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Il contenuto di questi articoli

è riservato ad un uso esclusivamente

interno e non divulgabile all’esterno.

Lavoro a cura dell’Ufficio Osservatorio dell’Innovazione della Direzione Ricerca e Accelerazione dell’Innovazione

INNOVATIVE VENTURESIN FOOD AND

SUSTAINABILITY

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

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I risultati dell’innovazione

INDEX

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Introduzione: Italia, tecnologia e cibo

Food tech, sostenibilità e programmi di innovazione

Tecnologia digitale e cibo: che cosa ci porterà il futuro?

Alimentazione e Health Technology: che cosa possiamo fare per mangiare meglio?

Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza: il cibo

che mangiamo è sicuro?

Tecnologie per la sostenibilità: come sfruttare l’energia

e le risorse che ci servono?

Tecnologie per il vino: il quadro generale

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

La nostra banca è forte solo nella misura in cui lo sono i nostri clienti. In Italia molti nostri clienti operano nel settore alimentare, agricolo, enologico, dell’acqua e dell’energia, con prodotti e servizi che valorizzano il Made in Italy. Nel confrontarsi con noi, hanno messo in evidenza come, per loro, l’innovazione sia un aspetto prioritario. Supportarli come meritano è dunque diventata una nostra priorità.

Perché l’innovazione è tanto importante? Basta guardarsi intorno o prendere in mano lo smartphone. Negli ultimi 15 anni tanti aspetti della nostra vita sono cambiati grazie all’introduzione del digitale e della tecnologia delle comunicazioni e delle informazioni. Non appena i consumatori realizzano i vantaggi di un’innovazione, iniziano a richiederla e a premiarla, laddove crea opportunità o migliora qualità, comodità e facilità della vita.

Noi crediamo che tutto ciò, e altro ancora, sia possibile. Come scoprirete a breve, brillanti imprenditori che inseguono con passione i loro sogni e visioni di un futuro migliore stanno, in effetti, già lavorando per trasformare questo futuro possibile in realtà.

La tecnologia giocherà un ruolo chiave per l’innovazione di cui sto parlando, ma la tecnologia è solo uno strumento. Una soluzione tecnologica non è mai di per sé sufficiente a supportare il livello di innovazione necessario per cambiare il mondo. Così come serve la collaborazione di tutto il villaggio per trasformare un bambino in adulto, allo stesso modo occorre il supporto di un’intera comunità per rendere realtà un’innovazione: leader aziendali, politici, istituzioni finanziarie, investitori, imprenditori, consumatori ed esperti di startup.

Intesa Sanpaolo (ISP) vuole essere quella piazza in cui si riuniscono tutte le parti coinvolte nell’innovazione. Facciamo tutto questo per aiutare i nostri clienti ad entrare in contatto con tecnologie innovative e con nuove startup, sapendo che, se li supportiamo affinché possano centrare i loro obiettivi oggi, riusciremo anche a farli prosperare nel lungo periodo. Per un grande istituto come noi, che opera in un settore maturo come quello dei servizi finanziari, soddisfare le esigenze attuali dei clienti non è sufficiente. Noi dobbiamo soddisfare anche le loro esigenze future, riuscendo a prevedere, anticipare e sviluppare le capacità, i processi, i prodotti e i servizi che saranno necessari per avere successo in un mondo sempre più globalizzato e in rapida evoluzione.

Non è una sfida da poco, perché richiede alla nostra banca di operare una trasformazione interna per riuscire a soddisfare anche le esigenze future dei clienti oggi non ancora note o prevedibili.

Cosa può fare la nostra banca per sostenere e guidare l’innovazione dei nostri clienti, mantenendo nel contempo la nostra posizione di leadership in un settore industriale finanziario soggetto a radicali modifiche tecnologiche? A questo scopo stiamo intraprendendo una lunga serie di azioni e iniziative strategiche.

ITALIA TECNOLOGIAE CIBO

OGGI I CONSUMATORI SONO SEMPRE PIÙ INTERESSATI ALL’INNOVAZIONE IN UN’AREA TRA LE PIÙ IMPORTANTI: IL CIBO.

Gli alimenti trasformati prodotti dalla grande industria, poveri di sostanze nutritive, non convincono più. I consumatori desiderano non solo un’innovazione di tipo qualitativo, che porti sulla loro tavola prodotti artigianali, dai pomodori all’olio d’oliva fino a vini locali, ma anche la possibilità di entrare

in contatto con altri consumatori e con i produttori, per sapere cosa viene loro servito. Sono preoccupati per il devastante impatto che l’agricoltura moderna ha sull’ambiente e chiedono soluzioni che riportino l’agricoltura a dare il meglio di sé: un uso sostenibile delle risorse, fra cui acqua ed energia, che migliori l’ambiente, anziché impoverirlo. Vedono i progressi realizzati in altri settori industriali grazie all’uso di dati, analisi e connettività, e si chiedono perché questi miracoli tecnologici non possano trasformare anche il modo di produrre, consumare e gustare il cibo.

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

All’interno del gruppo Intesa Sanpaolo, un esempio del nostro impegno verso l’innovazione è la nostra Area CIO (Area del Chief Innovation Office). Attraverso questo gruppo sviluppiamo di continuo nuovi prodotti e offriamo formazione non solo ai nostri dipendenti, ma anche ai dipendenti dei nostri clienti. Stiamo lanciando programmi di Open Innovation per i clienti, operiamo investimenti tradizionali di venture capital e venture capital aziendale, forniamo supporto marketing e commerciale, e altro ancora. I nostri progressi in queste aree contribuiranno al successo dei nostri clienti, e quindi al nostro successo nel lungo periodo.

Attualmente abbiamo molti progetti di Internal Innovation e Open Innovation per tecnologie finanziarie connesse alle nostre esigenze interne. Aggiungiamo di continuo nuovi programmi e progetti per sviluppare tecnologie innovative all’interno delle varie divisioni del nostro gruppo di servizi finanziari, oltre a individuare, supportare, acquisire e fare nostre nuove tecnologie prodotte da grandi innovatori esterni alla banca. Inoltre, non ci limitiamo a parlare del concetto di sostenibilità, ma la mettiamo in pratica. L’attenzione alla sostenibilità è evidenziata dalla nostra posizione nell’economia in senso lato, il nostro impegno a livello dell’economia circolare, come Global Partner della Ellen MacArthur Foundation, crea opportunità che possiamo portare ad esempio e che motivano i nostri clienti a ottenere simili risultati. Siamo impegnati a determinare in che modo gli aspetti economici della sostenibilità possano avere un impatto positivo sugli utili di un’azienda, e stiamo operando per dare un ruolo di primo piano alla sostenibilità nella riduzione del rischio e nel miglioramento della performance finanziaria. Crescere attraverso una performance sostenibile è una nostra priorità aziendale, apprezzata dai nostri clienti, ma possiamo centrare questo obiettivo solo aiutando i nostri clienti a fare lo stesso. In un mondo che cambia a un ritmo sempre più veloce, è necessario che i nostri processi e programmi di innovazione siano all’avanguardia.

L’apporto che offriamo in Open Innovation esterna per i nostri clienti ha altrettanta importanza. L’obiettivo primario dei nostri clienti infatti è restare vitali e competitivi. Molti di loro ci hanno chiesto di sostenere maggiormente lo sviluppo degli imprenditori più innovativi, perché ciò favorirà la crescita di nuovi mercati, prodotti

e servizi. Per fare tutto ciò, siamo andati ben oltre gli standard di una normale banca. Primo: il nostro premiato programma StartUp Initiative utilizza le migliori best practice per acceleratori, oltre a sistemi proprietari sviluppati dal nostro partner californiano in joint venture INcube SRL, per sostenere e coinvolgere startup innovative dell’intera Europa, Israele e Stati Uniti. Grazie a questo programma i nostri clienti possono accedere con facilità a startup e altre PMI, venendo a conoscenza di preziose esperienze ed entrando in contatto con pratiche e approcci imprenditoriali, sostenuti da un’energia visionaria. I nostri arena meeting con investitori internazionali presentano chiari esempi dell’impegno e dello slancio imprenditoriale necessari per spostare l’ago della bilancia verso l’innovazione e la crescita economica.

Secondo: il nostro fondo di investimento di venture capital, Atlante Ventures, sta investendo attivamente in aziende tecnologicamente innovative dell’Unione europea, Stati Uniti e altri Paesi. Come investitore generalista, Atlante VC ha impiegato capitali in numerose decine di aziende dei settori digitale, telefonia mobile, alimentare, tecnologie medicali, produttivo e altri. Il fondo Atlante Seed investe in startup ai primissimi stadi, mentre Atlante VC si concentra su investimenti più ampi in aziende in fase di crescita.

Terzo: il nostro Tech Marketplace online è un portale pensato per far incontrare e associare startup e PMI di dimensioni più grandi. Ciò ha reso ancora più forti i nostri programmi di startup. Le aziende nostre clienti possono specificare le loro esigenze tecnologiche per trovare online aziende a loro associabili. Infatti, il nostro database contiene migliaia di PMI e di startup di sviluppatori di tecnologie. Ogni giorno associamo fra loro aziende che non si sarebbero altrimenti mai incontrate.

Quarto: molti dei nostri clienti sono piccoli produttori artigianali a cui mancano le risorse o le piene capacità per commercializzare e vendere i loro prodotti online, nonché per distribuirli a livello nazionale. Ma per quanto piccoli, questi produttori sono anche importanti esempi dell’orgoglio e della passione per quel Made

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

in Italy che riscuote sempre maggiore apprezzamento in tutto il mondo, soprattutto nei settori alimentare ed enologico. Abbiamo così deciso di offrire supporto ai prodotti artigianali realizzati dai nostri clienti italiani con il nostro sito www.createdinitalia.com. Questo servizio completo di e-commerce, di tipo business-to-consumer, consente alle PMI italiane di commercializzare e vendere i loro diversi prodotti su un mercato molto più vasto, avvalendosi del supporto di marketing, logistico e amministrativo da noi fornito. In questo modo i nostri clienti possono far evolvere rapidamente i loro modelli di business, competendo con aziende di e-commerce più avanzate, ma senza perdere quella cura e maestria artigianali che rendono unico in tutto il mondo il Made in Italy.

Questo lavoro è importante non solo per noi e per i nostri clienti, ma anche per l’Italia. Il governo italiano si sta impegnando per promuovere l’innovazione sostenibile con disegni di legge che supportano startup e PMI innovative con garanzie di prestito, sostegno fiscale e a livello delle risorse umane, incentivi agli investimenti e altro. Gli obiettivi sono una maggiore semplificazione, riduzione dei costi e sostegno a fronte dell’assunzione di rischio richiesta dall’innovazione. La nostra banca può a sua volta sfruttare queste nuove leggi e servizi per offrire nuove forme di prestito a startup e PMI innovative nell’ambito della legge 662.

In passato le aziende non chiedevano certo alle loro banche di offrire una visione del futuro o di avere accesso alle più recenti e promettenti innovazioni tecnologiche. Con la nostra leadership in questo settore e la creazione di un punto di incontro per le aziende che desiderano innovare, stiamo contribuendo al cambiamento delle dinamiche dell’imprenditoria, dell’innovazione e del venture capital in Italia e in Europa. I clienti oggi ci chiedono supporto, contatti e finanziamenti per riuscire a raggiungere attraverso l’innovazione i loro obiettivi strategici, competitivi e di crescita. Sanno cioè che la nostra banca può offrire di più che non i soliti servizi bancari. Sentono di poter fare affidamento su di noi per ottenere un supporto attento e una prospettiva a 360° con servizi e offerte che li aiutino a progettare meglio il loro futuro e a rendere più forte l’Italia. Questo libro racconta le esperienze di alcuni fra i migliori imprenditori e innovatori che stanno lanciando innovazioni

straordinarie nel campo dell’alimentazione e della sostenibilità. Descrivere i loro prodotti e soluzioni è più facile che spiegare la loro passione e volontà di migliorare il mondo. La realtà oggettiva è che sono gli eroi dei nostri tempi. Persone con una determinazione, tenacia e coraggio che hanno permesso loro di non farsi sopraffare dalle sfide, né lasciarsi dissuadere dalle critiche. Credono nelle loro idee con una fede incrollabile, dimostrando di possedere la forza e l’apertura mentale necessarie per crescere con il supporto e le critiche che ricevono lungo il cammino. Sono figure diverse fra loro - dirigenti aziendali, scienziati, ricercatori, mamme - ma condividono tutti la stessa volontà di rendere il mondo un luogo migliore, creando qualcosa che prima non c’era e che non esisterebbe senza la loro passione e visione. Sembrano persone normali, ma hanno qualcosa di realmente speciale. Provo grande rispetto per il loro carattere e la loro forza, e mi appassionano le loro storie personali.

