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Il documento che segue è firmato da Claudio Sabbatini, Fulvio Peri- ni, Gianni Rinaldini, Gian Paolo Patta, Paola Agnello. Le lotte dei lavoratori in Ita- lia, come in Europa e più in gene- rale nel mondo, hanno riproposto in primo piano la questione del la- voro. Sono stati smentiti coloro che ne avevano proclamata la fine. Il lavoro e i lavoratori sono serviti come giustificazione ideolo- gica per una pratica di potere che ha improntato per un lungo perio- do organizzazioni del movimento operaio e che si è dimostrata falsa coscienza. In quel periodo, produ- zione di ricchezza e potere dello Stato furono presentati come pre- supposto materiale e come condi- zione soggettiva necessari per l’emancipazione della classe ope- raia. Quando emancipazione e ge- stione del potere si sono separati, come accadde nell’esperienza del cosiddetto «socialismo reale», si è avviata la fase del declino e della dissoluzione di quella esperienza. Anche questo avvenimento ha contribuito alla teorizzazione della ineluttabilità del declino e della estinzione di ogni concezio- ne e di ogni pratica volta ad affer- mare i lavoratori come soggetto collettivo, protagonista sociale e attore della trasformazione politi- ca. La categoria dello sviluppo delle forze produttive, considerata come presupposto indiscutibile della affermazione del socialismo, si è rovesciata nel suo contrario: poiché il capitalismo ha garantito lo sviluppo economico si è sostenu- to che il compito di una forza di si- nistra è quello di rendere il model- lo capitalistico compatibile con le sue stesse contraddizioni sociali sino a dichiararne l’estinzione. Contemporaneamente, lo svi- luppo capitalistico ha determinato nuove condizioni per il meccanismo produttivo e per l’insieme del siste- ma attraverso la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e con l’esplosione del mercato del denaro a livello mondiale. Dalla «qualità totale», ul- timo residuo del modello fordista, si passati alla «competitività totale» che ha coinvolto individui, imprese, popoli e nazioni. Come era stato previsto la competitività economica – e dunque il bisogno di dominio – ha trascinato con sé la guerra. Per molti anni i lavoratori hanno subìto questa nuova condi- zione, in apparente conferma del- la tesi della estinzione della sog- gettività politica collettiva del la- voro e dei lavoratori. Anche le ade- sioni ai sindacati, ovunque nel mondo, sono state in costante de- clino. LAVORO SENZA RAPPRESENTANZA Cinque sindacalisti italiani propongono un documento per la costruzione di un movimento che dia voce e garantisca una effettiva partecipazione dei lavoratori alla vita democratica. Lo pubblichiamo, seguito dalla risposta di un gruppo di intellettuali e politici, che propongono di discuterne coinvolgendo tutte le forze, le associazioni, i movimenti che condividono queste esigenze. documenti

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Il documento che segue è firmatoda Claudio Sabbatini, Fulvio Peri-ni, Gianni Rinaldini, Gian PaoloPatta, Paola Agnello.

Le lotte dei lavoratori in Ita-lia, come in Europa e più in gene-rale nel mondo, hanno ripropostoin primo piano la questione del la-voro. Sono stati smentiti coloro chene avevano proclamata la fine.

Il lavoro e i lavoratori sonoserviti come giustificazione ideolo-gica per una pratica di potere cheha improntato per un lungo perio-do organizzazioni del movimentooperaio e che si è dimostrata falsacoscienza. In quel periodo, produ-zione di ricchezza e potere delloStato furono presentati come pre-supposto materiale e come condi-zione soggettiva necessari perl’emancipazione della classe ope-raia. Quando emancipazione e ge-stione del potere si sono separati,

come accadde nell’esperienza delcosiddetto «socialismo reale», si èavviata la fase del declino e delladissoluzione di quella esperienza.

Anche questo avvenimentoha contribuito alla teorizzazionedella ineluttabilità del declino edella estinzione di ogni concezio-ne e di ogni pratica volta ad affer-mare i lavoratori come soggettocollettivo, protagonista sociale eattore della trasformazione politi-ca.

