Layout prog ing · Aurelio Fischetti Osare si può 5 Fausto Giovannardi L’urbanistica, o meglio,...

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anno VIII, n. 2-3 maggio-dicembre 2013 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P . - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Firenze 1 Nerbini

Transcript of Layout prog ing · Aurelio Fischetti Osare si può 5 Fausto Giovannardi L’urbanistica, o meglio,...

  • anno VIII, n. 2-3 maggio-dicembre 2013

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    € 8,50

    Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, com

    ma 1, DCB Firenze 1

    Nerbini

    COP Prog Ing 2-13_Layout 1 27/03/14 12.30 Pagina 1

  • Editoriale Shake-hand 3

    Aurelio Fischetti

    Osare si può 5

    Fausto Giovannardi

    L’urbanistica, o meglio, la città del futuro 8

    Ennio Nonni

    Ricerca e innovazione nel programma europeo Horizon 2020 15

    Marco Masi

    L’aggiornamento della classificazione sismica 23

    dei comuni della Regione Toscana

    Vittorio D’Intinosante, Luca Gori

    “L’intervista” – a cura di Lio Fitti

    Un mancato ingegnere per il piccolo mondo della liuteria 28

    Lio Fitti

    Suoni e rumori delle città intelligenti 38

    Sergio Luzzi

    Dialogo tra due pittori belgi con valigia. 50

    René Magritte incontra Paul Rooms

    Gian Luigi Corinto

    Volare a Firenze. 53

    Cinquant’anni per progettare un aeroporto

    Massimo Ruffilli

    “Ingegneri in Toscana tra passato e futuro” – rubrica a cura di Franco Nuti

    Recupero dell’ex-bricchettificio di San Giovanni Valdarno. 58

    Proposte progettuali per Museo delle Miniere e Sede aziendale

    Mirna Del Sala, Elena Vezzosi

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    sommario

    Nerbini

  • Quadrimestrale d’informazione dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze

    Viale Milton 65 – 50129 FirenzeTel. 055/213704 – Fax 055/2381138e-mail: [email protected]: www.ordineingegneri.fi.it

    Anno VIII, n. 2-3 (numero doppio)maggio-dicembre 2013

    Direttore responsabile:Aurelio Fischetti([email protected])

    Comitato di redazione:Franco NutiFausto GiovannardiMarco Masi

    Consulenti:Giampaolo di Cocco – teorico arte-architetturaMarco Dezzi Bardeschi – ingegnere e architetto

    Segreteria di redazione:Francesca Serci([email protected])

    Progetto grafico:Paolo Bulletti e Federico Cagnucci([email protected])

    Prestampa:Inscripta

    Stampa:Daigo Press, Limena (PD)

    Autorizzazione del Tribunale di Firenzen. 5493 del 31.5.2006 (R.O.C. n. 17419)

    Progettando Ing viene distribuito gratuitamente agli iscrittidell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze.

    Realizzazione editoriale: Prohemio editoriale srl, Firenze

    © 2014 – Edizioni NerbiniVia G.B. Vico, 11 – 50136 FirenzeTel. 055/200.1085e-mail: [email protected]

    ISSN 2035-7125ISBN 978-88-6434-161-3

    per la “Storia di copertina” di Fausto Giovan-nardi si rimanda alle pagine 5-7.

    SToRIA DI CopERTINA

    Istruzioni per gli autoriI testi devono pervenire alla Direzione su sup-porto informatico di corredo a quello cartaceo.È possibile indirizzare al Direttore via e-mail: [email protected], fotografie ecc. saranno pubblicatespazio permettendo. L’invio dell’iconografia susupporto informatico è comunque indispensabile. Salvo casi eccezionali gli originali non verrannorestituiti.

    Gli articoli firmati esprimono solo l’opinionedell’autore e non impegnano l’Ordine e/o la direzione e/o l’editore della rivista.

    Questo numero è stato chiuso in tipografia il 17 marzo 2014

  • ouch è il segnale non verbale più primitivo e potente. Il contatto fisico e il calore sonostabiliti attraverso la tradizione handshake, e questo contatto tattile rende un’impres-sione durevole. Può ben essere che qualcuno si ricordi di più di averti incontrato!

    La cosa da tenere a mente è che lo scopo di una stretta di mano è quello di salutare qualcunoo dire addio o congratulazioni espresse o per segnalare un accordo su un affare. In quanto tale,dovrebbe essere percepito come caldo, accogliente e sincero.

    Scrive Massimo Gramellini in Fai bei sogni (2012):

    Noi di ProgettandoIng lo abbiamo fatto metaforicamente con tutti coloro che hanno ricevutola rivista dal gennaio 2006, quando iniziammo quest’esperienza all’insegna del “creare semprepiù, nei colleghi, il desiderio di leggerci” e soprattutto dare all’esterno un’immagine diversa dellanostra categoria contribuendo alla crescita socio-culturale oltre che tecnica del nostro Paese,

    che ci vuole sempre più presenti e protagonisti.Sono trascorsi oltre 7 anni da quell’energica stretta dimano durante i quali, “abbiamo vissuto scegliendo enon sottomettendoci alle scelte degli altri”, parafrasandoKierkegaard, che in questi casi gli ingegneri citano,anche se la realtà è dura e non sempre giusta, ma lasfida ad andare avanti nonostante tutto, spero checontinui.Così io ritengo conclusa la mia attività di direttore diquesta rivista. Un’attività certo straordinaria rispettoal mio quotidiano lavoro di ingegnere. Ho finito unacorsa. Adesso spero solo che nasca una sfida nuova.Più forte e incisiva. Un progetto più nuovo, inedito,ancora più libero, più vivo. Ancora più “folle, temera-rio, intrigante... e scomodo”. Una sfida in cui tutti gli

    Aurelio Fischetti

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    editoriale

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    Non esiste momento più bello, all’inizio di una storia, di quando intrecci le dita in quelledell’altra persona e lei te le stringe. Ti stai affacciando su un mare di possibilità.‘‘ ’’

    shake-hand

  • iscritti si possano sentire in prima lineaattraverso le loro idee e l’Ordine sempre piùorgoglioso di rappresentarli, per il messaggioche ne deriva all’esterno.Mi congedo salutando con una stretta dimano, guardando direttamente negli occhicon un sorriso tutti i colleghi e ringrazio conun forte abbraccio la redazione e i consiglieridell’Ordine, che hanno contribuito con entusiasmo e convincimento alla realizzazio-ne di questo progetto.Rivolgo un ringraziamento alla preziosa collaborazione di Marco Dezzi Bardeschi,Massimo Ruffilli, Giampaolo di Cocco, Giuseppe Imbesi, Ennio Nonni, GianluigiCorinto, Margherita Rondinini, Sergio Luzzi, Marco Masi, Alberto Giorgi, Alessandro Matteucci, Luca Gori, GiuseppeCauti, Stefano Corsi, Lodovico Rupi, Marco Gori, Niccolò Mortani, Artur Alexanian,Massimiliano Arena e di tanti altri esperti, checon i loro interventi hanno dato alla rivista unparticolare spessore tecnico, artistico e culturale.A Franco Nuti un caloroso ringraziamentoperché con la sua straordinaria energia mi haaccompagnato e incoraggiato in tutti questianni; occupandosi della rubrica “Ingegneri inToscana tra passato e futuro”, ha dato spazioalle esperienze di tanti giovani laureati, e haproposto altresì i contributi di colleghi moltocapaci e competenti.Infine ringrazio Fausto Giovannardi per lesue interessanti copertine, le cui storie sinte-tizzate sono state un importante valoreaggiunto ai contenuti storico-culturali dellarivista.

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  • el 2000 la giuria del concorso internazionale per la costruzione del Kunsthaus (casad’arte), da realizzarsi in un lotto irregolare nel centro storico di Graz, seleziona ilprogetto degli inglesi Peter Cook e Colin Fournier. Un’enorme bolla blu di plexi-

    glass, che a partire dal 2003, anno in cui la città è capitale europea della cultura, si insedianel centro cittadino tra gli antichi palazzi, in un lotto irregolare e come espansione dellaEiserners Haus, la costruzione in ghisa più antica dell’Austria (1848). Questo “amico alie-no”, come lo chiameranno scherzosamente i cittadini, diviene il centro vitale di una cittàantica ma aperta al nuovo. Graz, seconda città dell’Austria con quasi 300.000 abitanti e 6università, lancia il messaggio di osare per rinnovarsi e sul fiume Mur, che l’attraversa, comel’Arno a Firenze, prende forma un’altra forma aliena: la Murinsel island di Vito Acconci. Unponte pedonale che collega le due rive, con un’isola artificiale nel mezzo del fiume, dove tro-vano spazio un caffè e uno spazio pubblico per la comunicazione e la creazione artistica.

    storia di copertina

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    Fausto Giovannardiingegnere civile

    nosare si può

  • Kunsthaus

    Per costruire la Kunsthaus fu creato un teamche comprendeva, oltre allo studio Spacelabdi Cook e Fournier, gli ingegneri strutturistiBollinger e Grohmann di Francoforte e altriprofessionisti locali. L’edificio è concettual-mente semplice dal punto di vista struttura-le. Due corpi scatolari in calcestruzzo checontengono gli ascensori e i servizi, pochipilastri che sostengono i due grandi pianisopraelevati e per la copertura un enormegrigliato metallico a maglie triangolari (225tonnellate d’acciaio), gioia e delizia deglianalisti FEM, che lascia libera tutta la super-ficie del piano superiore e avvolge l’interoedificio fino al primo solaio, toccando appe-na la superficie vetrata lineare del pianoterra. 23 metri d’altezza per 4 piani fuoriterra; oltre 60 metri di lunghezza. Con ilpiano superiore completamente libero e illu-minato da 16 beccucci, di cui 15 rivolti anord e uno a est a guardare la vecchia torredell’orologio di Graz, vecchio emblema dellacitta, capoluogo della Stiria.Su un lato della bolla c’è il Needle (ago): unagalleria interamente vetrata lunga 40 metri,che la collega con l’Eisernes Haus e che offreuna straordinaria veduta del centro storico edella bolla stessa. Ma è la facciata l’elementoche caratterizza tutto l’intervento: la superfi-cie reticolare d’acciaio portante è rivestitacon un pannello termoisolante (Foamglas)di 16 cm e sotto ai pannelli di plexiglass blusono posti, sul lato orientale verso il Mur,930 anelli fluorescenti da 40 watt a formareuna “BIX facciata”. BIX deriva dall’unionedelle parole “Big” e “pIXel”. La facciata è

    quindi uno schermo di dimensioni immen-se, con un computer che gestisce ogni anel-lo, il cui livello di illuminazione può essereregolato in maniera continua tra 0 e 100%.Ognuno di questi funziona come un pixel, ein questo modo la facciata si illumina diinformazioni e immagini, che si irradianolontano nella zona urbana e rendono, quin-di, la bolla blu di Graz una galleria d’arteanche all’esterno.Nella Kunsthaus di Graz non si procede dalbasso verso l’alto, ma all’incontrario, con lospazio più alto che si raggiunge con duescale mobili e che è il più imponente del-l’edificio, completamente libero da pilastri econ un’altezza che arriva a 8,50 metri e unasuperficie traforata dai beccucci. Al pianosottostante si trova un’atmosfera più ovatta-

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    Le “forme aliene” della Kunsthaus e della Murinsel che spiccanonell’antico centro storico di Graz sono la dimostrazione di come il vecchio e il nuovo possano conviverepacificamente in una città aperta al futuro senza pregiudizi

  • ta e chiusa, con i collegamenti allo spazio deilocali espositivi della Camera Austria,un’istituzione che organizza mostre e gesti-sce l’omonima rivista di fotografia, e ai loca-li amministrativi nella Eisernes Haus. Alpiano terreno l’atrio e il caffè, nonché spaziper bambini, per la lettura, conferenze, pre-sentazioni e altre manifestazioni di variogenere. La superficie utile è di oltre 11.000mq e il costo è stato di 50 milioni di euro.

