme e garantire un’antibioticoterapiamirata. Meno frequentemente la terapia èchirurgica, volta al ripristino delle difesedella superficie oculare (innesto di mem-brana amniotica, tarsorrafia ecc.), o al-l’eradicazione dell’infezione. Più fre-quentemente bisogna ricorrere ad unacheratoplastica quando gli esiti cicatri-ziali, sequele di queste gravi infezioni,condizionano il visus.

FATTORI DI RISCHIO (Tab. I)

La superficie oculare costituisce una del-le più importanti difese dalle infezioni

esterne. Le palpebre, il film lacrimale,l’epitelio corneale e la flora batterica sa-profita svolgono un complesso gioco disquadra che evita e contiene l’infezionebatterica, ma il sopraggiungere di unmeccanismo che mina questo team con-sente la vulnerabilità del sistema conl’insorgenza dell’infezione batterica.L’eccessiva esposizione corneale per ma-leocclusioni palpebrali, la cattiva distri-buzione del film lacrimale per rarità del-l’ammiccamento e perdita del tono pal-pebrale, disordini di produzione quanti-tativi e qualitativi delle lacrime, altera-zioni del loro sistema di drenaggio, sonotra le principali cause promuoventi unacheratite infettiva. Le lacrime hanno unruolo batteriostatico e battericida per lapresenza di immunoglobuline, dei fattoridel complemento, di enzimi quali il liso-zima, la lattoferrina, la betalisina, la ce-ruloplasmina. Le blefariti croniche deter-minano un’alterazione del film lacrimaleche, in concomitanza anche con un mini-mo trauma corneale, facilitano l’insor-

Le cheratiti battericheV. Sarnicola, L. Conti, C. Signori, D. Ballerini

Unità Operativa di Oculistica, Ospedale Misericordia, Grosseto

CAPITOLO 1

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V. Sarnicola, L. Conti, C. Signori, D. Ballerini

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genza di una cheratite batterica. Malattiesistemiche come quelle reumatiche, chedeterminano il quadro dell’occhio secco,o malattie che provocano immunodefi-cienza come l’AIDS, rappresentano altrecondizioni promuoventi. L’epitelio cor-neale gioca un ruolo centrale nella pato-genesi dell’infezione batterica. La mag-gior parte dei batteri non è in grado di at-traversare la barriera epiteliale se non inconcomitanza di un trauma. Solo alcunibatteri (Gonococco, Corynebacteriumdiphteriae, Haemophilus aegyptius, Li-steria monocytogenes) sembrano esserecapaci di attraversare l’epitelio integro.Per questo motivo un trauma epiteliale,anche se di modesta entità, gioca un ruo-lo spesso determinante. La flora battericasaprofita modula la replicazione batteri-ca attraverso la produzione di batterio-chine che inibisce la produzione deiGram- e dello pneumococco. L’uso inap-propriato di antibiotici, per lungo perio-do, può distruggere la flora batterica sa-profita e, in occasione di un microtrau-

ma, facilitare lo sviluppo di una cheratitebatterica selezionando batteri resistenti.In questi casi si sviluppano ulcere cor-neali gravi e spesso resistenti alla terapiamedica. Altro fattore di rischio è rappre-sentato dall’ambiente di lavoro. Le che-ratiti batteriche sono più frequenti negliagricoltori nei quali evidentemente lapossibilità di un trauma, più o meno im-portante, in associazione con il contattocon liquidi contaminati è più facile. Ilcontatto con liquidi contaminati di medi-camenti topici non adeguatamente pro-tetti da conservanti è stato in passatocausa di cheratiti iatrogene. L’uso dellelenti a contatto rappresenta il più fre-quente fattore di rischio di un’infezionebatterica. L’incidenza d’infezione ripor-tata in letteratura è pari a 0,02% per lelenti a contatto rigide, a 0,04% per le gaspermeabili e per le morbide giornaliere,mentre il rischio sale allo 0,2% con l’usodelle lenti permanenti essendo più fre-quente il loro impiego notturno. L’infe-zione è molto meno frequente, ma sem-

FATTORI DI RISCHIO

TABELLA I

OculariTraumi cornealiLenti a contatto

Erosioni epiteliali ricorrentiSindrome da occhio seccoMaleocclusioni palpebrali

Blefariti cronicheUso indiscriminato di antibiotici topici

Chirurgia bulbare

SistemiciDiabete

Alcolismo cronicoMalnutrizione

Patologie del collagenePatologie reumaticheImmunodeficienza

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Le cheratiti batteriche

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pre possibile, anche nei portatori di lentiusa e getta. Si ritiene che un portatoreabituale di lenti a contatto abbia un ri-schio di sviluppare una cheratite infetti-va, nella sua vita, del 1,5%. L’uso noncorretto delle lenti, la scarsa igiene sonospesso alla base della cheratite. Le ma-lattie della superficie oculare e tutte lecondizioni che ne inducono una riduzio-ne delle difese, come il diabete, l’alcoo-lismo, la malnutrizione, possono essereassociate ad un aumento dell’incidenzadelle cheratiti batteriche. La metaplasiasquamosa degli epiteli, l’instabilità delfilm lacrimale, le alterazioni del glicoca-lice incoraggiano la replicazione batteri-ca e consentono il superamento dell’epi-telio per lo sviluppo della cheratite. An-che la distrofia epiteliale della membranabasale, la distrofia a lattice, le cherato-congiuntiviti atopiche, provocando ero-sioni epiteliali ricorrenti, possono pro-muovere cheratiti batteriche. Un’elevataincidenza (2-5%) di cheratiti battericheè, inoltre, descritta nei lembi trapiantati,a causa di una preesistente contamina-zione del lembo, dello stato neurotrofico,delle suture, dell’uso di lenti a contatto edel prolungato uso di steroidi ed antibio-tici locali. Cheratiti batteriche sono state descrittedopo cheratotomia radiale e LASIK(0,01-0,05%). L’infezione corneale puòavvenire nel primo periodo postoperato-rio o dopo molti anni dall’intervento. Ir-regolarità epiteliali, instabilità del filmlacrimale, ferite a becco, erosioni ricor-renti, ipoestesia corneale possono predi-sporre alle infezioni corneali.

PATOGENESI

Le cheratiti batteriche possono esserecausate da una varietà di microorganismi(Tab. II). Mentre le infezioni da Stafilo-cocchi e da Pseudomonas sono le più co-muni in Europa e negli Stati Uniti, l’infe-zione streptococcica (in particolare da S.pneumoniae) è la causa più frequente dicheratite batterica nei paesi in via di svi-luppo. Non è noto quale sia la quantitàminima di microorganismi che possacausare un’infezione corneale. Teorica-mente anche solo un microorganismopuò dare origine ad un’infezione cornea-le. E’ stato dimostrato su modelli animali

AGENTI EZIOLOGICI PIU’ COMUNI

TABELLA II

Gram + 50-90%• Cocchi S. aureus 11-30%

S. coagulasi – 5-40%S. pneumoniae 5-25%S. viridans 1-15%

• Bacilli Corynebacterium 1-5%Propionibacterium 1-5%Mycobacterium 1-2%

Gram – 10-50%• Bacilli P. aeruginosa 5-45%

S. marcescens 1-8%P. mirabilis 1-5%Altri 1-10%

• Cocco-bacilli H. influenzae 1-6%

Moraxella 1-5%• Cocchi Neisseria 1%

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che 50 Pseudomonas aeruginosa o 100S. aureus possono dare inizio ad un’infe-zione corneale. La cheratite batterica si verifica quando imicroorganismi prevalgono sulle difesedell’ospite. L’agente patogeno aderiscealla superficie corneale lesionata, impe-dendo la normale distribuzione del filmlacrimale. I batteri aderiscono ai bordidanneggiati delle cellule epiteliali cor-neali (glicocalice epiteliale) e alla mem-brana basale o direttamente allo stroma(componenti della matrice extracellulare,come la fibronectina, il collagene e la la-minina) mediante le adesine batteriche.La fibronectina agisce come recettoreper l’acido lipoteicoico dello S. aureus.Altri batteri come lo P. aeruginosa e laNeisseria aderiscono mediante i pili ofimbrie, sottili proteine filamentose disuperficie. L’invasione batterica inizia poche oredopo la contaminazione esogena dellacornea lesa o dopo l’applicazione di lentia contatto contaminate. Due giorni dopol’infezione stromale, si verifica la massi-ma replicazione batterica.Dopo l’inoculazione, i batteri infiltranol’epitelio circostante e raggiungono lostroma più profondo. Essi si accumulanosoprattutto ai margini periferici dell’in-filtrato o negli strati più profondi dellaparte centrale dell’ulcera. L’invasione batterica all’interno della su-perficie delle cellule epiteliali è mediataparzialmente dalle interazioni tra cellulebatteriche/proteine di superficie, invasi-ne, integrine, cellule epiteliali/proteine disuperficie. I batteri in grado di rilasciare

proteasi sono gli unici che possono pene-trare attraverso la superficie corneale in-tatta. Tra questi batteri si annovera la N. gonorrhoeae, la N. meningitidis, il C. diphtheriae, l’H. aegyptius e la L. mo-nocytogenes.Svariati mediatori solubili e cellule in-fiammatorie possono essere indotti dal-l’invasione batterica, causando l’infiam-mazione corneale con eventuale distru-zione tissutale. I microorganismi nellelamelle stromali anteriori producono en-zimi proteolitici che distruggono la ma-trice stromale e le fibre collagene. I mediatori solubili dell’infiammazionecomprendono il sistema formante la chi-nina, il sistema fibrinolitico, le immuno-globuline, i componenti del complemen-to, le amine vasoattive, gli eicosanoidi, ineuropeptidi e le citochine. La produzio-ne di citochine come il TNF-β e l’IL-1porta all’adesione e allo stravaso dei neu-trofili nei vasi limbari. Questo processo èmediato da glicoproteine di adesione co-me le integrine, le selectine e da membridella superfamiglia delle immunoglobuli-ne come le molecole di adesione intercel-lulare (ICAMs). Durante le cheratiti bat-teriche la molecola di adesione ICAM-1(un ligando per le α2 integrine sulla su-perficie dei leucociti) è espressa a livellodelle cellule endoteliali vascolari limbaried è aumentata localmente sulle cellulecorneali. La dilatazione dei vasi sangui-gni della congiuntiva e del limbus è asso-ciata ad un aumento della permeabilità,che causa un essudato infiammatorio nelfilm lacrimale e nella cornea periferica. Ineutrofili polimorfonucleati penetrano al-

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Le cheratiti batteriche

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l’interno della cornea lesionata attraversoun difetto epiteliale, ma soprattutto pro-vengono dal limbus. L’arrivo delle celluleinfiammatorie si verifica entro poche oredall’infezione batterica, particolarmentenell’area infetta. Al momento dell’accu-mulo dei neutrofili nel sito di infezioneviene rilasciata una maggiore quantità dicitochine, leucotrieni e componenti delcomplemento. Conseguentemente i ma-crofagi iniziano a migrare a livello cor-neale per fagocitare i batteri e i neutrofili.Un’estesa infiammazione stromale portaalla degradazione proteolitica dello stro-ma e alla necrosi liquefattiva tissutale. Laprogressione della cheratite batterica di-pende da due fattori fondamentali: la vi-rulenza dell’organismo infettante e la di-fesa dell’ospite. Per esempio, microorganismi molto vi-rulenti come lo Pseudomonas, lo S. au-reus, lo S. pneumoniae, lo Streptococcoβ-emolitico e il Gonococco causano ra-pida distruzione del tessuto, mentre altrimicroorganismi come i micobatteri nontubercolari, gli Stafilococchi coagulasinegativi, lo Streptococco viridans sonosolitamente associati a forme di cheratitimeno aggressive. Alcuni batteri, come iCorynebacteria, che fanno parte dellanormale flora congiuntivale, possono di-venire patogeni opportunisti in occhi dipazienti immunocompromessi. Le chera-titi batteriche possono coinvolgere qual-siasi settore della cornea, ma le infezioniche coinvolgono la parte centrale hannouna prognosi peggiore. E’ molto proba-bile che la cicatrizzazione nella porzionecentrale della cornea causi una perdita

importante del visus, anche nel caso incui l’agente eziologico venga eradicatocon successo. Nel caso in cui una chera-tite batterica non venga trattata si può ve-rificare il drammatico quadro dellaperforazione corneale, con conseguentesviluppo di endoftalmite.

CLINICA

I segni e i sintomi della cheratite micro-bica sono variabili e dipendono dalla vi-rulenza dell’agente eziologico, dalla du-rata dell’infezione, dalle condizioni cor-neali preesistenti, dallo stato immunita-rio dell’ospite e dall’uso precedente diantibiotici e di corticosteroidi. Il quadroclinico della maggior parte delle cheratitibatteriche di solito ha inizio con una ra-pida insorgenza di dolore, fotofobia, calodel visus, iniezione congiuntivale, rea-zione in camera anteriore e/o ipopion.Tuttavia forme di cheratiti causate daMycobacterium non tubercolare si pos-sono presentare con un quadro clinicoinsidioso ed un decorso privo di sintoma-tologia importante. I segni clinici di soli-to non permettono di distinguere l’agen-te eziologico. Non di meno, la diagnosiclinica è possibile quando è disponibileuna storia clinica evidente o il microor-ganismo si presenta con segni clinici ca-ratteristici, come avviene nel caso dellacheratite da Pseudomonas in portatori dilenti a contatto. Talvolta cheratiti da mi-ceti o da Acanthamoeba possono causarequadri difficilmente differenziabili da ca-si di cheratiti batteriche.

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La diagnosi differenziale delle cheratitibatteriche comprende quadri infettivi enon infettivi di infiltrati corneali. I fun-ghi, i parassiti come l’Acanthamoeba, inematodi come l’Onchocerca possonocausare un infiltrato corneale. I virus(HSV, VZV, EBV) producono degli infil-trati immunologicamente mediati chepossono assomigliare ad una cheratitesuppurativa. L’infiltrazione stromale noninfettiva può essere associata con l’usodi lenti a contatto o con la presenza diantigeni provenienti da infezioni batteri-che locali o sistemiche. Patologie siste-miche, come disordini del collagene (ar-trite reumatoide, LES), disordini vasco-lari (poliartrite nodosa, granulomatosi diWegener) e altre patologie infiammatoriecome la sarcoidosi possono essere causadi cheratiti infiltranti. Altre possibili cau-se sono rappresentate da disordini der-matologici (rosacea severa) e condizioniallergiche (cheratocongiuntivite vernalee cheratocongiuntivite atopica). Traumicorneali meccanici, chimici e termicipossono complicarsi con infiltrati cor-neali microbici o sterili.L’esame clinico del paziente con sospet-ta cheratite batterica ha lo scopo di valu-tare eventuali fattori predisponenti o ag-gravanti, di stimare la gravità del quadroclinico e soprattutto di iniziare una tera-pia medica adeguata nel minor tempopossibile. In questi pazienti è fondamen-tale innanzitutto un’anamnesi molto ac-curata. E’ doveroso porre particolare at-tenzione ai sintomi oculari (grado deldolore, presenza di occhio rosso, visioneannebbiata, fotofobia, durata dei sintomi,

circostanze in cui si è verificata la com-parsa dei sintomi) e ai possibili fattori dirischio come infezioni da HSV, VZV,precedenti episodi di cheratiti batteriche,precedenti interventi chirurgici oculisti-ci, uso di lenti a contatto, eventuali trau-mi oculari ed occhio secco. L’esame obiettivo deve comprendere lamisurazione dell’acuità visiva, l’esameesterno e alla lampada a fessura. In molticasi l’acuità visiva può essere compro-messa a causa del malessere del pazien-te, della fotofobia importante, della lacri-mazione e della presenza di infiamma-zione. E’ utile tuttavia documentare l’a-cuità visiva, sincerandosi che il quadroclinico giustifichi il visus.All’esame esterno l’oculista deve osser-vare l’aspetto del volto del paziente, lepalpebre e l’ammiccamento, la congiun-tiva, l’apparato lacrimale e la sensibilitàcorneale, che è spesso trascurata e nonsempre adeguatamente valutata. Allalampada a fessura si devono valutare imargini palpebrali (disfunzione delleghiandole di Meibomio, ulcerazione, tri-chiasi, anomalie od ostruzione dei punti-ni lacrimali), il film lacrimale (occhiosecco), la congiuntiva (infiammazione,alterazioni strutturali come follicoli, pa-pille, cicatrizzazione, cheratinizzazione,presenza di membrane, pseudomembra-ne, ulcerazioni o cicatrici, ischemia lim-bare, corpi estranei), la sclera (infiamma-zione, ulcerazione, cicatrizzazione/assot-tigliamento, noduli o ischemia) e la cor-nea (difetti epiteliali, cheratopatia punta-ta, edema, infiltrati/ulcerazione stromali,assottigliamento o perforazione). Devo-

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Le cheratiti batteriche

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no inoltre essere attentamente valutati lalocalizzazione (centrale, periferica, peri-neurale, o adiacente ad una ferita chirur-gica o traumatica), la densità, le dimen-sioni, la forma (ad anello o con lesionisatelliti) la profondità, le caratteristichedell’infiltrato (suppurativo, necrotico,molle, cristallino) e il colore dell’ulceracorneale. Non deve inoltre essere trascu-rata l’osservazione dell’endotelio e diun’eventuale infiammazione della came-ra anteriore (presenza di cellule, ipopiono fibrina). Altri segni molto importantisono la presenza di corpi estranei, di su-ture esposte o rotte, segni di distrofiecorneali (distrofie della membrana basa-le o distrofie a lattice) e di precedenti in-fiammazioni corneali (assottigliamento,cicatrizzazione o neovascolarizzazione).Il vitreo anteriore deve essere esaminatoper escludere l’eventuale presenza diun’endoftalmite.Le colorazioni con rosa bengala o confluoresceina possono fornire ulterioriinformazioni, come la presenza di den-driti, di pseudodendriti e di difetti epite-liali. Segni clinici suggestivi di cheratitebatterica sono rappresentati da un infil-trato denso stromale suppurativo (in par-ticolar modo se di dimensioni maggioriad 1 mm) con margini indistinti, edema einfiltrazione di cellule bianche nello stro-ma circostante. Un difetto epiteliale è disolito presente, anche se non necessaria-mente. Lo Pseudomonas, gli Stafilococchi e gliStreptococchi sono gli organismi patoge-ni più comuni. Lo Pseudomonas e la Ser-ratia marcescens (Fig. 1) sono gli agenti

eziologici più frequenti delle cheratiti dalenti a contatto (2/3 dei casi). Non ci so-no segni o sintomi patognomonici per in-dividuare l’agente eziologico responsa-bile, esistono invece molti fattori chepossono alterare la presentazione clinicacome l’uso precedente di antibiotici ocorticosteroidi topici o malattie sistemi-che concomitanti. Nonostante ciò alcuniaspetti caratteristici dell’ulcera infiltran-te possono fornire indicazioni sull’ezio-logia.

STAFILOCOCCHI

Lo Stafilococco, il microorganismoGram+ più comune, è presente normal-mente nella flora oculare. I batteri cre-scono facilmente in mezzi di coltura co-me colonie bianche perlacee. La cheratite da Stafilococco si verifica piùfrequentemente in cornee già compro-messe come nella cheratopatia bollosa,

Fig. 1Cheratite da Serratia marcescens in portatore di lentia contatto.

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nella cheratite erpetica cronica, nella che-ratocongiuntivite sicca, nella rosacea ocu-lare o nella cheratocongiuntivite atopica.Lo Stafilococco aureus tende a produrreun’infiltrazione corneale rapidamenteprogressiva e moderate reazioni in cameraanteriore con precipitati endoteliali edipopion. Le lesioni corneali di solito sonorotonde od ovali con un denso infiltrato ebordi distinti (Fig. 2), ma occasionalmen-te si può sviluppare un microascesso stro-male con bordi maldefiniti. Lo Stafilococco non aureus solitamentecausa infezioni opportunistiche nellecornee compromesse. Più dell’85% dellecolture ottenute da palpebre di soggettidella popolazione normale risultano po-sitive per lo Stafilococco non aureo. GliStafilococchi non aurei sono gli organi-smi più frequentemente isolati nelle che-ratiti batteriche. L’infezione tende a pro-gredire lentamente e gli infiltrati sonosolitamente superficiali. La reazione incamera anteriore è lieve.

STREPTOCOCCHI

La cheratite da S. pneumoniae si verificadi solito dopo traumi corneali, dacrioci-stiti, o infezioni della bozza filtrante.L’ulcera tende ad essere acuta, purulentae rapidamente progressiva con infiltra-zione profonda. La reazione in cameraanteriore è severa con ipopion marcato(Fig. 3) e fibrina retrocorneale. La perfo-razione secondaria all’ulcera è comune.