La categoria dello sviluppodelle forze produttive, consideratacome presupposto indiscutibiledella affermazione del socialismo,si è rovesciata nel suo contrario:poiché il capitalismo ha garantitolo sviluppo economico si è sostenu-to che il compito di una forza di si-nistra è quello di rendere il model-lo capitalistico compatibile con lesue stesse contraddizioni socialisino a dichiararne l’estinzione.

Contemporaneamente, lo svi-luppo capitalistico ha determinatonuove condizioni per il meccanismoproduttivo e per l’insieme del siste-ma attraverso la diffusione delletecnologie dell’informazione e dellacomunicazione e con l’esplosionedel mercato del denaro a livellomondiale. Dalla «qualità totale», ul-timo residuo del modello fordista, sipassati alla «competitività totale»che ha coinvolto individui, imprese,popoli e nazioni. Come era statoprevisto la competitività economica– e dunque il bisogno di dominio –ha trascinato con sé la guerra.

Per molti anni i lavoratorihanno subìto questa nuova condi-zione, in apparente conferma del-la tesi della estinzione della sog-gettività politica collettiva del la-voro e dei lavoratori. Anche le ade-sioni ai sindacati, ovunque nelmondo, sono state in costante de-clino.

LAVORO SENZA RAPPRESENTANZA

Cinque sindacalisti italiani propongono un documento per la costruzione diun movimento che dia voce e garantisca una effettiva partecipazione

dei lavoratori alla vita democratica.Lo pubblichiamo, seguito dalla risposta di un gruppo di intellettuali e politici, che propongono di discuterne coinvolgendo tutte le forze,

le associazioni, i movimenti che condividono queste esigenze.

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Ma il nuovo modello ha fattoaccrescere le contraddizioni socia-li e i lavoratori sono ritornati incampo. È diventata così più chiaral’assenza di una loro rappresen-tanza culturale e politica.

Questo convincimento ci in-duce ad impegnarsi in prima per-sona alla costruzione di un movi-mento che dia voce e garantiscauna effettiva partecipazione dei la-voratori alla vita democratica nelnostro paese, superando le ossifi-cazioni elitarie e oligarchiche chehanno teso e tendono a sostituirela democrazia.

È possibile superare le con-dizioni di passività e di delega chehanno caratterizzato questi anni:a partire dai luoghi di lavoro, oveva affermata la partecipazione di-retta e il voto decisionale dei lavo-ratori, sino alla ricostruzione di unpensiero critico sulla moderna so-cietà capitalistica.

L’esperienza sociale ci diceche il lavoro si conferma come luo-go di definizione di rapporti socia-li che vanno ben oltre la produzio-ne, coinvolgendo più in generale lacollettività, i rapporti con la natu-ra, l’evoluzione e la diffusione del-la conoscenza. Per confermare lacentralità del lavoro nelle relazio-ni sociali che improntano i rappor-ti tra i singoli individui come l’in-tera società, basta la osservazionedella realtà fuori da ogni schema-tismo preconcetto. E questa mede-sima conoscenza della realtà at-tuale dimostra che la crescita del-la produzione ha incontrato il li-mite delle risorse della terra e del-la biosfera, e che questo rende più

acute le contraddizioni tra poveri ericchi, in ogni società e a livellomondiale.

Il modello della competizioneglobale rappresenta la risposta delcapitalismo a tale limite: un usoesasperato delle risorse (sino adare dei nuovi indirizzi alla ricer-ca scientifica) senza alcuna redi-stribuzione sociale.

L’altra faccia di questo mo-dello è la flessibilità, il nuovo ciclodi uso del lavoro, esclusivamenteinfluenzato dal mercato. Un nuovociclo biologico in cui è la domandadi forza lavoro a decidere del de-stino degli individui. Siamo ben ol-tre al lavoro, la forza lavoro, comemerce. Questo modello produttivoe sociale mette il lavoro, o meglio ilavoratori, a disposizione del mer-cato, l’intera esistenza di ogni in-dividuo. Non solo, il lavoro deve co-stare di meno per essere competi-tivi, cioè deve costare di meno lavita, il riprodursi e il nascere,l’avere una cultura, l’essere assi-stiti e curati, il vivere una vec-chiaia dignitosa.

