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n°1 - gennaio 2008 Poste Italiane spa - spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB Trento Rivista per amministratori e dipendenti della Cooperazione trentina www.cooperazionetrentina.it carta ecologica Lavoro e famiglia La conciliazione è possibile Lavoro e famiglia La conciliazione è possibile

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Reg.N° 5521-AUNI EN ISO 9001:2000

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RUBRICHEViaggio nelle cooperative

31 Insegnanti in cooperativa

Finestra sul mondo

33 Marcello Baldi un trentino a 35 mm

Pubblicazioni

36 Manuale di stile

36 42 “Cuori di Donne”

37 Le duecento parole di Mariagrazia

37 Trento 1969-1988

Educazione cooperativa

35 Insegnanti sui banchi di scuola

Storia

38 Radioanaunia da trent’anni “in onda”

Economia

41 Molte risposte con scarse risorsedi Carlo Borzaga

Recensioni

42 Carlo Sartori e la responsabilità sociale

Fotocronaca

43 Foto e volti del mese

OPINIONIOrizzonti

47 L’Italia delle minoranze attivedi Umberto Folena

La porta aperta

48 Di sola crescita si può moriredi Franco de Battaglia

EDITORIALE03 Lavorare per la comprensione reciproca

di Diego Schelfi

IN PRIMO PIANOConciliazione

04 Tempi di vita e di lavoro.Mettiamoli d’accordo

07 Servizi all’infanzia e agli anziani,un aiuto alle famiglie

CULTURA COOPERATIVARacconti di cooperazione

11 La spesa si fa da Oreste

Internazionalizzazione

14 Nuove centro studi sulla cooperazione

Felicità e soldi

16 Sazi e insoddisfattiCome misurare il benessere?

Le nostre radici

19 Don Guetti, le tasse e i privilegi delle coop

ATTUALITÀControversia

20 Il controllo contabile in tribunale

Intervista

23 La zootecnia trentina resiste

Nuovo marchio

27 Pavingross cambia nome e allargai propri orizzonti

Donne

28 Gli uomini si iscrivonoall’Associazione Donne

Giovani

30 Protagonisti del cambiamento

24 34 36COOPERAZIONETRENTINAn° 1 - gennaio 2008

COOPERAZIONETRENTINAn° 1 - gennaio 2008 - Anno 94

Periodico della Federazione Trentina della CooperazioneTrento, Via Segantini, 10 - Tel. 0461.898111www.cooperazionetrentina.it - [email protected]

Direttore responsabileWalter Liber

CoordinatoreCorrado Corradini

Comitato di RedazioneWalter Liber, Diego Nart, Sara Perugini, Dirce Pradella,Corrado Corradini Franco de Battaglia, Cesare Dossi,Michele Dorigatti, Paolo Tonelli, Cristina Galassi, Silvia De Vogli, Sergio Ferrari, Umberto Folena

Hanno collaboratoCarlo Borzaga, Fabio Lucchi,Annalisa Borghese

Art directorGabriele Dalla Costa - www.archimede.nu

Progettazione graficaCooperativa ARCHIMEDE - www.archimede.nu

Stampa tipograficaCooperativa NUOVE ARTI GRAFICHE

AbbonamentiCosto singola copia: 3 euroAbbonamento annuale (11 numeri): 30 euro Abbonamento semestrale (5 numeri): 15 euro

Promozione 2008Sconto speciale del 50% per chi sottoscrive più di 10abbonamenti

Autorizzazione del Tribunale Civile e Penale di Trento n. 26Registro stampa di data 09.10.1950

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In copertina: La CooperazioneTrentina intende favorirela conciliazione dei tempidi vita e di lavoro

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BNL 6,833% 6,333% 6,333% 6,333% 6,333% 6,290%

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BANCA SELLA NORD EST - BOVIO CALDERARI 6,25% 5,50% 5,75% 5,75% 5,75% 6,19%

BANCA COOP. LA VALSABBINA 6,56% 5,86% 5,86% 6,56% 5,86% 5,86%

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EDITORIALE di Diego Schelfi

Il 2008 è stato dedicatodall’Unione Europea

al dialogo interculturale. C’è bisogno di rinsaldare

l’unità dei 27 Paesimembri, integrando

le culture della vecchiaEuropa con quelle

dei nuovi Paesi dell’est e mediterranei

L’Unione Europea ha voluto dedicare il 2008 al “Dialogo inter-culturale”. C’è bisogno di rinsaldare l’unità dei 27 Paesi membri, soprat-tutto integrando le culture della vecchia Europa con quelle deinuovi paesi dell’est e mediterranei, e c’è bisogno di aprire sem-pre più il dialogo a livello planetario.Sono questioni solo apparentemente lontane da noi. Esse,infatti, ci interessano direttamente non solo per via dei merca-ti globali nei quali le relazioni fiduciarie assumono moltissimaimportanza, e sappiamo bene che non si può parlare di relazio-ne fiduciaria se non ci sono comprensione reciproca e rispetto.Ci interessano anche per via delle imponenti migrazioni dellepersone in tutto il mondo. Non dobbiamo dimenticare mai chetantissimi nostri nonni e genitori sono stati migranti, che mol-tissimi nostri figli sono oggi, per altre ragioni, migranti, che nelTrentino decine di migliaia di persone migranti cercano lavoroe un po’ più di fortuna. Il grande rischio è che questa immensa mobilità sia la mobilitàdella solitudine e della incomprensione reciproca. Il grandelavoro da fare è appunto questo: lavorare per la comprensionereciproca. E non ci sfugga l’importanza di questo lavoro perché, se ci abi-tuiamo a predisporci all’ascolto sincero della altre culture, que-sto ci servirà anche per ascoltare sinceramente i nostri figli,nostra moglie, nostro marito, le persone più vicine. Ci aiuterà a comprenderci fra cooperatori, ci aiuterà a lavora-re insieme e a fare intercooperazione. Non ci stancheremo mai di dirlo. Questo è uno dei grandi obiet-tivi della cooperazione trentina: essere un sistema, una reteimprenditoriale e valoriale.Per queste ragioni, nel formulare, nelle settimane scorse, gliauguri di Natale, ho invitato i cooperatori a cercare un po’ diinquietudine, a vivere questa tensione, questa ricerca di veracomprensione, in particolare verso quei milioni di persone chein aree consistenti del mondo subiscono ancora oggi la guerra ealtrove provano lo sgomento della solitudine. La serenità e la pace sono da conquistare, sono un percorso chedobbiamo perseguire tutti, insieme. E questo percorso dipendeda ognuno di noi, nella stessa misura in cui da ognuno di noidipende il successo della nostra cooperativa.

[email protected]

Lavorare per la comprensione reciproca

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 20084

IN PRIMO PIANO conciliazione

Mettere d’accordo i tempi di vita e di lavoro – quelloche con un termine entrato nel linguaggio collettivo sichiama “conciliazione” – non è più solo un problemaindividuale delle donne, ma sta diventando una que-stione sociale che coinvolge a pieno titolo anche gliuomini e le aziende.Con l’espressione “politiche di conciliazione dei tempi”la Provincia di Trento, molto attiva in materia, indicatutte quelle azioni e misure che consentono di armoniz-zare ed equilibrare i tempi di vita familiare con i tempi divita lavorativa. La cooperazione trentina si è mossa da tempo in que-sto campo. Part time diffusi, nido interaziendale, orariflessibili sono solo alcuni degli strumenti già adottatidalla Federazione e dalle società aderenti per aiutare idipendenti a rendere compatibili gli impegni professio-nali con le esigenze familiari.

Il ruolo dei padri nella crescita dei figli

A inizio 2007 la Federazione ha partecipato alla sotto-scrizione di un protocollo d’intesa tra l’assessorato pro-vinciale alle pari opportunità, la consigliera di parità, leorganizzazioni sindacali, imprenditoriali, di categoria edel terzo settore finalizzato alla promozione di forme diflessibilità organizzativa a favore della conciliazione deitempi di vita e di lavoro, con particolare riferimento alleopportunità offerte dalla legge nazionale n. 53 del 2000.

Questa legge (vedi inquadrato), conosciuta come“legge sui congedi parentali”, ha introdotto importantinovità a sostegno delle donne lavoratrici e degli uomi-ni lavoratori che si devono confrontare con situazioni dicura. La normativa rende più agevole la possibilità dioccuparsi dei figli completando la funzione maternacon quella paterna. Il padre viene così riconosciutocome fondamentale punto di riferimento nelle varie fasidella crescita dei figli.Nell’ottobre 2006 la Federazione, in collaborazione conl’Associazione donne in cooperazione, ha presentatoper la prima volta un proprio progetto, denominatoTempo, sulla legge 53. La proposta ha ottenuto nell’apri-le 2007 l’approvazione del Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali, che si è impegnato a finanziare in misu-ra totale le azioni. Tempo è una sigla il cui significato è:tutela esigenze madri e padri nell’organizzazione. Il progetto, che durerà due anni, ha mosso i primi passia luglio 2007. Sono stati concessi otto part time a tempodeterminato ed è stata introdotta la flessibilità in entratadi 15 minuti per i dipendenti a tempo parziale. I contrat-ti part time, con orari personalizzati modulati sulle esi-genze dei collaboratori, hanno raggiunto il numero di 27.A partire da settembre è inoltre stata riconosciuta la pos-sibilità di avere un permesso non retribuito di cinquegiorni per l’inserimento dei figli al nido e sono state avvia-te alcune iniziative per il “buon rientro” dalla maternità,come l’organizzazione di percorsi formativi individualiz-zati e il supporto di una psicologa.

TEMPI DI VITA E DI LAVORO.METTIAMOLI D’ACCORDOSi moltiplicano le iniziative, favorite dalle leggi nazionali e provinciali, dirette ad armonizzare l’impegno dei lavoratori in azienda con la famiglia e le altre esigenze personali. Attraverso il progetto “Tempo” la Cooperazione Trentina èimpegnata a sviluppare azioni positive. In futuro un marchio per le aziende virtuose

di Corrado Corradini

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5COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

IN PRIMO PIANO conciliazione

La banca delle idee

Per avere un quadro degli strumenti adottati dalle coo-perative per aiutare i dipendenti a conciliare il lavorocon la vita familiare la Federazione, attraverso l’Asso-ciazione donne in cooperazione, ha promosso unaricerca che coinvolgerà le società associate. Il significa-to dell’iniziativa è ben sintetizzato dal titolo: “Nuovimodelli organizzativi socialmente responsabili: piùarmonia tra tempi di vita e lavoro”. Il progetto si propo-ne di indagare le buone prassi di conciliazione realizza-te dalle cooperative e di diffonderne la conoscenza. Idati raccolti attraverso l’indagine, con questionari edinterviste, saranno analizzati da un team di ricercatoridell’Università di Trento. La fase conclusiva del proget-to, nella seconda metà del 2008, prevede la creazionedi una “banca delle idee” e la realizzazione di una guidainformativa sulla conciliazione dei tempi di vita e dilavoro, che riporterà la normativa di riferimento e qual-che esempio italiano ed europeo di buone prassi. L’o-biettivo è quello di favorirne la replicabilità e di diffonde-re una cultura organizzativa family friendly.

Congedo post parto per i papà

Accanto alla Federazione ha assunto un ruolo moltoattivo nelle iniziative del progetto Tempo la Cassa Rura-le di Aldeno e Cadine, che ha recentemente deliberatodi concedere ai propri dipendenti maschi alla nascitadei figli un congedo obbligatorio di tre giorni. Nei Paesidel Nord Europa, così come in Francia e Spagna, que-sto tipo di congedo rappresenta una realtà ormai con-solidata, mentre in Italia si tratta di una novità assoluta.È la prima volta nel nostro Paese che un’azienda priva-ta attiva un simile strumento. Commenta il direttoredella Rurale, Pio Zanella: “Il congedo obbligatorio èun modo per assumerci delle responsabilità nei con-fronti non solo dei nostri dipendenti, ma anche dell’in-tera società. Andremo avanti su questa strada e stia-mo valutando altre iniziative”. Aggiunge il presidente,Luigi Baldo: “Da tempo stiamo cercando di conciliarelavoro e famiglia, tanto è vero che abbiamo esteso dadue a tre anni il part time per le donne in maternità. Loabbiamo fatto perché crediamo che una Cassa Rurale

debba prestare attenzione al benessere dei propridipendenti”. Ha accolto con soddisfazione la notiziadell’iniziativa della Cassa Rurale di Aldeno l’assessorealle politiche sociali Marta Dalmaso, che afferma: “L’i-dea di prevedere un congedo obbligatorio per i padri èdi grande rilievo culturale e traduce in modo originalel’approccio alle pari opportunità”.

Un marchio per le aziende virtuose

La Rurale di Aldeno e la Federazione figurano tra leorganizzazioni pilota dell’azione Audit Famiglia & Lavo-ro prevista nel “Piano degli interventi in materia di poli-tiche familiari” approvato dalla Giunta provinciale con ladelibera n. 518 del 14 marzo 2007. L’Audit consiste in un processo di valutazione dellepolitiche di gestione del personale adottate dalleimprese. Saranno certificate con apposito marchio leaziende che raggiungeranno significativi traguardi diconciliazione. È in via di definizione da parte della Provincia la com-posizione del consiglio dell’Audit. Successivamentesaranno organizzati corsi di formazione per l’accredita-mento di auditori e valutatori, che saranno inseriti in unregistro ufficiale gestito dalla Pat.Il processo di Audit Work & Family è stato elaborato inGermania nel 1995 e dal 2004 è stato introdotto anchein Alto Adige. È applicabile ad aziende di qualsiasidimensione e settore operativo.

Buone pratiche

La Cooperazione Trentina è partner dell’iniziativacomunitaria Equal Gelso (Genere lavoro e segregazio-ne occupazionale) promossa dalla Provincia di Trento edall’Università. Nell’ambito del progetto si è tenuto afine 2007 un ciclo di seminari dal titolo: “La conciliazio-ne che funziona: esperienze di successo e di migliora-mento della qualità del lavoro”.L’esperienza della ZF spa di Padova dimostra come l’i-dea che le politiche di conciliazione dei tempi interessi-no solo le donne sia un luogo comune ampiamentesuperato. Avere la possibilità di gestire i propri impegni

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IN PRIMO PIANO conciliazione

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personali e professionali interessa anche agli uomini enon solo a quelli con famiglia. La ZF è una multinazio-nale con 450 dipendenti, di cui solo il 10% donne. L’a-zienda ha attivato una serie di azioni mirate: dalla crea-zione di orari personalizzati che permettono la flessibilitàalla concessione del telelavoro, dalla costituzione di unabanca ore all’organizzazione di percorsi formativi dopocongedi parentali, rivolti sia alle mamme che ai papà.Inoltre, nelle politiche aziendali i rapporti di convivenzasono considerati alla pari dei vincoli matrimoniali.Si tratta di una serie di iniziative che la direzione, com-posta da manager provenienti da diverse esperienzesoprattutto internazionali e quindi in grado di portare inazienda l’esempio di stili di lavoro presenti in altre cul-ture, ha condiviso con i sindacati coinvolgendo anchei lavoratori.L’obiettivo è la valorizzazione delle risorse umane.Infatti, se i dipendenti possono concentrarsi sul lavorosenza preoccuparsi di altri aspetti della loro vita vivonomeglio, sono più soddisfatti e rendono di più. Un risul-tato positivo sia per loro che per l’azienda.Per favorire la ricerca di un equilibrio tra tempi privati etempi di lavoro degli addetti, Coop Adriatica – consupermercati in Emilia Romagna, Veneto, Marche eAbruzzo, 800 mila soci e 8000 dipendenti – ha datovita ad uno specifico “protocollo”. L’orario a isole costi-

tuisce, tra le pratiche di conciliazione introdotte dalprotocollo, la soluzione più originale sperimentata daCoop Adriatica. Si tratta di un modello organizzativoche coinvolge 560 dipendenti che operano nei servizicassa degli ipermercati. Nella definizione degli orari dilavoro le esigenze individuali sono poste in una situa-zione di priorità rispetto alle necessità dell’azienda. Ilpersonale che partecipa al progetto è suddiviso ingruppi – denominati appunto “isole” – di 15/25 unitàcon scelte di orario differenti. Il sistema, basato sullaflessibilità, consente di scegliere orari diversi per dura-ta e per distribuzione ripartendo il proprio tempo dilavoro con una periodicità mensile o annuale. Per fun-zionare il sistema richiede la solidarietà tra i componen-ti di ciascuna isola che si assumono insieme la respon-sabilità di garantire le ore di presenza complessive.L’esperienza di Coop Adriatica dimostra che la libertàdi scelta di un orario modellato sulle esigenze personalicontribuisce alla costruzione di un miglior clima nel-l’ambiente di lavoro e parallelamente ad una più sere-na vita familiare.Pensato principalmente per le donne con famiglia e figlia carico, il progetto si è rivelato utile anche per queilavoratori che, pur non avendo famiglia o figli, possonocoltivare interessi altrimenti non conciliabili con i tempirigidi del lavoro.

Il sistema delle misure di conciliazione in Italia è partito inritardo rispetto ad altri Paesi europei. Tuttavia negli ultimianni qualcosa si è mosso a seguito dell'approvazionedella legge 53 dell’8 marzo 2000 sulle nuove modalità dicongedi parentali finalizzata, tra l'altro, a consentire aigenitori una reale distribuzione dei compiti di cura deifigli. In particolare, l'articolo 9 della legge ha introdottoforme di flessibilità dell'orario di lavoro, con riferimento invia prioritaria, ma non esclusiva, alla cura dei figli, stan-ziando contributi a favore delle aziende che la favorisco-no. Gli incentivi riguardano, in particolare, tre tipi di azio-ni positive:

- progetti per consentire alla lavoratrice madre o al lavo-ratore padre di usufruire di particolari forme di flessibi-lità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cuipart time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio,orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore,flessibilità sui turni, orario concentrato;

- programmi di formazione per il reinserimento dei lavo-ratori dopo il periodo di congedo;

- progetti che consentano la sostituzione del titolare d'im-presa o del lavoratore autonomo, che benefici del perio-do di astensione obbligatoria o dei congedi parentali,con altro imprenditore o lavoratore autonomo.