    Murinsel

    L’isola sul Mur è stata costruita nel 2003,anno in cui Graz è stata capitale europeadella cultura. Il concetto nasce dall’idea diRobert Punkenhofer (Art&Idea) di romperel’isolamento e la divisione tra il fiume e ledue sponde della città. Contatta VitoAcconci, architetto artista (1940) con studioa Brooklyn NYC, di origini italiane, noto algrande pubblico per le sue idee apertamenteprovocatorie e d’avanguardia. Acconci Stu-dio presenta l’idea di un’isola artificale sul

    fiume Mur collegata da due ponti pedonali.La società pubblica “Graz KulturhaupstadtEuropas 2003” gli affida l’incarico con unbudget di 6,5 milioni di euro. L’isola ha laforma di una conchiglia lunga 50 metri elarga 20 e comprende un anfiteatro e spaziogioco all’aperto e un caffè al chiuso, con unacapacità di 300 persone. Due ponti pedona-li la collegano alle sponde del fiume, largo inquel tratto 47 metri.L’ideazione strutturale è di Guy Norderson,ingegnere statunitense, mentre l’esecutiviz-zazione è di Kurt Kratzer e Handel Enginee-ring di Graz. La struttura, interamentemetallica è stata costruita e verniciata in unbacino di carenaggio, tra maggio e ottobre2002, trasportata in loco tra novembre edicembre 2002, e quindi, installate le duepasserelle pedonali, inaugurata nel gennaio2003. A seguito del grande successo riscon-trato nell’anno da capitale della cultura,l’amministrazione cittadina ha incaricato lalocale facoltà d’ingegneria di valutare ladurabilità della struttura, stimata in 50 anni,rendendola quindi permanente.

    storia di copertina

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    Osare si può…

    ma non in Italia.

  • nche se è mentalmente molto faticoso cambiare i rassicuranti modelli di sviluppourbano (che vanno ben oltre il tema del consumo zero) consolidati negli ultimi 30anni, l’attuale crisi dell’edilizia ci costringe a vedere la città con altri occhi. E guar-

    dandola bene ci accorgiamo che non si tratta di una crisi ciclica, bensì di un radicale riposi-zionamento del concetto stesso di urbanistica e dei suoi effetti sulla idea di città futura. Inquesto quadro è sempre più necessario, in ogni comune, piccolo o grande che sia attraversoil Piano, esplicitare coerentemente la specifica idea di territorio al fine di rendere efficaci lepiù diverse azioni di una comunità.Alla domanda: “come si fa a rendere sostenibile una città immaginandone un futuro urbanisti-co?” si può rispondere in vari modi; ma per passare dalle teorie condivise ad un modus ope-randi concreto e di lunga durata il percorso non è facile anche perché il presupposto è quel-lo di invadere il campo con altre discipline a cui l’urbanistica non è abituata. Si ritiene che i10 argomenti che possono qualificare più di altri l’urbanistica sostenibile siano:• consumo zero: una risorsa per la crisi;• incentivi privati e compensazioni pubbliche;• concentrazione contro dispersione: la tecnica del villaggio;• dalla norma alla prestazione;• il MIX di funzioni: da facoltativo a obbligatorio;• progettare case: come e per chi;• strategie per la diffusione del verde;• arte e urbanistica: occasioni da non perdere;• la sicurezza nella pianificazione;• agricoltura in città: orti diffusi.

    Ennio Nonniarchitetto urbanista

    l’urbanistica, o meglio, la città del futuro

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  • Fig. 2 - Sistema del verde ideato nel 2008 all’internodel Piano Strutturale di Faenza (progettista EnnioNonni). L’obiettivo è stato quello di collegarel’ampliamento dei bordi della città, qualora sia unanecessità imprescindibile nei prossimi decenni, allaobbligatoria realizzazione di grandi parchi pubbliciidonei a formare anche una rete ecologica urbana adanello.

    attualità

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    Non sono compresi fra questi dieci puntil’energia e la mobilità, proprio per la loronatura di essere sempre al centro di ogniragionamento strategico. In particolare peraffrontare e accompagnare qualunque deci-sione sulle strategie urbanistiche non si puòprescindere dalla preventiva redazione di unPiano Regolatore dell’energia e di uno dellasismicità, trattandosi di due questioni fon-damentali di sostenibilità e sicurezza di unterritorio (ragione primaria per cui si redigo-no strumenti urbanistici). Ognuno dei 10argomenti merita un’ampia trattazione,opposta al modus operandi corrente, ma inquesta sede si affronta il tema del consumodel suolo (reale e non virtuale), trattandosidi una questione di grande attualità e condi-zionante tutti gli altri.

    Consumo zero: una risorsa per la crisi

    L’impronta che i Piani urbanistici hannogeneralmente avuto sulla città negli ultimicinquanta anni è cambiato, passando dauno sviluppo quantitativo, poi qualitativo,infine anche sostenibile; ma sempre aggiun-tivo di aree urbanizzabili rispetto all’esisten-

    te, pena la non utilità del Piano. Ora che igrandi investimenti nel mercato immobilia-re sono rallentati, che la crisi da temporaneasi sta prefigurando strutturale, ci si accorgeche alcuni pilastri dell’urbanistica scricchio-lano, essendo poggiati comunque su un’ideadi crescita quantitativa. Questa “forzata so-brietà” obbliga a cambiare direzione, rivede-re strategie, inventare soluzioni per metterein moto risorse sempre più frazionate enascoste. Ogni Comune, in qualunque re-gione si trovi, e a prescindere da leggi e stru-menti, dovrebbe, con il Piano, rilanciare lasua speranza di sviluppo nella conservazio-ne, e non di sviluppo nella crescita. Unobiettivo è ineludibile: attivare il consumozero del suolo agricolo e allo stesso tempopromuovere strategie per mettere in giocorisorse nella città esistente.

    Fig. 1 - A cura di Ennio Nonni,Federica Drei, Devis Sbarzaglia.Una recente pubblicazione (Ed. La Rapida – Giulianova2012) illustra come i 6 Comuni associati della Romagna faentinaimmaginano, attraversoil Piano Strutturale approvatonel 2010, un futuro lontano in una visione che mette in retele eccellenze e le criticità del territorio.Un punto di partenza per condividere le principali ideeterritoriali a cui attingere nell’elaborazione dei pianisottordinati, e che si stannoorientando al consumo zero di suolo agricolo.

  • 10

    Oggi più che mai, la crisi dell’edilizia, nonmette in discussione la validità del Piano,che anzi risulta sempre più necessario, ma ilmodo di concepirlo e progettarlo certamen-te sì. In questo caso si attribuisce al paesag-gio, al suolo agricolo e alla loro integraleconservazione, per ragioni non solo esteti-che, ma soprattutto economiche, il valore dipreminente interesse pubblico, da lasciareinalterato per le future generazioni.

    Lo sprawl edilizio esistente, viene considera-to come un modello che produce effettinegativi, quindi va mitigato con interventimirati di:• de-urbanizzazione;• aumento della permeabilità dei suoli;• incremento della compattezza urbana;• rinaturalizzazione di ambiti urbani e rurali.

    Il consumo zero, che la crisi ha quasi impo-sto e che viene visto quale nuovo punto dipartenza, persegue strategie positive: conl’aumento della densità urbana, diminuisco-no i costi di gestione per i cittadini e dimi-

    nuisce pro capite il consumo energetico, siconservano le matrici ambientali del territo-rio periurbano, si presentano nuove occasio-ni per ricompattare le periferie innescandouna nuova attrattività. Se nella scala dei va-lori urbanistici il consumo zero sale diquota, contestualmente esce fortementeridimensionata quella perequazione urbani-stica dei Piani Strutturali immaginata per inuovi ambiti di espansione, che in unmodello espansivo, ormai legato al passato,doveva risolvere con equità le aspettativeeconomiche dei proprietari, con l’atterrag-gio nei nuovi ambiti, di volumetrie.Oggi le ridotte capacità di investimento im -pongono di concentrare le risorse sulla cittàconsolidata, sui servizi esistenti da recupera-re, da riqualificare e rendere più attrattivi.Non espandere più la città a detrimento delsuolo agricolo innesca tante nuove opportu-nità e innovazioni, per decenni tralasciate inquanto più impegnative rispetto al facilemodello espansivo; i cambiamenti vannoindirizzati verso nuovi ordini e comporta-menti:• Densità: rilanciare il tema della densifica-zione urbana e dell’aumento di popolazio-ne nei centri urbani strutturati, da pro-muovere con incentivi e con l’obbligo diinterventi sostenibili (energie rinnovabili,risparmio idrico, tetti giardino e paretiverdi, miglioramenti sismici ecc.); all’au-mento della densità corrisponde una dimi-nuzione pro capite dei consumi territoriali.

    Fig. 4 - Piano Regolatoredell’energia (Faenza2013). Attraverso ilcensimento dei consumidei vari quartieri urbanisi è prefigurata unastrategia normativa perraggiungere gli obiettivi(- 20%) al 2020,indicando costi ebenefici nel medioperiodo. Consumi inTEP ed emissioni diCO2 offrono unafotografia delle varieparti di città suggerendostrategie di progetto.

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    Fig. 3 - Piano Regolatore della sismicità (Faenza2013), Zonizzazione del centro urbano attestante ladistribuzione dei danni medio lievi che interessano ilpatrimonio edilizio in caso di sisma (Analisi condottain collaborazione con il Dipartimento ProtezioneCivile); le elaborazioni, funzionali ad una strategianormativa, riguardano anche le abitazioni inagibili, icrolli e i senzatetto.

  • attualità

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    • Distanze: liberare il Piano dall’obbligo diprevedere nei centri urbani le distanze frale costruzioni o dai confini (salvo le legginazionali), per favorire la contiguità edili-zia e la soluzione di esigenze puntuali dellefamiglie che si evolvono. L’abolizione diquesto vincolo comunale (responsabiledelle villettopoli periferiche) costituisceuna grande occasione di diffusione di ar -chitetture in luoghi molte volte anonimi eapparentemente senza speranza di miglio-ramento.

    • Riqualificazioni: l’incentivazione genera-lizzata al rinnovo edilizio attraverso ilriuso di aree dismesse, subordinato peròalla cessione di quote di edilizia sociale odi spazi al piano terra, da cedere poi adimprese giovani di stampo creativo e inno-vativo, attirandole in città.