Spero che sarà così anche per voi. Il futuro rimane incerto, ma alcuni degli imprenditori e delle startup di cui stiamo per parlarvi potrebbero dare presto una forma diversa all’industria, ai mercati e al nostro mondo.

Per saperne di più su di loro e sul nostro programma incentrato sul food tech e sulla sostenibilità, lascio la parola al nostro esperto, Bill Barber, presidente della nostra joint venture di consulenza tecnologica INcube SRL nonché a capo della StartUp Initiative. La sua formazione e specializzazione in agraria e biologia, nonché la sua esperienza lavorativa in settori quali biotecnologie, tecnologie pulite, produzione, vendita al dettaglio e sistemi ICT, combinati all’esperienza in California come imprenditore e investitore del settore tecnologico e al ruolo di consulente per oltre 1000 imprese, fanno di lui la guida ideale per illustrarci le storie nel campo del food tech e della sostenibilità di Intesa Sanpaolo.

Buona lettura.

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FOOD TECH,E PROGRAMMI

1SOSTENIBILITÀDI INNOVAZIONE

SOSTENIB

ILITÀ

PROGRAMMI DI IN

NOVAZIONE

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 1 ___ Food Tech, sostenibilità e programmi di innovazione

Leggendo insieme le storie di alcuni imprenditori, protagonisti di startup innovative negli importanti settori delle tecnologie alimentari e della sostenibilità, scopriremo veri e propri eroi che, con il loro lavoro, cercano di tutelare le risorse del pianeta in questa fase di sfide globali. Quella in cui viviamo è un’epoca interessante, in cui imprese di successo generano e offrono innovazione, facendo ben sperare per il futuro. In questo capitolo spiegherò che cosa stiamo facendo per aiutare questa nuova generazione di imprenditori innovativi e perché è essenziale che essi raggiungano il successo.

Il corso della storia muta spesso in presenza di leader con una visione innovativa, capaci di innescare profondi cambiamenti. Cambiare non è mai compito facile, ma oggi l’urgenza e la natura delle sfide che dobbiamo affrontare rendono essenziali la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni. Penso che le risposte che cerchiamo non si trovino nelle sedi dei governi o nelle torri d’avorio delle università, ma è più facile che ci vengano fornite da brillanti imprenditori in grado di vincere le nuove sfide e superare le critiche, come fecero nel lontano passato Galileo, Benjamin Franklin, Tesla e Marconi, e in tempi più recenti Adriano Olivetti, Steve Jobs ed Elon Musk. Grazie all’opera di questi pionieri oggi possiamo scoprire, sviluppare e rendere disponibili innovazioni che risolvono problemi importanti e soddisfano le esigenze attuali dei consumatori.

Le conseguenze non volute di specializzazione, centralizzazione e produzione di massa

Il cibo, l’acqua e l’energia sono le basi della vita, nonché la moneta di scambio della nostra civiltà. Sono elementi strettamente connessi fra loro ma al tempo stesso ognuno è oggetto di specifiche criticità che richiedono nuovi approcci sostenibili

L’INNOVAZIONE IMPRENDITORIALE PUÒ MIGLIORARE IL MONDO?

LA QUANTITÀ DI CIBO PRODOTTA E DISTRIBUITA

OGGI NON HA PRECEDENTI NELLA STORIA DEL MONDO.

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 1 ___ Food Tech, sostenibilità e programmi di innovazione

finalizzati a un utilizzo più efficace. Vincere le sfide connesse a questi elementi è un obbligo, che al contempo apre la strada a enormi opportunità commerciali. Come siamo arrivati al profilarsi di questa crisi? Questo è in realtà l’apice di un lungo processo storico orientato verso la specializzazione, la centralizzazione e la produzione di massa.

Nel 1800, più o meno all’inizio della prima Rivoluzione industriale, oltre il 90% della popolazione degli Stati Uniti lavorava nel settore agricolo. L’eccezionale crescita economica dei secoli successivi ha comportato, tra l’altro, la riduzione delle persone direttamente impegnate ella produzione degli alimenti necessaria a soddisfare il fabbisogno del Paese. Dal 1985 infatti, la popolazione degli Stati Uniti attiva nella produzione di cibo è inferiore al 2%.

Per nutrire il 98% della popolazione restante è stato necessario generare più efficienze tramite processi di standardizzazione e di riduzione delle diversità, come in qualunque altro settore industriale. Se da un lato le tecnologie, i modelli di business e le nuove pratiche agricole adottate per gestire questa crescita di scala hanno permesso di aumentare le rese dei raccolti, ridurre i costi e creare grandi reti di distribuzione, dall’altro hanno comportato una serie di problemi rilevanti e interconnessi tra di loro.

La carenza di biodiversità nella fornitura di alimenti biologici, ad esempio, ha dato vita a importanti fattori di rischio. Le monocolture riducono la diversità genetica e amplificano il rischio di catastrofi e infestazioni su base genetica. Le metodologie moderne per il contrasto delle infestazioni hanno portato anche a un incremento nella concentrazione e nell’utilizzo di erbicidi, fungicidi e pesticidi, che hanno a loro volta accelerato l’impoverimento dei nutrienti del terreno.

Inoltre, e ancora più importante, la concentrazione delle aree coltivate richiede l’accesso costante ad adeguate quantità d’acqua e condizioni climatiche stabili. Le diverse stagionalità generate dai cambiamenti climatici possono influenzare precipitazioni

e deflusso delle acque, mettendo a rischio l’accesso all’acqua per intere regioni; a ciò si aggiungono problemi ambientali su vasta scala come la gestione delle acque reflue agricole e le emissioni di monossido di carbonio.

La specializzazione e la crescita economica hanno generato anche enormi cambiamenti infrastrutturali con conseguenze sulla sostenibilità. Nelle economie più avanzate il cibo, l’acqua e l’energia vengono prodotti centralmente e distribuiti attraverso grandi distanze ai singoli consumatori. Disponiamo così di acqua potabile, elettricità e riscaldamento in ogni casa e ci spostiamo ovunque in macchina senza preoccuparci delle fonti di energia che rendono possibile tutto ciò, oltre a trovare un’ampia scelta di alimenti in qualsiasi negozio. Tuttavia, con questo processo, i consumatori hanno ceduto la maggior parte del loro potere ai produttori e nella nostra società il valore della sostenibilità è molto meno apprezzato rispetto ai vantaggi della comodità, dei bassi costi e della crescita.

La quantità di cibo prodotta e distribuita oggi non ha precedenti nella storia del mondo. La maggior parte della produzione avviene in stabilimenti agricoli centralizzati che operano su larga scala, nei quali gli alimenti vengono lavorati, imballati e spediti ai consumatori in tutto il mondo. Nonostante gli enormi volumi produttivi, però, l’impatto sull’umanità non è certo ideale: su una popolazione mondiale di oltre 6,5 miliardi di persone, circa 800 milioni soffrono la fame mentre più di un miliardo sono obese.

Nel 2012, per la prima volta nella storia, sono morte più

persone per malattie connesse all’obesità - come diabete,

cardiopatie e cancro - rispetto a quante ne siano morte

per fame.

Ormai è sempre più evidente che la produzione alimentare centralizzata su scala globale sta portando verso condizioni di non sostenibilità. Non solo l’uso eccessivo di energia, acqua e trattamenti chimici sta mettendo a dura prova l’ambiente,

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ma gli alimenti prodotti con questa strategia centralizzata hanno implicazioni negative a livello di nutrizione, sicurezza, salute alimentare e altro. I principali responsabili sono gli alimenti lavorati, alcuni OGM, i dolcificanti artificiali, gli esaltatori di sapidità, i processi industriali dei fast food, i fertilizzanti, i pesticidi, gli erbicidi, gli ormoni e altro. Negli ultimi 100 anni le innovazioni tecnologiche hanno reso possibile la produzione e il consumo di massa di alimenti grazie all’incremento dei volumi e della velocità produttiva e al contestuale calo dei costi. Il rovescio della medaglia è stato tuttavia un peggioramento della qualità del cibo, dello stato di salute generale della popolazione e della sostenibilità ambientale.

Viviamo in un’epoca di abbondanza, ma stiamo andando verso una crisi. Fortunatamente i consumatori hanno iniziato a chiedere qualcosa di diverso.

Il food tech oggi e domaniPer garantire un’adeguata nutrizione a una popolazione mondiale in continua crescita dobbiamo cambiare il nostro approccio verso il cibo, l’energia e l’ambiente. Si prevede che la Terra entro il 2050 avrà circa 9 miliardi di abitanti, con alcune stime che indicano arrivano a quasi 11 miliardi. Per nutrire questa popolazione servirà il 60-100% di cibo in più, un incremento che renderà l’approvvigionamento alimentare una vera sfida per la sopravvivenza umana. A farla breve: con le attuali strategie di utilizzo della terra e delle risorse i terreni agricoli non saranno sufficienti a soddisfare il fabbisogno. In termini matematici di domanda e offerta, se cresce la popolazione, aumenta il numero di esseri umani che occupano terre che dovrebbero servire a nutrirli; a rendere il saldo significativamente negativo contribuisce poi il fatto che ampie fasce del mondo in via di sviluppo hanno iniziato a richiedere i prodotti più avanzati del mondo sviluppato.

A supporto delle metodologie agricole su vasta scala sono state create molte straordinarie tecnologie. Si va da apparecchiature agricole guidate da laser e satelliti all’apicoltura nomade su larga scala per l’impollinazione delle

piante, fino ai grandi sistemi agricoli per l’allevamento di bovini volti alla produzione di carne e prodotti caseari.

Oggi, una tale convergenza di innovazioni tecnologiche sta

creando la possibilità di un sistema di approvvigionamento

del cibo e dell’energia molto diversificato, decentralizzato

o distribuito.

Le ultime grandi tendenze nel campo del food tech sono le biotecnologie, le tecnologie pulite, le nanotecnologie e i settori delle informazioni e delle comunicazioni. L’incontro fra queste tecnologie, laddove vengono applicate ai mercati globali, genera nuove possibilità di innovazione tecnologica esponenziale.

Da queste aree nascono infatti innovazioni industriali in campi quali sistemi di distribuzione digitali con e-commerce B2B e B2C, scienza del cittadino, agricoltura di precisione, informazioni e monitoraggio riguardo a nutrizione e ingredienti, test e diagnostica alimentare, produzione distribuita di generi commestibili, gestione energetica, sistemi economici circolari e altro.

Il trend principale dell’innovazione digitale è quello della diffusione delle informazioni. Grazie alla capacità di trasferire e analizzare da remoto le informazioni è possibile ripartire la capacità produttiva e assegnare individualmente responsabilità, sicurezza e poteri all’interno di un sistema di produzione distribuita presso il punto di utilizzo. Tutto ciò è realizzabile anche su larga scala grazie a sistemi di intelligence basati sul crowdsourcing e usati per automatizzare i processi. Questo tipo di possibilità e queste tematiche sono il cuore dei nostri programmi di innovazione dedicati al food tech e alla sostenibilità.

La StartUp Initiative (SUI) di Intesa Sanpaolo è un programma di innovazione aperto, progettato sulla base di questi temi e volto a convogliare l’energia di imprenditori, professionisti di venture capital e investitori che vogliano trasformare innovazioni sostenibili

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in concrete possibilità commerciali. È un sistema di accelerazione progettato in California per sfruttare i dati di intelligence generati con il crowdsourcing e allineare nel contempo le esigenze delle startup e quelle degli investitori. Il programma, che ci ha consentito di avviare relazioni con gli imprenditori e i loro progetti, è iniziato con una serie di eventi mirati che ha attirato migliaia di candidature da tutta Europa e non solo. Un rigoroso processo di selezione ha ammesso a partecipare solo poche decine di aziende. Un intenso seminario di 2 giorni, mirato all’allineamento imprenditoriale, ha portato a un ulteriore processo di selezione a cura di esperti del settore. Le migliori aziende sono a questo punto state invitate a presentare i rispettivi progetti davanti a un pubblico selezionato di investitori. …E questo non è che l’inizio. Le loro storie sono raccontate nei prossimi capitoli.

Dare vita a una startup è come fare il “viaggio dell’eroe”

Fare l’imprenditore è una specie di maratona sulle montagne

russe e il fatto che poche startup arrivino al successo

è indicativo del fatto che questa non è una strada per tutti.

