Layout prog ing...Saremmo pronti a scommettere che, pure in remote epoche, il Project Manager del...

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anno VII, n. 2 maggio-agosto 2012 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P . - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Firenze 1 Nerbini

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anno VII, n. 2 maggio-agosto 2012

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Editoriale Firenze, tra omogeneità globalizzata e stramberia postmoderna 3

Aurelio Fischetti

Project management e ingegneria economica: 6

una sinergia possibile per il successo

Massimiliano Arena

Il concetto di Zero Energy Building in relazione alla direttiva EPBD-RECAST 12

Lorenzo Leoncini

“L’intervista” – a cura di Lio Fitti

Acustica: suoni, percezione, paesaggio sonoro 24

Progettare la quiete o l’armonia?

Lio Fitti

Diminuire la superficie devastata dagli incendi 32

come lotta efficace alle emissioni di CO2

Tommaso Berna, Pietro Berna

Bond Style 36

Le cinquanta primavere del mito di 007

Massimo Ruffilli

Donne, calzolai e tacchi 12 38

Margherita Rondinini

“Ingegneri in Toscana tra passato e futuro” – rubrica a cura di Franco Nuti

Ricostruire dopo il terremoto: 40

il contributo dell’Università di Firenze a Castelnuovo (AQ)

Andrea Vignoli, Andrea Borghini, Emanuele Del Monte,

Barbara Ortolani, Alberto Breschi, Claudia Giannoni

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sommario

Nerbini

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Quadrimestrale d’informazione dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze

Viale Milton 65 – 50129 FirenzeTel. 055/213704 – Fax 055/2381138e-mail: [email protected]: www.ordineingegneri.fi.it

Anno VII, n. 2maggio-agosto 2012

Direttore responsabile:Aurelio Fischetti([email protected])

Comitato di redazione:Franco NutiFausto GiovannardiMarco Masi

Consulenti:Giampaolo di Cocco – teorico arte-architetturaMarco Dezzi Bardeschi – ingegnere e architetto

Segreteria di redazione:Francesca Serci([email protected])

Progetto grafico:Paolo Bulletti e Federico Cagnucci([email protected])

Prestampa:Inscripta

Stampa:Daigo Press, Limena (PD)

Autorizzazione del Tribunale di Firenzen. 5493 del 31.5.2006 (R.O.C. n. 17419)

Progettando Ing viene distribuito gratuitamente agli iscrittidell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze.

Realizzazione editoriale: Prohemio editoriale srl, Firenze

© 2013 – Edizioni NerbiniVia G.B. Vico, 11 – 50136 FirenzeTel. 055/200.1085e-mail: [email protected]

ISSN 2035-7125ISBN 978-88-6434-158-3

Istruzioni per gli autoriI testi devono pervenire alla Direzione su supporto informatico di corredo a quello cartaceo.È possibile indirizzare al Direttore via e-mail: [email protected], fotografie ecc. saranno pubblicate spazio permettendo. L’invio dell’iconografia su supporto informatico è comunque indispensabile. Salvo casi eccezionali gli originali non verranno restituiti.

Gli articoli firmati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine e/o la direzione e/o l’editore della rivista.

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 7 gennaio 2013

Il ponte di funi sul Trift

Il ghiacciaio del Trift, in prossimità del passo sviz-zero del Susten, è uno dei ghiacciai alpini che sista sciogliendo più rapidamente (200 mt/anno).Un sentiero lungo il ghiacciaio permetteva l’ac-cesso al rifugio Trift, fino a quando il lago che si èformato lo ha sommerso. Realizzare un nuovosentiero, peraltro lungo e disagevole, sarebbestata un’opera di grande impegno e fu pertantodeciso di costruire un ponte di funi che permet-teva di raggiungere il rifugio attraversando la golanel punto più stretto. Un ponte a 1760 mt sullivello del mare. In cinque mesi, tra progetto ecostruzione, il ponte fu inaugurato nel settembre2004. Un’opera semplice ed economica, realizza-ta con l’impiego di cavi riutilizzati, ma prevista perdurare a lungo, se non fossero stati sottovalutatidue fattori. Il primo fu che il ponte attrasse trop-pi visitatori, rispetto a quelli previsti; il secondoche il vento nella gola raggiungeva velocità benmaggiori di quelle di progetto (120 km/h) stabili-te sui dati di una stazione meteo vicina. Il ventoarrivava invece anche a 200 km/h, con turbolenzeche provocavano pericolose torsioni nel ponte.Venne deciso di costruire un nuovo ponte in unaposizione più alta, con un’accesso più facile, in unazona dove la gola più larga garantiva velocitàminori del vento. Il nuovo progetto prevedeval’impiego di due cavi inferiori stabilizzanti conandamento parabolico, che impedivano il solleva-mento per effetto delle forti raffiche. Dopo dueanni di progettazione da parte dell’ing. Hans Pfaf-fen, forte della sua esperienza di ponti costruitisull’Himalaya, e in sole sei settimane di costruzio-ne, il nuovo ponte, lungo circa 170 mt a quasi 100mt d’altezza sul lago, è stato aperto nell’estate2009. Cavi portanti e stabilizzanti Ø32mm, passe-rella in legno di larice trattato: un profilo ed unavista mozzafiato.Il vecchio ponte, dopo essere servito come piat-taforma di lavoro, è stato smontato e rimontatonella vicina valle Gosschener per collegare duerifugi.

(Fausto Giovannardi)Foto gentilmente concessa dal progettista. Copyright by KWO, Robert Bösch

STORIA DI COPERTINA

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editoriale

elle “Tre forme di architettura mancata” (Ed. Einaudi), Vittorio Gregotti raccontatre forme di rinuncia con cui l’architettura dei nostri anni si confronta: la rinunciaal disegno di modificazione del presente come progetto di confronto critico con il

contesto, la rinuncia alla capacità di vedere piccolo, con precisione tra le cose e quindi lanecessità della regola che fonda l’eccezione non ostentata, e infine la rinuncia alla durata del-l’opera di architettura come metafora di eternità. Provo allora a descrivere brevemente tre esempi di interventi che a mio avviso rappresentanoqueste tre forme.

Il primo esempio nasce dalla esigenza di sfruttamento dello spazio pubblico delle piazze,ingombrate dalle baracche mobili ma stanziali, dai gazebi aperti, ombrelloni e tavolini, strut-ture precarie ed amovibili anche solo stagionali, che stanno diventando i “confini” consoli-dati dalla loro trasformazione in volumi edilizi a tutti gli effetti, come conseguenza di esigen-za commerciale dei pubblici esercizi e di introiti nelle casse comunali.

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Firenze, tra omogeneità globalizzata e stramberia

postmodernaQuesto editoriale lo dedico al mio caro prof. Franco Nuti, ingegnerecivile edile e professore ordinario di Architettura Tecnica presso laFacoltà di Ingegneria di Firenze, in pensione da pochi giorni, a cui sonolegato da profonda stima per la sua capacità di trasmettere a coloro chelo hanno conosciuto accademicamente e nella vita, quella responsabilitàe precisione nell’insegnamento, riferite in particolare al rapportoprogetto-costruzione, individuando il carattere “poetico”dell’architettura e sostenendo che l’architettura sia innanzitutto dialogocon il contesto.

Aurelio Fischetti

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Fenomeno sempre più dirompente e invasi-vo, caratterizzato da soluzioni progettualiche non tengono conto delle preesistenzearchitettoniche del contesto e non funziona-no a livello di linguaggio formale, masche-rando le facciate ottocentesche a cui nonresta che la funzione di involucro incoerentedell’edificio, con ciò perdendosi la necessariaconsapevolezza degli equilibri planivolume-trici consolidati nel luogo, nel rapporto coni monumenti, le chiese, i campanili, ecc., percui le piazze sono state progettate, la relazio-ne critica con le condizioni storiche specifi-che di conservazione del proprio passato sto-rico, rinunciando alla differenza dialogantedel valore della relazione tra culture e socie-tà diverse in evoluzione, in ragione di unacultura dei comportamenti e dei consumi.

Il secondo esempio a mio avviso emblemati-co, ma al tempo stesso pieno di stupore, èl’iniziativa avanzata da privati imprenditoricon una proposta progettuale che prevede larealizzazione, in una piazza (in questo caso lastessa già oggetto del precedente esempio),in cima ad un palazzo ottocentesco, vincola-to sulla facciata, di una “nuvola sospesa, ungigantesco volume che stacca dal tetto e situffa nel cielo”, a cui la soprintendenza nonprecluderebbe la possibilità di misurarsi conla modernità, anche se “l’impatto è moltoforte, la terrazza impegnativa”. Più che di modernità qui parlerei di contem-poraneità per il messaggio di novità chetende a rappresentare libertà temporanee,rottura delle regole, perdendo ogni capacitàdi critica nei confronti della realtà e, comescrive Gregotti, l’idea di nuovo è ridotta anovità formale senza necessità di senso eriducendo l’estetica a dottrina empirica delmercato del gusto. Occasione oltre che dispeculazione rapida volta a un pubblico glo-bale, per gli architetti, anche di realizzarealcuni dei loro piccoli sogni megalomani.

Berceau in piazza dellaRepubblica.

Parco della musica e della cultura con Auditorium.

Nuvola sospesa.

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Il terzo esempio è dedicato al faraonicointervento delle Cascine, per la costruzionedel Parco della musica e della cultura conAuditorium, su un progetto, dalla formaesagerata e iperrealistica del rendering, checorrisponde bene alla negazione di ogni rela-zione con la storia e la geografia, e la cui rela-zione dimensionale e morfologica è indipen-dente dal contesto, tanto che esse devonopersino sostituirsi all’idea di città.

editoriale

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Parco della musica e della culturacon Auditorium.

Il caos dell’anticittà della competizioneimpera e siamo di fronte ad un “mercatotanto forte nella sua globalità da attrarre nelproprio vuoto persino l’architettura e lo stes-so disegno urbano”, come scrive ancora Gre-gotti nel suo libro, ed “alla rinuncia alla pos-sibilità che l’architettura ‘trattenga il tempo’,passato, presente e futuro, sia, cioè, in gradodi sottrarsi alla transitorietà, e offrirsi comefosse stata da sempre naturale e necessariacomponente del luogo specifico è operazio-ne che viene meno, rendendo l’opera servilealla comunicazione mediatica o a far parte,senza alcuna speranza di singolarità, dellapiù ampia sfida della postmetropoli infinita:quella dell’inutilità della stessa idea di citta-dinanza”.

Scriveva Gottfried Semper circa duecentoanni fa:

L’arte conosce un solo signore, la necessità.

Essa degenera quando obbedisce allo stato

d’animo dell’artista o peggio a potenti magnati.

…Forse l’architettura, come la natura sua gran-

de maestra, non deve scegliere ed adottare il

proprio materiale secondo le leggi da essa

determinate, ma far dipendere forma ed

espressione delle sue creazioni non dal mate-

riale, ma dalle idee che vivono in esse…

…L’architetto deve prendere in considerazione

l’ambiente, che dovrebbe, per così dire, fonder-

si il più possibile con l’edificio,

…il grande segreto dell’architettura è creare un

complesso che abbia un carattere individuale,

ma che nello stesso tempo sia in armonia con

se stesso e con l’ambiente…

Stupore: quando le storturesono così esagerate «da non crederci».

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quotidianamente evidente come il contesto economico-sociale globalizzato, stiadivenendo sempre più interdipendente, multi-connesso, caratterizzato dall’urgenzadi integrare più competenze e soggetto a rapidi cambiamenti.

Le ragioni e le radici storiche di come questo sia accaduto, vanno ben oltre la nostra discus-sione; d’altro canto l’indagine su quali approcci e metodi le organizzazioni (ad esempio leimprese) possano utilizzare per gestire e governare questa forma di continua innovazione,come possano competere in un contesto dove l’unica costante sembra essere il cambiamen-to, ha portato molti analisti a riconoscere nel Project Management una risposta metodologi-ca ed operativa efficace.Vedremo in seguito come L’Ingegneria Economica, si possa integrare nell’architettura delProject Management in modo funzionale.Certamente il Project Management non è un novità del nostro tempo. L’ ingegneria archeo-logica ha dimostrato da tempo come, dalle piramidi agli acquedotti romani, il coordinamen-to e la pianificazione di un’opera e le abilità di una regia illuminata e competente, fossero ele-menti essenziali per il successo finale.Saremmo pronti a scommettere che, pure in remote epoche, il Project Manager del tempo sisia trovato ad affrontare la mancanza di specifiche chiare, di risorse adeguate, un cliente par-ticolarmente esigente e pretenzioso. Ecco perché, ancora oggi, i ‘Project Managers’ del tempoche fu, godono di tutta la nostra simpatia e solidarietà seppur postume.Venendo a tempi più recenti, il Project Management modernamente organizzato risale aglianni ’50, sviluppato nel contesto dei programmi di difesa durante la Guerra Fredda. La disci-plina si è poi evoluta fino agli anni ’90, nei quali ha iniziato ad essere applicata nei settoriindustriali più variegati.

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Massimiliano Arenaingegnere aerospaziale

Vice Presidente dell’Associazione

Italiana di Ingegneria Economica

una sinergia possibile per il successo

project management e ingegneria economica:

è

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Il Project Management, naturalmente, hacome suo motivo di fondo il progetto,appunto la proiezione nel mondo reale e neltempo di una idea – o di un insieme interdi-pendente di idee – che porta ad un risultatoprestabilito, in un tempo fissato e che ha lacaratteristica di essere unico.Il Project Management è, operativamente,una disciplina, un insieme di metodologieintercorrelate, di tecniche sviluppate e sele-zionate al fine di gestire la complessità di unlavoro unico e definito nel tempo.Ma quali sono le famiglie di discipline carat-terizzanti? Partiamo da qualche concettogenerale, quasi filosofico, per poi affinarel’analisi agli elementi più specifici.Le tecniche del Project Management coin-volgono alcuni argomenti topici, che potreicosì sintetizzare:

• Comunicazione con i membri del team diprogetto, con il Cliente esterno, con laDirezione Aziendale (stakeholders) durantetutta la vita del progetto

• Valutazione dei costi, dei tempi, dellerisorse necessarie per la realizzazione (ciòimplicherebbe anche la domanda metodi-ca sulla plausibilità, a fronte dei beneficiattesi, del lavoro che si intraprende)

• Costruzione di un gruppo di lavoro com-posto da persone, in modo che sia coeso,armonioso, produttivo. Ciò naturalmentein tempi piuttosto rapidi….

• Coordinamento delle azioni di diverseunità o dipartimenti, spesso assemblatispecificamente per il Progetto e / o appar-tenenti a diverse strutture

• Controllo del progresso dei lavori e dellaproduttività, in modo da fornire previsio-ni affidabili sul completamento in terminitemporali ed economico-finanziari

• Gestione delle risorse professionali dispo-nibili, normalmente in difetto, a causadella natura spesso multi-progetto delleorganizzazioni che affrontano (e nonpotrebbe essere altrimenti) più iniziativeconcomitanti

Non male, vero? Ma questa è la realtà che ci èdata, e noi dobbiamo viverla con tutte le suedifficoltà, e certamente, le sue stimolanti sfide.Una robusta struttura di Project Manage-ment consente alle organizzazioni di poteraffrontare situazioni complesse, che di con-tro richiedono complesse tecniche di projectmanagement.Assodata la realtà di un contesto economicoprevalentemente organizzato per progetti, cisi potrebbe quasi chiedere chi non necessitidel Project Management.Un interessante testo sull’argomento, dà unadefinizione molto semplice ma efficace delPro ject Management quale ‘disciplina che fasì che le idee si realizzino’. Anche questa nonmale…Si è spesso riconosciuto come il ProjectManagement viva di fatto un ineluttabiledualismo: un aspetto tecnico (i metodi, lemetriche, gli aspetti operativi delle discipli-ne coinvolte ) ed uno attinente ad una sferaquasi artistica: la leadership. Non vi è dubbioche i più capaci Project Managers sianoanche dei riconosciuti leaders. Essi devono avere una visione di insieme delprogetto e dei problemi del business, devo-no rendere interdipendente il loro team dilavoro, e, incidentalmente, devono raggiun-gere risultati che accontentino tutti, quindidei grandi risultati.Ciò si persegue, senza dubbio, grazie a qua-lità personali ma in special modo ad unapproccio rigoroso, alla applicazione siste-matica ed organica delle tecniche dellagestione dei progetti.

attualità

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Quali sono dunque gli elementi principaliche consentono al Project Manager di realiz-zare un progetto di successo? Abbiamo giàrichiamato prima alcuni di questi, che vale lapena di riformulare ed integrare in modosintetico:

• Chiarezza degli obiettivi. Tutti gli stake-holders devono essere solidali sugli scopidel progetto; sembrerebbe scontato ma alcrescere della complessità questo aspettopuò diventare sempre più sfumato.

• Pianificazione consistente. In termini ditempi, di attribuzione delle responsabilitàe che sia utilizzabile per misurare l’avanza-mento del lavoro. Il piano del progettonon deve indicare solo chi è responsabiledi cosa ma deve mostrare che le varie atti-vità sono fattibili, consistentemente, conle risorse allocate ad esse.

• Costante ed efficace comunicazione. Èla linfa vitale del progetto. Lepersone fanno i pro-getti, naturalmente.Un progetto di succes-so è il risultato di personeche hanno raggiunto un accor-do sugli obiettivi e sui modi di per-

seguirli, in un contesto di azioni coordina-te; persone che hanno riconosciuto e risol-to problemi insieme.

• Controllo della configurazione. Assicura-re dall’inizio del progetto che tutti gli enticoinvolti abbiano ben chiari i ‘pacchetti dilavoro’ da eseguire, i relativi tempi e bud-get allocati. È un processo continuo chediventa cruciale in caso di cambiamenti emodifiche (piuttosto frequenti nei proget-ti complessi); strumento principe di taleattività è la strutturazione del progetto inWork Breakdown Structure ( WBS o WBEElement).