LA LEGGE 53 DEL 2000

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personali e professionali interessa anche agli uomini enon solo a quelli con famiglia. La ZF è una multinazio-nale con 450 dipendenti, di cui solo il 10% donne. L’a-zienda ha attivato una serie di azioni mirate: dalla crea-zione di orari personalizzati che permettono la flessibilitàalla concessione del telelavoro, dalla costituzione di unabanca ore all’organizzazione di percorsi formativi dopocongedi parentali, rivolti sia alle mamme che ai papà.Inoltre, nelle politiche aziendali i rapporti di convivenzasono considerati alla pari dei vincoli matrimoniali.Si tratta di una serie di iniziative che la direzione, com-posta da manager provenienti da diverse esperienzesoprattutto internazionali e quindi in grado di portare inazienda l’esempio di stili di lavoro presenti in altre cul-ture, ha condiviso con i sindacati coinvolgendo anchei lavoratori.L’obiettivo è la valorizzazione delle risorse umane.Infatti, se i dipendenti possono concentrarsi sul lavorosenza preoccuparsi di altri aspetti della loro vita vivonomeglio, sono più soddisfatti e rendono di più. Un risul-tato positivo sia per loro che per l’azienda.Per favorire la ricerca di un equilibrio tra tempi privati etempi di lavoro degli addetti, Coop Adriatica – consupermercati in Emilia Romagna, Veneto, Marche eAbruzzo, 800 mila soci e 8000 dipendenti – ha datovita ad uno specifico “protocollo”. L’orario a isole costi-

tuisce, tra le pratiche di conciliazione introdotte dalprotocollo, la soluzione più originale sperimentata daCoop Adriatica. Si tratta di un modello organizzativoche coinvolge 560 dipendenti che operano nei servizicassa degli ipermercati. Nella definizione degli orari dilavoro le esigenze individuali sono poste in una situa-zione di priorità rispetto alle necessità dell’azienda. Ilpersonale che partecipa al progetto è suddiviso ingruppi – denominati appunto “isole” – di 15/25 unitàcon scelte di orario differenti. Il sistema, basato sullaflessibilità, consente di scegliere orari diversi per dura-ta e per distribuzione ripartendo il proprio tempo dilavoro con una periodicità mensile o annuale. Per fun-zionare il sistema richiede la solidarietà tra i componen-ti di ciascuna isola che si assumono insieme la respon-sabilità di garantire le ore di presenza complessive.L’esperienza di Coop Adriatica dimostra che la libertàdi scelta di un orario modellato sulle esigenze personalicontribuisce alla costruzione di un miglior clima nel-l’ambiente di lavoro e parallelamente ad una più sere-na vita familiare.Pensato principalmente per le donne con famiglia e figlia carico, il progetto si è rivelato utile anche per queilavoratori che, pur non avendo famiglia o figli, possonocoltivare interessi altrimenti non conciliabili con i tempirigidi del lavoro.

Il sistema delle misure di conciliazione in Italia è partito inritardo rispetto ad altri Paesi europei. Tuttavia negli ultimianni qualcosa si è mosso a seguito dell'approvazionedella legge 53 dell’8 marzo 2000 sulle nuove modalità dicongedi parentali finalizzata, tra l'altro, a consentire aigenitori una reale distribuzione dei compiti di cura deifigli. In particolare, l'articolo 9 della legge ha introdottoforme di flessibilità dell'orario di lavoro, con riferimento invia prioritaria, ma non esclusiva, alla cura dei figli, stan-ziando contributi a favore delle aziende che la favorisco-no. Gli incentivi riguardano, in particolare, tre tipi di azio-ni positive:

- progetti per consentire alla lavoratrice madre o al lavo-ratore padre di usufruire di particolari forme di flessibi-lità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cuipart time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio,orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore,flessibilità sui turni, orario concentrato;

- programmi di formazione per il reinserimento dei lavo-ratori dopo il periodo di congedo;

- progetti che consentano la sostituzione del titolare d'im-presa o del lavoratore autonomo, che benefici del perio-do di astensione obbligatoria o dei congedi parentali,con altro imprenditore o lavoratore autonomo.

LA LEGGE 53 DEL 2000

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IN PRIMO PIANO conciliazione

7COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

Bambini con mamma e papà, ma anche nonni, edu-catori e rappresentanti delle istituzioni hanno parteci-pato alla festa per l’inaugurazione ufficiale dell’asilonido di Isera, già operativo da alcuni mesi. Un nido,ha spiegato il vicesindaco Mario Cossali, pensato ecostruito insieme alla cooperativa sociale La Cocci-nella che lo gestisce ponendo particolare attenzioneagli spazi e agli allestimenti: il laboratorio delle grana-glie e delle farine, quello del colore, le due sabbiereposte nel piazzale interno con 13 tipi di “terre” diver-se: nere, rosse, bianche. E poi gli spazi morbidi, glistrumenti del falegname e i giochi simbolici. L’asilo diIsera si aggiunge agli altri 22 nidi che da 15 anni duecooperative sociali – Città futura e La Coccinella –gestiscono per conto dei Comuni in diverse parti delterritorio provinciale raggiungendo più di 1000 fami-glie. Molte, ma non ancora tutte quelle che ne avreb-bero bisogno. I servizi pubblici all’infanzia – gestiti direttamente daiComuni o attraverso le cooperative sociali – copronoinfatti, secondo l’osservatorio statistico provinciale,l’83% della domanda: i posti disponibili nel 2006erano 2200 a fronte di quasi 2700 richieste. Unasituazione migliore, ma non di molto, rispetto a quel-la del resto del territorio italiano: l’indagine multisco-po su “Aspetti della vita quotidiana” condotta nel2006 dall’Istat ha rilevato, infatti, che una famiglia sucinque (una su tre in alcune regioni come il Lazio) hadifficoltà a far frequentare l’asilo o la scuola materna

ai propri figli per ragioni di lontananza, sovraffollamen-to o carenza di strutture.Se la situazione trentina è tra le migliori, rimanecomunque quel 17% di domande di servizi all’infanziaa tutt’oggi insoddisfatto; un dato che peraltro si puòragionevolmente ritenere stimato per difetto poiché sibasa sulle liste di attesa (e quindi sul numero didomande presentate laddove il servizio esiste) e nontiene conto delle zone ancora del tutto o quasi privedi strutture.

Educare è una responsabilità comunitaria

Aiutare un bimbo a crescere è compito complesso;oggi più di ieri: sempre più donne, infatti, desideranorealizzarsi anche sotto il profilo professionale e sonoquindi impegnate nel mondo del lavoro. Cresceanche il numero delle coppie in cui entrambi i partner,per ragioni economiche, sono costretti a lavorare. Aquesto si aggiunge una contestuale riduzione delsupporto assicurato un tempo dall’esistenza di fami-glie allargate e numerose: a volte i nonni abitano lon-tano, in altri casi non sono ancora usciti dal sistemaproduttivo, o per età e condizioni di salute non sonoin grado, o lo sono per tempi ridotti, di occuparsi dibambini piccoli. «Alla nascita di un bimbo, il mondonon è mai pronto». Con i suoi versi, Wislawa Szym-borska – la poetessa polacca premio Nobel nel 1996

Attraverso la forma cooperativa sono gestiti in Trentino 23 asili nido conoltre mille bambini: un importante supporto alle coppie che non sono costrette a scegliere tra un figlio e il lavoro. La cultura della conciliazione si sta estendendo anche alle esigenze di cura degli anziani

di Silvia De Vogli

Servizi all’infanzia e agli anziani,un aiuto alle famiglie

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 20088

IN PRIMO PIANO conciliazione

– suggerisce che prendersi cura ed educare un bam-bino non è una responsabilità esclusiva della famiglia,ma coinvolge tutta la comunità. Il mondo appunto.Per questo le imprese devono adoperarsi accantoalle istituzioni per garantire uno sviluppo armonico delcontesto socio-familiare e produttivo evitando cosìche una coppia sia costretta a scegliere tra un figlio eil lavoro. O, peggio ancora, che non abbia scelta.“Nido – spiega Giuseppina Foffano, responsabilerelazioni esterne de la Coccinella – significa educareinsieme. Per questo deve basarsi su un dialogocostante e ampio al quale partecipino accanto allefamiglie, le cooperative sociali, le amministrazionipubbliche, le altre agenzie educative e gli enti cultura-li (come le biblioteche) e le imprese”. Le cooperativesociali in questi anni si sono impegnate a promuove-re questo dialogo e a leggere gli specifici bisogni diciascun territorio per dare risposte non standardizza-te ma puntuali e adeguate (ad esempio aperture tuttol’anno, flessibilità, orari prolungati). I legami tra infan-zia ed economia, ad esempio, possono non risultareimmediatamente evidenti, eppure nella progettazionee realizzazione di servizi alle famiglie non si può nontener conto delle caratteristiche della produzionelocale (agricola, artigianale, industriale o terziario),dell’eventuale stagionalità, degli orari.Altrettanto rilevanti sono le caratteristiche del territo-rio: ad esempio la mobilità (zone centrali o periferi-che), la grandezza dei centri abitati, la presenza dienti culturali, e così via.

Un’economia al servizio della famiglia

Oggi le imprese hanno la possibilità di partecipare,accanto alle istituzioni e agli enti gestori, non solo aldialogo ma anche alla costruzione dei servizi allafamiglia esercitando una responsabilità sociale che

contribuisce allo sviluppo delle comunità rendendoeffettivo il diritto delle famiglie alla conciliazione deitempi di vita. Come? Ad esempio attraverso i nidiaziendali o interaziendali. In questo senso si è mossala Federazione Trentina della Cooperazione insieme aCassa Centrale, Ascot e Itas Mutua che hanno crea-to per i figli dei loro dipendenti un asilo gestito daCittà futura che accoglie 24 bambini. Nella stessadirezione si colloca l’Università di Trento, prestoseguita anche dall’Azienda sanitaria.

Non solo nido

Spiega Sandra Dodi, presidente di Città futura: “Citroviamo in una situazione quasi paradossale: l’offertadi asilo nido non soddisfa ancora completamente ladomanda, ma se anche lo facesse risulterebbe giàinsufficiente sotto molteplici punti di vista. Innanzituttola richiesta di sostegno nell’educazione dei figli daparte delle famiglie non si esaurisce al compimento delterzo anno di vista del bambino”. È vero che dopo l’a-silo ci sono le scuole, ma spesso queste non copronol’intero arco temporale dell’impegno lavorativo deigenitori. E poi ci sono le vacanze, in particolare quelleestive, di regola molte più lunghe delle ferie di mammae papà. Per rispondere a questi bisogni La Coccinellae Città futura, da sole o in collaborazione con le ammi-nistrazioni locali, hanno creato e gradualmente incre-mentato: attività del tempo libero, atelier (laboratoricreativi) e centri gioco. Le famiglie possono così affida-re i loro figli a personale competente che propone aibambini attività educative piacevoli e divertenti. In secondo luogo c’è un bisogno sempre più diffusodi sostegno alla genitorialità per soddisfare il quale lecooperative hanno creato, spesso con l’investimentodi risorse proprie, spazi integrativi: luoghi – apertianche ai genitori che non si avvalgono del servizio di

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asilo nido – dove neo mamme e papà si possonoincontrare accolti da personale appositamente quali-ficato (educatori, pedagogisti e psicologi) che li ascol-ta, ne facilita il dialogo e propone loro: incontri conesperti, letture, filmati, corsi di massaggio neonatale elaboratori creativi (ad esempio, per la costruzione digiocatoli o di favole e ninne nanne).

Anziani, la nuova frontiera della conciliazione

La conciliazione delle esigenze familiari e professiona-li è comunemente associata all’educazione e alla cre-scita dei figli. Ma oggi è necessario allargare lo sguar-do e includere altri bisogni: quelli degli anziani.Prendersi cura di loro quando non sono più autosuf-ficienti è un valore morale fortemente radicato nellacultura italiana. Un valore che per fortuna resiste, mache si scontra con un contesto socio-economicoprofondamente cambiato rispetto al passato. I muta-menti della modernità (un crescente impegno nelmondo del lavoro delle donne, la frammentazione deilegami familiari determinata anche da una maggioremobilità) alla base delle misure di sostegno e concilia-zione a favore della genitorialità, incidono, infatti,anche sulla capacità delle famiglie di prendersi curadei loro “vecchi”. A questi dati si aggiunge il fatto cheoggi si vive più a lungo, non sempre però si tratta diuna vita autonoma e indipendente.La necessità di prendersi cura di un anziano può mette-re in crisi una famiglia in cui tutti i membri lavorano: chirinuncia o sospende temporaneamente la propria profes-sione per assicurare l’assistenza necessaria? E se talescelta non fosse possibile perché, ad esempio c’è l’affit-to da pagare o le rate del mutuo e i figli da mantenere? Ese la scelta di sospensione temporanea si trasforma poiin definitiva perché non si riesce più a rientrare nel mondodel lavoro una volta risolta la situazione di bisogno?

“In Trentino – spiega Daniele Luccini responsabiledell’area anziani del consorzio Con.Solida – esistonoservizi a favore della famiglia erogati dalle istituzioni edalle cooperative sociali. Le risposte sono differen-ziate in base ai bisogni dell’anziano (sanitari o socio-assistenziali): assistenza domiciliare per la cura e l’i-giene della persona, consegna pasti, centri servizi,centri aperti e residenze sanitarie assistenziali.Accanto a questi servizi, una cultura della concilia-zione (con l’applicazione dei relativi strumenti: dalpart time all’orario flessibile) estesa anche alle esi-genze di cura degli anziani consentirebbe alle fami-glie di non compiere scelte radicali spesso traumati-che”. “Il fenomeno del badanti ha dimostrato però – secon-do Daniele Luccini – che anche sul fronte dei servizi lerisposte attuali non sono sufficienti, né per quantità,né per tipologia”. Il contesto è in costante mutamento: occorre innovarei servizi esistenti e immaginarne di nuovi. Sotto il primoprofilo basti pensare all’assistenza domiciliare che devesempre più spesso far fronte anche a bisogni di tiposanitario. Uno sforzo innovativo è necessario poi pergarantire una risposta tempestiva nel momento in cuiinsorge lo stato di bisogno. Spesso infatti per gli anzia-ni il passaggio dall’autonomia alla non autosufficienzaè repentino e improvviso (un trauma, una malattia); lefamiglie perciò richiedono risposte immediate chespesso non sono possibili per le procedure di attivazio-ne degli interventi. Per alcuni servizi esistono poi vere eproprie liste di attesa.Sul fronte dell’innovazione la cooperativa sociale Fai,ad esempio, ha sperimentato per alcuni mesi un ser-vizio residenziale temporaneo a pagamento peranziani. Tutti i posti disponibili sono stati sempreoccupati: dimostrazione che il bisogno esiste e c’èuna disponibilità a sostenerne i costi da parte dellefamiglie.

> Bambini e anziani: due volti della conciliazioneFoto: studio Panato

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CULTURA COOPERATIVA racconti di cooperazione

Se ci ripenso, mi vedo ancora ragazzo. Avevoappena 15 anni e a quell’età oggi forse nessu-no direbbe ai suoi genitori: voglio lavorare. Manel 1980 era normale, dopo le medie, cercarsiil posto. Così mi rivedo davanti a mia madreRoberta e a mio padre Sebastiano, falegname;accanto a mio fratello minore, Corrado. Iovenuto su in mezzo al legno avrei potuto pen-sare per me un futuro – che so? – nella Fore-stale. Ma a me piaceva la gente. Starci assie-me, capirla, servirla, aiutarla. Non la gentequalsiasi, ma la mia gente, la gente qui diBondo, dove sono nato il giorno di Natale del1965. Alta Giudicarie, la mia terra. Allora laFamiglia cooperativa era un negozio di appena130 metri quadrati in mezzo al paese. Miopadre era nel Consiglio di amministrazione.Una tradizione, anzi una vocazione di famiglia:il nonno era stato presidente. Mio padre ungiorno mi dice: «Oreste, alla Famiglia coopera-tiva cercano un ragazzo». E la cosa mi piace dasubito.Dimenticate la Famiglia cooperativa di oggi.Era un piccolo negozio servito da appena trepersone: il direttore, il commesso e il bocia, ioinsomma. Il bocia è l’apprendista e fa ditutto… Scaricavo i camion: a braccia, allora sifaceva tutto a braccia. Caricavo gli scaffali.Servivo al banco. Portavo la spesa a casa dellagente, la mia gente. A 15 anni non avevi lapatente, mi direte. Verissimo. Ma neanche il

negozio aveva il furgone. Quindi la mancanzadella patente non era un problema. Avevo lebraccia e quella bastavano, per spingere il car-retto. Sorridete? Un quarto di secolo fa, laspesa la portavano con il carretto “a propulsio-ne umana”.Il lavoro mi piaceva, però lo confesso: i primitempi furono duri. Vedevo i miei amici divertir-si, specialmente al sabato e alla domenica d’e-state. Noi dovevamo restare sempre aperti,con una “libera uscita” di appena mezza gior-nata alla domenica. Erano davvero altri tempi.Anche qui a Bondo il turismo cominciava a giu-gno e finiva a settembre, e le famiglie brescia-ne e milanesi trascorrevano nelle loro case divacanza anche due mesi filati. Oggi se li vediper due settimane è tanto… Così, mentre gliamici trascorrevano il sabato sera in discoteca,io dovevo ricordarmi che alle 7 della domenicamattina ero in piedi. Un ragazzo di 15 anni, perfare quella vita, deve avere motivazioni forti, emai scoraggiarsi. Così però capite anche perquale motivo il mio lavoro non era particolar-mente appetito. No, non c’era la ressa di aspi-ranti apprendisti a farmi concorrenza… Eanche a me qualche “pensiero strano” passòper il capo, ad un certo punto. Se ne andò permerito della mia famiglia. «Non fare cavolate,Oreste», mi diceva mio padre quando mi vede-va in crisi. Per fortuna l’ho ascoltato. I soldi?Allora consegnavo tutto alla mamma. Una

La spesa si fada Oreste

di Oreste Bonenti

> Illustrazione di Pierluigi Negriolli

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parte me li metteva da parte, un’altra parte era per ilbilancio familiare.Lavori, a quell’età. E non pensi troppo al futuro, a ciòche vorresti diventare. A 18 anni parto per il serviziomilitare, assaltatore fuciliere con gli Alpini, il Car a Bel-luno, poi a San Candido. Sono fortunato. Un anno duroma positivo, che mi fa conoscere il mondo. Non sorri-dete. Lo so, “conoscere il mondo” a Belluno e a SanCandido può suonare esagerato. Diciamo che conoscopersone di altri mondi, giovani come me provenienti datutta Italia. E comunque io non ero mai uscito dallaSella di Bondo, e il mio universo era tutto racchiusonell’Alta Giudicarie, l’inizio e la fine. Per questo ringra-zio gli Alpini. E, se vi va, sorridete pure.Correva l’anno 1985 e il ragazzo di 15 anni era cresciu-to. Volevo restare alla Famiglia cooperativa, ma non avivacchiare. Adesso lo sapevo: sarei stato direttore.Avrei dovuto studiare, maturare, fare esperienza. LaFamiglia cooperativa sarebbe cresciuta. E un giornol’avrei guidata io, la cooperativa della mia gente. Nel1983 era diventato direttore Mario Marchiori, di Saone,con esperienze precedenti a Bondone di Storo e aSpiazzo. Mi ci metto di buzzo buono. Colgo ogni occa-sione per studiare per conto mio. Frequento il corsoper allievi alla direzione di Famiglie cooperative orga-nizzato dalla Federazione. E penso. Bondo è piccolo,appena 650 abitanti. E piccola è la sua Famiglia coope-rativa. Questo significa che è condannata a restare pic-cola? Con margini di manovra inesistenti? A subire laconcorrenza, e il fascino, dei supermercati di Tione?Non basta dire alla tua gente: questo è il tuo negozio.Occorre darle degli ottimi motivi perché lo sia. Occorreche qui la gente si trovi come a casa. Che sia orgoglio-sa della sua Famiglia cooperativa. Dobbiamo offrirequello che gli altri non vogliono, non possono o nonsanno offrire.Nel 1988 Marchiori torna a Bondone di Storo, il suopaese, e a 23 anni mi ritrovo direttore. Mi do sei mesi ditempo per capire la situazione e dimostrare il mio valo-re. Mi correggo: il nostro valore. Io e Gianfranco Moli-nari, perché a quel punto eravamo rimasti in due, eGianfranco era più giovane di me. Oggi è il responsabi-le del negozio di Roncone. Quanto abbiamo lavorato,insieme. Un collega, un amico. Sono gli anni senza oro-logio: inutile metterlo, se non riesci a dargli retta.