I veri imprenditori si collocano decisamente al di fuori dei “normali” standard sociali, soprattutto per quanto concerne la loro propensione al rischio rispetto alle aspettative di guadagno. Il percorso dall’ideazione di un progetto alla sua realizzazione finale può richiedere anni, nel corso dei quali può essere necessario superare tante piccole sconfitte prima di centrare l’obiettivo finale.

Lungo questo tragitto molte persone esterne al progetto, ma perfino alcune interne, potrebbero criticare, sfiduciare, abbandonare, smontare, disprezzare e, in alcuni casi, anche cercare di distruggere l’idea, la startup e il suo fondatore. Per sopravvivere e avere successo in questo ambiente, un imprenditore deve essere dotato di una resistenza non comune nonché della capacità di estrarre valore anche dagli eventi negativi e impiegare tale valore con spirito positivo grazie a piccoli

aggiustamenti, senza perdere fiducia nella sua visione a lungo termine. Questo aspetto di correzione della rotta, nell’approccio Lean Startup, è anche definito “pivot.”Se quello dell’eroe è un viaggio fatto di ostacoli da superare, il primo passo del viaggio consiste nel chiedere e accettare il permesso di entrare da quella porta per accedere a un’esperienza di valore. Il permesso dovrà essere accordato non solo dalle persone importanti che, facendo parte della vita dell’imprenditore, saranno influenzate dalla sua decisione di creare una startup, ma anche dall’imprenditore stesso.

Sarà un viaggio emotivo che si snoderà fra picchi di montagne e profonde vallate, le cui altitudini e profondità potranno avere un effetto esaltante e devastante al tempo stesso. Le storie raccolte nei capitoli che seguono non hanno una conclusione, perché il finale deve essere ancora scritto. Ciò che noi celebriamo è dunque il viaggio compiuto finora, con il coraggio, la resilienza, la creatività e lo spirito che hanno ispirato le prime tappe e che continuano a incoraggiare questi imprenditori nel loro percorso.

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TECNOLOGIAE CIBO

2DIGITALE

LACOMANDA .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ROBONICA .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

REVOMENU .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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44TASTEET

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2 ___ Tecnologia digitale e cibo

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

Sono cresciuto nella Central Valley in California, la regione casearia per eccellenza degli Stati Uniti. Nel mondo si pensa alla California perlopiù in termini di tecnologia digitale e non certo di cibo; si pensa cioè alla Silicon Valley e alla sua alta concentrazione di aziende IT e di startup finanziate dal venture capital. Di fatto, nella maggior parte dei casi l’industria agricola è considerata un settore low-tech.

Invece, fin dalle mie prime esperienze, notai subito che gli agricoltori erano le persone più attente alle tecnologie che avessi mai incontrato. Utilizzavano apparecchiature agricole guidate da laser già negli anni ‘70 e inizio anni ‘80. Avevano sistemi di mungitura automatici e furono fra i primi a usare i computer per calcolare la produzione, i sussidi, i prezzi delle merci e altro.

Perché erano così attenti alle tecnologie? Per trasformare le pratiche agricole e raggiungere i livelli di scala e di efficienza necessari per competere in un sistema agricolo sempre più centralizzato. Quel sistema, cioè, che stava conoscendo una rapida evoluzione per soddisfare la crescente domanda mondiale di cibo.

Contrariamente a quanto si crede, la produzione alimentare ha sempre stimolato l’innovazione tecnologica della nostra civiltà. Gli scienziati ritengono che l’evoluzione dell’agricoltura sia strettamente connessa all’evoluzione della razza umana. Un team internazionale di ricercatori che studia i tratti genetici di scheletri antichi rinvenuti in Europa ha scoperto di recente che, “dopo l’arrivo dell’agricoltura in Europa 8.500 anni fa, il DNA delle persone ha conosciuto un ampio cambiamento, con variazioni di altezza, digestione, sistema immunitario e colore

CHE COSA CI PORTERÀ IL FUTURO?

della pelle.” 1 Di fatto, alimenti che per noi oggi sono scontati, come il latte e il frumento, entrarono a far parte della dieta europea contestualmente al verificarsi di specifiche mutazioni genomiche. Purtroppo, alcuni di questi cambiamenti potrebbero essere in ultima analisi responsabili di disturbi della digestione ereditari o genetici, come la celiachia, il morbo di Chron e altre malattie infiammatorie dell’intestino.

Da allora, comunque, la società umana e la sua civiltà continuarono ad evolvere parallelamente all’agricoltura. Il graduale miglioramento della qualità del cibo cambiò le abitudini e lo stile di vita. Un numero crescente di esseri umani abbandonò il nomadismo per stabilirsi in aree con disponibilità di acqua. Con meno persone impegnate nella produzione di cibo, furono di più coloro che poterono dedicarsi ad altre attività: dalla scienza alle arti, ai mestieri e al commercio. Questo tipo di specializzazione è un tratto caratteristico della tendenza all’urbanizzazione e alla crescita della popolazione oggi così rilevanti.

Se negli Stati Uniti nel 1800 il 90% circa della popolazione

era impegnata nella produzione alimentare, alle soglie del

2000 tale percentuale è scesa al 2%.

Purtroppo la produzione del cibo di cui abbiamo bisogno per sostenere la crescita della popolazione sta acutizzando i nostri attuali problemi ambientali. In questo senso si può dire che il nostro ambiente sia progredito (o regredito) anche per effetto delle pratiche agricole e delle tecnologie alimentari.

In altre parole, le tecnologie alimentari hanno contribuito al nostro mondo economicamente avanzato, ma anche ai problemi che ci troviamo ad affrontare al giorno d’oggi. Curiosamente, con il graduale aggravarsi di questi problemi, il compito di salvarci spetta proprio alle tecnologie alimentari.

Alberto Acito, managing partner della società di investimenti e consulenza SVG Partners, è specializzato nel settore della tecnologia alimentare e agricola e vive fra Milano e la Silicon Valley.

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Secondo Acito, “l’infrastruttura del sistema alimentare che sta emergendo grazie alle nuove tecnologie sarà più affidabile per via di un insieme di innovazioni e modifiche radicali di tutti i componenti della catena alimentare, fra cui produzione, trasformazione, distribuzione, consumo e smaltimento.” Sempre per Acito, inoltre, la trasformazione in corso finirà per essere di natura più culturale che tecnologica. Come già visto in passato, l’ambiente, il modo in cui viviamo e lavoriamo, nonché la nostra evoluzione come specie, saranno plasmati dal cibo e dalla tecnologia alimentare.

Le sfide e le innovazioni più significative

“Il sistema alimentare oggi,” osserva Acito, “è pronto per una

profonda innovazione. Questa è inoltre una delle più grandi

sfide dell’umanità.”

Nel 1912 la Terra contava un miliardo di abitanti. Oggi, a soli 100 anni di distanza, siamo 7,3 miliardi. Entro il 2050 le stime prevedono una popolazione fra 9 e 11 miliardi. In che modo pensiamo di nutrire così tante persone, soprattutto alla luce delle problematiche relative all’ambiente e alle risorse che stiamo già affrontando? Il nostro attuale sistema di produzione, distribuzione e consumo alimentare è di fatto insostenibile.

A rendere ancora più complessa la sostenibilità alimentare è il fatto che gli allevamenti di bestiame e l’agricoltura sono i principali responsabili dell’aumento dell’effetto serra e dei relativi cambiamenti climatici. Quasi metà dell’area terrestre non coperta da ghiacci è occupata da allevamenti di bestiame, con un fabbisogno di energia e acqua tale da non poter tenere il passo della richiesta. Un paio di esempi: per produrre la carne di manzo necessaria per un hamburger occorrono 3000 litri d’acqua, per un bicchiere di latte ne servono 200 litri.2

Sebbene già oggi siamo in grado di produrre cibo sufficiente per nutrire 10 miliardi di persone, alcune stime indicano che il 40% di tutta la produzione di frutta e verdura viene buttato via senza

essere consumato, perché deteriorato.3 Dobbiamo, inoltre, trovare soluzioni per il duplice problema della fame e dell’obesità. Nel 2012 il numero di persone morte per malattie correlate all’obesità è stato il triplo di quelle morte per malnutrizione.4

Contestualmente, nei Paesi in via di sviluppo cresce la popolazione dei consumatori di classe media, distinta da un consumo alimentare non sostenibile, come quello in atto da mezzo secolo nel mondo sviluppato, un aspetto che aggrava ulteriormente le difficoltà connesse a risorse, ambiente e infrastruttura.Alla Conferenza Parigi 2015 (COP21) il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha parlato dell’uso dell’energia nelle dichiarazioni d’apertura: “...dimostriamo ad aziende e investitori che l’economia globale va verso un futuro a basse emissioni di carbonio. Adottando le giuste regole e incentivi, libereremo tutta la forza creativa dei nostri migliori scienziati, ingegneri e imprenditori, aiutandoli a sviluppare tecnologie energetiche pulite, con nuovi posti di lavoro e nuove opportunità in tutto il mondo.” 5

Le parole di Obama avrebbero potuto essere riferite anche alla tecnologia digitale connessa al cibo. Grazie all’energia e all’innovazione degli imprenditori più appassionati, al capitale reso strategicamente disponibile da investitori ufficiali e informali, alla leadership di dirigenti aziendali, politici e agricoltori, alle nuove esigenze dei consumatori e alle tecnologie per raccogliere e analizzare i dati correlati a produzione, consumo, distribuzione e smaltimento, abbiamo oggi reali possibilità di cambiare e migliorare in modo radicale il nostro futuro.

Abbiamo avuto la possibilità di imparare di più sulla tecnologia digitale e il cibo grazie alle startup che hanno partecipato al nostro programma. Le informazioni così ottenute evidenziano alcune tendenze principali che ritengo modelleranno il futuro della tecnologia alimentare.

Agricoltura di precisioneL’agricoltura di precisione non è una novità in termini di produzione alimentare. L’approccio high tech per migliorare i raccolti,

Sono i litri d’acqua che servono per produrre un bicchiere di latte

Sono i litri d’acqua che ci vogliono produrre un hamburger di manzo

3000 L

200 L

Di tutta la produzione di frutta e verdura viene buttato senza essere consumato

40%

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preservando le risorse, è una prassi agricola consolidata da decenni. Oggi l’agricoltura di precisione utilizza una gamma di nuove tecnologie e strumenti per migliorare la sostenibilità attraverso la riduzione dell’utilizzo d’acqua, fertilizzanti e pesticidi, il dissodamento e il deflusso delle acque, con l’obiettivo di diminuire l’impatto sull’ambiente, ottimizzando nel contempo i raccolti.

Acito ha preso parte a un progetto svoltosi a Matera per testare tecnologie di agricoltura di precisione che si avvalgono di immagini aeree ottenute tramite droni e scanner laser 3D su vari tipi di raccolti. Come fa notare Acito: “In questo progetto le startup AGtech provenienti dall’Italia e dalla Silicon Valley hanno collaborato con i laboratori di ricerca per testare, personalizzare e rendere disponibili soluzioni idonee alle esigenze degli agricoltori locali.”

Secondo Acito una nuova generazione di giovani agricoltori sarà in grado di sfruttare i costi inferiori di soluzioni basate sul cloud, nonché la specializzazione in colture ad alto valore. “Nei prossimi 10 anni gli agricoltori italiani continueranno a investire su una produzione di qualità, utilizzando tuttavia strumenti nuovi e diversi rispetto a quelli che usiamo oggi.”

Produzione distribuita

Se la centralizzazione della produzione agricola è stata

il trend dominante degli ultimi 8.500 anni, la nuova tendenza

attuale è invece la decentralizzazione o “produzione

distribuita”. Questo concetto proviene dal mondo

industriale, laddove la produzione locale prende il posto

dell’azienda centralizzata.

I dati possono sempre restare centralizzati per ragioni operative, ma l’idea è di produrre il prodotto finale vicino o addirittura nel luogo di utilizzo per un consumo quanto più possibile immediato.

Nelle città del Nord America si è affermato un movimento che promuove l’uso di orti personali o urbani, piccoli allevamenti di bestiame locali e uno stile alimentare “locavoro”, cioè di chi mangia solo alimenti prodotti localmente. Alla base di questo movimento c’è il desiderio di un’alimentazione basata su cibi più nutrienti e prodotti in modo più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Sergio Barbonetti, managing director di Ciao Gusto Ltd., un consorzio di 40 fra i migliori marchi alimentari italiani, spiega quanto sia importante modificare le proprie abitudini e usanze, soprattutto in quella parte di mondo che vive nell’abbondanza, riducendo i consumi, scegliendo in base alla qualità anziché alla quantità e reperibilità, e preferendo i produttori medio-piccoli alle grandi aziende. Il motto su cui basa la sua filosofia è: “piccolo è bello, vicino è meglio, pulito è giusto”.