• Sponsor del progetto. È un aspetto, mi siconceda, politico, ma non per questo me -no importante. Spesso i Project Managershanno autorevolezza ma non autoritànell’ambito della organizzazioni. Si rendenecessario dunque un approccio gestio-nale ‘a salire’ (manage upward) per guida-re i livelli delle direzione generale a intra-prendere azioni che facilitino il raggiun-gimento dei risultati, che dunque sponso-rizzino l’operato della gestione di proget-to e ne sostengano il piano operativo edecisionale.

L’arte nel Project Management è di certofondamentale, riconoscendo in essa le attitu-dini interpersonali, ‘politiche’, maieutiche ela abilità di prendere decisioni in contestiincerti e resi urgenti da tempistiche ristrette;anche riconoscere il momento della delegapuò appartenere a questa sfera.

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Come detto, non è però possibile dare valo-re alla componente ‘artistica’ senza una soli-da base rigorosa, razionale e sostenuta da unapproccio consistente alla disciplina dellagestione dei progetti.Quali sono dunque i capitoli costitutivi ditale disciplina?La letteratura in merito è ormai vastissima.Esistono alcune organizzazioni internazio-nali (tra le più note il PMI americano e l’IP-MA internazionale) e degli standard (ad es.ISO 21500:2012, BS 6079-1:2010) chehanno organizzato in modo sistematico icontenuti del Project Management.In breve riporto gli elementi cardine comu-ni ai diversi approcci disponibili in ‘com-mercio’:

In tali principali capitoli si riconosce sostan-zialmente la dimensione tecnica specifica delProject Management, a cui si affiancanoaltre competenze di carattere più generale.Una delle ragioni che possono spiegare ilbuon successo del Project Management puòessere ascritta al carattere invariante deimetodi, al variare del settore di applicazione;in generale comunque, per un ProjectManager si possono conoscere tre ‘dimensio-ni di competenza’:

• Project Management (nella sua dimensio-ne tecnica vista prima)

• General Management (o Business Mana-gement), declinato nelle competenzenegoziali, finanziarie, di sviluppo organiz-zativo e delle relazioni con i clienti, percitare gli aspetti principali

• Tecnica legata alle conoscenze del settorespecifico di applicazione

È evidente che, ad esempio, nel gestire ilprogetto di un componete aeronautico incontesto R&D, il Project Manager debbaavere una dimensione tecnica decisamenteprevalente rispetto alle altre due.Viceversa, in un mega-progetto di impianti-stica, che coinvolga più unità a livello inter-nazionale, con una componente strategica alivello di economia nazionale, richiederà unprofessionista con conoscenze ingegneristi-che generali e forti abilità in Project Mana-gement e General Management.Volendo riassumere i passi operativi salientidella gestione di progetto correlati alle sue fa -si, possiamo sintetizzare nel seguente schema:

attualità

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Uno dei motivi del successo del Project Management può ascriversi all’invariabilitàdei metodi pur nella diversità dei settori di applicazione

definizione pianificazione controllo controllo

Start up esecuzione chiusura

Definizione del Progetto• Analisi degli Stakeholders• Scopo del Progetto: requisiti e obiettivi• Matrice di responsabilità• Piano di comunicazione

Costituzione e gestione del team di progetto

Work Breakdown Structure (WBS)• Strutturazione del progetto per pacchetti

di lavoro• Piano per la Qualità

Risk & Opportunity Management • Identificazione ed analisi dei rischi

e opportunità• Sviluppo piani di mitigazione

e implementazione• Definizione di accantonamenti e riserve

Pianificazione • Reticolo di Progetto e relazione

tra le attività• Cronoprogramma • Assegnazione e livellamento delle risorse• Stima dei pacchetti di lavoro

Controllo di progetto• Misura avanzamento in termini di tempi /

costi e flussi finanziari• Valutazione dell’Earned Value (indici di

performance di costo e di tempo, varianze)

Gestione Contrattuale • Contrattualistica e varianti con Clienti

e partners

Comunicazione e approcciointerculturale

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a) Gestione del ciclo di vita dei costi i. Analisi economico-finanziariaii. Piano d’impresa (Business planning)

b) Controllo di Progettoi. Pianificazione e programmazioneii. Controllo e stima dei costi, controllo

della redditivitàiii. Enterprise Project Management (i.e.

azienda crea valore per il mercato eper gli azionisti attraverso iniziative eprogetti interni ed esterni)

c) Valutazioni tecnico-economiche nei con-tenziosi (Claim Management)

Vale la pena ricordare che tra gli strumentipropri dell’Ingegneria Economica spiccano,per ragioni storiche e di identità, la RicercaOperativa e le tecniche di finanziamento deiprogetti.La sinergia tra Project Management ed Inge-gneria Economica, come intuibile, si puòimplementare nelle diverse aree operativerichiamate sopra, ed in particolare neldimensionamento e nella gestione economi-co-finanziaria dell’impresa-progetto.Quest’ultimo aspetto introduce un tema difondo piuttosto dibattuto, relativamente alladimensione imprenditoriale del ProjectManager, vale a dire come il Project Mana-ger debba dare un taglio di direzione egestione di un progetto, considerandolo unapropria impresa, di cui sia di fatto l’Ammi-nistratore Delegato.

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In questo paradigma generale di ProjectManagement, l’Ingegneria Economica, for-malizzata a partire dagli anni ’50 in contestoanglo-americano, si innesta nella dimensio-ne attinente al General Management ed inalcune tecniche specifiche.L’Ingegneria Economica (o Total CostManagement) si sviluppa in contesti diimpresa multinazionale fortemente organiz-zati, in società di Construction e Contrac-ting, operanti a livello internazionale in pro-getti di grandi dimensioni.In Italia l’Ingegneria Economica è promossada AICE (Associazione Italiana di CostEngineering), che afferisce ad ICEC (Inter-national Cost Engineering Council) organi-smo sovranazionale che raccoglie le Associa-zioni di 40 paesi nel Mondo.La mission di questa disciplina – anche in talcaso una combinazione organica di piùdiscipline – è quella di fornire strumenti emetodi, caratterizzati dall’utilizzo di tecni-che quantitative, atte a salvaguardare la red-ditività dei progetti stessi.Ciò si declina tramite l’applicazione di prin-cipi metodologici multidisciplinari e di tec-niche di ingegneria a problemi di fattibilità,di valorizzazione e stima di una iniziativaprogettuale e di controllo dei costi.In modo più specifico ciò si traduce nelleprincipali aree di interesse per l’IngegneriaEconomica, che forniscono gli strumenti edi modelli (quasi una cassetta per gli attrezzi)a vari contesti gestionali, tra cui, principe, ilProject Management:

La missiondell’IngegneriaEconomicaè quella di fornire gli strumenti e i metodi atti asalvaguardarela redditivitàdei progetti; da qui derivala sinergia di questadisciplina con il ProjectManagement

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In tal senso si inserisce in modo peculiare lagestione della fase di pre-progetto, nellaquale si sviluppa lo studio di fattibilità tecni-co-economica, inserito in generale nellastrutturazione di un business plan; è unodegli ‘atti creativi’ cruciali del ciclo di vita,poiché spesso legato al reperimento dei capi-tali necessari alla realizzazione dell’iniziativa. Il tema si inserisce nel più ampio contestodel Project Financing, nel quale il PM-imprenditore deve sapersi muovere con sicu-rezza, competenza, rigore e talvolta con unsano spirito di avventura. Il rapporto conistituzioni di credito o soggetti sponsorrichiede da un lato la sistematica applicazio-ne degli elementi costitutivi sopra menzio-nati, dall’altro la creazione di un rapporto difiducia, sostenuto da un piano robusto econsistente.Nel momento storico che viviamo, spessociò non è sufficiente e, di fatto, avviare unprogetto diventa a sua volta un progetto dinotevole complessità.Le architetture – ammetto, piuttosto artico-late – esposte, offrono senza dubbio parecchispunti di riflessione ma ancor più può unapproccio sistematico, rigoroso e sostanziatoal governo economico e tecnico di una ini-ziativa imprenditoriale, in senso lato.L’impianto manageriale descritto, supporta-to dalle tecniche e dai metodi richiamati,può essere declinato a seconda del tipo, del -la dimensione e della natura specifica del-l’impresa, dalla multinazionale ad una tipi-ca PMI; proprio quest’ultima si trova oggi(ma proprio in questi giorni!) ad affrontarequelle sfide del cambiamento e quella com-plessità globale peculiari delle organizzazio-ni per le quali e nelle quali il Project Mana-gement e l’Ingegneria Economica si sonoevoluti.

La sfida non è creare una nuova ingegneriaeconomica o un nuovo project manage-ment: possiamo assumere che ciò avvengain modo quasi osmotico e naturale conl’evolversi delle tecniche e dei modelli orga-nizzativi.Adattare ed applicare questo stile di pensie-ro solido e argomentato, aperto al cambia-mento, basato su fatti, che devono esseregiustificati e verificati, e che ha come moti-vo trainante lo sforzo di non lasciare nulla alcaso, ad una realtà che deve urgentementepro-agire in una difficile crisi, risulta quasiuna necessità.Apparirebbe quasi una ispirazione etica: guaise non fosse così.

attualità

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Bibliografia

[1] International Project ManagementAssociation, ICB 3.0 2008

[2] IPMA Academy – Italian ProjectManagement Academy, 2008

[3] Project Management Institute, A guide tothe Project Management Body Of Knowledge,2004

[4] Bossidy, Execution: the discipline of GettingThings Done, Crown Business, NY, 2002

[5] Verzuh, Project Management, John Wiley,2008

[6] Patrone, Di Castri, Ingegneria Economica,Alinea, 2011

[7] AACE International, RecommendedPractices, AACE International, 2005

Weblinks

• www.aice-it.org

• http://ipma.ch/; http://www.animp.it/Ipma/Ipma/default.htm

• www.isipm.org

• www.pmi.org

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Premessa

a pubblicazione della Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica in ediliziaha introdotto per la prima volta nell’ordinamento comunitario del settore il concet-to di Zero Energy Building. L’emanazione di tale Atto deriva da una serie di Riso-

luzioni del Parlamento europeo, le quali richiedevano di rendere vincolante l’obiettivo diaumentare l’efficienza energetica del 20% entro il 2020, revisionando le vigenti disposizioniin materia. Revisione resa necessaria anche dall’adozione del “pacchetto clima-energia” indicembre 2008, cui ha fatto seguito la Decisione 406/2009/CE. Il settore dell’edilizia costi-tuisce infatti, assieme ad industria e trasporti, uno degli ambiti strategici di intervento in ter-mini di attuali usi finali dell’energia (40% sul totale).La Direttiva si pone come “rifusione” (o recasting) della Direttiva 2002/91/CE, identificatacon l’acronimo EPBD (Energy Performance of Building Directive), da cui la corrente deno-minazione di EPBD-recast. Due sono gli elementi di innovazione metodologica: la fissazio-ne del requisito di nearly Zero Energy Building come obiettivo, ovvero l’ottenimento di unedificio avente prestazione energetica molto elevata, coperta in massima parte tramite l’im-piego di fonti rinnovabili, e la parametrizzazione della prestazione energetica in funzione del“ciclo di vita economico” (o Life Cycle Cost - LCC).

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il concetto di Zero Energy Building in relazione alla direttiva

EPBD-RECAST

L’idea di Zero Energy Building, ovvero di un edificio a impattoenergetico nullo, finora confinata nella letteratura specialistica eimplementata solo in casi sperimentali, ha acquisito una più vastanotorietà a seguito della pubblicazione della Direttiva EPBD-recast. Tale Direttiva ha infatti posto uno ZEB, declinatonell’accezione di nearly, come obiettivo prestazionale dei nuoviedifici, a partire dal 2020. Diviene così necessario e fortementeattuale sviluppare un approfondimento del concetto di “edificio aenergia quasi zero”, tramite chiavi di lettura che ne riconducano ilsignificato alla più ampia piattaforma tecnico-normativa comunitariaattualmente vigente.Il presente lavoro si articola a partire da una rivisitazione delleprincipali modalità interpretative di uno Zero Energy Building,e da esse deduce le definizioni di NZEB e nZEB in termini dibilanci energetici, conformemente alle Direttive europee eall’apparato normativo elaborato dal CEN.Vengono successivamente analizzati nel dettaglio due aspettifondamentali di inquadramento metodologico, nella prospettivadi conferire attendibilità e coerenza alla valutazione prestazionalestessa. L’uno concernente il confine del sistema rispetto al quale effettuare i bilancienergetici, differenziando tra “confine fisico” e “confine energetico” ed esplicitando i flussi e ipesi dei vettori energetici che lo attraversano, sia in ingresso che in uscita. L’altro concernente i “servizi”connessi con gli usi energetici e le problematiche di una loro appropriata individuazione, anche in relazione allepossibili tipologie di valutazione e in un’ottica di standardizzazione delle procedure di calcolo.

Lorenzo LeonciniDipartimento di Energetica

“S. Stecco”- Università degli Studi

di Firenze l

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Gli “Zero Energy Building”

Un edificio si dice Zero Energy Buildingquando l’energia di cui necessita per clima-tizzazione e altri servizi è nulla. Tale visioneappare sotto molti aspetti irrealistica inquanto l’azzeramento del fabbisogno ener-getico mal si concilia con i requisiti di qua-lità e benessere ambientale richiesti all’inter-no dei locali climatizzati. Risulta invece piùagevole ragionare in termini di azzeramentodel bilancio su flussi bidirezionali che attra-versano il confine del sistema, anteponendoil termine “Net”, in modo da ottenere unNet Zero Energy Building.In letteratura si trovano diversi possibili let-ture della valutazione prestazionale di unedificio, che si differenziano tra loro perl’oggetto posto come obiettivo dell’operazio-ne di “zero”. Esse sono riconducibili a quat-tro criteri di riferimento:

1) Net Zero Site Energy Building: edificioche, su base annuale, produce tramitefonti rinnovabili tanta energia finalequanta ne consuma. In questo caso lavalutazione viene effettuata sul sito,quindi in termini di energia impor -tata/esportata non pesata. La criticità diquesta impostazione è la non computa-zione del fatto che, in generale, vettorienergetici aventi impatto equivalente sulsito hanno impatto differenziato alla sor-gente (Figura 1);

2) Net Zero Source Energy Building: edifi-cio che, su base annuale, produce trami-te fonti rinnovabili tanta energia prima-ria quanta ne consuma. In questo caso lavalutazione viene effettuata alla sorgente,quindi in termini di energia primaria. Lavisione del sistema assume valenza piùgenerale, ma implica al tempo stesso uncerto margine di aleatorietà derivantedall’incertezza nella determinazione deifattori di conversione in energia prima-ria, sia globali che parziali, ovvero diffe-renziati in quota rinnovabile e quota nonrinnovabile (Figura 2);

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Fig. 1

Fig. 2

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3) Net Zero Energy Costs Building: edificioin cui il bilancio economico su baseannua tra la spesa per l’energia importa-ta, pagata dal proprietario dell’edificio algestore delle infrastrutture energetiche,ed il ricavo dall’energia esportata, ricono-sciuto dal gestore al proprietario, è nullo.Questo approccio esula da analisi termo-dinamiche, in quanto non si assumecome metro una misura energetica, ma latariffa. Tariffa alla cui determinazioneconcorrono non solo i costi reali dellefonti o dei vettori energetici, ma anche icriteri di regolamentazione del mercatoda parte dell’Autorità preposta, oltre adeventuali meccanismi incentivanti rivoltia specifiche forme di produzione o con-sumo. Ciò rende estremamente difficol-tosa, nonché suscettibile di ampie varia-zioni, una valutazione basata unicamentesul criterio del costo (Figura 3);

4) Net Zero Energy Emissions Building:edificio che, su base annuale, evita trami-te fonti rinnovabili tante emissioni quan-te ne causa. La valutazione è effettuata intermini di CO2 o di un altro inquinantedi riferimento (Figura 4).

Elemento comune ai vari contesti è conside-rare solamente la fase di vita utile dell’edifi-cio, tramite bilanci su base annuale, senzaricomprendere le fasi di produzione edismissione. In generale, le quattro diversemodalità di valutazione non sono verificatesimultaneamente, ovvero l’azzeramento diun parametro, ad esempio l’energia (prima-ria), non implica direttamente l’azzeramentodegli altri, ad esempio le emissioni o i costi.

Net ZEB / nearly ZEB

Secondo EN 15603 l’energia primaria èdefinita come: “energy that has not beensubjected to any conversion or transforma-tion process”. Nonostante non se ne troviuna citazione esplicita nella DirettivaEPBD, la valutazione della prestazione ener-getica di un edificio in termini di energiaprimaria è stata implementata nell’ordina-mento comunitario in materia di efficienzadegli usi finali dell’energia già nelle disposi-zioni relative alla Certificazione Energetica.Analogamente, ma in forma esplicita, l’Alle-gato I alla Direttiva EPBD-recast riconduce

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La Direttiva comunitaria sulla prestazione energetica in edilizia individua come criterio di riferimento la quantificazionedell’energia primaria rispetto a quella dei costi o delle emissioni

Fig. 3

Fig. 4

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l’espressione della prestazione energetica aun indicatore numerico del fabbisogno dienergia primaria. Individua cioè come crite-rio di riferimento la quantificazione del-l’energia (primaria) rispetto a quella dei costio delle emissioni.Attenendosi alle vigenti norme tecniche EN,si può definire NZEB un edificio per ilquale sia nullo il bilancio netto tra l’energiain ingresso e l’energia in uscita, differenziateper vettori energetici, ciascuno dei qualipesato tramite il relativo fattore di conver-sione in energia primaria, e misurato sulconfine dell’edificio stesso, Eq. (1):

n n

Ep = Â(Edel2i * fP2del2i)–Â(Eexp2i * fP2exp2i) = 0i=1 i=1

dove:• Ep = energia primaria;• Edel2i = energia importata tramite il vettorei;

• fP2del2i = fattore di conversione in energiaprimaria per il vettore energetico i;

• Eexp2i = energia esportata tramite il vettorei;

• fP2exp2i = fattore di conversione in energiaprimaria per il vettore energetico i.