Contemporaneamente, le ga-ranzie sull’istruzione, sull’as-sistenza, sulla sicurezza nella etànon più lavorativa non sono più undiritto, ma una condizione data dalmercato. È il mercato a determi-nare le condizioni di accesso aquelli che abbiamo chiamato i ser-vizi, la cui privatizzazione, oltre adaccentuare il doppio lavoro per ledonne, tende a rendere la disponi-bili i servizi unicamente in basealla ricchezza di ciascuno.

Uno dei presupposti dellaflessibilità intesa come modello so-

ciale è l’esclusione. Non solo sideve subire la disoccupazione, maanche la perdita dell’accesso a curesanitarie adeguate, alla casa, allasicurezza rispetto alla vecchiaia.Per avere una qualche assistenzadevi dimostrare di essere povero,ai margini della società. Devi di-mostrare di esserti arreso e accet-tare di vivere nella fascia socialepiù bassa.

Si rompono quindi legamipersonali e solidarietà collettive,in un modello sociale e ideologicoche tende ad affermare il primatodel conflitto tra poveri per sopra-vanzare e non essere esclusi, ri-spetto a quello della redistribuzio-ne delle ricchezze prodotte. Finiscela idea stessa di giustizia sociale.

A questo fine deve essere of-ferta una informazione del mondoche ci circonda mediocre e defor-mata: puntuale e senza una di-mensione del passato, per cancel-lare la memoria, ma anche senzauna dimensione del futuro, percancellare la speranza.

Solo una ristretta minoranzadi esseri umani conserva una suaidentità individuale e collettiva,ricca di memoria storica e apertaalla possibilità di immaginarsi unfuturo, di progettare la propria esi-stenza. Il discrimine è il possesso:di patrimoni e di relazioni nella eli-te che decide del futuro. Troppevolte si resiste ricorrendo alleidentità date dalle convenzioni edalla tradizione, siano esse di ori-gine razziale o religiosa.

Il risultato materiale di que-sti processi è che questa minoran-za nel mondo diventa sempre più

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ricca, decide della conoscenza e dellinguaggio e, sempre di più, sostie-ne e usa lo strumento della guerraper garantire questo stato di cose.

È necessario che rientrino incampo i lavoratori, contro questasituazione di fatto, contro i model-li egemonici in atto, per cambiarli.È necessario costruire un pro-gramma e una azione collettivache si proponga, anche per difen-dersi, di cancellare le vecchie e lenuove origini dell’ineguaglianzasociale.

1. Il crescente divario nelreddito e nel possesso di ricchezzenon è riducibile alla sola proprietàprivata dei mezzi di produzione.Invero, stiamo assistendo, quandoè l’esistenza dell’individuo messaal servizio del mercato, ad un cre-scente processo di socializzazionedell’economia di cui il degrado dellavoro rappresenta il più impor-tante contraltare. Anche in questonuovo contesto, il controllo socialedel lavoro e dei lavoratori continuaad essere un punto strategico es-senziale, valorizzando sia gliaspetti più importanti della tradi-zione consiliare di interventosull’organizzazione del lavoro cheun rinnovato intervento dello Sta-to nei settori strategici dell’econo-mia, per garantire autonomia pro-duttiva e sviluppo delle conoscen-ze scientifiche e tecnologiche.

2. Questa scelta propone unripensamento del tema, già propo-sto dal movimento sindacale ita-liano nella fase alta dello sviluppofordista, del «cosa» produrre. Del

rapporto cioè con la condizione im-posta dal fatto che le risorse dellanatura sono finite. Anche da que-sto punto di vista, usato da alcuniper confermare la fine del lavoro,lo scontro sulla qualità del lavoroe sulla qualità dell’operare, cioèsui consumi e sul modello socialeche ne consegue diventano un ter-reno di lotta determinante. Bastipensare agli indirizzi che sta assu-mendo la ricerca scientifica, dagliorganismi geneticamente modifi-cati, agli impieghi dell’energia edal controllo, mano armata, del pe-trolio.