Il concetto è la presenza di una stretta interconnessione fra ambiente, salute e metodi di produzione agricola. Solo occupandoci di tutti e tre gli elementi, salveremo noi stessi e il nostro pianeta. Le tecnologie alimentari che rendono tutto questo possibile sono numerose. Una delle startup più interessanti in assoluto che ho visto negli anni è Robonica, di cui parleremo nel dettaglio fra poco, che consente ai suoi clienti di coltivare quantità sostenibili di frutta e verdura con efficienza ottimale in celle idroponiche nella cucina di casa, cioè nel luogo di utilizzo, raccogliendo il prodotto al momento dell’uso.

Questa forma di produzione distribuita offre cibo nutriente e sano ai consumatori presso il luogo di utilizzo, riducendo radicalmente l’impatto ambientale derivante da infrastrutture, tempo ed energia necessari per la coltivazione e il raccolto, l’imballo, la distribuzione, l’immagazzinamento e la vendita al dettaglio. Tali progetti rappresentano un cambiamento enorme rispetto alle attuali modalità di coltivazione e consumo del cibo.

Internet of ThingsL’Internet of Things (IoT), è una rete di dispositivi e sistemi connessi via Internet, in grado di comunicare autonomamente

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e scambiare informazioni e dati. Questa rete, combinata a sensori che raccolgono attivamente i dati, alla raccolta su cloud di tali dati, ad analisi approfondite e risposte attive, sta trasformando un’autentica rivoluzione scientifica ed economica in una realtà concreta.

Ciò che rende così appassionanti progetti come Robonica e La Comanda è il fatto che questi, come altri progetti sottoposti alla nostra attenzione, sono in grado di condividere autonomamente informazioni e dati, in quanto basati su tecnologie IoT.

Immaginiamo, ad esempio, cosa significhi questo per una cella di coltura di Robonica. Ogni dispositivo è dotato di sensori per monitorare la crescita di ogni pianta e delle condizioni in cui essa avviene. Inoltre, è possibile analizzare i dati aggregati per ottimizzare la produzione di frutta e verdura, adattandola in base a gusti individuali e abitudini di consumo. Infine questi gusti, abitudini di consumo e condizioni diventano dati essenziali per i fornitori o per le aziende che desiderano migliorare le conoscenze sull’ecologia dell’impianto, al fine di soddisfare meglio le richieste dei consumatori, applicando tali conoscenze alle macchine di nuova produzione.

Questo è il valore che è possibile estrarre dai dati di una singola cella di coltura. Pensiamo ora a quanto possano essere più ricchi tali dati e le relative analisi, se combinati con milioni di altre celle di coltura e di consumatori, ciò che Joi Ito, responsabile del Media Lab del MIT, definisce progetti di “scienza del cittadino”, con il contributo degli utenti di Internet, che consentono di testare e aggregare rapidamente enormi quantità di dati dei test.

I dati scientifici ottenuti grazie al crowdsourcing della “scienza

del cittadino” e relativi a tanti punti di aggregazione rendono

possibile una spinta innovativa “dal basso”.

Con così tanti laboratori di scienza del cittadino che contribuiscono a obiettivi comuni, la forza dell’analisi dei Big Data offerta da Internet apre nuovi orizzonti. È verosimile che il livello di informazioni e analisi reso così possibile possa cambiare il nostro mondo.

Molti dei nostri progetti hanno una componente IoT. Di fatto, la produzione distribuita è solitamente possibile e utile solo grazie all’IoT. In più, la stessa agricoltura di precisione si presta all’analisi dei Big Data e potrà esserne notevolmente migliorata. Geolocalizzazione, caratteristiche del suolo, nutrienti, tecniche di messa a dimora, fertilizzanti e pesticidi, condizioni e impatto ambientale, resa dei raccolti e altro ci aiuteranno a capire appieno e a migliorare la produzione agricola nei prossimi anni.

Il nostro primo profilo aziendale è un esempio di uso dell’Internet of Things da parte del consumatore nella sua casa, quindi presso il punto di utilizzo (la cucina) e nel momento della richiesta (“ho fame”).

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_ Il pulsante magico per ordinare con un clic nel luogo di utilizzo al momento della richiesta

Carlo Brianza CEO

COMANDALA

La Comanda è, come sappiamo, un foglietto di carta sul quale il cameriere prende nota dei cibi e bevande richiesti dal cliente. Oggi è anche il nome di una startup che ha progettato e costruito un dispositivo per richiedere da casa la consegna di una pizza con il semplice clic di un pulsante. La facilità d’uso è la caratteristica più importante del dispositivo “Click ‘N’ Pizza” di La Comanda, dietro al quale si celano una serie di potenti funzioni connesse al punto di vendita e al punto di utilizzo che potranno migliorare la collaborazione fra fornitori e consumatori di cibo secondo nuove modalità.

Il CEO e cofondatore, Carlo Brianza, ha lavorato per 14 anni in Nokia come responsabile vendite e marketing per i telefoni multimediali. Grazie alla profonda conoscenza dei tanti servizi che rendono redditizio uno smartphone - dagli strumenti di navigazione fino a musica, giochi e app - ha pensato di portare queste capacità in un dispositivo più semplice, per rendere più facile e veloce l’accesso a determinati servizi.

L’ispirazione gli venne un giorno in cucina. Non sarebbe fantastico, pensò, poter ordinare la propria pizza preferita schiacciando un pulsante sul frigorifero? Sul mercato era già presente un dispositivo simile a un pulsante, ma per Brianza poteva essere di gran lunga migliorato. Quando ne parlò con colleghi e amici, furono entusiasti del potenziale successo presso i consumatori.

Le analisi di mercato hanno confermato che le dimensioni commerciali sono potenzialmente enormi. Ogni anno vengono vendute 3 miliardi di pizze, un terzo delle quali consegnate a domicilio, con un giro d’affari di 10 miliardi di dollari.

“LA VITA EMOTIVA DELL’IMPRENDITORE È UN ALTERNARSI DI ALTI E BASSI, UN COSTANTE FLUSSO ADRENALINICO. SI VA DA ALTE MOTIVAZIONI E GRANDI ENTUSIASMI A MOMENTI DI AUTOCRITICA, QUANDO PENSI CHE TUTTO COSPIRI CONTRO DI TE. È ESSENZIALE CREDERCI ED ESSERE SEMPRE FORTI E CONCENTRATI SUL PROGETTO, ANCHE QUANDO VI SONO ASPETTI CHE NON SI RIESCE A CONTROLLARE. INFINE, ARRIVA LA PARTE PIÙ DIFFICILE: ESECUZIONE E LANCIO”.

Carlo BrianzaCEO

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Il lancio della nuova attivitàUna buona idea e significative opportunità di mercato sono aspetti incoraggianti per qualsiasi azienda, ma la sfida più grande, secondo Brianza, è trovare le persone giuste. “Per le startup ciò è particolarmente importante”, fa notare Brianza. “Se si riesce a formare il team ideale, il progetto conosce una grande accelerazione per via della passione e della qualità apportata da ogni persona.” Brianza ritiene che una buona idea gestita da un team di talento abbia un vero potenziale di successo.

Per identificare i partner giusti ci sono voluti parecchi mesi. Anche l’altro cofondatore, Andrea Gaggi, aveva lavorato in Nokia e dopo 18 anni come colleghi lui e Carlo costituivano già un solido team operativo e sapevano di potersi fidare l’uno dell’altro. Dopo la costituzione di La Comanda, il team si concentrò su progettazione, esperienza dell’utente e modello di business. Si ricorse a partner strategici per progettare e sviluppare il dispositivo, quindi per fabbricarlo e consegnarlo, infine per costruire il servizio basato sul cloud e la piattaforma CRM per la gestione delle relazioni con i clienti. In capo a un anno il primo dispositivo Click ‘N’ Pizza era pronto. Grande più o meno quanto un termostato Nest e simile per eleganza e semplicità, il pulsante Click ‘N’ Pizza poggia su un piccolo supporto di metallo o può essere attaccato al frigorifero con un magnete. Nella comodità della propria cucina, il cliente può ruotare la manopola girevole e scorrere una breve lista di elementi preselezionati, scaricati con il Bluetooth o attraverso la connessione Wi-Fi. Una volta effettuata la selezione e premuto il pulsante, l’ordine viene inviato al ristorante preferito, vicino a casa, per una rapida consegna a domicilio.

La Comanda era già una realtà ben avviata quando Brianza decise di partecipare ai programmi Intesa Sanpaolo. Aveva un buon team e un solido business plan, e il dispositivo Click ‘N’ Pizza era già stato sviluppato. La società aveva ottenuto finanziamenti per circa 150.000 dollari e aveva firmato contratti preliminari di una certa entità. Carlo Brianza è di fatto un promotore esperto e dinamico, capace di suscitare un’ottima impressione sui nuovi investitori e partner. Le sfide connesse ai costi e ai modelli di prezzo vennero gestit in incontri privati con gli investitori.

Se da un lato gli investitori vedevano l’ampio potenziale del settore per il lancio di un dispositivo pratico come quello, e i potenziali volumi WWdi mercato erano eccezionali, restavano alcune questioni aperte relativamente a quanto sarebbe stato pagato il dispositivo Click ‘N’ Pizza e da chi. I ristoratori si sarebbero accollati i costi offrendo il dispositivo gratuitamente ai propri clienti? A dispetto del buon percorso intrapreso, i costi di produzione sembravano problematici, sia per i rivenditori che per i clienti. Dopo alcune discussioni tecniche con una rete di ingegneri e progettisti di fiducia, Brianza si persuase che fosse possibile ridurre il costo unitario di produzione della metà o anche più. Questo tipo di riduzione dei costi modificò notevolmente le proiezioni, incrementando le opportunità di successo presso rivenditori e clienti. Da ultimo, Brianza e il suo team si occuparono di ampliare e chiarire l’idea del dispositivo come applicazione IoT. La condivisione bidirezionale delle informazioni sul punto di utilizzo del prodotto (la cucina di casa) aveva infatti significative implicazioni sia per i clienti che per i rivenditori. Per i rivenditori c’era la possibilità di conoscere meglio i consumatori e offrire un servizio personalizzato, quindi un grande vantaggio. Ciò aggiungeva valore all’offerta di La Comanda ai partner rivenditori, a dimostrazione di come l’accesso ai dati sul punto di utilizzo possa cambiare le regole del gioco.

Cambiare le regole del giocoPerché sviluppare un dispositivo per ordinare una pizza? E non semplicemente un’altra app? Nell’idea di Brianza, il mondo si sta muovendo verso una nuova forma di accesso ai servizi, un cambiamento che egli definisce “la vita dopo lo smartphone”. Brianza considera le app per smartphone invasive rispetto ai dispositivi ”one-click”, che sono semplici, veloci e si trovano nel posto giusto al momento giusto. “È l’inizio di una nuova era”, ha dichiarato.

“Gli oggetti connessi diventeranno più presenti degli

smartphone nella nostra vita quotidiana, grazie ad

un’esperienza del cliente più semplice e meno invasiva.”

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Per il suo esordio nel mondo degli accessi “one-click”, La Comanda ha puntato sugli “ordini” di uno dei cibi preferiti da ricevere a domicilio - la pizza - per via del valore generato dal rendere più semplici e veloci gli ordini ricorrenti.

Dal nostro punto di vista, apprezziamo questo progetto perché La Comanda ha creato un dispositivo distribuito che rimane, come componente fisico, all’interno di uno spazio importante come la cucina, per consentire l’acquisto di uno specifico prodotto presso una determinata locazione.

Il fatto che il dispositivo sia collocato al livello degli occhi

sulla porta del frigorifero, al quale ci avviciniamo proprio per

soddisfare il desiderio della fame, posiziona La Comanda

saldamente al centro del luogo di utilizzo e nel momento

della richiesta.

Ciò aumenta la facilità d’uso del dispositivo presso il punto di utilizzo, assicurando all’utente una gratificazione immediata e creando una comunicazione integrata a due canali fra consumatore e rivenditore. Il consumatore può replicare facilmente gli ordini, mentre il rivenditore ha la possibilità di ricordare il proprio marchio al cliente e inviargli offerte promozionali e pubblicità esattamente nel luogo e nel momento in cui vengono fatti la maggior parte di questi acquisti d’impulso.

