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111 110 Bocche di Bonifacio Le Bocche di Bonifacio FRA INFERNO E PARADISO Testo e foto di Stefano Navarrini Un mondo a parte quello delle Bocche di Bonifacio, dove l’inferno del maestrale e il paradiso di piccole baie incantate si alternano con facilità dando all’intera zona un fascino particolare. Uno stretto braccio di mare che separa la Francia dall’Italia, ma le unisce nel proteggere un habitat unico e irripetibile. n po’ Sardegna, un po’ Corsica, un po’ inferno un po’ paradiso, passaggio obbligato per il traffico marittimo e diportistico, ma an- che per molte specie pelagiche che con mirabile intuizione biologica preferiscono questo stretto pas- saggio di appena sei miglia a una lunga circumnavigazione. Le Bocche di Bonifacio chiudono un mare spes- so temuto per le sue intemperanze, ma in grado di regalare spettacolari situazioni sia sopra sia sotto la superficie del mare, così come sulle coste che da una parte e dall’al- tra chiudono lo stretto. Non si può infatti parlare delle Bocche di Bonifacio circo- scrivendo il discorso a un angusto braccio di mare che divide due isole e due nazioni, perché a dare lustro a questa singolare si- tuazione geografica è anche e soprattutto la splendida cornice che lo circonda. Per non parlare del suo mare, ricco di bellezze natu- rali ma anche di storia, sia quella antica che ha disseminato lo stretto di relitti, sia quella più moderna e forse ancor più tragica che ci ricorda uno dei più disastrosi naufragi di tutti i tempi, quello della Semillante, sia in- fine per una storia più recente, avventurosa e a affascinante, dato che proprio in queste acque nei primi anni 60 è stata vissuta la grande corsa all’oro rosso, il corallo. Di vela e di motore Le Bocche sono una meta lontana per molti velisti del continente, eppure lungo le diret- trici che da Toscana e Lazio puntano diret- tamente sullo stretto il traffico in estate è relativamente intenso. Una rotta che sembra piacere anche ai grandi cetacei, che perso- nalmente ho incontrato più di una volta in traversata. Per chi scende da nord, e segna- tamente dalla Liguria o dall’alta Toscana, la rotta passa invece inevitabilmente per le coste corse, mentre dalle nostre regioni meri- dionali conviene arrivarci via Sicilia costeg- giando poi la Sardegna, una traversata lunga ma più piacevole e meno impegnativa. Ben diverso il discorso per chi possiede una barca a motore, che a seconda di cavalli e stato del mare potrebbe far colazione a Fiumicino e prendere l’aperitivo a La Maddalena. Qualunque sia il mezzo a disposizione una cosa è certa, alle Bocche arriveremo quasi inevitabilmente da est, e questo è un dettaglio tutt’altro che indifferente, perché la fama di questo stretto e del suo maestrale non è nata per caso, ma anche perché nel corso di una U

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Le Bocche di Bonifacio

FRA INFERNO E PARADISO Testo e foto di Stefano Navarrini

Un mondo a parte quello delle Bocche di Bonifacio, dove l’inferno del maestrale e il paradiso di piccole baie incantate si alternano con facilità dando all’intera zona un fascino particolare. Uno stretto braccio di mare che separa la Francia dall’Italia, ma le unisce nel proteggere un habitat unico e irripetibile.

n po’ Sardegna, un po’ Corsica, un po’ inferno un po’ paradiso, passaggio obbligato per il traffico marittimo e diportistico, ma an-che per molte specie pelagiche che con mirabile intuizione biologica preferiscono questo stretto pas-