Ricordi, Gianfranco? Ci sentivano addosso un respon-sabilità enorme… A quel punto accade un evento deci-sivo: fedele alla tradizione, e alla vocazione, mio padrediventa presidente. Non è assolutamente scontato chepadre e figlio debbano andare d’accordo, anzi avreiinfiniti esempi opposti. Ma noi due no, noi due ci inten-diamo subito. È l’occasione per il primo salto di qualità:una sede nuova, più bella e più grande. Quella dioggi… anzi no, all’inizio era più piccola. Non anticipia-mo i tempi. Qui allora non c’era niente. Il terreno era diproprietà di un albergo i cui proprietari, anziani, eranomorti senza eredi interessati a proseguirne l’attività.Non siamo degli sconsiderati, valutiamo bene la situa-zione, ma alla fine osiamo. Vendiamo la vecchia sede ecominciamo a costruire la nuova, ricorrendo al mutuoagevolato previsto dalla legge 517 del ’75, che prevede-va l’abbattimento del 50 per cento degli interessi(all’altro 50 pensava la Provincia). Dobbiamo ricordarciche allora il tasso si aggirava attorno al 18 per cento…Ad un certo punto il fondo straordinario finisce, ma noistringiamo i denti, manteniamo il personale all’osso,siamo in tre – io, Gianfranco e una cassiera – tutti con-tinuano a far tutto, dal caricare gli scaffali al servizio albanco. Contabilità alla domenica mattina o a tardaserata, se non eravamo del tutto cotti. Soprattutto: vie-tato ammalarsi.Intanto accade un altro fatto molto importante: conoscoTiziano Salvaterra, una persona speciale. È lui a darmila spinta: devi studiare, mi dice. Se vuoi crescere tu efar crescere la cooperativa, devi studiare. Così, per dueanni – 1992 e 1993 – le mie sere, dalle 19.30 alle 23, lepasso a scuola, a Tione, a studiare da segretario d’a-zienda. Comincio pure ragioneria, ma è troppo gravosoe devo mollare. Il 1993 è un anno importante ancheperché mi sposo con Meri, impiegata all’Asl di Tione,conosciuta sei anni prima, tornando in licenza duranteil servizio di leva. Sei anni di attesa, forse tanti; ma sol-tanto nel 1993 ero riuscito a metter su casa, ristruttu-rando un pezzo di capannone, dono di mio padre cheintanto era andato in pensione.La scuola, la moglie, la casa, la cooperativa… È unperiodo felice. Improvvisamente tornano disponibili ifondi della legge 517 e ci ritroviamo con un utile per noispaventoso. Per la prima volta riusciamo perfino a con-cederci qualche giorno di vacanza! Il negozio è di 250

CULTURA COOPERATIVA racconti di cooperazione

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metri quadrati e nel ’96 ci accorgiamo di non starci più.Ci ingrandiamo fino a 400 metri, rosicchiando spazio almagazzino. E ci guardiamo attorno… A Breguzzo laFamiglia cooperativa è in difficoltà. Anziché fonderci,nel ‘96 la prendiamo in affitto d’azienda. L’immobileviene acquistato da Cooperfidi. E dal 2000 è nostro.Sono anni formidabili, mai un bilancio in rosso, accan-tonamenti successivi. E non è soltanto Bondo la comu-nità che siamo chiamati a servire. Lardaro ha appena190 abitanti e l’unico negozio rischia di chiudere. IlComune è disposto a concedere gratis l’uso del localepurché qualcuno rimanga, perché quel negozio è ossi-geno per il paese. Ci pensiamo noi. Ci conviene? Separliamo di pura e semplice convenienza economica,no. Ma perché esiste la cooperazione, se non per aiu-tarsi? A che cosa servono gli utili se non a essere rein-vestiti per dare di più? E che cosa sarebbe la coopera-zione senza la sua attenzione sociale?Noi a Bondo siamo in attivo e possiamo permetterciLardaro. Nel 2002 apriamo anche il Liberty con gliextra-alimentari al piano di sopra. A quel punto siamola prima azienda di Bondo per fatturato. I dipendentiormai sono 16 e nel febbraio del 2007 ecco il quartopunto vendita, a Roncone, 200 metri quadrati ma ciingrandiremo, di fianco c’è la Cassa Rurale che dovreb-be cambiare sede: stiamo parlandone. All’inizio c’erachi diceva: «Vengono quelli di Bondo a portarci via lacooperativa»; adesso mi sembra non lo dicano più, per-ché vedono il negozio crescere nei servizi. Breguzzo,Lardaro, Roncone… Ogni volta investiamo e rinnovia-mo tutto, la gente deve vedere subito che è cominciatauna stagione nuova.Il segreto? Lavorare come facevo a 15 anni, con passio-ne e intuito. I nostri clienti sono la nostra gente, sonosoci, sono i nostri datori di lavoro. Vanno serviti comenessun altro saprebbe servirli, con una qualità umanae una professionalità uniche. Io sono il direttore, maservo ancora al banco e vado a portare a casa laspesa… no, non con il carretto. Ci siamo evoluti, già nel1990 ci siamo concessi un Fiorino. Ma ho sempre lavo-rato stando in piedi, camminando, correndo. Tra lagente. Anche volendo, non riuscirei a cambiare.Da sette anni il nostro presidente è Guido Molinari, un“cooperatore antico” pure lui, con un passato da consi-gliere in Cassa Rurale. È un imprenditore e sa bene che

cosa significhi gestire il personale e crescere. Parliamola stessa lingua, ma tutto il Cda funziona. Il futuro?Domani, spero, avremo la “Famiglia cooperativa diBondo e Roncone”, uniti, per servire la comunità. Laserviamo anche sponsorizzando l’Unione Sportiva AltaGiudicarie, vede che bella casacca rossa, con il nostrologo? Siamo vicini al Gruppo Sportivo Bondo. E agliAlpini… Quando organizzano le loro feste e fanno laspesa qui, confesso che gli faccio uno sconto notevole.Non lo scriva… Però non posso dimenticarmelo quel-l’anno da assaltatore fuciliere a San Candido, quandoho scoperto il mondo. E ho deciso che avrei fatto diven-tare la mia piccola Famiglia cooperativa di allora lacosa grande che è oggi, la cosa grandissima che saràdomani. Gli Alpini mi ricordano quel sogno enorme. Enon è giusto, allora, fargli uno sconto altrettanto enor-me?

(Racconto raccolto da Umberto Folena)

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CULTURA COOPERATIVA internazionalizzazione

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitanosarà a Trento l’11 febbraio per inaugurare l’istitutointernazionale di studi sull’impresa cooperativa esociale. Si tratta di un’iniziativa che nasce dalla colla-borazione fra il sistema cooperativo trentino e la Pro-vincia di Trento, l’Università, la Fondazione Cassa diRisparmio di Trento e Rovereto. “L’iniziativa è unica inEuropa e fortemente innovativa”, afferma il presiden-te della Federazione Diego Schelfi. “Rappresenta unulteriore passo in avanti nella strategia di sviluppo diun progetto culturale e formativo diretto a rafforzare ilmovimento cooperativo nel suo insieme e la suareputazione presso il mondo scientifico e le istituzionipubbliche”.Il Centro ingloberà e svilupperà l’attività condotta, apartire dal 1994, da Issan, Istituto studi sviluppo azien-de nonprofit. Entro la fine del 2008 assumerà la formadi fondazione. Sarà gestito da un consiglio di ammini-strazione e da un Comitato scientifico. A regimedisporrà di uno staff permanente di 15 – 20 persone.Il Centro si occuperà, in particolare, di ricerca, forma-zione, divulgazione e consulenza. Più nel dettaglio –come precisa il professor Carlo Borzaga incaricatodai partner del progetto di predisporre il piano di fat-tibilità – il nuovo istituto si porrà come obiettivi priori-tari il rilancio della riflessione scientifica sulla coopera-

zione e il consolidamento della riflessione sull’impre-sa sociale, la formazione di giovani ricercatori su que-sti temi, la diffusione dell’idea cooperativa e la consu-lenza istituzionale ai vari livelli del movimento.Sulle motivazioni alla base del progetto e sulla sceltadi Trento come sede del Centro abbiamo sentito ilprofessor Borzaga, docente alla facoltà di economiadell’Università.

Perché un centro di studi sull’impresacooperativa e sociale?Gli ultimi decenni non sono stati caratterizzati solo dallacrescente globalizzazione dei mercati dei beni e deicapitali e da una nuova ondata di innovazioni tecnolo-giche. A partire dagli anni ’80 si è assistito anche allosviluppo di vecchie e nuove forme di impresa diversedalle imprese di capitali. Da una parte si è registratauna crescita generalizzata delle forme cooperative, insettori sia tradizionali che nuovi e, dall’altra, si è assisti-to all’emergere di forme di impresa non profit ideateper gestire la produzione di servizi di interesse colletti-vo, ormai quasi universalmente conosciute come“imprese sociali”. Esse hanno significativamente contri-buito allo sviluppo economico e alla coesione sociale dimolte comunità locali e nazionali e all’affermarsi degli

NUOVO CENTRI STUDISULLA COOPERAZIONE

L’istituto, ideato dalla Cooperazione Trentina, sarà inaugurato l’11 febbraio aTrento dal Capo dello Stato. Si occuperà di ricerca, formazione, divulgazione econsulenza ed avrà valenza europea. Per il prof. Carlo Borzaga, coordinatoredel progetto, sarà “un luogo di riflessione e di confronto di elevato profiloscientifico che punterà soprattutto sull’attrazione di giovani ricercatori”

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NUOVO CENTRI STUDISULLA COOPERAZIONE

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studi e delle teorie dello sviluppo locale. L’Italia è stataal centro di questi processi. Nonostante prevalesse econtinui a prevalere la convinzione che la forma coope-rativa sia destinata a ricoprire un ruolo economicamen-te modesto e sostanzialmente marginale, nell’ultimoventennio i tassi di crescita del valore aggiunto e del-l’occupazione delle cooperative sono risultati netta-mente superiori ai valori medi dell’economia. Inoltre èin Italia che il concetto di impresa sociale è stato utiliz-zato per la prima volta con riferimento alla cooperazio-ne sociale, una forma di impresa innovativa riconosciu-ta con legge nel 1991 e introdotta successivamente inalmeno otto Paesi, tra cui la Francia, la Polonia e laCorea del Sud. Questa evoluzione non è stata tuttavia accompagnatada una adeguata attività di ricerca e formazione. I Cen-tri di studi sulla cooperazione non si sono rafforzati enon ne sono nati dei nuovi; di conseguenza gli studicooperativi hanno segnato il passo. La ricerca teoricaed empirica sulla cooperazione è rimasta sostanzial-mente ferma ai risultati ottenuti trent’anni fa ed è dimi-nuito il numero di giovani ricercatori interessati allo stu-dio della forma cooperativa. L’impresa cooperativa èpraticamente scomparsa dai libri di testo di economiae l’impresa sociale non vi è ancora entrata. Infine per-mane una separazione tra gli studi sulla cooperazionee quelli sull’impresa sociale, nonostante sia diffusa laconvinzione che da una analisi congiunta dei due feno-meni possano derivare utili risultati di tipo sia interpre-tativo che di policy.Vi sono quindi la necessità e le con-dizioni per rilanciare con decisione gli studi sullacooperazione e per potenziare quelli sull’impresasociale, creando un luogo unico di riflessione e di con-fronto di respiro internazionale di elevato profilo scien-tifico. Un istituto aperto a scambi e collaborazioni e chepunti soprattutto sull’attrazione di giovani ricercatori adinizio carriera che intendano fare degli studi sulla coo-perazione e l’impresa sociale il tema o uno dei temidella loro attività di ricerca.

Perché la scelta del Trentino come sededel Centro?Innanzitutto il Trentino costituisce, anche agli occhidelle delegazioni internazionali ed europee che sem-

pre più numerose vengono in visita, un vero e propriodistretto ad elevata densità cooperativa e di impren-ditorialità sociale. Per tradizione, per storia, perdimensione esso rappresenta un caso di sviluppolocale cui la forma cooperativa e associativa hannodato dei contributi notevoli. Un modello che si prestaquindi ad essere analizzato e studiato per compren-dere il ruolo economico e sociale svolto dalla coope-razione e le sue potenzialità. In secondo luogo le istituzioni trentine sono partico-larmente attente e sensibili sia agli investimenti in for-mazione e in ricerca, che allo sviluppo della coopera-zione e dell’imprenditorialità sociale. Negli ultimi anni,in particolare, la Provincia Autonoma di Trento ha indi-viduato nel sostegno alla ricerca scientifica e all’altaformazione uno dei capisaldi della propria politicaeconomica, destinando a queste attività una quotasignificativa di risorse.In terzo luogo, l’Università degli Studi di Trento, cheha stabilito relazioni con Università straniere, è ingrado sia di sostenere il nuovo istituto che di garan-tirne la dimensione internazionale. L’ateneo infatti hagià sviluppato un’intensa attività di cooperazione conpartner stranieri e si caratterizza per un’elevata mobi-lità di docenti, ricercatori e studenti e per un crescen-te impegno nella formazione di giovani ricercatori enella creazione di gruppi di ricerca a carattere interna-zionale. Inoltre, negli ultimi anni l’Università di Trentoha anche intensificato la sua attività formativa e diricerca sulla cooperazione e sull’imprenditorialitàsociale. Nel 2005 l’Università ha siglato una conven-zione con la Federazione Trentina della Cooperazio-ne, impegnandosi a intensificare ulteriormente l’atti-vità di ricerca e ad offrire percorsi di studio in materiacooperativa.Infine, anche la posizione geografica del Trentino,posto fra l’area del Mediterraneo e i Paesi del NordEuropa, rappresenta una ragione per collocare l’isti-tuto proprio a Trento. Con l’allargamento dell’Unio-ne europea, questo territorio è sempre più spessosollecitato ad aprirsi all’area dei Balcani e a metterea disposizione delle loro popolazioni anche la cultu-ra e l’imprenditorialità cooperativa e sociale, al finedi favorire uno sviluppo sostenibile e partecipato.(c.c.)

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> Diego Schelfi e Carlo Borzaga

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CULTURA COOPERATIVA felicità e soldi

Il Pil (Prodotto interno lordo) non funziona più. Non ècapace di rappresentare il reale benessere delle nazio-ni. L’abbiamo spiegato almeno quattro volte, negli ulti-mi due anni, nella rubrica Orizzonti, in fondo a questarivista. Non perché fosse un’idea originale, tutt’altro.Plotoni di economisti lo vanno ripetendo da tempo, tracui due italiani che a Trento sono di casa, LuiginoBruni e Stefano Zamagni. Ma finché certe cose resta-no circoscritte a un libro per specialisti, a un convegnoo a una rubrica su un mensile, l’impatto è morbido. Loscorso 4 novembre, però, il Pil è stato dichiarato insuf-ficiente e perfino fuorviante su Repubblica, con lefirme del giornalista Valerio Gualerzi e dell’economi-sta ed ex ministro Giorgio Ruffolo. Buon segno.«Se è risaputo che i soldi non danno la felicità – esor-disce Gualerzi – come abbiamo fatto a pensare peroltre mezzo secolo che per misurarla potesse andarebene il Pil?». Il problema è che il Pil conta soltanto isoldi, compresi quelli spesi male. Se sto fermo in codasulla tangenziale, consumo benzina e il Pil cresce; seinvece sfreccio sulla ciclabile in bici, il Pil resta fermo.Un esempio gustoso è quello che ho sentito raccon-tare anni fa da Orio Giarini, segretario generale del-l’Associazione di Ginevra, ad un convegno a Bressa-none (dove ero l’unico giornalista presente). È ilparadosso della colf. Un tale assume una colf, met-

tendola in regola: il Pil cresce. Tra i due scoppia l’amo-re e si sposano. Lei “si dimette” da colf e divienemoglie, seguendo casa e marito meglio di prima: il Pilcala. Ma sul piano del benessere, diciamo pure dellafelicità, i due stanno assai meglio.La fragilità intrinseca del Pil come strumento per misu-rare il benessere ha radici antiche. John Stuart Mill(1806-1873) spiega che la felicità non consiste nel-l’abbondanza delle cose, ma nella loro qualità. Ancorprima, in Italia, Antonio Genovesi e Pietro Verri defi-niscono l’economia politica come «la scienza dellapubblica utilità». Tra reddito e felicità la correlazione èdebole. Quante sono le cose che riteniamo sufficientipossedere per poterci dire felici? Nessuno può dirlo,perché la nostra età è caratterizzata da un lato dall’au-mento dei beni disponibili, dall’altra dall’aumento pro-porzionale delle aspirazioni. Non siamo mai placati, equesto è precisamente lo scopo della consumeristsociety, renderci sempre un poco insoddisfatti, ossiadesiderosi di non smettere di consumare. Uno deimeccanismi culturali innescati dalla consumeristsociety è l’invidia, per cui tendiamo a far dipendere lanostra felicità da quella altrui, in un continuo insegui-mento senza esito. I cosiddetti “bisogni insaziabili”innalzano il Pil ma generano infelicità.Il Pil non funziona, dunque. Ma con che cosa sostituir-

SAZI E INSODDISFATTICOME MISURAREIL BENESSERE?Il Pil (Prodotto interno lordo) non è in grado, da solo, di rappresentare ilbenessere di una comunità. Ma come sostituirlo? La felicità può essere rac-chiusa in freddi numeri? Gli economisti si pongono la domanda sempre piùseriamente. E se in Trentino…

di Umberto Folena

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17COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

Nella società occidentale benestante le persone sentonol’incalzare del ritmo della vita e si accorgono che i vantag-gi che ci sta offrendo sono inferiori agli svantaggi. Siamoin molti a essere benestanti anche se cerchiamo in tutti imodi di non apparire. Non siamo però né più sani né piùfelici di quanto non fossero i nostri nonni, carenti persinodel necessario. Siamo spesso insoddisfatti, depressi,perennemente stressati e spesso soli.Non voglio buttare a mare il progresso tecnologico. Il miodesiderio è di andare avanti, cercando di capire il perchél’avere non ci rende felici. Forse, siamo abbagliati daivalori materiali e allontanati dai valori veri, più legati all’es-sere e meno al possesso.Ora è arrivato il momento di correggere la direzione. Cistiamo accorgendo che per stare bene abbiamo bisognodi rispetto per il nostro corpo, di capacità di sentire gliaffetti, di recuperare il senso dell’appartenenza alla fami-glia, agli amici, di credere che la vita va oltre.