Ovviamente è possibile aggiungere anche una componente di gioco per incoraggiare i comportamenti desiderati del consumatore, ad esempio raccolte punti o sconti, coupon, ecc. Ma, soprattutto, il rivenditore ha accesso a dati del cliente che gli rivelano abitudini e comportamenti correlati al prodotto da lui venduto. Moltiplicati per milioni di consumatori, questo tipo di dati rappresentano una miniera d’oro per la strategia CRM di un’azienda e per la sua capacità di acquisire dati rilevanti sulla posizione e ottimizzare la sua offerta e redditività.

Progressi aziendali e clienti potenzialiAnche se La Comanda, come tutte le startup, ha dovuto combattere con finanziamenti, crescita, prezzi, produzione, distribuzione e altro, ha dimostrato al tempo stesso una grande capacità di scalare il proprio business.

I primi progetti pilota sono iniziati con Pizza Hut nel Nord America e con PizzaPortal in Polonia. PizzaPortal fa 15 milioni di consegne al mese. Pizza Hut con le sue 13.000 sedi negli Stati Uniti ha una quota di mercato del 18% con ricavi per 5,7 miliardi di dollari e oltre 500.000 clienti fidelizzati. La Comanda può fornire a tali aziende un accesso istantaneo ai clienti, nonché una grande quantità di dati personali dei clienti attualmente non disponibili. Per il futuro non vi sono ragioni per cui La Comanda debba limitarsi alla pizza. I rivenditori che lo desiderano possono diventare partner con un dispositivo Click ‘N’ Order distinto dal loro marchio.

Soprattutto, il pulsante Click ‘N’ Pizza de La Comanda ha ottenuto recensioni entusiastiche come dispositivo per i consumatori. Al Mobile World Congress del marzo 2015, Click ‘N’ Pizza è stato descritto come “la migliore invenzione mai fatta” e “la cosa migliore vista finora al MWC” con la prospettiva di “un glorioso futuro per la pizza.”

Anche le prospettive di exit strategy degli investitori paiono ragionevoli. Aziende IoT basate sull’uso di dispositivi come Nest e SmartThings sono state acquisite rispettivamente da Google e Samsung con valutazioni importanti. È verosimile che anche La Comanda troverà un simile acquirente. La qualità dei dirigenti senior, l’entusiasmo dei partner rivenditori, la scala dei mercati potenziali, l’adattabilità del dispositivo a vari partner rivenditori e l’importanza del servizio come strumento di coinvolgimento del cliente e di ottimizzazione finanziaria rendono La Comanda un’opportunità di grande appeal.

Ordinare più facilmente la propria pizza non cambierà il mondo, ma una nuova era di dispositivi semplici per l’accesso ai servizi potrà cambiare i comportamenti dei consumatori e dei rivenditori più di quanto ci aspettiamo.

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_ Dispositivo IoTper la produzione alimentare nel punto di utilizzo e nel momento di utilizzo

Harald Cosenza AD

ROBONICA

Cosa succede se si combina apprendimento automatico, robotica, idroponica e Internet of Things? E se ciò che ne risulta fosse in grado di cambiare il mondo?

Quando parliamo di robotica, pensiamo generalmente ai robot o a macchinari che si muovono e svolgono un lavoro. Ma la robotica include anche sistemi computerizzati, che controllano, raccolgono dati attraverso sensori ed elaborano le informazioni.

Robonica è una startup nell’ambito della tecnologia alimentare, creata dall’unione di robotica e idroponica.

L’idroponica è una tecnica di coltivazione delle piante fuori suolo in un’acqua ricca di sostanze nutritive. I primi esperimenti risalgono al XVII secolo, ma una sistematica ricerca scientifica cominciò solo negli anni ‘30, quando fu brevemente acclamata come il futuro della produzione agricola. Nei decenni successivi l’idroponica è stata praticata per lo più da hobbisti con le competenze e l’esperienza necessaria a mantenere la soluzione ottimale di acqua e sostanze nutritive. Oggi, tuttavia, le cose stanno cambiando: Robonica fa parte di un gruppo di startup tecnologiche, che promuovono una nuova rivoluzione agricola attraverso l’introduzione in milioni di case di orti intelligenti controllati per via digitale. L’idea di produrre frutta e verdura di alta qualità in casa, nel punto di utilizzo, trasferisce l’antico concetto dell’orto domestico nell’era digitale, consentendo a chiunque di diventare un coltivatore provetto con il minimo sforzo.

“LE TECNOLOGIE PIÙ INTERESSANTI SI TROVANO OGGI NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE E NELL’AGRICOLTURA, IN PARTICOLARE NELL’AREA DELL’IDROCOLTURA O IDROPONICA, DOVE LE EFFICIENZE NEL CONSUMO IDRICO POSSONO ESSERE IMPRESSIONANTI”.

Alfredo Cicognani, GP, Unigrains Venture Capital

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Piante in capsulaLa “cella di coltura” di Robonica ha un aspetto decisamente elegante. Si tratta di una struttura, ideata e progettata dal noto designer italiano Giampiero Peia di Peia Associati, di forma esagonale e dimensioni paragonabili a un forno a microonde. Una singola cella di coltura può stare sul piano di una cucina, più unità combinate e sovrapposte possono essere collocate a ridosso di una parete o integrate in una libreria. Il fondo della cella ospita il sistema idroponico di circolazione dell’acqua e delle sostanze nutrienti, la parte alta è dotata di efficienti luci a LED con specifiche lunghezze d’onda che creano all’interno un piacevole effetto acquario.

Le celle di coltura sono di tipo plug and play, ovvero immediatamente pronte per l’utilizzo. Chi ne porta a casa una non deve fare altro che sistemarla su un piano, inserire la spina e collegarla alla rete WiFi. Vi si introducono poi cartucce di semi e di sostanze nutritive che vengono riconosciute digitalmente. Il sistema scarica automaticamente da Internet il profilo nutrizionale e d’illuminazione specifico per la coltura prescelta e le piante cominciano a crescere. Si possono produrre molte varietà di frutta e verdura, come lattuga, fragole, pomodori, cetrioli e altro. Grazie ai ritmi accelerati dell’idroponica ogni unità può produrre l’occorrente per un’insalata ogni quattro o cinque giorni. Con quattro o cinque unità in casa si possono raccogliere prodotti freschi ogni giorno, 365 giorni all’anno.

Il feedback dei sensoriCon l’idroponica frutta e verdura crescono da due a cinque volte più rapidamente rispetto alle colture in terra. Secondo Robonica, questo sistema può diventare nel tempo ancora più efficiente perché sarà in grado di imparare e ottimizzare continuamente i cicli di crescita delle piante attraverso l’analisi dei Big Data e il feedback attivo. La struttura del database è stata progettata e sviluppata dal cofondatore Giacomo Cosenza partendo dalla sua vasta esperienza di intelligenza artificiale e analisi dei Big Data. All’interno della cella un sistema di sensori raccoglie dati accurati sulla dimensione, forma, colore e maturazione della pianta. Il sistema, in altre parole, conosce in quale stadio del ciclo

di crescita si trova la pianta, capisce in che modo la luce proveniente dalle fonti esterne agisce sulle foglie e può inoltre regolare il pH e il livello di sostanze nutritive dell’acqua in cui sono immerse le radici. In seguito al confronto di condizioni e risultati, le piccole differenze che si verificano tra le varie macchine arricchiscono continuamente il database, raffinando e ottimizzando i profili delle condizioni ideali.

I dati dei sensori vengono inviati a un server centrale che li analizza e li riporta su un’app per smartphone. L’utente può quindi manipolare digitalmente le condizioni nella cella di coltura in base alle raccomandazioni, ad esempio integrando l’illuminazione ambientale con luci a LED intelligenti, modificando il pH e i livelli delle sostanze nutritive, variando la temperatura e l’umidità: tutto tramite smartphone.

Tutti questi dati sono particolarmente utili per riprodurre o migliorare la resa della pianta nell’arco di vari cicli produttivi. Se un utente coltiva una pianta di pomodoro, può modificare le condizioni per aumentare il ritmo di crescita, correggere il sapore e la consistenza secondo le preferenze, per ottenere ad esempio un pomodoro più maturo, più dolce, più grande o più sodo.

Con le impostazioni pro dell’applicazione può addirittura

testare idee o tecniche sperimentali al di fuori della norma

o specifiche per i propri gusti o bisogni.

Tale livello di feedback va ben al di là di ciò che l’agricoltura di precisione può ottenere per ottimizzare la crescita di una singola pianta.

E ciò è solo l’inizio di ciò che è possibile.

L’Internet della frutta e verduraLa cella di coltura di Robonica è un dispositivo IoT interamente connesso. I dati che si ottengono tracciando e regolando la crescita di singoli frutti od ortaggi hanno un grande potenziale. Coltivando la stessa pianta un centinaio di volte nel corso

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di qualche anno, otterremmo una mole di informazioni molto interessanti. Potremmo stabilire le condizioni in cui la pianta cresce meglio e ottimizzarne lo sviluppo rispetto a numerose variabili, come il posizionamento della cella di coltura nella stanza o l’angolo di incidenza del sole nei diversi periodi dell’anno.

È un caso in cui il concetto di “scienza del cittadino” può sovvertire l’intero sistema dell’innovazione per come lo conosciamo. Immaginiamo di rilevare questi dati su un milione di piante di pomodoro prodotte in un milione di celle di coltura in tutto il mondo, a differenti latitudini e nel medesimo periodo. Le possibilità di ottimizzare i parametri della coltura sono incredibili. È anche facile immaginare la nascita di gruppi di utenti che si accordino per testare nuove tecniche e metodi. Inoltre, la ricchezza dei dati non riguarda soltanto la coltivazione delle piante, ma anche il comportamento dei consumatori. Robonica potrebbe desumere le varietà di piante preferite dagli utenti e il momento in cui effettuano il raccolto, tenendo conto delle variabili culturali, ambientali, stagionali e geografiche.

L’informazione scientifica sull’ecologia delle piante e i progressi economici, ambientali, sanitari e sociali potrebbero essere strabilianti.

Prospettive di business e impatto globale Robonica non è entrata nei programmi di Intesa Sanpaolo nella sua forma attuale. È nata, invece, da due diverse società con tecnologie compatibili che, una volta combinate, hanno creato “un intero più grande della somma delle sue parti”. La prima società, cofondata da Massimo Massironi, proponeva sistemi di illuminazione iperintelligenti, capaci di analizzare le condizioni ambientali attraverso un’esclusiva tecnologia di sensori e offrire un’illuminazione configurabile. La seconda società, Robonica, aveva sviluppato un sistema idroponico digitale connesso a un’app. Crediamo che la combinazione di queste tecnologie con un piano di distribuzione sul mercato di massa abbia uno straordinario potenziale di scalabilità con un forte impatto sui consumatori.

Sul fronte del business, Robonica ha tre potenziali flussi di reddito che promettono bene. Può vendere le celle di coltura con margini ragionevoli, con l’obiettivo di immettere un milione o più unità sul mercato. Può integrare tali vendite con le parti di consumo, nella forma di cartucce di semi/sostanze nutritive, identificate digitalmente, riconosciute e indicizzate dal sistema e necessarie per far crescere le piante. Infine, può ottenere potenziali ricavi dalla vendita dei dati acquisiti da milioni di unità in esercizio. Diverse società, organizzazioni e ricercatori attribuirebbero un grande valore a dati analitici puntuali sulla crescita delle piante e sulle abitudini dei consumatori.

Ancora più importante è l’impatto potenziale che Robonica può avere, a livello globale, sulla salute e sull’ambiente.

Ci sono 7,3 miliardi di persone sul pianeta. Il 54% della popolazione mondiale vive nelle città ma il 40% della terra arabile viene già utilizzata per l’agricoltura. Con la crescita della popolazione e un fabbisogno di cibo superiore del 70% rispetto a quanto si stima saremo in grado di produrre, un giardino digitale ottimizzato, compatibile con lo stile di vita cittadina urbano, ha il potenziale di modificare profondamente il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo.

In termini ambientali, questa forma di produzione distribuita è estremamente vantaggiosa. Anziché produrre cibo in grandi aziende agricole centralizzate e distribuirlo nei supermercati e quindi nelle nostre case, compresa l’acqua che ha assorbito durante la crescita, grazie a Robonica è possibile produrre il nostro cibo proprio accanto alla nostra tavola. Ciò ridurrebbe anche l’uso di fertilizzanti e pesticidi, limiterebbe il consumo idrico e le emissioni di gas serra prodotte da camion, unità frigorifere e supermercati. Vale la pena citare anche, tra i benefici sociali, l’impatto educativo, l’accesso ad alimenti più ricchi di sostanze nutritive, la disponibilità e la sicurezza alimentare.