Come detto, non necessariamente ad unostesso vettore energetico corrisponde unostesso fattore di conversione in energia pri-maria. Ad esempio si può esportare elettrici-tà da produzione fotovoltaica ed importareelettricità da produzione mixata a livellonazionale tra fonti rinnovabili e fonti nonrinnovabili. Considerazioni specifiche circa i

criteri di determinazione dei fattori di con-versione, interpretabili anche come efficienzedelle infrastrutture energetiche, esulano dagliscopi del presente lavoro. Risulta comunqueancora aperta la questione di quale fattore diconversione attribuire all’energia prodottatramite fonti rinnovabili.Da notare che, secondo la lettura proposta, ildualismo tra energia in ingresso e in uscitadal sistema, derivante dalla bidirezionalità deiflussi rispetto al confine dell’edificio, costitui-sce una caratteristica intrinseca della defini-zione di NZEB. In altre parole un NZEBnon è necessariamente un edificio ad isola,ma in generale può appartenere ad una retedi consumo/generazione distribuita. Ciòcon sente di bypassare una serie di problema-tiche connesse alla necessità di accumulareenergia là dove l’intero fabbisogno debba es -sere coperto esclusivamente tramite fonti rin-novabili prodotte in loco, senza la possibilitàdi interscambio con le reti infrastrutturali.L’articolo 9 della Direttiva EPBD-recast sta-bilisce che entro il 31 dicembre 2020 tuttigli edifici di nuova costruzione debbanoessere a energia quasi zero. Tale obbligo èanticipato di due anni per gli edifici pubbli-ci o ad uso pubblico. La scelta degli estenso-ri di sostituire il termine “net” (netto) con iltermine “nearly” (quasi), ovvero di modula-re il requisito prestazionale allentandone laseverità, sposta l’obiettivo da un fabbisognoenergetico netto nullo ad un fabbisognoenergetico netto molto basso e deriva daconsiderazioni di natura prevalentementeeconomica in quanto, pur essendo disponi-bili ad oggi tecnologie in grado di raggiun-gere l’obiettivo NZEB, il loro costo è taleche una eventuale applicazione estensiva ainuovi edifici avrebbe comportato onerieccessivamente elevati per il mercato delle

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Entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzionedovranno essere a energia quasi zero,ossia con un fabbisogno energeticonetto molto basso e coperto in massima parte da fonti rinnovabili, siano esse localizzate nel sito o nelle vicinanze

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costruzioni. La stessa Direttiva specificainoltre che il ridotto fabbisogno deve esserecoperto in massima parte da fonti rinnovabi-li, comprese quelle localizzate nel sito o nellesue vicinanze, senza escludere tuttavia unaloro eventuale delocalizzazione.Mutuando la descrizione di un nZEB, chesarebbe forse più corretto indicare con ladicitura nNZEB, da quella data per unNZEB, si può riscrivere l’equazione (1) informa di disuguaglianza, Eq. (2):

n n

Ep = Â(Edel2i * fP2del2i)–Â(Eexp2i * fP2exp2i) ≠ 0i=1 i=1

con analogia di simboli e pedici rispetto allarelazione (1).

La strategia comunitaria adottata per l’avvi-cinamento progressivo delle correnti soglienazionali di prestazione energetica all’obiet-tivo nZEB, e quindi per la quantificazionedell’ampiezza del segno di disequazionenella relazione (2), porta ad introdurre ilconcetto di “prestazione energetica ottimalein funzione dei costi”.La caratterizzazione di un edificio a impattoenergetico molto basso richiede che l’aspettodi minimizzazione del fabbisogno energeticovenga elaborato in funzione dei costi energe-tici. Questo conformemente a quanto dispo-sto dall’articolo 4 della Direttiva EPBD-recast. Per costi energetici si intendono quel-li relativi ai componenti o sistemi da cuidipende l’efficienza energetica dell’edificio, e

non i costi complessivi derivanti dall’interoprocesso edilizio. Si rende quindi necessarioindividuare una metodologia accessibile eunivoca, utile allo scopo.La pubblicazione da parte della Commissio-ne Europea del Regolamento Delegato244/2012 ha istituito un quadro metodolo-gico di riferimento per il calcolo della presta-zione energetica ottimale in funzione deicosti. La valutazione prestazionale viene tra-slata da uno spazio monodimensionale ener-getico ad uno spazio bidimensionale energe-tico-economico, interpretando il concetto di“prestazione energetica ottimale in funzionedei costi” come quella configurazione checomporta il minimo costo in relazione alciclo di vita economico dell’edificio. L’ideaalla base del procedimento è che la “sosteni-bilità energetica”, e di riflesso quella ambien-tale, deve essere allineata con la “sostenibili-tà economica”.La dimensione energetica corrisponde alfabbisogno di energia primaria annuo, ed hacome unità di misura kWh/m2 anno, men-tre quella economica al Valore Attuale Netto(VAN) rispetto all’anno iniziale del periododi calcolo, ed ha come unità di misura €. Lascelta di tale parametro economico è dovutaal fatto che, trattandosi di una valutazionesull’intera vita utile attesa dell’edificio, e nonsu di un solo anno-tipo, occorre ricondurreall’anno rispetto al quale si effettua il calco-lo (convenzionalmente identificato con ilprimo) le proiezioni di variabilità del costodel denaro, della tariffa energetica, ecc… Lefasi da ricomprendere all’interno di una

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Al fine di effettuare il bilancioenergetico di un edificio e di valutarne la prestazioneenergetica è di fondamentaleimportanza individuare il confine della struttura, sia dal punto di vista fisico che da quello virtuale edenergetico

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valutazione LCC sono tre: realizzazione,esercizio, dismissione, anche se quest’ultima,in ambito EPBD, ha valore opzionale. Ilnumero di anni da considerare, ovvero ladurata della vita utile di un edificio, vienefissato dal Regolamento Delegato in 30 anniper edifici ad uso residenziale e pubblici e in20 anni per edifici aventi altre destinazionid’uso.Il tema della prestazione energetica ottimalein funzione dei costi, data la sua complessi-tà, sarà oggetto di un successivo articolo diapprofondimento.

Confini del sistema e flussienergetici

L’individuazione del confine dell’edificio,rispetto al quale effettuare il bilancio energe-tico, è un passaggio fondamentale per la cor-retta valutazione della prestazione energeti-ca. Sono possibili a riguardo due differentiinterpretazioni:

1) il confine fisico, reale, costituito dallesuperfici che delimitano verso l’esternoun organismo edilizio, formato nel casopiù generale da diverse zone termiche,delle quali alcune climatizzate ed altreprive di apparati impiantistici;

2) il confine energetico, virtuale, costituitodall’ideale demarcazione tra da una partel’ambiente esterno e dall’altra l’insiemedi elementi passivi (edilizi) ed attivi(impiantistici) mutuamente correlati daun vincolo di funzionalità e concorrentinello stesso “sistema edificio-impianto”.

Il concetto di confine fisico ha portata limi-

tata e può essere visto come un sottoinsiemedel confine energetico, senza con ciò esclude-re che le due delimitazioni risultino talvoltacoincidenti. Oltre che di più ampia valenza,il confine energetico consente di affrontarecon maggiore flessibilità le problematicheconnesse alla scala di valutazione. Consentecioè di risolvere lo scostamento tra ZeroEnergy Building e Zero Energy District,ovvero di applicare lo stesso processo meto-dologico sia a scala di edificio che a scala diquartiere, o più in generale in qualunqueconfigurazione intermedia. Questo puòrisultare conveniente soprattutto nel caso incui vi siano una serie di apparati impiantisti-ci (es. teleriscaldamento alimentato da cen-trale termica remota) condivisi e asserviti aduna molteplicità di organismi edilizi, ancheeterogenei tra loro. Organismi edilizi nonnecessariamente correlati da una continuitàfisico-costruttiva. La condivisione delle risor-se energetiche, sia rinnovabili che non rinno-vabili, consente di ottenere una serie di van-taggi, che indicano come maggiormente fun-zionale una impostazione a scala di quartierepiuttosto che a scala di edificio, in particola-re in termini di efficienza degli apparati digenerazione in rapporto alla variabilità tem-porale dei carichi chiesti dalle utenze.Ipotizzando un sistema in cui non vi è pro-duzione da fonti localizzate all’interno delconfine considerato, si può descrivere lacatena energetica monodirezionale secondolo schema di Figura 5.Si assuma come esempio un insieme di edi-

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Fig. 5

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fici appartenenti al medesimo distretto ener-getico e serviti collettivamente, tramite tele-riscaldamento, da un’unica centrale termicaremota alimentata a gas. La flessibilità delconcetto di confine energetico consente dieffettuare la valutazione prestazionale sia ascala di edificio che a scala di quartiere,come risulta in Figura 6. Se a scala di edifi-cio (Zero Energy Building) il confine su cuieffettuare il bilancio si pone al punto di

estendere il diagramma di flusso rispetto alconfine energetico come in Figura 7.Secondo il punto di vista nZEB si rovescial’attuale rapporto tra combustibili fossili efonti rinnovabili, che vede le seconde quasi

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allaccio tra l’anello di teleriscaldamento e lasottocentrale di ogni singolo organismo edi-lizio. In questo caso l’efficienza degli appara-ti impiantistici interni all’edificio viene lettacome rendimento, mentre l’efficienza degliapparati impiantistici interposti tra edificioe punto di fornitura del combustibile, vieneletta come fattore di conversione in serierispetto a quello intrinseco del gas. Se a scaladi quartiere (Zero Energy District) il confi-ne su cui effettuare il bilancio si pone alpunto di consegna tra la rete di distribuzio-ne del gas e la centrale termica remota. Inquesto caso le efficienze degli apparatiimpiantistici, sia di quelli interni all’edificio,sia di quelli interposti tra edificio e punto difornitura del combustibile, vengono lettecome rendimenti in serie. Mentre il fattoredi conversione si applica solamente al com-bustibile.Generalizzando lo schema di Figura 5, e con-siderando sia l’energia generata che l’energiaconsumata all’interno del sistema, è possibile

marginali rispetto ai primi. Si pone infatticome obiettivo uno scenario nel quale, gra-zie ai ridotti fabbisogni energetici degli edi-fici, esse assumano un ruolo prevalente nel-l’alimentazione dei servizi energetici, mentresi faccia ricorso ai combustibili fossili peruna quota residua.Nel dare la definizione di nZEB la Direttivaspecifica che la produzione da fonti rinnova-bili può avvenire in loco (on-site) o nelle vici-nanze (nearby-site). Si ritiene corretto inter-pretare questa specificazione non nel sensoche la produzione debba avvenire “solamen-te” in loco o nelle vicinanze, senza ricom-prendere cioè la produzione remota (off-site), ma viceversa nel senso quest’ultima nondebba escludere la generazione distribuita neipressi delle utenze. Le tre varianti relative allalocalizzazione dei dispositivi da fonti rinno-vabili implicano una serie di considerazionicirca la loro effettiva implementabilità a livel-lo di bilancio energetico di un edificio:1) localizzazione in loco: il vantaggio di tale

Fig. 6

Fig. 7

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approccio consiste nel controllo dell’ef-fettiva producibilità dei dispositivi enello svincolo da connessioni di rete e daaltri aspetti infrastrutturali che potrebbe-ro influire sui bilanci, pur non trattando-si necessariamente di un sistema ad isola.Ogni singolo edificio risulterebbe quindicaratterizzato da un intrinseco equilibriotra produzione e consumo di energia,stabile nel tempo a fronte di eventualimodifiche di gestione o configurazionedell’assetto del territorio circostante.

2) localizzazione nelle vicinanze: le areeurbane funzionali, e in particolare gli ele-menti di arredo, come ad esempio lepensiline dei parcheggi, potrebbero esse-re asservite ad una molteplicità di edifici.In questo modo sarebbe possibile conse-guire una serie di vantaggi analoghi aquanto visto nel paragrafo precedentecirca la condivisione delle risorse energe-tiche. Sistemi di generazione rinnovabilea livello di quartiere, come ad esempiouna centrale solare, consentirebberoinfatti di ottenere maggiori efficienzerispetto a soluzioni a generazione separa-ta/individuale.

3) localizzazione remota: questo approccio si

caratterizza come il più controverso fra itre presentati. A favore vi è la considera-zione che, specie in aree urbane ad altadensità, non tutti gli edifici possono avereuna paritaria accessibilità alle sorgenti, inparticolare eolica e solare, tale da consen-tire il raggiungimento di elevate quote dicopertura del fabbisogno. Fermo restandoche i criteri di pianificazione urbanisticaper le aree di espansione dovrebbero tene-re conto di questa “accessibilità”, ciòpotrebbe essere invece molto difficoltosoper le aree di tessuto consolidato. Di con-tro la delocalizzazione chiama necessaria-mente in causa le reti di interconnessione,la loro gestione, e l’aleatorietà che ne deri-va, specie sul medio/lungo periodo ai finidi una attendibile impostazione del bilan-cio energetico dell’edificio.

Nell’ipotesi più generale i vettori in ingresso alsistema possono presentarsi sotto forma elet-trica, termica, frigorifera o di combustibili,mentre quelli in uscita analogamente ma conesclusione dei combustibili, come mostrato inFigura 8. Questo a prescindere dal fatto che lafonte sia rinnovabile, fossile o un mix.Per quanto riguarda l’impiego di fonti rin-novabili si ritiene corretto operare unadistinzione tra sistemi passivi e sistemi atti-vi. L’energia derivante da sistemi passivi (es.i guadagni solari attraverso una serra vetrata)dovrebbe essere computata direttamente nelbilancio di scambio termico tra edificio eambiente attraverso l’involucro; concorrere

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La definizionedel confinedell’edificiopermette di distinguere i flussienergetici in ingresso e quelli in uscita: i primipossonopresentarsisotto formaelettrica,termica,frigorifera o dicombustibili, i secondi sono analoghima conesclusione deicombustibiliFig. 8

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cioè alla riduzione del fabbisogno di energiautile. Viceversa l’energia prodotta da sistemiattivi (es. elettrica tramite moduli fotovoltai-ci) dovrebbe essere computata come energiaesportata, qualora immessa in rete, o comeriduzione dell’energia importata, qualoraimpiegata in autoconsumo. Da notare chetale energia viene pesata attraverso i fattoridi conversione in energia primaria solo qua-lora vi sia un transito effettivo attraverso ilconfine del sistema.

Usi energetici. Servizi e problematiche

All’interno di uno stesso edificio è possibileindividuare una serie di servizi, intendendocon tale termine gli usi energetici finalizzatia soddisfare specifiche esigenze da partedegli utenti. Essi possono, ma non necessa-riamente devono, essere funzionali alla cli-matizzazione e più in generale al comfortambientale. La definizione di “prestazioneenergetica di un edificio” data dal rapportotecnico EN/TR 15615, e riproposta anchedalla Direttiva EPBD-recast, fissa cinqueservizi di base, corrispondenti agli usi ener-getici per riscaldamento, raffrescamento,ventilazione, illuminazione, acqua caldasanitaria.La valutazione dei fabbisogni per illumina-zione è particolarmente rilevante negli edifi-ci ad uso non residenziale, mentre quella peracqua calda sanitaria lo è negli edifici resi-denziali e assimilabili. La ventilazione nonviene ricompresa all’interno del servizio diriscaldamento/raffrescamento in quanto lanecessità di garantire un adeguato tasso di

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All’interno di un edificio vengono individuati cinque servizidi base, ossia cinque usienergetici che soddisfanospecifiche esigenze dell’utenza: il riscaldamento, il raffrescamento,la ventilazione, l’illuminazione e l’acqua calda sanitaria

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ricambio dell’aria alle utenze, indipendentemente dalle stagioni, costituisce un uso energeti-co anche in assenza di carichi termici/frigoriferi. Questo nel caso di impiego di sistemi diventilazione meccanica controllata.È opportuno inoltre ricordare che, come anche indicato nella norma EN 15251 relativa airequisiti di qualità degli ambienti interni, i parametri di calcolo in base ai quali viene effet-tuata la valutazione della prestazione energetica devono necessariamente essere rispondenti acriteri di comfort e benessere termico, acustico, illuminotecnico e di qualità dell’aria. Que-sto per evitare che si conseguano obiettivi di risparmio/efficienza energetica a discapito degliutenti, in quanto compito primario dei sistemi attivi e passivi da cui è composto l’edificio ègarantire un ambiente di caratteristiche idonee in relazione alle funzioni che vi si svolgono.I cinque servizi descritti non rappresentano l’ammontare complessivo degli usi energetici diun edificio, anche se nella maggior parte dei casi ne costituiscono la quasi totalità in termi-ni percentuali. Come complemento all’unità deve essere aggiunto ad essi un sesto servizio,che ricomprenda tutti gli usi energetici non già computati. Fra questi ad esempio l’impiegodi combustibile per cucina o l’alimentazione elettrica di apparecchiature quali gli elettrodo-mestici.In relazione al concetto di nZEB, la valutazione di questo sesto servizio è di non facile attua-zione. Da un lato risulta coerente considerarlo in quanto le procedure di calcolo già preve-dono il computo, sotto forma di apporti interni, degli effetti termici delle apparecchiatureelettriche e similari. Tale apporto viene impropriamente detto “gratuito” in quanto, a diffe-renza ad esempio di quello dato dalle persone, è alimentato da vettori energetici in ingressoal sistema, risultando quindi assimilabile all’effetto utile derivante dalle perditerecuperabili/recuperate dei dispositivi impiantistici di climatizzazione. Dall’altro esso esulada un approccio di tipo standardizzato, così come anche richiesto dalla Direttiva, essendoprevalentemente funzione della “variabile utente”.Con il termine “variabile utente”, esprimibile attraverso specifici profili di carico, si intendeuna delle due forzanti principali (l’altra è la variabile climatica), cui è sottoposto il sistemaedificio. Mentre tuttavia la variabile climatica è più agevolmente valutabile, in quanto ten-denzialmente stabile su tempi comparabili alla vita utile di un edificio, la variabile utente,