3. Il modello taylorista delladivisione tra chi pensa e chi lavo-ra sembra scomparso semplice-mente perché si è esteso e ha pla-smato l’intera società. Un sinoni-mo di flessibilità è l’adattabilità:c’è chi pensa, realizza, cambia, eli-mina occasioni di lavoro e che siadatta ad esse di volta in volta. Iprimi fanno parte dell’elite mon-diale che progetta il futuro, i se-condi devono avere in giovane etàuna formazione generica che per-metta loro di adattarsi alla do-manda di forza lavoro per la sua,breve, durata. La lotta per il con-trollo democratico della informa-zione diventa un terreno essenzia-le della battaglia più generale, sianei luoghi del lavoro – l’unità pro-duttiva ed anche il territorio – chenella società. Per questa lotta è ne-cessario riprendere la lezione diGramsci sulla necessità di costrui-re tra i lavoratori, avendo atten-zione al singolo lavoratore, il «mo-mento della critica e della consa-

pevolezza», evitando di «pensaresenza avere consapevolezza criti-ca, in modo disgregato e occasio-nale, per partecipare ad una con-cezione del mondo imposta». An-che con l’adattabilità dell’uomo ailavori offerti dal mercato, esatta-mente come avveniva nella catenadi montaggio, si afferma un usodella risorsa umana – per usare illoro linguaggio – per un milionesi-mo della effettiva potenzialità diun essere umano.

4. L’esperienza ed il punto divista delle donne è condizione or-mai irreversibile per i rapporti so-ciali. Oggi, non possiamo peròignorare come l’attuale modelloproduttivo e sociale, che impone ilavori di cura come costo e li tra-sforma sempre più in merce, tendead accentuare le divisioni del lavo-ro tra i generi anche sulla base delcenso. Senza cambiare l’attuale or-ganizzazione produttiva e del la-voro, ma anche il modello socialedella esclusione, il lavoro non pa-gato delle donne diventerà sempredi più una necessità, almeno peruna parte della popolazione.

5. In Italia e in molte partidel mondo occidentale, la questio-ne salariale si conferma terreno discontro determinante, una cartinadi tornasole capace di indicare letendenze reali del modello produt-tivo e sociale. Una equa redistri-buzione della ricchezza prodottacon il lavoro non rappresenta soloil fatto del riconoscimento che an-che i lavoratori possano avere ungiovamento nelle loro condizioni di

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vita. Ha anche un altro, non se-condario significato, di mantenereaperta la lotta per una prospettivaproduttiva e del lavoro migliore.La nostra società, anche quandotende a caratterizzarsi per le pos-sibilità di consumo che offre, staregredendo dal piano scientificoagli assetti produttivi, con il ri-schio di diventare, nella divisioneinternazionale del lavoro, un pae-se della subfornitura. Questo pro-cesso è favorito dalla possibilità of-ferta alle imprese di risolvere ledifficoltà produttive esclusiva-mente riducendo i costi.

6. Contro la concorrenza e ilconflitto tra lavoratori che il mo-dello della competitività e il ricat-to della esclusione sociale tendonoa imporre, c’è bisogno di una rin-novata solidarietà e unità tra i la-voratori. In questa direzione, il re-ferendum per l’estensione dell’ar-ticolo 18 a chi oggi ne è escluso as-sume un valore molto importante.In Italia, nell’ultimo anno, hannotrovato un lavoro limitato nel tem-po più di 2.800.000 persone, attra-verso un contratto a tempo deter-minato, un lavoro in prestito, unacollaborazione coordinata conti-nuativa, un contratto professiona-le. Non siamo più alla eccezione,siamo alla regola. La battaglia perl’estensione dei diritti è un fonda-mento strategico per la ricomposi-zione e l’unità dei lavoratori. Èstrategico anche per un sindacatoche non rinuncia alla sua autono-ma rappresentanza, a caratteriz-zarsi per eliminare la concorrenza

tra lavoratori con l’obiettivo di li-quidare il lavoro precario.