DON CHINO PEZZOLI

fondatore Comunità Promozione e Solidarietà umana

CORREGGIAMO LA ROTTA

L’Italia? Un paese depresso e infelice. Parola del New YorkTimes (Nyt). E del reportage del suo corrispondente da Romapubblicato in prima pagina a metà dicembre. Per l’esattezza,il titolo diceva: «Italy Signs an Aria of Disappointment», l’Italiacanta la sua delusione. I segnali? I libri più letti sono La castae Gomorra, l’uomo di spettacolo più gettonato è il BeppeGrillo del V-Day, si divorzia a tutto spiano, non si fanno piùfigli, si usa poco internet, l’economia stagna, è impossibilefare riforme. Inoltre, da un recente sondaggio condotto dal-l’Università di Cambridge risulta che appena il 36 per centodegli italiani si dice felice: in Europa siamo tra i meno felici.Luisa Corrado, dell’Università di Tor Vergata a Roma,responsabile della parte italiana del lavoro, spiega che le dif-ferenze tra i Paesi dipendono soprattutto dal “Social Trust”, o“Trinità del capitale sociale”: «Fiducia nella società, nel siste-

ma legale del proprio Paese, nelle istituzioni». In Italia siamomessi malino; ma siamo anche ipercritici.Il malessere è davvero la nota dominante in Italia? Il presiden-te Napolitano ha replicato citando Keynes: «Possiamoscommettere sulla vitalità dell’Italia e sui suoi “animal spirits”»(spiriti animali). E Ilvo Diamanti incalza: «Non è vero chesiamo ‘infelici’ come afferma il Nyt. Nove italiani su dieci sidicono, al contrario, personalmente felici (Osservatorio sulCapitale sociale di Demos-coop: aprile 2007). Appunto: “per-sonalmente”. Felici “nel loro piccolo”. Nel chiuso delle relazio-ni familiari, nella cerchia dei rapporti tra amici. Nelle loro case.E, per questo, un poco claustrofobici. Gli italiani sprigionanoi loro “animal spirits” soprattutto quando agiscono da soli.Oppure in piccoli gruppi, piccole imprese, piccole lobbies,piccole bande».

IL PAESE DEL MALESSERE, LO DICE IL NYT

lo, o a che cosa affiancarlo? Il 19-20 novembre scor-so se n’è parlato al convegno Beyond Gdp (“Oltre ilPil”), organizzato a Bruxelles dall’Unione europea, conospiti come Manuel Barroso, presidente della Com-missione europea, Joaquin Almunia, commissarioall’Economia, e Kristalina Georgieva, direttrice dellaBanca Mondiale. Il Pil – questo il punto di partenza –non riesce a tener conto dei costi ambientali della cre-scita, né di tanti fattori di benessere non monetizzabi-li, come l’aspettativa di vita, il grado d’istruzione, lasolidarietà, eccetera. Ruffolo sottolinea come il Piltenga conto soltanto dei beni prodotti nel mercato,escludendo quelli forniti nelle relazioni gratuite tra lepersone, nelle famiglie o nelle comunità (la colf ucrai-na…). Ignora il modo in cui i beni sono distribuiti,come aveva rilevato a suo tempo Trilussa: due polli ame, nessuno a te, la media fa un pollo a testa: benes-sere diffuso! Infine non attribuisce alcun valore ai beniforniti dalla natura, che considera gratuiti e dei qualiperciò si può far scempio.A questo, che fare? Il Pil, con i suoi difetti, riesce peròa ridurre tutto a numeri. Ma il benessere e la felicitàsono misurabili in modo oggettivo? Il Bhutan misura laFil (Felicità interna lorda) da circa vent’anni, ma secon-do criteri e parametri culturalmente non esportabili.Andrei Oswald misura tutto: un matrimonio felicevale 100 mila dollari, un lutto in famiglia ne costa 245mila. Dà un valore a un sorriso, a una preghiera, a unapasseggiata, a tutto. Funziona? Non ci sembra.Ruffolo suggerisce di rinunciare a una misura unica:ogni nazione si faccia la propria. Aggiungiamo noi:ogni comunità. Anche il Trentino. Ma perché non pro-vare, in piccolo, cominciando da un paese o da unavalle, a misurare il benessere? Si tratta di stabilire,

interrogando la propria gente, da quali elementi dipen-da la felicità; indagare; misurare quel che è misurabile;provarci comunque. Quella comunità si ritroverebbe inmano elementi comunque importanti per un’ammini-strazione e per le aziende, soprattutto le cooperative,che l’errore di far coincidere automaticamente il profit-to con la felicità non dovrebbero commetterlo mai:glielo impedisce il loro Dna.

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19COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 2007

CULTURA COOPERATIVA le nostre radici

Il primo nome dato alla prima cooperativa di consumoera semplicemente “Società cooperativa rurale di smer-cio e consumo di Santa Croce di Bleggio” (1890). Mapochi mesi dopo, il fondatore, don Lorenzo Guetti(1818-1898), cambiò il nome in Famiglia Cooperativa,dopo un agguerrito scontro con l’ufficio delle tasse che,sollecitato dai negozianti locali, voleva mettere sullanuova società, senza scopo di lucro, le stesse impostepreviste per una società con scopo di lucro.Qualsiasi idea di lucro era bandita nelle Famiglie coope-rative, che spesso vendevano ai soci la merce al purocosto, aggiunte le poche spese di amministrazione.Secondo il ragionamento del fondatore, come in unafamiglia, non si potevano mettere tasse sia sui singolicomponenti (i soci) che sull’intera famiglia ( la cooperati-va). “Tutti uguali di fronte alla legge! Benissimo – scrive-va don Guetti su ‘La Famiglia cristiana’ il 4 gennaio 1895a proposito di “privilegi” per le cooperative –. Noi se nonabbiamo fiorini 300 di rendita netta, non siamo soggettia contribuzioni né erariali né comunali. Ebbene tale privi-legio lo sia anche pei commercianti, ma anche a loro sifaccia obbligo di tenere tutti i registri di entrata e uscitaquali li abbiamo noi e quali la legge prescrive, e questiregistri siano da ispezionarsi dalla pubblica autoritàcome lo sono i nostri, e vedremo dove saranno i privile-gi, i guadagni”. E a proposito del Fondo di riserva indivi-sibile, nel quale andavano e vanno versati eventuali utilidi una cooperativa, così continuava il prete del Bleggio,al quale non mancava l’ironia: “Intangibile peggio diRoma? Il fisco lo attornia ogni dì con occhio di lince per scovare il debole dell’impostazione; e quandoesso…fosse diviso tra i soci eccolo subito soggetto a

tassazione. Dunque le carte in tavola per tutti e noi nonsaremo quelli che pretendono privilegi”.Sono ragionamenti, quelli dei “privilegi” che purtroppoancor oggi si sentono da chi attacca la cooperazionesenza tener conto della sua funzione sociale.Le Famiglie Cooperative sono una ricchezza anche oggi,nell’epoca della globalizzazione. Più volte sono venutedelegazioni dall’estero per esaminare il modello dellacooperazione di consumo trentina che resiste ai ventidella liberalizzazione. Certamente non si può andarecontro il mercato, ma si può orientarne il flusso. Graziealla rete Sait, per gli acquisti, e alla Federazione per l’as-sistenza, il modello cooperativo trentino ha ancora unagrande attualità. Le Famiglie Cooperative sono 85 con353 punti di vendita in provincia. Il dato più interessanteè che sono ben 196 le località dove la Famiglia Coope-rativa è l’unico punto vendita servendo in queste localitàben 103 mila persone, molte delle quali, non dimenti-chiamo, sono anziani che in cooperativa vanno ancheper fare due chiacchiere visto che l’ufficio postale o lascuola sono stati chiusi. Certo quando si parla di coope-razione si parla anche di Superstore, ma è un bene chenelle aree di fondovalle siano state realizzate questestrutture moderne se ciò contribuisce a far vivere anchei punti vendita delle piccole località, non senza una sanadialettica interna al movimento cooperativo.In ogni caso è bene difendere il marchio Famiglia Coo-perativa anche dopo l’alleanza con la Coop, non soloper rispettare la volontà del padre della cooperazionetrentina di cui nel 2008 ricorrono i 110 anni dalla scom-parsa, ma perché è un marchio carico di storia: la storiadelle genti trentine.

Don Guetti, LE TASSEE I PRIVILEGI DELLE COOPUna polemica che viene da lontano. Il fondatore del movimento fu protagonistaancora nel 1890 di un acceso scontro con l’ufficio delle tasse che, spinto dainegozianti locali, voleva applicare alle cooperative le stesse imposte previste perle società con scopo di lucro

di Luciano Imperadori *

(*) estratto di un articolo di Luciano Imperadori pubblicatosu “Strenna Trentina 2008”

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 200720

A dicembre, davanti al Tribunale di Trento, si è tenutal’udienza di discussione della causa che vede impe-gnata la Federazione, a fianco della Cassa Rurale diAldeno e Cadine, nella difesa non solo dell’operatodegli amministratori della Cassa, ma anche – esoprattutto – nella tutela del ruolo e della funzionedella Federazione per quanto riguarda l’attività di con-trollo contabile sulle cooperative socie, demandataalla stessa Federazione, con la legge regionale n. 5del 2004, in armonia e continuità con la lunga storiadi autocontrollo, di matrice raiffeiseniana, che caratte-rizza il movimento cooperativo.La controversia è nata nell’agosto 2006 con l’impu-gnazione, da parte di alcuni soci della Cassa Ruraledi Aldeno e Cadine, della delibera assembleare diapprovazione del bilancio. Tale iniziativa giudiziaria èstata patrocinata dal consiglio dell’ordine dei dottori

commercialisti della Provincia di Trento, e attuatastrumentalmente dal presidente dell’ordine stesso,Pasquale Mazza, socio della Cassa Rurale, insiemead un esiguo numero di altri soci, con l’intento di por-tare davanti alla Corte Costituzionale una questione dilegittimità della norma regionale che attribuisce alleassociazioni riconosciute di tutela e rappresentanzadel movimento cooperativo la competenza ad eserci-tare, oltre agli altri controlli già previsti dalle leggi spe-ciali in materia di vigilanza sulle cooperative, anche ilcontrollo contabile sulle loro associate.La Federazione Trentina è intervenuta nel giudizio, asostegno delle ragioni della Cassa Rurale, ed è difesadall’avvocato Francesco Galgano di Bologna, giuristadi fama internazionale. Nel corso dell’udienza, le partihanno precisato le rispettive conclusioni, e il Tribuna-le – chiusa la discussione – si è riservato di decidere.

ATTUALITÀ controversia

Il controllo contabilein tribunale

È stata discussa a dicembre a Trento la causa avversa al ruolo svolto dallaFederazione in materia di controllo contabile sulle cooperative associate.Il contenzioso è nato nell’agosto 2006 con l’impugnazione da parte di alcunisoci della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine della delibera assembleare diapprovazione del bilancio. Attesa a breve la decisione del giudice

di Carlo Dellasega

Il controllo contabilein tribunale

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Le ragioni della cooperazione

Il prof. Galgano nel suo intervento ha sottolineato:- che il dott. Mazza agisce in giudizio non per esercita-

re una prerogativa derivante dal rapporto sociale conla Cassa Rurale, ma esclusivamente per tutelare l’inte-resse della sua categoria professionale a sottrarre allaFederazione trentina (e alle organizzazioni di coopera-tive della provincia di Bolzano) il controllo legale deiconti sulle cooperative, che si vorrebbe invece lascia-re alla mercè del “mercato di lupi” delle revisioni pro-fessionali, tristemente venuto alla ribalta in occasionedi alcuni clamorosi default che hanno coinvolto prima-rie società internazionali;

- che tale iniziativa strumentalizza non solo la CassaRurale e l’operato dei suoi amministratori – i quali sisono limitati ad applicare la legge, né avrebbero potu-to agire diversamente – ma la stessa amministrazionedella giustizia, alla quale si chiede di adire la CorteCostituzionale per veder dichiarata l’illegittimità di unanorma la cui invocata disappicazione non porterebbeai soci della Cassa Rurale alcun reale vantaggio dinatura patrimoniale, visto che nessuna censura vienesollevata contro la chiarezza e veridicità del bilancioimpugnato;

- che in ogni caso il numero dei soci della Cassa Rura-le che hanno impugnato la delibera dell’assemblea (sitratta, come noto, di quattro persone, tutte legate aldott. Mazza da rapporti di parentela o di personaleamicizia) è assolutamente insufficiente rispetto ai quo-rum minimi previsti dalla legge per tali azioni giudizia-rie, essendo richiesto un quorum minimo del 5%, rap-portato, per le società cooperative, al numero dei soci;

- che pertanto la domanda proposta non dovrebbeneppure essere esaminata nel merito per carenzaassoluta di interesse e di legittimazione ad agire degliattori;

- che in ogni caso, anche volendo entrare nel meritodelle questioni giuridiche sollevate dagli attori, la spe-ciale disciplina dei controlli che caratterizza le societàcooperative – anche in deroga alla disciplina di dirittocomune applicabile alle altre società di capitali – trovafondamento in una riserva costituzionale di legge,attuata per mezzo di numerose leggi speciali, non soloregionali, ma anche nazionali, che hanno disciplinato

in modo autonomo i controlli sulle cooperative, com-presi quelli di natura contabile, demandandone l’ese-cuzione ai soggetti cui era già storicamente delegata,in generale, l’attività di vigilanza;

- che pertanto la legge regionale contestata si colloca inuna linea di sostanziale continuità con lo sviluppo sto-rico del movimento cooperativo e con la disciplina chelo caratterizza, e addirittura applica rigorosamente gliindirizzi contenuti nella recente riforma del diritto socie-tario, e persino anticipa le tentenze emergenti nell’evo-luzione del diritto comunitario;

- che infatti l’assetto organizzativo dei controlli sullecooperative risulta pienamente legittimo anche allaluce di una recente direttiva comunitaria, ai sensidella quale l’attività di controllo legale dei conti puòessere svolta, per quanto riguarda le società coo-perative, anche ad un ente senza scopo di lucroche effettua revisioni al quale esse aderiscono,senza che il rapporto associativo tra la cooperativae l’ente di revisione comprometta di per sé l’indi-pendenza del revisore;

- che la Federazione Trentina della Cooperazione, nellosvolgimento dei compiti a lei affidati dalla legge, si ècomunque dotata di un’organizzazione interna piena-mente idonea a garantire l’indipendenza dei revisori,assicurando, tra l’altro, l’autonomia organizzativa efunzionale dell’attività di controllo contabile rispettoagli altri servizi erogati a favore delle cooperative socie,tra cui, in particolare, quelli di natura consulenziale.

Alla luce di queste considerazioni, risulta confermatala bontà dell’indirizzo perseguito dal legislatore regio-nale anche in occasione del progetto di revisioneorganica della legge n. 7/1954 che, come noto,disciplina la vigilanza regionale sulle cooperative,demandandone l’esecuzione, sia attraverso la revi-sione che attraverso il controllo contabile, alle asso-ciazioni riconosciute di categoria. Il disegno di leggeregionale di riforma, infatti, recentemente approvatodalla Giunta regionale e in attesa di essere discussoin commissione e in Consiglio regionale nei prossimimesi, conferma sostanzialmente, sotto il profilo chequi ci interessa, l’orientamento già sperimentato conla precedente riforma del 2004, ovvero l’attribuzionedel controllo contabile alle associazioni riconosciute,per gli enti cooperativi ad esse aderenti.

ATTUALITÀ controversia

21COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

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23COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

Silvano Rauzi, di Malé in Val di Sole, presidente dellaFederazione provinciale Allevatori, è preoccupato, ma“resiste”. E contemporaneamente agisce, con i suoisoci, perché questa realtà strategica del Trentino – lestalle e i pascoli, allevare cose vive, far crescere e nonsolo materialmente produrre – resti l’attività economi-ca di base che sorregge tutto il resto, dal paesaggioal turismo, dalla salute all’alimentazione. L’ultimabatosta è venuta, nelle prime settimane di gennaio,dai casi di tbc bovina rilevati in alcune stalle di mon-tagna. Al di là della delusione (perché gli allevatoritrentini cercano di dare il massimo, di essere a posto,di seguire le regole) e dei tempestivi interventi chehanno circoscritto l’infezione , anche in questo casoRauzi cerca di trar partito dalle difficoltà: “Non ciarrendiamo. Ci sentivamo al sicuro, ma la globalizza-zione crea un’eccessiva promiscuità, nelle importa-zioni, nelle malghe. Staremo più attenti”. La cadutasistematica dei controlli sanitari nel mondo, su chiviaggia, ha portato anche a un ritorno di tbc – malat-tia che sembrava debellata – negli uomini, non solo

fra gli animali. Non bisogna abbassare la guardia. Lemalghe, affittate dai Comuni ad allevatori esterni,appaiono (ed è stato più volte denunciato) il puntodebole del sistema. Paradossalmente, peraltro, pro-prio questa crisi potrà servire a rilanciare l’impostazio-ne rigorosa di chi vuole un allevamento meno indu-strializzato e più naturale, o come è il caso di Rauzi,di chi da anni sostiene che il sistema di attribuzionedelle malghe non risponde più ai tempi. Occorreràprivilegiare l’autodisciplina, rendere sistematici i con-trolli, difendere la produzione trentina dagli avventu-rieri esterni. Fra stalle e malghe deve tornare una sim-biosi positiva, perché altrimenti, dal momento che lazootecnia insiste sugli ambienti più turistizzati, le stal-le chiuderanno e i pascoli si trasformeranno in terreniedificabili venduti agli speculatori.Silvano Rauzi è presidente “storico” degli allevatori.Negli anni ha saputo diventare riferimento anche perle nuove generazioni , con il suo carattere bonario matenace, con la sua laboriosità contadina unita ad unaraffinata esperienza politica. Sono, infatti, ormai molte

ATTUALITÀ intervista

La zootecnia trentinaresisteIl settore entra, con il 2008, nel suo undicesimo anno di crisi. I prezzi sono fermi da vent’anni.Le notizie di casi di Tbc nelle stalle agitano le cronache e preoccupano. Ma il presidente degliAllevatori, Silvano Rauzi, non innalza inni al lamento. Occorre rimboccarsi le maniche e proseguire il lavoro di messa a punto – nella qualità – dell’allevamento.

di Franco de Battaglia

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 200824

ATTUALITÀ intervista

> Silvano Rauzi, presidente degli allevatori trentini

nel Trentino le stalle condotte da giovani, non c’è una“fuga” da questo settore dell’agricoltura e ciò signifi-ca che la passione per il territorio è più forte di quelladel guadagno. C’è “dietro” un progetto esistenzialeoltre che lavorativo. È una ragione in più per sostene-re la “resistenza” che la zootecnia trentina sta condu-cendo e per esaminarne da vicino le potenzialità.Accanto alle realtà consolidate stanno emergendo,infatti, nuove forme produttive, nicchie di creatività edi innovazione che vanno agevolate, stimolate, cosìda fare della zootecnia davvero la rete di base del ter-ritorio trentino e del latte, l’alimento più sano e com-pleto, il punto di forza dei prodotti trentini. Una politi-ca di “marketing” e “resistenza” insieme, che toccainnanzitutto alla Cooperazione promuovere.