NOCARDIA

Il N. asteroides cresce lentamente in co-lonie bianche nei mezzi di coltura. Tendea produrre un’ulcera non dolente dopomicrotraumi, particolarmente dopo l’e-sposizione con suolo contaminato. I se-gni caratteristici della cheratite da No-cardia includono fini infiltrati superficia-li rilevati a corona. Le lesioni presentanoun aspetto a «parabrezza crepato». La

Fig. 2Cheratite da Stafilococco aureus con presenza di in-filtrati multipli, di piccole dimensioni.

Fig. 3Cheratite da Streptococco pneumoniae con ipopion.

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Le cheratiti batteriche

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cheratite da Nocardia spesso assomigliaad un’infezione fungina, con un contor-no dall’aspetto filamentoso e lesioni sa-telliti o multifocali.

MICOBATTERI NON TUBERCOLARI

I micobatteri non tubercolari sono statiinizialmente classificati da Runyon inquattro gruppi in base alla velocità dicrescita in coltura e ai caratteri della pig-mentazione. I primi tre gruppi comprendono tutti imicobatteri non-tubercolari a crescitalenta (richiedono circa 2-3 settimane performare colonie in coltura a temperaturaambiente) a loro volta differenziati in ba-se alla produzione di caroteinoidi pig-mentati in:• Micobatteri fotocromogeni (gruppo I),

i quali producono un pigmento giallosolo dopo esposizione a sorgenti lumi-nose.

• Micobatteri scotocromogeni (gruppoII), i quali producono un pigmentogiallo anche nelle colture incubate albuio.

• Micobatteri non fotocromogeni (grup-po III), i quali non producono pigmentio ne producono modeste quantità.

Il quarto gruppo comprende i micobatteria crescita rapida, intendendosi con tale di-zione microorganismi che danno luogo acolonie non pigmentate entro 3-5 giorni. Di questo gruppo, i Mycobacterium for-tuitum e i M. chelone (gruppo IV) sonopiù comunemente associati a malattieoculari, sebbene sia noto che anche i M.

marinum, M. flavescens, M. gordonae,M. szulgai, M. avium-intracellulare,M. asiaticum, M. nonchromogenicum,M. triviale, M. abscessus e il M. mucoge-nicum causino cheratite infettiva. I micobatteri non tubercolari sono orga-nismi ubiquitari nel suolo e nell’acqua esono stati ritrovati nella normale floradella cute, nell’espettorato e nella secre-zione gastrica. La procedura chirurgica più frequente-mente associata allo sviluppo di una che-ratite da micobatteri non tubercolari è laLASIK. Più precisamente il rischio disviluppare una cheratite microbica po-stLASIK è di 1 caso su 1000-5000, an-che se l’incidenza reale è al momentoancora sconosciuta. La fonte dell’infe-zione nei casi isolati è di solito scono-sciuta. Quasi in tutti i casi sono presentiinfiltrati a livello dell’interfaccia, ele-mento che implica l’introduzione del-l’organismo nell’intraoperatorio. Tutta-via non può essere esclusa l’esposizioneambientale postoperatoria. Durante laprocedura chirurgica l’esposizione diret-ta dello stroma corneale permette agli or-ganismi a bassa virulenza di bypassare lasuperficie oculare normale e i meccani-smi di difesa epiteliale. Nel postoperato-rio la presenza del flap può impedire allaterapia antibiotica di penetrare e permet-te quindi la diffusione dell’infezione lun-go l’interfaccia. Fattori di rischio ag-giuntivi che possono predisporre allosviluppo di cheratiti da micobatteri nontubercolari, in pazienti sottoposti a LA-SIK, comprendono un’eccessiva mani-polazione chirurgica del flap, difetti epi-

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teliali e una precedente cheratotomia ra-diale. La cheratite da micobatteri non tuberco-lari è spesso associata con un corredosintomatologico ritardato, il dolore seve-ro può svilupparsi da 2 a 8 settimane do-po l’esposizione al microorganismo. Lelesioni possono essere singole o multifo-cali con reazione variabile a livello dellacamera anteriore. Un ritardo nella diagnosi è dovuto ad undecorso clinico protratto ed alla diffi-coltà di isolare l’organismo.

PSEUDOMONAS

Lo Pseudomonas aeruginosa è il più co-mune patogeno Gram- isolato dalle ulce-re corneali e rappresenta la causa più fre-quente di cheratite associata a lenti acontatto (Fig. 4), caratterizzata da una ra-pida progressione, dalla presenza di den-si infiltrati stromali, dalla suppurazionemarcata, dalla necrosi e dalla formazionedi descemetocele fino alla perforazionecorneale. La cornea non coinvolta pre-senta un aspetto «a vetro smerigliato» ed

Fig. 4Cheratite da Pseudomonas aeruginosa bilaterale in giovane portatore di lenti a contatto (in alto). La terapiaantibiotica su indicazione dell’antibiogramma ha permesso la risoluzione del quadro clinico esitando in leu-comi corneali invalidanti il visus (in basso).

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Le cheratiti batteriche

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una colorazione grigiastra dell’epitelioperiferico. Nonostante la terapia, la che-ratite può progredire rapidamente. Tal-volta, anche dopo apparenti migliora-menti del quadro clinico, si può verifica-re una cheratolisi stromale con perfora-zione. Può essere presente un infiltratocorneale anulare costituito da un accu-mulo di polimorfonucleati (Fig. 5). Cep-pi meno virulenti possono causare opa-cità granulari multiple ed hanno un de-corso più benigno.

NEISSERIA

Le cheratiti causate da N. gonorrhoeae oN. meningitidis presentano di solito undecorso rapidamente progressivo concongiuntivite iperpurulenta e chemosi.Questi microorganismi sono diplococchiintracellulari obbligati Gram-. Le ulceresono estremamente pericolose perchépossono causare rapidamente perforazio-

ne corneale. La congiuntivite e la cherati-te da N. gonorrhoeae necessitano di untrattamento aggressivo con ceftriaxoneper via sistemica a causa della loro ag-gressività e dell’abilità di penetrare attra-verso l’epitelio corneale intatto.

BACILLUS

Il Bacillus cereus, un bacillo Gram+, ècausa di una cheratite rapida e aggressiva.La cheratite da B. cereus è caratterizzatada un infiltrato stromale anulare con unarapida progressione verso lo stroma. Laperforazione corneale e l’estensione in-traoculare con distruzione dei tessuti èmediata da specifiche esotossine.

CHERATOPATIA CRISTALLINAINFETTIVA

Questo quadro patologico è caratterizzatoda un’infiammazione stromale minimacon opacità aghiformi che possono tro-varsi a tutti i livelli dello stroma corneale,con aspetto a fiocco di neve (Fig. 6). Gliagenti eziologici più frequenti sono gliStreptococchi α-emolitici. Altri possibiliagenti eziologici sono rappresentati dalloS. pneumoniae, dallo S. epidermidis, dalPeptostreptococcus, dall’H. aphrophiluse dallo Pseudomonas e da Gram- comel’Acinetobacter, il Citrobacter, l’Entero-bacter e lo Strenotrophomonas. Ne pos-sono essere causa anche il Mycobacte-rium fortuitum, la C. albicans ed altri mi-ceti. Gli organismi invadono la cornea e

Fig. 5Infiltrato corneale necrotico anulare da Pseudo-monas.

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si replicano, causando una risposta im-munitaria dell’ospite modesta. Le coloniedi batteri crescono nella cornea tra le la-melle dello stroma corneale, così che lecheratiti si visualizzano nello stroma co-me strutture lineari o simili a cristalli.Contrariamente alle altre ulcere cornealibatteriche, la cheratopatia cristallina in-fettiva, di solito, presenta un epitelio sanoe non è associata con una severa infiam-mazione stromale. I fattori che alterano larisposta infiammatoria dell’ospite sonouna precedente chirurgia (spesso questoquadro clinico si verifica in un lembo tra-piantato) l’uso di lenti a contatto, l’usocronico di corticosteroidi topici e l’abusodi anestetici. La diagnosi definitiva ri-chiede l’isolamento dell’agente eziologi-co. Per ottenere un adeguato campionecorneale è necessario l’uso di un 25 gau-ge o l’esecuzione di una biopsia corneale.

DIAGNOSI MICROBIOLOGICA

La conferma della natura infettiva di uninfiltrato corneale e l’identificazione defi-nitiva dell’organismo causale possono es-sere ottenute solo tramite esami microbio-logici specifici (colorazioni e colture). So-litamente, la maggior parte dei casi dicheratiti batteriche si risolvono con tera-pia empirica e vengono gestite senzal’aiuto degli esami di laboratorio. In prati-ca, un’identificazione specifica dell’orga-nismo infettivo e i dati di sensibilità al-l’antibiotico sono utili nel caso di falli-mento della terapia antibiotica iniziale perintraprendere una terapia mirata. Le coltu-re sono indicate, generalmente, in caso diinfiltrati corneali di grandi dimensioni,che si estendono dallo stroma medio allostroma profondo, cronici o non rispon-denti ad una terapia ad ampio spettro, che

Fig. 6Cheratopatia cristallina infettiva. A) Questo quadro patologico è caratterizzato da un’infiammazione stro-male minima con opacità aghiformi che possono trovarsi a tutti i livelli dello stroma corneale, con aspetto afiocco di neve. Gli agenti eziologici più frequenti sono gli Streptococchi α-emolitici. Numerosi altri agentieziologici batterici e fungini possono esserne causa. Il trapianto di cornea è una causa predisponente. L’in-fiammazione è modesta e il paziente può essere asintomatico. B) L’immagine confocale evidenzia la formaaghiforme degli infiltrati.

A B

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presentano segni clinici suggestivi di che-ratite microbica, fungina, amebica o damicobatteri. In aggiunta, le colture sonoutili per modificare la terapia in pazientiche non rispondono alla terapia conven-zionale. L’ipopion associato con le chera-titi batteriche è di solito sterile e campionidi acqueo e di vitreo non devono essereprelevati per evitare l’inoculazione intrao-culare dei microorganismi, eccetto il casoin cui si sospetti un’endoftalmite.

COLTURA

Il materiale corneale da mettere in coltu-ra può essere facilmente ottenuto allalampada a fessura con anestesia topica.L’anestetico più indicato è la proparacai-na idrocloride 0,5% per i minimi effettiinibitori sugli organismi. L’uso di altrianestetici topici, come la tetracaina, puòridurre in maniera significativa la scoper-ta dei microorganismi a causa dei suoieffetti batteriostatici. Il materiale cornea-le è ottenuto dai bordi dell’area interes-sata mediante una spatola o lama. Un

piccolo trapano può essere necessarioper ottenere un’adeguata biopsia cornea-le per ulcere con coinvolgimento stroma-le profondo. Campioni multipli dei bordidelle ulcere sono spesso richiesti per ot-tenere la maggiore quantità possibile dimateriale da mettere in coltura. Le ra-schiature dovrebbero essere adagiate suun vetrino per le colorazioni e diretta-mente applicate su terreni di coltura, siasu piastra sia su brodo, per aumentare almassimo la possibilità di crescita. Se ciònon è possibile i campioni devono esseremessi in mezzi di trasporto. In entrambi icasi le colture devono essere immediata-mente incubate o portate prontamente inlaboratorio. Le colture di lenti a contatto,di contenitori per lenti a contatto e solu-zioni associate possono essere utili nelcaso in cui si sospetti l’Acanthamoeba onel caso in cui le colture risultino negati-ve. Colture di materiale proveniente dapalpebre e congiuntiva spesso non sononecessarie per la loro bassa sensibilità especificità. I mezzi di coltura utilizzati incaso di cheratite batterica sono numerosi(Tab. III). L’agar sangue è il mezzo stan-

ESAME COLTURALE

TABELLA III

Mezzo Organismi Agar sangue Batteri aerobiAgar cioccolato Hemophylus, Neisseria, MoraxellaBrodo tioglicato Batteri aerobi, anaerobiAgar destrosio di Sabouraud NocardiaAgar Lowenstein-Jensen Micobatteri non tubercolariThayer-Martin Neisseria gonorrhoeae

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dard usato per isolare i batteri aerobi a35 °C. Questo permette la crescita anchedi funghi saprofiti e di Nocardia a tem-peratura ambiente. L’agar è derivato dal-l’alga marina con un’aggiunta dal 5 al10% di cellule ematiche rosse. L’agarcioccolato è incubato a 35 °C con carbo-ne diossido (CO2) al 10% per isolare or-ganismi facoltativi. Viene preparato me-diante denaturazione con calore del san-gue per procurare emina e difosfopiridi-na nucleotide per la crescita di Hae-mophilus, Neisseria e Moraxella. Il bro-do tioglicato è un mezzo liquido ed è in-cubato a 35 °C per i batteri aerobi edanaerobi. L’agar destrosio Sabouraud èincubato a temperatura ambiente per per-mettere di isolare funghi e Nocardia. Ilmezzo di coltura Lowenstein-Jensen in-cubato a 35 °C è usato in maniera speci-fica per isolare i micobatteri. Il mezzo dicoltura di Thayer-Martin è un agar cioc-colato speciale, selettivo, chimicamentearricchito che permette di isolare la N. gonorrhoeae sopprimendo la crescitadi altri batteri inibitori e di funghi. Il bro-do di infusione cervello-cuore, incubatocon neopeptone in una piastra shaker atemperatura ambiente, è usato specifica-mente per funghi filamentosi e lieviti. Sela quantità di campione è limitata unainoculazione singola nell’agar cioccolatoo brodo tioglicato può essere sufficiente.Per colture aerobiche di campioni ocula-ri la cornea deve essere tenuta in osserva-zione per 7 giorni, mentre per coltureanaerobiche dai 7 ai 14 giorni, prima diaccertarsi della negatività del campione.Colture micobatteriche e fungine devono

protrarsi per 4-6 settimane.Nel caso in cui le colture risultino negati-ve l’oculista può stimare opportuno so-spendere la terapia antibiotica per 12-24ore e quindi procedere ad una secondacoltura. La sospensione temporanea de-gli antibiotici, prima di ripetere la coltu-ra, può aumentare la crescita in coltura.La mancanza di una risposta clinica fa-vorevole, specialmente nel caso di risul-tati colturali precedenti negativi, suggeri-sce la necessità di una nuova coltura e/odi una biopsia corneale.

COLORAZIONI

I patogeni microbici possono essere clas-sificati esaminando campioni colorati diraschiature corneali. La colorazione diGram viene usata di routine per colorarei campioni corneali. La colorazione puòconfermare la presenza di microorgani-smi con una sensibilità del 55-79%. Puòessere utile per distinguere batteri daimiceti. I batteri Gram+ fissano il com-plesso viola genziana iodina e appaionocolor porpora-bluastro. I batteri Gram-perdono il complesso viola-genziana io-dina tramite decolorazione con acido al-colico e appaiono rosa quando vengonocontrocolorati con safranina.La colorazione di Giemsa è primaria-mente usata per distinguere i tipi di cel-lule infiammatorie e le inclusioni intraci-toplasmatiche. Nelle cheratiti microbi-che può distinguere i batteri dai funghi. Ibatteri appaiono neri-bluastri e i funghiappaiono purpurei o bluastri. I corpi in-

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clusi di Acanthamoeba e Clamydia pos-sono essere identificati tramite la colora-zione di Giemsa. La colorazione acridinaarancio è utile come screening. E’ unacolorazione fluorocromatica che si legaall’acido ribonucleico. I microorganismidiventano di colorazione arancio fluore-scente, mentre le cellule epiteliali e i po-limorfonucleati diventano di colorazioneverde fluorescente. Il microscopio adepifluorescenza è necessario per visua-lizzare organismi e cellule. Gli organismiche possono essere visualizzati con acri-dina arancio includono batteri, funghi,Acanthamoeba e micobatteri. In seguitoall’identificazione di un potenziale pato-geno con acridina arancio, possono esse-re utilizzate altre colorazioni per caratte-rizzarlo. L’acridina arancio può esseresovracolorata con colorazione di Gram ocon altre colorazioni come il calcofluorobianco senza decolorazione. L’acridinaarancio predice i risultati della colturanel 71-84% dei casi ed è più sensibiledella colorazione di Gram. Il calcofluorobianco, un altro colorante fluorocromati-co, lega la chitina e la cellulosa nella pa-rete cellulare dei funghi e le cisti diAcanthamoeba. Questi microorganismiappaiono di color verde lucido al micro-scopio ad epifluorescenza. Le colorazio-ni carbol-fucsina o di Ziehl-Neelsen so-no usate per l’identificazione di micobat-teri, Actinomyces o Nocardia. Alcuni diquesti organismi contengono una specifi-ca frazione lipidica resistente alla deco-lorazione con acidi minerali dopo colo-razione con carbol-fucsina basica. I mi-cobatteri sono acidi. I Nocardia sono va-

riabilmente colorabili, mentre gli Acti-nomyces non sono acidi.

TEST DI SENSIBILITA’AGLI ANTIBIOTICI

Gli organismi che possono essere consi-derati non patogeni in un laboratorio ge-nerale possono tuttavia essere patogenicorneali. Gli antibiotici scelti per i test disensibilità devono essere appropriati edincludono agenti disponibili per prepara-zioni oftalmiche topiche. Le tecnichestandard di diffusione su piastra o micro-diluizione sono i metodi di laboratoriopreferiti per testare la suscettibilità deibatteri oculari isolati. Tuttavia, i risultatidella diffusione su disco si riferiscono ailivelli di farmaco nel siero piuttosto chealle alte concentrazioni raggiungibili neitessuti oculari. La concentrazione mini-ma inibitoria (MIC) può fornire informa-zioni più utili per le cheratiti batteriche.Questa approssima i livelli del farmaconel sito di infezione basandosi su datisperimentali.

ALTRI ESAMI DIAGNOSTICI

La biopsia corneale può essere indicatain caso di ulcere non rispondenti a tera-pia medica o se le colture sono risultatenegative in più di un’occasione e il qua-dro clinico continua ad essere fortementesuggestivo per un processo infettivo. Puòessere indicata se l’infiltrato è localizza-to nello stroma medio o profondo con il

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tessuto sovrastante non coinvolto o coninfiltrati non suppurativi che fornisconopoco materiale tramite il raschiamento. Ilcampione da biopsia deve essere almeno1-2 mm di diametro per assicurare che iltessuto ottenuto comprenda il bordo del-l’ulcera e deve essere largo abbastanza inmodo da ottenere un campione per lacoltura ed uno per l’esame istopatologi-co. La biopsia deve essere pianificata inconcerto con il microbiologo e l’anato-mopatologo per assicurare che i campio-ni vengano maneggiati correttamente eche venga eseguita una buona fissazionedel campione. La biopsia deve pervenireal laboratorio in maniera opportuna. Labiopsia può essere escissionale (in casodi lesione periferica) o incisionale (in ca-so di una lesione larga, centrale). La bio-psia può favorire la cicatrizzazione del-l’ulcera perché viene asportato il mate-riale necrotico. La cheratectomia lamel-lare può essere considerata per lesionidello stroma medio come nella cherato-patia infettiva cristallina o per lesionistromali profonde come nelle cheratitifungine. Nel caso di un ascesso cornealeprofondo, con cornea sovrastante chiara,la biopsia deve essere presa al di sottodel flap lamellare. L’alternativa alla bio-psia consiste nel passare un filo di suturasterile attraverso l’infiltrato e mettere incoltura la sutura. La citologia ad impressione è stata im-piegata come tecnica diagnostica permolte patologie della superficie oculare.Un filtro millipori viene premuto sullacornea o sulla congiuntiva per rimuoverele cellule dalla superficie dell’epitelio.

Può facilitare l’identificazione dell’orga-nismo raccogliendo gli acidi nucleici mi-crobici per l’esame microbiologico mo-lecolare o raccogliendo gli antigeni mi-crobici per l’immunoistochimica. La PCR e le tecniche di immunodiagno-stica, insieme allo scraping corneale oalla biopsia, sono potenzialmente utili,ma non sono sempre disponibili.La microscopia confocale è una nuovametodica diagnostica in vivo non invasivafondamentale per la diagnosi di cheratitimicrobiche. Fornisce un’immagine intempo reale della cornea in quattro di-mensioni. La microscopia confocale è sta-ta utilizzata per distinguere alcuni agentieziologici rari come l’Acanthamoeba o ifunghi. Tuttavia la risoluzione del micro-scopio confocale attualmente disponibilelimita il suo uso come metodica diagno-stica per le cheratiti batteriche.