Robonica, in breve, è un esempio del tipo di innovazione di cui abbiamo bisogno non solo per nutrire il pianeta, ma anche per salvarlo, nonché un modello di business molto convincente

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2 ___ Tecnologia digitale e cibo

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

_ Servizio online B2B per la creazione, stampa e versione digitale di menu per ristoranti.

Alessandro Coltro CEO & cofondatore

TASTEETREVOMENU

Come conquistare un chiaro vantaggio in un mercato altamente competitivo come quello digitale?Per Alessandro Coltro e per il cofondatore di Tasteet, Lorenzo Cesana, la risposta è stata: scegliere la strada del minimo prodotto funzionante (Minimally Viable Product- MVP), testarlo, cercare riscontro nel mondo reale, scoprire un’area in cui offrire ancora più valore e aggiungere eventuali correzioni. Un’impresa che segue un percorso di questo tipo è nota nel mondo del business come Lean Startup.

Secondo Tripadvisor, il sito internet di recensioni turistiche scritte dagli utenti, l’80% dei consumatori ritiene importante vedere un menu prima di mangiare al ristorante. Tuttavia, solo il 40% dei ristoranti ha un menu online e solo il 2% di questi menu è mobile-friendly. In molti casi i menu sono incompleti, datati o difficilmente accessibili.

Nell’era digitale in cui tutti fanno uso di uno smartphone,

i ristoratori dispongono di uno strumento essenziale per

comunicare con i clienti. Si ritiene infatti che le attività

sprovviste di menù perdano ogni anno 10,3 miliardi

di dollari.

“COME IMPRENDITORE, DEVI IMPARARE IN FRETTA MOLTE COSE NUOVE E IN MOLTI CASI NON LE TROVI NEI LIBRI. L’UNICO MODO È ‘IMPARARE FACENDO’ ED ESSERE PRONTO E CAPACE DI REINVENTARE RAPIDAMENTE IL TUO PRODOTTO.”

Alessandro Coltro

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2 ___ Tecnologia digitale e cibo

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

Per cominciareColtro ha sempre avuto la passione per la tecnologia. Dopo il diploma di perito informatico si laurea in informatica e si iscrive a un master. Dopo alcuni mesi, tuttavia, ha l’idea per una startup. Decide quindi di lasciare gli studi per dedicarsi interamente a trasformare la sua idea in realtà. La prima versione dell’idea fu quella di un motore di ricerca accessibile da un’app per trovare ristoranti in base al tipo di piatto desiderato dall’utente. Chiamò l’app Tasteet.

Coltro impiegò alcuni mesi per definire l’idea sulla carta e cercare feedback. Era anche alla ricerca di un cofondatore per riuscire a trasformare l’idea in un business. Si imbatté in Lorenzo Cesana, suo ex compagno del corso di ingegneria. Cesana era un programmatore esperto e apprezzò l’idea di Coltro. Decise così di unirsi all’avventura.

Cesana aveva un lavoro a tempo pieno e lavorava al progetto nei week-end. Alcuni mesi dopo, Coltro e Cesana contattarono Digital Magics, un incubatore di startup con sede a Milano. Il team di Digital Magic mostrò grande interesse per Tasteet e dopo solo pochi incontri, decise di investire nel business. Coltro e Cesana furono entusiasti di aver trovato uno sponsor disposto a offrire tempo, denaro e supporto al loro progetto. Grazie a ciò, Cesana osò lasciare il suo lavoro per dedicarsi a tempo pieno a Tasteet.

In pochi mesi la prima versione del prodotto fu disponibile online. Permetteva di ricercare oltre 80.000 piatti a Milano, Bologna e Roma.

Nei mesi successivi Coltro e Cesana migliorarono il design dell’app. I piatti da ricercare erano diventati 150.000 e la pagina raggiunse le 10.000 visite al mese.

C’era, però, un problema. I due si resero conto che sarebbe stato molto più difficile del previsto trasformare Tasteet in un business redditizio.

Correzione di rotta Coltro e Cesana capirono che era necessario apportare un radicale cambiamento al loro modello di business. Nel gergo delle startup si chiama “pivot”: una correzione di rotta nel connubio tra mercato e prodotto, per andare incontro alle richieste dei consumatori, pur mantenendo la visione dei principi fondanti.Nel tentativo di mettere a punto un motore di ricerca affidabile per i piatti da ristorante, Coltro e Cesana avevano analizzato da vicino l’industria della ristorazione, parlando di persona con molti titolari di locali. Strada facendo, avevano identificato alcuni problemi che i loro clienti avevano bisogno di risolvere.

Sulla base di ciò che avevano scoperto, i due rivoluzionarono e ridefinirono così quasi ogni aspetto del progetto. Il nuovo prodotto, che chiamarono REVOmenu, riguardava ancora i menu dei ristoranti ma offriva un servizio online per creare e stampare menu professionali, mantenendoli allo stesso tempo aggiornati sul sito del ristorante e sulla pagina Facebook.

Questa è oggi la piattaforma REVOmenu. L’obiettivo immediato è quello di rendere la creazione di un menu più semplice possibile, raggiungendo i proprietari dei ristoranti con il marketing online. Coltro e Cesana stanno anche lavorando alla creazione di una struttura di vendita e a stabilire relazioni con le principali associazioni di categoria.

“Il menu è il biglietto da visita del ristorante”, dice Coltro. “È la prima cosa che i clienti desiderano vedere quando cercano un ristorante online ed è l’ultima cosa che consultano prima di ordinare qualcosa al tavolo. REVOmenu è uno strumento semplice e accessibile, progettato per aiutare i ristoratori a gestire più facilmente il menu. Il nostro scopo è semplificare questo compito e quindi contribuire al successo dei ristoranti.”

La possibilità di mostrare il menu online e renderlo facilmente accessibile ai potenziali clienti offre un grande vantaggio competitivo. Crea un nuovo canale con il consumatore, che non esisteva e che i ristoratori possono sfruttare per comprendere meglio i bisogni e le aspettative dei clienti.

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2 ___ Tecnologia digitale e cibo

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

Connettersi con i programmi ISPColtro ha messo pienamente a frutto la sua esperienza con i programmi sull’innovazione di Intesa Sanpaolo. “Ho imparato a fare il networker professionista”, dice Coltro. “Ci sono modi per ottenere il massimo da ogni evento di networking in termini di nuovi contatti e opportunità. Anche i due giorni di bootcamp mi hanno dato ispirazione e motivazione e sono ancora in contatto con molte delle persone che ho incontrato.”

A nostro avviso, l’energia e la volontà per operare un drastico cambiamento e migliorare continuamente rendono Tasteet-REVOmenu un progetto unico. Coltro e Cesana non hanno semplicemente concepito un’app, ma una piattaforma semplice e innovativa che ha il potenziale di risolvere le effettive difficoltà dei ristoratori a proporre la loro offerta online.

Con 160.000 ristoranti in Italia e 8 milioni in tutto il mondo, Tasteet-REVOmenu ha un mercato da esplorare potenzialmente immenso.

Oltre il businessIn quanto imprenditore e appassionato di tecnologia, Coltro non fa fatica a immaginare un futuro molto diverso da ciò che oggi conosciamo. Nella sua visione, i supermercati diverranno luoghi in cui i consumatori potranno connettersi direttamente con i produttori e sapere tutto il necessario per sentirsi sicuri e soddisfatti degli acquisti. A loro volta, i ristoranti evolveranno al punto in cui la maggior parte degli aspetti gestionali saranno ottimizzati dalla tecnologia, consentendo ai titolari di offrire ai clienti esperienze completamente nuove. “La presenza online”, suggerisce Coltro, “diventerà così importante per i ristoranti che non sarà più necessario raggiungerli fisicamente per gustare i nostri piatti preferiti.”

Consegne e logistica saranno i principali fattori di successo, che consentiranno ai ristoranti di offrire piatti di qualità on demand senza sacrificarne il gusto. Coltro ritiene, inoltre, che i clienti metteranno molta più enfasi sul cibo sano in futuro.

Grazie alla tecnologia sarà più facile seguire una dieta personalizzata e avere allo stesso tempo un’ottima esperienza a tavola. L’IoT e le applicazioni dei social media aiuteranno i ristoranti a tracciare i profili dei clienti per identificare e rispondere ai bisogni con modalità completamente nuove. Per gli imprenditori, secondo Coltro, ci sono enormi opportunità per aiutare i ristoranti a ottimizzare e snellire i processi gestionali in modo da relazionarsi meglio con i clienti.

Il suo consiglio ai gestori di ristoranti e agli investitori è semplice: “Salite a bordo il prima possibile”.

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ALIMENTAZIONE TECHNOLOGY

CUCINAMANCINA .... . . . . . . . .

MAMMA M’AMA .... . . . . . . . . . . . . . . . . . .

SAFECEREALS .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ISWEETCH! ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

60667278

3HEALT

H TECHNOLOGY

HEALTHY FOOD

E HEALTH

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 3 ___ Alimentazione ed Health Technology

Nel XX secolo le sfide alimentari che il mondo ha dovuto affrontare riguardavano troppo spesso malnutrizione e fame. I cibi nutrienti abbondavano nei Paesi sviluppati, mentre erano drammaticamente insufficienti in quelli in via di sviluppo e in aree geografiche con problemi politici o ambientali, dove erano pertanto molto diffuse malattie connesse a malnutrizione o fame cronica, così come la morte per fame.

Dagli inizi del XXI secolo è il cibo stesso ad essere diventato un problema per la salute, a livello globale. L’obesità dovuta a un’alimentazione eccessiva e scorretta è oggi più diffusa della morte per fame ed è il principale problema di salute connesso all’alimentazione, nei Paesi sviluppati come in quelli in via di sviluppo. Il numero di persone che muoiono per malattie associate all’obesità ha superato quello delle persone che muoiono di fame6, per cui è evidente che abbiamo superato un punto di svolta nel nostro rapporto con il cibo.

Secondo uno studio condotto nel 2014 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di obesità è raddoppiato dal 1980. Il 13% della popolazione mondiale è obesa, il 39% è in sovrappeso. Negli Stati Uniti, in particolare, il tasso di obesità è pari al 33,7% mentre in Italia siamo al 21%.7

In generale i tassi di obesità sono superiori nei Paesi

sviluppati, ma si sta registrando un aumento anche nei Paesi

in via di sviluppo, il che dovrebbe metterci in allarme.

ALIMENTAZIONE E HEALTH TECHNOLOGY: CHE COSA POSSIAMO FARE PER MANGIARE MEGLIO?

SIAMO CIÒ CHE MANGIAMO, E CIÒ CHE MANGIAMO NON È SOSTENIBILE.

Della popolazione mondiale è in sovrappeso

Della popolazione mondiale è obesa

39%

13%

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 3 ___ Alimentazione ed Health Technology

Un recente studio pubblicato su “The Lancet”, una delle riviste mediche più longeve e rispettate, ha preso in esame 79 fattori di rischio per la salute in 188 Paesi, giungendo alla conclusione che l’alimentazione scorretta è responsabile del 20% dei decessi ed è la principale causa di morte a livello mondiale. Ormai sappiamo cosa si intende per “alimentazione scorretta”: una dieta povera di frutta e verdura, ricca di cibi trasformati e con eccesso di carni rosse, sale e zucchero.8

Nei nostri programmi dedicati ad alimentazione e Health Tech, questi problemi sono stati chiaramente identificati sia dagli imprenditori delle startup che dagli esperti esaminatori, suscitando accese discussioni sulle cause, da cui sono emerse alcune interessanti soluzioni tecnologiche.

Il gusto e la qualità del ciboLa preferenza per i cibi trasformati e i fast food, a scapito del consumo di frutta e verdura nella nostra alimentazione, è in parte ascrivibile a questioni di gusto e praticità.

Nella Central Valley in California, dove sono cresciuto, alle scuole medie durante l’intervallo saltavamo spesso la recinzione per andare a rubare le angurie nella fattoria vicina, una delle nostre marachelle preferite. Quelle angurie aperte sul momento erano una vera delizia nelle giornate calde d’estate: mi ricordo ancora oggi il gusto ricco di quella polpa rosso scuro. Mangiavamo così velocemente che quasi non ci accorgevamo della quantità di semi neri che dovevamo sputare.