    • Micro perequazione: il centro urbanoconsolidato può attingere volume adesempio anche dalla campagna, per favori-re nello spazio aperto di questa la costitu-zione di reti ecologiche, demolendo edifi-ci incongrui extraurbani, ma anche perriqualificare e mettere in sicurezza il patri-monio rurale. Questa micro perequazionetrasferisce una parte di rendita urbana almiglioramento dello spazio aperto. È unadichiarazione pubblica di contrasto allosprawl.

    • Agricoltura urbana: un incentivo per unasignificativa espansione degli orti, ecoserre e dell’agricoltura urbana; sui tetti,negli spazi pubblici di risulta, nelle aree averde marginali all’interno della città.L’agricoltura urbana e gli orti in città sonouno straordinario standard, da favorire perle sinergie di lavoro condiviso, autoprodu-zione e socialità che possono innescare. Ilconsumo zero di suolo, quale scelta pro-gettuale di pianificazione, non è un osta-colo alla crescita, anzi al contrario rappre-senta la più grande risorsa per convogliare,in un’ottica di lungo periodo, energie eprogetti sulla città esistente e per determi-nare comportamenti virtuosi tanto a livel-lo di sistema urbano (es. riduzione diCO2), che di convivenza sociale (es. km.zero). C’è un ultimo aspetto, che riassumeil tutto e che è vincente nella competizio-ne culturale, innovativa e quindi ancheeconomica fra le città, relativamente allascelta strategica di espanderle al loro ester-no o al loro interno: gli agglomerati densi(con più ab/kmq) rispetto a quelli radi, edove ci sono più mix e integrazione rispet-to ad altri più dispersivi, emergono innumero di progetti innovativi, creatività,imprese nuove, contaminazioni fra pub-blico e privato, fra impresa ed arte ed altroancora.

    Per queste ragioni, contrastare l’espansioneurbana offrendo alternative di densificazionerientra fra le azioni di governo per traguar-dare il futuro e la stessa sopravvivenza di unacomunità.

    Persalvaguardare il futuro e lasopravvivenza di una comunitàoccorre che si prevedanoazioni di governomiranti a contrastarel’espansioneurbana offrendoalternative di densificazione

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    Qualche dubbio sulle realifinalità dell’urbanistica

    Pur rispondendo in modo innovativo ai 10punti precedenti si corre comunque ilrischio di non avere ben chiare le vere finali-tà dell’urbanistica se si conservano, puraggiornandoli, i modelli dominanti impostia partire dal dopoguerra.L’obiettivo è quello di evitare il dispendio dienergie per la redazione di piani inutili com-pilati da urbanisti e politici con lo sguardo (aprescindere dalle parole) volto al passato.Abbandonare le tecniche, gli strumenti, leprocedure degli ultimi decenni è un impera-tivo che può essere messo in campo dallaautonomia del piano, in attesa di modificareradicalmente il quadro legislativo superiore.

    Identità e attrazione

    Sono le vere finalità dell’urbanistica e delpiano. Quando si valuta una città (bella-brutta, vi vace spenta, caotica-ordinata) ilrisultato è inconfutabile, in quanto è il datovisibile, giudicabile dai cittadini che si espri-me in tutta evidenza; l’“identità” e l’“attra-zione” so no il tentativo di astrarci dalla vec-chia tecnica urbanistica foriera di aride sicu-rezze e an dare al nocciolo del problema,sconfessando qualche decennio di presuntescientificità. Questo è anche l’unico modoconvincente per sognare un altro tipo diurbanistica (anche in termini di energia,sicurezza, economicità). Molto semplice-mente, l’urbanistica deve rispondere a duedomande:• Perché, una città è più riconoscibile, senzatante spiegazioni, rispetto ad altre, e per-ché quando la nominiamo abbiamo subi-to a mente le sue principali caratteristiche,magari limitate a pochi ma ben identifica-bili spazi centrali?

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    L’identità in quanto riconoscibilità e unicità e l’attrazione di una cittàsono i due obiettivi a cui deve mirarel’urbanistica di oggi, dimenticando,quindi, ogni pretesa di scientificità

  • attualità

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    Fig. 5 - Passare da un sistemanormativo ad uno prestazionalesignifica abolire gli indici edilizi,le distanze comunali e liberare le funzioni nei centri urbaniindividuando modi di valutazioneche misurano la qualità e sostenibilità, un’alternativa a parametri numerici.

    Sono i suoi “caratteri identitari”, senza i quali quella città sarebbe relegata nella più generaleomologazione funzionale. In pratica l’identità è la riconoscibilità rispetto a tutte le altre cittàe coincide con l’unicità.• Perché una città è più attrattiva, sia come luogo per abitarci che per essere visitata, rispet-to ad altre magari adiacenti?

    Quando decidiamo di spostarci per andare, in ragione dei più svariati interessi, in una città(turismo, lavoro, shopping, musei, luogo per abitarci, struscio serale ecc.), o anche solo in unasua precisa parte, abbiamo risposto senza magari essere capaci di darne una spiegazione razio-

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    Prestazione sicurezza

    a. Trattenimento dell’acqua

    b. Sicurezza pertinenze stradali

    c. Sicurezza sismica e idrogeologica

    d. Parcheggi di uso pubblico

    Prestazione identità

    a. Tipologie edilizie ad elevata accessibilità

    e identità

    b. Riordino spazi esterni di pertinenza

    c. Riqualificazione immobili esistenti

    d. Il progetto del paesaggio

    Prestazione sostenibilità

    a. Permeabilità

    b. Alberature

    c. Riutilizzo acqua piovana

    d. Efficienza energetica

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    nale, al concetto di “attrazione”. L’attrazionenon si istituisce con un atto di governo, ma vaassecondata all’incontrario, eliminando dallatecnica urbanistica tutte quelle consuetudiniche impediscono di fare scattare la scintilladell’attrazione territoriale, lasciando poi altempo di fare il suo corso. In pratica l’identi-tà e l’attrazione sono due facce complementa-ri della stessa medaglia. All’interno della iden-tità e dell’attrazione ci stanno soprattuttoquei principi che rendono ogni città unica ediversa, ossia la bellezza, la qualità dei servizi,la gestione efficiente, la condivisione e ilrispetto delle regole. Potremmo mai descrive-re e quindi immaginare la nostra città idealeper vivere, se questa non ha ad esempio:• la piazza centrale, su cui prospettano bellearchitetture di edifici monumentali, sedidi governo e religiose;

    • bar, ristoranti e osterie di qualità;• attività commerciali e artigianali denseche creano fermento e vivacità;

    • luoghi in cui esercitare i mercati e gliacquisti di prodotti del luogo;

    • teatri, cinema, musei, centri sportivi;• un bel parco attrezzato e non solo tantiritagli di verde.

    Si potrebbe continuare, ma è solo per farecapire la necessità urbanistica di rovesciareil ragionamento: dalla funzionalità raziona-le (calcolo) al sentire collettivo (tensione).Con queste finalità, apparentemente secon-darie, arriveranno nuovi abitanti perché inquella città si vive bene, tanti turisti per labellezza urbana, nuove attività economichein quanto l’investimento sarà più appetibi-le per i servizi e le economie di scala e nellungo periodo più sicuro. In pratica èl’energia che sprigiona la città ad essere vin-cente, e non solo i più semplici fabbisognienergetici necessari a fare funzionare unorganismo. Si scoprirà che la forma urbanaincide di più sulla vivibilità rispetto alleperformances energetiche che fra l’altrotrarranno enorme vantaggio da tre aspettiche qui vengono solamente enunciati, mache meriterebbero un ampio approfondi-mento, trattandosi della vera direzionedella città del futuro:1. il valore del limite (una questione di so -pravvivenza);

    2. conservare la bellezza ed esportarla;3. l’estetica del villaggio (la densità sponta-nea).

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    Fig. 6 - Museo all’aperto di artecontemporanea (Faenza 2010).Promosso dal Piano Strutturale,il Museo all’aperto ha comeobiettivo di creare un’identitànelle periferie urbanetrasformandole in luoghiriconoscibili visivamente.Nella foto: “Gaia e la Balena”,grande installazione di StefanoBombardieri in una rotondadella città.

  • Premessa

    ome è noto gli investimenti in ricerca e svilup-po in ITALIA rappresentano circa l’1,2% delPIL, di cui il 50% ad iniziativa pubblica; una

    percentuale purtroppo molto lontana dall’obiettivoeuropeo del 3% previsto nel Documento di programmadenominato “Horizon 2020”, che traccia la nuova piani-ficazione europea su ricerca e sviluppo per gli anni 2014-2020. Nella passata programmazione l’Italia è stata con-tributore netto per circa il 14% per investimenti su ricer-ca e sviluppo a fronte di un utilizzo dell’8%.

    Sicuramente una delle possibili spiegazioni è il difficile rapporto che esiste nel nostro Paesetra il sistema universitario e della ricerca e il sistema delle imprese, ed in particolare alcunielementi di criticità a questo collegati, tra cui:1) una scarsa attenzione alla valorizzazione e protezione della proprietà intellettuale;2) una certa autoreferenzialità e ideologia dell’indipendenza e terzietà da parte dei centri diricerca pubblici con scarsa integrazione sul territorio;

    3) troppa attenzione alle pubblicazioni; 4) scarsa attenzione alle esigenze delle imprese e al trasferimento tecnologico;5) scarsa propensione delle imprese verso investimenti in ricerca.

    Vi è poi la questione strategica dell’ultimo miglio, il trasferimento tecnologico e i sistemi diagglomerazione per le imprese:• i territori tendono a specializzarsi in settori specifici;• fenomeni di internazionalizzazione produttiva (outsourcing, off-shoring, delocalization)ridisegnano la distribuzione internazionale di settori e filiere produttive;

    attualità

    15

    Marco Masiingegnere

    Regione Toscana

    Coordinatore Area Istruzione,

    Università e Ricerca

    c

    Investment in R&D is part of the solution to exit from theeconomic crisis

    ricerca e innovazionenel programma europeo

    Horizon 2020

  • • le probabilità di successo dipendono dalle capacità innovative dinamiche dei sistemi pro-duttivi;

    • gli investimenti in ricerca e sviluppo diventano un fenomeno globale, aumenta la compe-tizione internazionale per le risorse con concentrazione attorno a poli di eccellenza;

    • i centri di ricerca privati e le attività produttive knowledge intensive si redistribuiscono alivello internazionale con collaborazioni strutturate con centri di ricerca pubblici.

    L’Unione Europea ha individuato nel grafico seguente una serie di “barriere” che, secondodiversi gradi di magnitudine, ostacolano, e addirittura impediscono, nuovi sviluppi e percor-si di innovazione, tra cui, vale la pena sottolinearlo, un appesantimento di burocrazia e unlimitato accesso al credito da parte delle imprese. Quest’ultimo elemento riveste in Italia unavera e propria emergenza soprattutto per le imprese medio-piccole e micro-imprese.

    Anche per questi elementi, l’Italia si colloca tra i Paesi a modesto grado di innovazione.