LA TERAPIA

La diagnosi e la terapia precoce in casodi cheratite batterica sono fondamentaliper prevenire una perdita permanentedell’acuità visiva. Il rischio di cheratitebatterica può essere ridotto evitando ocorreggendo i fattori predisponenti. Al fi-ne di prevenire l’infezione, è importantel’educazione dei portatori di lenti all’i-giene e all’uso, l’utilizzo di occhiali diprotezione durante le attività sportive ole altre attività lavorative ad elevato ri-schio di trauma, l’informazione dei pa-zienti a rischio riguardo i segni e i sinto-mi, il trattamento delle patologie della

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superficie oculare. Le strategie terapeuti-che devono mirare a risolvere l’infezionee l’infiammazione corneale associata. Lamaggior parte dei pazienti con cheratitibatteriche può essere trattata senza biso-gno di ricovero. L’ospedalizzazione puòessere necessaria quando la compliancedel paziente è scarsa, se la sintomatolo-gia dolorosa è molto spiccata o se è ne-cessario l’intervento chirurgico.La gestione terapeutica iniziale, di solito,prevede l’uso di antibiotici topici in col-lirio che sono in grado di raggiungere al-ti livelli tissutali e rappresentano il tratta-mento di scelta nella maggior parte deicasi di cheratiti batteriche. Le pomate of-talmiche possono essere utili nelle formemeno severe, prima che il paziente vadaa dormire e come terapia aggiuntiva. L’i-niezione sottocongiuntivale di antibioticipuò essere utile nei casi in cui vi sia peri-colo imminente di coinvolgimento scle-rale, di perforazione corneale e nei casiin cui non si abbia una buona compliancecon la terapia convenzionale. Gli antibio-tici per via sistemica sono raramente ne-cessari, ma lo possono diventare in casodi cheratiti severe con estensione delprocesso infettivo intraoculare o allasclera o con pericolo imminente diperforazione. La terapia sistemica è ne-cessaria, invece, in caso di cheratite daNeisseria gonorrhoeae per il suo decor-so drammatico e per l’interessamentospesso sistemico. Sono talvolta usati di-schi di collagene o lenti a contatto imbe-vute in antibiotici, che possono aumenta-re la liberazione del farmaco. Questi pos-sono essere utili nel caso si sia verificato

un ritardo nell’inizio della terapia, maqueste metodiche non sono state comple-tamente studiate in termini di rischio po-tenziale di tossicità. In aggiunta, i dischidi collagene e le lenti a contatto possonospostarsi o essere persi, portando ad in-terruzione della terapia. In casi selezio-nati la scelta della terapia iniziale vienefatta in base ai risultati ottenuti dalle co-lorazioni. Antibiotici topici ad ampiospettro, come i fluorochinolonici, ven-gono utilizzati inizialmente come tratta-mento empirico delle cheratiti batteri-che. Per forme severe di cheratiti, è rac-comandata una dose di attacco ogni 5-15minuti per la prima ora, seguita da appli-cazioni ogni 15 minuti-1 ora. Per quadrimeno severi è appropriato un regime te-rapeutico più blando. Agenti cicloplegicipossono essere utili per ridurre il fasti-dio dovuto a spasmo del corpo ciliare,per controllare la sintomatologia doloro-sa e per diminuire la formazione di sine-chie. Si è mostrata efficace la combina-zione di fluorochinoloni con altri anti-biotici. Alcuni patogeni (p.es. Strepto-cocchi e anaerobi) rispondono in manie-ra variabile alla terapia con fluorochino-loni e la prevalenza della resistenza neiconfronti dei fluorochinoloni è in au-mento. La combinazione con altri anti-biotici topici (p.es. gli aminoglicosidi diultima generazione) è una valida alter-nativa da considerare in caso di infezionisevere o per occhi che non rispondono altrattamento con i fluorochinoloni in mo-noterapia. La frequenza dei controlli, inpazienti con cheratite batterica, dipendedalla gravità della patologia, ma in molti

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casi è opportuno almeno un controllo algiorno fino al miglioramento del quadroclinico o comunque alla stabilizzazionedel quadro. L’approccio terapeutico a una cheratitebatterica può essere sostanzialmente em-pirico, guidato dai risultati colturali o ba-sato sul caso clinico.L’approccio empirico è basato su colturee dati di sensibilità precedenti, senza ef-fettuare esami microbiologici. Gli oculi-sti che seguono questo approccio utiliz-zano antibiotici ad ampio spettro per as-sicurare un trattamento efficace nei con-fronti di tutti i potenziali agenti patogeni.La cefazolina o la vancomicina sono uti-lizzati per i Gram+ e la tobramicina o ilceftazidime per i Gram-. Tuttavia, l’usoprolungato e non specifico di questi anti-biotici può causare fastidio oculare e tos-sicità epiteliale, anche se gli amminogli-cosidici di ultima generazione, come lanetilmicina, presentano un profilo di si-curezza maggiore soprattutto se in pre-parazione monodose. Un’importante in-troduzione nell’ambito dell’approccioclinico è stata l’utilizzo dei fluorochino-loni, che possiedono uno spettro più po-tente e più ampio. Essi sono attivi controi batteri aerobi Gram- e contro molti bat-teri Gram+, inclusi gli Stafilococchi me-ticillina - resistenti. Tuttavia, vi sono po-tenziali lacune nello spettro antibattericodella monoterapia con fluorochinoloni.La terapia a base di cefalosporina o van-comicina è preferibile nei casi di sospet-ta infezione streptococcica. Nel passatola monoterapia con fluorochinoloni erageneralmente raccomandata nelle chera-

titi da Pseudomonas nei portatori di lentia contatto. Recentemente è stato riporta-to un aumentato numero di ceppi di P. aeruginosa ciprofloxacina-resistenti,quindi la terapia con fluorochinoloni de-ve essere messa in atto con cautela in ca-so di cheratiti causate da Pseudomonas.Studi recenti condotti in vitro su mi-croorganismi isolati da infezioni ocularimostrano l’efficacia della netilmicinaverso batteri Gram+ e Gram- compresolo P. aeruginosa, concludendo che que-sto aminoglicoside di ultima generazionecostituisce una buona scelta nel tratta-mento empirico delle infezioni della su-perficie oculare (Bonfiglio G, et al. Che-motherapy 2001;47:117-122). I vantaggidi questo approccio sono rappresentatidalla comodità e dall’efficacia. Uno stu-dio ha riportato che negli Stati Uniti cir-ca il 50% dei pazienti con cheratite mi-crobica è stato sottoposto a terapia senzaessere sottoposto ad esami colturali. Soloil 6,3% di questi pazienti non ha rispostoin maniera positiva alla terapia e ha ne-cessitato di ulteriori approfondimenti.Questo studio ha dimostrato che le coltu-re ottenute dopo una terapia antibioticanon efficace erano positive per i batteri ele colture si sono dimostrate utili per de-cidere la successiva terapia. Uno svan-taggio importante di questo approccio èche non possono essere estrapolati datiepidemiologici su cui basarsi per casi fu-turi di cheratite, né informazioni riguar-danti l’emergenza di ceppi resistenti aspecifici farmaci. Nell’approccio terapeutico guidato dal-le colture i prelievi corneali vengono ef-

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fettuati in tutti i casi di cheratiti microbi-che. La terapia può essere iniziata sullabase dei dati clinici ed epidemiologici epuò essere modificata, in seguito, in baseai risultati delle colture. Il maggioresvantaggio di questo tipo di approccio te-rapeutico è dovuto alla scomodità e alcosto elevato. Le colture di campionicorneali risultano positive solo nel 60%dei casi. La sensibilità agli antibiotici èdi solito ricavata dalle concentrazioni te-rapeutiche nel siero più che dalle con-centrazioni oculari di questi farmaci. Siverifica spesso una discrepanza tra sensi-bilità in vitro e risposta clinica. E’ statosuggerito che se potesse essere impiega-to di routine il metodo della sensibilitàcornea-specifica, la decisione clinica e lascelta degli antibiotici da utilizzare sa-rebbe grandemente facilitata. In pazientiparzialmente trattati può essere necessa-rio sospendere il trattamento prima di ot-tenere i campioni corneali per la colturain modo da diminuire i casi di falsi nega-tivi. La durata della sospensione della te-rapia dipende dai tipi di antibiotici utiliz-zati e dalla frequenza con la quale sonostati utilizzati. Se gli antibiotici sono sta-ti utilizzati una volta all’ora o più fre-quentemente, la medicazione deve esseresospesa per 12-24 ore prima di ottenere icampioni corneali da esaminare in labo-ratorio. Invece se gli antibiotici sono sta-ti utilizzati molto meno frequentementepuò non essere necessario sospendere iltrattamento prima di eseguire la coltura. Nell’approccio basato sul caso clinicogli oculisti prelevano campioni cornealiprima di iniziare la terapia solo in caso di

cheratiti che presentano ulcere che coin-volgono l’asse visivo (la parte centraledella cornea) o in caso di ulcere ampie eprofonde. I test di coltura/sensibilità ven-gono eseguiti in caso di cheratiti associa-te a traumi o a contaminazione con vege-tali o con acqua contaminata. Per ulcerepiccole e periferiche è generalmente ac-cettabile iniziare la terapia senza eseguirecolture corneali. Gli antibiotici ad ampiospettro sono scelti in base a dati epide-miologici preesistenti. In caso di ulcerecentrali, ampie e profonde, gli antibioticidevono essere scelti in base agli esamimicrobiologici. Questo approccio è prati-co, perché l’ulcera corneale centrale ha latendenza ad essere più severa e a compro-mettere il visus rispetto all’ulcera perife-rica. In questo tipo di approccio è quindipossibile registrare dati epidemiologici.

GLI ANTIBIOTICI

CEFALOSPORINE

Come le penicilline, le cefalosporinecontengono un anello β-lattamico che ènecessario per l’attività battericida. Il nu-cleo delle cefalosporine è un acido 7aminocefalosporanico, che è resistenteall’azione delle penicillasi prodotte dagliStafilococchi.La cefazolina, che possiede un’attivitàeccellente contro i Gram+ e minima tos-sicità dopo somministrazione topica, èstata la cefalosporina di prima generazio-ne più utilizzata per le cheratiti batteri-che. Viene usata molto frequentemente

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in combinazione con altri agenti controGram- per assicurare un’ampia coperturaper le cheratiti polimicrobiche o se gliagenti eziologici sono sconosciuti. Il ceftazidime è una cefalosporina di ter-za generazione dotata di attività anti-pseudomonas. Viene utilizzata nelle che-ratiti da Pseudomonas resistenti agliaminoglicosidi o ai fluorochinolonici. Ilceftazidime ha anche attività contro iGram+. Gli antibiotici topici β-lattamicinon sono mai stati disponibili in com-mercio perché essi sono instabili in solu-zione e tendono a decomporsi nel giro dialcuni giorni o settimane. Una prepara-zione nuova deve essere preparata ogni4-5 giorni.

GLICOPEPTIDI

La vancomicina è un antibiotico glico-peptidico dotato di attività contro gli Sta-filococchi penicillina-resistenti. Il suoeffetto battericida è correlato all’inibi-zione della sintesi del peptidoglicano du-rante la formazione della parete batteri-ca. E’ attiva principalmente contro iGram+ e rimane uno degli antibiotici piùpotenti contro lo S. aureus meticillina-re-sistente e gli Stafilococchi coagulasi-ne-gativi. La vancomicina deve essere riser-vata agli Stafilococchi cefalosporina-re-sistenti. Gli Streptococchi (inclusi i cep-pi penicillina-resistenti) sono molto su-scettibili alla vancomicina. La vancomi-cina ha un’eccellente attività contro unavarietà di altri bacilli Gram+ tra cui iClostridia, i Corynebacteria, i Bacilli,

L. monocytogenes, gli Actinomyces e iLactobacilli.

AMINOGLICOSIDI

Gli aminoglicosidi hanno un’affinità se-lettiva nei confronti delle subunità 30-S e50-S per produrre un complesso non fun-zionale 70-S che facilita l’inibizione del-la sintesi delle proteine batteriche. Gliaminoglicosidi possiedono un’attivitàbattericida contro i bacilli Gram- aerobie facoltativi. Alcuni aminoglicosidi sonoattivi contro lo P. aeruginosa, tra questila tobramicina, la gentamicina, l’amika-cina e la netilmicina. Per severe cheratitida Pseudomonas gli aminoglicosidi pos-sono essere combinati con una cefalo-sporina anti-Pseudomonas. Per le chera-titi da Nocardia l’amikacina rimane ilfarmaco di scelta. Sebbene in commerciosiano disponibili preparazioni aminogli-cosidiche adatte per le cheratocongiunti-viti medie-moderate, molti oculisti pre-feriscono usare preparazioni a maggioreconcentrazione per forme severe di che-ratiti batteriche. Tra gli aminoglicosidi diultima generazione si segnala la netilmi-cina sia per il suo ampio spettro di azio-ne sia per la sua scarsa citotossicità, so-prattutto nei casi clinici in cui la superfi-cie oculare risulti alterata.

MACROLIDI

I macrolidi contengono un anello lattoni-co macrociclico al quale sono legate una

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o più molecole di deossizuccheri. I ma-crolidi sono agenti batteriostatici che ini-biscono la sintesi proteica legandosi re-versibilmente alle subunità ribosomiali50-S dei microorganismi sensibili.L’eritromicina possiede un ampio spettrodi attività, in particolar modo contro lamaggior parte dei batteri Gram+ ed alcuniGram-. L’eritromicina può avere sia atti-vità batteriostatica che battericida, ciò di-pende dalla concentrazione del farmaco,dalla suscettibilità dell’organismo, dal-l’andamento della crescita e dal sito diinoculo. S. pneumoniae e S. pyogenes so-no entrambi molto suscettibili all’eritro-

micina con occasionali ceppi resistenti.L’eritromicina ha generalmente una buo-na attività contro la maggior parte degli S. viridans e anaerobi. Ha attività variabi-le contro gli Enterococchi, gli Actinomy-ces, i Nocardia, le Chlamydia ed alcunimicobatteri non tubercolari. Molti S. au-reus e stafilococchi coagulasi-negativi so-no suscettibili all’eritromicina anche sestanno aumentando i casi di resistenza.Molti ceppi di N. gonorrhoeae e N. me-ningitidis sono suscettibili all’eritromici-na. Molti ceppi di H. influenzae sono solomoderatamente suscettibili. L’eritromici-na è raramente indicata nel caso di infe-zioni da batteri Gram-. Infatti, la maggiorparte dei bacilli aerobi Gram- sono resi-stenti all’eritromicina. Le pareti cellularidella maggior parte dei bacilli Gram- pre-vengono la diffusione passiva dell’eritro-micina all’interno della cellula. La poma-ta oftalmica a base di eritromicina è unodegli antibiotici più tollerati e meno tossi-ci, usato comunemente nei quadri di ble-farite. Tuttavia, la sua penetrazione a li-vello corneale non è ottimale a causa dellaperdita di solubilità e di biodisponibilità. Imacrolidi di nuova generazione compresil’azitromicina, la claritromicina e la roxi-tromicina raggiungono livelli tissutali piùalti e sono più indicati per il trattamentodei patogeni intracellulari, come la C. trachomatis e i micobatteri non tuber-colari. Le sospensioni topiche di claritro-micina e azitromicina sono state utilizzateper il trattamento di infezioni causate damicobatteri non tubercolari. A causa dellaloro scarsa solubilità e della loro limitatapenetrazione a livello corneale, le prepa-

USO DEGLI ANTIBIOTICI IN RELAZIONE AL MICROORGANISMO

IDENTIFICATO

TABELLA IV

Nessun organismo Cefazolina +identificato Aminoglicoside o

Fluorchinolonici

Cocchi Gram+ CefazolinaVancomicina

Bastoncelli Gram- AminoglicosideCeftazidime Fluorchinolonici

Cocchi Gram- Ceftriaxone CeftazidimeFluorchinolonici

Micobatteri Amikacinanon tubercolari Claritromicina

Nocardia Amikacina Trimethoprim/Sulfametossazolo

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razioni topiche dei macrolidi di ultima ge-nerazione possono avere un ruolo limitatonel trattamento delle cheratiti batteriche.

FLUOROCHINOLONI

L’azione battericida dei fluorochinoloni èdovuta all’inibizione della DNA girasibatterica e della topoisomerasi IV, che so-no enzimi essenziali per la sintesi delDNA batterico. La seconda e la terza ge-nerazione di fluorochinoloni come la ci-profloxacina, l’ofloxacina e la levofloxa-cina sono disponibili sul commercio peruso oftalmico ed hanno spettri d’azionesimili, inclusi la maggior parte dei Gram-aerobici e alcuni batteri Gram+. I primidue agenti (ciprofloxacina e ofloxacina)sono stati testati in studi clinici per com-parare la loro efficacia con quella degliantibiotici convenzionali. Non è stata no-tata alcuna differenza tra l’efficacia deglialtri antibiotici e quella dei fluorochinolo-ni nell’ambito delle patologie oculari. Tragli agenti patogeni, si è notato che lo S. pneumoniae rispondeva meno ai fluo-rochinoloni che alle cefazoline. Altri or-ganismi che hanno risposto meno favore-volmente alla monoterapia con fluorochi-noloni sono lo S. viridans, lo Streptococ-co anaerobio nella cheratopatia infettivadel cristallino, lo S. aureus meticillina-re-sistente, lo Pseudomonas non-aeruginosae gli anaerobi. Gli effetti collaterali legatiall’uso dei fluorochinoloni sono limitati.Sono stati riportati casi di depositi cristal-lini corneali in seguito all’uso di cipro-floxacina o norfloxacina. Questi precipi-

tati corneali si ritrovano più frequente-mente in occhi di pazienti trattati con ci-profloxacina, in quanto la ciprofloxacinaè meno solubile a pH fisiologico. Tuttaviaquesti depositi non diminuiscono gli ef-fetti antimicrobici. L’ampio uso dei fluo-rochinoloni, in monoterapia, ha posto ilproblema di ceppi di microorganismi resi-stenti. Infatti è stato riportato un aumentodella resistenza nei confronti dei fluoro-chinoloni della P. aeruginosa e di organi-smi Gram+ come lo S. aureus e gli Strep-tococchi. Inoltre è stato riportato che lecheratiti batteriche trattate con fluorochi-noloni hanno un rischio maggiore di com-plicarsi con una perforazione corneale ri-spetto alle cheratiti trattate con altri anti-biotici. Sono state attribuite all’uso difluorochinoloni anche alterazioni del col-lagene corneale e delle funzioni dei chera-tociti. E’ stata creata una quarta generazione difluorochinoloni, come la gatifloxacina ela moxifloxacina, con uno spettro d’azio-ne ancora più ampio per combattere iceppi resistenti. La gatifloxacina e lamoxifloxacina hanno uno spettro di atti-vità più ampio, una potenza maggiore euna maggiore capacità di contrastare iceppi resistenti. I fluorochinoloni di ter-za generazione agiscono sulla DNA gira-si nel caso dei Gram- e sulla topoisome-rasi IV nel caso dei Gram+. Al contrario,nei fluorochinoloni di quarta generazio-ne c’è un gruppo metossile (OCH3), chesostituisce il C8 della struttura di basedei fluorochinoloni di terza generazione,aumentando l’attività antibatterica deifluorochinoloni di quarta generazione. Il

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gruppo C8-metossile può legare sia laDNA girasi che la topoisomerasi IV neiGram+. E’ più difficile che si abbia unaresistenza nei confronti dei fluorochino-loni di quarta generazione in quanto sidevono verificare due mutazioni simulta-nee invece di una. Il risultato di questodoppio meccanismo d’azione (azionesulla DNA-girasi e sulla topoisomerasiIV) è un’aumentata efficacia nei con-fronti dei Gram+ con una minore predi-sposizione dei batteri a sviluppare muta-zioni e resistenza ai farmaci, rispetto aquanto succedeva con le precedenti ge-nerazioni di fluorochinoloni. Infatti i bat-teri, che hanno sviluppato resistenza neiconfronti dei fluorochinoloni di terza ge-nerazione, spesso rispondono al tratta-mento con fluorochinoloni di quarta ge-nerazione. Oltre alla maggiore efficacianei confronti degli organismi Gram+, inparticolar modo nei confronti degli Stafi-lococchi e Streptococchi, i fluorochino-loni C8-metossile sono efficaci anche neiconfronti delle infezioni da micobatterinon tubercolari e da Nocardia.

SULFONAMIDI E TRIMETOPRIM

I sulfonamidi hanno una struttura similea quella dell’acido paraaminobenzoico(PABA). Il meccanismo d’azione consi-ste nell’inibizione competitiva della sin-tesi batterica di acido folico. I sulfonami-di sono farmaci batteriostatici a concen-trazioni terapeutiche; sono attivi controGram+ e Gram-. Tuttavia anche tra pato-geni sensibili a questa classe di farmaci

la sensibilità può variare. E’ consigliabileutilizzare antibiotici in monodose pereliminare gli effetti tossici dovuti al con-servante presente nella formulazionemultidose. Molti batteri possono diventa-re resistenti ai sulfonamidi a causa del-l’instaurarsi di una resistenza cromoso-mica o plasmide-mediata. I sulfonamiditopici non rappresentano farmaci di pri-ma scelta per la maggior parte delle che-ratiti batteriche. Tuttavia i sulfonamidisono utilizzati convenzionalmente per lecheratiti da Nocardia, anche se è statodimostrato che in questo tipo di cheratiteè di gran lunga più efficace la combina-zione trimetoprim-sulfametossazolo. Iltrimetoprim è una 2,4-diamino-pirimidi-na che inibisce la sintesi batterica dell’a-cido folico. Il trimetoprim è spesso uti-lizzato in combinazione con sulfonamidiper produrre un effetto sinergico antibat-terico. Il trimetoprim può avere effettobatteriostatico o battericida, a secondadella situazione clinica. Il trimetoprim èattivo contro molti cocchi Gram+ in vi-tro, mentre è stata osservata un’aumenta-ta resistenza tra gli Stafilococchi nei con-fronti di questo farmaco. Il trimetoprimha solo una minima attività contro gliEnterococchi. Pseudomonas aeruginosae la maggior parte degli anaerobi sonoresistenti al trimetoprim.