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complice anche la mancanza di sufficiente-mente estesi database informativi a riguardo,sfugge ad una efficace logica di controllo esoprattutto si modifica rapidamente neltempo. Di essa si tiene conto in modoapprossimato nel calcolo del fabbisogno diacqua calda sanitaria, o del tasso di ventila-zione o più in generale degli apporti termiciinterni. A tale scopo è necessario fare riferi-mento alla classificazione degli edifici inbase alle destinazioni d’uso. Riferimento diper sé non sufficiente per una valutazioneattendibile dei fabbisogni connessi al sestoservizio. È infatti evidente come, per edificipur appartenenti ad una stessa destinazioned’uso, le abitudini degli occupanti, gli orari,gli indici di affollamento reali, rendano asso-lutamente aleatorio il calcolo in forma stan-dardizzata. Ciò è vero in particolare in assen-za di sistemi domotici o similari per la rego-lazione intelligente delle apparecchiature.Sono stati studiati casi reali in cui la varia-zione inattesa del profilo di occupazione hadi fatto reso ad elevato fabbisogno edificiinizialmente concepiti come a impatto ener-getico quasi nullo.È necessario tuttavia riflettere sul fatto che,mentre per un edificio avente modesta pre-stazione energetica i fabbisogni per climatiz-zazione sono preponderanti rispetto a quelliper altri usi, invece per un edificio ad eleva-ta efficienza essi aumentano considerevol-mente fino a divenire, in proporzione, lavoce principale di consumo. Paradossalmen-te edifici aventi bilancio energetico nullo, seriferito ai soli cinque servizi di base, potreb-bero presentare comunque fabbisogni eleva-ti, dipendenti unicamente dal sesto servizio.Ciò depone a favore di una sua computazio-ne, preferibilmente standardizzata, ad esem-

pio definendo una serie di valori di riferi-mento in termini di energia/utente, diffe-renziati per destinazioni d’uso, in manieraanaloga a quanto già previsto per i fabbiso-gni di ACS.Altro spunto di riflessione è rappresentatodal fatto che vi sono una serie di impieghidell’energia (elettrica) in apparati che sonostrettamente connessi alla configurazione edalla funzionalità dell’edificio, come peresempio ascensori, montacarichi, scalemobili. Essi, pur non concorrendo alla cli-matizzazione e al comfort ambientale, sonotuttavia indispensabili perché l’edificio possaadempiere in modo completo alla sua fun-zione e, rispetto alle apparecchiature dome-stiche o da ufficio, si prestano maggiormen-te ad una valutazione convenzionale dei fab-bisogni energetici correlati.

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A livello di direttive comunitarie è necessario implementare uniformimetodologie di calcolo delle prestazionienergetiche in funzione dei costi,senza mai dimenticare di mantenerecome punto di rifermento ultimo la riduzione delle emissioni complessivedi CO2

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[12] F. Butera, Confronti e risultati tra edifici aenergia zero, Atti 29° convegno nazionaleAicarr, Bologna, 2011.

Conclusioni

L’interpretazione del concetto di nearly ZeroEnergy Building, così come delineato dallaDirettiva EPBD-recast, richiede una consi-stente opera di specificazione da parte degliStati membri. L’azione deve esplicarsi preva-lentemente nell’implementazione di meto-dologie armonizzate a supporto del calcolodella prestazione energetica ottimale in fun-zione dei costi e nella fissazione di obiettivie requisiti tecnicamente consistenti. Ciòmantenendo come punto di riferimentoultimo la riduzione delle emissioni comples-sive di CO2.Elementi essenziali per una corretta imple-mentazione dal punto di vista metodologicosono l’individuazione del confine energeti-co, l’impiego dei rendimenti o fattori diconversione per valutare le efficienze di siste-ma, la suddivisione degli usi energeticisecondo il criterio dei servizi e la correlazio-ne degli stessi con le diverse possibili tipolo-gie di valutazione. Da sottolineare infine lanecessità di una procedura standardizzata,che consideri in forma convenzionale i datiin ingresso, sia climatici che relativi alleutenze.

attualità

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l suono fu oggetto di studio già nel VI secolo a.C. Prima gli studi di Pitagora, poiCrisippo che ipotizzò il suono come conseguenza di onde di pressione, dimostraro-no che le conoscenze degli antichi greci furono alquanto raffinate.

L’acustica (dal greco ἀκούειν, “udire”) come scienza si sviluppa a partire dal 1600 ed è quel-la branca della fisica che studia il suono, le sue cause, la sua propagazione e la sua ricezione.In un’accezione più generale, l’acustica comprende anche lo studio degli infrasuoni edegli ultrasuoni, che non sono percepibili dall’uomo attraverso l’udito, ma si comportano –da un punto di vista fisico – in modo analogo ai suoni. L’acustica, dal punto di vista applicativo, è suddivisa in numerosi settori: l’acustica archi-tettonica, che si occupa della qualità acustica degli edifici e delle sale dei teatri, l’acusticadegli strumenti musicali, che si occupa delle loro proprietà e caratteristiche, l’acusticaambientale, che si occupa dei problemi collegati al rumore in ambiente esterno, l’acusticaedilizia, che ha come obiettivo l’isolamento degli ambienti dai rumori disturbanti, l’acusti-ca subacquea, che tratta della propagazione delle onde e della loro percezione negli ambien-

intervista all’ing. Sergio Luzzi, esperto di progettazione acustica,Consigliere dell’Associazione Italiana di Acustica (AIA) e della European Acoustics Association (EAA), Coordinatore Gruppo Acustica Ordine degli Ingegneri di Firenze

i

L’intervistarubrica a cura di Lio Fitti

acustica:suoni, percezione,

paesaggio sonoroprogettare la quiete o l’armonia?

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ti marini, l’acustica medica che si occupa disviluppare in ambito terapeutico e diagno-stico metodi e strumenti basati sulla propa-gazione di onde acustiche all’interno delcorpo umano. Alcuni studiosi ritengono che la differenzadi significato tra “suono” e “rumore” sialegata alla controllabilità dell’emissione acu-stica, e non alla sua gradevolezza. L’orecchioumano non è ugualmente sensibile a tutte lefrequenze, ma è più sensibile nel campocompreso fra 2 kHz e 5 kHz, ed è moltomeno sensibile alle frequenze estremamenteelevate o estremamente basse.I suoni e, più in generale, tutti i fenomeniacustici, sono delle perturbazioni di caratte-re oscillatorio che si propagano con una datafrequenza in un mezzo elastico solido, liqui-do o gassoso.Tali perturbazioni nascono per effetto dellesollecitazioni di pressione generate dallevibrazioni di un corpo solido costituente lasorgente ed ogni volta che un oggetto simuove o vibra, una piccola porzione del-l’energia coinvolta viene ceduta al mezzo cir-costante sotto forma di suono.La velocità di propagazione del suonodipende, come sappiamo, dall’elasticità delmezzo di propagazione: per l’aria questavelocità è di circa 344 metri al secondo aduna temperatura di 20°C, ed aumenta dicirca 0.6 metri al secondo per ogni grado ditemperatura in più, mentre nei liquidi e soli-

di la velocità di propagazione è maggiore(1500 m/s in acqua e 5000 m/s nell’acciaio).L’entità di un’onda sonora può essere deter-minata in molti modi. Il livello di pressionesonora è facilmente misurabile; la sua misuraè diventata il modo più comune per espri-mere la dimensione di un campo acustico. L’unità di misura della pressione è il Pascal,ma se si misurasse la pressione sonora inPascal si troverebbero valori compresi tra0.00002 Pa e 200 Pa. Si ricorre perciò allascala logaritmica e si misurano i livelli dipressione sonora in deciBel (simbolo dB): lascala dei possibili valori di rumore si trasfor-ma così in un intervallo compreso tra 0 e140 dB.

RICEZIONE E PERCEZIONECi sono suoni che incantano e suoni chedisturbano. Ci spiega come si individuanoesattamente?Per capire come gli aspetti di gradevolezzadel suono non siano un fatto puramentesoggettivo, dobbiamo partire dal modello dirappresentazione di un’onda sonora: la clas-sica sinusoide, che indica un tono puro, cioèun suono semplice, monofrequenziale, unsuono che non esiste in natura, anche se rite-niamo di utilizzarlo per penalizzare le misu-re o per fare l’esame audiometrico. In natu-ra i suoni sono complessi, formati da piùsuoni semplici quindi da più sinusoidi.

l’intervista

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I suoni percepiti: sensazionesonora al variare dellafrquenza.

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L’insieme più o meno ricco di frequenzedefinisce il timbro, parametro che ci consen-te di conoscere e riconoscere cosa (o chi)genera il suono, e l’insieme di sinusoidi sicompone di una fondamentale, la frequenzapiù bassa della serie, e di un certo numero diarmoniche che rappresentano suoni con fre-quenze più alte. Quando le frequenze delle armoniche sonomultipli interi della fondamentale abbiamoun suono gradevole, musicale, armonico.Più sono le armoniche e più il suono è ricco epiacevole, pieno di significato e riconoscibile.Il suono musicale è l’armonia percepita diun’espressione matematica naturale, ed èformato dall’insieme ordinato delle risonan-ze dei diversi materiali che vibrano insiemenei diversi strumenti. E se le frequenze dellearmoniche non sono multipli interi dellafondamentale, in questo caso sono presenti ibattimenti, cioè il rumore.

PROGETTARE LA QUIETE O L’ARMONIACi sono suoni che incantano e suoni chedisturbano. Qual è il mestiere del progetti-sta acustico?È quello di progettare i giusti paesaggi sono-ri negli ambienti di vita e di lavoro; proget-tare, nell’ambiente esterno e negli edifici,spazi e sistemi per limitare il disturbo e perrendere l’incanto più dolce e più vero.Per il progettista acustico gli scenari di stu-dio e di lavoro sono storicamente caratteriz-zati da suoni emessi, trasmessi, immessi, cheportano rispettivamente allo studio delle

sorgenti, dei cammini di propagazione e deiricettori. Il lavoro di progettazione acustica si confi-gura come dimensionamento di barriere,pannelli, sistemi di mitigazione destinati adassorbire i suoni che disturbano o a isolareambienti sorgenti da ambienti riceventi,riducendo le quantità di rumore disturbanteemesse o immesse, misurate secondo specifi-che metrologiche quantitative e oggettive. Allo stesso modo la progettazione degli spazidestinati alla fruizione dei suoni che incan-tano o che informano (teatri, sale, auditoria,aule scolastiche) si basa su parametri ogget-tivi destinati a ottimizzare la riverberazione ela sonorizzazione degli spazi di ascolto.

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Sistemi di mitigazione delrumore disturbante secondo i

canoni tradizionali dellaprogettazione acustica.

Spazi destinati allafruizione dei suoni cheincantano.

lI compito del progettistaacustico è quello di progettare i giustipaesaggisonori negli ambientidi vita e di lavoro,spazi e sistemiper limitare il disturbo e per renderel’incanto più dolce

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Una cinciallegra, produttoredi biofonie, elementinaturali del soundscape.

Raymond Murray Schafer, compositore eambientalista canadese è considerato il padrefondatore della soundscape analysis. Il suocelebre e ambizioso World Soundscape Pro-ject, avviato negli anni 60, aveva lo scopo ditrovare soluzioni per un paesaggio sonoro inequilibrio ecologico, dove le relazioni fra gliesseri umani e l’ambiente sonoro fossero pie-namente armoniche. Il progetto prevedevauna serie di iniziative di educazione e sensi-bilizzazione sul paesaggio sonoro e, soprat-tutto, la registrazione e catalogazione deisuoni del mondo, con particolare attenzionea una collezione di paesaggi sonori (soun-dmarks) da preservare, prevenendonel’estinzione. Nel suo libro “The tuning of the world” del1977 Schafer definisce il Paesaggio Sonorocome tutto ciò che ci circonda a livello acu-stico, ma con un’attenzione specifica, antro-pologica, che include gli interventi dell’uo-mo sulla natura e l’ambiente e implica unrapporto di coerenza tra gli elementi.�

Ma, al di là delle definizioni, cos’è che puòaiutare il progettista acustico, nel suo com-pito di rendere gli spazi di vita più gradevo-li o meno disturbati dal rumore? Nel nostro mondo, costituiscono elementidi paesaggio sonoro sia i suoni della naturache i suoni della società tecnologica. I pae-saggi sonori sono il risultato dei suoni emes-si da sorgenti diverse di natura fisica, biolo-gica o antropica. Il paesaggio sonoro è com-posto di geofonie (vento, acque correnti,pioggia, vulcani), biofonie (canti, suoni,vocalizzazioni di animali) e antropofonie(voce umana, suoni di artefatti umani, mac-chine, treni, aerei, etc.).

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l’intervista

Ma da un po’ di tempo si sono aggiunti agliscenari di progettazione acustica i suoni per-cepiti. La percezione del paesaggio sonoro daparte di chi lo frequenta ha modificato insenso qualitativo e soggettivo l’approccio ana-litico alla valutazione del clima acustico e allasua progettazione, inserendo nuove tipologiedi misura, di modelli, di riferimenti statistici. Così la metodologia di analisi dei paesaggisonori (soundscape analysis) è entrata a pienotitolo nel bagaglio delle risorse progettualiutilizzabili in scenari antropizzati, acustica-mente complessi.

R.M. Schafere i suoi collaboratori

nel 1977.

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Perciò si deve considerare anche il soundsca-pe come una composizione di armoniche ebattimenti, tenendo conto nella progettazio-ne dei suoni che fanno parte del clima acu-stico di un’area, di una comunità, cercandonon semplicemente di oscurarli mediantebarriere fisiche o virtuali, ma di correggere emigliorare il clima stesso, eliminando lecomponenti di disturbo ma, allo stessotempo, recuperando e dando dignità a queisuoni gradevoli che tendono a scomparirenei molti paesaggi sonori “LOW-FI” (a bassafedeltà) che caratterizzano il nostro tempo.In altre parole, si dovrebbe intervenire nonper creare silenzio mediante isolamento dalcontesto, cosa spesso non realistica e proba-bilmente non gradita in termini percettivi,ma per rivalutare l’ascolto dei suoni checaratterizzano gli scenari dell’ambienteesterno e costruito in cui viviamo.Si potrebbero progettare sistemi per impedi-re che il suono globale diventi omogeneo eindistinguibile, rendendo difficile ogni ope-razione di “messa a fuoco” di singoli suoni,così come la percezione dell’armonia, ossiadella bellezza e della profondità di molti pae-saggi sonori.Gli ambienti di vita sociale, si pensi peresempio a un bar o un ristorante affollato,dove musica e voci si sovrappongono, sonosempre più caratterizzati da paesaggi sonoria bassa fedeltà, che rendono difficile lacomunicazione e l’ascolto della musica. Sipensi a tutti gli scenari quotidiani doveviene leso il diritto di non ascoltare bruttamusica di sottofondo o i fatti personali delvicino di posto che in treno parla o telefonaa voce alta. E non dimentichiamoci di altri scenari,come l’ambiente ospedaliero, dove un’at-tenta progettazione acustica degli isola-menti e delle sonorizzazioni può renderepiù confortevole la permanenza dei pazien-ti e più efficaci le cure, oltre che migliorarel’efficienza delle équipe mediche. A ciò siaggiungano le applicazioni della musicote-rapia, gli effetti analgesici e i molti contri-buti del clima acustico e della musica inambiti di cura associati alla terapia deldolore, alle fasi di induzione e risveglio nelteatro operatorio, alla permanenza nelleunità di terapia intensiva.

MUSICA E PAESAGGIOSONOROE quindi la musica può essere una specie dicura non soltanto per lo spirito?Certamente. La musica fa parte a tutti glieffetti, e non solo per definizione, del pae-saggio sonoro e il paesaggio sonoro è entra-to a far parte della musica influenzandol’opera di compositori ed esecutori.Si pensi, per esempio, ad alcuni brani deiPink Floyd come Alan’s psychedelic breakfast(da Atom Earth Mother del 1970), Money (daThe dark side of the moon del 1973) e Welco-me to the machine (da Wish you were here del1975), dove suoni tratti dalla quotidianitàcome una prima colazione, un registratore dicassa, un macchinario, diventano caratteriz-zanti per la ritmica e per la riconoscibilitàdella composizione.

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E ricordiamo che molto prima dei PinkFloyd, nel 1948, il grande John Cage com-pone “In a landscape”, iniziando un percorsocompositivo legato ai paesaggi sonori che loporterà a comporre negli anni e nei decenniseguenti una serie di imaginary landscapes e arealizzare numerosi e fondamentali esperi-menti di contaminazione tra suoni artificia-li e paesaggi sonori. Fra questi il progettoThe John Cage’s Train che il compositore rea-lizzò nell’estate del 1978 in Emilia-Roma-gna e in Toscana.