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    Barriers

    SouRCE: Innovation Union Scoreboard2010 http://ec.europa.eu/enterprise/policies/innovation/facts-figures-analysis/innovation-scoreboard/index_en.htm

  • La strategia di Horizon 2020

    Con Europa 2020 si inaugura una nuovastagione nelle priorità dell’Unione Europeache, proponendo una nuova strategia rispet-to alla passata programmazione, definisceuna nuova convergenza delle politichenazionali sugli obiettivi europei, a livellonon solo di coerenza economico-finanziariama anche di politica di intervento settoriale. In definitiva, una “pre-condizionalità” cheriguarda in particolare l’implementazione diforme di sostegno dell’Unione Europea, apartire dalle politiche di coesione. Tre sonole priorità al centro di Europa 2020: • crescita intelligente, sviluppando un’eco-nomia basata sulla conoscenza e sull’infor-mazione;

    • crescita sostenibile, promuovendo un’eco-nomia a bassa emissione di carbonio, effi-ciente e competitiva;

    • crescita inclusiva, per un’economia ad altotasso di occupazione, per favorire la coe-sione sociale e territoriale.

    La Commissione propone i seguenti obietti-vi principali per l’UE: • il 75% delle persone di età compresa tra20 e 64 anni deve avere un lavoro;

    • il 3% del PIL dell’UE deve essere investi-to in Ricerca e Sviluppo;

    • i traguardi “20/20/20” in materia diclima/energia devono essere raggiunti(compreso un incremento del 30% dellariduzione delle emissioni se le condizionilo permettono);

    • il tasso di abbandono scolastico deve esse-re inferiore al 10% e almeno il 40% deigiovani deve essere laureato;

    • 20 milioni di persone in meno devonoessere a rischio di povertà.

    La priorità per la ricerca e per lo sviluppo èstata declinata in maniera molto determina-ta nell’iniziativa “L’Unione dell’innovazione”dove sono indicati gli obiettivi specifici e glistrumenti di intervento per stimolare soprat-tutto il settore privato e contribuire ad eli-minare gli ostacoli che impediscono alle ideedi arrivare sul mercato, tra cui la mancanzadi finanziamenti, la frammentazione deisistemi di ricerca e dei mercati. L’Unione del-l’innovazione introduce un concetto piùampio di innovazione che comprende nonsolo prodotti e processi nuovi o perfeziona-ti, ma anche servizi, nuovi metodi di marke-ting, branding e design, nuove forme diorganizzazione aziendale e accordi di colla-borazione.

    attualità

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    Smart Growth

    developing an economybased on knowledge

    and innovation

    Innovation«Innovation Union»

    Education«Youth on the move»

    Digital society«A digital agenda forEurope»

    SustainableGrowth

    more efficient, greenerand more competitive

    economy

    Climate, energy and mobility«Resource efficientEurope»

    Competitiveness«An industrial policy forthe globalisation era»

    Inclusive Growth fostering

    a high-employmenteconomy deliveringsocial and territorial

    cohesion

    Employment and skills«An agenda for new skillsand jobs»

    Fighting poverty«European platformagainst poverty»

  • Le Politiche della regione Toscana a supporto di ricerca e innovazione

    Il nostro Paese, e la regione Toscana in parti-colare, presentano una grande varietà di mo -delli di sviluppo locale in cui, tra l’altro, di -stretti di piccole e micro imprese manifattu-riere si alternano a territori a vocazione turisti-ca ed a sistemi urbani che presentano un for -te sviluppo del terziario, di sedi universitarie enodi di network di ricerca internazionali. La presenza di un esteso patrimonio di com-petenze scientifiche e tecnologiche nel siste-ma universitario e in quello della ricercapubblica, posizionato su livelli di eccellenzainternazionale in molti ambiti disciplinaried applicativi, e la presenza di imprese ope-ranti in settori tradizionali di alta qualità e innascenti cluster ad alta tecnologia, pongonoall’ente Regione la sfida di divenire soggettodi animazione sul territorio, con l’obiettivodi favorire l’interazione virtuosa fra i diversiambiti istituzionali e di favorire le specializ-zazioni presenti. Inoltre, le nuove possibilitàofferte dall’innovazione digitale, il forte svi-luppo e il diffondersi di tecnologie innovati-ve dell’Information Technology rappresenta-no gli strumenti per potenziare e gestire inuovi modelli di sviluppo che possono rap-presentare un nuovo valore sia per la doman-da che per l’offerta.

    La regione Toscana intende, all’indomanidella nuova programmazione europea, attiva-re e consolidare sempre più i rapporti con leistituzioni che si occupano di ricerca e con ilsistema delle autonomie locali, al fine di favo-rire la valorizzazione del territorio, delle strut-ture didattiche e di ricerca, di realizzare inter-venti di qualificazione e di sviluppo delleinfrastrutture per l’aggregazione ottimale difunzioni e servizi, e di promuovere la costitu-zione di reti di ricerca, soprattutto al livellointerregionale ed europeo, attraverso lo svi-luppo di centri di competenza, come i poli diinnovazione e i recenti distretti tecnologici.

    Con il sostegno della capacità di produrre nuo - va conoscenza ed il raccordo del mondo dellaricerca con quello delle imprese sarà pos sibileincentivare la diffusione di nuove pro fes sio -nalità e tecnologie e favorire la mo der niz za -zione del sistema produttivo regionale.L’AIR, Atto di Indirizzo pluriennale in mate-ria di Ricerca e innovazione, per il periodo2011-2015, che rappresenta uno dei piùrilevanti adempimenti previsti dalla Leggeregionale n. 20/2009, recante “Disposizioniin materia di ricerca e innovazione”, presentale innovazioni introdotte dalla stessa legge epropone un quadro della programmazioneregionale, nazionale e comunitaria che evi-denzia lo stretto raccordo sul tema dellaricerca e dell’innovazione, attraverso un’am-pia varietà di strumenti. La scelta fatta nel-l’AIR è riconducibile alle seguenti caratteri-stiche più importanti: a) il rapporto fra ricerca e innovazione èmultidirezionale (dalla ricerca di frontieraverso l’innovazione, ma anche viceversa);

    b) l’innovazione è un fenomeno fortementeintersettoriale;

    c) i processi innovativi hanno una dimen-sione sistemica e coinvolgono tanto ilmondo della ricerca che quello delle im -prese e la Pubblica Amministrazione;

    d) nei processi innovativi e nell’attività di ri -cerca la prossimità fra gli attori è impor-tante.

    In base a tale concettualizzazione l’AIR indi-ca i principi generali cui si atterranno lepolitiche per la ricerca e l’innovazione. Iprincipi più importanti che scaturiscono datali premesse sono:• selettività degli interventi in base alle rica-dute per il sistema regionale;

    • concentrazione settoriale e geografica suicluster e distretti tecnologici strategici in -dividuati nei Piani di sviluppo;

    • presidio dell’intera filiera della ricerca edell’innovazione promuovendo ricerca dibase, ricerca applicata, ma anche valoriz-zazione dei risultati;

    • forte orientamento al punto più deboledella filiera, ovvero il trasferimento per farcrescere le competenze e il livello tecnolo-gico delle imprese;

    • promozione della ricerca orientata al risul-tato per favorire le ricadute sul sistema delleimprese, soprattutto nei settori strategici;

    18

    L’Italia e la regioneToscana in particolarepossiedonouna grandevarietà di modelli di sviluppolocale e un estesopatrimonio di competenzescientifiche, che èimportantevalorizzare e consolidareperpromuovere ilsistemaproduttivo

  • • coordinamento delle azioni di policy cre-ando momenti di raccordo fra i tanti set-tori dell’amministrazione regionale che,trasversalmente, intervengono sulla ricer-ca e sull’innovazione;

    • coordinamento delle relazioni fra laRegione Toscana ed il sistema della ricercaregionale attraverso la conferenza delleRegioni e delle Province autonome;

    • promuovere lo sviluppo di un nuovoassetto nell’organizzazione della ricercaregionale supportando le università impe-gnate nella ricerca di nuovi assetti organiz-zativi.

    Le azioni poste in essere dalla RegioneToscana a supporto del sistema della ricercae innovazione sono molteplici e agisconoverso una pluralità di direzioni, utilizzandouna ampia varietà di strumenti. Il supportodelle attività di ricerca e innovazione si decli-na in strumenti e obiettivi strumentali,diversi a seconda che, schematicamente, siaffronti il problema dal versante del suppor-to alla ricerca e innovazione realizzata dalmondo imprenditoriale, oppure che si trattidi attività di ricerca e innovazione, probabil-mente – ma non necessariamente – di fron-tiera e di natura più radicale da parte delleuniversità e dei centri di ricerca. Le treseguenti famiglie di strumenti sono tuttedeclinate in modo diverso, ancorché com-plementare e sinergico, a seconda che ilpunto di attacco sia quello delle imprese oquello delle università e dei centri di ricerca:• supporto ad attività di ricerca e innovazio-ne;

    • trasferimento tecnologico/valorizzazionedella ricerca;

    • governance del sistema della ricerca e del-l’innovazione.

    Viceversa, le attività a supporto dell’alta for-mazione e del capitale umano, rappresentan-do forme di sostegno del fattore produttivooggi più rilevante sia per il mondo dellaricerca sia per quello delle imprese, trovano,seppur con i distinguo necessari, un model-lo di riferimento e strumenti di supportocomuni. Sul versante delle imprese il sup-porto si estrinseca attraverso azioni, general-mente ricondotte a regimi di aiuti di Stato,volte ad incentivare l’investimento delleimprese toscane in attività di ricerca e inno-

    vazione; gli investimenti riguardano perlo-più attività di ricerca industriale, svilupposperimentale e innovazione, anche se nientevieta che si realizzi ricerca di frontiera; nellaselezione si prevedono elementi di premiali-tà per i progetti in cui l’impresa instauri unacollaborazione con i centri di ricerca e leuniversità, sia regionali che non regionali.L’obiettivo di questo supporto non risiedetanto nella creazione di nuova conoscenza,quanto nello sviluppo di nuove tecnologie,processi e modelli capaci di conferire alleimprese operanti in Toscana maggiori capa-cità competitive, con conseguenti ricaduteoccupazionali e produttive sul territorio.Il raccordo con il sistema della ricerca èincentivato per assicurare alle imprese l’ac-cesso a competenze di frontiera capaci diassicurare alle innovazioni realizzate quellanatura di radicalità necessaria ad acquisirevantaggi di lungo periodo rispetto ai compe-titor internazionali. In considerazione dellefinalità, le imprese dovranno essere incenti-vate a rapportarsi alle realtà di ricerca piùavanzate, indipendentemente dalla loroprossimità geografica.

    attualità

    19

  • Localizzazione delle impresespin-off attive (n. 873)

    FoNTE:Netval 2011

    Sul versante delle università e dei centri diricerca, la finalità del supporto risiede nelfavorire la creazione di nuove conoscenzedi frontiera, come anche nell’adattamentodi conoscenze esistenti a nuovi contestiapplicativi, capaci di generare nuove tecno-logie, processi e modelli passibili di appli-cazione tanto nel sistema produttivo esociale della regione quanto in tutto il restodel mondo. In questo caso i bandi privilege-ranno le attività di ricerca fondamentale;saranno tuttavia salutate con favore anchequelle attività di ricerca che possono averericadute immediate sul tessuto produttivo,specie se regionale.