saggio di appena sei miglia a una lunga circumnavigazione. Le Bocche

di Bonifacio chiudono un mare spes-so temuto per le sue intemperanze, ma in grado di regalare spettacolari situazioni sia sopra sia sotto la superficie del mare, così come sulle coste che da una parte e dall’al-tra chiudono lo stretto. Non si può infatti parlare delle Bocche di Bonifacio circo-scrivendo il discorso a un angusto braccio di mare che divide due isole e due nazioni, perché a dare lustro a questa singolare si-tuazione geografica è anche e soprattutto la splendida cornice che lo circonda. Per non parlare del suo mare, ricco di bellezze natu-rali ma anche di storia, sia quella antica che ha disseminato lo stretto di relitti, sia quella più moderna e forse ancor più tragica che ci ricorda uno dei più disastrosi naufragi di tutti i tempi, quello della Semillante, sia in-fine per una storia più recente, avventurosa e a affascinante, dato che proprio in queste acque nei primi anni 60 è stata vissuta la grande corsa all’oro rosso, il corallo.

Di vela e di motoreLe Bocche sono una meta lontana per molti velisti del continente, eppure lungo le diret-trici che da Toscana e Lazio puntano diret-tamente sullo stretto il traffico in estate è relativamente intenso. Una rotta che sembra piacere anche ai grandi cetacei, che perso-nalmente ho incontrato più di una volta in traversata. Per chi scende da nord, e segna-tamente dalla Liguria o dall’alta Toscana, la rotta passa invece inevitabilmente per le coste corse, mentre dalle nostre regioni meri-dionali conviene arrivarci via Sicilia costeg-giando poi la Sardegna, una traversata lunga ma più piacevole e meno impegnativa. Ben diverso il discorso per chi possiede una barca a motore, che a seconda di cavalli e stato del mare potrebbe far colazione a Fiumicino e prendere l’aperitivo a La Maddalena. Qualunque sia il mezzo a disposizione una cosa è certa, alle Bocche arriveremo quasi inevitabilmente da est, e questo è un dettaglio tutt’altro che indifferente, perché la fama di questo stretto e del suo maestrale non è nata per caso, ma anche perché nel corso di una

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ogni giorno ormeggio nella costante di un mare splendido, e di una tranquillità che salvo certe punte estive ti faceva vivere il mare nel migliore dei modi. Con tutto il rispetto per le aree marine protette, devo dire che da quando è stata istituita la riserva della Maddalena ho però scelto altre rotte. Anche perché, come molti ricorderanno, all’inizio la riserva della Maddalena era partita veramente male, con una serie di obblighi buro-cratici e costi decisamente scoraggianti. Che le AMP siano oggi necessarie non c’è dubbio, che in Italia siano state realizzate bene questo è tutt’altro discorso su cui si potrebbero spendere almeno una decina di pagine. Oggi alla Maddalena, va detto, le cose sono molto miglio-rate, i costi si sono fatti più accettabili, le pro-cedure relativamente più semplici e comunque sempre poco pratiche, non manca qualche per-plessità sul regolamento, ma l’arcipelago resta comunque un luogo da visitare e girare in barca.

Non solo MaddalenaOltre ad essere l’isola principale, quella a cui fanno capo tutti i numerosissimi traghetti che la collegano a Palau, la Maddalena è anche l’unica isola stabilmente abitata e l’unica ad avere dei porti turistici dove potersi rifornire di viveri, ac-qua, e carburante. La vita in piena estate però è dura. Cala Gavetta, il porto storico dell’isola fin da quando nel XVIII secolo fu occupata dai Sa-voia, e principale scalo da condividere con tra-ghetti e pescherecci, è sempre molto affollato, così come la sua stazione di servizio dove spes-so occorre fare lunghe file. Porto Massimo, sul

diportistica sotto la loro bandiera vivono e pro-sperano porti e isole che ne ampliano l’interesse. Un discorso che può essere meglio esaminato analizzando tre diverse realtà: il versante italia-no, quello corso, e soprattutto le isole dell’una e dell’altra parte.In passato l’arcipelago della Maddalena è stato per anni la mia seconda casa, un continuo sus-seguirsi di calette ed ancoraggi che ti consenti-vano di passare anche 10-15 giorni cambiando