7. Proprio dalla consapevo-lezza che il lavoro attuale impron-ta tanta parte della società nazio-nale e della comunità mondiale ènecessario che i lavoratori e le loroorganizzazioni facciano parte diquella esperienza plurale che staavanzando nel mondo per render-lo migliore. Esistono ideali e spe-ranze condivise e comuni, mentrei lavoratori devono stabilire al-leanze e percorrere strade insiemea tutte quelle forme di associazio-nismo competente e di scopo cheagisce per combattere le distorsio-ni e rimuovere sin da oggi i dannipiù gravi che il neoliberismo staprovocando. I temi dell’acqua, del-la salute, della libera circolazionedelle scoperte scientifiche, dellalotta contro il dominio del mercatodella moneta e del denaro sonoobiettivi che un movimento dei la-voratori deve fare propri.

8. La democrazia dei lavora-tori, nei loro luoghi di lavoro, di-venta essenziale. Il diritto di votodei lavoratori, iscritti e non iscrit-ti al sindacato, sulle piattaforme esugli accordi sindacali è una scel-ta irrinunciabile per garantire lapartecipazione. Quindi un dirittoindisponibile, che non può essereappannaggio di pochi e nelle circo-stanze utili per pochi. Senza que-sta condizione di partenza, non siriusciranno neppure a determina-re le condizioni di una partecipa-zione attiva dei lavoratori che

vada ben oltre alla loro consulta-zione, per offrire loro le sedi per di-scussione e la decisione sulle azio-ni da intraprendere per risponde-re ai loro bisogni, alle loro idee, alleloro speranze.

9. La questione della parteci-pazione democratica dei lavorato-ri si pone anche a livello politico enon trova oggi alcuna risposta.Nessun partito politico della sini-stra italiana si propone oggi unprogramma generale ed una formaorganizzata che si fondi sulleistanze di cambiamento e di parte-cipazione dei lavoratori. L’attualesistema elettorale tende a deter-minare una selezione di censo o, almeglio, di natura elitaria nell’eser-cizio dell’elettorato passivo; nes-sun partito può esserne estraneo,anche per motivi di semplice so-pravvivenza. Contemporanea-mente, l’astensionismo ha avutoeffetti pesantissimi per la sinistranelle ultimi elezioni in Spagna, inItalia ed in Francia. È necessariolavorare per la ricostruzione diuna partecipazione dei lavoratorialla vita politica attraverso un loroimpegno diretto. Questo sarà pos-sibile se le loro istanze e le loroaspettative di cambiamento carat-terizzeranno il programma politi-co di una rinnovata esperienza disinistra.

10. Siamo consapevoli che laguerra può travolgere tutto, che laguerra è distruzione, anche nellospirito degli esseri umani. Da quil’impegno più risoluto contro la

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guerra, per una pace fondata sullagiustizia, per un nuovo svilupporiequilibratore e rispettoso dellaterra, per la fratellanza, contro lacompetizione e l’individualismo.

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La risposta che segue al documen-to dei cinque sindacalisti è firmatada Gianni Battaglia, Paolo Brutti,Giuseppe Chiarante, Piero Di Sie-na, Mario Dogliani, Giacomo Mar-ramao, Giorgio Mele, Luciano Pet-tinari, Roberto Pizzuti, ErsiliaSalvato, Cesare Salvi, Gianpa-squale Santomassimo, Ugo Spa-gnoli, Aldo Tortorella, MassimoVillone

Ai compagni Claudio Sabba-tini, Fulvio Perini, Gianni Rinal-dini, Gian Paolo Patta, PaolaAgnello

Cari compagni,noi, firmatari di questa lette-

ra, ci ritroviamo uniti nel ricono-scere rilievo fondamentale, nell’at-tuale situazione del paese, alla cri-si di rappresentanza politica delmondo del lavoro e della domandadi libertà, di dignità, di giustiziache le lotte dei lavoratori esprimo-no. Da qui parte la giusta denun-cia contenuta nel documento da voifirmato, secondo la quale c’è oggiuna prevalente accettazione dellasubalternità del lavoro, perché –come voi scrivete – «nessun parti-to della sinistra italiana si propo-ne un programma generale e unaforma organizzata che si fondi sul-

le istanze di cambiamento e di par-tecipazione dei lavoratori». In ef-fetti i tentativi che pure ci sono sta-ti e ci sono nei partiti della sinistradi dar voce ad una rappresentanzapolitica generale delle istanze deilavoratori non sono finora riusciti.Anzi ha prevalso, in una parte del-la sinistra, l’idea che la subalter-nità e la riduzione dell’autonomiadel lavoro siano un portato inevi-tabile della modernità e della glo-balizzazione.