SELEZIONE E DURATA DELLATERAPIA ANTIBIOTICA

La scelta degli antibiotici deve essere ba-sata sulle strategie iniziali di gestione. A

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causa dell’emergenza di S. aureus meti-cillina-resistenti la vancomicina non de-ve essere utilizzata, di routine, per iGram+ e deve essere riservata ad infe-zioni severe o refrattarie ad altre terapie.Allo stesso modo, l’uso della gentamici-na o della ciprofloxacina per i bastoncel-li Gram- non è raccomandato a causadell’emergenza di Pseudomonas resi-stenti alla gentamicina o alla ciprofloxa-cina. E’ difficile standardizzare la frequenza ela durata della terapia con antibiotici to-pici per ottenere la completa risoluzionedelle cheratiti batteriche. Nel caso di ul-cere più severe le preparazioni topichedevono essere somministrate ogni 15-30minuti e, preferibilmente, non meno diuna volta all’ora per 6 ore per ottenereuna dose di attacco adeguata. Dopo il re-gime di attacco sono necessarie sommi-nistrazioni frequenti e regolari per otte-nere un livello terapeutico adeguato. De-ve essere attentamente monitorata lacompliance del paziente. La dose di anti-biotici può essere gradualmente scalataper ridurre i rischi degli effetti collateralilegati all’uso di questi farmaci. Non esi-ste un protocollo preciso per scalare laterapia antibiotica dopo la completa ste-rilizzazione. La sterilizzazione delle ul-cere corneali, di solito, precede la cica-trizzazione epiteliale e la risoluzione del-l’infiammazione. E’ probabile che unaterapia prolungata induca tossicità epite-liale, ritardando, conseguentemente, lacicatrizzazione corneale. L’iniezione sot-tocongiuntivale di antibiotici si è dimo-strata meno efficace in ulcere corneali

sperimentali rispetto agli antibiotici topi-ci. L’uso concomitante di una pomataoculare può ridurre l’assorbimento dellegocce di collirio antibiotico. Pertanto siconsiglia l’utilizzo del collirio per lasomministrazione ripetuta diurna e la po-mata oftalmica per una migliore copertu-ra terapeutica durante la notte. La som-ministrazione sottocongiuntivale ed en-dovenosa di antibiotici deve essere con-siderata solo come terapia addizionale(oltre agli antibiotici topici) nei casi diimminente perforazione corneale o di in-fezione che si sta diffondendo alla sclera.

MODIFICAZIONE DELLA TERAPIA

La risposta clinica viene valutata al me-glio dopo 48 ore di trattamento (Fig. 7).Una valutazione più precoce è di solitopriva di significato e non è utile per sti-mare l’efficacia della terapia antibiotica.Nonostante una terapia antibiotica ade-guata le cheratiti da Pseudomonas e daaltri Gram- possono presentare un au-mento dell’infiammazione e la distruzio-ne tissutale durante le prime 24-48 ore. Ingenerale, il regime terapeutico inizialedeve essere modificato quando le condi-zioni oculari non accennano a migliorarené a stabilizzarsi. I segni clinici indicatividi una risposta positiva alla terapia anti-biotica comprendono la riduzione del do-lore, la demarcazione più netta del con-torno dell’infiltrato stromale, la diminuitadensità dell’infiltrato stromale, la ridu-zione dell’edema stromale, dell’infiam-mazione endoteliale, dell’infiammazione

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in camera anteriore e la riepitelizzazione.Il regime terapeutico può essere modifi-cato in base ai risultati delle colture e inbase alla sensibilità alla terapia antibioti-ca, specialmente se il paziente non ri-sponde alla terapia iniziale. Se la rispostaclinica è favorevole dopo il trattamentoiniziale la terapia non deve essere neces-sariamente modificata. Il peggioramentodel quadro clinico, dopo 48 ore di terapia,indica che i microorganismi non sonosensibili alla terapia in corso o che non viè compliance da parte del paziente. Percasi che non rispondono positivamentealla terapia è necessario sospendere gliantibiotici per almeno 24 ore prima delloscraping corneale per aumentare i pro-dotti per le colture microbiologiche. Iltrattamento deve essere quindi modifica-to in base al risultato della coltura. Dopo 1 mese di trattamento specifico isegni clinici e la risposta agli antibioticidevono essere riesaminati. Se la risolu-zione del quadro clinico è completa la te-

rapia può essere sospesa. Se invece l’ul-cera sta ancora progredendo e il prece-dente esame colturale rimane negativo laterapia deve essere sospesa per almeno24 ore e deve essere ripetuto l’esame mi-crobiologico. Possono essere richiestimezzi di coltura o biopsie corneali. Biso-gna pensare che possa trattarsi di causenon infettive o che gli agenti eziologicisiano rappresentati da micobatteri nontubercolari, Nocardia o Acanthamoeba. In caso di un’ulcera che continua a pro-gredire, nonostante una precedente col-tura positiva e una terapia appropriata,deve essere sospettata la resistenza diquel ceppo. Devono essere considerateanche le infezioni polimicrobiche chesono state osservate in una percentualevariabile dal 6 al 56%. La sensibilità agliantibiotici deve essere rivalutata per mo-dificare la terapia, se necessario. In casodi una cheratite che non risponde alla te-rapia appropriata dobbiamo pensare allatossicità legata all’uso di farmaci o alla

Fig. 7Algoritmo della gestione di una cheratite batterica.

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coesistenza di sottostanti problemi di su-perficie. Ulcere indolenti e che non sichiudono talvolta possono essere miglio-rate con l’asportazione dello stroma cor-neale necrotico, con l’uso frequente dilubrificanti e/o con una tarsorrafia tem-poranea.

TERAPIA CORTICOSTEROIDEA

Rimane controversa l’opportunità dicombinare l’uso degli antibiotici topicie dei corticosteroidi nel trattamento del-le cheratiti batteriche. I corticosteroidi topici possono essereutili solo in alcuni casi di cheratiti batte-riche. Il potenziale vantaggio è la sop-pressione dell’infiammazione e la ridu-zione della conseguente cicatrizzazionecorneale. Tuttavia, i potenziali svantaggilegati all’uso dei corticosteroidi includo-no lo stimolo della crescita batterica daparte dell’immunosoppressione locale,l’indebolimento della fagocitosi, l’inibi-zione della sintesi di collagene. Fino adoggi non esistono prove scientifiche chedimostrino che i corticosteroidi alteranoi risultati clinici. I corticosteroidi topici,usati senza antibiotici, peggiorano casisperimentali di cheratiti da Pseudomo-nas e possono promuovere la recidiva dicheratiti da Pseudomonas apparentemen-te risoltesi. Al contrario, nelle cheratitida pneumococco la somministrazione dicorticosteroidi topici senza l’uso di anti-biotici, non peggiora la patologia. In stu-di prospettici non sono emerse differenzein termini di durata della terapia, acuità

visiva finale e complicanze tra pazienticon cheratiti microbiche trattati con osenza corticosteroidi. Altri studi hannoevidenziato che in pazienti trattati concorticosteroidi topici, prima che fosse lo-ro diagnosticata una cheratite batterica,si è verificato più spesso il fallimentodella terapia antibiotica e le complicanzecorrelate ad essa. Malgrado i rischi, mol-ti studiosi ritengono che l’uso opportunodei corticosteroidi nel trattamento dellecheratiti batteriche possa essere utile. Loscopo della terapia con corticosteroiditopici è quello di usarne il minimo do-saggio per sopprimere l’infiammazione ela cicatrizzazione. Un trattamento cheporti al successo deve essere iniziato almomento opportuno, dosandolo attenta-mente, con appropriata copertura anti-biotica e monitorandolo attentamente. Sepossibile, preferire prodotti formulati insoluzione anziché in sospensione e di-sponibili in monodose senza conservanti.La compliance del paziente e il frequentemonitoraggio della pressione intraocula-re sono essenziali. Il paziente deve essereesaminato entro 1-2 giorni dopo l’iniziodella terapia corticosteroidea topica. Neicasi in cui l’infiltrato corneale e l’asso-ciata cicatrizzazione compromettanol’asse visivo, la terapia corticosteroideatopica può essere aggiunta al regime te-rapeutico dopo almeno 2-3 giorni di pro-gressivo miglioramento ottenuto con gliantibiotici topici. Gli antibiotici topici, che sono solita-mente usati più frequentemente rispettoai corticosteroidi in caso di infezioni at-tive, vengono continuati a livelli elevati

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e successivamente a scalare. I cortico-steroidi non devono essere utilizzati incornee con spessore sottile o con immi-nente pericolo di perforazione a causadei loro effetti collaterali (attivano glienzimi collagenolitici e sopprimono lasintesi di collagene).

TERAPIA AGGIUNTIVA

Una terapia aggiuntiva è necessaria neicasi di cheratite batterica in cui l’inte-grità dell’occhio è compromessa, comein caso di una cornea estremamente sot-tile, di perforazione imminente o franca,di cheratiti resistenti alla terapia o di en-doftalmite. Tra i trattamenti aggiuntivisono compresi l’applicazione di collacianoacrilata, di lenti a contatto terapeu-tiche, la cheratectomia lamellare e lacheratoplastica perforante.

CIANOACRILATO

Il cianoacrilato è stato usato con risultatisoddisfacenti per trattare progressivi as-sottigliamenti corneali, descemetocele eperforazioni corneali. In aggiunta al suosupporto tettonico e agli effetti batterio-statici la colla cianoacrilata può bloccarela cheratolisi, bloccando le proteasi leu-cocitarie liberate dalla cornea lesionata.Il cianoacrilato può essere utilizzato incaso di perforazioni fino ad un diametrodi 2-3 mm. Il tessuto necrotico deve es-sere rimosso dal letto dell’ulcera primadi applicare la colla. A causa della poten-

ziale tossicità corneale, deve essere ap-plicata la minima quantità di colla neces-saria per ricoprire il difetto. A protezioneviene poi messa una lente a contatto. Ilcianoacrilato viene lasciato in sede fino ache si stacca spontaneamente o fino aquando non venga eseguita una cherato-plastica perforante.

LENTI A CONTATTO TERAPEUTICHE

Dopo l’eradicazione dell’agente eziolo-gico, possono essere applicate delle lentia contatto per facilitare la riepitelizzazio-ne. La somministrazione di antibioticideve continuare anche dopo l’applicazio-ne delle lenti a contatto. La lente a con-tatto terapeutica può funzionare da sup-porto tettonico o per impedire micro-perforazioni corneali.

FLAP CONGIUNTIVALE

Si possono utilizzare lembi congiuntivaliper curare infezioni che non riescono amigliorare con la terapia medica. Il tes-suto congiuntivale vascolarizzato aiuta afar arrivare vasi sanguigni che favorisco-no la cicatrizzazione e la guarigione. Ilflap congiuntivale non può essere posi-zionato sopra un’area necrotica con infe-zione attiva perché il flap può diventarenecrotico ed infetto. Il flap congiuntivalepuò risultare particolarmente utile in ca-so di ulcere corneali periferiche, in cui ilflap può essere posizionato senza com-promettere la visione.

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CHERATOPLASTICA PERFORANTE

I maggiori fattori, che possono portaread eseguire una cheratoplastica perforan-te in pazienti con cheratite batterica,comprendono l’età avanzata del pazien-te, l’ampia dimensione dell’ulcera e lalocalizzazione centrale dell’ulcera. Ese-guire una cheratoplastica perforante tera-peutica nello stadio acuto della cheratitemicrobica è difficoltoso. Le indicazioniper una cheratoplastica perforante tera-peutica di urgenza sono la progressioneincontrollata degli infiltrati, il coinvolgi-mento limbare con pericolo incombente

di sclerite o la perforazione corneale.Devono essere somministrati antibioticiper 48 ore prima dell’intervento chirurgi-co per minimizzare il rischio di recidivedi infezioni o lo sviluppo di endoftalmi-te. E’ preferibile rimandare l’interventoad uno stadio acuto della cheratite batte-rica per evitare potenzialmente l’escis-sione incompleta dei tessuti infetti o l’e-stensione intraoculare dell’infezione.Dopo la risoluzione completa dell’infe-zione corneale la cheratoplastica perfo-rante ottica deve essere utilizzata per ri-muovere la cicatrizzazione corneale eper migliorare la visione.

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Le cheratititi da funghi rappresentano at-tualmente la forma di cheratite più diffi-cile da diagnosticare e da trattare. Le dif-ficoltà sono rappresentate dalla diagnosiclinica e di laboratorio e dalla terapia,lunga e spesso inefficace. Le caratteristi-che cliniche non sono distintive dellacheratite micotica, alla cui diagnosi,spesso tardiva, si giunge nella maggiorparte dei casi dopo gli esami microbiolo-gici e istopatologici. Le preparazioni to-piche antimicotiche, al pari della terapiasistemica, non sono efficaci. Il tratta-mento, spesso, richiede lungo tempo e irisultati possono essere deludenti. Inquesti casi, è necessario ricorrere ad unacheratoplastica terapeutica. In questi ul-timi anni, si è verificato un aumento del-l’incidenza delle cheratiti micotiche,molto probabilmente sia a causa dell’usoindiscriminato di antibiotici e corticoste-roidi, che hanno favorito lo sviluppo deifunghi saprofiti per mancanza di compe-tizione della flora batterica e per la sop-pressione della risposta immune dell’o-spite, e sia per l’aumentata capacità dia-gnostica di laboratorio di isolare i miceti.

LA PATOGENESI

I funghi sono organismi eucarioti ed ete-rotropi. Essi possiedono un nucleo che ècircondato da una membrana, in cui ilgenoma della cellula è organizzato incromosomi. Essi richiedono compostiorganici per crescere e riprodursi. Moltifunghi sono in grado di riprodursi siasessualmente che assessualmente. Alcunimiceti sono unicellulari, ma la maggiorparte formano dei filamenti, chiamati mi-celi. Questi miceli sono di solito ramifi-cati e sono tipicamente circondati da cel-lule contenenti chitina o cellulosa. I miceti sono ubiquitari e possono esseresuddivisi in specie saprofitiche e patoge-ne. I miceti saprofiti si nutrono di mate-riali organici in decomposizione, mentrele specie patogene di cellule viventi. Le infezioni oculari fungine sono causa-te sempre dalla flora saprofitica. I funghisono classificati in 4 gruppi:• I lieviti, che includono la specie Can-

dida.• Le Moniliaceae che sono miceti fila-

mentosi con ife non pigmentate o iali-

Le cheratiti micoticheL. Conti, V. Sarnicola, C. Signori

Unità Operativa di Oculistica, Ospedale Misericordia, Grosseto

CAPITOLO 2

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ne e che includono le specie Fusariume Aspergillus.

• Le Dematiaceae che sono miceti fila-mentosi con ife pigmentate che inclu-dono le specie Curvularia e Lasiodi-plodia.

• Gli altri funghi.I miceti penetrano nello stroma cornealeattraverso un difetto della barriera epite-liale. Tale difetto può essere dovuto atraumi esterni (da lenti a contatto, abra-sioni corneali ecc.), ad alterazione dellasuperficie oculare o a seguito della chi-rurgia bulbare. Questi organismi possono penetrare nel-lo stroma attraverso la membrana di De-scemet integra. La diffusione degli orga-nismi alla sclera, alla camera anteriore,all’iride e al cristallino rende estrema-mente difficile l’eradicazione dell’infe-zione. I miceti continuano spesso a proli-ferare, nonostante la terapia, a causa del-l’incapacità dei meccanismi di difesaoculari di raggiungere il tessuto cornealeavascolare. Ciò potrebbe spiegare come,in alcuni casi, il flap congiuntivale aiuti acontrollare la crescita dei miceti.

EPIDEMIOLOGIA

I miceti sono organismi saprofiti dellaflora oculare normale. Essi sono statiisolati dal sacco congiuntivale di occhisani in una percentuale variabile dal 3 al28%. In occhi malati, il loro numero au-mento in percentuale dal 17 al 27%. Gliorganismi più comunementi isolati daocchi sani sono gli Aspergilli, le Rhodo-

torulae, le Candidae, i Penicilla, i Cla-dosporia e le Altermariae. Tuttavia, l’in-cidenza della cheratite micotica è relati-vamente bassa (6-20%) se comparatacon quella delle cheratiti batteriche. Lacheratite fungina continua ad essere piùcomune nelle popolazioni rurali. L’A-spergillus è il più comune agente eziolo-gico delle cheratiti fungine. Negli StatiUniti la Candida e l’Aspergillus sono gliorganismi più frequentemente isolati nel-le cheratite fungine, mentre il Fusariumè prevalente nella parte meridionale degliUSA. In uno studio recente di Rosa et al.la specie maggiormente isolata è stata ilFusarium oxysporum (37%), seguito dalFusarium solani (24%), dalla Candida,dalla Curvularia e dagli Aspergilli. Laspecie Fusarium è stata isolata in chera-titi fungine in molte regioni, inclusal’Europa, l’America, l’Africa, l’India, laCina ed il Giappone. Una corretta identi-ficazione è importante per una futuraprevenzione e per determinare le miglio-ri modalità di trattamento.

FATTORI DI RISCHIO (Tab. I)

Il più frequente fattore di rischio per lecheratiti fungine è rappresentato daltrauma, come è stato dimostrato da unostudio condotto a Miami, in cui è statoidentificato come fattore di rischio nel44% dei pazienti. Nella maggior partedei casi i traumi si verificano all’aperto esono causati da piante. Sono particolar-mente predisposti a questo tipo di traumii giardinieri, che usano taglia erba elettri-

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Le cheratiti micotiche

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ci e forbici da siepe. Altro fattore di ri-schio è l’uso delle lenti a contatto. I fun-ghi possono accrescersi nella matricedelle lenti a contatto morbide. Wilhemuset al. hanno riportato 4 casi su 90 (4%) diinfezioni da miceti in portatori di lenti acontatto cosmetiche e 4 su 15 (27%) inportatori di lenti a contatto terapeutiche.I miceti filamentosi sono quelli più fre-quentemente associati alle infezioni inportatori di lenti a contatto cosmetiche,mentre i lieviti sono più frequenti neiportatori di lenti a contatto terapeutiche.L’uso dei corticosteroidi topici è stato as-sociato allo sviluppo e al peggioramentodelle cheratiti fungine. Infatti sembra chequesti farmaci attivino e aumentino la vi-rulenza dei miceti. L’uso sistemico deicorticosteroidi può predisporre il pazien-te a sviluppare una cheratite fungina, acausa dell’immunosoppressione. E’ statodimostrato che anche l’abuso di anesteti-ci topici rappresenta un fattore di rischioper lo sviluppo di cheratiti micotiche. Al-

tri fattori di rischio minori per le cherati-ti fungine comprendono la cheratocon-giuntivite primaverile o allergica, la chi-rurgia refrattiva incisionale, le ulcereneurotrofiche causate da VZV e da HSVe la cheratoplastica. I fattori predispo-nenti per lo sviluppo di cheratiti micoti-che in pazienti sottoposti a cheratoplasti-ca includono problemi legati alla sutura,l’uso di corticosteroidi topici, l’uso diantibiotici, l’utilizzo di lenti a contatto, ilrigetto ed i difetti epiteliali persistenti.La contaminazione delle cornee donate èdi particolare interesse perché gli antimi-cotici non sono usati routinariamentenella preparazione delle cornee donate oin soluzione per preservare il tessuto pri-ma del trapianto. La coltura di materialeproveniente dalle palpebre dei donatori edegli strumenti può essere utile nell’i-dentificazione degli organismi e nell’ini-zio del trattamento antifungino. Alcunemalattie sistemiche possono aumentare ilrischio di sviluppo di cheratiti micotiche,in particolar modo le patologie associatead uno stato di immunosoppressione. Inuno studio è stata riportata un’incidenzadel 12% di diabete mellito in un gruppodi pazienti con cheratite fungina. Pazien-ti con patologie croniche e ricoverati inunità intensiva possono essere predispo-sti a sviluppare cheratiti fungine, soprat-tutto da Candida. In una casistica di pa-zienti africani, quelli HIV-positivi sonostati maggiormente colpiti da cheratitimicotiche rispetto ai pazienti non HIV-positivi. In pazienti con la lebbra, le ul-cere da miceti possono essere più comu-ni. Le cheratiti micotiche nell’infanzia

FATTORI DI RSCHIO

TABELLA I

• Trauma (44%)• Lenti a contatto morbide• Steroidi topici• Immunodeficienza• Patologie oculari:

- cheratopatia neurotrofica da Herpes- cheratocongiuntivite allergica

• Chirurgia bulbare:- cheratoplastica- chirurgia refrattiva incisionale

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sono rare e si possono presentare in oc-casione di un trauma. Si è parlato recen-temente della relazione tra cheratiti fun-gine e chirurgia refrattiva. Questa even-tualità si può verificare o nell’immediatopostoperatorio o più tardi. La forma pre-coce può essere associata con la conta-minazione chirurgica diretta della cor-nea. La forma tardiva è di solito associa-ta ad un trauma. Non sempre è possibile identificare iltrauma come fattore di rischio per lo svi-luppo di una cheratite micotica: in questicasi, l’organismo ha la capacità di pene-trare attraverso un epitelio patologico di-rettamente nello stroma, bypassando lamembrana di Bowman.