L’arcipelago incantato (o quasi)Il fascino delle Bocche, grazie alla moderna le-gislazione, è anche nel poter passare con facilità da una nazione all’altra, un bordo lo facciamo in Italia, e quello successivo siamo in Francia, poi quando decidiamo di ormeggiare dall’una o dall’altra parte, sia in porto sia ancor più in rada, la possibilità di scelta è ampia. Anche perché se geograficamente le Bocche di Bonifacio costitu-iscono una zona ristretta, nella realtà turistica e

traversata che può durare anche più di venti ore il tempo può cambiare, senza nessuna garanzia: in barba a tutti i più moderni algoritmi meteoro-logici le previsioni sulla lunga distanza sono in-fatti ancor oggi tutt’altro che affidabili. Arrivare in vista dello stretto con una nottata sulle spalle e ritrovarsi le Bocche che ti sparano in faccia un maestrale che pur a vele ridotte e motore inseri-to non ti fa superare i 3-4 nodi con una naviga-zione da mal di mare, vuol dire una sola cosa: accostare. Che tradotto in pratica significa pun-tare sul Golfo di Olbia, se non addirittura Ta-volara, se si decide di accostare a sud, piuttosto che sul Golfo di Santa Manza o Porto Vecchio se si punta invece a nord. Se siete in vacanza e avete davanti a voi una buona scorta di giorni, poco male. Le località che abbiamo nominato sono dei must da non perdere, con particolare riguardo a Tavolara, isola splendida e spettaco-lare, e a Porto Vecchio, un lungo fiordo a prova di uragano (però quando il maestrale ce la mette tutta la seconda ancora è sempre consigliabile) alla cui radice sorge una deliziosa cittadella.

A destra, caletta della Maddalena.In basso, maestralata a Capo Testa.Nella pagina accanto, in alto, Cala Coticcio, nota anche come Tahiti.In basso, da sinistra, l’antico faro di Capo Testa (1845, che domina le Bocche, e il ridosso della Marmorata, sulla costa sarda. Nella pagina precedente la splendida cala Giunco a Lavezzi.

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to di quel che costano i più rinomati scali della Costa Smeralda. A ponente di Santa Teresa si sviluppa una costa rocciosa in cui il granito rie-sce a inventarsi le forme più incredibili e sugge-stive. Come a Capo Testa il cui faro, che dall’al-to domina le Bocche, e l’adiacente Cala della Colba, chiude a ponente l’area dello stretto.

L’altra faccia delle BoccheIsole a parte, la costa corsa che si affaccia sulle Bocche offre diversi ridossi praticabili purché mare e vento non esagerino, ma so-prattutto ospita un must imperdibile, che è poi

ansa, che ha il pregio di essere poco frequen-tata, se vi addossate bene all’unghia rocciosa che chiude la cala verso nord si possono tenere bene anche moderate burrasche (esperienza personale).Santa Teresa di Gallura, ai tempi base privile-giata dei corallari, è oggi il porto più giusto per chi vuole vivere le Bocche. Dove “giusto” sta nella considerazione che si tratta di un porto grande e assolutamente sicuro, che si affaccia direttamente sulle Bocche, dotato di tutti i ser-vizi necessari, e soprattutto economicamente “accettabile” nel senso di costare circa un quar-