Nel 1978 Brian Eno compone Music forAirport, vero e proprio capostipite dellaAmbient Music, che andrà sempre piùaffermandosi come elemento di arredosonoro capace di riempire con suoni grade-voli i vuoti di tempo e di senso che caratte-rizzano le attese in aeroporto. Lo stessoaccadrà per altri luoghi e “non luoghi” dellamodernità: negli anni seguenti sarannocomposte musiche per stazioni, sale d’atte-sa, uffici, supermarket, con lo scopo dimigliorare la percezione e la fruizione deidiversi spazi, senza trascurare però aspetticommerciali subliminali, che diventanopredominanti nelle odierne colonne sonoredei centri commerciali e nei sottofondiassordanti e ansiogeni dei negozi di abbi-gliamento per teenagers.

Più in generale si può dunque affermareche tutta la musica, da sempre e in ogniluogo, è influenzata dal paesaggio sonoroin cui nasce e si sviluppa e che contribuiscea sua volta a determinare?�Sì. E va ricordato anche come il cinemaabbia esplorato la contaminazione tra pro-duzione musicale e paesaggi sonori: daisuoni della fabbrica di Dancer in the dark diLars Von Trier ai meno conosciuti ma piùintensi Music for one apartment and sixdrummers e Sound of noise dei registi svedesiOla Simonsson e Johannes Stjarne Nilssondove i surreali protagonisti “suonano” mobi-li, elettrodomestici, soprammobili, utensilida cucina e tutto quello che capita loro sottomano in vari scenari di vita, ivi compresauna sala operatoria.

SERENDIPITÀ NELLA PROGETTAZIONEACUSTICASuoni che disturbano e suoni che dannopiacere. Ci può essere allora un metodo diprogettazione acustica che tenga contodella percezione?La risposta è sì, a patto che la qualità dell’am-biente progettato, basata sulla percezione,diventi obiettivo della progettazione del risa-namento acustico come parte della progetta-zione del comfort degli ambienti di vita, eche questo obiettivo vada a sostituire il merorispetto di limiti quantitativi prefissati.Una quantificazione del livello di qualitàambientale del progetto acustico, e del livel-lo di beneficio (anche economico), oltre chedi benessere, che esso produce può partire

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l’intervista

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dal conto degli elementi di serendipità checaratterizzano la progettazione.Il termine serendipità indica la scoperta diuna cosa bella, imprevista e non cercata,mentre se ne sta cercando un’altra, ed è unacombinazione di casualità, capacità di osser-vazione e intuito progettuale.La serendipità è diventata negli anni un ele-mento metodologico utilizzato in filosofiaed economia e un criterio analitico interpre-tativo per importanti scoperte scientifiche(dalla mela di Newton, alla Penicillina diFleming, al... Viagra). La possibilità che questo approccio si appli-chi alle soluzioni dei problemi di acusticaapplicata è stata verificata in varie esperienzeprogettuali degli ultimi anni: si è dimostratoad esempio come, a parità di costo e di bene-ficio acustico propriamente detto, ovvero aparità di raggiungimento dell’obiettivo pri-mario della progettazione (rispetto di unalegge, di un limite di rumore, di un livello diisolamento), si possano raggiungere obietti-vi secondari e sommare piacevoli e imprevi-sti benefici aggiunti, legati alla percezione,alla gradevolezza, al risparmio.

La fattibilità dei progetti di risanamentoacustico e l’efficacia degli interventi proget-tati si misura non solo dal punto di vistaeconomico, ma anche da quello sociale eculturale. Può fare qualche esempio?Purtroppo nella progettazione degli inter-venti di mitigazione acustica, la scelta pro-gettuale non sempre tiene conto dell’inte-grazione dei manufatti con il contesto e conle esigenze di chi vive in questo contesto.

La trasformazione degli spazi e dei relativipaesaggi sonori influenza i comportamentidei fruitori. Sarebbe giusto tener conto diquesto aspetto, dedicando la massima atten-zione agli effetti collaterali del risanamentoacustico, evitando o correggendo le azionipercepite negativamente (si pensi a comesono spesso male accolte le barriere stradali eferroviarie dai residenti nei centri abitati) ecogliendo gli spunti di serendipità, vero eproprio valore aggiunto della progettazione. Un esempio: nella progettazione dei risto-ranti della catena inglese Pizza Express, èstato sviluppato un elemento sospeso attivo,una specie di cupola (dome) da collocare acopertura dei tavoli al fine di ricreare in cor-rispondenza di questi un microcosmo sono-ro differenziato, denominato booth, com-prendente, oltre al dome, il tavolo sottostan-te e le sedie, il tutto avente forma e caratte-ristiche di assorbimento e isolamento coe-renti con la fruizione acustica ottimizzata. Così la funzione acustica primaria dei domeè quella di confinare, mettendo un “cappel-

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Ascoltare musica al ristorante senzadisturbare (PizzaExpress – London).

É importanteche laprogettazioneacustica tenga contoanche dellapercezionepoiché latrasformazionedegli spazi e dei relativipaesaggisonoriinfluenza sempre icomportamentidei fruitori

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Barriere AcusticheFotovoltaiche.

lo” all’area di fruizione, i suoni antropici e isuoni musicali prodotti o riprodotti dalgruppo di avventori che occupano il boothsottostante allo spazio acustico della cupola.E allo stesso tempo il dome riduce al minimoil contributo di questi suoni al rumore difondo e, di conseguenza, il rumore di fondostesso, percepito come indesiderato dagliavventori situati nei booth o all’esterno diessi nelle altre aree del locale. L’idea serendipica è stata quella di dotareciascun dome di un altoparlante direttivoposizionato nel rivestimento interno, chepuò essere utilizzato per riprodurre musicadi sottofondo oppure musica scelta dalcliente attraverso il collegamento del proprioi-pod o lettore musicale mp3. Da qui la possibilità di ascoltare musicasenza disturbare e di utilizzare la musica chesi ascolta come sistema di sound-maskingpersonalizzato verso l’eventuale disturboprodotto da altri avventori. A ciò si aggiun-ga in termini di serendipità “commerciale”l’attrattiva che il sistema ha costituito per iristoranti che se ne sono dotati. Un altro esempio di mitigazione acusticaserendipica sono le barriere acustiche foto-voltaiche che hanno la duplice funzione dischermatura e di produzione di energia: ilrecupero parziale derivante dalla fornitura dienergia alla rete permette ai gestori di infra-strutture che si dotano di questi sistemi, diridurre significativamente i costi del risana-mento acustico e di fruire degli incentivi delconto energia, che rappresentano unaopportunità di business ecosostenibile.Oltre alle fotovoltaiche, esistono o sono allostudio altre barriere “serendipiche”, concaratteristiche secondarie legate all’alloggia-mento di sistemi di monitoraggio, illumina-zione, riduzione di altri inquinanti, come lepolveri.I benefici delle barriere multifunzionaliincludono l’ottimizzazione della spesa pub-blica in materia di risanamento acustico e ilcontenimento di spese comunque necessarieper garantire la funzionalità e la fruizionedegli spazi e delle strade, nonché veri e pro-pri benefici aggiunti quali la produzione dienergia elettrica da fonte rinnovabile asso-ciata ad un consumo di territorio non pre-giato (già destinato alla realizzazione di bar-riere) o la riduzione di inquinanti diversi dalrumore.

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l’intervista

Segnalazioni bibliografiche

[1] Sergio Luzzi, Percezione acustica e qualità del paesaggio,Atti del Seminario “La musica che incanta e checura”, Festa della Musica, Pistoia, Giugno 2012.

[2] Sergio Luzzi, Rossella Natale, Elementi di serendipitànel risanamento acustico degli spazi urbani, in “Attidel 39° Convegno Nazionale AIA”, Roma, Luglio2012.

[3] Sergio Luzzi, Rossella Natale, Elements of temporaldesign approach in soundscape based planning ofurban quiet areas, in Journal of Temporal Design inArchitecture and the Environment, vol. 11, n. 1(2011).

[4] Lucia Busa, Sergio Luzzi, Comfort acustico inpizzeria, in Atti del 38° Convegno AIA, Rimini,Giugno 2011.

[5] Sergio Luzzi, Noise reduction and control in UrbanPlanning, in “3rd Russian conference on PopulationProtection by Excessive Noise”, St. Petersburg,Marzo 2011.

[6] Beatrice Gentili, Sergio Luzzi, Soundscapes in thepartecipatory design of quite areas, in Proceedings of17° Convegno ICSV, Cairo, luglio 2010.

[7] Giovanni Brambilla, Luigi Maffei, L’approccio delSoundscape nell’acustica ambientale: recenti studi eapplicazioni in Italia, in Rivista Italiana di Acustica,vol. 33, n. 3, 2009.

[8] Michael Bull, Les Back, Paesaggi Sonori – Musica,voci, rumori: l’universo dell’ascolto, Il Saggiatore, 2008.

[9] Tito Gotti, Alla ricerca del silenzio perduto, Bologna,Baskerville, 2008.

[10] Jian Kang, Urban Sound Environment, Taylor &Francis, London, ottobre 2006.

[11] Anna Magrini, Progettare il Silenzio, tecniche per ilbenessere acustico, EPC Libri, 2004.

[12] Amedeo Petrilli, Acustica e Architettura – spazio,suono, armonia, Marsilio, 2001.

[13] Carlo Pergola, La città dei sensi, Alinea Editrice, 1997.[14] Brian Eno, Music for Airport, Import Music

Records, 1978.[15] R. Murray Schafer, The tuning of the world, Destiny

Books, 1977.[16] Pink Floyd, Ummagumma, EMI Harvest Records,

1969.[17] John Cage, In a landscape, MDG Records, 1948.

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a tendenza attuale di crescita della foresta in Italia è positiva. Diventa quindi impor-tante una gestione accurata del patrimonio boschivo, in particolare nella sua difesacontro gli incendi, non solo sotto l’aspetto forestale, ma di generale impegno per

l’ambiente. Nel 2007, sono state immesse in atmosfera 7 milioni di tonnellate e mezzo1 diCO2 dovute agli incendi boschivi su una superficie di 53.600 ha (136,4 tonnellate di CO2

per ettaro bruciato). Tale quantità di CO2 sarebbe stata prodotta dal consumo di circa 12TWh, considerando il mix energetico italiano, che rappresenta il 3,76% del consumo totaleannuo di energia degli utenti italiani, che in tutto il 2007 hanno consumato 318,952 TWh.Un altro raffronto utile, per meglio chiarire la portata del fenomeno, è di considerare che,con 136,4 g di CO2/ha, nel 2012, che ha visto finora bruciare in Italia 33.620 ha, sono stateemesse circa 4,5 milioni di tonnellate di CO2. L’impianto di produzione a pannelli fotovol-taici di Celano (AQ), con 21.874 mq di superficie, costato 4,2 milioni di euro, porta ad unrisparmio di CO2 di 500 tonnellate l’anno, cioè 1/9 di quanto emesso in atmosfera dagliincendi boschivi.L’esistenza di un problema incendi in Italia è confermato annualmente. Ci sono anni, comeil 2007, dove il fenomeno si presenta in maniera acuta per ragioni climatiche, altri anni inve-ce dove un clima più umido rallenta il fenomeno. Nel nostro paese, che ha un’estensionelimitata e dove la percentuale considerata foresta, secondo le norme vigenti, è del 34,7%,l’incendio diventa una sorgente di danno dalle conseguenze incalcolabili. L’eterogeneità delnostro territorio porta alla presenza di molte zone di interfaccia tra abitato e foresta. Pensia-mo alle conseguenze: danni al bosco, numero di morti, inquinamento, eventuali strutture ededifici coinvolti, danno di immagine, danno turistico, danno alle attività economiche ecc.,senza tralasciare i costi necessari allo spegnimento.

diminuire

Tommaso Bernalibero professionista

Esperto in monitoraggio ambientale

Pietro BernaCommissione ambiente ed energia

Ordine degli Ingengeri di Firenze

l

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1 Dato al 26 agosto 2007.

come lotta efficacealle emissioni

di CO2

la superficie devastata dagli incendi

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attualità

La particolarità italiana è che, di fronte a tali dati, gli investimenti e il coinvolgimento del-l’Ingegneria è stato assai limitato. Se prendiamo altri stati europei, il danno da incendioboschivo ha sicuramente una minor rilevanza, avendo gli altri stati un territorio meno etero-geneo, dove le interfacce città-bosco sono ben diverse. La ricchezza del nostro patrimonioboschivo, che, oltre che di formazione naturale, è anche eredità delle generazioni presenti2

meriterebbe una salvaguardia al pari dei sistemi di sicurezza di un museo d’arte.

Nella tabella 1 sono riportati i dati relativi all’anno in corso per regione. Mentre il numerodi incendi dipende da fattori molto variabili, quali l’umidità, la temperatura e il fattoreumano ed è quindi indipendente (gli incendi dolosi costituiscono una piccola parte e solo inluoghi precisi), l’Ingegneria potrebbe avere un ruolo determinante nella diminuzione dellasuperficie boscata, sotto due aspetti che intervengono dal momento che l’evento incendio siverifica:1. Un avvistamento precoce e un sistema di comunicazione che riesca a ridurre il tempo tra

evento e primo intervento;2. La diminuzione della possibilità di propagazione dell’incendio attraverso opere di Inge-

gneria sul territorio e una sua conseguente gestione.

Dato che la velocità di propagazione maggiore si ha all’inizio del fenomeno, è determinantepoter intervenire subito. Ad esempio un fronte di fiamma che si propaga ad 1 km/h (in unaregione come la Toscana, in caso di vento e di incendio su versante inclinato, il valore è daprendersi come minimo), compie circa 16 m/min, ossia 160 m in 10 minuti, con possibili-tà di provocare altri inneschi. Arrivare quindi a risparmiare anche pochi minuti, dall’innescoallo spegnimento, può contribuire ad una grande diminuzione del danno e alla riduzionedella superficie bruciata.

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2 Basti pensare al bosco diVallombrosa, non naturale macompletamente piantato, cometestimonia ancor oggi l’ordinegeometrico della disposizionedelle piante.

Regioni

AbruzzoBasilicataCalabriaCampaniaEmilia RomagnaFriuli Venezia Giulia(*)LazioLiguriaLombardiaMarcheMolisePiemontePugliaSardegna(*)Sicilia(*)ToscanaTrentino Alto Adige(*)UmbriaValle d’Aosta(*)Veneto

Totale nazionale

Numero di Eventi

11022063567710815146724524952577188560805N.P.504441259117

5.375

Superficie totalepercorsa dal fuoco (ha)

9112.9604.2632.7603137493.4561.0691.18293

2.2006.3843.314N.P.1.812501.27053204

33.620

Tabella 1 – Dati aggiornati all’Agosto 2012

(*) i dati riportati sono rilevati dai Comandi Regionali del Cfs e dalle competenti Cor/Soup delleRegioni autonome.N. P. = Dati non pervenutiFonte: Corpo Forestale dello Stato

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zione vi è il dettato dell’art.9: La Repubblicapromuove lo sviluppo della cultura e la ricercascientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e ilpatrimonio storico e artistico della Nazione.La varietà e la complessità del territorio ita-liano, dove vi sono zone di interfacciabosco/aree urbane e dove il 22,2% dellasuperficie a bosco rientra nei SIC e nelleZPS, rende ancor più rilevante l’importanzadi questo approccio sistemico al problema.Emblematico è il caso degli incendi di Alas-sio e Quiliano in Liguria, che si sono svilup-pati l’1/01/2007 e dove la mancanza di unrilevamento tempestivo da parte dell’uomo euna situazione di vento particolarmente cri-tica, ha fatto sì che dopo tre ore dal princi-pio di incendio il fumo raggiungesse CapoCorso e l’Isola d’Elba. Se riuscissimo a ridurre ad un decimo lasuperficie bruciata totale, ad es. quella del2008, avremmo avuto, invece di 66.145 habruciati, solo 6.145 ha, ossia non avremmoemesso in atmosfera 8.119.960 tonnellate diCO2. Per arrivare a “risparmiare” tale quanti-tà di emissioni con gli impianti fotovoltaiciservirebbero più di 16 mila impianti comequello di Celano, per una spesa di circa68.000.000.000 €3. Questo numero, 68 mlddi euro, pari al 4,27% del p.i.l. italiano del2011, non deve essere qui inteso come indi-cazione alternativa alle fonti rinnovabili di ap -provvigionamento energetico, ma costituiscesolo un elemento di raffronto per valutare leimplicazioni socio-economiche del mancatoapproccio ingegneristico alla salvaguardia am -bientale, soprattutto in un periodo, come l’at-tuale, di crisi economica. È, infatti, implicitoche tale approccio consentirebbe un rispar-mio di risorse economiche senza incidere inmaniera significativa sui livelli occupazionaligenerali, anzi elevandone la qualificazione.Qui di seguito si riproducono tre immaginirelative alle tecnologie più moderne, checonsentono un controllo del territorio anchein fase notturna.• La fotografia in Fig. 1 mostra l’immagine avideo del sistema di sorveglianza automati-ca (vale a dire senza la necessità della pre-senza di un operatore) nella fase di allarme.

• La fotografia in Fig. 2 mostra l’immaginea video del sistema di sorveglianza auto-matica, utilizzata dall’operatore, nella fasedi conferma dell’allarme e di attivazioneautomatica delle procedure d’intervento.

I sistemi di rilevamento utilizzabili a talescopo sono:• Sistemi di avvistamento su area medio -grande, basati su sensori ottici o all’infra-rosso

• Reti di sensori, per il rilevamento su areepiccole

I primi si dividono in a. sensori che lavorano sull’infrarosso; sono

i primi, storicamente, ad essere statiinstallati per un rilevamento automaticoe veloce dell’incendio, ma che per poterrilevare, necessitano della linea visivadiretta tra essi e la fiamma, e su lunghedistanze portano ad un ritardo della rile-vazione. È una tecnologia ormai pocousata a livello europeo, anche per i piùelevati costi manutentivi;

b. sensori ottici la cui immagine acquisitaviene elaborata in tempo reale; questihanno il vantaggio di poter iniziare a rile-vare prima che si sviluppi la fiamma;infatti sono molto più numerosi gliincendi che iniziano con l’emissione difumo prima ancora dell’insorgere dellafiamma; inoltre il fumo, salendo versol’alto, può permettere la rilevazione suzone non direttamente visibili.