Presidente Rauzi, come si presenta il 2008?Sarà ancora un anno con grosse difficoltà. Siamoormai entrati nell’undicesimo anno di crisi. Forse nes-sun settore avrebbe resistito ad una crisi così prolun-gata. Con il latte siamo ai prezzi di vent’anni fa, il chevuol dire che di fatto c’è stata una forte flessione. Leaziende che hanno fatto investimenti si trovano in dif-ficoltà. Ora l’ultima “batosta” colpisce non solo l’im-magine, ma i costi.

Dall’autunno in avanti c’è stato però un po’ dirisveglio.Sì, il prezzo commerciale ha dato segni di ripresa.L’auspicio è che il mercato si accorga di quanto sonopreziosi i prodotti alimentari. Ma da agosto i costi diproduzione sono aumentati. Gasolio a parte (il petro-lio ha raggiunto i 100 dollari a barile) tutti i cerealisono quasi raddoppiati, per cui i benefici dei prezzinon si sono sentiti.

I bilanci del 2007 saranno quindi deludenti.L’aumento del prezzo commerciale del latte deveancora trasferirsi ai derivati. I prodotti, come il for-maggio, non sono aumentati in base ai costi.

E i consumi?Tendono più a diminuire che ad aumentare.

Nel 2007 è stato unificato il polo del latte. Por-terà una boccata d’ossigeno?Si è trovato un accordo per non continuare in una

concorrenza esasperata che, più che beneficiare pro-duttori e consumatori, favoriva gli intermediari.

Quale è il dato più incoraggiante?Sta emergendo un modo diverso di vedere il settorezootecnico. All’interno i piccoli aumenti di prezzohanno ridato un po’ di entusiasmo, mentre il Piano diSviluppo Rurale, approvato proprio negli ultimi giorniin Provincia, dà speranze, anche se i premi non sonostati liquidati entro l’anno. All’esterno, sia pur timida-mente, anche da parte del mondo turistico, emerge laconsapevolezza che gli allevatori sono una carta vin-cente del territorio, non un residuo del passato. L’aiu-to maggiore, determinante, ci è però venuto dalmondo del credito.

Le Casse Rurali?Le Casse Rurali con tutto il loro sistema e la CassaCentrale. Guardate, qualche anno fa c’è stato unaccordo fra Cassa Centrale, sistema cooperativo,Cooperfidi e Provincia, per aiutare le aziende zootec-niche intervenendo sul credito. Le iniziative specialisono state proposte dalla Federazione Allevatori per-ché le aziende che avevano investito si trovavano conl’acqua alla gola. Avevano patrimonio – il mondo agri-colo ha patrimonio – ma la zootecnia ha bisogno digrossissimi investimenti per la produzione e questo,con i prezzi fermi, creava una situazione insostenibile.

È stata una scelta lungimirante.Abbiamo trovato la disponibilità della Provincia e que-sto ha dato modo alle aziende con investimentirecenti di poter ripianare le passività onerose a lungotermine. Non contributi, ma prestiti. Nel Trentinoabbiamo due grandi fortune.

Derivano dall’autonomia, quali sono?La prima è il riconoscimento da parte della Provinciadel ruolo che la zootecnia svolge. La seconda è il cre-dito cooperativo. Questo è fondamentale, non mistanco di ripeterlo. Se noi, con aziende di dimensionipiccole, modeste anche se allevano cento capi,andiamo in mano alle grandi banche, che ormai nonhanno più sede nel Trentino, che mutano continua-mente interlocutore, finiamo nella palude. Non si sapiù in che mani si va a finire. Un prestito vengonosempre ad offrirtelo, ma appena c’è un problema da

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risolvere sorgono mille difficoltà. Ci si accorge chemancano le competenze, o le volontà, o le continuità.Per noi duecentomila euro sono la vita o la morte…

Mentre per le grandi banche sono un’inezia chenon le interessa?Io dico che i trentini, che pur sostengono il creditocooperativo, non sono abbastanza consapevoli del-l’importanza che esso riveste sul nostro territorio, nonsolo per il sostegno alle attività produttive, ma per laqualità della nostra vita.

Cosa fare in questa situazione di difficoltà?La strada è quella di qualificare sempre più la produ-zione. Il Trentingrana soffre, ma sul mercato è un mar-chio riconosciuto. Ma occorre continuare sulla stradadei prodotti che attirano il consumatore: la Spressa diRendena, il Puzzone di Moena, il Casolét della Val diSole, prodotti di alta qualità, che si agganciano allaDop, allo Slow Food. Danno respiro al mercato e ilconsumatore saprà valorizzarli.

E la dimensione aziendale? Continua la politicadelle grandi stalle?Si parla di grandi stalle, ma le nostre non sono gran-di stalle. Occorrono semplicemente aziende dove unafamiglia possa vivere. Non è difficile fare i conti, con illatte a 850 lire vediamo se con centomila euro si pos-sono pagare le spese, gli ammortamenti dei prestiti eresta da vivere per una famiglia. In pianura ci sonostalle con cinquecento, mille capi, qui con cento,centocinquanta. Di solito lavorano due componentidella famiglia, più altri due part-time. Ma la situazionesta evolvendo.

Ci si strutturerà sue due livelli? Stalle da un cen-tinaio di capi ed altre, in montagna, con unatrentina, legate alle malghe, all’agriturismo?Questa è una strada complementare e occorre perse-guirla, purché gli agroturismi siano di qualità e di stile.Di produzione, ecco. Le nicchie creative sul territoriosono sempre positive e possono essere estese. Noi,ad esempio, sosteniamo non costruzioni nuove, maristrutturazioni di masi già di proprietà delle aziende,che dovrebbero essere considerati come integrazionedi reddito agrituristico dell’azienda. Così si va a man-tenere la proprietà dell’edificio e se ne evita l’aliena-

zione. Ma non possiamo perdere la nostra piattafor-ma “base” nella produzione. C’è però un altro feno-meno.

Quale?Un tempo le famiglie si dividevano e dividevano lestalle. Adesso invece si presentano tentativi di costi-tuire una stalla unica sulla quale far convergere il lavo-ro di più famiglie - cugini, nipoti - ed anche magari diqualche socio.

È anche un modo per avere un po’ di tempo libe-ro, di gestire meglio il lavoro.E’ anche un segno di come sta cambiano, nel Trenti-no, la famiglia. Un tempo c’era sempre qualcuno, unparente, un vicino, che aiutava. Oggi se uno si amma-la la stalla resta bloccata. Allora ci si mette insieme indue, in tre. Bisogna tenerne conto.

Il numero delle aziende è diminuito? Ma il numero dei capi, nel Trentino, negli ultimi 15-20anni è più o meno stabile (40 mila vacche, di cui 25mila da latte) e le produzioni tendono ad aumentare.

Con l’aumento dei prezzi dei mangimi occorre-rebbe forse pensare, finalmente, ad una politicadei foraggi nel Trentino, recuperando areedismesse, fieno che finisce in discarica, pascolimarginali. Perché non fare cooperative pergestire i foraggi?Sì. Sì. Anche qui sarebbero necessari forti investi-menti. In Val d’Ultimo, in Alto Adgie, stanno proce-dendo con il livellamento dei prati. Nel Trentino la pro-prietà è frazionata al massimo e non è di chi la coltiva.E ci sono grosse gelosie sulla proprietà, perché i pratispesso si trovano in aree turistiche .

Difficile ricomporre?Non so se si riuscirà, ma certo molte situazioni pos-sono essere migliorate e razionalizzate. E le malghepossono essere usate meglio.

E per i mangimi sani, non gonfiati? C’era la Sav, che era cooperativa. Ma è stata cedutaalla Riper, un’azienda privata di Rio di Pusteria. Un’a-zienda seria. Noi comunque andiamo avanti, concoraggio. Sulla zootecnia poggia tutto il territorio.

> Sulla zootecnia poggia tutto il territorio

25COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

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Servizi ambientali per la tua azienda• Adempimenti per l’igiene e sicurezza sul lavoro• Analisi chimiche e biologiche delle acque e degli alimenti• Valutazioni di impatto ambientale (VIA)• Valutazione strategica (VAS) e Valutazione di incidenza• Costruzione di sistemi di rintracciabilità alimentare• Gestione e controllo dell’igiene di ambienti e prodotti alimentari• Sistemi di gestione d’impresa per l’igiene alimentare, sicurezza, salute, qualità e ambiente• Consulenza nella pianificazione territoriale sostenibile• Costruzione banche dati ambientali• Indagini ambientali (campi elettromagnetici, rumori, vibrazioni, emissioni atmosferiche)• Gestione impianti di depurazione

CET soc. coop.

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ClassificazioneEnergetico-Ambientaledegli Edifici e Diagnostica Energetica

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E.N

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La cooperativa Pavingross di Trento, nata nel 1983, cam-bia nome in Woodco e lancia il nuovo marchio ancheall’estero. Con un fatturato atteso nel 2007 di 22,7 milio-ni di euro, il 10% in più del 2006, e un utile superiore del40% all’anno precedente, la Woodco ambisce ora anuovi traguardi, partendo dall’esperienza acquisita edalla fiducia conquistata soprattutto sul mercato italiano.È la quarta impresa del settore in Italia, ma conta di arri-vare presto sul podio. I suoi pavimenti arredano localifamosi come il Billionaire o gli showroom di Gucci, Prada,Armani. E poi catene alberghiere come Sheraton eRadisson, banche e concessionarie auto come Fiat Lan-cia, Audi e Volvo, telefonici come Vodafone, industrie diarredamento come B&B Italia e Snaidero.“Il nostro punto di forza – afferma il direttore generaleGian Luca Vialardi - è rappresentato dalla rete di ven-dita, che si compone di 28 agenti di cui 6 dipendenti, ecopre l’intero mercato italiano. Finora ci siamo presenta-ti con il nostro marchio Alpen Parkett di pavimenti inlegno e l’esclusiva nazionale dei due marchi leader euro-pei del parquet Kährs (Svezia), Bauwerk (Svizzera) edAlloc (Norvegia) per i pavimenti in laminato. Ma, a parti-re da gennaio, la società inizierà la produzione e la diffu-sione di due nuove linee di prodotto a marchio Woodco,che si affiancheranno ad Alpen Parkett”.

Dei soci fondatori – per lo più ex dipendenti della dittaZambiasi di Trento che avevano deciso di fondare unaloro impresa in cooperativa – oggi rimane il presidenteMauro Pauletto. “Essere cooperativa significa trattaresempre gli altri come persone, a cominciare dal nostrointerno. Abbiamo conquistato mercati impensabili con ilvalore aggiunto della relazione”, dice Pauletto.

La nuova sfida

Adesso la cooperativa affronta la partita più impegnati-va, il cambio di nome e la consacrazione internazionale.Che prevede un nuovo piano di sviluppo con l’allarga-mento ulteriore del proprio mercato.Sono in corso progetti importanti con partner interna-zionali, come gli architetti newyorkesi Richard Meier &Partners per la realizzazione delle pavimentazioni delPolo tecnologico Kilometro Rosso in corso di costruzio-ne a Bergamo, o con lo studio Marco Piva di Milano perla realizzazione dell’Hotel Anantara & Tiara Palm diDubai, negli Emirati Arabi.La cooperativa ha già avviato un piano di sviluppo com-merciale in Bulgaria e Romania ed è interessata al mer-cato dei paesi balcanici.

ATTUALITÀ nuovo marchio

Nata nel 1983, la Pavingross si trasforma in Woodco ed affronta i mercatiinternazionali con due nuove linee di pavimenti in legno con proprio marchio. La partnership con i maggiori studi di progettazione ha portato lasocietà a lavorare in tutto il mondo. Prossime tappe, Paesi dell’Est e Balcani

27COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

> Gian Luca Vialardi e Mauro Pauletto

PAVINGROSS CAMBIA NOME e allarga i propri orizzonti

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 200828

Sono ancora in pochi i cooperatori iscritti all’Associa-zione Donne in cooperazione. Il maschile non è unerrore, stiamo proprio parlando di uomini che hannodeciso di aderire all’associazione che promuove laparità di genere. Sono ancora pochi, ma rappresen-tano un importante segnale di cambiamento, diacquisizione della consapevolezza che la diversità digenere è una risorsa per tutti.“La nostra associazione – commenta la presidenteSandra Dodi – è aperta a chiunque, uomo o donna,sia convinto che la pluralità di capacità, competenzee sensibilità sia una risorsa per la Cooperazione Tren-tina e porti un contributo al benessere della vita ditutti”. Così alcuni cooperatori si sono iscritti all’Asso-ciazione Donne in cooperazione. Tra questi anche ildirettore della Federazione Carlo Dellasega, che hapartecipato all’assemblea 2007 dell’Associazione.L’assemblea è stata l’occasione per presentare i pro-grammi per il futuro e fare il punto sulla presenza fem-minile all’interno del movimento cooperativo trentino.Dal 2005, anno di costituzione dell’AssociazioneDonne in cooperazione, sono aumentate dell’1% ledonne presidenti di cooperative. Tra i direttori la per-centuale delle donne è salita dall’1% del 2005 al 5%.Mentre nei consigli di amministrazione si è passati,nell’ultimo biennio, dal 14 al 15%. La stessa Federa-zione Trentina della Cooperazione ha raddoppiato ilnumero di donne nel proprio organo di gestione e haeletto due donne come sindaci supplenti.

Per il prossimo anno l’Associazione Donne in coope-razione, che riunisce 191 socie, amministratrici edipendenti delle cooperative trentine, intende puntarein particolar modo sul coinvolgimento delle proprieassociate. “Nei prossimi mesi – ha annunciato la pre-sidente – costituiremo dei gruppi di lavoro chedovranno occuparsi dei progetti relativi a tre temati-che: la Carta dei valori, le iniziative per il Festival del-l’Economia e l’organizzazione della giornata in ufficiocon mamma e papà”.

A PARTIRE DA UNA NUOVA CARTA DEI VALORI“Nella Carta dei valori che caratterizzano il nostromovimento – spiega Sandra Dodi – non possonomancare i riferimenti ai temi della conciliazione e dellaresponsabilità sociale”. Per questo un gruppo di lavo-ro costituito dall’Associazione Donne in cooperazioneelaborerà delle proposte di integrazione del docu-mento.Gli altri gruppi si occuperanno di organizzare delleattività per il Festival dell’Economia e di realizzare “Inufficio con mamma e papà”, l’iniziativa promossa daIl Sole 24ore con il patrocinio del Ministero delle PariOpportunità. Nel 2008 le cooperative trentine potran-no aderire aprendo le porte ai figli dei propri dipen-denti, in modo che possano vedere dove mamma epapà si recano tutti i giorni quando escono di casa epossano così comprendere l’importanza del lorolavoro.

ATTUALITÀ donne

GLI UOMINI SI ISCRIVONOall’Associazione DonneIl direttore della Federazione, Carlo Dellasega, è tra i primi uomini iscrittiall’Associazione Donne in cooperazione. Un piccolo gruppo di cooperatori che hacapito che la pluralità di capacità, competenze e sensibilità è una ricchezza per tutti.E per il 2008 in programma una proposta di modifica alla Carta dei valori

> Da sinistra: Sandra Dodi, Norma Benoni e Simonetta Fedrizzi, rispettivamente presidente, consigliere e responsabile della segreteria dell’Associazione Donne in cooperazione

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Proseguiranno poi i progetti già avviati nel 2007,come, ad esempio, le iniziative volte a far circolarele informazioni tra le socie e l’attività di ricerca. Inparticolare, l’Associazione ha già progettato, suincarico dell’Assessorato provinciale alla coopera-zione, una ricerca sui nuovi modelli organizzativisocialmente responsabili con l’obiettivo di crearepiù armonia tra tempi di vita e di lavoro e ha elabo-rato un’analisi dei contratti di lavoro in un’ottica digenere che parte dal presupposto dell’importanzadella contrattazione collettiva nelle azioni a soste-gno delle pari opportunità.Inoltre, l’Associazione partecipa a reti a livellocomunale, provinciale e nazionale. Tra queste laRete Provinciale delle Associazioni femminili delTrentino, che ha presentato alle Donne in coopera-zione il Manifesto a sostegno di un’equa rappresen-tanza di genere, realizzato insieme all’Assessoratoalle Pari Opportunità e alla Commissione provincia-le per le pari opportunità tra uomo e donna. È laprima volta che, le diverse realtà che sostengono idiritti delle donne, si uniscono e danno vita a qual-cosa di concreto. In particolare, le associazionichiedono che venga modificata la legge elettoraleprovinciale in modo da garantire la presenza del50% di donne e uomini nelle liste elettorali per leelezioni del 2008. Per sostenere questa modificaintendono mobilitarsi e, se necessario, ricorrere allaCorte Costituzionale.

ASSEMBLEA ANNUALE A ROMA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DELLE DONNE DEL CREDITO COOPERATIVO.ENRICA CAVALLI NUOVO PRESIDENTE.

Enrica Cavalli, consigliere della Banca MalatestianaCredito Cooperativo della Provincia di Rimini, è ilnuovo presidente di iDEE, l’Associazione delle donnedel Credito Cooperativo. L’elezione è avvenuta duran-te l’incontro annuale dell’Associazione, che si è svoltonella sede romana del Credito Cooperativo. Il programma della convention ha previsto anche unaparte ludica con i corsi di cucina organizzati per lesocie e i soci dalla Città del Gusto delGambero Rosso. L’iniziativa, che hariscontrato grande successo tra lepartecipanti, ha ispirato anche il tito-lo-tema della convention: “Gustandole nostre iDEE, un laboratorio perassaporare la creatività”. L’assemblea ha offerto l’occasioneper fare il punto dei tre anni di attivitàdell’Associazione. Tra gli obiettiviraggiunti il riconoscimento giuridico:iDEE, infatti, è stata iscritta nel regi-stro delle persone giuridiche dal Pre-fetto di Roma. Inoltre, l’organizzazio-ne interna che si è datal’Associazione, con i 4 gruppi di lavo-ro e i comitati territoriali, ha permesso di avviare inquesti anni importanti contatti con associazioni analo-ghe. È il caso di “Donne in Cooperazione” di Trento.Un’altra intesa è stata raggiunta con la Malta Associa-tion of Women in Business. Più recente l’accordo, trala Federazione Lombarda delle Banche di CreditoCooperativo e la Camera di Commercio di Milano,rivolto a promuovere l’occupazione femminile. Lanovità in agenda per il 2008 – come ha dichiarato lapresidente Enrica Cavalli nel suo discorso d’insedia-mento – sarà quella di lavorare ad un unico tema. Laproposta è caduta sull’argomento scelto dall’UnioneEuropea per il 2008, proclamato anno europeo del“dialogo interculturale”.