barche del Mediterraneo, e non solo, e veder-sele sfilare accanto è decisamente un gran bel vedere. Avendo però la possibilità di navigare fra le isole fuori stagione si torna dall’inferno al paradiso.Ma se l’arcipelago è l’arcipelago, pur con tutte le sue notevoli bellezze, le Bocche sono le Boc-che, cioè un’altra cosa. Lo diciamo perché se già la leggenda che circonda questo nome evo-ca un senso di contatto maschio e frontale con il mare, per viverne l’emozione quel mare occor-re scoprirlo nel suo intimo. Com’è solo possi-bile ormeggiando in rada, dove la sera invece del rombo delle discoteche si può ascoltare lo sciabordio della risacca sotto un cielo di stelle che sembrano caderti addosso da un momento all’altro, o come, anche questo fa parte del gio-co, affrontando la maestralata di turno con la certezza che tanto dopo poche miglia saremo a ridosso. Per questo, pur benedicendo i porti, che quando il maestrale fa il cattivo costituisco-no il più ambito dei rifugi, per vivere le Bocche è necessario passare almeno qualche notte in rada. Dove? Molte le cale disponibili quando il meteo è stabile, cosa che è assai più frequente di quel che si possa pensare, molte meno quando da NO arrivano buriane che a volte fanno ve-ramente paura, anche se alcuni ridossi sono in grado di reggere burrasche forza 8.Sul versante sardo ci sono alcune certezze co-me la Cala della Marmorata, poche miglia a SE del porto di S. Teresa di Gallura, un fiordo in cui è possibile sostenere forti maestralate. Un po’ meno tranquilla Cala S. Reparata, ai piedi di Capo Testa, e un gradino più sotto la grande insenatura della Colba, sul versante opposto del Capo. Va però detto che in questa grande

nali considerando come misura il fuori tutto, ma una quantità di barche rientrano nella fascia natanti come lunghezza di costruzione con il classico 9,99 metri, che, considerando il fuori tutto, passerebbero alla categoria superiore: un non senso che sembra ignorare la volontà del legislatore. Volendo si potrebbe anche sindaca-re sulle facilitazioni concesse ai residenti, che non pagano alcuna autorizzazione. Perché con tutta la simpatia per i maddalenini suona come una sorta di discriminazione: ma il mare non dovrebbe essere un bene comune?Lasciata la Maddalena, avrete a disposizione le altre isole dell’arcipelago, 61 per l’esattezza fra isole a isolotti, anche se le isole vere e proprie sono solo 7 (Maddalena inclusa), ma una più bella dell’altra. Volendo curiosare lungo le loro coste è tutto un susseguirsi di luoghi incante-voli fra cui, oltre alla già citata cala di Tahiti a Caprera, sono da non perdere Cala Corsara a Spargi, la spiaggia rosa di Budelli oggi purtrop-po irraggiungibile (e comunque non più molto rosa), Razzoli, e lo spettacolare Porto della Ma-donna (noto anche come “Le Piscine”), ovvero il ridosso racchiuso fra Budelli, Razzoli, e San-ta Maria: un bassofondo dalle acque turchesi molto tropic style.

Il fascino della radaPer chi ama e cerca la grande bellezza che que-sto mare può offrire, va detto che il notevole fascino dell’arcipelago, viene compromesso non solo dalla burocrazia necessaria per na-vigare nelle sue acque, ma anche dall’intenso traffico marittimo e diportistico che durante le punte estive trasforma le cale più belle in una succursale di Piazza del Popolo. Per non par-lare del canale che divide la terraferma dalle isole, che può però avere un duplice aspetto: da un lato la navigazione è spesso scoraggian-te, soprattutto in barca a vela, per l’alto traffico marittimo e diportistico che ti fa ballare come un turacciolo, dall’altro lungo queste poche mi-glia passano in stagione alcune fra le più belle