CLINICA (Tab. II) E DIAGNOSI (Tab. III)

L’esordio clinico di una cheratite mico-tica può essere spesso subdulo. I pazien-ti possono riferire un’iniziale sensazionedi corpo estraneo per diversi giorni conun lento inizio della sintomatologia do-

lorosa. I segni più frequentemente pre-senti all’esame alla lampada a fessura,nelle cheratiti micotiche, sono comunianche ad altre forme di cheratiti micro-biche e comprendono suppurazione,iniezione congiuntivale, difetti epiteliali,infiltrazione stromale, reazione in came-ra anteriore o ipopion (Fig. 1). Alcunisegni come aree rilevate, ulcere con lapresenza di ife, margini soffici, infiltratisollevati grigi, secchi e lesioni satellitipossono essere utili per porre la diagno-si. L’aspetto di macroscopiche pigmen-

CLINICA

TABELLA II

• Esordio insidioso• Non segni patognomonici• Segni suggestivi dell’infiltrato:

- margini irregolari, cotonosi- pigmentazione marrone/grigia- bordi elevati- rugosità- lesioni satelliti

FARMACI, FUNGHI E TERAPIA MIRATA

TABELLA III

FARMACI FUNGHI PIÙ SENSIBILI FUNGHI MENO SENSIBILI

Polieni Candida, Fusarium Aspergillus(anfotericina B, natamicina)

Azoli Aspergillus, Candida Fusarium(ketoconazolo, micoconazolo,fluconazolo, clotrimazolo,voriconazolo)

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Le cheratiti micotiche

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tazioni marroni, nelle cheratiti fungine,può essere dovuto alla presenza del fun-go Dematiaceous (Curvularia lunata), acausa delle sue ife colorate. Un epiteliointatto con un infiltrato stromale profon-do può essere presente in un quadro dicheratite fungina. Nonostante questi se-gni, molti studi hanno dimostrato chenon è possibile fare una diagnosi diffe-renziale basandosi sulla clinica tra unacheratite batterica ed una fungina. Il mi-croscopio confocale potrebbe rappresen-tare un importante strumento utile perporre la diagnosi di cheratite fungina. Ilsuo uso attualmente è limitato per il suocosto elevato e per la scarsa dimesti-chezza nell’utilizzarlo.Visto che la diagnosi clinica delle chera-titi micotiche è complessa e difficoltosasi è dimostrato di estrema importanzal’uso di coloranti e di colture (Fig. 2).

Le colorazioni Gram e Giemsa sono lepiù diffuse per la rapida identificazionedei miceti. Studi iniziali hanno dimostra-to la presenza di frammenti di ife di mi-ceti filamentosi, blastospore o pseudoifedi lieviti nel 78% di campioni studiatiper sospetta cheratite fungina. Altri me-todi di colorazione sono l’inchiostroidrossido di potassio, la colorazione conacridina arancio, la colorazione d’argen-to alla metenamina di Grocott, le lectinee preparazioni bianche di calcofluoro. I mezzi di coltura comprendono l’agarsangue, l’agar cioccolato, l’agar destro-sio Sabouraud e il brodo tioglicolato. Lecolture dovrebbero essere positive nel90% dei casi. La crescita iniziale si veri-fica nelle prime 72 ore nell’83% dellecolture e nel giro di una settimana nel97% delle colture. Poiché sia i lieviti chele ife crescono senza difficoltà nell’agarsangue e nel terreno agar destroso Sa-bouraud a temperatura ambiente, altrimezzi di coltura come l’infusione cervel-lo-cuore non vengono usati inizialmente,eccetto nel caso in cui il sospetto di che-ratite fungina sia alto. Sono stati ottenuti

Fig. 1Cheratite da Candida in paziente affetto da pemfigoi-de oculare, sottoposto a terapia steroidea locale congravi alterazioni della superficie oculare. Evidentecongestione bulbare ed ipopion. E’presente un difettoepiteliale. L’infiltrato stromale è profondo, a marginisoffici e cotonosi. Presenti lesioni satelliti.

Fig. 2Diagnosi di sospetta cheratite micotica.

Clinica

Diagnosi microbiologica

ColturaEsame diretto

Diagnosi istopatologica

Scraping, BiopsiaLembo escisso

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risultati eccellenti utilizzando brodi diinfusione cuore-cervello o mezzi solidi,specialmente quando viene usata un’agi-tazione costante del mezzo liquido. Ilterreno di coltura maggiormente utilizza-to è comunque l’agar destrosio Sabou-raud.Metodi più recenti per l’identificazionedei miceti, anche se non molto diffusiper il momento, comprendono l’immu-nofluorescenza, la microscopia elettroni-ca e la PCR. Per le colture, il materialepatologico può essere prelevato median-te scraping, preferibilmente da effettuar-si con spatola o lama. Gli organismi pos-sono essere più profondi nel tessuto enon essere facilmente accessibili ad untampone. Se lo scraping per le colture ri-sulta negativo possono essere necessarieuna cheratectomia superficiale o una bio-psia. La biopsia dovrebbe incorporare siala cornea patologica che quella adiacentesana. Il campione bioptico corneale deveessere sottoposto a colture ed esami isto-patologici. In alcuni casi di cheratitiprofonde con un epitelio sovrastante sa-no e con uno stroma intatto, un ago da 27gauge o un filo di sutura 6-0 possono es-sere introdotti all’interno dell’infiltratoper ottenere un campione da mettere incoltura. La biopsia corneale è superioreallo scraping per la ricerca dei miceti. Inanimali da esperimento sono stati riscon-trati positivi per la Candida albicans 3campioni su 10, 5 su 10 per il Fusariumsolari e 6 su 10 per l’Aspergillus fumiga-tus; la biopsia corneale ha dimostrato in-vece la presenza di miceti in tutti gli oc-chi inoculati. Tuttavia, in uno studio

comparativo sul valore dell’esame diret-to e della coltura di campioni bioptici, lecolture trovate positive per la Candidaalbicans furono 7 su 10, quelle positiveper il Fusarium solari e l’Aspergillus fu-migatus furono 8 su 10; l’esame direttoha dimostrato la presenza di miceti intutti i campioni. In una serie di cheratitifungine, Rosa et al. hanno riportato nel78% dei casi la positività di biopsie cor-neali eseguite in casi iniziali di cheratite.Le colture di campioni bioptici in duepazienti con sospetta cheratite funginarecidivante risultarono negative, conconseguente sospensione della terapiaantimicotica e risoluzione del quadro cli-nico. Un prelievo in camera anteriorepuò essere utile per isolare i funghi chepossono essere penetrati attraverso unamembrana di Descemet intatta. In condi-zioni di asepsi l’ipopion e/o la placca en-doteliale possono essere aspirati ed uti-lizzati per essere esaminati in laborato-rio. L’esame istopatologico di bottonicorneali può mettere in evidenza la pre-senza di funghi nel 75% dei pazienti. E’noto che il 59% delle cornee infettate daimiceti sono ancora positive alla colturaper i miceti al momento della cheratopla-stica. All’esame istopatologico risultanopresenti le ife nel 90% dei casi. Le ife sitrovano orientate parallelamente alla su-perficie e alle lamelle corneali. La dispo-sizione verticale o perpendicolare delleife nello stroma corneale è stata associa-ta ad un’aumentata virulenza e alla tera-pia cortisonica topica. La membrana diDescemet può fungere da barriera neiconfronti dell’invasione da parte di mi-

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croorganismi. I funghi sono in grado dipenetrare anche attraverso una membra-na di Descemet sana. Utilissimo può risultare lo studio coltu-rale di lenti a contatto in pazienti concheratiti fungine.

TERAPIA MEDICA (Tab. III)

E’ spesso difficoltoso per l’oculista deci-dere quale farmaco antifungino sommi-nistrare e le modalità di somministrazio-ne in un paziente con sospetta cheratitemicotica. O’Day ha sottolineato che at-tualmente la scelta dei farmaci antifungi-ni è basata su esperimenti effettuati suanimali, sull’esperienza clinica e sullaletteratura. Comunque i dati ottenuti so-no difficili da interpretare. Il quadro cli-nico della cheratite determinerà se saràsufficiente la terapia medica o se si dovràricorrere alla chirurgia. Sono stati provatimolti farmaci per il trattamento dellecheratiti fungine (dagli antisettici agliantibiotici). Molto recentemente sonostati individuati tre gruppi di farmaci.Questi sono i polieni, gli azoli (imidazo-li, triazoli) e le pirimidine. Tra i polieni ifarmaci più usati sono l’anfotericina B ela natamicina. Il solo farmaco, apparte-nente a questa classe, disponibile negliStati Uniti è la natamicina 5%. La nata-micina 5% è diventato il farmaco di scel-ta per la cheratite fungina. In un recentestudio che si è svolto nella Florida delSud la natamicina è stato l’agente anti-fungino topico più usato (91% dei pa-zienti). Jones et al. riportano la loro

esperienza di 18 casi di cheratiti da F. so-lani trattate con successo con natamici-na. Nel caso di cheratiti da Candidal’anfotericina B può rappresentare il far-maco di scelta. L’anfotericina B ad unaconcentrazione di 0,15% è di solito suffi-ciente per trattare le cheratiti fungine,senza problemi di tossicità. Per le chera-titi da Paecilomyces il miconazolo rap-presenta il farmaco di scelta. In uno stu-dio, 15 pazienti trattati con clotrimazoloe poliene hanno mostrato una buona ri-sposta al trattamento. Il povidone-iodine,il poliexametilene biguanide e altri far-maci sono stati utilizzati a livello speri-mentale su animali. Anche la clorexidinaè stata studiata come agente antifungino.L’epitelio corneale rappresenta una bar-riera alla penetrazione della maggiorparte degli agenti antimicotici topici.L’asportazione dell’epitelio cornealerappresenta una fase essenziale della te-rapia medica delle cheratiti fungine. O’-Day et al. hanno dimostrato sperimental-mente che la disepitelizzazione cornealeaumenta in maniera significativa l’effettodegli antifungini topici. Gli azoli (imidazoli e triazoli) sono statiusati sperimentalmente e clinicamentenel trattamento delle cheratiti fungine.Molti farmaci antifungini possono agiresinergicamente contro particolari miceti.L’anfotericina B 0,15% e la rifampicinasottocongiuntivale si sono mostrate piùefficaci della sola anfotericina. L’anfote-ricina B e la flucitosina hanno effetti si-nergici. La natamicina e il chetoconazolosono stati usati sperimentalmente su unacheratite da Aspergillus. Allo stesso mo-

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do modelli sperimentali hanno dimostra-to il potenziale antagonismo tra antifun-gini come l’anfotericina B e gli imidazo-li. In generale è stato dimostrato, in vitroe in modelli animali, che gli azoli sonoefficaci contro la Candida e gli Aspergil-li, non contro i Fusaria. L’uso di natami-cina al 5% è raccomandato come terapiainiziale per le cheratiti micotiche. Nelcaso in cui venga notato un peggiora-mento della cheratite dopo il trattamentocon natamicina viene aggiunto un secon-do farmaco, ossia l’anfotericina B allo0,15% con o senza flucitosina 1% in ca-so di cheratite da Candida o un azolo(fluconazolo 2% o miconazolo 1%) nellecheratiti da Aspergillus. Gli azoli posso-no essere utilizzati al posto della flucito-sina, insieme ad altri farmaci in caso dicheratite da Candida. Alcuni degli anti-micotici più recenti utilizzabili per usosistemico sono stati sperimentati topica-mente. L’instaurarsi di resistenze neiconfronti dei farmaci antimicotici è raro,eccetto nel caso in cui la flucitosina ven-ga usata per micosi sistemiche o per iltrattamento topico di cheratiti da lieviti.E’ stato descritto antagonismo tra anfote-ricina B e gli imidazoli quando vengonoutilizzati per via sistemica. Non è statostabilito con certezza, né clinicamente nésperimentalmente, quanto si deve pro-trarre il trattamento antimicotico. Le li-nee guida sono state derivate da studi cli-nici retrospettivi. Jones et al. hanno ri-portato una durata media di terapia connatamicina di 30 giorni, in caso di chera-titi da Fusarium. In una review più re-cente la durata media del trattamento, ri-

portata con farmaci topici, è stata di 39giorni. In generale, la durata del tratta-mento è più prolungata nel caso di chera-titi micotiche rispetto alle cheratiti batte-riche. L’oculista deve determinare la du-rata del trattamento caso per caso, in ba-se alla risposta clinica. I problemi chepossono derivare da un trattamento pro-lungato sono quelli dovuti alla tossicità.La risposta infiammatoria dovuta allatossicità dei farmaci può essere confusacon una persistente infezione. Se si so-spetta una reazione di tossicità e se la te-rapia adeguata è stata protratta per alme-no 4-6 settimane, il trattamento deve es-sere sospeso e il paziente deve esserecontrollato attentamente per eludereeventuali recidive. L’iniezione sottocon-giuntivale di farmaci antifungini non vie-ne usata di routine a causa della loro tos-sicità e dell’intenso dolore causato daquesto tipo di somministrazione. Il mico-nazolo è probabilmente il farmaco anti-fungino meno tossico e più tollerato (da5 a 10 mg per 10 mg di sospensione). Leiniezioni sottocongiuntivali devono esse-re riservate a casi di cheratiti severe,scleriti ed endoftalmiti. L’uso di agentiantifungini per via sistemica non è gene-ralmente indicato nella terapia delle che-ratiti fungine soprattutto per gli agentitossici come l’anfotericina B. Tuttavia,molti studi clinici e sperimentali riporta-no risultati favorevoli nel trattamentodelle cheratiti fungine con chetonazolo,miconazolo e fluconazolo sistemici. Ilfarmaco antifungino maggiormente uti-lizzato per os è il chetoconazolo. Recen-temente è stato dimostrato, sperimental-

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mente, che il fluconazolo è in grado dipenetrare in misura maggiore nella cor-nea dopo somministrazione sistemica ri-spetto agli altri azoli.

TERAPIA CHIRURGICA

La cheratite fungina, nella maggior partedei casi, necessita di terapia chirurgica acausa del ritardo nell’instaurare la tera-pia medica adeguata o per la difficoltà diottenere le medicazioni antifungine. Il ti-po più semplice di terapia chirurgica èl’asportazione dell’epitelio corneale conspatola, che è solitamente eseguita allalampada a fessura previa anestesia topi-ca. La disepitelizzazione viene eseguitaogni 24-48 ore e agisce asportando gliorganismi e il materiale necrotico. In talmodo si aumenta la capacità di penetra-zione degli antifungini topici. Una bio-psia corneale può essere usata non soloper la diagnosi ma anche come interven-to terapeutico. Approssimativamente inun terzo delle infezioni fungine si verifi-ca il fallimento della terapia medica o laperforazione corneale. La maggior partedelle procedure chirurgiche riportate so-no terapeutiche: la cheratoplastica perfo-rante e, in una piccola percentuale deicasi, il flap congiuntivale. Recentemente,sono stati riportati buoni risultati anchecon l’impiego della cheratoplastica la-mellare. I principali successi, raggiuntitramite la chirurgia, sono il controllo del-l’infezione e il mantenimento dell’inte-grità del bulbo. Una cheratoplastica otti-ca può essere eseguita in un secondo mo-

mento. Il timing della cheratoplastica èfondamentale. La maggior parte deglistudi retrospettivi indica che la cherato-plastica è stata eseguita entro 4 settimanedalla presentazione del quadro clinico,principalmente a causa del fallimentodella terapia medica; in alcuni casi puòessere necessaria una cheratoplastica incaso di recidive. Quando viene notatauna progressione della cheratite deve es-sere eseguita una cheratoplastica (Figg.3, 4). Se il processo infettivo progredi-sce, fino ad interessare il limbus o lasclera, si verificano complicanze secon-darie come sclerite ed endoftalmite e lerecidive sono più frequenti. La criotera-pia può essere utilizzata con antifunginitopici e/o un graft corneo-sclerale in ca-so di sclerite e cheratosclerite. E’ neces-sario, di solito, un’anestesia retrobulbaree viene eseguita una recessione congiun-tivale per esporre la sclera infetta. Una

Fig. 3Infiltrazione corneale profonda con margini soffici.La mancata risposta alla terapia farmacologica to-pica e generale, la progressione dell’infiltrazionesono state l’indicazione alla cheratoplastica perfo-rante terapeutica.

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criosonda viene applicata per diversi se-condi primariamente ai bordi dell’infe-zione dove gli organismi sono in fase direplicazione e di invasione. L’area vienelasciata esposta e vengono iniettati anti-fungini sottocongiuntivali. Questi pa-zienti sono di solito sottoposti a terapiaantifungina topica e sistemica. La tecni-ca chirurgica è simile a quella eseguitaper altre forme di cheratiti microbiche.La zona di trapanazione deve lasciareuna zona chiara di cornea non coinvoltadi 1-1,5 mm per diminuire la possibilitàche siano presenti organismi fungini pe-riferici alla zona di trapanazione. E’ rac-comandabile l’uso di punti di sutura sin-goli. Deve essere eseguita un’irrigazionedel segmento anteriore per eliminareeventuali microorganismi. Le struttureintraoculari coinvolte (iride, cristallino,vitreo) devono essere escisse. I fram-menti rimossi devono essere sottopostiad esami microbiologici e anatomopato-logici. Se si sospetta il coinvolgimento di

strutture intraoculari o un’endoftalmite(Fig. 5) un agente antifungino deve esse-re iniettato intraocularmente al momentoin cui si esegue la cheratoplastica. L’anti-fungino da iniettare all’interno dell’oc-chio è l’anfotericina B. Dopo la cherato-plastica perforante gli agenti antifunginitopici devono essere continuati per pre-venire eventuali recidive. Postoperatoria-

Fig. 4Cheratite fungina da Aspergillus in paziente operato di cheratoplastica perforante per cheratite da Acantha-moeba (pre- e postPKP).

Fig. 5Endoftalmite fungina postcheratoplastica perforan-te per deiscenza della ferita chirurgica.

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mente possono essere somministrati, ol-tre agli agenti antifungini topici, anchechetoconazolo, fluconazolo o varicona-zolo per via sistemica. Se agli esami dilaboratorio risulta che nessun organismoè presente ai margini del campione cor-neale, la terapia può essere interrotta do-po 2 settimane ed il paziente deve esserecontrollato attentamente per l’insorgenzadi eventuali recidive. Al contrario, in ca-so di crescita di microorganismi nellacornea e nei tessuti intraoculari, dimo-strata in laboratorio, la terapia antifungi-na si deve protrarre per almeno 6-8 setti-mane (Fig. 6). L’uso dei corticosteroidinel postoperatorio è controverso. Al mo-

mento della cheratoplastica, se l’infezio-ne è controllata clinicamente, possonoessere utilizzati corticosteroidi topici. Senon è certo che l’infezione è sotto con-trollo i corticosteroidi devono essere evi-tati durante il primo periodo postopera-torio. La cheratoplastica perforante, nellacheratite fungina, ha come scopo quellodi eliminare gli organismi e di mantenerela trasparenza del lembo trapiantato. Nelcaso in cui si verifichi un rigetto il pa-ziente può essere sottoposto ad una se-conda cheratoplastica ottica. In questipazienti può essere utile anche una tera-pia immunosoppressiva (ciclosporina A).La ciclosporina A è un antifungino che

Fig. 6

TERAPIA POSTOPERATORIACHERATOPLASTICHE FUNGINE

Indenni per 1,5 mm

Antimicotici topici esistemici per 2 settimane

Antimicotici topici esistemici per 6-8 settimane

Non indenni

Ciclosporina A in caso di rigetto

Margini chirurgici

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L. Conti, V. Sarnicola, C. Signori

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può aiutare a prevenire la risposta immu-ne. Questo duplice meccanismo d’azione(immunosoppressore e antifungino) ren-de l’uso di questo farmaco ideale in casodi cheratite fungina. Il successo dellacheratoplastica perforante è stato riporta-to da molti autori. Altre possibili proce-dure chirurgiche comprendono il flapcongiuntivale, il flap più la cheratecto-mia, il flap più la cheratoplastica pene-trante o lamellare. Molti autori hannoraccomandato la cheratectomia e il flapcongiuntivale come procedure di sceltanella cheratite fungina specialmente incaso di ulcere periferiche refrattarie allaterapia medica. Questa procedura e le al-tre procedure, descritte precedentemente,

possono essere particolarmente utili insituazioni in cui è limitata la disponibi-lità degli agenti antifungini e della cor-nea. La cheratoplastica lamellare è in ge-nere controindicata nel trattamento dellachirurgia fungina attiva. I funghi posso-no essere intrappolati nello spazio intra-lamellare, trattenuti dalla terapia e dallarisposta immunitaria dell’ospite, potendoportare a persistenza o recidive dell’infe-zione. In conclusione le informazioni de-rivate dagli esami di laboratorio sono ne-cessarie per porre una diagnosi corretta.Una terapia medica prolungata ed un ti-ming corretto della chirurgia sono indi-spensabili per aumentare le possibilità diguarigione.