    Le attività di ricerca fondamentale potrannoessere finanziate anche a prescindere da rap-porti e utilizzi immediati nel sistema pro-duttivo, la produzione di nuova conoscenza“ground breaking” ha un valore in sé e puòdare frutti sia partecipando in modo vincen-te alla competizione internazionale per fondidi ricerca, sia trovando soluzioni ad hoc perproblemi, produttivi e sociali, di contestiterritoriali anche lontani dalla Toscana. Lepolitiche a supporto della Smart Specializa-tion richiedono anche di poter orientare leattività di ricerca e innovazione verso le spe-cificità e le opportunità offerte dai partena-riati nazionali ed internazionali. Si trattaanche di creare o migliorare le condizioniper il rafforzamento del sistema delle impre-se, soprattutto quelle medio-piccole, attra-verso la nascita o l’attrazione delle stesse infiliere orientate verso i mercati internaziona-li, lo sviluppo di servizi di alta qualità e tec-nologia. Le relazioni tra il mondo imprendi-toriale e il sistema pubblico e privato dellaricerca dovranno essere rafforzate, promuo-vendo la cooperazione fra imprese, universi-tà, centri di ricerca e il Servizio SanitarioRegionale per le materie d’interesse.

    20

    Partecipazione delle regioniitaliane ad FP7 al Marzo

    2012; comp. %. Italia = 100.

    FoNTE:Elaborazioni su dati Corda

  • Sarà strategica la ricerca d’eccellenza nellearee tecnico-scientifiche di specializzazionedelle università e dei centri di ricerca tosca-ni, in rapporto con il mondo produttivo,favorendo la concentrazione degli interventisui settori innovativi, alla luce della SmartSpecialisation Strategy, cioè della strategiarichiesta dall’Unione Europea per concen-trare le risorse sulle eccellenze dei sistemi ter-ritoriali.Di seguito alcuni ambiti di intervento:• Migliorare le capacità dei centri di

    ricerca pubblici di valorizzare la lororicerca.

    • Promuovere momenti di raccordo conil sistema produttivo e il mondo delleprofessioni.

    • Più raccordo fra alta formazione e op -portunità/necessità delle imprese.

    • Migliorare progettualità per network -ing internazionali.

    • Migliorare capacità imprenditoriali deiricercatori (supporto a spin-off con servi-zi di accompagnamento, formazione al -l’impresa, valorizzazione della terza mis-sione delle università …).

    • Alta formazione e ricerca con percorsiin impresa attraverso assegni di ricercacongiunti, industrial PHD, dottorati inapprendistato.

    attualità

    21

    università e Istituti di ricerca in Toscana

    In Toscana sono presenti numerose università edEnti pubblici di ricerca. Le università generaliste,tutte di antiche tradizioni, sono tre: universitàdegli Studi di Firenze, di pisa e di Siena; a questesi aggiunge un’università monotematica,l’università per Stranieri di Siena, specializzata inlingua e cultura italiane. Alle università statali siaffiancano due Scuole superiori che svolgonoanche attività formative pre-lauream, la ScuolaNormale Superiore di pisa e la Scuola di StudiSuperiori Sant’Anna di pisa, e due Istitutisuperiori, IMT-Institutions Markets andTechnology di Lucca e l’Istituto di Scienze umanedi Firenze. A fianco del sistema universitario si conta lapresenza di istituti e sedi operative di quattro frai maggiori Enti di ricerca nazionali: il ConsiglioNazionale delle Ricerche (CNR), che si articolaprevalentemente attorno a due aree di ricercaprincipali con sede a Firenze e a pisa, l’IstitutoNazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’IstitutoNazionale di Astrofisica (INAF), entrambi consede a Firenze e, infine, l’Istituto Nazionale diGeofisica e Vulcanologia (INGV), con sede a pisa.presso le due aree del CNR sono operativinumerosi istituti di ricerca (12 a Firenze e 7 apisa) e molte sezioni di istituti aventi sede fuoriregione (4 a Firenze e 7 a pisa); altre due sezionidel CNR operano poi a Siena e Massa Carrara.Accanto a queste principali istituzioni di ricercasono inoltre presenti infrastrutture di eccellenzache risultano dalla collaborazione tra alcuni degliistituti di ricerca e delle università sopra citati (acui il personale di ricerca generalmente afferisce)e altri soggetti internazionali della ricerca. Traquesti corre l’obbligo di ricordare:• il Laboratorio Europeo per la Spettroscopia

    non-lineare (LENS), da vent’anni punto diriferimento europeo per la ricerca medianteonde luce basata su un approccioprofondamente multidisciplinare, che trovaapplicazioni dalla fisica atomica alla fotonica,alla biofisica e chimica;

    • il Centro Risonanze Magnetiche (CERM),protagonista nella ricerca internazionale nelcampo della Risonanza Magnetica Nucleare(NMR) applicata alle scienze della vita, dovesono disponibili alcuni speciali spettrometri adalto campo equipaggiati con cryoprobes. IlCERM è uno dei nodi fondatori dellainfrastruttura europea di ricerca INSTRuCTche collega 20 centri europei di eccellenza nelcampo delle risonanze magnetiche ed altre 160istituzioni di ricerca a livello mondiale.

    Le politiche a supporto della SmartSpecialization richiedono di orientarele attività di ricerca e innovazioneverso le specificità e le opportunitàofferte da partenariati nazionali e internazionali

  • Supporto dell’alta formazione e del capitale umano

    La competitività del sistema regionale, tanto nella componente industriale quanto in quelladei servizi pubblici e privati e nel sistema della ricerca, dipende sempre più dalla absortivecapacity degli attori. In un sistema in cui i processi produttivi sono sottoposti a un continuoaggiornamento e la vita utile dei prodotti e delle tecnologie, cioè il tempo nel quale perdurail loro vantaggio competitivo, si riducono progressivamente, diviene necessario incorporaresempre nuova conoscenza nei processi di produzione. A tal fine la capacità delle organizza-zioni produttive di appropriarsi di nuove conoscenze e di adattarle alle proprie strutturedipende in modo fondamentale dalla disponibilità di personale altamente qualificato. Ladisponibilità di laureati e dottori di ricerca con ottimi livelli di formazione rappresenta unrequisito fondamentale nella competizione internazionale e verso questi profili va orientatala domanda di lavoro da parte delle imprese, specie se piccole, come quelle toscane.

    Le attività a supporto dell’alta formazione si realizzano sia agendo sulle risorse umane delleimprese sia attraverso azioni a supporto dell’attività di alta formazione delle università, diborse di dottorato e assegni di ricerca negli ambiti disciplinari strategici individuati dagli attidi programmazione. In particolare, possono svolgere un ruolo di primaria importanza quel-le azioni che, finanziando percorsi di ricerca e alta formazione in collaborazione fra il mondodella ricerca ed il mondo delle imprese (dottorati in azienda – assegni di ricerca congiunti –mobilità del personale ecc.), favoriscono l’accesso dei giovani più formati nel mondo produt-tivo. Lo sviluppo di meccanismi per un effettivo trasferimento dei risultati della ricerca alleimprese è una sfida di importanza sempre più pressante, dal momento che può permettereun più accurato e finalizzato sfruttamento delle risorse pubbliche, la creazione di comunitàimprenditoriali, la nascita o la stabilizzazione di nuovi posti di lavoro sul territorio che atti-rino persone di talento provenienti da tutto il mondo, incoraggiando la trasformazione dellaToscana in una rete di smart cities. Per favorire lo sviluppo locale è necessario intervenire nei rapporti tra società locale e svilup-po socio-economico territoriale, con particolare attenzione allo sviluppo del capitale sociale,alla crescita delle capacità relazionali e al funzionamento dei sistemi istituzionali della socie-tà locale. Il mondo delle università e della ricerca, insieme alle componenti sociali e al mondodelle professioni, potrà e dovrà svolgere un ruolo chiave per accompagnare la Toscana versoun sentiero di sviluppo nuovo rispetto al passato, formando non solo capitale umano, maanche conoscenze utili all’innovazione e realizzando assieme ad esse nuove soluzioni per tuttala società civile.

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    Composizione ricercatoritoscani per area disciplinare

    al 31/12/2011

    FoNTE:MIUR 2012

    Area biomedica

    Area tecnologica

    Area scientifica

    Area umanisticastorico-artistica

    Scienze economichee sociali

  • a Regione Toscana è da molti anniimpegnata nella prevenzione sismi-ca del proprio territorio, mediante

    analisi e ricerche spesso all’avanguardia. Taliattività vengono svolte sia a differenti scaled’indagine (dalla scala regionale a quellacomunale ed a quella del singolo sito di pro-getto) sia mediante approcci multidiscipli-nari, connessi con la stima dei parametri checoncorrono alla definizione del rischiosismico.

    I criteri di riferimento per la classificazione sismica

    A scala regionale, è bene ricordare che laRegione Toscana aveva già provveduto nel2006 ad una riclassificazione sismica (Del.GRT 431 del 19 giugno 2006), coerentecon i nuovi criteri nazionali di pericolositàsismica (O.P.C.M. 3519/2006), la cui Map-pa di Pericolosità sismica è riportata, per ciòche attiene al territorio toscano, in figura 1.Ciò portò, tra l’altro, nei territori in cui dainuovi studi scientifici nazionali risultavanolivelli di sismicità inferiori rispetto ai prece-denti criteri, all’adozione cautelativa di unazona intermedia (denominata zona 3S),caratterizzata dal mantenimento degli stan-dard costruttivi previsti per la zona sismicasuperiore (zona 2). Tuttavia, in relazioneall’avvenuto scollegamento tra classificazio-ne sismica e progettazione, a seguito dell’en-

    trata in vigore della nuova normativa nazio-nale (Norme Tecniche per le Costruzioniemanate nel gennaio 2008 ed entrate defini-tivamente in vigore il 1° luglio 2009, diseguito NTC 2008), la Regione Toscana haritenuto di dover predisporre un ulteriore epiù approfondito studio inerente l’aggiorna-mento della classificazione sismica. Attual-mente, infatti, con l’entrata in vigore delle

    attualità

    23

    Vittorio D’Intinosantegeologo

    Regione Toscana

    Luca Goriingegnere

    Regione Toscana

    l

    l’aggiornamento della classificazione sismica

    dei comuni della Regione Toscana

    Fig. 1

  • NTC 2008, la stima della pericolosità sismi-ca, intesa come accelerazione massima oriz-zontale su suolo rigido, viene definitamediante un approccio “sito-dipendente” enon più tramite un criterio “zona-dipenden-te”. In sintesi, non si progetta più stimandol’azione sismica a partire dalla zona sismicadi appartenenza del comune sede del proget-to, ma calcolandola ad hoc per il sito di pro-getto, inserendo la localizzazione nellamappa nazionale di pericolosità (Allegato Bdelle NTC 2008). La classificazione sismicadel territorio rimane, però, il riferimento perla trattazione di problematiche tecnico-amministrative connesse con la gestione delrischio.Quindi, con Deliberazione GRT n° 878dell’8/10/2012 è stato approvato l’aggior -namento della classificazione sismica regio-nale. L’atto è entrato in vigore a 60 gior nidalla pubblicazione sul Bollettino Ufficialedella Regione Toscana, avvenuta in data24/10/2012 (BURT Parte Seconda n. 43del 24/10/2012 Supplemento n. 136).L’aggiornamento, redatto anch’esso ai sensidell’Ordinanza del Presidente del Consi-glio dei Ministri n° 3519/2006, si è resonecessario, oltre che per recepire le citatenovità introdotte dall’entrata in vigoredelle nuove Norme Tecniche per le Costru-zioni (NTC 2008), per rendere la classifi-cazione sismica (riferimento per la discipli-na dei controlli sui progetti depositati pres-so gli Uffici tecnici regionali preposti)maggiormente aderente all’approccio pro-gettuale “sito-dipendente” introdotto dallevigenti Norme.L’analisi dei dati sismici operata nell’ambitodelle attività connesse con l’aggiornamentodella classificazione sismica descritta nellapresente nota è stata condotta, quindi, allaverifica dell’interazione della Mappa dipericolosità sismica nazionale con i datiamministrativi e censuari dei comuni classi-ficati a bassa sismicità. Il fine, teso, comegià evidenziato, al superamento della zona3S, è stato quello di verificare mediantemoderne procedure per quali comuni(erano 173 quelli collocati in zona 3 e 3S)fosse possibile ipotizzare l’inserimento inzona sismica 2 e per quali la conferma nellazona sismica 3. L’analisi si è svolta secondodifferenti fasi di approfondimento, di segui-to sintetizzate:

    • STEP 1: selezione dei comuni di zona 3 e3S con presenza di aree ad accelerazioneag>0.15g (valore di accelerazione ritenutadai criteri nazionali la soglia di passaggioalla zona sismica 2);

    • STEP 2: calcolo per ognuno dei suddetticomuni della percentuale di area ad acce-lerazione ag >0.15g;

    • STEP 3: calcolo per ognuno dei comunidella percentuale di popolazione residentee di abitazioni presenti in area ad accelera-zione ag >0.15g.

    Tale approccio rappresenta un’approfonditaanalisi territoriale dell’interazione tra Mappadi pericolosità sismica nazionale e datiamministrativi e censuari. Utilizzando soglieampiamente cautelative si è stabilito comeper 5 comuni fosse opportuno l’innalzamen-to alla zona sismica 2, in virtù del fatto che,sulla base delle analisi effettuate nei suindi-cati STEP, essi presentavano importanti por-zioni del territorio comunale (>40%) inte-ressate da accelerazioni >0.15g ed in cui ilnumero della popolazione residente e degliedifici presenti raggiungeva percentuali nontrascurabili (>30% del totale) ai fini del-l’esposizione e quindi del rischio sismici.I comuni in oggetto sono: Stazzema (LU),Villa Basilica (LU), Marliana (PT), Pelago(FI) e Talla (AR). Sulla base delle medesimeconsiderazioni, i rimanenti comuni (nelnumero di 168), classificati con Deliberazio-ne GRT n° 431 del 19/6/2006 in zonasismica 3 e 3S, sono stati confermati in zonasismica 3, nella quale – come detto – nonsussiste più la specificazione dei comuni “S”.

    24

    L’aggiornamentodellaclassificazionesismica è basatosull’interazione tra la Mappa di pericolositàsismicanazionale e i datiamministrativi e censuari dei vari comuni

  • Non si è ritenuto, infine, di apportare modifiche per ciò che concerne i comuni già classi-ficati con Deliberazione GRT n° 431 del 19/6/2006 in zona sismica 2 ed in zona sismica4. Ne conseguono, pertanto, una zona sismica 2 caratterizzata da 95 comuni ed una zona 3relativa a 168 comuni; la zona 4 rimane inalterata a 24 comuni (figura 2). Il documentonella versione integrale è consultabile sul sito dell’Ufficio Prevenzione Sismica regionale, allink:

    http://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/03normativa/classificazione/classificazione_toscana/index.htm

    attualità

    25

    Fig. 2

  • Gli effetti della nuova classificazione

    La nuova classificazione sismica, benchéaccurata e aggiornata, non interferisce diret-tamente con l’attività di progettazione. Infat-ti l’azione sismica è determinata in funzionedelle caratteristiche del sito di costruzione edelle caratteristiche della costruzione stessa.Per questi fini non sarebbe necessaria alcunaclassificazione intesa come individuazione dizone omogenee (valori di pericolosità simili).La classificazione sismica è funzionale allapianificazione territoriale ed, in particolare,alla regolazione delle procedure di controllosull’attività edilizia. Per questo, oltre adaggiornare la classificazione sismica territo-riale, la Regione Toscana ha emanato unnuovo Regolamento (n. 58/R/2012) sui con-trolli a campione (per sorteggio) nelle zone abassa sismicità.In sostanza il territorio regionale si presentasuddiviso in:• zona 2 (alta sismicità) che comprende 92comuni (per la Provincia di Firenze: Bar-berino del Mugello, Borgo San Lorenzo,San Piero a Sieve, Scarperia, Firenzuola,Marradi, Palazzuolo sul Senio, Vicchio,San Godenzo, Dicomano, Rufina, Londa,Pelago). In questi comuni è necessarial’autorizzazione sismica preventiva perl’esecuzione delle opere strutturali, rila-sciata in ottemperanza all’art. 94 del DPR380/2001. Non vi è alcuna modifica ri-spetto al precedente ordinamento, salvo

    l’inserimento del Comune di Pelago cheproveniva dalla zona 3s a bassa sismicità;

    • zona 3 (bassa sismicità) che comprende168 comuni. La zona, molto vasta e carat-terizzata da pericolosità di sito molto dif-ferenziata, è stata divisa in tre fascie:– fascia A, caratterizzata da accelerazionisu suolo rigido (VN=50 anni, CU=II,spettro SLV 10%) ag >0,150;

    – fascia B, caratterizzata da accelerazionisu suolo rigido (VN=50 anni, CU=II,spettro SLV 10%) 0,125 < ag

  • Le modifiche introdotte con il nuovo Rego-lamento hanno interessato prevalentementequella che prima era individuata come zona3S e zona 3. La nuova classificazione ha comescopo quello di graduare l’attività di control-lo in proporzione alla pericolosità sismica delterritorio. In sintesi, nella nuova zona 3(bassa sismicità) per iniziare l’esecuzione diopere strutturali è necessario il semplicedeposito del progetto presso l’Ufficio delGenio Civile di competenza (art. 93 del DPR380/01). Il controllo sarà attivato su percen-tuali diverse in funzione della fascia di terri-torio nel quale l’intervento viene realizzato.

    Se il sito di intervento è posto nella fascia Ala percentuale di progetti sottoposti a con-trollo sarà pari al 40%.Se il sito di intervento è posto nella fascia Bla percentuale di progetti sottoposti a con-trollo sarà pari al 10%.Se il sito di intervento è posto nella fascia Cla percentuale di progetti sottoposti a con-trollo sarà pari al 5%.Com’è possibile intuire, le fasce non seguo-no e non rispettano i limiti territoriali edamministrativi dei comuni. Pertanto è possi-bile che all’interno di un comune vi sia piùdi una fascia. Ciò è più probabile nei comu-ni territorialmente molto estesi. Nonostantequesta nuova regolamentazione sembri com-plessa, in realtà non comporta alcun aggra-vio per il lavoro dei professionisti

    Infatti la nuova classificazione non interferi-sce direttamente con la progettazione (che,come accennato, è già sito-dipendente perquanto riguarda la determinazione dell’azio-ne sismica). L’unica novità prevista è ladichiarazione, al momento del deposito delprogetto, della fascia di appartenenza delsito di intervento. In sostanza il progettistadeve indicare sia il valore di ag che la fascia.Il valore di ag è riferito a un tempo di ritor-no di 475 anni (non quello di progetto) ed èfacilmente definibile mediante softwaredisponibili anche gratuitamente in rete. Percontro vanno esplicitamente calcolati nelcaso si tratti di interventi locali o di ripara-zione. L’effetto principale di questo nuovoordinamento sarà quello di mirare l’attivitàdi controllo prevalentemente in quelle zonedove la pericolosità sismica è maggiormenteelevata.

    attualità

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    hi l’ha detto che abbandonare gli studi d’Ingegneria sia una cosaillogica, irrazionale, anche un po’ anticonformista? Sono tante leindicazioni che la nostra mente offre a chi ha scelto e inizia a “fare”

    Ingegneria, e vengono tutte dal profondo della propria identità e vocazione,a dispetto di coloro, e sono rari, che vorrebbero prendere un pezzo di cartaper lavorare, senza esserne in qualche modo “portati”. Si diceva appunto chegli studenti di Medicina e Ingegneria, e perché no, di Agraria e Farmacia, fos-sero tra i più impegnati accademicamente durante il corso degli studi, tantoda sembrare secchioni, e gli “ingegnerandi” in particolare, fuori dal contestosociale, troppo seri, dal pensiero troppo razionale, scientifico, e poco o pernulla pragmatico, risultando imprevedibili quando dimostrano il contrario.Sono andato a trovare Andrea Tacchi, liutaio fiorentino di professione da molti anni, e l’ho invitato a darci una lettura diversa di chi affronta glistudi d’Ingegneria e li abbandona dopo appena due anni. Nella sua bottegaintrisa dal profumo dei legni, pentolini di colla in bagno-maria, vernici dalcolore dell’ambra raccolte in bottiglie di fogge diverse; appese al muronumerose sagome, campioni di strumenti musicali da costruire, una vasta

    intervista ad Andrea Tacchi,

    liutaio fiorentino

    c

    L’intervista

    rubrica a cura di Lio Fitti

    un mancato ingegnereper il piccolo

    mondo della liuteria

  • serie di scalpelli, pialletti e morsetti, e, sem-pre appesi o sul tavolo di lavoro, in “silenzio-sa attesa”, alcuni strumenti in fase più omeno avanzata di costruzione, che prestosaranno completati.Il liutaio è l’artefice occulto della musica, midice subito Andrea Tacchi, colui che, se nellasua routine costruisce per il musicista lo stru-mento che si suona al momento, al tempostesso è un anticipatore della musica cheverrà. Per assurdo si può dire che Chopin ègrande anche perché Bartolomeo Cristoforiinventa il fortepiano, quando ancora il compositore non è nato. Gasparo da Salòconcepisce il violino e con questo, e con losplendido suono del quartetto d’archi, dallamusica rinascimentale si passa al barocco ealla musica classica come la intendiamo ora.Il liutaio lavora a fianco del musicista, neascolta le necessità, suggerisce le alternative.La figura del liutaio, spesso per sua volontàadombrata nei confini del laboratorio, sevista in questi termini prende un’altra impor-tanza. Il liutaio interpreta il suo tempo eintroduce le novità per le generazioni futuredi compositori. Progetta la musica.