QUARTA CONVENTION DI IDEE

COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 2007 29

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 200730> Uno degli appuntamenti dei seminari “in movimento”

I giovani devono dare il loro contributo per lo sviluppodel movimento cooperativo, non solo attraverso l’im-pegno professionale, ma anche con proposte utili amigliorare la regolamentazione del sistema. A esserecosì fiducioso nei confronti delle giovani generazioni edelle loro potenzialità è l’assessore provinciale alla coo-perazione Franco Panizza, che ha incontrato i parte-cipanti durante uno degli appuntamenti realizzati nel-l’ambito dei seminari “In movimento” organizzatidall’Associazione giovani cooperatori.L’intervento di Panizza, che ha concluso l’appunta-mento dedicato al rapporto tra cooperazione e istitu-zioni pubbliche, ha dato il via a un vivace dibattito. Atestimonianza che le capacità viste dall’assessorestanno portando i giovani ad avere voglia di fare. Maper sapere quale è la direzione giusta verso cui indiriz-zare le proprie energie è importante conoscere il siste-ma cooperativo nel suo complesso. Per questo, dopola prima edizione di seminari “In movimento” 2006dedicata al movimento cooperativo trentino, l’Associa-zione giovani cooperatori ha proposto un secondociclo di incontri dal titolo: “L’impresa cooperativa fraterritorio, istituzioni e internazionalizzazione” perapprofondire la cooperazione oltre i confini provinciali.L’iniziativa nasce all’interno di un progetto più ampio econdiviso con il Tavolo d’ambito economico a cui par-tecipano le associazioni di categoria giovanili provincialie sostenuto dall’Assessorato all’Istruzione e alle Politi-che Giovanili. “Noi giovani abbiamo molte idee e tantavoglia di fare, ma senza conoscere a fondo il sistemanel quale siamo inseriti, sia a livello locale che interna-zionale, rischiamo di sprecare le nostre energie impe-gnandoci in progetti che non possono avere futuro –spiega la presidente dell’associazione Pamela Gurlini

–. Per questo crediamo sia fondamentale avere unaformazione che ci permetta di capire come possiamodare il nostro contributo”.Il primo appuntamento è servito per avere un quadrochiaro di come è nato il movimento cooperativo fuori dalTrentino: Andrea Leonardi, docente di economia poli-tica all’Università di Trento, ha spiegato lo sviluppo dellacooperazione in Europa ed ha auspicato da parte deigiovani un impegno nel rafforzamento dell’identità e cul-tura cooperativa, mentre Walter Konrad ha presentatole origini della cooperazione in provincia di Bolzano.Nel terzo incontro i giovani hanno potuto conosceremeglio l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Svi-luppo Economico e avere una visione del panoramainternazionale, dove, secondo l’osservatorio dell’Ocse,la cooperazione rappresenta un valido modello per iPaesi in via di sviluppo.L’internazionalizzazione è stato il tema anche dell’ulti-mo appuntamento in programma, durante il quale Egi-dio Formilan, responsabile del Servizio Progetti euro-pei della Federazione, ha illustrato le iniziative chevedono impegnata in Europa la Cooperazione Trentina,e il presidente di Cassa Centrale Banca, FrancoSenesi, ha presentato l’accordo siglato con DZ Bank.A conclusione del seminario i partecipanti hanno visita-to la sede di Confcooperative a Bolzano, dove il diret-tore Andrea Grata ha illustrato in particolare il settoredella cooperazione edilizia locale, ed alcuni cantieri.Successivamente a Legacoop i giovani sono statiaccolti dal presidente Alberto Stenico. A conclusionedell’esperienza i giovani hanno capito come la coope-razione possa adattarsi con flessibilità anche alle esi-genze di un mercato in continua evoluzione, rinnovan-dosi nelle proposte e nelle attività lavorative offerte.

ATTUALITÀ giovani

PROTAGONISTI del cambiamentoL’Associazione giovani cooperatori ha organizzato un ciclo di incontri perfavorire tra gli iscritti la conoscenza del movimento anche a livello internazionale

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31COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 2007

Una cooperativa di insegnanti. È l’Istituto “Ivo de Car-neri” di Civezzano. “Presenza assidua, spirito di colla-borazione e sensibilità educativa caratterizzano ilnostro modo di intendere la scuola – spiegano iresponsabili–. Un impegno a tempo pieno percostruire il percorso educativo maggiormente adattoagli studenti”. Il presidente è Claudio March, il diri-gente scolastico Graziano Zuffi.

INDIRIZZI E CORSISono tre gli indirizzi di studio proposti ai 170 giovani chefrequentano la scuola.L'Istituto Tecnico per il Turismo prepara moderni eaggiornati professionisti dell'ospitalità, delle vacanze edel tempo libero.Gli sbocchi professionali sono legati alla gestione distrutture ricettive (alberghi, campeggi, ristoranti), al lavo-ro in agenzie pubbliche e Aziende per il Turismo, e alleattività di guida e accompagnamento di gruppi organiz-zati fino al vasto settore delle fiere e dei convegni.L'Istituto Tecnico Biologico unisce alle materie tipiche diun liceo scientifico quelle specifiche della biologia. Laproposta formativa è contraddistinta da un ampio venta-glio di “saperi” volti a fornire una preparazione completaanche per chi è intenzionato a proseguire gli studi.L'Istituto Professionale per Odontotecnici coniuga laformazione specifica del futuro odontotecnico con lematerie di una moderna scuola superiore: storia, let-teratura, diritto ed economia. Cuore pulsante dell'in-dirizzo è, naturalmente, la formazione tecnica e pro-fessionale: grazie a un’intensa attività di laboratorio,gli allievi apprendono le tecniche di lavorazione, impa-rando a conoscere l'uso dei materiali e dei macchina-ri professionali.

SCUOLA SU MISURAIl corpo docente dell’Istituto Ivo de Carneri ha scelto dicollocare al centro lo studente.Attraverso un moderno approccio educativo, con per-

corsi personalizzati, la scuola e gli insegnanti si dedica-no a sviluppare le potenzialità e valorizzare le caratteristi-che del ragazzo, insegnandogli a conoscersi e a stabili-re un rapporto positivo con il mondo.“Infatti, una scuola a misura di studente rispetta i tempidi apprendimento e ne caratterizza i metodi a partire daun numero contenuto di allievi per ogni classe – aggiun-gono i responsabili –. Questo significa maggior attenzio-ne per il singolo, le sue esigenze, le sue capacità”.I docenti si propongono come “allenatori” perché gliallievi apprendano gli strumenti che li renderanno capa-ci di continuare a imparare, preparandosi consapevol-mente sia alla continuazione degli studi ma anche all’in-gresso nel mondo delle professioni. L’orientamento allascelta post-diploma si sviluppa in sintonia con i desideridelle famiglie e le attitudini degli studenti.

IL MONDO DEL LAVOROIl rapporto con il mondo del lavoro si concretizza constage in azienda, a partire dal terzo anno di studi. L’Isti-tuto Ivo de Carneri mette in contatto i neo-diplomati conle strutture produttive del territorio. La presentazione deicorsi universitari, le visite guidate in aziende, gli incontricon i tecnici e professori integrano questa preparazionealla scelta, affinché venga vissuta in modo informato eresponsabile.

RUBRICHEviaggio nelle cooperative

ISTITUTO IVODE CARNERI

Insegnanti in cooperativaL’Istituto Ivo de Carneri, con sede a Civezzano, ha festeggiato i suoi primi dieci anni di attività

Nato a Cles nel 1927, scomparso a Milano nel 1993, deCarneri è stato professore ordinario di parassitologiapresso l’Università degli studi di Pavia. Dal 1960 ha diret-to il laboratorio di microbiologia dell’Istituto ricerche della“Carlo Erba” di Milano e ha seguito il primo corso di medi-cina tropicale istituito all’Università di San Paolo, Brasile.Inoltre è stato autore di 300 pubblicazioni di caratterescientifico.

CHI ERA IVO DE CARNERI

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33COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 2007

RUBRICHEfinestra sul mondo

“Ciso”, il nuovo film del regista originario della Valsugana, è un omaggio alla terratrentina e ai valori della sua gente: fra questi la capacità di fare cooperazione

di Fabio Lucchi

MARCELLO BALDIun trentino a 35 mm.

Ha battuto l’ultimo ciack del suo nuovo film sul finiredell’estate scorsa, sulle montagne della Valsugana: glistessi luoghi dove, settant’anni fa, aveva iniziato il suopercorso nell’arte. “Già da ragazzo stavo maturandola passione per il mondo dello spettacolo. Un falegna-me di Telve, il paese dove sono nato, mi aveva aiuta-to nella costruzione di un teatrino dei burattini ed io,durante le vacanze estive, mi esibivo nelle case diparenti ed amici.” Marcello Baldi, 84 anni, una vitatrascorsa dietro la macchina da presa, in Trentinoama tornarci ogni estate: “Ho il vezzo di dire chepasso undici mesi a Roma, in trasferta, ed uno sol-tanto a casa, nella mia baita in Val Calamento.” Dellafanciullezza, trascorsa a Trento, ha un ricordo foto-grafico; una sorta di flashback che lo fa rivedere bam-bino: “Saltavamo sui carri della birra, quelli con icavalli e le ruote di gomma. Era il mezzo di trasportopreferito da tutti noi ragazzini per compiere il tragittoscuola – casa.” Figlio di Diego Baldi, maestro elementare e perito cal-ligrafo, Marcello ha frequentato al “Prati” il ginnasio eil liceo ed ha avuto una formazione cattolica alla qualeha molto contribuito la frequentazione della sede della“Juventus” (la squadra di calcio, ovviamente, nonc’entra). “La «Juventus» non era un’associazione, ma«l’Associazione», inserita nell’organizzazione dellaGioventù Italiana di Azione Cattolica. Io ne sono statouno dei presidenti e, prima di me, ci furono FlaminioPiccoli, Giuseppe Cestari, don Bruno Vielmetti. Il futu-ro vescovo monsignor Rauzi, per noi don Oreste, era

l’assistente ecclesiastico. Frequentava la «Juventus»anche un amico americano, successivamente diven-tato sacerdote: era Laurentius Feininger, famosoricercatore e musicista, che ogni sera ci dilettava alpianoforte con brani di Mozart (la marcia turca lasapevamo a memoria) e di altri autori.” La formazione cattolica e qualche utile conoscenzamaturata proprio nella sede della Juventus, consentìal giovane Marcello, che negli anni del liceo aveva ini-ziato a cimentarsi con la macchina fotografica e conla cinepresa, di fare il gran salto: trasferirsi a Roma elavorare al Centro Cattolico Cinematografico. “Grazieal mio incarico di dirigente locale della «Juventus»,ebbi l’opportunità di fare amicizia con Luigi Gedda,grande personaggio, che innovò parecchie cose nelcampo dell’apostolato cattolico. Quando espressi aGedda il desiderio di lavorare nel cinema (al Cine-GUFdi Trento avevo imparato ad usare una macchina dapresa 16 mm.), fu lui a portarmi a Roma. Inizialmenteoperavo come volontario, poi, gradualmente, sonoentrato nella professione”.Nel 1945, dopo l’entrata in Germania delle truppealleate, il giovane cineasta trentino fu aggregato aduna missione vaticana nei campi di concentramentotedeschi al seguito della terza armata americana.“Girammo le sequenze principali del documentarionel campo di Dachau ed, al rientro in Italia, mi fermaia Trento per realizzare alcune scene di rientro di pri-gionieri. Sapevo che qui avrei potuto contare sullacollaborazione, come comparse, di alcuni amici: Lino

> Il regista nel corso delle riprese del nuovo film

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Lucchi, Livio Obber e qualche altro che costrinsi acamminare scalzo lungo via Brennero, fra le macerie.Ne uscì un lungometraggio intitolato “Guerra allaguerra” alla cui realizzazione collaborarono anchepersonaggi del calibro di Diego Fabbri, Cesare Zavat-tini, Orazio Costa. Il regista era Romolo Marcellini edio curai la realizzazione tecnica, assemblando il mate-riale girato direttamente da me e molta roba fornitamidagli archivi americani e dall’Istituto Luce”.Marcello Baldi, in Trentino, è poi ritornato ogni annoper le vacanze in Val Calamento. “Con la mia terra hosempre mantenuto un rapporto intenso. Non si puòdire altrettanto dal punto di vista professionale, tantoper non trasgredire alla norma del «nemo propheta inpatria».” Quello di realizzare un’opera che potesserappresentare un omaggio, un atto d’amore verso laterra trentina, è un traguardo che Marcello Baldi harincorso per anni. Ed il sogno è stato finalmente rag-giunto. “Ciso, il protagonista del mio film di adesso,è un malgaro che, ad ottantacinque anni di età, deci-de di confrontarsi con l’insieme delle idee e dei valo-ri, con gli stimoli poetici, che hanno formato la suavita. È una storia permeata di valori e tradizioni anti-che, ma calata in un contesto moderno che si dispo-ne all’accoglienza e all’integrazione. Fra questi valoriho voluto mettere anche quelli che, da sempre, sonoalla base del movimento cooperativo. È un mondoche mi rendo conto essere stato determinante per losviluppo di questa terra (e non solo dal punto di vistaeconomico). Proprio in ragione dell’importanza che lacooperazione riveste nel tessuto sociale del Trentinoho inserito in “Ciso” una scena nella quale un apicol-tore cerca di far capire ad un bambino indiano, che èuno dei protagonisti del film, il concetto di coopera-zione”. La troupe, che ha soggiornato per alcune settimanein Valsugana, ha trovato un’accoglienza del tuttoimprevista. “Molti di noi, abituati al mercantilismoimperante nel mondo del cinema, sbarravano gliocchi di fronte all’atteggiamento delle persone chechiamavamo a collaborare. Altrove ci avrebbero chie-sto, come prima cosa, l’ammontare del compenso:qui invece venivano a ringraziarci per averli fatti parte-cipare”.Marcello Baldi, dall’alto della sua lunga esperienza, si

sente anche di dare un consiglio a chi vorrebbe, par-tendo dal Trentino, tentare l’avventura nel mondodella celluloide. “Non è facile, per un trentino, farsistrada nel mondo dello spettacolo: siamo lontani dalgiro che conta! Eppure in alcuni ci siamo riusciti. L’im-portate è non soffrire di complessi. Io, inizialmente,ero timido e timoroso, troppo ossequiente verso labravura degli altri. Era un eccesso di modestia. Airagazzi che sentono di aver qualcosa da dire nelmondo dello spettacolo, dico che stare ad aspettareè sbagliato. Bisogna buttarsi nella mischia e sgomita-re. Bisogna darsi da fare, rompere con la “regionalità”ed affacciarsi al mondo, geograficamente allargato,della professione.” “Ciso” è un film che dovremmo veder proiettato nellesale l’autunno prossimo. Prima, Marcello Baldi inten-de sottoporsi ad una verifica festivaliera con la parte-cipazione alla rassegna internazionale di Cannes. Inbocca al lupo, Maestro!

È nato a Telve Valsugana il primo agosto 1923. Esordiscecome regista con il lungometraggio “Italia K2” (1955), undocumentario sull’impresa alpinistica di Achille Compa-gnoni e Roberto Lacedelli. Dopo essersi dedicato alladirezione di film di carattere religioso-didattico, negli anniSettanta ha iniziato a lavorare per la televisione. Ha diret-to, fra gli altri, il telefilm “Lo scomparso” (1985), giratointeramente in Trentino. Fra i protagonisti dei suoi film:Amedeo Nazzari, Aroldo Tieri, Enzo Garinei, Salvo Ran-done, Ivo Garrani, Gina Lollobrigida, Sandra Mondani,Riccardo Cucciola, Gastone Moschin, Arnoldo Foà.

CHI È MARCELLO BALDI

COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 200834

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35COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

RUBRICHEeducazione cooperativa

Al via i seminari per i docenti dopo l’introduzione nei programmi dellemedie del modulo sulla cooperazione deliberata dalla Giunta provinciale

Insegnanti sui banchi di scuola

Scuola media di Levico, classe seconda. I banchidisposti in cerchio attorno alla cattedra, alcuni scaf-fali lungo la parete carichi di libri e quaderni per leesercitazioni. Gli insegnanti entrano e questa voltasi accomodano nei banchi. Curiosità, interesse,qualche punto di domanda. Sono per lo più docen-ti di lettere, un insegnante di educazione fisica,alcune maestre elementari, una ventina in tutto pro-venienti dall’Istituto comprensivo di Levico, Civez-zano, Centro Valsugana, Pergine e Vigolo Vattaro.Flavio Tamburini e Sara Caldera, formatori del-l’Ufficio educazione cooperativa, presentano unquestionario di ingresso. È fondamentale cogliereinnanzitutto i bisogni dei propri interlocutori. Ilmodello cooperativo lo esige. Obbligo, costrizione, libera iniziativa, opportu-nità?«Non c’è stata alcuna cesura fra prima e dopo ladelibera – spiega Paolo Caspani, dirigente dell’I-stituto comprensivo di Levico, che per primo haaderito all’attivazione del modulo. – Poiché credonella validità del modello cooperativo sia sul pianosociale che didattico, e la condivido con diversiinsegnanti, ritengo che l’applicazione della deliberasia un’occasione per organizzare in modo stabile econtinuativo attività prima saltuarie o legate a sca-denze immediate, come la costituzione di un’Asso-ciazione cooperativa scolastica (Acs) finalizzata almercatino natalizio o alla partecipazione al concor-so di fine anno».«Opportunità – interviene Flavio Tamburini – qualora gliinsegnanti riescano ad inserire l’educazione cooperati-va nel programma che stanno già svolgendo in classesenza l’aggiunta di tante ore specifiche».«La proposta e il percorso personale didattico –sottolinea Marina Pezzato, docente di lettere allescuola media di Povo, concreta ed entusiasta –possono coincidere con grande beneficio per gli

studenti. Nella nostra scuola abbiamo cominciato insordina per tentare di coinvolgere una classe piut-tosto problematica. Il risultato è che il progetto hatrovato a poco a poco condivisione e oggi le coo-perative scolastiche sono sei». Tre pomeriggi per presentare possibili metodologiedidattiche, la storia e i valori della cooperazione el’esperienza dell’Acs come strumento trasversale dieducazione cooperativa. Fra le tecniche utilizzate laweb quest, un tipo di ricerca di gruppo sempliceche permette di lavorare, sulla base di alcuni sitiproposti o più semplicemente di materiali cartacei,in modo autonomo così da raggiungere in pocotempo l’obiettivo stabilito. Nel caso del modulo for-mativo, declinare la storia che si studia sui libri inchiave locale è necessario per dare corpo a ciò chesi insegna e si apprende. L’obiettivo è stato quindila ricostruzione storica e la contestualizzazionesociale ed economica del movimento cooperativo inTrentino. Conoscenze dalle quali i docenti non pos-sono prescindere. Flavio Tamburini è certo, ancheperché come insegnante elementare l’ha sperimen-tato più volte, che la forza della proposta di educa-zione cooperativa vale la sperimentazione, sia puregraduale e da perfezionare.Un bilancio di questo primo seminario?«Positivo senza dubbio – afferma Paolo Caspani. – Sisono creati i presupposti per diventare operativi e unacassa di risonanza per alcune problematiche relativealla programmazione temporale. E poi si è costituito uncollegamento tra insegnanti di scuole diverse chehanno raccolto suggestioni e suggerimenti e materialespendibile subito nelle loro classi».Il prossimo passo?«Partire nelle classi prime con i giochi cooperativi ela storia della cooperazione trentina. Sono già inprogramma visite alla Levico Frutta, Cassa Rurale,Cooperativa sociale CS4 e Famiglia Cooperativa».