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Le cheratiti micotiche

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Dal 1973 è stato riconosciuto che l’A-canthamoeba causa una grave cheratiteche può portare a cecità. I sintomi carat-teristici comprendono dolore oculare se-vero, infiltrati stromali paracentrali anu-lari, ulcere epiteliali e resistenza allamaggior parte degli antibiotici.Il numero di casi riconosciuti di cheratiteda Acanthamoeba è aumentato costante-mente per tutti gli anni ’80 per vari motivi:• Aumentata consapevolezza degli oculisti. • Aumento del numero dei portatori di

lenti a contatto.• Scarsa cura nell’igiene delle lenti a

contatto.• Disponibilità di rapidi test diagnostici

che permettono di confermare la pre-senza dell’Acanthamoeba.

L’Acanthamoeba è un microorganismoubiquitario che può essere isolato daun’ampia varietà di ambienti, soprattuttodalla terra e dall’acqua di stagni, piscine,serbatoi, mare, vasche calde, acqua sala-ta, acqua imbottigliata, soluzioni salineper lenti a contatto. Come agente patoge-no, l’Acanthamoeba può causare unaforma di encefalite cronica granulomato-

sa e amebiasi cutanea in soggetti immu-nocompromessi e una forma di cheratitecronica severa nella popolazione sana. L’infezione corneale è spesso associatacon l’uso di lenti a contatto, che in effettirappresenta il fattore di rischio più im-portante. Alcuni studi hanno dimostratoche più dell’80% dei casi di cheratite daAcanthamoeba si verificano nei portatoridi lenti a contatto. Le Acanthamoebae esistono in due for-me, cistico quiescente e trofozoita attivo(Fig. 1). Il trofozoita è mobile e possiedeun nucleolo e grandi vacuoli citoplasma-tici. In condizioni sfavorevoli i trofozoitisi incistano. La cisti possiede una doppiaparete contenente cellulosa con un dia-metro di 10-25 µm (Fig. 2); è estrema-mente resistente alle condizioni estreme,come alterazioni dell’osmolarità, del pH,all’essiccazione, al congelamento o adagenti chimici antimicrobici. Anche se i sintomi clinici della cheratiteda Acanthamoeba possono essere con-trollati da vari agenti chemioterapici, iparassiti possono incistarsi nello stromacorneale e rimanervi in forma quiescen-

La cheratite da AcanthamoebaV. Sarnicola, L. Conti, C. Signori

Unità Operativa di Oculistica, Ospedale Misericordia, Grosseto

CAPITOLO 3

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V. Sarnicola, L. Conti, C. Signori

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te. Un trapianto corneale può così attiva-re le cisti quiescenti nel limbus e causareuna recrudescenza della cheratite. Sono state riportate almeno otto speciedi Acanthamoebae in grado di causareinfezioni corneal i : A. castel lani i ,A. polyphaga, A. hatchetti, A. culbertso-ni, A. rhysodes, A. lugdunesis, A. quina eA. griffini. Il primo caso di cheratite daAcanthamoeba è stato descritto da Jonesnel 1975. Tra il 1975 e il 1981 sono statiriportati solo 10 casi di cheratite daAcanthamoeba. A partire dal 1981 il nu-mero dei casi è aumentato gradualmentee più di 100 casi sono stati riportati negliultimi anni ’80 negli Stati Uniti. In GranBretagna sono stati riportati circa 400casi di cheratite da Acanthamoeba a par-tire dal 1977. La reale incidenza della cheratite daAcanthamoeba è, però, sconosciuta. Sonostati diagnosticati più di 750 casi in tuttoil mondo. Da quando questa patologia èstata correlata strettamente all’uso dellelenti a contatto è stato stimato che dal1985 al 1987 si sono verificati da 1.65 a

2.01 casi/milione di portatori di lenti acontatto. Tuttavia Mathers et al. suggeri-scono che l’incidenza della cheratite daAcanthamoeba può essere di 1 per 10.000portatori di lenti a contatto per anno. Con-siderato che in Italia i portatori di lenti acontatto sono 1.800.000, le infezioni teo-riche da Acanthamoeba sono 180 l’anno.

Fig. 1Immagini al microscopio elettronico di trofozoiti (A) e di cisti (B).

A B

Fig. 2La cisti è caratterizzata da una doppia parete.

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La cheratite da Acanthamoeba

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FATTORI DI RISCHIO

La cheratite da Acanthamoeba si verifi-ca in soggetti giovani, immunocompe-tenti, la maggior parte dei quali sonoportatori di lenti a contatto. Gli uomini ele donne sono ugualmente colpiti. Lapatologia è più frequentemente unilate-rale, ma sono stati osservati anche casibilaterali. I principali fattori di rischioassociati con la cheratite da Acantha-moeba sono un pregresso trauma cor-neale, l’esposizione ad acqua o soluzio-ne per lenti a contatto contaminate e l’u-so delle lenti a contatto.

SEGNI CLINICI

Uno dei sintomi più importanti, in casodi cheratite da Acanthamoeba, è il doloresevero molto sproporzionato rispetto al-l’aspetto clinico, soprattutto nella faseprecoce del processo infettivo, legato al-l’infiltrazione perineuronale (Fig. 3). L’infezione agli inizi può essere confina-ta all’epitelio, che mostra irregolarità. Al-tra caratteristica importante è rappresen-tata dall’aspetto dendriforme delle lesionicorneali (Fig. 4). Le manifestazioni tardive, indicative diinfezione stromale, comprendono infil-trati stromali (Fig. 5) ed un caratteristicoinfiltrato ad anello (Fig. 6). Spesso si svi-luppano erosioni corneali ricorrenti, in-filtrati ad anello e ascessi corneali cheportano ad una errata diagnosi di cherati-te erpetica.Possono svilupparsi lesioni satelliti.

Fig. 3Cheratoneurite da Acanthamoeba responsabile del-l’intenso dolore tipico.

Fig. 4Pseudodendrite.

Fig. 5Infiltrato stromale con doppio anello.

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Nei casi più gravi possono svilupparsiipopion e la sclerite anteriore nodulare odiffusa o la sclerite posteriore.

DIAGNOSI DI LABORATORIO

E’ fondamentale ottenere, prima possibi-le, la diagnosi di laboratorio poiché unaterapia instaurata in ritardo può alterarenegativamente l’esito visivo e perché ilpaziente deve essere sottoposto a terapieprotratte. Devono essere effettuate raschiature cor-neali per colorazioni e colture di lesioniepiteliali o subepiteliali. Se invece la malattia epiteliale è di pic-cola entità e l’infezione stromale è pre-dominante allora dovrebbe essere presain considerazione una biopsia. Se si è ottenuta una biopsia si dovrebbe-ro eseguire colorazioni con argento dimetilenamina, ematossilina eosina, acidoperiodico di Schiff. I tessuti provenienti da raschiatura o bio-psia dovrebbero essere trasportati in la-boratorio in soluzione salina di Page in-

sieme a campioni prelevati dalla scatoladelle lenti a contatto e dalle soluzioni dipulizia, qualora naturalmente siano di-sponibili. Queste sono inoculate su unprato di Escherichia coli su agar non nu-triente; le amebe consumano l’E. coli ecosì formano tracce identificabili. Anche la microscopia elettronica può es-sere utilizzata per identificare i parassitinei tessuti corneali. Una microscopia a contrasto di fase puòessere impiegata per identificare i trofo-zoiti mobili, che possiedono un grandecariosoma ed un vacuolo contrattile. Si possono identificare cisti acantamebi-che su colorazioni Gram (Fig. 7) e Giem-sa (Fig. 8). La colorazione bianca del calcofluoro el’acridine arancio mostrano efficacemen-te le pareti delle cisti ma richiedono unmicroscopio a fluorescenza.Anche la microscopia confocale rappre-senta un metodo efficace per diagnostica-re la cheratite da Acanthamoeba (Fig. 9).

TERAPIA

Gli antimicrobici suggeriti includono:• Antisettici di membrana (clorexidina e

poliesametilene biguanide, PHMB) cheinibiscono la funzione di membrana.

• Diamidi aromatici (esamidine, penta-midine isotionato, propamidine isothio-nato) che inibiscono la sintesi del DNA.

• Aminoglicosidi (neomicina e paromo-micina) che inibiscono la sintesi diproteine.

• Imidazoli (clotrimazolo, fluconazolo,

Fig. 6Interessamento stromale con singolo infiltrato.

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La cheratite da Acanthamoeba

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ketoconazolo, miconazolo) che desta-bilizzano le pareti cellulari.

I farmaci più comunemente usati sono lapropamidina isothionato (brolene), non di-sponibile in Italia ma presso la farmaciadella Città del Vaticano, la clorexidina glu-conata (visiodose collirio), reperibile inFrancia e nella Repubblica di San Marino.La terapia combina agenti antimicrobiciche hanno meccanismi diversi e additivio sinergici. Gli antisettici cationici hannouna buona attività generale antiamebica,così, come approccio iniziale, si racco-manda la clorexidina o PHMB in combi-

nazione con neomicina e/o propamidineisotionato. Se necessario, si può aggiun-gere un imidazolo come terzo agente.Una volta fatta la diagnosi si sommini-strano le gocce ogni ora per 48 ore, poi siriduce gradualmente la frequenza dellasomministrazione durante la notte men-tre si mantiene la somministrazione ogniora durante il giorno. Nel momento incui diminuiscono infiammazione e infe-zione, la frequenza può essere ridotta nelgiro di alcune settimane a 4 volte al gior-no, dosaggio che poi viene mantenutoper molti mesi.

Fig. 7Cisti di Acanthamoeba.

Fig. 8Colorazione Giemsa di un trofozoite.

Fig. 9Immagine confocale di cisti e trofozoiti.

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Il ruolo dei corticosteroidi nella cura del-l’infezione acantamebica è tuttora con-troverso. I corticosteroidi sopprimono lerisposte immunitarie e infiammatoriedell’ospite e riducono la severità dell’in-fiammazione. Sebbene la terapia topicacon corticosteroidi migliori il quadro cli-nico della cheratite da Acanthamoeba, sipossono verificare sia peggioramenti cheeffetti collaterali durante l’esecuzione diquesta terapia. Nella fase precoce dell’infezione la dise-pitelizzazione è efficace, se utilizzata incombinazione con una terapia antiame-bica. Sembra che questa procedura au-menti la penetrazione dei farmaci nellacornea e faciliti la rimozione dei mi-croorganismi patogeni dalla lesione. La crioterapia della cornea è stata utiliz-zata sia come procedura unica che incombinazione con la cheratoplastica. Lacrioterapia viene eseguita al momentodella cheratoplastica perforante per di-struggere e confinare i parassiti al di fuo-ri del lembo trapiantato. Il razionale di

questa procedura è di eliminare le recidi-ve nei riceventi. In vitro, è stato dimostrato che i trofozoi-ti sono uccisi quando sono esposti a tem-perature comprese tra -50 °C e -130 °C;invece le cisti sopravvivono. Tuttavia èimportante sottolineare che la crioterapiapuò causare un danno esteso della cor-nea. La crioterapia rappresenta quindiuna procedura terapeutica non efficacenel t ra t tamento del la cherat i te daAcanthamoeba.La cheratoplastica lamellare o perforanteè raccomandata in caso di progressionedella patologia, nonostante il regime te-rapeutico, in caso di pericolo imminentedi perforazione corneale o per ottenereun miglioramento del visus, qualora l’in-fezione e l’infiammazione siano comple-tamente risolte.Il timing della chirurgia è ancora oggettodi controversie. La maggior parte dei la-vori pubblicati evidenziano che si ricorrealla cheratoplastica in uno stadio avanza-to della patologia, quando possono esse-

Fig. 10Cheratite da Acanthamoeba rapidamente progressiva nonostante la terapia medica. In questo caso la pa-ziente è stata sottoposta a cheratoplastica lamellare profonda ottenuta mediante «Big Bubble». La terapiamedica antiprotozoaria è stata progressivamente ridotta.

A B

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La cheratite da Acanthamoeba

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re già coinvolti il limbus e la sclera oquando si ha perforazione corneale. I ri-sultati sono deludenti. Il maggiore pro-blema è rappresentato dalla recidiva del-l’infezione e dell’infiammazione con ca-taratta ed ipertono secondario, infiam-mazione intraoculare, deficit limbare se-condario e rigetto. Per tale motivo, alcu-ni Autori suggeriscono la cheratoplasticaprecoce in modo da essere sicuri di era-dicare la malattia. Altro oggetto di di-scussione è la scelta del tipo di cherato-plastica, perforante o lamellare.La cheratoplastica lamellare profondaviene indicata nei casi in cui la corneanon è perforata. I vantaggi di tale tecnicasono il minor rischio di rigetto in questiocchi infiammati e un ridotto rischio diendoftalmite, trattandosi di una proce-dura chirurgica bulbo chiuso. Gli svan-taggi sono rappresentati dalla possibilità

che nello stroma residuo rimangano fi-bre infette, rischio che si riduce con l’u-tilizzo di tecniche di cheratoplasticaprofonda descemetica («Big Bubble»,viscodissezione), in cui la totalità dellostroma viene rimossa; in caso di infiam-mazione si può verificare neovascolariz-zazione ed haze dell’interfaccia e dellostroma. In ogni caso se una cheratopla-stica lamellare fallisce si può sempre ri-correre ad una cheratoplastica perforan-te. Nel caso in cui esista pericolo immi-nente di perforazione corneale è neces-sario ricorrere alla cheratoplastica la-mellare. In questa procedura è fonda-mentale che la regione infetta della cor-nea sia interamente inclusa nel lembodel donatore; in caso contrario l’infezio-ne può ricomparire spesso a livello del-l’interfaccia trapianto-ospite con conse-guenze drammatiche.

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V. Sarnicola, L. Conti, C. Signori

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Le cheratiti microbiche sono dovute allapenetrazione e proliferazione di microor-ganismi (batteri, funghi e parassiti) nellacornea con conseguente reazione infiam-matoria destruente all’interno del tessutocorneale. Le infezioni microbiche si verificano ra-ramente in assenza di fattori predisponen-ti(1,2). Il principale di questi è rappresentatodall’uso di lenti a contatto(3) (Fig. 1), so-prattutto l’uso prolungato notturno(4), mapossono essere causate anche da traumi, omanifestarsi come complicanza di patolo-gie che compromettano l’integrità dellasuperficie oculare (per esempio nelle che-ratopatie da Herpes, da esposizione, nellecheratopatie tossiche da abuso di anesteti-ci locali, nella cheratopatia bollosa ecc.). In presenza di un’infezione suppurativacorneale non esistono segni clinici di-stintivi che consentano di determinarecon certezza l’agente causale. Ne risultache la diagnosi debba essere completatadal rilievo anamnestico dei principali fat-tori di rischio e dai risultati delle proce-

dure diagnostiche atte ad individuare l’a-gente microbico causale. Possono fareeccezione, a questa regola, infiltrati cor-neali multipli o infiltrati marginali in as-senza di un difetto epiteliale sovrastante,causati, di solito, da una reazione immu-nologica sterile determinata dalla presen-za di antigeni batterici. Tali reazioni siverificano solitamente nei portatori dilenti a contatto o in caso di colonizzazio-ne batterica dei margini palpebrali (ble-fariti marginali)(5,6) (Fig. 2).

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Dalla diagnosi alla terapia medicaStrategie diagnostico-terapeutiche per il trattamentodelle cheratiti microbicheL. Fontana, G. Parente, G. Tassinari

Unità Operativa di Oculistica, Ospedale Maggiore, Bologna

CAPITOLO 4

Fig. 1Cheratite batterica in portatore di lenti a contatto.Agente microbico causale Pseudomonas aeruginosa.

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L. Fontana, G. Parente, G. Tassinari

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In tutti i casi in cui vi è un sospetto dicheratite microbica, l’approccio più cor-retto da seguire consiste nell’eseguire unesame diagnostico colturale e quindi ini-ziare una terapia antibiotica topica adampio spettro(7).Questo capitolo descrive un algoritmodiagnostico-terapeutico di facile applica-zione che riassume le attuali strategiediagnostico-terapeutiche utili a consenti-re un efficace trattamento della maggiorparte dei casi di cheratite microbica.

ESAMI PRELIMINARI

• Registrazione dell’aspetto clinico.• Scraping (prelievo) corneale.E’ molto utile, sin dall’inizio, registrarenella cartella del paziente i seguenti pa-rametri che descrivono la gravità del pro-

cesso patologico (Figg. 3, 4):• Dimensioni della lesione: si misura sia

l’estensione del difetto epiteliale chedell’infiltrato stromale. Solitamentevengono registrati in mm la massimalunghezza e larghezza su due assi orto-gonali, con l’indicazione del loro orien-tamento.

• Massimo assottigliamento corneale:può essere espresso come percentualerispetto allo spessore corneale normale,insieme all’indicazione della localizza-zione del punto di massimo assottiglia-mento della lesione.

• Altezza dell’ipopion in mm.• Estensione del deposito di fibrina e

presenza di cellule in camera anteriore.Ogni volta che vi sia il sospetto di unacheratite microbica, uno scraping cor-neale, oltre a servire allo scopo diagno-stico, incoraggia la guarigione dell’ulce-ra rimuovendo il materiale necroticopresente, favorendo la penetrazione de-gli antibiotici e riducendo la carica bat-terica per asportazione meccanica. Gliindici di severità della malattia andreb-bero registrati preferibilmente dopo l’e-secuzione dello scraping per non corrererischi di ingenerare confusione nei sus-seguenti rilievi della progressione dellamalattia. Nelle cheratiti batteriche non sono ripor-tati casi di endoftalmite in assenza diperforazione corneale; l’ipopion associa-to alle ulcere batteriche con membrana diDescemet integra è generalmente sterile epertanto prelievi di acqueo e di vitreo nonsono indicati per il rischio di introdurredei germi all’interno dell’occhio.

Fig. 2Infiltrato stromale paralimbare sterile in portatore dilenti a contatto. E’ evidente la dilatazione dei vasilimbari.

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L’esame obiettivo dovrebbe anche inclu-dere una valutazione completa della su-perficie oculare con particolare attenzio-ne a fattori quali la funzione palpebrale,il film lacrimale e la sensibilità corneale.

ESECUZIONE DEL PRELIEVO

Il prelievo va eseguito dall’oculista allalampada a fessura, consentendo di visua-lizzare, ad elevato ingrandimento, i di-

Fig. 3Rappresentazione schematica della registrazione dei principali indici di severità nelle cheratiti microbiche.

Fig. 4Esempio di rappresentazione schematica della registrazione dei principali indici di severità nelle cheratitimicrobiche.

difetto epiteliale

infiltrazione stromale

max. assottigliamento

fibrina

ipopion

difetto epiteliale

infiltrato stromale

ipopion

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versi elementi che caratterizzano il pro-cesso patologico (difetto epiteliale, infil-trato stromale, area ulcerativa) e di prele-vare dall’ulcera sufficienti quantità dimateriale per la coltura. Le indagini mi-crobiologiche oculari sono spesso limita-te dal fatto che la quantità di materialeottenibile è quantitativamente scarsa; perquesta ragione è molto importante inocu-lare i campioni prelevati direttamente nelterreno di coltura prescelto per evitaredispersioni e contaminazioni.Nell’esecuzione del prelievo microbiolo-gico occorre essere meticolosi e attentiin ogni passo della procedura ed obbedi-re a tutte le norme di sterilità per evitareche microorganismi estranei contamini-no il reperto (lavarsi le mani, usare guan-ti sterili e lavare e sterilizzare l’attrezza-tura impiegata). E’ opportuno ricordareche il materiale prelevato può essere in-fettivo e perfino pericoloso, per cui è ne-cessario osservare le comuni norme diprecauzione per evitare dispersioni mi-crobiche nell’ambiente e trasmissioni adaltri pazienti (pulizia della lampada afessura e corretto smaltimento dei mate-riali contaminati).I colliri antibiotici limitano il numero dimicroorganismi disponibili per la coltu-ra, per cui, qualora la terapia antibioticasi già stata intrapresa, è bene, se possibi-le, sospendere l’antibiotico almeno uno odue giorni prima del prelievo. Anche glianestetici locali hanno azione batterio-statica e riducono il numero di microor-ganismi reperibili, per tale ragione siconsiglia l’uso di poche gocce di ossibu-procaina cloridrato 0,4% per il suo mini-

mo effetto inibente sulla proliferazionebatterica.Tamponcini sterili di cotone (cotton-fioc) sono impiegati per raccogliere ma-teriale (secrezioni) accumulato ai fornicicongiuntivali o sui bordi palpebrali. Perla raccolta di materiale, proveniente dal-l’ulcera corneale, è consigliato utilizzareinvece una spatola sottile sterile (p.es.spatola di platino di Kimura) o, in alter-nativa, un ago 22G sterile con la punta ri-piegata ad uncino.