    Un momento, procediamo per gradi.Sì. Quando mi è stata proposta quest’intervi-sta per “ProgettandoIng”, riguardo alla miaattività di artigiano, mi è venuto spontanea-mente da sorridere, riandando con la memo-ria a quel giorno di primavera di tanti anni fain cui riconsegnai a Santa Marta (sede dellafacoltà di Ingegneria di Firenze) il mio libret-to degli esami, rimasto in un cassetto neiprimi anni, per cui, smesso di studiare e fareesami, mi ero avventurato nel mondo dellavoro. Se da un lato fu come levarmi un pesodi dosso, dall’altro come se a un principiantetrapezista di circo, avessero tolto la rete disotto. Oramai non c’era più niente da fare,con la riconsegna del libretto il dado era tratto e da quel momento in poi c’era da darsida fare sul serio per dimostrare a me e almondo che quella difficile decisione, cosìimprobabile, insicura e azzardata, si era rive-lata, poi, per le mie attitudini, quella giusta. Provengo da una famiglia di artigiani, ecce-zion fatta per le generazioni immediatamenteprecedenti, quelle di mio padre e di miononno, che erano stati commercianti; gli avi

    l’intervista

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  • erano stati artigiani, orefici, intagliatori, scul-tori. La necessità di lavorare con le manidoveva essere nel mio DNA e mi assalivaimpetuosa fin dall’infanzia; una scatola dilegno da smontare e tramutare in qualchealtro oggetto era un’avventura che potevadurare una settimana. Come quando, ricordo di aver ricevuto inregalo il motore di un Garelli Mosquito allu-vionato da smontare e rimontare, altro cheLego o Meccano, era meccanica vera! L’ave-vo chiesto per la prima comunione. Abitava-mo a Firenze, in Piazza Stazione, mia madrelo comprò da un meccanico che lavorava lìvicino, in Via Palazzuolo. Me lo fecero trova-re in una cassetta di cartone bianco, ricordofaceva il contrasto assoluto tra il bianco nito-re della carta e quella crosta di “mota secca”,le alette del raffreddamento ne erano intasa-te, e una volta che riuscii ad aprirlo, il cilin-

    dro oltre al pistone sputò una grossa pastigliadi fango secco. Smontarlo fu un’impresa;tutto era bloccato dalla ruggine, e non ci fumai verso di farlo ripartire. Anni dopo, in facoltà, per l’esame di disegno ci fu chie-sto di portare il rilievo di un pezzo meccanico e io non mi potetti esimere dalfare un omaggio al piccolo curioso che erostato, disegnando la biella del Mosquito, cheera invero bellissima, con l’elegante lucidabronzina in testa e con tutti i piccoli rulli chene trasformavano il piede in un autenticogioiello.

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    Il liutaio è l’artefice occulto della musica, l’anticipatore di quella che verrà, colui che ascoltae suggerisce il musicista. Il liutaio progetta la musica

  • Sì, ma noi la conosciamo come liutaio.Cos’hanno a che vedere con la sua profes-sione motori e studi d’Ingegneria?Devo andare per gradi a spiegare, mi ci vorràun po’. La mia prima chitarra l’ho costruitaper necessità, avevo circa 15 o 16 anni, daqualche tempo strimpellavo una vecchia pic-cola chitarra siciliana, prestatami da qualchecugino, la quale suonava come una scatolada scacchi a cui si fosse attaccato un manicoe messe delle corde. Ricordo che per darleimportanza le avevano intarsiato sul pianoun cigno di plastica verde nero e rosso, cheperò, invece di darle un tono, la rendeva irrimediabilmente sempre più simile a un souvenir da attaccare sopra il forno di unapizzeria, fra una conchiglia e un guscio ditartaruga, invece che a uno strumento dasuonare. Una sera in televisione vidi un con-certo dei Bee Gees, uno di loro imbracciava

    una chitarra enorme, un modello americano,ne feci un disegno a occhio e dopo un po’ ditempo me ne costruii una simile; compensa-to trovato in qualche fondo di armadio, ilmanico ricavato da una doga di botte, men-tre la rosetta, cioè la decorazione che staintorno alla buca, detta foro armonico, me ladisegnò a fiorellini un mio amico che facevala scuola d’arte. Una volta finita, la chitarraaveva sì diversi problemi, ma era grandissimae bianca; tutti la notavano. A quel tempo frequentavo la parrocchia e la domenica suonavo in chiesa con quella, e… suonava!Ne ero stupito. Aveva ragione Socrate: “Lasaggezza comincia con la meraviglia”.

    l’intervista

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  • Sì, Socrate aveva ragione: “comincia”, maaveva taciuto che, per la conquista dellastessa, sempre che si arrivi a possederne unpo’, ci vuole una vita.Eh, sì, prende una vita, anzi ce ne vorrebbe-ro sette come per i gatti. All’inizio della miacarriera mi ero dovuto immergere totalmen-te nella conquista dei mezzi tecnici, di comeaffilare e tenere un utensile, di quale meto-dologia usare per fare un lavoro. Comprareil legno giusto, capirlo, assecondarne lafibra, l’indole. Tutto era difficile, avevo unbuon Maestro, un esule argentino degli annidei voli della morte; durante il suo esilio

    aveva studiato come architetto al MIT diBoston per poi venire a Firenze dove avevalavorato in studi prestigiosi e successivamen-te seguito il suo desiderio che era quello dicostruire strumenti musicali. Era un uomocapace, disegnatore bravissimo e, a qualun-que domanda gli ponessi, prendendo un po’di tempo e con l’aiuto di carta e penna, qualche libro di fisica o matematica, sapevatrovare una risposta. Purtroppo se ne andòda questo mondo ancora ben giovane,lasciandomi nei primi anni della professionesenza una guida. Decisi allora di andare inFrancia per incontrare dei Maestri di livellointernazionale che conoscevo solo di fama, ela frequentazione dell’ambiente parigino,che aveva ben altro respiro di quello a cuiero abituato, mi ha fatto assumere negli anniuna dimensione internazionale per il pubbli-co della chitarra.

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  • «La musica è una scienza che deve avereregole certe», scriveva J.P. Rameau nel suoTrattato dell’armonia ridotto ai suoi princi-pi fondamentali, e «queste devono essereestratte da un principio evidente, che nonpuò essere conosciuto senza l’aiuto dellamatematica». Cosa ne pensa?Sì, come nella musica, nella costruzionedella chitarra i numeri c’entrano eccome.C’era, nella costruzione della chitarra, alme-no per come era arrivata ai giorni nostri,tanto, troppo di empirico, dei “si è semprefatto così e così si deve fare”, che non mibastavano. Durante gli studi e in particolarenella full immersion in matematica e fisicafatta nel biennio di Ingegneria, i miei dubbisulla mancanza di regole certe nel disegno enella costruzione dello strumento prendeva-no sempre più consistenza. Ci doveva essereun modo più razionale per disegnare, per

    dimensionare uno strumento, da coniugarein seguito con la parte artistica: l’intuizionepresente in dosi diverse in ciascuno di noi.Una regola sbagliata, analizzando con ladovuta onestà i risultati acustici ottenuti, sisarebbe sempre potuta cambiare ed eracomunque una traccia; viceversa il frutto diun insieme di sensazioni, quasi di supersti-zioni, restava solo una casualità che, perquanto giusta fosse risultata, poco mi avreb-be insegnato sulla sua ripetitività in tutti glialtri casi. Giunsi così alla decisione che eranecessario applicare quello che avevo studia-to alla costruzione delle mie chitarre!

    l’intervista

    I numeri sono una componenteessenziale della progettazione di una chitarra. Gli studi di matematica e fisica, le loro regole ferree applicate al disegno sono la fase razionale del lavoro del liutaio, da coniugare,poi, con quella artistica

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  • E dunque come procedette?A differenza di ora, in cui sul web si trovanotesti, foto e filmati di tutti i tipi sulla costru-zione delle chitarre, a quel tempo esistevanosolo due pubblicazioni in inglese: una sullastoria dello strumento e un’altra sulla costru-zione. Quest’ultimo, praticamente unmanuale scritto da un americano, si limitavaa mettere insieme un guazzabuglio di imma-gini e passaggi incongruenti fra loro, tantoche in molti abbiamo avuto il dubbio chel’autore avesse veramente portato a terminealmeno uno strumento. Dunque mi avvalsidi testi di liuteria classica, dal violino al pianoforte, scritti nell’Otto-Novecento, e difisica acustica. Presi a ridisegnare gli esempiuniversalmente riconosciuti come i più belli

    fra le chitarre del passato, fino a ritrovare leregole precise che qualche matematico dicorte doveva avere usato, come già accadevaper il violino, per tracciare la forma dellachitarra. E infatti fu così che, partendo dallalunghezza della cassa dello strumento, ritro-vai, con frazioni a base 2, 3 e 5, tutte le curvee i lati di triangoli equilateri e isosceli chedisegnavano il profilo usato da liutai spa-gnoli del passato; regole la cui cognizione siera persa col tempo, ma che erano ancorapresenti nella forma dello strumento.La forma è molto bella, obiettivamente piùbella di una che si può ottenere disegnando-la a proprio gusto; anche per aggiustamentiprogressivi, è proporzionata e armoniosacome si può dire di un cerchio “senza difet-ti”. Quella del disegno dello strumento “inpianta” fu la prima vittoria della razionalitàcontro l’empirismo, e risale ai primi anni’80. Sempre sulla forma esterna poi, qualcheanno dopo, ho affrontato gli studi sullavisione “laterale” dello strumento e attraver-so sviluppi di sfere ho ottenuto precise bom-bature di raggi ben determinati che danno alsuono maggiore compattezza e alla chitarra,quando guardata di lato, una forma elegantee accattivante al tempo stesso. Gli studi miavevano insegnato a dare importanza nonsolo alla larghezza di una struttura in pianta,ma, soprattutto, alla sua altezza.

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  • Quanto sono determinanti i materiali?In questo caso non è stata tutta farina delmio sacco come nel caso del disegno. Devointrodurre il discorso dell’archetto o arcousato per suonare il violino, la viola, il vio-loncello e il contrabbasso. Questi accessori indispensabili agli strumenti, detti appunto“archi”, sono di per sé un capolavoro, unamolla naturale e sapiente la cui elasticità èquella che deve poter esprimere la volontàdel musicista, da un “pianissimo lacrimoso” aun “esplosivo fortissimo” di una velocità pra-ticamente istantanea. L’arco non è altro cheuna sottile bacchetta di legno tropicale, spes-so il Pernambuco del Brasile, che viene lavo-rata e rastremata a un estremo, la cui piega-tura effettuata a caldo, come un arco, appun-to, si mette in equilibrio con un fascio dicrini di cavallo teso fra le due estremità dellabacchetta di legno. Si capisce subito quale, aldi là della lavorazione, possa essere l’impor-tanza del legno con cui lo si costruisce. Biso-gna qui puntualizzare quanto sia unico que-sto materiale che dipende, non solo dal luogodi provenienza, ma anche dalla pianta e dalleparti diverse della stessa pianta.Fu Giovanni Lucchi, un ingegnoso costrutto-re di archi di Cremona, anche lui insoddisfat-to dell’incostanza dei risultati ottenuti“andando a occhio”, a mettere a punto anniprima una macchina elettronica che, tramitel’appoggio di due sonde al materiale da ana-lizzare e un veloce calcolo matematico, riusci-va a dare con precisione la velocità del suonoall’interno del materiale stesso. Questa, a suavolta, elevata al quadrato e al peso specifico,comunque poi legata al modulo di Young,

    aveva altresì una funzione importantissima:messa in rapporto con il peso specifico delmateriale analizzato, ne dava un coefficientedi qualità “Q”. Insomma, praticamente, piùun materiale fosse stato leggero e al tempostesso veloce nel farsi attraversare in diversedirezioni dal suono, maggiore sarebbe stata lasua qualità acustica. Le cose complesse, comeil suono di uno strumento, sono composte daun’infinità di sfumature e questo apparecchioelettronico, che ho da quasi venticinque anni,mi consente di analizzare ogni pezzo di legnoche introduco nella costruzione di un miostrumento.