> Il seminario di Levico> Il seminario di Levico

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 11 - dicembre 200736

RUBRICHE pubblicazioni

“Diamo riscontro alla pregiata Vostra del13 u.s. per comunicare che ….” : quan-te volte ci è capitato di ricevere una cor-rispondenza condita da un frasario diquesto tipo? Tante volte, purtroppo. Equante volte, dopo aver letto una letteraa firma di una persona conosciuta,abbiamo dovuto concludere: “questanon può averla scritta lui (oppure lei)!”. Èsuccesso perché, nel redigere una corri-spondenza scritta, l’autore non ha tenu-to conto di alcune regole fondamentaliche la Federazione Trentina della Coope-razione ha inteso riassumere in un“Manuale di stile” consegnato a tutti idipendenti e collaboratori. “Governare lapropria comunicazione scritta – scrivenell’introduzione il direttore generaleCarlo Dellasega – è un impegno impor-tante per ogni organizzazione moderna:garantisce il rispetto della propria iden-tità, e la coerenza di ogni messaggioscritto con lo stile che quella identità

comporta. […] Il “come” comunichiamovale quanto il “cosa” comunichiamo.Dallo stile, infatti, dipenderà l’energia el’efficacia del messaggio; questo saràl’elemento di continuità e di coerenza,questo passerà al pubblico come lo“stile” della Federazione.” Il manuale,realizzato con metodo cooperativo,nasce dal lavoro di un gruppo di collabo-ratori della Federazione che, con la guidadell’esperto in comunicazione Alessan-dro Lucchini, ha portato a frutto le espe-rienze maturate prima in aula e poi nel-l’attività quotidiana. Il testo si articola intre sezioni che, partendo dall’individua-zione dei requisiti della scrittura profes-sionale, approfondisce gli strumenti piùusati nella comunicazione scritta e si sof-ferma, infine, sui valori della comunica-zione in ambito cooperativo indicandonei concetti di trasparenza, onestà,rispetto, responsabilità e fiducia, i terminidi riferimento. Quali caratteristiche fon-

damentali dovrà dunque avere la nostrascrittura? Dovrà essere chiara e sinteti-ca, completa e ben organizzata, rispet-tosa della persone cui intendiamo rivol-gerci. Il manuale è ricco di esempi e diindicazioni pratiche (ci insegna comescrivere, ma anche come “non scrivere”)prendendo in considerazione non solo glistrumenti classici della scrittura quali let-tere e circolari, ma anche le e-mail, sem-pre più utilizzate sul posto di lavoro, e leslide, importante elemento di congiun-zione fra comunicazione scritta e parlata. Un testo da leggere con attenzione e datenere sempre a portata di mano sullascrivania.

MANUALE DI STILEovvero “Scrivi come parli”

Quarantadue donne di Rovereto hannoindossato i panni di scrittrice per raccon-tare una storia di Natale. Alcune, per laverità, l’arte dello scrivere la praticanoper professione, ma la maggior parte diloro hanno deciso di mettere sul fogliosentimenti ed emozioni allo scopo difinanziare un progetto, promosso dallaFondazione “Famiglia Materna” e dallaCooperativa sociale “Punto d’Approdo”,rivolto alle donne in difficoltà. Citare qual-cuna delle 42 autrici di “Cuori di donne”,edito da “Nicolodi” per la collana “AutoriTrentini”, significherebbe fare torto allealtre, perché tutte hanno dato con ugua-

le entusiasmo il loro contributo. “È unlibro – scrive Isabella Bossi Fedrigottinella prefazione – costruito sui ricordi esulla fantasia, con parole antiche e paro-le moderne, che risuonano di tempi pas-sati come di tempi nuovi.” Il progetto cheil libro intende finanziare prevede la rea-lizzazione di un centro di accoglienzache cercherà di recuperare forza e vogliadi vivere in donne alle prese con proble-matiche quali la violenza, la solitudine, ladisintegrazione del contesto famigliare,la mancata integrazione nella società.

42 “Cuori di Donne”

a cura di Fabio Lucchi

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37COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

“Ero prigioniera” si intitola il libro diMariagrazia Fusari, edito recentementeda “Il Margine” e presentato a Trentoper iniziativa del consorzio Con.Solida.E, infatti, l’autrice di questa toccantebiografia prigioniera lo è stata davvero:dalla sua malattia, ma soprattutto delladiffidenza della gente nei confronti dellepersone portatrici di handicap. Maria-grazia, che è già alla sua seconda espe-rienza come scrittrice, ha 37 anni erisiede a Larido nel Bleggio. Si muove eparla con difficoltà a causa di un traumasubìto all’atto della nascita, ma ha tro-vato nel computer (che pure può utiliz-zare solo con grande fatica ed impe-gno) la possibilità di comunicare. Vuolfar sapere a chi continua a guardarlacon un pizzico di commiserazione che

la sua vita, in fondo, non è stata soltan-to un percorso di dolore, ma che il suocammino è stato illuminato anche damoltissime gioie. Sei capitoli, una ses-santina di paragrafi ed in più – è questal’originale particolarità di questo libro –duecento “parole chiave”, scelte concura per caratterizzare ogni pagina.Leggetele, e capirete che la vita diMariagrazia, così come quella di tantepersone come lei, non è fatta solo di“paralisi, sacrifici, febbre, termometro,sgomento”, ma anche e soprattutto dicose belle come “bagnetto, bambole,fiabe, Natale, emozione, cioccolata”.Nel suo libro Mariagrazia ci insegna chedopo “rassegnazione, delirio, angoscia”possono arrivare “ amicizia, abbraccio,sogno”.

Le duecento parole di Mariagrazia

Se siete più o meno sulla cinquantina,come chi scrive, questo il libro-strennadella Cassa Rurale di Trento assumeràun fascino particolare perché vi aiuterà aricordare il periodo dei vostri vent’anni. Iltesto, edito da Curcu & Genovese, rap-presenta la quarta tappa di un progettoche, partendo dal 1858, ha illustrato l’e-volversi della vita cittadina lungo un per-corso lungo durato oltre un secolo. Gior-gio Dal Bosco, al quale è stato affidato ilracconto di fatti e personaggi che hannocaratterizzato il ventennio compreso fra il1969 ed il 1988, ha fatto precedere lascrittura del testo da un lungo lavoro diricerca. Ne è uscito un quadro sociale,civile, umano e di costume che l’autore siè sforzato di realizzare in modo obiettivo,“al di sopra delle singole emozioni di cia-scuno di noi”. Non ci sono i primattoridella politica, dell’economia o dello spet-tacolo, ma i protagonisti della vita di tutti

i giorni. Non a caso, la copertina è dedi-cata alla “Paolina dei fiori” che vendevain via del Suffragio i suoi mazzetti di ericaed al “Moro”, re del gelato ambulante,dispensatore di “sughini” davanti allescuole e di “sfilze” di castagne e di chic-chi d’uva caramellati all’uscita dello sta-dio. Le citazioni sono centinaia: un “filmcartaceo” raccontato con piacevole stilegiornalistico, che alterna le scene di festaalle immagini più crude della cronacanera e mette in contrapposizione (ma, apensarci bene, nemmeno poi tanto) iprotagonisti della vita “mondana” e i clo-chard che frequentavano le strade delGiro al Sass. Le fotografie che accompa-gnano i testi sono un susseguirsi di volti.I nomi dei protagonisti non si trovanoquasi mai perché, avverte l’autore, si èvoluto lasciare alla curiosità del lettore ilpiacevole onere di riconoscerli.

Trento 1969 - 1988

RUBRICHE pubblicazioni

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 200838> Lo staff di Radio Anaunia in una foto risalente alla metà

degli anni ‘80.

RUBRICHE storia

L’emittente della valle di Non è gestita, fin dalla nascita, in forma cooperativa

di Fabio Lucchi

Iscritta al Registro della Stampa del Tribunale di Trentonel dicembre del 1977, Radio Anaunia, che si prepara afesteggiare il trentesimo compleanno, iniziò a trasmette-re nel febbraio del ‘78. “Furono dodici i soci fondatori –racconta il presidente Claudio Gabòs – e fin da subito siscelse, per la gestione, la forma cooperativa, affidandola direzione della testata a Renzo Francescotti di Trento,giornalista e scrittore. Il palinsesto era quello tradiziona-le delle prime radio private: tanta musica, l’immancabileprogramma “Dediche e richieste” e brevi flash di infor-mazione locale realizzati con notizie tratte dai quotidiani.” Gli anni compresi tra la fine del 1975 ed il 1980 furonocaratterizzati da una grande proliferazione di emittentiprivate e, solo in Trentino, iniziarono le trasmissioni inquel periodo una quarantina di antenne “libere”. RadioAnaunia, che trasmette tutt’ora dalla sede di Cles sui91.3 Mhz, è una delle poche sopravvissute. Claudio Gabòs, che entrò a far parte della cooperativanel 1980, ricorda con simpatia i nomi dei primi condut-tori “storici”: la prima “voce” della radio fu quella di Lucia-na Agostini (che tuttora collabora con l’emittente), poientrarono a far parte dello staff Ernesto Larcher, FabioBartolini, Paolo Bertolas, Enrico Cortelletti, Sergio Toma-si, Sergio Valentini, Andrea Carraro, Gabriella Maninfior,Graziella Luchini, Wilma Zenoniani. Trent’anni di trasmis-sioni: ci sarebbero ancora tanti nomi da ricordare, i tito-li di decine di programmi, numerosi aneddoti. “Nelleprime settimane di trasmissione – ricorda Gabòs – i dueconduttori, per isolare acusticamente il piccolo locale,decisero di applicare alle pareti dei contenitori per uovain cartone. Le esalazioni della colla fecero ben prestoeffetto e, quando giunsero in radio altri dj per avvicen-

darli alla consolle, li trovarono ormai assopiti. Bastò for-tunatamente qualche minuto d'aria fresca per farli ritor-nare in forma.”La redazione si occupava prevalentemente di cronacalocale. “Quando in zona arrivarono i primi atomizzatoriper le irrorazioni dei frutteti, molti ascoltatoti telefonaronopreoccupati: chi per l'orto, chi per la biancheria stesa,chi per la salute. Ci occupavamo spesso dell'argomen-to, tant'è che un giorno alcuni contadini arrivarono abloccare per protesta l'ingresso della Radio. Qualcunoaddirittura, spacciandosi per le ‹Brigate rosse›, minacciòtelefonicamente che a breve sarebbe stata colpita lasede di Radio Anaunia.”Attualmente il palinsesto di “Radio Anaunia” comprende,oltre alla programmazione musicale ed ai notiziari curatida Luigi Parrinello, anche alcune rubriche molto apprez-zate dagli ascoltatori. Fabio Widmann e Dolores Kellerconducono "Doi ciàcole dré al Nos", un programma invernacolo al quale garantisce una colonna sonora indiretta il cantautore Maurizio Paternoster; “Inter nos” èuna rubrica a carattere culturale curata da MarcelloGraiff, Remo Visintainer e Lauro Penasa, mentre della“Cooperazione nelle Valli del Noce” si occupano setti-manalmente Luigi Parrinello e Giovanni Corrà. L’emitten-te propone inoltre la “diretta” delle riunioni del consigliocomunale di Cles. Preziosa, per la diffusione del segna-le e non solo, è la collaborazione tecnica di Mirko Odo-rizzi.Il segnale di Radio Anaunia, che trasmette 24 ore su 24,può essere ricevuto in Valle di Non (91.3 e 103.9 Mhz),In Val di Sole (99.6 e 103.9 Mhz), nella Piana Rotaliana(91.6 Mhz) ed i Val di Cembra (91.3 Mhz).

da trent’anni “in onda”

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39COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

> Radio Popolare Rovereto e Telestreet Tesino, prima e ultima natafra le cooperative dell’etere

Le Coop dell’etereA partire dalla metà degli anni ’70 hanno iniziato a diffon-dere il loro segnale anche in Trentino le emittenti radiofo-niche e televisive private. In trent’anni hanno operatocomplessivamente oltre cento realtà. Alcune di queste sisono costituite in forma cooperativa.

RADIO POPOLARE ROVERETO - Sorta nel 1976, èstata la prima emittente libera del Trentino a scegliere lagestione in cooperativa. Di ispirazione cattolica, era natain seno alla sezione roveretana del “Movimento Popola-re”. Nel 1984 cambiò il nome, ma non la forma giuridica,trasformandosi in RADIO STUDIO 7. L’emittente, chenel 1989 è stata acquistata dalla Curia Diocesana, tra-smette attualmente da Trento e fa riferimento alla societàcooperativa “Vita Trentina Editrice”.

RADIO PRIMIERO - Nata nel 1977 come Associazio-ne culturale, è stata gestita in forma cooperativa dal1980 al 1987. Trasmette tuttora da Imer. Va in onda inquesto periodo “Me recorde”, riproposta di una “storica”trasmissione curata dalla guida alpina Michele Gadenzproprio negli anni della gestione cooperativa dell’emit-tente.

RADIO LIBERA ROVERETO - Conosciuta anchecome “Canale 99”, aveva iniziato a trasmettere clande-stinamente già nel 1975. La cooperativa, vicina ai movi-menti della sinistra extraparlamentare, fu fondata invecenel ’77. Fu un’esperienza di breve durata che vide diffon-dere le trasmissioni dalla sede di piazza Malfatti perpoco più di un anno.

RADIO SPAZIOTRE - È nata a Riva del Garda nel 1978su iniziativa di un gruppo di persone che avevano vissu-to, negli anni precedenti, l’esperienza radiofonica diCanale 6/4. Gestita dalla cooperativa “ISC – Informazio-ne, Spettacolo, Cultura”, ha cessato le trasmissioniverso la metà degli anni ’90.

RVS RADIO VALSUGANA - Diffuse il segnale per circaun quinquennio, a partire dal 1978. Faceva capo allacooperativa “C3/C4” di Scurelle, composta da operato-

ri economici della Valsugana. Ebbe rapporti di collabora-zione con TVA (ne proponeva la registrazione audio deltelegiornale) e con Radio NATO di Vicenza che forniva laprogrammazione musicale notturna. Cessò le trasmis-sioni nel 1982 dopo che buona parte dello staff avevadeciso di passare alla neo nata “Radio Alto Gradimen-to”.

RADIO AVISIO - Iniziò a trasmettere nel 1978 a Predaz-zo su iniziativa di un gruppo di giovani riunitisi in coope-rativa. Fra loro Guido Travaglia (presidente) e Mario Feli-cetti che curava l’informazione. Danneggiata da unincendio nel gennaio del 1982, l’emittente chiuse i bat-tenti di lì a pochi mesi.

RTC - Radio Trasmissioni Cismon - Fu fondata nel 1979nel Primiero dalla cooperativa “Gruppo Cultura e Infor-mazione” di area democristiana. Attiva per circa unanno, propose anche un programma sul cooperativismocurato da Luciano Imperadori.

RADIO TRENTO R.P.R. - Assunse la forma giuridica dicooperativa nel 1982, quale continuazione della preesi-stente Radio Piana Rotaliana, attiva a Grumo dal 1979ed a sua volta continuatrice dell’esperienza “pirata” diRadio Zeta. Spense il segnale nel 1988.

NOVA RADIO - Nata a Condino nel 1983 quale alterna-tiva alla storica “Radio TG 8”, assunse verso la fine deglianni ’90 la forma giuridica di “piccola società cooperati-va”. Ha cessato le trasmissioni nel febbraio del 2005.

Furono gestite in forma cooperativa anche due emittentitelevisive: TELE VIDEO GIUDICARIE fondata all’iniziodegli anni ’80 a Saone da don Gino Flaim ed attiva inambito parrocchiale e, nel suo primo periodo di attività(1984), TELE ROVERETO. È infine la cooperativa socia-le “Senza barriere” di Scurelle a produrre settimanalmen-te “7G”, la rubrica di informazione (continuamente repli-cata) che rappresenta il cardine della programmazione diTELESTREET TESINO, piccola, ma interessante realtàtelevisiva attiva dal 2005 nella conca del Tesino.

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Nello scorso mese di novembre il Trentino è stato lasede di due importanti occasioni di incontro tra cen-tinaia di dirigenti e soci delle cooperative sociali ita-liane e trentine. Nate spontaneamente nel corsodegli anni ’80, le cooperative sociali sono state rico-nosciute e regolamentate nel 1991 con appositalegge e in pochi anni si sono moltiplicate senza solu-zione di continuità. Non solo: questa particolareforma cooperativa è stata adottata in almeno unadecina di Paesi europei e non solo. Secondo i datiresi noti dall’Istat qualche settimana fa, nel 2005 lecooperative sociali operative in Italia erano oltre7.500, avevano 262.000 soci, occupavano 244.000operatori, 30.000 lavoratori svantaggiati e 30.000volontari. I servizi erogati da queste cooperative inte-ressavano oltre 3 milioni e trecentomila utenti, gene-rando un giro di affari annuo di quasi sei miliardi emezzo di euro. Questi numeri sarebbero da soli suf-ficienti a decretare il successo della cooperazionesociale, ma assumono un significato ancora più pre-ciso se si ricorda che quando sono nate le primecooperative sociali l’offerta di servizi sociali era prati-camente inesistente, limitata a poche case di riposoe ad alcuni orfanatrofi. Questi dati consentono quin-di di affermare che la cooperazione sociale in pochianni è diventata l’asse portante del sistema italianodei servizi a favore delle persone più deboli.Questo riconoscimento non è tuttavia unanime. Dadiverse parti si sostiene che questo eccezionale svi-luppo è in massima parte dovuto ai cospicui finanzia-menti pubblici di cui la cooperazione sociale è bene-ficiaria e alla capacità di pagare i propri lavoratorimeno degli enti pubblici e forse anche delle impresefor-profit concorrenti. Chi non ricorda le affermazionidi sindacalisti e politici trentini che, in occasione del-l’approvazione della legge regionale che impone alle

Ipab di trasformarsi in Aziende pubbliche invece chein fondazioni private o in cooperative sociali, dichia-ravano che in questo modo si tutelavano meglio idiritti dei lavoratori e con essi la qualità dei servizi?Vale allora la pena aggiungere ai numeri due ulterioriconsiderazioni. Innanzitutto che i finanziamenti pub-blici non sono la conseguenza di un atteggiamento difavore per le cooperative, ma più semplicemente l’e-secuzione di un preciso obbligo costituzionale disostenere le persone che versano in particolari con-dizioni di bisogno. Un obbligo a cui gli enti pubblicitutti non possono sottrarsi. La seconda considera-zione riguarda invece la questione dei bassi stipendi.Innanzitutto va ricordato che non esistono evidenzeempiriche che consentano di affermare che chi è piùpagato lavora anche di più e che ne esistono invecemolte che mostrano come il livello di soddisfazioneper il lavoro non dipenda soltanto o prevalentementedal salario. In secondo luogo non va dimenticato cheil livello dei salari nelle cooperative sociali non dipen-de da politiche adottate da queste imprese, ma dallepolitiche pubbliche, cioè dall’ammontare di risorseche le pubbliche amministrazioni decidono di impe-gnare per le politiche sociali, invece che per la pro-mozione turistica o gli incentivi alle imprese. Vaascritto quindi a merito della cooperazione sociale ilfatto di essere riuscita a sviluppare un settore social-mente di grande rilevanza pur in presenza di risorsescarse e di averlo fatto senza lasciare debiti varia-mente camuffati alle future generazioni, come invecealtri settori, in primo luogo quello della sanità, stannofacendo ormai da qualche tempo.