CONGIUNTIVA

La congiuntiva palpebrale inferiore è ilsito usuale per il prelievo di campionicongiuntivali. Si rovescia la palpebra in-feriore tirandola in basso e lontana dalbulbo. Si fa rotolare delicatamente ilcotton-fioc sterile inumidito con solu-zione fisiologica sterile lungo l’interacongiuntiva della palpebra inferiore; èopportuno farlo passare più volte per as-sorbire più materiale possibile, evitandodi lesionare la congiuntiva e toccare ci-glia e margini palpebrali del paziente. Siinocula subito il materiale su un terrenodi coltura liquido o solido, generalmentesu piastra agar. Il materiale viene stri-sciato nella metà superiore della piastra;se viene effettuato un prelievo da en-trambi gli occhi, il materiale provenientedalla congiuntiva destra è indicato da undisegno a zigzag o elicoidale verticale, ilprelievo dalla congiuntiva sinistra è sim-boleggiato da un disegno a zigzag oriz-zontale.

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CORNEA

Per un prelievo corneale si instilla unagoccia di anestetico in entrambi gli occhi,e si spiega al paziente in cosa consiste laprocedura. Alla lampada a fessura, dopoaver fornito al paziente un adeguato puntoda fissare, si focalizza sull’ulcera e si ponela spatola (o ago) temporalmente e tangen-zialmente alla lesione. Si utilizza il margi-ne della spatola per asportare tutti i tessutinecrotici e i detriti che ricoprono il margi-ne e la base dell’ulcera. Questo materiale,lassamente adeso, formato da polimorfo-nucleati e tessuto in degradazione (Fig. 5),generalmente contiene una scarsa quantitàdi batteri, ma per la sua abbondanza puòvenire disteso su un vetrino porta-oggettiper l’esame batterioscopico con colorazio-ne di Gram e Giemsa. E’ importante, pri-ma di eseguire il prelievo vero e proprioper l’esame colturale, eliminare il materia-le necrotico e purulento che ricopre l’ulce-ra e cercare di individuare la transizionetra il tessuto visibilmente interessato e lostroma normale che più probabilmenteconterrà germi attivi.Per il prelievo da inoculare nel terreno dicoltura si raschia delicatamente prima ilbordo sporgente dell’ulcera e quindi ilfondo (Fig. 6). Dal margine e dal fondodevono provenire più campioni, ciascunoda inoculare separatamente nel mezzo dicoltura, sterilizzando la spatola dopoogni prelievo. Esistono diversi pattern diinoculazione. La modalità standard diinoculazione consiste nel seminare ilprelievo in forma di colonne di 5-6 lineecurvilinee, dove ciascuna colonna rap-

presenta un diverso campione (Fig. 7).Durante il prelievo la spatola va sempremanovrata dall’alto in basso e allonta-nandola dall’occhio, al fine di evitaretraumatismi o perforazioni nel caso cheil paziente si muovesse. Bisogna cercaredi provocare il minor trauma possibile,

Fig. 5Cheratite microbica batterica. Accumulo di muco emateriale necrotico sul fondo dell’ulcera. Agente mi-crobico Streptococcus pneumoniae.

Fig. 6Cheratite microbica batterica. Agente microbicoStreptococcus pneumoniae. Dopo aver asportato ilmateriale necrotico si esegue uno scraping del fondodell’ulcera con spatola per prelevare materiale incorrispondenza dell’area di infiltrazione stromale.

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specie nell’eseguire dei raschiamenticorneali perché una cornea infetta è in-debolita e può essere incline a perforarsicon pressioni eccessive. E’ consigliabileridurre il numero di campioni da ulcerecorneali gravi estesamente assottigliatecon pericolo di perforazione. A causa del ridotto quantitativo di prelievo,è preferibile non utilizzare mezzi di tra-sporto, ma inoculare il prelievo direttamen-te nel mezzo di coltura. Dopo il prelievo lepiastre agar e gli eventuali terreni liquidi,vanno posti in incubatore a 35-37 °C o a temperatura ambiente (mai in frigorife-ro) fino all’arrivo in laboratorio.Nelle infezioni da lenti a contatto, se di-sponibili, si devono inviare al laboratoriodi microbiologia le lenti a contatto assie-me al contenitore ed al flacone di solu-

zione per la pulizia delle lenti. Le lenti acontatto possono essere appoggiate suuna piastra agar per favorire la crescitamicrobica.

PALPEBRE

Nei casi in cui si sospetti che l’infezionecorneale origini dal margine palpebrale èutile eseguire un prelievo anche dai mar-gini palpebrali. Prima di effettuare unacoltura bisogna pulire i margini palpe-brali asportando tutte le croste e i detritieventualmente presenti, con un cotton-fioc sterile inumidito con soluzione sali-na. Si allontana la palpebra dal bulbo e sipassa con l’applicatore lungo il marginepalpebrale. Il tampone viene rotolato sul

Fig. 7Schematizzazione di un pattern di inoculazione di un terreno solido. Le colonne da A a C rappresentanocampioni successivi prelevati da un’ulcera corneale. Le righe da 1 a 5 rappresentano successive applicazio-ni dello stesso materiale. Il materiale va depositato sulla superficie della piastra, evitando che l’applicatorescavi nel mezzo di coltura e ne rompa la superficie.

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margine palpebrale 2-3 volte in modoche assorba più materiale possibile equindi strisciato immediatamente su diuna piastra di agar. Per convenzione ilprelievo dalla palpebra viene posto nellaparte inferiore della piastra, quello di ori-gine congiuntivale in quella superiore. Sipuò disegnare una «R» per identificare ilmateriale proveniente dal margine palpe-brale destro ed una «L» per indicare ilmateriale proveniente dalla palpebra sini-stra. Anche campioni provenienti dal sac-co lacrimale o dalle ghiandole di Meibo-mio possono venire posti sulle piastre dicoltura come descritto per i prelievi effet-tuati dalle palpebre.

SEMINA E TRASPORTO DEL PRELIEVO

Dopo aver eseguito il prelievo è bene ino-culare subito il materiale in un mezzo so-lido. Inoculare d’abitudine sia in agarsangue che in agar cioccolato così comein ogni altro mezzo di coltura indicato. Sirotola l’applicatore (spatola o cotton-fioc) sulla superficie della piastra, evitan-do di rompere la superficie del terreno edinoculare profondamente. Per evitarel’affollamento delle proliferazioni e quin-di le difficoltà interpretative, è bene usareuna piastra di agar per ogni occhio in ca-so di infezioni bilaterali. Quando le pia-stre non sono disponibili, si può usare unterreno di trasporto. Il mezzo di trasportopiù comunemente utilizzato è una pro-vetta di vetro con tappo a vite contenenteun brodo di coltura (tioglicolato, tripto-sio). In questo caso si toglie il tappo, si

pone la punta dell’applicatore nella pro-vetta di brodo fino ad immergerla nel ter-reno, quindi si richiude il tappo stretta-mente. Esistono contenitori, per il tra-sporto di prelievi per colture, preparaticommercialmente. Sono facilmente di-sponibili e consistono di un cotton-fiocsterile, confezionato in un contenitore ci-lindrico contenente il mezzo di Stuardmodificato. Si usa il cotton-fioc per ilprelievo che viene poi fatto scivolare in-dietro nel contenitore in modo che la suaestremità arrivi a livello del terreno con-tenuto sul fondo della provetta. Si spre-me la fiala sul fondo della provetta rom-pendo il sigillo e permettendo al mezzoliquido di circondare la punta dell’appli-catore. Si richiude il contenitore e si in-via al laboratorio.Qualsiasi terreno utilizzato (piastre o ter-reni liquidi) deve essere conservato a tem-peratura ambiente fino all’invio in labora-torio ed in nessun caso refrigerato.E’ bene etichettare il campione con il no-me del paziente e del medico che ha ef-fettuato il prelievo, data ed ora del prelie-vo, occhio destro o sinistro, farmaci anti-biotici usati e se sono stati interrotti(8) .

INTERPRETAZIONE DEGLI ESAMI MICROBIOLOGICI

Gli studi di laboratorio fanno perno sudue esami principali: esame batteriosco-pico ed esame microbiologico.Mentre gli studi batterioscopici consento-no l’identificazione di batteri, funghi eprotozoi per visualizzazione diretta me-

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diante colorazioni specifiche (Fig. 8) conuna sensibilità del 55-79%(8), le tecnichedi coltura microbiologica sono utilizzateper la crescita e l’isolamento di batteri efunghi. Gli studi colturali sono quelli piùcomunemente eseguiti e consistono nellasemina su terreni di coltura di materialeproveniente dall’occhio interessato dal-l’infezione. Dopo il prelievo, prima dellasemina in un terreno solido, il materialepuò essere posto, per alcuni giorni, in unterreno liquido di trasporto liquido (bro-do) per favorire la prolifera microbica.Una piccola quantità di liquido viene ste-sa su piastre che vengono riposte in incu-batori a 35-37 °C. Dopo alcuni giorni lepiastre vengono controllate per verificarela proliferazione batterica. La formazionedi colonie multiple o confluenti lungo lelinee di inoculazione su una piastra diagar indicano con molta probabilità l’iso-lamento di un agente patogeno, soprattut-to se i microorganismi isolati presentanole stesse caratteristiche dei germi osserva-ti in batterioscopia. Qualsiasi sviluppo al

di fuori delle striature è considerato unacontaminazione. Le caratteristiche di svi-luppo sono specifiche per ciascun mi-croorganismo. Quando vengono utilizzatidei mezzi liquidi, le contaminazioni nonpossono essere distinte dai patogeni. Perquesto la crescita di batteri in un brodo, inassenza di una conferma di crescita su unmezzo solido o di una microscopia positi-va, deve essere interpretato con cautela.Dopo lo sviluppo e l’isolamento di cia-scun microorganismo, vengono descrittele caratteristiche di ciascun patogeno estudiata la sensibilità dei microorganismia specifici antibiotici per ricercare even-tuali antibiotico-resistenze (antibiogram-ma). E’ importante considerare che i di-schi di diffusione, per testare la sensibilitàall’antibiotico, contengono l’antibioticoin una concentrazione simile alla concen-trazione plasmatica considerata terapeuti-ca per l’antibiotico in esame, che risultaspesso molto inferiore alla concentrazioneche l’antibiotico raggiunge durante untrattamento topico intensivo(9).

Fig. 8Terreni di coltura solidi piastre agar e agar sangue (a sinistra) e terreni di coltura liquidi tioglicolato (a de-stra).

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Occorrono da 48 a 72 ore prima che i ri-sultati della coltura siano pronti, tuttaviai risultati preliminari possono essere di-sponibili entro 24 ore o prima se è statoeseguito un vetrino per la batterioscopia.

TERRENI DI COLTURA

Il kit per lo scraping corneale, a disposi-zione nell’ambulatorio di pronto soccor-so, dovrebbe prevedere al minimo un ve-trino per la batterioscopia ed una piastradi agar sangue o un brodo per la coltura.Questi strumenti sono generalmente suf-ficienti, essendo la maggior parte dei mi-croorganismi, isolati nelle cheratiti mi-crobiche che si sviluppano nei paesi aclima temperato, di tipo aerobio. La

maggior parte di questi germi e la granparte dei funghi possono essere coltivaticon successo su piastre di agar sangue(9).Tuttavia esistono una varietà di terrenisolidi e liquidi o di vetrini idonei adidentificare altri patogeni meno comu-ni(10), ma il loro utilizzo di routine, in as-senza di un sospetto clinico (anamnesi easpetto clinico) specifico di infezione dafunghi(11) o da Acanthamoeba(12), è proba-bilmente inutile, specie se il materialeprelevabile per l’inoculazione è limitatocome nelle ulcere piccole o in quelle conimminente perforazione (Tab. I).Le piastre di agar sono il mezzo solidopiù usato per la coltura, l’isolamento el’identificazione dei microorganismi. Lapiastra più comunemente usata è quelladi agar sangue, che è un mezzo polivalen-

ORGANISMO TECNICHE ISTOLOGICHE MEZZI DI COLTURA

TABELLA I

Acanthamoeba

Funghi

Herpes simplex

Micobatteri

Batteri anaerobi

Bianco CalcofluorImmunofluorescenza

Bianco CalcofluorGramGiemsaPAS

Microscopia elettronicaImmunoistochimica

Ziel-Neelsen

Gram

Agar con E. coli

Agar SabouraudBrodo cuore cervello

Colture cellulari

Lowenstein Jensen

Tioglicolato

Nella tabella sono indicati alcuni dei microorganismi coinvolti nei casi di cheratiti microbiche indolentio progressive. Di fianco sono indicate le tecniche istologiche di scelta ed i mezzi di coltura più idonei.

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te che permette la crescita di moltissimimicroorganismi. Batteri quali Neisseriaed Haemophilus non crescono bene suagar sangue, per cui si utilizza una piastraagar cioccolato (un agar polipeptone ar-ricchito con emoglobina). Altri mezzi dicoltura come l’agar Sabouraud (isola-mento di funghi) e l’agar Thayer Martin(identificazione di Gonococco e Neisse-ria) dovrebbero venire richiesti a secondadella presentazione del caso.Fino al momento dell’utilizzo le piastrevanno conservate in frigorifero e portatea temperatura ambiente solo prima del-l’inoculazione. Il brodo tioglicolato , unmezzo liquido, è utile come mezzo ditrasporto, oltre a consentire lo sviluppodi anaerobi facoltativi. Altri mezzi di tra-sporto quali quello di Amies, Stuart,Cary-Blair, Transgrow, sono usati permantenere vitali i batteri finché il cam-pione non viene inseminato su piastra inlaboratorio. Il laboratorio di riferimentofornirà le proprie preferenze sui mezzi ditrasporto e di crescita con indicazionispecifiche.

TERAPIA INIZIALE

Ci possono essere due diversi approcci altrattamento iniziale delle cheratiti micro-biche: una terapia di attacco in cui vieneutilizzata una combinazione di antibioticifortificati per una terapia iniziale basatasulle informazioni epidemiologiche loca-li riguardanti le infezioni oculari più co-muni(13); oppure una terapia specifica(14),in cui si utilizza un trattamento intensivo

con un unico antibiotico suggerito dal ri-sultato dell’esame microbiologico. En-trambi gli approcci presentano deglisvantaggi. Nel primo caso una coperturaantibiotica completa non è ipotizzabile ela tossicità del trattamento è elevata; nelsecondo, una terapia specifica mirata ri-schia il peggioramento del quadro clinicose l’esame microbiologico è incompletoo errato o nella frequente condizione diinfezioni polimicrobiche. Il trattamento antibiotico, nelle infezionimicrobiche, ha un duplice scopo: steri-lizzare la cornea (terapia intensiva) eprevenire sovrainfezioni (profilassi).Quindi la terapia iniziale, nelle cheratitimicrobiche, deve essere distinta in duefasi: un breve periodo di trattamento an-tibiotico intensivo designato a sterilizza-re la cornea (Fase 1 - sterilizzazione) edun secondo periodo in cui la terapia è fi-nalizzata a limitare gli ulteriori dannidell’infiammazione, prevenire le so-vrainfezioni e promuovere il processo diriepitelizzazione (Fase 2 - guarigione).Solitamente la sterilizzazione precedequasi sempre la riepitelizzazione e la ri-soluzione dell’infiammazione.

SCELTA DELL’ANTIBIOTICO

Anche nella scelta dell’antibiotico pos-siamo avere due scelte principali: una te-rapia di combinazione con aminoglicosi-di fortificati (p.es. gentamicina) e cefalo-sporine di seconda generazione (p.es. ce-furossima) che devono essere preparati apartire dalle soluzioni iniettabili, oppure

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con un fluorochinolone di nuova genera-zione (p.es. ofloxacina, ciprofloxacina elevofloxacina) che sono già disponibiliin preparazioni topiche per il trattamentodelle cheratiti microbiche. La monotera-pia con fluorochinolonici può risultare lascelta più appropriata nei paesi sviluppa-ti, in cui la diffusione delle lenti a contat-to ha reso predominanti le cheratiti daPseudomonas(3) anche se il problema diPseudomonas resistenti è diventato oggisempre più rilevante. Al contrario neipaesi in via di sviluppo, dove sono pre-valenti le cheratiti microbiche da Strep-tococco in associazione a traumi ocula-ri(15), una terapia di combinazione (p.es.penicillina fortificata con ofloxacina)può essere preferibile in quanto i fluoro-chinolonici da soli, sebbene clinicamenteattivi, presentano un’efficacia limitatacontro le varietà di specie di Streptococ-chi(16). La monoterapia facilita la compliance edelimina l’effetto diluizione quando piùcolliri vengono instillati contemporanea-mente o a distanza ravvicinata. Visto chevari studi retrospettivi riportano una pa-rità di efficacia tra una monoterapia confluorochinolonici standard ed una terapiadi combinazione con antibiotici fortifica-ti, dal punto di vista pratico può essereragionevole preferire la monoterapia.I fluorochinolonici, disponibili per uso to-pico oftalmico, attualmente in commerciosono: norfloxacina 0,3%, ofloxacina0,3%, ciprofloxacina 0,3% e levofloxaci-na 0,5% (fluorochinolonico di terza gene-razione). Alcuni studi sulla sensibilità an-timicrobica in vitro hanno dimostrato che

la norfloxacina(20) è meno attiva contro iceppi Gram+ rispetto alla ofloxacina e ci-profloxacina, per questa ragione la nor-floxacina è il fluorochinolone meno ap-propriato come monoterapia ad ampiospettro per le cheratiti microbiche. Sial’ofloxacina che la ciprofloxacina mostra-no un ampio spettro di azione in vitro(19),tuttavia ambedue presentano il problemadella resistenza contro batteri Gram+ co-me lo Staphylococcus aureus e lo Strep-tococco e Gram- come lo Pseudomonasaeruginosa.La levofloxacina è composta dal solo L-isomero attivo, del racemo ofloxacina.Confrontata con gli altri fluorochinoloni-ci in commercio sembra avere una mi-gliore attività in vitro e una migliore so-lubilità in acqua a pH neutro, questo con-sente di ottenere una formulazione incollirio con una concentrazione più alta(0,5% contro 0,3% degli altri fluorochi-noloni). Studi in vitro dimostrano che lalevofloxacina raggiunge in camera ante-riore concentrazioni 3,5-4 volte più ele-vate del suo racemo, ma questa differen-za sembra essere dovuta alla sua maggio-re concentrazione, piuttosto che ad unasua maggiore capacità di penetrazionenella cornea(21). Un altro studio in vitro hadimostrato una superiorità statisticamen-te significativa della levofloxacina controi batteri Gram+ ed in particolare lo Strep-tococcus species rispetto agli altri fluoro-chinolonici disponibili commercialmen-te(22). L’ofloxacina e la levofloxacina, adifferenza della ciprofloxacina, non indu-cono la formazione di precipitati cornea-li(23,24). La quarta generazione di fluorochi-

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noloni (gatifloxacina e moxifloxacina),non ancora disponibile in Italia, dovrebbemostrare efficacia nei confronti dei ceppiresistenti ai fluorochonoloni di terza ge-nerazione.

FASE 1 - STERILIZZAZIONE

Sebbene sia impossibile stabilire conprecisione la frequenza e la durata di unaterapia antibiotica intensiva che garanti-sca la sterilizzazione della cornea, solita-mente una somministrazione ogni oraper cinque giorni lascia un ampio margi-ne di sicurezza. Si consiglia per i primidue giorni una somministrazione conti-nua giorno e notte e nei tre giorni succes-sivi una somministrazione ogni ora solodi giorno, quindi la posologia può esserepassata a quattro volte al dì finché l’epi-telio non sia completamente rimarginato.Il trattamento notturno è indicato semprenelle infezioni severe (lesione con dia-metro > 6 mm, con assottigliamento>50%) , tuttavia il valore complessivo diquesto trattamento può essere discusso,dato che le concentrazioni dei fluorochi-nolonici nel film lacrimale si mantengo-no a lungo. La maggior parte dei pazienticon cheratite microbica possono esseregestiti ambulatorialmente(25), con un con-trollo ogni 48 ore. Un ricovero può esse-re necessario in caso di presunta scarsacompliance (p.es. pazienti anziani o de-bilitati senza supporto sociale) o in casodi perforazione imminente o già avvenu-ta. Gli antibiotici sistemici (p.es. cipro-floxacina 500 mg due volte al dì) sono

indicati sempre in caso di avvenutaperforazione, con ricovero del pazientein ambiente ospedaliero e nelle ulcereprossime al limbus. In questi casi il trat-tamento sistemico riduce il rischio di dif-fusione dell’ulcera alla sclera ed aumen-ta la disponibilità dell’antibiotico a livel-lo della lesione periferica. Come terapiadi supporto per il dolore possono essereindicati in questa fase farmaci analgesicie midriatici/cicloplegici. La sommini-strazione di antibiotici per via sottocon-giuntivale può risultare spiacevole per ilpaziente (forte dolore), senza aggiungerenulla all’efficacia terapeutica di un trat-tamento antibiotico topico intensivo,comportando inoltre un rischio di perfo-razione oculare e necrosi congiuntivale.