Da allora non ho mai più trovato angurie così saporite. Le angurie coltivate oggi, appositamente selezionate, sono pallide, quasi senza gusto, con semi molli o pochissimi semi. Si può dire praticamente lo stesso anche dei pomodori, che vengono coltivati in aree molto lontane dai luoghi di consumo e raccolti ancora verdi, in modo che possano maturare nei camion durante il viaggio verso i punti vendita. Analoga è anche la storia delle mele, che vengono ricoperte di cera per evitare che si macchino e deperiscano. Chi ha provato ad assaggiare qualche prodotto biologico

a chilometri zero sa quanto sia grande la differenza. Abbiamo già analizzato i vari aspetti dell’agricoltura e della produzione alimentare centralizzata nel capitolo precedente, ma quei sistemi hanno anche un’altra conseguenza non voluta: i prodotti agricoli non hanno più un buon sapore e non sono nutrienti come quelli coltivati in modo naturale, prodotti o cucinati in loco. Negli ortaggi coltivati su scala commerciale, dagli anni Trenta agli anni Ottanta del secolo scorso9 è stata riscontrata una notevole e costante diminuzione del contenuto di minerali come Cu, Mg e Fe, dovuta all’impoverimento del suolo destinato alle monoculture e alle raccolte effettuate prematuramente, prima che i prodotti abbiano assorbito tutti i nutrienti. Parallelamente c’è stato un aumento dei carboidrati della “sostanza secca”, causato dalla selezione di prodotti di dimensioni maggiori.

Biscotti, patatine, cracker, caramelle, pane bianco, merendine, hamburger dei fast food, bevande gassate ecc., pur non avendo praticamente alcun valore nutrizionale, sono molto gustosi, poiché sono addizionati di zuccheri, sale e grassi. Questi additivi attivano istantaneamente i nostri recettori gustativi, provocando un’intensa reazione da parte del nostro cervello e del nostro corpo, che ci fa desiderare di consumarne ancora. Questi prodotti alimentari di per sé potrebbero anche non essere classificabili come alimenti o come sostanze digeribili da parte del nostro sistema digestivo evoluto, ma gli zuccheri, il sale e i grassi vengono assorbiti rapidamente, andando ad aumentare i livelli di zuccheri e colesterolo nel sangue e nei nostri organi. Dal momento che questi cibi poco sani ci forniscono pochi nutrienti e poca energia “buona”, tuttavia, sentiamo il bisogno di consumarne ancora. Così si innesca un circolo vizioso che porta inevitabilmente all’aumento di peso e all’obesità. Purtroppo nessun essere umano, neppure allenandosi continuamente, può contrastare la reazione di accumulo di grasso indotta dagli zuccheri assunti con un consumo regolare di bibite gassate e cibi da fast food.

La ricerca ci sta aiutando a individuare i colpevoli tra le varie tecnologie della nostra filiera alimentare e il loro impatto sulla nostra salute e alimentazione. I cibi lavorati prodotti e distribuiti

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su scala industriale, di cui oggigiorno è così ricca la nostra alimentazione, contengono OGM, zuccheri raffinati, dolcificanti artificiali e altri additivi che provocano dipendenza, fertilizzanti, pesticidi, ormoni e simili. Purtroppo non tutti possono vivere con i prodotti della terra per sottrarsi agli effetti dannosi di un sistema centralizzato. Per riuscire a portare cibo di buona qualità e in quantità sufficiente agli abitanti delle aree urbane in continua espansione, abbiamo bisogno di nuove tecnologie.

In questo capitolo parleremo di iSweetch!, che sta testando un dolcificante proteico, che rappresenterà un’alternativa sana ai dolcificanti tradizionali, di Mamma M’Ama, che vuole produrre su larga scala alimenti per l’infanzia buoni come le pappe fatte in casa, e di SafecerealS, che ha sviluppato un processo per bloccare la risposta tossica attivata dal glutine e produrre cibi a base di frumento di migliore qualità per chi ha intolleranze, allergie e disturbi correlati al glutine.

Poche persone riescono a mantenere una dieta sana se gli alimenti che consumano non hanno anche un buon sapore. Le tre startup che ho appena citato si stanno impegnando proprio per produrre cibi sani che soddisfino anche il palato.

La responsabilità personale e il potere del consumatore informato

Passare a una dieta sana non è semplice come decidere di iniziare a fare scelte più consapevoli: ci sono infatti vari fattori che remano contro. Il consumatore attento alla salute non deve solo combattere contro la praticità e la pubblicità incessante degli alimenti di produzione industriale, ma deve anche superare la dipendenza e la reazione neurologica innescata dagli zuccheri raffinati e dagli additivi artificiali, oltre a impegnarsi per capire cosa fa bene e cosa fa male, a prescindere dal calcolo delle calorie.

Perché è tutto così difficile? Principalmente perché gli stakeholder del settore, che hanno investito massicciamente nel nostro sistema alimentare centralizzato, basato sul consumo di massa, hanno anche un’enorme influenza sul piano politico.

Negli Stati Uniti il potere della lobby dello zucchero nel contrastare la diffusione di informazioni corrette riguardo all’impatto sulla salute del consumo eccessivo di zuccheri è paragonabile a quello dell’industria del tabacco negli anni passati. Informare i consumatori è un must, ma possiamo davvero fidarci di ciò che ci dicono i politici, influenzati dalle lobby industriali?

Le campagne antiobesità, ad esempio, sono incentrate

principalmente sull’attività fisica, indicata come il modo

migliore per perdere peso, mentre i tentativi di introdurre

norme per ridurre le porzioni e i quantitativi di zuccheri

raffinati e mettere maggiormente in evidenza i dati

sull’apporto calorico vengono sempre ostacolati.

Tuttavia, esperti come Paulette Lambert, direttore del Dipartimento di Nutrizione del California Health and Longevity Institute di Westlake Village in California, sanno da tempo che “l’esercizio fisico contribuisce solo per un 20% alla perdita di peso. Tutto il resto lo fa l’alimentazione.” 10

La soluzione, secondo Sergio Barbonetti, deve essere determinata dalla domanda. “L’industria reagisce e cambia solo in risposta ai cambiamenti del mercato”, chiarisce. “Noi consumatori dobbiamo smettere di seguire modelli di consumo non sostenibili, che rappresentano una minaccia per la salute umana e per l’ambiente. Il modello basato sui cibi economici e ’fast’ non può e non deve continuare a esistere. Dobbiamo riscoprire e apprezzare la qualità, la genuinità e la tipicità dei prodotti. Dobbiamo inoltre educare le giovani generazioni per gettare il seme di questa consapevolezza.”

Secondo Alberto Acito, il fatto che il consumatore senta l’esigenza di avere più informazioni di qualità sugli alimenti che consuma è un buon punto di partenza, poiché ciò determinerà una maggiore trasparenza nell’etichettatura e maggiori contatti diretti

Della perdita di peso è dato dall’esercizio fisico, il resto lo fa l’alimentazione

20%

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con i produttori alimentari. “Qui entra in gioco la tecnologia”, aggiunge, “che aiuterà i consumatori a prendere decisioni di acquisto più consapevoli. Sono convinto che i Millennial, grazie agli strumenti digitali e alla nuova cultura di condivisione delle informazioni, saranno in prima linea da questo punto di vista, determinando l’affermazione di nuovi comportamenti più sostenibili da parte della società.”

Riccardo Preve, direttore generale di Riso Gallo, impresa familiare che da oltre un secolo e mezzo è tra i leader della produzione risicola italiana, sostiene che i consumatori sono sempre stati i promotori dell’introduzione di nuove tecnologie nel suo settore.

“Nella nostra azienda le innovazioni di successo sono frutto

di un costante impegno a soddisfare al meglio le esigenze

del consumatore. Oggi i consumatori non solo chiedono

maggiori informazioni su tutti gli ingredienti degli alimenti,

ma vogliono anche essere certi che tutti i processi

di produzione, dalla coltivazione al confezionamento, siano

più sani possibile. Ciò significa adottare pratiche agricole

che comportino la diminuzione o l’eliminazione totale

dei pesticidi e utilizzare imballaggi sterilizzati senza prodotti

chimici e conservanti. Per soddisfare queste esigenze

dei consumatori è necessario adottare nuove tecnologie.”

cucinaMancina, una startup che si rivolge all’ampio bacino di consumatori con problemi ed esigenze particolari a livello alimentare, è uno dei social network che si stanno impegnando per informare e responsabilizzare i consumatori. L’obiettivo è aiutare le persone a migliorare il modo di fare la spesa, cucinare per amici e familiari, scegliere ristoranti e punti vendita, oltre a consumare cibi che facciano bene ai singoli e all’intero pianeta.

Un nuovo rapporto con il ciboNegli ultimi cinquant’anni ci siamo progressivamente allontanati dai processi di produzione degli alimenti che consumiamo. Ciò ha portato chiari vantaggi a livello di quantità, accessibilità e costo del cibo, ma i consumatori si stanno rendendo sempre più conto che il prezzo da pagare sul piano della salute e dell’ambiente è troppo alto. Grazie alla tecnologia consumatori e piccoli produttori possono tornare a essere protagonisti, creando una rete di collegamenti e di condivisione delle informazioni che aiuterà le persone a fare scelte migliori, più gustose e salutari. Spiega Preve: “L’aumento della popolazione mondiale non mi fa paura. L’umanità ha affrontato tanti problemi in passato, riuscendo sempre a trovare delle soluzioni. La tecnologia ci aiuterà a soddisfare le nuove esigenze.”

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MANCINACUCINA

I destri non si rendono conto che molte cose sono normali e naturali solo perché sono state progettate pensando alla loro mano dominante. I mancini non hanno questo lusso e la vita quotidiana glielo ricorda continuamente, anche nell’uso di strumenti semplici e nello svolgimento di operazioni banali.

Nel campo dell’alimentazione il discorso è analogo. Le persone “normali” hanno poche limitazioni: possono mangiare ciò che vogliono e come vogliono, fanno la spesa in negozi di alimentari generici, frequentano vari tipi di ristoranti, non hanno problemi a mangiare a casa di amici e possono acquistare uno snack senza pensarci due volte.

Ma ci sono anche persone che non possono permettersi questo lusso. Il cibo è tutt’altro che un piacere per loro: devono cercare negozi o ristoranti speciali, esaminare attentamente le etichette, elaborare delle strategie nelle loro scelte alimentari. Talvolta rinunciano del tutto a mangiare fuori casa. Sono quelli che cucinaMancina definisce “mancini alimentari”, e rappresentano un’ampia fascia di consumatori con esigenze tuttora insoddisfatte.

Solo in Italia sono 32 milioni. Nell’Unione europea

e negli Stati Uniti sono 804 milioni. In questa categoria

rientrano i diabetici, i vegani, i vegetariani, gli allergici

e i colesterolemici, ma anche semplici curiosi interessati

a modi differenti di mangiare.

CucinaMancina è nata proprio per soddisfare queste persone.

_ Una food community nata per aiutare chi mangia differente in tutte le situazioni.

Lorenza Dadduzio cofondatrice e direttore creativo

Sono i “mancini alimentari” presenti negli USA e in Europa.

Sono i “mancini alimentari” presenti in Italia.

804 M32 M

“È DURA, PERCHÉ SIAMO POCHE E DOBBIAMO SEGUIRE TANTE COSE CONTEMPORANEAMENTE, MA È ANCHE DIVERTENTE. GLI ALTRI STARTUPPER SI SENTONO OBBLIGATI A FAR CRESCERE IL PIÙ RAPIDAMENTE POSSIBILE IL LORO BUSINESS PER PAURA DI RIMANERE INDIETRO, IL CHE È FONTE DI ANSIA. NOI INVECE VOGLIAMO CHE LA NOSTRA AZIENDA CRESCA IN MANIERA ORGANICA E SI MANTENGA SANA.”

Flavia Giordanocofondatrice e direttore

editoriale

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Alimentazione, idee e communityLorenza Dadduzio è direttore creativo e visual designer con esperienze principalmente nel campo dell’alimentazione e della narrazione legata al territorio. Lavora in Puglia dal 2005. Flavia Giordano, laurea in discipline umanistiche e MBA, ha lavorato per l’UE coordinando progetti in vari campi, come cultura, alimentazione, turismo e innovazione. Le due fondatrici si sono conosciute a un corso per startup.

Durante una cena con alcuni nuovi amici scoprirono che uno di loro era celiaco, un altro era intollerante al lattosio e un terzo era vegetariano. Riflettendo su quella sfida, Dadduzio e Giordano si resero conto che non esisteva un’app o un sito web dedicato a tutte le categorie di persone con problemi alimentari diversi, ma accomunate da una stessa esigenza: mangiare in modo sano, creativo e sicuro. Queste persone avevano tutte bisogno di aiuto per trovare punti vendita dove acquistare gli ingredienti, locali dove mangiare e persone con cui condividere problemi e soluzioni.