RUBRICHE economia

Molte risposte con scarse risorse

* Carlo Borzaga è professore alla Facoltà di Economiadell’Università di Trento e profondo conoscitore della cooperazione trentina 41COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

La cooperazione sociale in pochi anni è diventata l’asse portante del sistemaitaliano dei servizi a favore delle persone più deboli. Gli utenti sono oltre tre milioni

di Carlo Borzaga*

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COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 200842

RUBRICHE recensioni

Settima puntata della rubrica curata da Franco de Battagliain cui viene presentata un’opera d’arte. Due i requisiti: deverichiamare i valori fondanti del nostro movimento ed esseredi proprietà di una cooperativa.

CARLO SARTORIe la responsabilità socialeLa responsabilità sociale è unodei valori fondanti della coopera-zione, quello su cui si fondanotutti gli altri. Scaturisce dal terri-torio istituito in “comunità”. Lacooperazione punta non solo aconsentire il lavoro e la vita deisuoi aderenti, ma a farli cresceredentro una comunità. Rifiuta ilprincipio dell’uomo isolato, inlotta contro tutti i suoi simili peraffermarsi dice “no” all’”Homohomini lupus”, all’uomo lupoverso gli altri uomini, dice noall’uomo predone, razziatore, chedistrugge gli altri per emergere. Èdentro la comunità che si esplicaappunto la “solidarietà sociale”,la quale non è per nulla un termi-ne vago, fumoso, buono per tuttele stagioni come potrebbe appa-rire, ma è ben preciso. Significasemplicemente essere consapevoliche il benessere individuale deri-va dal bene di tutti. Significasapere che non è possibile stare bene (anche economicamente) se gli altri stanno male. La responsabilitàsociale è proprio il contrario dell’ideologia oggi dominante in occidente, di quanto viene continuamente pro-posta dalla pubblicità e dai mass-media, che una volta che uno ha pensato a se stesso può disinteressarsi ditutto il resto.La responsabilità sociale sembra espressa molto bene da questo bel quadro di Carlo Sartori, un grande pit-tore molto amato dai trentini che vive a Godenzo nel Lomaso: “Benedizione delle bestie in partenza per lamalga”, di proprietà della Cassa Rurale Giudicarie-Paganella. In questo quadro non solo il paese partecipatutto alla partenza delle mucche verso la malga, intesa come bene comune, ma si fa carico anche del benes-sere animale. L’animale non è visto come una “cosa”, un prodotto, un reddito, ma come parte della comu-nità, una vita diversa ma che arricchisce e abbellisce la vita degli uomini oltre a consentire loro di soprav-vivere. Anche questo è un valore da recuperare.

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FOTOCRONACA a cura di Diego Nart

Premi

CarisoloUna quarantina di studenti, tra diplomati e laureati (foto),hanno ricevuto il premio di studio della Cassa Rurale diPinzolo. A consegnarli il presidente dell’istituto di creditocooperativo, Roberto Simoni. Molto apprezzato anche lospettacolo proposto da Michele Comite.

LavisQuinta edizione per i premi allo studio della Cassa Rurale Lavis-Valle diCembra. Cinquantaquattro i premiati dal presidente Ermanno Villotti: “Igiovani di oggi sono il futuro delle comunità locali e poter contare su personepreparate è un investimento per ogni singola località”.

Cles“Ragazzi d’Europa 2007”: il progetto è della Cassa Rurale TuennoVal di Non ed è nato per offrire un aiuto concreto a chi investenella propria crescita formativa e acquisisce strumenti utili pergli studi e il lavoro. I premiati sono stati 60 tra diplomati euniversitari.

MalèLa Cassa Rurale Rabbi e Caldes, presieduta da SergioGraifenberg, ha premiato 61 giovani. Il direttore dellaFederazione, Carlo Dellasega: “Questi giovani sono il futurodella comunità trentina, orgogliosa di contare su ragazzi cosìpreparati”. Nell’occasione è stato proposto il concerto delGruppo Strumentale di Malè.

Con la neve del 4 gennaio sono scesi due angioletti:Gaia e Davide. Tantissimi auguri a mamma Dirce,coordinatrice di questa rivista, e a papà Daniele.

DOPPIO FIOCCO IN REDAZIONE

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PinèPer le festività di fine anno la Cassa Rurale Pinetana Fornace e Seregnano ha resoil suo cuore solidale: l’importo destinato all’acquisto degli omaggi natalizi è statoindirizzato all’iniziativa “Cuore Solidale” promossa in collaborazione con leassociazioni di volontariato attive nel territorio dove opera l’istituto di credito. Lapartecipazione di ogni realtà si è espressa con l’elaborazione di un progetto. Nellafoto i vincitori con i vertici della Cassa Rurale.

RalloNel nuovo teatro la Cassa Rurale di Tassullo eNanno ha premiato sedici studenti. Ilpresidente Pilati: “Voi giovani soci con le vostreidee e con la vostra attiva partecipazioneaiutateci ad aiutarvi. Considerate la CassaRurale come la vostra banca, vostra perché nesiete soci”.

Castello di FiemmeSono stati 62 i diplomati e laureati premiati dalla Cassa Rurale diFiemme. Il presidente Goffredo Zanon: “Iniziativa che riconosce imeriti dei ragazzi, impegnati in maniera così proficua negli studi,ma anche occasione per dire grazie alle famiglie".

MoriOttava edizione dei premi allo studio dellaCassa Rurale Mori-Val di Gresta. Trentaduegiovani hanno ricevuto il riconoscimento dallemani del presidente Erman Bona: “Il valoredello studio è importante per i giovani maanche per la nostra comunità. Avere dellepersone preparate è una ricchezza per lacollettività”.

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Cr Rabbi e CaldesI campionati del mondo di mountain bike, inprogramma nel giugno prossimo, saranno unodegli eventi sportivi del 2008 in Trentino. LaCassa Rurale di Rabbi e Caldes ha dedicato ilsuo calendario alla rassegna iridata che vedràin azione i biker di maggior blasone delpanorama internazionale.

Cr FiemmeÈ dedicato agli sportivi diversamente abili ilcalendario della Cassa Rurale di Fiemme. Èstato realizzato in collaborazione con SportAbiliOnlus. L’obiettivo dell’associazione è aiutare lepersone con disabilità ad esercitare attivitàsportive e a trascorrere il tempo libero inautonomia.

Inaugurazioni e ricorrenzeLevicoIn occasione del centenario di fondazione dellacooperativa Levico Frutta sono state inauguratele due nuove celle frigorifere che hannopermesso di ampliare in manieraconsiderevole la struttura. Nella foto: il tagliodel nastro affidato al presidente Franco Cenci.

NoriglioLa cortesia e la gentilezza, il rapporto di familiarità e fiducia, lavicinanza al proprio domicilio. Sono i fattori apprezzati di più dellaFamiglia Cooperativa di Noriglio che ha festeggiato il centenario. Ilpresidente Gino Gerosa: “siamo convinti che lo spirito originariosia ancora valido e debba continuare a caratterizzare il nostroimpegno”. Nella foto: l’intervento del presidente del Sait, GiorgioFiorini.

Calendari

FolgariaBrindisi inaugurale per il restyling della Cassa Rurale diFolgaria (nelle foto il presidente Tezzele e il direttore Ciech el’esterno della struttura). È stata progettata e realizzatatenendo conto del rapporto tra istituto di credito e clienteoggi più orientato a conoscere, informarsi, approfondire itanti servizi che una banca è in grado di offrire.

AldenoÈ una Famiglia più “in carne” quella di Aldeno-Mattarello. La cooperativa di consumo haacquisito la salumeria Mattei di via Mazzini aTrento e la macelleria Maistri (foto).Quest’ultimo esercizio commerciale era attivoad Aldeno da oltre 250 anni.

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Nomine e saluti

AldenoTre giorni di congedo ai neopapà dopo la nascita del propriofiglio. L’idea è della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine (nellafoto il presidente Luigi Baldo) impegnata a conciliare inmaniera concreta lavoro e famiglia. L’iniziativa ha raccoltogiudizi molto positivi e ben si lega allo spirito di un istitutodi credito cooperativo.

LavisLa Cassa Rurale Lavis-Valle di Cembra ha contribuitoall’acquisto dell’auto di servizio della Casa di Riposo peranziani del centro lavisano. Il mezzo serve per iltrasporto degli ospiti ma anche per le iniziativeorganizzate nell’ambito del servizio di animazione. Nellafoto i presidenti Lodovico Tomasi (Casa di Riposo) edErmanno Villotti (Cassa Rurale).

TaioÈ partito “TaioIdea”, progetto rivolto ai giovani delcomune di questa località della valle di Non. È statoideato dal Coordinamento operatori economici incollaborazione con la Cassa Rurale d’Anaunia esostenuto da altri enti pubblici e privati. Obiettivo:creare gruppi di lavoro per lo sviluppo del paese.

RICERCA PERSONALELa Federazione Trentina della Cooperazione seleziona personale da inserire nella propria organizzazione.A tal fine sono richiesti i seguenti requisiti:

- laurea in economia o equipollente; piano di studi articolato su varie aree tematiche con particolare riferimento a quelle di tipo aziendale e/o finanziario;- buone doti relazionali;- capacità di assunzione di responsabilità valutative e decisionali, di analisi e sintesi nonché di iniziativa e proposta da costruire in progressione;- conoscenza di base della strumentazione informatica;- conoscenza di almeno una lingua straniera (inglese - tedesco).Costituisce titolo preferenziale precedente esperienza professionale in ambito cooperativo e/o bancario.Inviare curriculum vitae c/o Via Segantini, 10 - 38100 Trento alla c.a. del Servizio Risorse Umane, oppure via posta elettronica al seguente indirizzo:[email protected] entro il giorno 12 febbraio.

Maines responsabile Stefano Maines è stato nominato responsabiledel Settore cooperative Lavoro-Sociali-Servizio-Abitazione della Federazione. Haraccolto il testimone di Paolo Tonelli.Quarant’anni di età, laurea in Economia Politicaall'Università di Trento, ha maturato la suaesperienza in particolare nella cooperazionesociale.

Grazie Pia! A ridosso delle festività di fine anno, Pia Pasolli ha salutato amici e colleghi dopooltre quarant’anni di apprezzata collaborazione in Federazione: un’autenticamemoria storica come è stato sottolineato da molti. Nella foto il direttoregenerale, Carlo Dellasega, consegna un omaggio floreale e un riconoscimentoalla neo-pensionata con l’augurio di tanta gioia e serenità.

Sirio Film“Passione per il limite” raddoppia epropone un nuovo capitolo dellabiografia di Reinhold Messner grazieai racconti dell’estate 2007. Laproduzione in Dvd è stata curata daSirio Film. Novanta minuti di immaginiper raccontare il re degli ottomila. Perla visione del trailer e perinformazioni su dove acquistare ilDvd: http:///www.siriofilm.tv/messner

Iniziative

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47COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 - gennaio 2008

«La società italiana si frammenta sempre di più e, mossa da pulsioni ed emozioni individuali, si ritrova ad essere una poltiglia di massa».Censis, 41˚ Rapporto sul Paese.

C’è da preoccuparsi sul serio se perfino Giuseppe DeRita, fondatore del Censis, sembra arrendersi. Neglianni passati era riuscito a coniare metafore ardite eseducenti e a ricavare spicchi d’ottimismo anche neiperiodi più bui della Repubblica. Lo scorso 7 dicem-bre i giornalisti hanno visto comparire i primi lanciAnsa sul Rapporto e hanno pensato: chissà che cosas’è inventato, il professore, per tirarci su d’animo.Invece si sono trovati a leggere di «una realtà socia-le che diviene ogni giorno una poltiglia di massa,una mucillagine, quasi un insieme inconcludente dielementi individuali e di ritagli personali, unasocietà impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e,di conseguenza, particolarmente indifferente a fini eobiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa».Un’Italia aggressiva e litigiosa, che non ha fiducianella politica, dedita a una legittimazione dell’illeci-to, salvo scandalizzarsi – fedele alla doppia morale –delle furberie altrui.Un’Italia così sembrerebbe un malato terminale dafar soffrire il meno possibile in attesa che si spenga.Ma il vecchio professore un sussulto te lo riserbasempre. La speranza sta nelle «minoranze attive»:gli industriali virtuosi, i ricercatori scientifici, leassociazioni, l’esperienza religiosa. Chi crede ancoranell’impresa collettiva, chi si spende per la suacomunità. Anche chi coopera? Non crediamo di tra-dire l’analisi e il pensiero di De Rita se tra le «mino-ranze attive» inseriamo le cooperative e i cooperato-ri, almeno potenzialmente, purché abbianomantenuti saldi vocazione e princìpi ispiratori.«Minoranza attiva», per De Rita, è chiunque ponga

tra i suoi scopi «nuova coesione sociale e ricerca delsenso della vita». Soprattutto, molto importante è laminoranza che «ha scelto di vivere in realtà locali adalta qualità della vita».Ecco, molti cooperatori a questo punto penseranno:ma sì, parte di quella minoranza attiva siamo purenoi. Noi che serviamo la comunità nella quale siamoinseriti; noi che non abbiamo scordato i valori; noiche sappiamo accogliere i lavoratori stranieri cheabbiano voglia, con noi e come noi, di lavorare bene,con competenza e generosità; noi che amiamo lanostra terra e non la saccheggiamo; noi che realiz-ziamo profitto senza farne un idolo a cui tutto asser-vire; noi che non mettiamo tra parentesi la famiglia.Probabilmente questi cooperatori hanno ragione.Una piccola porzione della piccola minoranza è quinel Trentino. Però bisogna tirarne le conseguenze.Su questa minoranza grava infatti una bella respon-sabilità: se l’Italia da poltiglia riuscirà a ridiventarecorpo sano, le energie, le idee, il senso del futuroglieli comunicheranno le minoranze, che quindi nonpossono crogiolarsi nelle loro nicchie ma uscire, col-laborare, donare. Rischiando, è chiaro. Faticando, ècerto. Nel Sud, negli ultimi anni, sono state avviateesperienze di cooperazione ispirate e guidate daitrentini. Esperienze non sempre facili, è vero. Maguai a fermarsi. In Italia è in corso un dibattito – siapur disorganico – sui modelli di lavoro e di sviluppodel futuro prossimo: la cooperazione non può nonpartecipare. I fronti sono due: il lavoro e le idee. Enessuno può sottrarsi, perché le minoranze o sannodiventare contagiose, o sono destinate a inaridire esparire. Minoranza attiva, ammonisce De Rita. Nonpassiva.

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OPINIONI orizzonti

L’Italia delle minoranze attivedi Umberto Folena

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OPINIONI la porta aperta

Può essere utile iniziare il 2008 con una piccola rifles-sione sullo stato dell’economia del Trentino, seguendola traccia che ne ha proposto il presidente della Came-ra di Commercio, Adriano Dalpez, nella sua tradizio-nale relazione di fine anno. Alcuni l’hanno giudicataun po’ “buonista”, perché è uscita dalle ritualelamentosità, come dai troppi slogan oramai privi disignificato: riforme, sviluppo, liberalizzazioni… Dicrescita, infatti, un territorio può anche morire (comeun’azienda che fa il passo più lungo della gamba) semanca una robusta cornice di integrazione, di respon-sabilità ed anche di prudenza, soprattutto se la cresci-ta dura ininterrotta da 50 anni, fino a livelli altissimi(mondiali) di vivibilità e di reddito, mentre è in calola natalità autoctona e non si padroneggiano ancoragli strumenti per gestire l’immigrazione.Dentro questa cornice, Dalpez, ha inserito alcune con-siderazioni interessanti. Ne ricordiamo due.La prima constatazione è che il numero delleimprese si sta riducendo se non si tiene conto del-l’unico settore in forte aumento che è quello delleimprese di costruzione e delle agenzie immobiliari.La seconda è che l’economia trentina pare in gradodi esprimere una bella melodia, cui manca però uncontrappunto d’armonia. Dalle due riflessioniincrociate si ricava un Trentino che cresce intac-cando il suo patrimonio (il territorio) senza, asse-starsi, raccordarsi, “patrimonializzarsi” quindicome un’economia avanzata dovrebbe. Non averearmonia significa mancare di raccordi interni, chenon sono le usuali “sinergie” fra i settori di merca-to, ma sostegni reciproci verticali: fra scuola e lavo-ro, fra cultura materiale e ricerca, fra turismo ecomportamenti, fra innovazione e ambiente. Alcu-ne interconnessioni sono addirittura “saltate”: sipensi a quelle fra finanza e lavoro operaio, framanualità e innovazione, con situazioni di lavoroprecarie, salari e stipendi risicati a fronte di profit-ti in aumento, anche nel Trentino. È un tema che

un grande economista come Richard Sennet haaffrontato nel suo libro recente “The culture of NewCapitalism”. La tesi è che la ricaduta sull’organiz-zazione del lavoro della rivoluzione informaticache, a partire dagli anni Novanta, ha posto fine allafabbrica tradizionale non basta a colmare il vuotocausato dalla dispersione della classe operaia, dallamarginalizzazione subita dalla “persona al lavoro”,che è cosa diversa dal processo produttivo. Le eco-nomie avanzate usciranno dalla loro fase di stalloquando riscopriranno la centralità – nello sviluppo– del lavoratore-persona, con la sua partecipazionepersonale al lavoro, ma anche con la pienezza dellasua vita.Se è così, creare un’“armonia”di supporto a “melo-die” isolate di sviluppo, richiamare la vita nello svi-luppo (non escluderla come si fa nelle domenichesempre aperte) richiama in prima fila, nel Trentino, laCooperazione, perché attenta ai problemi di un’eco-nomia di comunità (non è la somma degli interessiindividuali a fare il benessere collettivo, ma il loroaccordo) e intersettoriale. Il corollario è che i rifletto-ri devono tornare ad essere puntati sui settori di basedell’artigianato, della fabbrica, dell’agricoltura, deilavoratori, dell’impresa cooperativa, della risorsa ter-ritorio da non dilapidare come la proliferazione ecces-siva delle agenzie di intermediazione immobiliare,sostanzialmente parassitarie, denuncia. Si tratta ditrovare raccordi di consolidamento. Non solo “faresistema”, ma appoggiare la crescita con armonie ter-ritoriali, culturali, di costume etico, di identità.Occorre non smarrire ciò che si è fatto e proseguirecon coraggio. Non basta crescere. Dopo un certo livel-lo è dannoso crescere. Si diventa obesi. Occorre, piut-tosto, uscire dalla frammentazione con una “visione”.Sapere “perché” si lavora e si cresce.

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DI SOLA CRESCITA SI PUÒ MORIRENote economiche per il 2008

di Franco de Battaglia

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