Questi limiti si traduconoanche nell’incapacità di dare ri-sposta – perlomeno in manieraconvincente – alle istanze e alleaspettative dei movimenti per lapace, sui temi della globalizzazio-ne e dell’integrazione europea, peri diritti civili, sociali e ambientali,e che pure con tanta forza hannoscosso il paese in questi ultimimesi. Di qui il perdurare della cri-si della sinistra che si manifestanelle interminabili dispute di ver-tice a danno del confronto reale ediffuso, nella debolezza della bat-taglia di opposizione, nell’assenzadi un impegno serio per riattivareforme di unità capaci di superarequella tendenza alla frantumazio-ne e all’astensionismo che ha por-tato alla sconfitta elettorale del2001, e di dare forza e forma aduna nuova etica dei comportamen-ti e della pratica politica.

È anzitutto dal lavoro e dailavoratori che sorge il bisogno diunità. Non si può soddisfarlo senon si parte dallo sforzo per un pie-no radicamento della sinistra nelmondo del lavoro, nelle sue figuretradizionali come in quelle nuove,

che sia a fondamento di una nuovapolitica di ampie alleanze.

Alla base della crisi attualedella sinistra c’è l’errore di chi hacreduto di perseguire l’interessegenerale del paese (e di dimostra-re così la propria maturità di go-verno) scegliendo la strada dellamediazione neocentrista: ma ce-dendo, a tal fine, all’offensiva libe-rista estrema, che ha impostol’idea della capacità autoregolati-va del mercato. Questa idea si starivelando non solo pericolosa maanche illusoria, come hanno docu-mentato sulla base della propriaesperienza illustri personalitàdell’economia e della finanza in-ternazionale. Analogo cedimentosi è verificato rispetto ad un effi-cientismo di marca decisionistache, dai temi delle leggi elettoralia quelli dell’ordinamento istituzio-nale e dei rapporti fra i poteri, havia via accresciuto le insidie per lademocrazia, come provano anchele più recenti posizioni del governodi centrodestra e del suo leader.

Con l’aggravarsi della crisieconomica, che le ricette liberistenon hanno affatto contenuto bensìesasperato, il prezzo più alto è tor-nato a riversarsi sui lavoratori esui meno difesi. Piena è la nostrasolidarietà e il nostro appoggio allelotte attuali dei lavoratori, a parti-re da quelle dei metalmeccaniciper il caso Fiat. Si discute sugli«ammortizzatori sociali» per atte-nuare le conseguenze della crisi.Ma una politica di sinistra non puòridursi a questo: oltre all’ugua-glianza delle opportunità di par-tenza e agli interventi assistenzia-

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li vanno garantite le condizioni og-gettive e soggettive, economiche,giuridiche e previdenziali in cuiciascuno esprime il proprio contri-buto produttivo e sociale e un equi-librio condiviso nella distribuzionefinale del benessere collettivo.

Una politica di sinistra nondeve mai dimenticare che la li-bertà e la dignità di ogni donna edi ogni uomo sono una conquistada compiere, non un dato già esi-stente e da difendere. E non si vacerto avanti verso questa conqui-sta, al contrario si torna indietro,se si accetta, subendo il condizio-namento dell’ideologia liberista,che il lavoro torni ad essere consi-derato una semplice merce, anzi lasola variabile dipendente nell’am-bito dell’attuale sviluppo economi-co. Nasce da questa accettazionel’incapacità di dare effettiva rap-presentanza ai temi del lavoro.