I secondi sono invece reti di sensori, posizio-nati all’interno dell’area da monitorare e cherilevano l’incendio con l’avvicinarsi dellafiamma. Sono quindi simili ai classici rileva-tori di fiamma e presentano quindi ancheloro un certo ritardo nell’allerta. Inoltre ven-gono distrutti dall’incendio stesso.

Queste soluzioni tecnologiche, già in uso datempo negli Stati più avanzati dell’UE, in Ita-lia sono scarsamente utilizzate ancora oggi.Per gli Ingegneri che hanno frequentazionedei problemi di sicurezza antincendio è facilecomprendere come i vincoli che vengonoimposti per la sicurezza delle persone all’inter-no di aziende ed edifici, non dovrebberodiminuire di livello di sicurezza che si haquando usufruiamo liberamente del territo-rio. Allora come esistono vie di fuga, impian-ti di rilevazioni fumi, evacuatori e impianti diaspirazione di fumi, tale livello di sicurezzadovrebbe essere attuato anche per il nostropatrimonio di paesaggio. Non dimentichiamoche tra i principi fondamentali della Costitu-

________________________________

3 Non stupisca l’importo di 68mld di euroImpianto di Celano: superficie deipannelli fotovoltaici 21.874 mq;costo pari a 4,2 mln di euro; CO2

non emessa 500 t/anno. Seconsideriamo la mancata emissionedi 8.119.960 tonnellate di CO2,abbiamo: (8.119.960/500) =16.239,2 impianti e (4,2 mln x16.239,2) = € 68.207.664.000,00.

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Fig. 3 - Immagine di un sistemadi sorveglianza di un’areaboschiva

attualità

• La fotografia in Fig. 3 mostra una installazione in cui si è evidenziata la zona di controllodi ciascuna telecamera (di normale approvvigionamento) che costituisce la rete di video-sorveglianza. Il raggio degli archi indicati è pari a 10 km. Esistono sistemi che, con teleca-mere di tipo speciale possono raggiungere un raggio d’azione utile pari a 40 km.

Verifiche sperimentali svolte nella Valle dei Templi in provincia di Agrigento e nel ParcoNazionale d’Abruzzo hanno confermato che anche nel nostro paesaggio italiano i dati reali diallertamento non hanno superato i 90 minuti secondi (un minuto e mezzo, in altre parole)dal momento in cui, per la prova sperimentale, è stato volontariamente acceso, in postazioneoccultata e non preconcordata, il fuoco. In altri termini, i sistemi moderni costituirebbero unforte disincentivo anche per l’incendio doloso, dato che i sistemi danno meno di 90” di tempoall’incendiario per restare occulto. Infine, non si può tralasciare l’aspetto di garanzia obbliga-ta sull’utilizzo delle migliori tecniche che consentano la miglior tutela dei lavoratori chiamatiallo spegnimento degli incendi. La ridotta estensione e, di conseguenza, la ridotta virulenzadell’incendio sono certamente due aspetti di miglior sicurezza per gli operatori.

Fig. 1 - Immagine a video nellafase di preallarme

Fig. 2 - Immagine a video nella fasedi conferma dell’allarme

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l 5 ottobre 1962, insieme al disco dei Beatles “Lovemedo” usciva il film “Licenza diuccidere”, il primo della lunga serie dedicata all’agente segreto più famoso al mondo.Jan Fleming, autore di dodici romanzi e due raccolte di racconti dedicate alla spia

inglese, non si aspettava certamente di avere innescato un processo di mitizzazione così radi-cato profondamente nel tempo e nello spazio, da confondere, nell’immaginario collettivo, larealtà con la fantasia.Jan Fleming morì di infarto a soli cinquantatré anni e non potè certamente percepire l’enor-me popolarità che la trasposizione cinematografica avrebbe conferito al suo personaggio.La figura dell’agente James Bond, nella narrativa di Fleming, rimane un prodotto tipico dellacultura letteraria britannica, paragonabile forse allo Sherlock Holmes di Co nan Doyle, tut-tavia il merito del cinema è stato quello di far proseguire nel tempo la vita del personaggio,adeguandolo alle di verse epoche ed alle mode, ma, mantenendo, al di là della obsolescenzadel genere letterario di evasione, quellaim mortale, antica mitologia dell’eroe cheuccide il nemico e salva la fanciulla.Il significato simbologico dell’agente se -greto immortale, come per primo ebbe asostenere all’epoca Umberto Eco, è la ri -proposizione dell’eterno cavaliere checombatte contro il male usando gli stru-menti e la cultura della civiltà occidentale.Dal carisma di Sean Connery ai suoi suc-cessori: Roger Moore, Timoty Dalton, finoall’attuale Daniel Craig, i personaggi chesi sono succeduti nel tempo hanno segui-to parallelamente i grandi cambiamentidella nostra società che si è trasformata daitempi del muro di Berlino alla attuale crisidei mercati e dei sistemi economici.Il costume, la moda, ed il design, semprepresenti nella narrazione filmica, si sono

anch’essi trasformati passando dalleantiquate macchine da scrivereed i telefoni con la cornetta, aicomputer più sofisticati.

Massimo Ruffilliprofessore architetto

Presidente del corso di laurea

in Disegno Industriale

presso l’Università di Firenze

i

Bond style

le cinquanta primavere

del mito di 007

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cultura

Questi stereotipi hanno creato, nel tempo,uno stile riconosciuto e condiviso a livellointernazionale. Il cinema, come mezzo dicomunicazione di massa, ha dimostrato,dunque, ancora una volta, la sua grandecapacità di informazione, di trasmissione distili di vita e di cultura, nonché di compor-tamento e di costume.In una società nella quale certi “valori” sem-brano sempre più dimenticati, anche il per-manere del Bond Style sugli schemi cinema-tografici e nelle reti tv può segnare un dato

di tendenza verso una concezione di societàdove la qualità della vita è caratterizzata daeleganza, modernità e tecnologia, trionfo delbene sopra il male.Valori semplici, banali, tradizionali, che,anche solo per il breve tempo di un film, cipermettono di allontanarci dalle difficoltà ele contraddizioni del nostro tempo.

Ma la stupenda Astor Martin, il Rolex Sub-marine, il Martini agitato e non shecherato,anche a mezzo secolo di distanza, ci appaio-no simboli definitivi di un gusto e di unostile dal fascino immortale.Le belle donne, da Daniela Bianchi ad Ursu-la Andress e Kim Basinger, che semprehanno accompagnato l’agente 007 in luoghida favola e viaggi straordianari, restano astigmatizzare l’atmosfera e l’ambiente inmodo indelebile. “Mi chiamo Bond, JamesBond” resta l’incipit di una saga emblemati-ca nella disciplina della comunicazione dimassa.Lo stereotipo ideologico del paladino difen-sore dell’occidente e della modernità.Tecnologie, Industrial Design, moda edarredamento, sono, infatti, componenti fon-damentali nella immagine del “Bondismo”.La modernità viene rappresentata attraversoinnovazioni di forte impatto, dall’auto che sitrasforma in sottomarino, ai siluri, ai missi-li, dalle prestazioni fantascientifiche. Tutti iveicoli possibili fanno parte del corredomateriale dell’agente segreto: navi, motosca-fi, aerei, auto dalle prestazioni eccezionali,motociclette, elicotteri, treni, scooter e yatchdi lusso.

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ella serie dimmi come cammini e ti dirò chi sei, bisogna guardare in basso e non allestelle per capire chi siamo, dove siamo e dove andremo. Sotto le suole delle scarpescivola la pioggia e si attaccano terra e asfalto. Il calzolaio vi legge la storia che hanno

scritto soprattutto le donne, che in bottega entrano con in mano le scarpe da aggiustare: pic-cole ‘magie’ che di questi tempi sembrano favole. Accadono, invece, quando le insidie dellastrada (caditoie traditrici o tombini in agguato) ‘sgarbano’ il soprattacco che fa il salto dellaquaglia, lasciando ‘zoppa’ la cliente. Perché sono soprattutto le donne (il 70 per cento dellaclientela) a frequentare le botteghe del calzolaio, per l’asfalto bollente e la pietra di Lusernache insidiano i tacchi a spillo, che al massimo vivono da Natale a Santo Stefano, e non c’èbravura di artigiano che tenga: il destino è inesorabile. Così quando Eugenio notò che al terzo incontro avevo cambiato quattro paia di scarpe midisse: “Adoro le scarpe quando calzano deliziosi piedi femminili, ma se penso che attaccateci sono donne seducenti, impazzisco”. Oh, mon dieu, non sapeva Eugenio che le scarpe coltacco 12 sono la mia passione. Scarpe altissime, allacciate, nuove, rosse, lucide, nere, di ver-nice, trionfo della femminilità, eccellenza del sofisticato, incantesimo di donna fatale e algi-da, imperante sulla specie come le eroine di Hitchcock.

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donne, calzolai e tacchi 12

Filosofo e anche un po’ ‘scarpomante’,

il calzolaio legge le scarpe come

fossero tarocchi e si fa una mezza idea

delle clienti intuendone mestiere,

carattere, abitudini: un quadro quasi

completo della donna che indossa

decolletes, mocassini o stivali, in

ufficio, in casa, a passeggio, in treno.

MargheritaRondininigiornalista freelance

d

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cultura

gia dal cervello all’alluce: sono colpita dal-l’energia di un fulmine che scatena la suaforza dirompente sul terreno. Attraverso iltacco 12 arriva in profondità, fin dentro alcaldo nucleo, fino alle viscere del pianeta.Energia che mi ritorna e mi appaga. Il tacco 12 è falcata e falconeria insieme e sele gambe delle donne sono il compasso chemisura il mondo, beh, il tacco 12 è la puntae la base di questo compasso. “Eugenioquanto vorrei metterti sotto i miei tac-chi…”. “Calpestami”, mi ha detto… no,non posso… però il pensiero mi emoziona,mi agita, mi eccita. Così le mie scarpe sono le depositarie deimiei segreti, delle mie lacrime e dei miei sor-risi, dei miei sogni e della mia fatica. Sesapesse Eugenio che sono così. Però l’ultimavolta che mi ha visto entrare in negozio hacambiato idea: “Adoro i piedi femminili sultacco 12 – mi ha detto – peccato che attac-cate ci siano le donne”.

Ne cambio un paio tre volte al giorno, unpaio lo porto sempre con me in borsa. Sonoossessionata dalle scarpe come tutte le donnepassionali, originali, con i piedi per terra e latesta piena di fantasie ultraterrene. D’altraparte anche Freud aveva riconosciuto comeil piede, erogeno per natura per via di tuttequelle sue terminazioni nervose, potessediventare appoggiato al tacco 12 un oggettodi culto erotico senza eguali. Tacchi 12: piccole affilate armi di seduzioneche richiamano piacere e dolore, delirio ecastigo, perdizione e peccato. Le scarpe coltacco 12 sono la mia arma di seduzione. Con-feriscono una camminata aggressiva per chiguarda l’incedere dal davanti. Fanno da piedi-stallo a le derrière per chi osserva da dietro. Il tacco 12 è la vittoria della donna sullaforza di gravità. È la mia vittoria, e non vedol’ora che qualcuno me lo noti. Ed è qui chemi frigge il cervello… perché dalle scarpe losguardo sale su, su, e più mi guardano e piùmi frigge… più mi guardano le scarpe e piùuna piacevole sensazione mi pervade, un bri-vido elettrico mi percorre la schiena, serpeg-

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Fig. 1 - Vista aerea ante-sisma e post-sisma.

1. Introduzione

a sequenza sismica che ha colpito la Provincia di L’Aquila ha avuto inizio nel dicem-bre 2008. Il main shock è stato registrato alle ore 03:32 del 6/04/2009 (epicentro dicoordinate geografiche Lat. 42.3476 N e Long. 13.3800 E), con Intensità Macrosi-

smica variabile tra 8.0 e 9.0 della Scala MCS, magnitudo locale ML pari a 5.8 e magnitudomomento MW pari a 6.3.A seguito del sisma del 6/04/2009 gli autori sono stati impegnati nel territorio di Castelnuo-vo, Frazione del Comune di San Pio delle Camere in cui il terremoto ha causato la morte di5 persone ed il grave danneggiamento della maggior parte degli edifici (Figura 1).

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Prof. Ing. Andrea Vignoli1, Ing. Andrea Borghini (Ph.D.)1,

Ing. Emanuele Del Monte (Ph.D.)1, Ing. Barbara Ortolani (Ph.D.)1,

Prof. Arch. Alberto Breschi2,Arch. Claudia Giannoni3

Ingegneri in Toscanatra passato e futuro

rubrica a cura di Franco Nuti professore ordinario

di Architettura Tecnica

presso la Facoltà di Ingegneria

di Firenze

il contributo dell’Università di Firenzea Castelnuovo (AQ)

1 Dipartimento di Ingegneria

Civile e Ambientale (DICeA),

Università degli Studi di Firenze

(UNIFI).

2 Dipartimento di Architettura

(DdA), Università degli Studi di

Firenze (UNIFI).

3 Libero Professionista.

ricostruire dopo il terremoto

l

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Castelnuovo è collocata ad Est di L’Aquila,da cui dista circa 20 km, su di un’altura chedomina l’altopiano tra Tussio e Civitareten-ga, a quota 860 m sul livello del mare.Il paese è inserito nel complesso contesto delsistema di difesa e avvistamento configura-tosi in epoca medievale nella conca aquilana,con una posizione privilegiata rispetto al -

l’antico tracciato del tratturo di Foggia. Al -l’impianto originario, rappresentato dalBorgo Fortificato o Castello, posto sul pia-noro sommitale, si è aggiunta, in tempi rela-tivamente recenti, un’edificazione moderna,che si è distesa sul versante Sud della collina,seguendo le curve di livello. L’intero sotto-suolo dell’abitato è caratterizzato dalla pre-senza di cavità ipogee, scavate nel limo, conaccesso diretto sul fronte stradale in corri-spondenza del piano terra degli edifici.L’attività condotta dagli autori è consistitaessenzialmente nel rilievo sistematico delcostruito e dei meccanismi di danno, esteso atutto l’abitato, comprendente 102 aggregati,per un totale di 324 unità strutturali. Nel pre-sente contributo viene anzitutto data descri-zione della metodologia di lavoro adottata,quindi vengono sintetizzati i principali risul-tati ottenuti, in termini di analisi della vulne-

rabilità e del danno, anche alla luce degli esitidella microzonazione sismica, messa a puntodal Dipartimento della Protezione Civile.Le informazioni reperite durante le operazio-ni di indagine sono state inserite in un data-base in ambiente GIS, per essere poi tradottein mappe tematiche ed elaborazioni statisti-che, al fine di comprendere le cause del livel-lo di danno riscontrato, ovvero di stabilire inquale misura esso possa essere messo in rela-zione con la vulnerabilità intrinseca dellestrutture, piuttosto che con l’amplificazionedell’azione sismica dovuta ad effetti di sito,in modo da indirizzare correttamente le scel-te dell’Amministrazione Comunale nellasuccessiva fase di redazione del Piano diRicostruzione. Al riguardo, nella parte finaledell’articolo, verrà descritta la filosofia a basedell’ipotesi di progetto formulata e verrannodelineati gli aspetti fondamentali del proget-to stesso. La conclusione naturale di questaaccurata fase preliminare di conoscenza èstata infatti una prima ipotesi di ricostruzio-ne che, per quanto preliminare, contiene giàin sé le linee fondamentali del Piano di Rico-struzione in fase di adozione da parte del-l’Amministrazione Comunale.Dal punto di vista più propriamente scienti-fico, una campagna di rilevamento post-sisma come quella qui in oggetto, estesa adun intero abitato, permette di migliorare leconoscenze sul comportamento sismicodegli edifici, quanto meno a scala territoria-le, per la messa a punto di più efficaci strate-gie di prevenzione e di intervento, nonché digestione dell’emergenza post-sisma.