versante nord-orientale è un approdo delizioso, ma gli ormeggi sono limitati soprattutto per le barche in transito. Esistono poi degli approdi minori o stagionali utilizzabili solo in estate, così che ai fini di un ormeggio più tranquillo e servito (anche se sensibilmente più caro) è con-sigliabile scegliere Poltu Quatu, un lungo fior-do che si apre seminascosto fra le rocce (Quatu vuol dire appunto nascosto) davanti a Caprera, quindi a poche miglia dalle Bocche. Tanto più che a Caprera e ai vicini scogli dei Monaci, o all’omonima secca per gli appassionati di pesca e di subacquea, una visita è d’obbligo. Ricordando che Caprera è un naturale prolun-gamento della Maddalena, a cui è collegata da un ponte, e che le sue splendide spiagge pos-sono quindi essere raggiunte anche via terra. Certo via mare alcune calette come la famosa Tahiti, sono un altro discorso, ma come già detto per navigare e ormeggiare all’interno del parco occorre prima pagare l’autorizzazione. Lo si può fare presso i vari punti convenzionati sparsi lungo la costa prospiciente, direttamen-te al gommone dell’ente parco che vi verrà a visitare (con un sovrapprezzo del 40%), pres-so gli uffici relativi alla Maddalena stessa, via internet, via posta, ma data una certa comples-sità e nebulosità del regolamento meglio farsi spiegare esattamente cosa e quanto. Tanto per dirne una, il costo è diviso per fasce dimensio-

L’inferno della SemillantePartenza dal porto di Tolone, a bordo 300 soldati ben armati, destinazione Crimea, quasi altrettanti di equi-paggio, e una rotta ben precisa: imboccare a sud il canale di Sardegna per poi dirigere verso oriente. Per quale ragione un comandante esperto come Gabriel Auguste Jugan modificò la sua rotta infilandosi nel-le Bocche di Bonifacio sotto una burrasca rimasta negli annali della storia? Pensava forse di superare facilmente lo stretto per poi mettersi a ridosso? Fu forse costretto da qualche problema a bordo? Forse un’avaria al timone? Quel che è certo è che la mat-tina di quel 15 febbraio 1855 il guardiano del faro di

Capo Testa, nella poca visibilità concessa dal mare in burrasca, vide arrivargli dritta in fronte una nave battente bandiera francese. Fu solo a poche centinaia di metri da riva che la Semillante, una fregata a tre alberi, riuscì a cambiare rotta issando una trinchetta e riguadagnando in qualche modo il centro delle Bocche. Ma non fu per molto. Il guardiano del faro di Bonifacio raccontò che una burrasca come quella non si era mai vista prima nelle Bocche, e che la schiuma sollevata dal vento non consentiva che poche centinaia di metri di visibilità. Quella stessa mattina Antonio Maira Livieri, un pastore di capre unico abitante temporaneo di Lavezzi, non poteva uscire dalla sua capanna per-ché le onde spazzavano senza scampo i bassi graniti dell’isola. Non riuscì a uscire neanche verso le undici, quando nonostante il furioso sibilo del vento sentì una serie di paurosi schianti e un coro di urla strazianti. Livieri, riferiscono le cronache, non era del tutto sano di mente, ma quando la mattina dopo col vento legger-mente calato uscì dalla sua capanna, lo shock deve aver peggiorato la situazione. L’isola era totalmente cosparsa di rottami, vele stracciate, pezzi di fasciame, armi e oggetti di mille tipi, mentre centinaia di corpi maciullati e grondanti sangue erano sparsi un po’ dovunque. Nessuno dei 695 uomini a bordo (770 se-condo altre fonti) fra soldati diretti in Crimea e membri dell’equipaggio, si salvò da quel naufragio. La quasi totalità dei cadaveri risultarono irriconoscibili, e solo grazie ai brandelli di vestiario fu possibile identi-ficare il comandante, che negli ultimi istanti prima del naufragio aveva indossato la sua alta uniforme, e il cappellano di bordo che aveva ancora stretta addosso la sua stola. Oggi due piccoli cimiteri custodiscono i resti di quanti su quelle rocce vissero una tragedia che ha avuto pochi uguali nella storia della marineria.

In basso, le falesie calcaree su cui si affaccia la cittadella di Bonifacio.Nella pagina accanto, in alto, la spettacolare costa corsa affacciata sulle Bocche e, in basso, una delle numerose cernie che vivono indisturbate nell’omonima e famosa secca di Lavezzi.