Per costruire una rinnovataposizione di sinistra, non si trattadi ripartire da posizioni vetero-classiste né di richiamare in vitauna superata ideologia operaista.C’è invece da prendere atto dell’ag-gravarsi, anche se in nuova forma,delle condizioni dei lavoratori edell’inasprirsi delle tensioni socia-li che continuano ad evidenziare lapresenza di un’insuperata con-traddizione della società capitali-sta. Nei lavoratori si ritrova, per-ciò, un soggetto sociale essenzialeper una politica di progresso eco-nomico e civile, capace di far pro-pria la pratica della liberazionedelle donne, di assumere i temi sol-levati dal movimento per la pace,di stabilire gli indispensabili colle-

gamenti con il movimento sullaglobalizzazione, con la lotta ecolo-gista, con l’impegno pieno per i di-ritti, per la democrazia, per la que-stione morale, per un diverso mododi fare politica in un mondo domi-nato dal sistema della comunica-zione.

Se è vero che uno sviluppocompatibile richiede anzitutto unatrasformazione del modello econo-mico occidentale e degli stili di vitache esso comporta, la questione es-senziale è la partecipazione a que-sto modo di considerare il cambia-mento di chi – anche nei paesi co-siddetti «ricchi» – patisce il pesomaggiore dell’ingiustizia presente,sempre peggiore sulle lavoratrici,sui lavoratori, sulla parte più de-bole e indifesa della società. Altri-menti non c’è alcun mutamentopossibile e c’è il rischio di ridursi auna predicazione intellettualisticae in definitiva impotente. O, peg-gio ancora, c’è il pericolo che la si-nistra, in Occidente, accetti unruolo subalterno alle posizioni dichi, nelle classi dirigenti, oppone ipaesi ricchi alla parte più poveradel mondo.

Essenziale, per contrastarequesta deriva, è un modello istitu-zionale autenticamente democra-tico, che sia fondato sulla parteci-pazione, sulla rappresentanzaconsapevole, su una legge eletto-rale che assicuri il pluralismo e in-centivi la partecipazione al voto,sull’affermazione della pluralitàdei sistemi informativi, sulla ri-scoperta della centralità della que-stione morale, e non su un’ulterio-re torsione presidenzialistica.

L’attuale crisi della democrazia,particolarmente acuta in Italia, èinfatti crisi di rappresentanza,non di governabilità. Anche perquesto occorre superare ogni logi-ca leaderistica nella competizionepolitica ed elettorale con la destra.Il senso dell’alternativa non sicompendia nel nome del premier,ma nella qualità e nel vincolo ef-fettivo del programma.

Di fronte a questioni di taleportata, è illusorio pensare che ba-sti trovare qualche scorciatoia or-ganizzativa per superare la crisi,l’afasia, le divisioni che hanno con-dannato la sinistra e il centrosini-stra alla sconfitta. Ma tanto menociò sarà possibile se si resterà den-tro gli steccati (l’Ulivo da una par-te, Rifondazione da un altra, i mo-vimenti e l’opinione di sinistra nonrappresentate affatto, da altreparti ancora) che rendono qualsia-si dialogo infecondo. Anche per co-struire – com’è indispensabile persconfiggere la destra – una nuova,grande coalizione delle opposizionipolitiche, sociali e culturali, chevada oltre l’esperienza ormai su-perata del vecchio Ulivo, è essen-ziale promuovere un processo uni-tario nella sinistra: così da offrirealla nuova coalizione democraticadi cui l’Italia ha bisogno un bari-centro sociale e politico più avan-zato. È necessario, anche a questoscopo, un forte impegno di propo-sizione politica e programmatica,sorretta da una rinnovata tensio-ne ideale e morale.

Per affrontare questi temi,per colmare il vuoto che è aperto asinistra, per costruire una posizio-

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ne di rinnovamento che cultural-mente e politicamente dia rispostaai problemi qui solo in parte e bre-vemente richiamati, c’è dunque bi-sogno di un movimento politico cheè, al momento, tutto da costruire.È urgente, però, cominciare a per-

correre questo cammino. Non ser-ve, per questo, costituire un nuovopartitino o l’ennesima associazio-ne. Ma, piuttosto, discutere e por-re con chiarezza questi obiettivi,partendo da forme di coordina-mento tra le forze, le associazioni,

i movimenti che condividono que-ste esigenze. È per dare il via aquesto processo che proponiamo atutti coloro che si sentono interlo-cutori di quanto andiamo dicendo,di ritrovarsi in un’assemblea perdeciderne gli ulteriori sviluppi.

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