2. Metodologia

L’attività svolta a Castelnuovo dal gruppo diricerca DICeA ha avuto due fasi temporaliconsecutive (prima fase 2009 – 2010, secon-da fase 2010 – 2011), a cui è corrisposto undiverso grado di approfondimento delleindagini effettuate in-situ.Nella prima fase (2009 – 2010) è stato svol-to uno screening preliminare del costruito,raccogliendo le informazioni necessarie perincrociare valutazione della vulnerabilitàsismica con riferimento al presumibile statodegli edifici prima dell’evento sismico, stu-dio del danno prodotto dall’evento sismico,

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studio di microzonazione sismica. Nellaseconda fase (2010 – 2011) è stato compiu-to un rilievo puntuale del costruito, appro-fondendo le informazioni raccolte nellaprima fase in termini di geometria, tipologiestrutturali, meccanismi di danno. Il tutto haavuto come obiettivo principale quello didare una corretta interpretazione degli effet-ti del terremoto sull’abitato di Castelnuovo,che tenesse cioè conto di tutti gli aspetti chepossono aver contribuito a determinare l’ele-vato livello di danno riscontrato, ovvero vul-nerabilità intrinseca delle strutture ed effettidi amplificazione locale.Per uno studio di questo tipo il problema dibase è rappresentato dalla modalità in cui sisceglie di valutare la vulnerabilità ed ildanno. Eseguire un’analisi di vulnerabilitàsignifica valutare la consistenza del costruitodiffuso in una data area ed in particolare sti-mare la sua propensione ad essere danneg-giato dal sisma. Una metodologia per l’ana-lisi di vulnerabilità deve quindi specificarecome eseguire il censimento, più o menodettagliato, del costruito. Le analisi di vulne-rabilità sul costruito ordinario a scala territo-riale comportano valutazioni su campioni digrande numero. L’uso di modelli di calcolostrutturale è improponibile sia per la diffi-coltà di individuare schemi semplici ma affi-dabili, sia per la quantità di dati in gioco. Lametodologia da scegliere deve quindi basarsisu pochi parametri empirici e la sua valida-zione non può prescindere dall’osservazionedei danni prodotti dal terremoto.La metodologia qui proposta fa riferimentoalla scala EMS-98, non solo perché la più re -cente e probabilmente quella che sarà utiliz-zata nel futuro a livello europeo, ma special-mente per la qualità ed il dettaglio con i qualisono definite le tipologie costruttive ed igradi di danno. La classificazione tipologicautilizzata nella scala EMS-98 contiene unasuddivisione di particolare efficacia, in quan-to valida su tutto il territorio europeo ma altempo stesso non generica e tale da consenti-re un’attribuzione sufficientemente chiara eprecisa. Essa distingue, in primo luogo, le co -struzioni in funzione del materiale struttura-le: muratura, calcestruzzo armato, acciaio, le -gno; per ciascuna categoria sono quindi indi-viduate differenti tipologie costruttive. Per lecostruzioni in muratura sono considerate set -te tipologie che rappresentano bene la tradi-

zione costruttiva italiana, molto varia permateriali, tecnica di posa in opera e partico-lari costruttivi. È significativo osservare comela priorità sia data alla qualità del materialemuratura, quello che costituisce gli elementisismo-resistenti della costruzione (pareti). Sipresuppone infatti che la qualità degli altrielementi che influenzano la risposta siano, inmedia, coerenti con la tipologia muraria. Adesempio gli edifici in pietra grezza avranno ingenere peggiori qualità costruttive nei solai enei collegamenti rispetto a quelli in pietresbozzate od a spacco; gli edifici più recenti inmuratura di elementi artificiali (laterizi, bloc-chetti in calcestruzzo) avranno nella maggio-ranza dei casi orizzontamenti latero-cementi-zi. Alla tipologia costruttiva (in funzione del -la qualità dei dettagli costruttivi e dell’even-tuale presenza di presidi antisismici) resta as -sociata una corrispondente classe di vulnera-bilità (complessivamente 6: A, B, C, D, E edF). Le classi di vulnerabilità costituiscono unmodo per raggruppare edifici anche diversima caratterizzati da un comportamento ana-logo nei riguardi del sisma. Per ciascuna tipo-logia esiste una classe di vulnerabilità preva-lente, ma all’interno di ogni tipologia, in mi -sura diversa, possono presentarsi edifici mi -gliori o peggiori, in dipendenza di specifichecaratteristiche costruttive che ne modificanoil comportamento.La scelta di come misurare il danno sismico ècruciale nell’analisi post-sisma ed è argomen-to molto dibattuto. Nelle moderne scale ma -

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Ad una fase preliminaredi screening del costruito ha fattoseguito un rilievopuntuale degli edifici,indispensabileper dare una correttainterpretazionedegli effetti del terremotosull’abitato di Castelnuovo

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Fig. 2 - Aggregato e unitàstrutturali costituenti.

crosismiche (MSK-76, EMS-98) il danno èrappresentato in forma discreta attraversocinque livelli, oltre alla situazione di assenzadi danno: D1 = danno strutturale nullo enon strutturale lieve; D2 = danno strutturalemodesto e non strutturale grave; D3 = dannostrutturale medio-grave; D4 = danno struttu-rale grave (crollo parziale); D5 = crollo tota-le. Ciascun livello è descritto dettagliatamen-te, differenziando le conseguenze su edifici inmuratura e su quelli in c.a., combinandodanno strutturale ed agli elementi portati(tamponature, finiture, ecc.).A monte di tutta la procedura c’è l’identifi-cazione dell’aggregato e delle unità struttu-rali al suo interno (Figura 2 e Figura 3). Peraggregato si intende un insieme di unità

strutturali, non necessariamente omogenee,interagenti tra loro mediante un collega-mento più o meno efficace dal punto di vistastrutturale. Nel caso dei centri storici l’ag-gregato coincide, in linea di massima, con iltermine urbanistico di isolato, la cui soluzio-ne di continuità dal resto del tessuto urbanoè costituita dalla presenza di strade e piazze.Per unità strutturale si intende la porzione diaggregato, avente continuità strutturale dacielo a terra, caratterizzata da un comuneprocesso costruttivo, ovvero da elementitipologici verticali e orizzontali omogenei,che contribuiscono in maniera unitaria alladistribuzione dei carichi verticali ed allaripartizione dei carichi orizzontali.A livello operativo è stata individuataun’area di pertinenza coincidente con laperimetrazione del centro storico (Figura 4),ai sensi del Decreto del Commissario Dele-gato per la Ricostruzione della RegioneAbruzzo n. 3 del 9/03/2010 (art. 2 e art. 3).All’interno della perimetrazione sono stateindividuate due zone distinte per valore sto-rico-architettonico, omogeneità co strut tiva econsistenza del danno: la zona del Castellosulla sommità dell’altura e la zona pedecolli-nare di successiva edificazione. Per comple-tezza di trattazione poi l’analisi è stata ancheestesa al resto dell’abitato, ovvero alla zonaesterna alla perimetrazione, allo scopo diavere un termine di confronto con uncostruito di più recente realizzazione e conun miglior livello di conservazione.

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Fig. 3 - Immaginedell’aggregato di Fig. 2.

Fig. 4 - Limiti dellaperimetrazione.

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All’interno della perimetrazione, la cui areaha un’estensione di circa 6.25 ha, sono statiindividuati 70 aggregati, per un totale di 285unità strutturali, che corrispondono a circal’88% del patrimonio edilizio di Castelnuovo(Figura 5). Di questi 7 aggregati e 54 unitàstrutturali risultano nel Castello. Nel com-plesso, considerando cioè l’intero abitato, siconteggiano 102 aggregati e 324 unità strut-turali.

Le operazioni di rilievo sono state condottesecondo la seguente procedura:• rilettura critica delle Schede di AgibilitàAeDES;

• identificazione dell’aggregato;• identificazione delle unità strutturalicostituenti ciascun aggregato;

• rilievo, per ciascuna unità strutturaleall’interno dell’aggregato, delle seguentiinformazioni– dati anagrafici;– parametri geometrici;– eventuale presenza cavità ipogee;– tipologia strutture verticali;– tipologia strutture orizzontali;– dettagli costruttivi;– stato di conservazione ante-sisma;– stato di occupazione;– meccanismi di danno;– Livello di Danno secondo la ScalaEMS-98;

– Classe di Vulnerabilità secondo la ScalaEMS-98;

• rilievo, dove possibile, dei pannelli murarie delle sezioni murarie;

• prove in-situ sulla malta con SistemaDRMS (Drilling Resistance MeasurementSystem);

• prelievo di campioni di malta ed elementilapidei per prove di laboratorio.

Le informazioni raccolte nel corso deisopralluoghi sono state sintetizzate in unaScheda Aggregato in formato digitale cosìorganizzata (Figura 6):• tabella contenente gli identificativi ana-grafici dell’aggregato;

• foto aerea;• estratto di mappa catastale;• tabella contenente i dati catastali;• sagoma dell’aggregato con indicazionedelle unità strutturali componenti;

• tabella riassuntiva per ciascuna unitàstrutturale dei dati catastali e geometricifondamentali, esito di agibilità e danno;

• schema 3D con esito agibilità e danno;• rilievo geometrico-costruttivo (prospetti epiante);

• rilievo del danno (prospetti e piante);• tabella riassuntiva per ciascuna unitàstrutturale di tutti i dati geometrici;

• planimetria con ipotesi evoluzionecostruttiva;

• documentazione fotografica con descri-zione del danno;

• schema 3D con piano delle demolizioni.

Ad ogni Scheda Aggregato sono poi stateassociate le rispettive Schede Unità Struttu-rali. Sempre in formato digitale sono statecompilate Schede di Rilievo dei PannelliMurari e delle Sezioni Murarie, con deter-minazione del corrispondente Indice diQualità Muraria.Le informazioni ottenute nel corso dei so -pralluoghi sono state oggetto di rielaborazio-ne statistica e sono state inserite in un data-base, con interfaccia GIS. Il trasferimentodelle informazioni in un sistema informativoterritoriale georeferenziato permette unavisualizzazione immediata delle informazioniassociate a ciascuna unità strutturale e la rea-lizzazione di mappe tematiche, relative, adesempio, agli esiti di agibilità, alla classe divulnerabilità, al livello di danno, alla localiz-zazione delle cavità ipogee, con una resa gra-fica immediata ed estremamente efficace.

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Fig. 5 - Individuazione delle volumetrie all’interno

della perimetrazione.

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Fig. 6 - Estratto di unaScheda Aggregato.

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Fig. 8 - Planimetria conposizionamento delle cavitàipogee rilevate.

Fig. 9 - Immagine di unacavità ipogea.

3. Descrizione del costruito

Il primo impianto insediativo di Castelnuo-vo, risalente al periodo medievale, è quellodel Castello posto sulla sommità del colle erisulta difeso da case-mura (tipologia della“palazzata”) con ambienti ai piani terra eseminterrati situati sul perimetro esterno –ambienti prevalentemente voltati – adibiti amagazzino e non comunicanti con i piani su -periori. Il tessuto connettivo, nel quale si ri -scontrano passaggi coperti voltati a botte earchi, ha conformazione regolare: la distribu-zione dei fabbricati segue una griglia perpen-dicolare con dimensioni ripetute negli isola-ti e nei fabbricati, la cui cellula tipo misuracir ca 7×5 m. In epoca più moderna, allastruttura del Castello si è aggiunta un’espan-sione dell’edificato sul declivio a sud dellacollina. La bibliografia storica di Castelnuo-vo e le fotografie aeree zenitali datate 1945,1954, 1985, 1995 hanno evidenziato comel’abitato si sia sviluppato con una separazio-ne decisa tra il vecchio ed il nuovo insedia-mento, conservando al vecchio completaautonomia figurale. Tra l’Ottocento ed ilNovecento, l’espansione dell’abitato si è stesain direzione sud-ovest, su tracciati che seguo-no le curve di livello, principalmente lungovia San Giovanni; dalla metà del Novecentoin poi gli edifici di nuova edificazione sonostati costruiti al l’interno del tessuto urbano,nelle aree lasciate libere dalla precedenteurbanizzazione e lungo l’asse viario, ad ovest,che collega via San Giovanni (via principale

all’interno della perimetrazione) alla SS 17.In Figura 7 i concetti sopra esposti trovanosintesi grafica.Come sopra anticipato, l’intero sottosuolo ècaratterizzato dalla presenza di cavità ipo-gee, scavate nel limo, con accesso diretto sulfronte stradale in corrispondenza del pianoterra degli edifici (Figura 8). La loro morfo-logia è molto variabile in lunghezza, sezio-ne, numero di livelli, presenza o meno di unri ve sti mento (Figura 9). La destinazioned’uso originale di stalle per gli animali ocomunque ri messaggi agricoli, è statamutuata nel tempo a cantine e depositi. Nelcorso delle operazioni di indagine sono stateintegrate le informazioni già disponibilisulla presenza di cavità ipogee al di sottodelle singole unità strutturali, procedendo,dove possibile, ad un ri lievo puntualemediante apposita schedatura.Gli edifici sono costituiti generalmente da 3piani fuori terra (al massimo 4), con un’altez-za media di interpiano di circa 2.70 m, nonsuperando quindi i 9 m di altezza totale.

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Fig. 7 - Periodizzazione storica.

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Essendo ricorrenti tecnologie costruttivemiste, in ragione di “rimedi artigianali” aicrolli parziali verificatisi nel tempo o persopraelevazioni effettuate sopra l’impiantooriginale, per caratterizzare l’edificato è statofatto riferimento alla tipologia verticale pre-valente (Figura 10). La maggioranza dellecostruzioni sono in muratura di pietramedisorganizzata a due paramenti, senza colle-gamenti trasversali e con malta di qualitàscadente. In particolare si vede che la zonadel Castello è caratterizzata quasi per la tota-lità da edifici in muratura di pietrame, men-tre le altre tecnologie costruttive rilevate(telai in c.a., strutture portanti in blocchettidi cls, strutture con pareti in cls non arma-to) sono presenti principalmente nelle zoneperiferiche dell’edificato. Dal confronto conl’intero abitato (includendo quindi anche lestrutture fuori dalla perimetrazione) si notal’aumentare di tipologie costruttive moder-ne rispetto alle murature di pietrame, qualitelai in c.a. o pareti in cls non armato. Latipologia costruttiva prevalente rimanecomunque la muratura di pietrame.Per quanto riguarda gli orizzontamenti sonopresenti ai piani inferiori spesso volte dellatipologia in spessore, mentre all’ultimo livel-lo tecnologie differenti, con prevalenza disolai realizzati in putrelle e tavelloni o volti-ne. La quasi totalità delle coperture presentainvece una struttura lignea.Per ciascuna unità strutturale è stato valutatolo stato di occupazione ante-sisma (Figu-

ra 11) assegnando un livello tra i seguentiquattro: occupata (1), parzialmente occupata(2), abbandonata (3) e in costruzione/ristrut-turazione (4). Una considerevole percentualedi edifici risultava non occupata prima delterremoto, soprattutto a causa dei grossi fe -nomeni migratori che hanno contraddistintola Regione nei primi decenni del ’900.È stato poi valutato lo stato di conservazionedelle strutture ante-sisma (Figura 12) sia tra-mite ispezione visiva (osservando la qualitàdelle murature, delle coperture, etc.) che

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Fig. 10 - Tipologie verticali prevalenti.

Fig. 12 - Stato di conservazione.

Fig. 11 - Stato di occupazione.

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mediante l’ausilio di un Piano di Recupero, redatto dall’Amministrazione Comunale nel 2005,che fotografava lo stato di conservazione degli edifici in tale anno. Nello specifico, ciascunaunità strutturale è stata classificata utilizzando una tra le seguenti voci: ottimo (1), buono (2),cattivo (3) o grave stato di conservazione (4). È stata inoltre presa in considerazione un’ulte-riore voce, relativa a strutture caratterizzate da crolli diffusi (5). Lo stato di conservazione del-l’edificato all’interno della perimetrazione ante-sisma era mediamente cattivo, osservazionequesta ovviamente legata a quanto constatato in merito allo stato di occupazione.

4. Vulnerabilità e danno

Il rilievo di dettaglio compiuto sull’edificato ha permesso l’assegnazione della classe di vulne-rabilità e la valutazione del livello di danno per ogni unità strutturale secondo le indicazionidella scala EMS-98, i cui risultati sono stati sintetizzati mediante mappe tematiche e istogram-mi che consentono, attraverso la restituzione grafica, un’immediata ed efficace interpretazione.Di seguito (Figura 13 e Figura 14) sono riportati la mappa tematica e l’istogramma relativialla distribuzione delle classi di vulnerabilità assegnate all’interno della perimetrazione: emer-ge come circa il 93% delle unità strutturali ricada nelle classi maggiormente vulnerabili (clas-si di vulnerabilità A e B); in particolare, il 55.1% del costruito rientra in classe di vulnerabi-lità A (muratura in pietrame irregolare con collegamenti poco efficaci) ed il 38.2% in classedi vulnerabilità B (muratura in pietrame irregolare con collegamenti efficaci, dovuti a inter-venti di consolidamento, oppure muratura a tessitura regolare con collegamenti poco effica-ci). L’esigua presenza di unità strutturali poco vulnerabili all’interno della perimetrazione èlegata alla modesta presenza di edifici di recente realizzazione.

Dall’osservazione dei dati raccolti per gli edifici interni alla perimetrazione, sintetizzati inFigura 15 e Figura 16, emerge come il 61% delle unità strutturali abbia subito danni gravialle strutture portanti, corrispondenti ai livelli di danno D4 e D5, caratterizzati anche dacrolli. In particolare solo il 16.5% delle unità non ha subito danni strutturali (D0 e D1) edil 77.5% ha subito danni non trascurabili agli elementi strutturali (D3, D4 e D5); infine soloil 6% presenta danni strutturali di modesta entità (D2). È da notare, inoltre, come l’elevataconcentrazione di danni gravi (D4 e D5) si collochi prevalentemente nella parte sommitale

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Fig. 13 - Distribuzione planimetricadelle classi di vulnerabilità.

Fig. 14 - Grafico relativo alla distribuzionedelle classi di vulnerabilità.

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Fig. 17 - Distribuzione del livellodi danno per gli edifici con classedi vulnerabilità A e B.

ed in quella centrale dell’abitato, dove sonocollocati gli edifici più antichi dell’insedia-mento.Analizzando la correlazione tra elevata vul-nerabilità (corrispondente alle classi A e B) elivello di danno (Figura 17), emerge, comepresumibile, che gli edifici più vulnerabili, acui è stata attribuita classe A, hanno subitoun livello di danno più elevato. In particola-re il 78% degli edifici in classe di vulnerabi-

lità A ha subito danni strutturali consistenti(D4 e D5) a fronte del 61% valutato pertutte le unità interne alla perimetrazione.Attraverso l’istogramma di Figura 18 è pos-sibile osservare la correlazione tra stato diconservazione e livello di danno rilevato;risulta evidente come gli edifici caratterizza-ti da un pessimo stato di conservazione, il53% del costruito, abbia subito danni strut-turali rilevanti (D4 e D5) nell’88% dei casi,mentre per gli edifici meglio conservati lapercentuale scende al 66%.