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certo ebbe il mare come protagonista crudele e assoluto. E il mare in quest’isola torna pro-tagonista sott’acqua, perché i benefici della riserva si trasmettono a un mare pieno di pe-sce di cui è l’emblema la famosa Secca di La-vezzi, nota anche come “Città delle Cernie”. Nelle rade comunque occhio anche ai saraghi

solo con un piccolo tender, anche perché le sue acque sono circondate di scogli affioranti a cui occorre fare molta attenzione. L’unica vera profanazione cementizia, faro a parte, più che disturbare ispira un momento di sug-gestivo raccoglimento. Sulle rocce dell’isola il 15 febbraio 1855 durante una spaventosa burrasca una fregata francese, la Semillante, naufragò lasciandosi dietro 695 vittime. Una tragedia dai contorni poco chiari, ma che di

della rada a tu per tu con mare e granito, pre-ferirà Lavezzi, isola del tutto disabitata e dal 1982 riserva naturale integrale attentamente sorvegliata, nonostante qui in estate il traffi-co turistico e diportistico sia a volte un po’ invadente. Per la sua stessa conformazione, però, l’isola conserva spazi di tranquillità all’interno di un dedalo di passaggi d’acqua che s’insinuano fra le forme a volte fantasiose del granito, e che si possono scoprire e vivere

quello che da il nome all’intera area. Il primo impatto con Bonifacio dal mare è altamente spettacolare. Una muraglia di falesie di calca-re bianco è dominata dalla rocca e segnata da un’incredibile scalinata (La “Scalinata d’Ara-gona” e i suoi 187 scalini con pendenza di 45° fu costruita per accedere a una sorgente d’ac-qua durante un assedio di cinque mesi) ed è dominata dalla cittadella del paese. Bonifacio è un grande e profondo fiordo, la cui entrata è quasi nascosta fra le pareti roc-ciose, sulle cui rive si sviluppa il porto. Tro-varvi posto d’estate non è facile, ma a costo di prendere uno dei numerosi traghetti che collegano il porto con Santa Teresa Bonifa-cio non si può perdere. Il paese si snoda lun-go le rive del fiordo e costituisce l’avamposto più meridionale della Francia metropolitana, ma la parte più antica e spettacolare è la citta-della che sorge sulla rocca e che domina l’im-boccatura. In un dedalo di stradine che ospi-tano intriganti negozietti e wine bar, chiese e memorie di un passato ricco di eventi, si può anche passare accanto alla vecchia caserma della Legione Straniera, oggi abbandonata, e vivere la suggestione di antichi racconti. Da non perdere poi il cosiddetto “Camminamen-to di Ronda”, una spettacolare strada che cor-re lungo le fortificazioni offrendo splendide vedute sul mare sottostante.Gli ancoraggi della costa corsa sono ovvia-mente più protetti, ma al di là di quelli ap-punto costieri, non si può non dedicare un capitolo a parte alle isole di Cavallo e Lavez-zi, là dove la seconda merita assai più della prima. Cavallò, per dirla alla francese, deve la sua notorietà all’esclusiva mondanità di frequentatori d’elite, forse più di ieri che di oggi, ma questo ha portato anche alla presen-za di forti stonature architettoniche, strutture e ville che poco hanno a che fare con un pa-esaggio di piatto granito che chiede solo di essere lasciato come natura l’ha fatto. Il mo-derno marina offre tuttavia al diportista tutti i necessari servizi, e chi preferisce una vita più comoda e mondana vi troverà di certo quello che cerca. Chi invece vuole vivere il fascino