Primo controlloIl primo controllo a 48 ore di distanza,permette di individuare quei casi rapida-mente progressivi, che richiedono un ri-covero urgente in ambiente ospedaliero.Nei primi due giorni di trattamento lareazione infiammatoria può essere au-mentata dalla lisi batterica e dal rilasciodi endotossine con conseguente appa-rente peggioramento del quadro clinico.Un controllo ravvicinato dopo 24 orepuò quindi trarre in inganno in merito al-la risposta al trattamento e, in questo pe-riodo, le informazioni di laboratorio(esame colturale e antibiogramma), sucui basare un’eventuale modifica razio-nale del trattamento, non sono ancora di-sponibili. Il dolore e la fotofobia sonoimportanti indici soggettivi che possonofornirci indicazioni utili sul decorso del-

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la malattia, già dopo pochi giorni il mi-glioramento della sintomatologia dolo-rosa prelude al miglioramento del qua-dro clinico obiettivo. Un peggioramento in questa fase, rap-presentato da incremento dell’assotti-gliamento corneale e chiara espansionedell’ulcera, è insolito ed indica che il pa-ziente non è sensibile alla terapia anti-biotica o non è stata effettuata corretta-mente la terapia. In questi casi il pazienteandrebbe ricoverato per essere certi dellacompliance alla terapia e andrebberocontrollati i risultati microbiologici ini-ziali, con particolare riguardo ai test disensibilità. A meno che i risultati inizialinon indichino una possibile resistenzaalla terapia antibiotica, bisognerebbecontinuare il trattamento ad ampio spet-tro ogni ora, giorno e notte per 48 ore epoi solo nelle ore diurne per altri 3 gior-ni. In questi casi è necessario uno strettomonitoraggio giornaliero.

Controllo ad una settimanaSe non si sono manifestati segni clinicidi risoluzione in una settimana dalla pre-sentazione, è importante stabilire se sitratta di un ritardo di guarigione (quadroclinico invariato rispetto alla diagnosi) ose ci sono segni di progressione per cui sirenda necessario il ricovero in ospedale.In caso di evidenza di scarsa complianceo in caso di esame colturale positivo e re-sistenza alla terapia iniziale, c’è l’indica-zione a ripetere la fase di sterilizzazione,usando una terapia specifica appropriata.In presenza di una scarsa risposta e di unesame colturale negativo, è indicato il ri-

covero in ospedale e l’interruzione diogni terapia per 24 ore per l’esecuzionedi un nuovo scraping corneale.Se il germe isolato è sensibile alla tera-pia iniziale ma non c’è miglioramentoclinico significativo, bisogna sospettareun’infezione polimicrobica.

FASE 2 - GUARIGIONE

La fase di guarigione è comunemente ri-tardata nelle cheratiti microbiche in viadi risoluzione dalla tossicità del tratta-mento, da alterazioni della superficieoculare non trattate o da una persistenteattività infiammatoria dovuta al rilasciodi enzimi o di antigeni residui di originebatterica. In questa fase è perciò racco-mandata una riduzione del trattamentoantibiotico a regimi di profilassi, l’uso dicolliri antibiotici privi di conservanti,quando possibile, e un’attenzione speci-fica alla presenza di ipolacrimia, esposi-zione corneale, ipoestesia, alterazionidella posizione delle palpebre (entropiono ectropion) o di altre alterazioni dellasuperficie oculare.L’uso di steroidi può accelerare la risolu-zione nelle cheratiti microbiche ed è in-dicato nella fase di guarigione in presen-za di segni clinici di risoluzione dell’in-filtrato corneale e riepitelizzazione. Glisteroidi, tuttavia, possono anche favorireun’infezione fungina o erpetica, in as-senza di una specifica terapia microbici-da(27), e vanno somministrati quinti concautela e a bassi dosaggi. Solitamentenelle cheratiti microbiche si ha una com-

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pleta regressione dei segni infiammatoricorneali ed in camera anteriore, anchesenza un trattamento steroideo.Nelle cheratiti microbiche su lembo tra-piantato, a meno che non ci sia evidenzadi un’infezione fungina, gli steroidi an-drebbero utilizzati dall’inizio per proteg-gere il trapianto dal rischio di rigetto oper trattare un concomitante rigetto.I pazienti nella fase di guarigione vannocontrollati settimanalmente, finché ilprocesso non è completo. La presenza di un’ulcera indolente, no-nostante una terapia istituita per promuo-vere la riparazione epiteliale, è un’indi-cazione ad un trattamento chirurgico diblefarorrafia o impianto di membranaamniotica (Fig. 9).

CHERATITI BATTERICHE PROGRESSIVE

Una progressione dopo 5 giorni di tera-pia antibiotica intensa ad ampio spettro(cheratiti microbiche progressive) ed unaguarigione inadeguata dopo una settima-na di terapia volta a promuovere la ripa-razione epiteliale (cheratite microbica in-dolente), sono indicazioni ad un tratta-mento specifico. La priorità, in entrambi questi gruppi, de-ve essere rivolta in prima istanza ad iden-tificare l’agente infettivo attraverso unanuova coltura, istituire un appropriatotrattamento antimicrobico specifico eprocrastinare, al più tardi possibile, la ne-cessità di un trapianto di cornea, almenofinché l’occhio non sia in quiete.

Fig. 9Cheratite batterica da Pseudomonas aeruginosa.A. All’esordio.B. Controllo dopo 1 settimana. Si apprezza una signi-

ficativa riduzione dell’infiltrato stromale.C. Fase della guarigione. L’ulcera appare riepiteliz-

zata e l’infiltrato stromale è quasi completamenterisolto.

A

B

C

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Dalla diagnosi alla terapia medica

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Per migliorare i risultati della coltura cheverrà ripetuta, tutti gli antibiotici ed altrieventuali farmaci con conservanti, an-drebbero interrotti almeno 24 ore prima. Mentre per le cheratiti microbiche indo-lenti è ragionevole ripetere in prima istan-za lo scraping corneale, nelle cheratitimicrobiche progressive, è indicata in que-sta fase una biopsia corneale.

RIPETIZIONE DELLO SCRAPING CORNEALE

Nella ripetizione dello scraping cornealedevono essere presi in considerazione al-tri tipi di terreni liquidi e solidi allo sco-po di allargare lo spettro dei microorga-nismi ricercati. Per la microscopia pos-sono essere richieste da un minimo didue a quattro vetrini per differenti colo-razioni. L’ordine con cui i terreni solidi oliquidi saranno inoculati dipenderà dalsospetto clinico. Un caso particolare è rappresentato dallacheratite da Acanthamoeba. L’Acantha-moeba cresce bene nell’epitelio cornea-le, e quando sono presenti elementi sug-gestivi per un’infezione da Acanthamoe-ba (storia di portatore di lenti a contatto,pregressa epiteliopatia, infiltrati perineu-rali, limbite, marcato dolore) la biopsiaepiteliale corneale è l’indagine di scelta.La biopsia epiteliale viene effettuata allalampada a fessura, usando un anesteticotopico senza conservanti. Nelle cheratitida Acanthamoeba(12), l’epitelio corneale èsolitamente scarsamente aderente allostroma sottostante e può essere facilmen-

te staccato come un foglietto intero. Ilcampione viene diviso in due parti: unaparte viene fissata in formalina per l’esa-me istologico, l’altra metà viene messain una soluzione salina normale per lacoltura. Il sottostante infiltrato cornealepuò successivamente essere prelevato edinoculato allo stesso modo su un vetrinoe in mezzi di coltura.In attesa della risposta del nuovo scrapingcorneale, sulla base dei dati clinici ed epi-demiologici, nelle cheratiti microbiche in-dolenti può essere ragionevole fare unbreve ciclo di terapia specifica direttacontro gli agenti microbici più probabili. Una risposta clinica positiva ad una tera-pia antifungina o antivirale si dovrebbevedere nel giro di una settimana e puòevitare la necessità di una biopsia cor-neale qualora il risultato dello scrapingcorneale ripetuto fosse negativo. La ri-sposta ad una terapia specifica, in caso dicheratite da Acanthamoeba, è invece re-lativamente lenta, per cui una terapiaspecifica alla cieca ex-adiuvantibus, nelcaso in cui l’agente infettante sospettatosia un’Acanthamoeba, è meno efficace.Non è utile, in questa fase, iniziare unaterapia antimicrobica specifica direttacontro più di un agente infettivo, inquanto ciò può portare ad un aumentodella tossicità del trattamento e ad ulte-riore confusione diagnostica.

BIOPSIA CORNEALE

Si è visto che anche nelle migliori stati-stiche, circa il 20-30% delle colture per

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sospetta cheratite microbica risultano ne-gative(14). Dove la tecnica dello scrapingcorneale non è riuscita a determinare l’a-gente microbico, altre tecniche più raffi-nate, come l’esame istologico al micro-scopio e le tecniche di immunoistochi-mica sul campione istologico, possonovenire in aiuto. La metodica consiste nel-l’eseguire colorazioni specifiche di se-zioni seriate ottenute da un campionebioptico; batteri, funghi e protozoi pos-sono essere visualizzati utilizzando unconvenzionale microscopio e l’immunoi-stochimica risulta utile per escludere unainfezione da Herpes. I risultati della bio-psia sono normalmente disponibili nelgiro di 48 ore, mentre le colture di alcunimicroorganismi (p.es. funghi) richiedonodiverse settimane(28). In uno studio speri-mentale di confronto tra biopsia cornealeed esame colturale condotto su animali,si è visto che le biopsie corneali ottenutedai conigli con cheratite da funghi forni-vano un’identificazione dell’agente in-fettante nel 100% dei casi, mentre le col-ture erano positive solo nel 70-80% deicasi a seconda dell’agente infettante(30).E’ comunque utile eseguire, contestual-mente, una coltura per la possibilità diavere a disposizione una quantità di ma-teriale sufficiente per inoculare un’ampiavarietà di mezzi di coltura e perché forni-sce utili informazioni aggiuntive come lapossibilità di testare la sensibilità agliantibiotici. Le biopsie corneali andrebbe-ro programmate insieme all’anatomopa-tologo per assicurare una fissazione eprocessazione ottimale del campione.Un’anestesia topica con colliri privi di

conservanti è solitamente sufficiente perl’esecuzione di una biopsia, mentre l’ir-rigazione del fornice a scopo antisetticonon andrebbe effettuata, per ottimizzare irisultati della coltura. Un importante ruo-lo secondario della biopsia è quello dieliminare il tessuto necrotico(29).La biopsia può avere lo scopo di elimina-re la lesione per intero (biopsia escissio-nale) quando la lesione è piccola e noninteressa l’asse visivo, in questo caso l’e-scissione dovrebbe includere anche la ba-se dell’ulcera; se invece la lesione è piùestesa, ma l’asse visivo non è stato deltutto interessato, si preleva solo una partedella lesione risparmiando l’asse visivo(biopsia incisionale). Il margine attivodella lesione andrebbe sempre incluso nelprelievo prelevando 1 mm di tessuto mi-croscopicamente non interessato. Si puòeseguire più di una biopsia incisionale inpiù punti della lesione che abbiano il dia-metro di almeno 3 mm, per includere unaquantità sufficiente di materiale. Se inve-ce la lesione interessa estesamente l’assevisivo, si può eseguire una cheratectomialamellare, risparmiando il tessuto stroma-le periferico, per facilitare l’esecuzione diuna successiva cheratoplastica lamellareo perforante a scopo ottico. In realtà unavera dissezione lamellare è difficile daeseguire in quanto il tessuto si presentamolto friabile (Fig. 10). Per minimizzare il rischio di perforazio-ne, nelle lesioni molto profonde, può es-sere cauto cominciare la dissezione dal-l’aria più sottile, procedendo in sensocentrifugo, al contrario delle lesioni piùsuperficiali in cui è preferibile eseguire

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una delaminazione in senso centripetoper includere nel frammento tutta la basedell’ulcera (Fig. 11).La biopsia corneale, per quanto possa es-

sere considerata un approccio aggressi-vo, che lascia spesso come sequela unastigmatismo irregolare (nelle biopsie dilesioni centrali o periferiche estese), ri-mane tuttavia l’esame diagnostico defi-nitivo nelle cheratiti microbiche progres-sive. Una biopsia negativa escluderà nel-la maggior parte dei casi una cheratitemicrobica. A questo punto la diagnosi differenziale sipone tra un’infiammazione non risolta do-po una efficace sterilizzazione corneale;tra una cheratite autoimmune (come nellemalattie reumatiche o nell’ulcera di Moo-ren) o con altre cause di cheratiti sterili(patologie della superficie corneale, ane-stesia corneale, esposizione) o con unabiopsia falsa positiva. In assenza di altre

Fig. 10Schematizzazione di diverse strategie di biopsia cor-neale. (A) Piccole lesioni periferiche possono essereasportate in toto usando un bisturi o un trapano cir-colare. Per ottimizzare la quantità del tessuto preleva-to, la biopsia dovrebbe idealmente includere la basedell’ulcera. (B) Per delimitare una biopsia incisiona-le si usano solitamente trapani con diametro non infe-riore ai tre millimetri per essere sicuri di prelevareuna quantità di tessuto adeguata. Si può eseguire piùdi una biopsia incisionale su di una lesione ampiache non interessa l’asse visivo. Nelle lesioni che coin-volgono ampiamente l’asse visivo (C), una scarnifi-cazione subtotale dell’ulcera permette di ottenere unaadeguata quantità di materiale ed includere granparte dei margini dell’ulcera, risparmiando il tessutoperiferico per un futuro trapianto.

Fig. 11Tecniche di dissezione lamellare per le ulcere cornea-li. Se l’ulcera è superficiale (A) si cerca di effettuareuna dissezione dalla base, cominciando dalla perife-ria e procedendo in senso centripeto, fino a lambirela base dell’ulcera nella zona di minore spessore. Perlesioni più profonde (B), cominciare la dissezione dalcentro e procedere centrifugamente può esser più si-curo, per evitare il rischio di perforazione.

A. Biopsia escissionaleInclude l’intera lesione,compresa la base

B. Biopsia incisionaleRisparmia l’asse visivo se non è interessato

C. Cheratectomia lamellareAsportazione subtotale dell’ulcera, quando l’asse visivo è ampiamente compromesso

A. Dissezione centripeta per includere labase dell’ulcera nelle lesioni superficiali

B. Dissezione centrifuga per minimizzareil rischio di perforazione nelle lesioniprofonde con grave assottigliamento

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cause evidenti (p.es. malattia autoimmu-ne), una biopsia negativa deve essere attri-buita ad un’infiammazione non risolta. Aquesto punto, se l’esame istologico haescluso con un certo grado di sicurezzaun’infezione da funghi, si dovrebbe conun certo grado di sicurezza aggiungeredegli steroidi alla terapia topica. Una pro-gressione, dopo una settimana di terapiadiretta a promuovere la risoluzione del-l’infiammazione e la riparazione epitelia-le, suggerisce sia la possibilità di una bio-psia falsa negativa, sia una nuova superin-

fezione nonostante la profilassi, o unacheratite autoimmune. Il paziente dovreb-be essere ricoverato per ripetere la biopsiae se anche questa risulta negativa, potreb-be essere appropriato un trattamento siste-mico intensivo immunosoppressivo.Il trattamento immunosoppressivo do-vrebbe non solo produrre una rispostapositiva nelle cheratiti autoimmuni, maanche migliorare la prognosi per unacheratoplastica di emergenza nelle che-ratiti infettive, qualora questa dovesserendersi necessaria.

Tavola 1Terapia iniziale - Fase 1: sterilizzazione.Algoritmo di trattamento del paziente con ulcera microbica, alla presentazione. L’80% dei pazienti si presen-tano, alla prima osservazione, con un’infezione non grave diametro <6 mm.

Gestione ambulatorialeTerapia antibiotica ogni ora per 5 giorni poi 4volte al dì fino allariepitelizzazione

NO

OspedalizzazioneTerapia antibiotica ogniora giorno e notte per 2giorni poi, ogni ora per 3giorni, poi 4 volte al dìfino alla riepitelizzazione

NO

Ricovero urgenteTerapia antibiotica ogniora. Aggiungere terapiasistemica

SI

SIUlcera grave:∆ >6 mm oppure >50% max spessore

Perforazione

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Tavola 2Terapia iniziale.Algoritmo di trattamento del paziente con ulcera microbica, al successivo controllo dopo 48 ore.

NO

SIPROGRESSIONE

FASE 2Coltura positiva

Controllaresensibilità dellaterapia conantibiogramma

SI

NO

Ricominciare l’algoritmo con la terapia antimicrobicaspecifica

Ricovero urgente

NO

Escludere scarsacompliance. Ricoverare il paziente ericominciare la terapia

Coltura negativa

SI

Perforazione

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Tavola 3Terapia iniziale - Fase 2: guarigione. Algoritmo di trattamento del paziente con ulcera microbica dopo circa una settimana dalla presentazione.Usando una terapia antibiotica intensiva, circa i due terzi dei pazienti mostrano segni di guarigione ad unasettimana ed oltre il 90% dei pazienti hanno una guarigione completa ad un mese.

SICOMPLETA RISOLUZIONE

Ricoverare SI

Entrare in FASE 2Continuare terapia iniziale x 4 volte al dì.Trattare esposizione, occhio secco,trichiasi, …Usare colliri senza conservanti.Aggiungere steroidi topici se le colturesono positive.Controllo dopo 1 settimana.

NO

NO

NO

FASE 2:STOP terapia iniziale.Profilassi antibiotica per 4 volteal giorno.Riabilitazione visiva.

Ricominciarel’algoritmo con laterapia antimicrobicaspecifica

Scarsacompliance

SI

Coltura positiva ma agente microbicoisolato solo parzialmente sensibile alla terapia

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Tavola 4Algoritmo di trattamento del paziente con ulcera microbica in assenza di miglioramento o peggioramentodopo circa una settimana dalla presentazione, nonostante una terapia antibiotica intensiva.

Ricovero non urgente.Ripetere lo scraping corneale.STOP alla terapia 24 ore primadel riesame.

Scarsacompliance.

Ricominciare l’algoritmo con laterapia antimicrobica specifica.

SI

SI NO

Controllare la sensibilità delmicroorganismo.

NO

NESSUN MIGLIORAMENTONESSUNA PROGRESSIONE

Coltura negativaColtura positiva

Sospettare infezionepolimicrobica.

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Tavola 5Alcune strategie di trattamento di ulcere microbiche progressive e indolenti. La priorità in questi casi, chevanno inviati presso centri di riferimento, è istituire, quando possibile, un’appropriata terapia specifica.

CHERATITI MICROBICHEPROGRESSIVE

CHERATITI MICROBICHEINDOLENTI

Biopsia corneale(stop antibiotici e conservanti24 ore prima).Ricominciare la profilassiantibiotica.Provare una terapia specificaex-adiuvantibus in attesa deirisultati.

Istologia negativa e nessunarisposta ad una terapiaspecifica ex-adiuvantibus

ProgressioneRipetere la biopsia corneale.Provare con terapiaimmunosoppressiva sistemica.PKP se la progressionecontinua.

Coltura o istologia positivao coltura negativa ma buonarisposta ad una terapiaspecifica ex-adiuvantibus

Guarigione lentaKeratectomia lamellare etarsoraffia centrale temporanea.Controlli settimanali.Considerare PKP oricoprimento congiuntivale inocchi ciechi.

GuarigioneadeguataContinuare laterapia.Controllisettimanali.

Coltura negativa oassenza di risposta allaterapia ex-adiuvantibus

Terapia specificaTerapia specifica intensiva.Profilassi antibiotica x 4/die. Trattare esposizione, occhiosecco, trichiasi, ...Usare colliri senzaconservanti.

Incoraggiare la guarigioneProfilassi antibiotica x 4/die.Trattare esposizione, occhiosecco, trichiasi, …Usare colliri senzaconservanti.Aggiungere steroidi topici x 4volte al dì.Controllo settimanale.

Ripetere lo scraping corneale(stop antibiotici e conservanti24 ore prima).Ricominciare la profilassiantibiotica.Provare una terapia specificaex-adiuvantibus.

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