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  • E come tiene conto di queste conoscenzeall’atto della costruzione?Questa è senz’altro la parte più creativa eassieme difficile. Ben si adatta questa fase alnome della vostra rivista “ProgettandoIng”in quanto ogni chitarra fa testo a sé. All’in-terno della mia produzione, io realizzodiversi modelli. Alcuni di essi, ispirati a chitarre di autori celebri del Novecento spagnolo, hanno una struttura più leggera e una dinamica meno “esasperata”, più tranquilla, e il suono che danno è pure unsuono simile a quello che era in voga in taleepoca. Altri invece, di mia totale concezione,sono strumenti contemporanei, con soluzio-ni nuove e avveniristiche sia, come dettoprima, nella forma, sia nei legni, alcuni deiquali mai utilizzati prima in liuteria. Finoall’impiego di materiali innovativi, quali icompositi in fibra di carbonio, inseriti nella struttura con tecniche di incollaggiparticolari, come il sottovuoto, con resinestrutturali. A parte rari casi in cui il clientechiede un certo tipo di strumento di cui sagià tutto, in tutti gli altri occorre capire benequale sia lo strumento che lui si aspetta glisia costruito. Questo strumento non dovràsoddisfarlo per l’arco della prima settimanain cui lo suonerà, ma per molti anni a veni-re. Occorre dunque ascoltare con attenzionesia le parole che il modo di suonare delcliente per suggerire poi con esattezza la

    nostra idea riguardo allo strumento che eglista cercando. Una volta scelti il tipo di strumento e dunque la sua forma esterna, lasua tipologia più evidente e la descrizionedel suono preferito, starà al liutaio proporreuna certa combinazione delle qualità dilegno fra tutte le diverse possibili. Si passapoi alle decorazioni esterne, che ben si devo-no adattare all’epoca dello strumento, e allascelta degli spessori; il dimensionamentodelle strutture interne. Tutto concorrerà allaformazione del suono, del timbro dello strumento, brillante o caldo, tenorile osopranile, moderno o antico, facile da suo-nare e immediato, ottimo per registrareoppure più teso ma più adatto alle grandisale, più adatto alla musica del tardo Nove-cento e alla musica contemporanea. Unatavolozza infinita di sfumature di colore dapoter utilizzare.

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  • Ha ancora nostalgia per gli studi d’Inge-gneria?Erano molto interessanti. Col tempo, horipreso in mano i vari libri che utilizzavamoal biennio, più gli altri delle superiori,approfondendo i campi che interessavano lamia professione. È strano come si possanoimparare, magari dolorosamente sul campo,le conseguenze dell’aumentare o assottigliareuna struttura e come questa relazione la siritrovi pari pari in una formula scritta daHelmholtz due secoli prima. La curiosità delgiovane si è sposata con quella dello studio;quel che pensavo di aver gettato dalla fine-stra con l’atto di rendere quel libretto, met-tendo anima e corpo nel solo far trucioli,abbandonando i libri, torna dalla porta. Se,come per magia, dovessi alla luce dei fattirifare il biennio di Ingegneria, ci mettereitutto l’impegno possibile, sapendo adessoquanto è stato importante e formativo.Guardando indietro, in valore assoluto, devoammettere di non essere stato un grande stu-dente, ma un discreto sognatore che oggiriconosce le sue colpe. Comunque, tut te lelezioni a cui ho avuto la fortuna di assisterehanno plasmato un po’ la mia mente dando-mi quella curiosità analitica che nel piccolomondo della liuteria mi fa avere tra i colle-ghi un notevole credito anche a livello inter-nazionale; le mie osservazioni sono oggettodi attenzione, le mie opinioni hanno unpeso sullo sviluppo dello strumento. Ai mieibrevi studi devo il merito di avermi fattodiventare, pur con tutte le mie lacune, unpersonaggio autorevole e ascoltabile, e nonuna sorta di illuso sognatore all’eterna ricer-ca della maniera di trasformare il fango inoro dentro una vecchia padella di rame.

    Il colloquio del liutatio con il cliente è fondamentale per capire le esigenzeche dovrà soddisfare lo strumento:vanno ascoltate le parole ma anche il modo di suonare del musicista, cosicché il prodotto finale lo soddisfi non solo il primo giorno, ma per molti anni a venire

    l’intervista

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  • 38

    Premessa

    o sviluppo di una società è strettamente connesso ai suoi livelli di urbanizzazione,industrializzazione e al suo sistema di reti di trasporto, in termini di dimensione,intensità e densità.

    La mappa globale dell’accessibilità mostra l’alta concentrazione di città e mette in evidenzale aree maggiormente urbanizzate e popolate. Si legge una sorta di “restringimento” delmondo: i voli low cost, il trasporto commerciale su larga scala e l’espansione delle reti infra-strutturali lasciano solo il 10% della superficie terrestre non connessa o mal collegata con ilresto del mondo. Il nostro pianeta sta diventando un unico grande sistema di città fortemen-te interconnesse tra loro.

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    suoni e rumori delle città intelligenti

    l

    L’“intelligenzĭa”: dal latino “intelligere”, “capire” o meglio, secondo alcuni studiosi, unionedel verbo legĕre, “scegliere”, “leggere”, e l’avverbio intus, “dentro” o inter, “tra”. È la capacità dicomprendere oltre la superficie. [1]La relazione tra intelligenza, città, architettura, urbanistica, paesaggio e sostenibilità si concretizzanel nuovo slogan di “Smart City”. Si tratta di un modello di città capace di offrire, oltre allamigliore vivibilità per i propri abitanti, un alto grado di sostenibilità dato dall’integrazione tra letecnologie impiegate e i servizi offerti, alla luce dei principi di innovazione, informazione econdivisione. [2]L’intelligenza, in questo contesto, sta nell’anticipazione utile delle esigenze degli abitanti dellecittà, intese come piccoli nodi di una vasta rete ambientale, energetica ed economica.

    Sergio Luzziingegnere

    Coordinatore del Gruppo

    Acustica

    Commissione Ambiente

    ed Energia

    dell’Ordine degli Ingegneri

    della Provincia di Firenze

    Global map of Accessibility

    Solo il 10% delle terre emerse può essere considerato remoto(distante più di 48 ore di viaggio da una una grande città)

    Fig. 1 - Mappa Globaledell’accessibilità.

    FoNTE:wordpress.com/2011

  • riflessioni

    Dal 2008, più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane. Entro il 2030, lecittà rappresenteranno la casa di quasi 5 miliardi di persone e la popolazione urbana dell’Afri-ca e dell’Asia raddoppierà in meno di una generazione. Il forte incremento della popolazio-ne esistente rappresenta una po tenzialità, ma anche una nuova sfida.

    Infatti, il numero crescente di città e di persone che vivono in spazi urbani è connesso conla presenza di infrastrutture materiali, ma anche, e sempre di più, con la disponibilità equalità della comunicazione e delle cosiddette infrastrutture sociali. Le città ospitanoattualmente oltre il 50% della popolazione mondiale, consumano il 75% dell’energia mon-diale, sono responsabili dell’80% delle emissioni di CO2, producono il 75% dei rifiuti. LeAmministrazioni delle città, responsabili delle politiche locali che incidono direttamentesulla salute e sul benessere dei cittadini,sono chiamate a sempre maggiori responsa-bilità con risorse sempre minori. Da qui lanecessità di proporre un’urbanizzazioneintelligente e sostenibile, che consiste nel-l’applicazione sistematica di un approcciodi tipo “smart” alla gestione del territorio edel concetto di sviluppo sostenibile alla pia-nificazione urbana. La pianificazione strate-gica dovrebbe infatti partire da concettibase come compattezza, completezza, con-servazione, comfort, coordinamento e col-laborazione. [3]Riguardo all’esistente, le politiche di gestionedel territorio dovrebbero procedere a definirestrategie di integrazione dei piani che si occu-pano di energia, di ottimizzazione delle risor-se e mitigazione di tutti gli agenti inquinanti.

    Fig. 2 - Mappa della popolazione

    FoNTE:“Word Atlas”

    Fig. 3 - Previsione dell’incrementodella popolazione.

    3939

  • Nel dettaglio, per ciascuna dimensione si fariferimento ai seguenti criteri:1. SMART ECoNoMY – una città smartgarantisce lo sviluppo dell’economia attra-verso la costruzione di una rete in cui ivari portatori di interesse e le loro comu-nità possano avere cittadinanza e voce; èuna città che offre un ambiente adeguatoalla creatività, promuove innovazioni esperimentazioni e studia in continuazionenuovi modelli economici o adegua quelliesistenti al più alto fine della sostenibilità.

    2. SMART MoBILITY – una città smart èuna città in cui gli spostamenti sono age-voli, che garantisce una buona disponibi-lità di trasporto pubblico innovativo esostenibile, che promuove l’uso dei mezzia basso impatto ecologico, che regolamen-ta l’accesso ai centri storici privilegiando-ne la vivibilità (aree pedonalizzate); unacittà smart adotta soluzioni avanzate dimobility management e di info-mobilitàper gestire gli spostamenti quotidiani deicittadini e gli scambi con le aree limitrofe.

    3. SMART ENVIRoNMENT – una cittàsmart promuove uno sviluppo sostenibi-le che ha come paradigmi: la riduzionedella produzione di rifiuti, la loro valoriz-zazione economica e il potenziamentodella raccolta differenziata; la riduzionedrastica delle emissioni di gas serra tra-mite la limitazione del traffico privato,l’ottimizzazione delle emissioni indu-striali, la razionalizzazione dell’edilizia,così da abbattere l’impatto del riscalda-mento e della climatizzazione; e ancora,la razionalizzazione dell’illuminazionepubblica, la promozione, protezione egestione del verde urbano, lo sviluppourbanistico basato sul “risparmio disuolo”, la bonifica delle aree dismesse.

    4. SMART pEopLE – una città smart pro-muove la partecipazione e lo sviluppodella propria identità culturale; condivi-de il proprio patrimonio culturale e leproprie tradizioni, intese come “benicomuni” per i propri cittadini e i proprivisitatori; usa tecniche avanzate per crea-re percorsi e “mappature” tematiche perrendersi facilmente fruibile.

    5. SMART LIVING – una città smart dire-ziona la ricerca per il miglioramentodelle condizioni di vita, la sicurezza indi-viduale e l’educazione alla salute.

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    Definizione di Smart City

    Una città smart è uno spazio urbano, bendiretto da una politica lungimirante, cheaffronta la sfida che la globalizzazione e lacrisi economica pongono in termini di com-petitività e di sviluppo sostenibile, conun’attenzione particolare alla coesione socia-le, alla diffusione e disponibilità della cono-scenza, alla creatività, alla libertà e mobilitàeffettivamente fruibili, alla qualità dell’am-biente naturale e culturale. Una città puòdirsi intelligente se è tecnologica ed inter-connessa, pulita, attrattiva, rassicurante, effi-ciente, aperta, co