NOTIZIE UTILI

I portiPoltu Quatu - Marina dell’Orso (41° 08’ 30’’ N - 09° 29’ 42’’ E ; Tel. 0789 99477 - 0789 95008; www.pol-tuquatu.com/marina-dellorso - VHF 9). Un profondo fiordo proprio di fronte a Caprera, Bandiera Blu nel 2015. Posti barca: circa 311 fino a 35 metri.Cala Gavetta (41º 12’ 37’’ N - 09º 24’ 18’’ E; Tel. 0789 730121; www.portocalagavetta.it - VHF: 74). Princi-pale scalo della Maddalena, praticamente all’interno del paese. Posti barca: circa 140 fino a 30 metri.Porto Massimo (41°15’29” N - 9°25’44” E; Carlot-ta 349 0685358; Luca 347 6869901; Chiara 346 1592305; www.marinadiportomassimo.it - VHF: 9). Gradevole marina sul versante NE della Maddalena. Posti barca: 120.S.Teresa di Gallura (41° 14’ N - 009° 11’ E; Tel. 0789 751452 - 0789 751936; www.portosantateresa.com - VHF 12). Marina efficiente e a prezzi ragionevoli posto nel cuore delle Bocche, a poca distanza dall’o-monimo paese. Posti barca: circa 700 fino a 35 metri.Porto di Cavallo (Tel. 0033 67363370; www.portodi-cavallo.it - VHF: 09). Unico marina dell’arcipelago di Lavezzi (Francia), da approcciare con attenzione cau-sa scogli affioranti. Posti barca: 230 fino a 35 metri.Port de Bonifacio (41°23,2 N - 009°09,8 E; www.port-bonifacio.fr - VHF: 9). Un fiordo spettacolare con entrata nascosta fra le falesie del versante corso delle Bocche, da dividere con traghetti e naviglio professio-nal. Posti barca: 90 sui pontili organizzati. Ci sono an-che altri posti barca sparsi fra cui 10 da 45-55 metri.PescaBluefin a S.Teresa di Gallura; [email protected] - Fishing Experience a Porto Cervo; [email protected]; www. sandroonofaro.it - Delphina a Cala Capra; [email protected]; www.posei-donfishing.netI divietiNavigando nell’area delle Bocche, occorre fare atten-zione ad alcune zone off-limits, in primis la spiaggia rosa di Budelli, mentre l’area del Porto della Madonna ha delle limitazioni per l’ancoraggio causa protezione delle praterie di posidonia. Per navigare e ormeggiare nel Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena occorre una specifica autorizzazione e prendere vi-sione delle eventuali ordinanzze sul sito http://www.lamaddalenapark.it/news/capitaneria-di-porto/ordi-nanze. Per la pesca nel Parco le regole sono piuttosto complesse, comunque la pesca sia di superficie sia subacquea è riservata con limitazioni solo ai residenti.In Corsica non ci sono problemi di navigazione e anco-raggio. La pesca ricreativa, inclusa quella subacquea, è ammessa anche nello stesso arcipelago di Lavezzi (salvo una ristrettissima zona a SO dell’isola omonima), così come su tutto il versante corso delle Bocche (salvo il rispetto delle pochissime zone di riserva integrale), e non sono più necessari permessi. E’ però vietata la cat-tura di cernie e corvine, e tutto il pesce pescato deve essere “marcato” tagliando il lobo inferiore della coda.

Porto di Bonifacio

Il faro di Capo Testa

Isola di Lavezzi

Lavezzi - Secca delle cernie

La Maddalena - Porto Massimo

Caprera - Caletta di Tahiti

Poltu Quatu

Porto di Santa Teresa

che girano fra le ancore, e che possono in-durre in tentazione: guardare, fotografare, ma non toccare perché qui la sorveglianza è una cosa seria. Due in ogni caso le rade sicure e a prova di maestrale: Cala di U’ Grecu, la più ampia e affidabile soprattutto se si da fondo a pochi metri dalle rocce, e Cala Lazarina, una baia quasi chiusa e incastonata nel granito, dove però in estate si sta un po’ stretti causa eccesso di presenze.

Con un braccio di mare di sole sei miglia le Bocche di Bonifacio dividono due nazioni, e bordeggiando a vela è facile passare quasi senza accorgersene dall’Italia alla Francia. Porti e marina racchiusi in poche miglia offrono rifugio in caso delle non rare maestralate, ma non mancano i ridossi naturali in un mare di straordinaria limpidezza.