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Fig. 15 - Distribuzione planimetricadel livello di danno.

Fig. 16 - Grafico relativo alladistribuzione del livello di danno.

Fig. 18 - Influenza tra stato diconservazione e livello di danno.

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Nel contesto degli edifici in muratura di pie-trame disorganizzata, rappresentanti l’86.7%del costruito all’interno della perimetrazione,sono stati valutati il livello di danno e l’in-fluenza delle cavità ipogee (Figura 19 e Figu-ra 20). Per questa tipologia costruttiva il li -vello di danno risulta sensibilmente superio-re rispetto a quello valutato su tutto l’edifica-to interno alla perimetrazione; in particolare:• il 68% delle unità presenta gravi dannistrutturali (D4 e D5) a fronte del 61%;

• circa l’8% delle unità non ha subito dannistrutturali (D0 e D1), a fronte del 16.5%;

• circa l’85% ha subito danni non trascura-bili agli elementi strutturali a fronte del77.5%.

È da sottolineare, inoltre, come in alcuni casiun ruolo non secondario sia stato svolto dalcedimento della calotta della cavità ipogea.Infatti, per gli edifici in muratura di pietramecon cavità sottostante (52 unità strutturali,corrispondenti al 21% degli edifici in pietra-me), è stato rilevato un livello di danno D4 eD5 nel 79% dei casi, a fronte del 68% relati-vo a tutto il costruito in muratura di pietrameirregolare e del 61% individuato complessiva-mente all’interno della perimetrazione.Alla luce del lavoro di indagine condotto èstato possibile affermare che il grado di dan-neggiamento raggiunto è principalmentericonducibile a due fattori: da un lato la vul-nerabilità intrinseca delle strutture, dovutaprevalentemente alla tipologia muraria, inpietrame disorganizzato con malta di qualitàscadente, dall’altro lo stato di conservazione

fatiscente in cui già versavano circa la metàdelle unità strutturali. A conferma di quan-to sopra esposto è stato osservato che, nelcampione esaminato, strutture a bassa vul-nerabilità ed in buono stato di conservazio-ne, come ad esempio edifici con struttura inc.a. od in muratura di blocchetti di cls direcente costruzione, presenti prevalente-mente fuori dalla perimetrazione, hannorisposto in maniera soddisfacente all’azionesismica, riportando in alcuni casi lievi lesio-ni agli elementi non strutturali.

5. Ipotesi per laricostruzione

Le informazioni raccolte hanno rappresenta-to il punto di partenza per le successive ipote-si di progetto. La ricostruzione infatti, dalpunto di vista architettonico non può pre-scindere dalla conoscenza profonda del luogo,dal punto di vista ingegneristico necessita diuna lettura attenta della vulnerabilità e deldanno, per proporre soluzioni che garantisca-no la sicurezza nel rispetto del costruito.I caratteri tipo-morfologici del paese, la suastruttura edilizia, il Borgo Fortificato, le casea schiera dell’espansione pedecollinare cheassecondano l’orografia del terreno, i terraz-

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Fig. 19 - Distribuzione del livello di danno per gli edifici

in muratura di pietrame.Fig. 20 - Influenza tra livellodi danno e presenza di cavità

ipogee per gli edifici inmuratura di pietrame.

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zamenti, i “grottoni” che si insinuano sotto le abitazioni penetrando in profondità, le parti-colari soluzioni d’angolo, gli slarghi, gli spazi di soglia e di filtro, i balconi, le scale di acces-so alle abitazioni, il verde privato e pubblico in tutte le sue più articolate espressioni, i mate-riali (pietra, intonaci, ferro, legno), il colore, le tipologie delle aperture, perfino le superfeta-zioni che nel tempo hanno arricchito i corpi di fabbrica con aggregazioni e modifiche appa-rentemente improprie e casuali, costituiscono un catalogo straordinario che ha rappresenta-to la base imprescindibile di ogni scelta progettuale, sia che si trattasse di un recupero che dinuova costruzione (Figura 21).Punto di partenza del progetto è la convinzione che, nel concetto e nel metodo della riqua-lificazione come perenne “ritrattamento della materia esistente”, un possibile intervento diristrutturazione o di nuova costruzione deve fondarsi innanzitutto sul riconoscimento delvalore unitario del patrimonio edilizio presente. L’ipotesi di cui ci siamo fatti carico, pertan-to, si fonda sulla riconversione funzionale che deriva da un’attenta analisi urbanistica, sullaconservazione, quando possibile, dell’impianto originario, sull’individuazione di parti rico-noscibili, sull’inclusione delle superfetazioni rese organiche al progetto, sulla completa ricon-versione del paese basata su di una nuova densità funzionale, sull’integrazione con alcuneaddizioni per riconfigurare tutto l’esistente.I modelli presi a riferimento sono dei recenti interventi di recupero realizzati in Europa, inte-si come raffinato equilibrio tra conservazione e innovazione di manufatti preesistenti. Par-tendo dal riconoscimento della potenza espressiva del sistema esistente, questi interventi sisono fondati sull’amplificazione di determinate caratteristiche e sulla valorizzazione degli ele-menti costruttivi - in particolare quelli strutturali - utili all’attuazione del programma fun-zionale previsto, evitando forzature che creano una frattura rispetto alla volontà di continui-tà. Il contributo fondamentale del progetto risiede nel fatto che, avendo come fine priorita-rio la ricostruzione del paese nel rispetto dei valori storico-ambientali, le soluzioni innovati-ve diventano occasione di una rinascita non solo formale ma anche economica.

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Fig. 21 - Esempio di abaco delle tipologie architettoniche.

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La destinazione prevalente e praticamente unica nel paese è la residenza. Pochi sono gli edifi-ci che si differenziano: il centro oncologico a nord; la chiesa di San Giovanni Battista, collo-cata sulla collina vicino al Castello; palazzo Sidoni all’estremità est, a destinazione ancora resi-denziale, ma evidentemente con caratteristiche molto diverse dalle abitazioni comuni. Percor-rendo il paese, i colori caldi degli intonaci, la variabilità degli elementi decorativi e delle carat-teristiche architettoniche, la presenza inattesa di piccoli spazi verdi all’interno dell’edificato,costituiscono caratteri ricorrenti e peculiari del tessuto urbano al quale conferiscono un note-vole pregio estetico. Territorio e costruito quindi integrati in equilibrio, a creare un sistemache, sotto molteplici aspetti, dalla struttura insediativa alla conformazione morfologica, dallamateria al colore, si presenta come un riuscito connubio di elementi naturali e azione umana.La proposta progettuale si basa su alcuni presupposti (Figura 22):• incremento della viabilità esistente e dei parcheggi;• individuazione di ampi spazi pubblici e di relazione;• riqualificazione funzionale;• riqualificazione della residenza;• valorizzazione delle architetture “emergenti” (trasformazione del centro oncologico, realiz-zazione ex-novo della chiesa, reinterpretazione di palazzo Sidoni).

La viabilità esistente viene potenziata e studiata in modo da formare un anello intorno alpaese: a sud la strada sterrata, attualmente poco utilizzata, diviene il collegamento più velo-ce tra i due estremi (est e ovest) e viene riconnessa alla viabilità interna attraverso nuovi trat-

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Fig. 22 - Planimetria di progetto.

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ti stradali. In questo modo vengono deviati iflussi di traffico non effettivamente direttiverso il centro urbano, migliorando altempo stesso l’accessibilità al paese sia danord che da sud. Complessivamente si vienea creare una viabilità di “scorrimento” attor-no al centro abitato da cui si accede facil-mente ai parcheggi, di cui uno a raso e dueinterrati: il primo è posto in corrispondenzadell’ingresso del paese, a nord-ovest, mentregli altri si trovano uno nei pressi del Castel-lo e l’ultimo a sud, più o meno in posizioneassiale rispetto all’abitato. Tutta la viabilitàinterna diviene prevalentemente pedonale olimitata al traffico dei residenti. Natural-mente viene ripristinata e potenziata la retedei sottoservizi. L’estremità a nord-ovest, checostituisce l’ingresso privilegiato al centrourbano, è arricchita dalla presenza di unapiazza con ampi spazi verdi e percorsi pedo-nali, mentre un’altra ampia area verde è pre-vista a sud, sopra il parcheggio interrato;quest’ultima si colloca in corrispondenza diun’interruzione nella cortina dell’edificato divia San Giovanni, generando una suggestivaapertura sul territorio circostante. Vengonoinoltre recuperati e incrementati nel numerotutti gli spazi di relazione anche minori,costituiti da slarghi, spazi semi-privati com-presi tra l’edificato, giardini urbani, che nel-l’insieme vanno a formare un’importantesistema di aree di sosta, valorizzato da ele-menti di arredo urbano.

La riqualificazione dell’intero centro abitatopassa necessariamente attraverso la riqualifi-cazione del Castello, che diviene il nucleofunzionale cui è affidato il compito di inne-scare il processo di rinnovamento e sviluppodel paese. Qui sono state studiate due ipote-si: la prima si fonda sull’idea di conservazio-ne di quanto rimane dopo il sisma, una sortadi “congelamento” della situazione attualeche conferisce al Castello il significato di un“museo della memoria” all’aperto, dove letracce di quanto avvenuto non vengono can-cellate, ma ricomprese in un’idea di progettoche si fonda su di una continua trasformazio-ne dell’esistente e sul valore della memoriastessa. La seconda ipotesi prevede invece unintervento più radicale, il cui significato risie-de soprattutto nella trasformazione delCastello in elemento trainante per l’econo-mia del paese, attraverso un centro di forma-zione “diffuso” (ad esempio un istituto alber-ghiero, che va a occupare tutto l’edificatofacendolo divenire una cittadella per la for-mazione professionale di interesse per tutto ilbacino territoriale della Provincia).Il progetto di recupero prevede naturalmen-te la riqualificazione delle residenze, sia sottoil profilo della sicurezza antisismica, chedella qualità degli ambienti, in linea con leattuali normative vigenti in materia e con leattuali esigenze di comfort. Le ipotesi fattesono state calibrate su tre ordini, in relazio-ne al grado di incidenza sull’esistente: sipassa da un’ipotesi di ristrutturazione inte-grale, quando resa possibile dalle condizionistatiche dell’edificio, lasciando inalterate leprincipali caratteristiche distributive e archi-tettoniche dell’impianto originario (Figu-ra 23), ad interventi che, pur nel rispetto deiprincipali caratteri estetici e architettonici,operano trasformazioni più decise della tipo-logia residenziale (Figura 24), fino alla defi-nizione di vere e proprie nuove tipologieedilizie (Figura 25).Molte delle residenze avevano un accessodiretto a cavità sotterranee, un tempo utiliz-

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Fig. 23 - Progetto della residenza:ristrutturazione.

Lariqualificazionedell’interoabitato passanecessaria -menteattraverso lariqualificazionedel Castello,che diviene il nucleofunzionale cui è affidato il compito di innescare il processo dirinnovamentoe sviluppo del paese

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Fig. 24 - Progetto dellaresidenza: reinterpretazione.

zate come cantine, che si trovano distribuite pressoché in tutto il paese: in direzione quasiperpendicolare alla viabilità principale, da sud a nord si ha un sistema di spazi ipogei che sisviluppa al di sotto delle abitazioni, indipendentemente dai confini e anzi spesso in comunetra più proprietari. Si è deciso di recuperare questo sistema che costituisce un’importanterisorsa, attraverso un consolidamento generale e di valorizzarlo, proponendo un uso in parteprivato (anche destinato ad accogliere attività artigianali o piccoli spazi commerciali) in partepubblico (quindi visitabile).Osservando Castelnuovo dalle riprese aree, si comprende come l’immagine che il paese rendedi sé sia rivolta verso se stessa e concentrata sul suo interno, dove la qualità architettonica edestetica è maggiore. La vista da valle invece rivela un aspetto meno ricercato, più casuale, cherisponde ad una serie di esigenze contingenti degli abitanti i quali hanno aggiunto, neltempo, piccoli annessi, nuovi volumi, nuove e diverse aperture, con materiali vari e disomo-genei, nell’evidente assenza di un piano di intervento complessivo. Arrivando da sud e dallaSS 17 tuttavia, è questa la prima immagine che si registra di Castelnuovo e non quella cura-ta e graziosa delle sue strade interne. Il progetto riconosce a questo tema un’importanza finoa oggi trascurata e studia un’ipotesi del fronte verso valle che ricomprende queste superfeta-zioni, ma le organizza e le reinterpreta attraverso soluzioni architettoniche che si integranonell’immagine complessiva. I materiali utilizzati non stridono con il contesto, ma vi si inse-riscono in modo naturale, i volumi e le aperture sono disegnati da un’idea progettuale coe-rente e vengono riqualificati gli spazi verdi e degli orti.Infine un aspetto cardine del progetto urbanistico è costituito dalla valorizzazione delle trearchitetture “emergenti” nel tessuto di Castelnuovo: il centro oncologico, poco utilizzato e,secondo le indicazioni dell’amministrazione locale, non necessario in una generale riorganiz-zazione del paese, viene demolito al fine di creare, sul sito rimasto libero, un’area che si possa

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identificare come l’ingresso del paese; lachiesa di San Giovanni Battista, completa-mente distrutta dal sisma, viene ricostruitasullo stesso sito, vicino al Castello, secondoun progetto che prevede di riutilizzare, alloscopo di mantenere e tramandare la memo-ria dell’edificio originario, parte dei blocchidi pietra recuperati dal crollo; palazzo Sido-ni infine, mantenutosi in buone condizioninonostante il sisma, è completamente recu-perato e viene ad accogliere funzioni pubbli-che quali biblioteca, emeroteca, sala confe-renze e una web-area con sale computer.

6. Conclusioni

A seguito del terremoto del 6/04/2009 gliautori sono stati impegnati nel rilievo siste-matico del costruito di Castelnuovo, che hapermesso di disporre di un database, accura-to e completo, in cui sono raccolte tutte leinformazioni recuperate in termini di geo-metria, tipologie strutturali, stato ante-sisma, meccanismi di danno. Sulla base delle

suddette informazioni è stata condottaun’analisi della vulnerabilità e del dannosecondo l’impostazione della scala EMS-98.I dati acquisiti, raccolti in Schede Aggregatoe Schede Unità Strutturale in formato digi-tale, sono stati georeferenziati in ambienteGIS, con successiva realizzazione di mappetematiche e interpretazione statistica delleinformazioni. Le suddette informazionihanno rappresentato la base dell’ipotesi diprogetto che poi costituisce il fondamentodel Piano di Ricostruzione attualmente infase di adozione da parte dell’Amministra-zione Comunale.L’analisi effettuata durante la prolungatapermanenza sul posto è l’elemento fondati-vo del progetto, grazie al quale sono statiindividuati i caratteri che costituisconol’identità di Castelnuovo: è su questi stessicaratteri fondamentali che è stato imposta-to il progetto di recupero che ha come fina-lità non solo la ricostruzione a seguito del-l’evento drammatico e devastante del sisma,ma la valorizzazione del centro urbano, par-tendo proprio da quegli elementi ritenutiparadigmatici e identificativi. L’intento pro-gettuale tuttavia non è quello della ripropo-sizione “com’era e dov’era” dell’intero paese,ma di una rilettura complessiva che tieneconto dell’originaria qualità estetica ed altempo stesso proietta nel futuro lo sviluppodel paese che, prima ancora del terremoto,si presentava chiuso all’interno della propriaconformazione tradizionale; un agglomera-to residenziale di fatto destinato ad un pro-gressivo degrado e ad un progressivo abban-dono, perché non in grado di porsi comepolo di attrazione nel sistema territorialeaquilano. Il progetto non può quindi chepassare attraverso quest’analisi critica perevitare una ricostruzione fine a stessa, auto-referenziale e compiaciuta che si esauriscenella puntuale riproposizione dei caratteriesistenti.

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Fig. 25 - Progetto della residenza:nuove tipologie.

Presuppostoessenziale sul qualeimpostare il progetto di recupero del centro di Castelnuovoè statal’individuazionedei carattericostitutividell’identità del paese

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Il libro “Edilizia”, pubblicato nel 2010, costituisce,nell’intenzione dell’autore, un contributo allaformazione degli studenti dei corsi di laurea inIngegneria Edile, triennale e magistrale, essendocollocate le tematiche oggetto di trattazioneall’interno della disciplina Architettura Tecnica; nonè, e non vuole essere, un manuale, pur fornendouna serie di contenuti di tipo progettuale etecnico-costruttivo che si ritengono necessari perla formazione di futuri progettisti e costruttori. Maai contenuti fa da costante contrappunto lametodologia, l’elaborazione di specificheprocedure, di diagrammi operativi, in modo che siapossibile affrontare le complesse problematichedel progetto e della costruzione in modo razionalee sistematico. Delle tre fasi del processo edilizio prese inconsiderazione (progettazione, produzione,costruzione), quella di prioritario interesse è,naturalmente, la progettazione. L’attività di ricercae professionale degli ingegneri si colloca nellaintersezione di queste tre fasi, nel sottoinsiemecomune ad esse, così come il progetto acquisisce ilsuo più vero e consistente significato solo nellostretto rapporto interdisciplinare tra requisitifruitivi e formali, strutturali ed energetico-impiantistici. I numerosi disegni presenti nella pubblicazione,eseguiti dall’autore, testimoniano la radicataconvinzione che il disegno costituisca unformidabile strumento per capire le tante realtàdel nostro mestiere; il disegno, quindi, comeprogetto, un’occasione per esercitare ed ordinareil pensiero, per riflettere, comprendere, scoprire.

FRANCO NUTIEdilizia.Progetto/costruzione/produzioneEd. Polistampa, Firenze 2010