Così nacque l’idea di creare una community, totalmente nuova e aperta, dedicata ai “mancini alimentari”, che nella definizione delle fondatrici sono consumatori selettivi e consapevoli che “mangiano diversamente” per scelta o perché sono vegani, vegetariani, allergici, intolleranti o hanno problemi legati a patologie particolari, quali diabete, ipertensione o colesterolo alto. Tutte queste persone hanno bisogno di aiuto per esigenze basilari come trovare ricette o informazioni, eventi, posti in cui fare la spesa, locali dove mangiare e prodotti da acquistare. Allo stesso tempo hanno anche bisogno di un luogo in cui sentirsi a casa, di una comunità di persone simili, che capiscono l’esistenza di esigenze alimentari differenti e hanno un atteggiamento aperto nei confronti di opzioni, limiti e opportunità.

Dadduzio e Giordano hanno quindi cominciato a creare questa community, avvalendosi dell’aiuto di mancini alimentari incontrati nel loro percorso, di persone che pensano diversamente e che hanno condiviso con loro opinioni e punti di vista.

Gli iniziForti di dieci anni di esperienza in comunicazione e project management nel settore alimentare, Dadduzio e Giordano utilizzarono la loro rete di contatti professionali per avviare l’attività. Decisero anche di mantenere i loro lavori precedenti per autofinanziarsi e che tutti i fondi sarebbero stati investiti nello sviluppo di una piattaforma. Il business doveva basarsi su un team “snello”. All’inizio è stata dura, poiché erano in poche a gestire moltissime cose contemporaneamente, ma è stato anche divertente.

Le fondatrici si sono spesso scontrate con consulenti e investitori che, di volta in volta, chiedevano loro di sviluppare un modello di business più contenuto, o di concentrarsi sulla vendita di un prodotto, oppure si opponevano al “modello editoriale”, giudicato scorretto e non scalabile. Il team invece era convinto che una visione più ampia e diversificata fosse non solo possibile, ma anche migliore. Inoltre, le fondatrici avevano la sensazione che molte startup fallissero poiché si sentivano obbligate a crescere il più rapidamente possibile, oppure perché assorbivano troppi capitali per poter crescere in maniera organica e raggiungere una propria autonomia. Questo approccio era in contrasto con i principi dominanti nel mondo delle startup, ma diede loro la forza e lo stimolo per crescere nei modi che ritenevano più idonei.

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In soli due anni di vita cucinaMancina ha fatto enormi progressi. Ha ottenuto un consistente finanziamento dalla Camera di Commercio di Bari, ha vinto una borsa di studio presso la Mind the Bridge Startup School di San Francisco ed è stata premiata come una delle 100 migliori startup italiane e una delle cinque migliori del settore alimentare nel 2014. Vanity Fair ha citato il portale cucinaMancina tra i dieci migliori siti web internazionali dedicati all’alimentazione e l’app della food community è entrata nella classifica delle otto migliori app del settore Food 2.0 stilata da StartupItalia. L’autore Alessandro Rimassa ha inoltre dedicato a cucinaMancina uno degli 85 articoli selezionati per il suo libro “La repubblica degli innovatori”.

Grazie ai programmi Innovation di Intesa Sanpaolo le fondatrici di cucinaMancina non solo hanno ricevuto consigli per realizzare un modello di business in linea con le loro aspirazioni e si sono sentite spronate a sviluppare la loro visione, ma hanno anche avuto la possibilità di incontrare e collaborare con altri fondatori di startup con idee simili, dedicandosi allo sviluppo congiunto di nuovi progetti.

Speranze e aspirazionicucinaMancina ha già pubblicato due libri: “Eat different” e “La Puglia che mangia differente” e ne ha altri due in cantiere. Ha curato, inoltre, la sezione italiana della rivista “BBC Vegetarian”, che ha dedicato un intero capitolo alle ricette “mancine” proposte da chef e blogger della community.

cucinaMancina ha avviato importanti collaborazioni con organizzazioni di primaria importanza, come Action Aid, Design for All Italia e Federfarm Genova, con le quali intende sviluppare progetti mirati a promuovere la consapevolezza alimentare, l’inclusione sociale e le culture alimentari locali, oltre a contribuire ad azzerare lo spreco di prodotti alimentari. cucinaMancina ha anche sviluppato molti workshop educativi per bambini e genitori e ha realizzato brochure che propongono attività interattive a tema per la famiglia.

Nell’esaltare la diversità delle esigenze alimentari globali, cucinaMancina si propone di aiutare le persone a migliorare il modo di fare la spesa, cucinare per amici e familiari, scegliere ristoranti e punti vendita, oltre a favorire il consumo di cibi che facciano bene ai singoli e all’intero pianeta. Nei prossimi mesi il team intende sviluppare un nuovo segmento della piattaforma web, che ospiterà ricette e articoli dedicati a prodotti selezionati di aziende alimentari “mancine”. cucinaMancina testerà tali prodotti nelle sue ricette ed esplorerà il settore delle aziende alimentari, preparando nel contempo nuove ricette con ingredienti commercializzati attraverso la piattaforma cucinaMancina.

cucinaMancina aspira a creare un mondo che garantisca inclusione alimentare e disponibilità degli alimenti necessari a chi mangia diversamente o segue diete speciali. Vuole offrire molto di più di un prodotto, di una piattaforma o di un servizio: vuole promuovere l’informazione e la formazione autonoma, in linea con il concetto di “cibo per tutti”.

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M’AMAMAMMA

Dare al proprio bimbo cibi sani, nutrienti e di alta qualità è importantissimo per una mamma. Mamma M’Ama, una startup che produce alimenti per l’infanzia, è nata proprio per soddisfare questa esigenza.

L’idea è venuta a Erica Dellabianca, co-fondatrice e CEO, quando stava svezzando suo figlio. Cercando al supermercato pappe pronte, fresche e sane, era rimasta molto delusa: non riusciva a trovare niente di adatto, solo pappe industriali con durata di conservazione di tre anni. Per di più, sapeva che era lo stesso problema che aveva dovuto affrontare sua madre trentaquattro anni prima, quando lei era piccola.

Erica allora espose le sue frustrazioni alle sue due migliori amiche, neo-mamme anche loro, e insieme decisero che, se gli alimenti che volevano per i loro bambini non erano disponibili sul mercato, se li sarebbero prodotti da sole. Perché, per dirla con le loro parole, “le mamme e i bambini italiani se lo meritano!”

Il mix di persone giusteErica veniva già da un’esperienza imprenditoriale, avendo lavorato per dieci anni come operations manager di una startup del settore digitale, ma il mercato degli alimenti per l’infanzia le era completamente nuovo. Le sue compagne di avventura non avevano esperienze commerciali né di produzione alimentare, ma offrivano altre competenze utili. Sonia Matteoni lavorava come chef, mentre Sonia Litrico era un’attrice e autrice di programmi televisivi per bambini e conosceva quindi molto bene il mercato. Le tre mamme passarono i due mesi successivi a studiare il

_ Pappe per neonati pronte all’uso, fresche e bilanciate “come mamma le ha fatte”

Erica Dellabianca mamma e CEO

“COME MAMME ERAVAMO FRUSTRATE POICHÉ NON RIUSCIVAMO A TROVARE GLI ALIMENTI GIUSTI PER FAR CRESCERE SANI I NOSTRI FIGLI, COSÌ CI SIAMO DETTE: ’FACCIAMOCELI DA SOLE! LE MAMME E I BIMBI ITALIANI SE LO MERITANO!’”

Erica Dellabianca

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mercato degli alimenti per l’infanzia e ad elaborare il modello di business di una potenziale startup in quel settore. Contemporaneamente, iniziarono a identificare il tipo di persone che avrebbero dovuto coinvolgere per garantire il successo del progetto.

Essendo tre mamme lavoratrici, il lancio di una startup senza entrate presentava notevoli problematiche. Eppure tutti i giorni incontravano persone che dimostravano di credere nella loro idea e che volevano partecipare e aiutarle a risolvere i loro problemi. Altri, invece, dicevano loro che erano destinate a fallire, poiché stavano cercando di creare un prodotto che non esisteva sul mercato e fare qualcosa che nessun produttore di alimenti per l’infanzia aveva tentato fino a quel momento.

Le tre fondatrici, però, convinte della bontà e dell’importanza della loro idea, tennero duro. Diciotto mesi dopo Sonia, Erica e Sonia unirono le forze, fondando Mamma M’Ama, splendido gioco di parole che evoca il grido di un bambino affamato e al tempo stesso l’amore della mamma. Così nacque la prima linea di prodotti.

Che buona la pappa!L’idea di Sonia, Erica e Sonia era quella di creare una linea completa di pappe biologiche pronte all’uso, prodotte con ingredienti provenienti dalle migliori coltivazioni biologiche.

Prima di Mamma M’Ama, la mamme attente all’alimentazione avevano essenzialmente due alternative: acquistare gli omogeneizzati biologici economici disponibili sul mercato, che però avevano uno scarso valore nutrizionale e dovevano essere comunque integrati con altri alimenti preparati in casa, oppure cucinare tutti i giorni da sole le pappe con ingredienti di alta qualità, una soluzione che richiede tempo, senza contare il fatto che in questo caso le pappe andrebbero consumate in giornata.

Per produrre pappe nutrienti e di alta qualità con frutta e verdura biologica, come se fossero fatte in casa, era dunque necessario sviluppare un processo di produzione e confezionamento efficace. Gli alimenti devono essere preparati con cura a partire da

ingredienti biologici non lavorati, ma anche confezionati in modo da avere una durata di conservazione sufficiente per la distribuzione e la commercializzazione.

Oltre a questi aspetti, il team deve affrontare le sfide legate al branding e all’educazione del mercato. Le attività di promozione del marchio Mamma M’Ama rientrano in un piano di marketing ambizioso, che mira a raggiungere una platea molto più vasta della media per questo settore del mercato. Per avere prodotti freschi di qualità più alta, i consumatori devono accettare di pagare un prezzo più alto, come risulta evidente dallo scontrino o facendo un confronto prezzo/quantità con i brand di fascia più bassa. Tuttavia, trattandosi in questo caso di un pasto completo, che non deve essere integrato con altri alimenti, il costo totale del ciclo di vita del prodotto per il consumatore risulta inferiore. Si deve, quindi, elaborare un messaggio mirato ai consumatori attenti ai costi, che acquistano prodotti a basso prezzo e sono disposti ad accettare una qualità più bassa, ma in realtà devono poi acquistare prodotti integrativi per soddisfare tutte le esigenze di alimentazione del bambino, e quindi alla fine spendono di più.

Alla ricerca di consensiErica e il suo team hanno partecipato all’Intesa Sanpaolo Startup Initiative grazie all’interessamento di un dirigente di Atlante Ventures, fondo di investimento di venture capital/seed capital del gruppo Intesa Sanpaolo. Hanno così preso parte al Bootcamp for Entrepreneurs, durante il quale hanno svolto varie attività per strutturare, gestire e posizionare il progetto in modo da renderlo appetibile agli occhi di possibili investitori in cerca di ritorno finanziario. L’incontro con l’investitore principale di Mamma M’Ama, il gruppo italiano Voltan Way, specializzato nella produzione di pasta fresca, è avvenuto in occasione di uno dei nostri Investor Arena Meeting.

Con l’aiuto di questo partner le fondatrici di Mamma M’Ama sono riuscite a superare molti ostacoli: hanno trovato la catena di approvvigionamento giusta per le materie prime, un laboratorio professionale ad atmosfera controllata per la loro produzione,

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e hanno scoperto una tecnologia di confezionamento basata sull’iniezione di azoto, in grado di garantire la conservazione degli alimenti per l’infanzia fino a 50 giorni. È nato così il packaging delle pappe Mamma M’Ama, che sprigiona allegria e genuinità, comunicando l’amore con cui viene preparato il prodotto.

Pioniere in un mercato completamente nuovo, Mamma M’Ama prevede di centrare l’obiettivo della redditività in tempi molto rapidi. Nel primo anno la startup ha in programma di penetrare il mercato affidandosi a un importante partner della grande distribuzione. Nel secondo anno, sfruttando il successo ottenuto, si prevede di aggiungere una piattaforma di e-commerce per poi approdare sui mercati internazionali nel terzo. Le fondatrici sono aperte a un’acquisizione da parte di una grossa azienda alimentare, a patto che questa condivida la loro visione di produrre alimenti per l’infanzia completi, sani e naturali.

Potenzialità e impattoSonia, Erica e Sonia credono molto in ciò che fanno e hanno dimostrato una grande energia di fronte agli ostacoli e alle barriere che tutte le startup inevitabilmente incontrano sul loro cammino. Sanno rapportarsi con investitori e partner, comunicando il loro messaggio con convinzione e sentimento e supportandolo con un solido piano di marketing.

Quello delle pappe biologiche prodotte in modo tradizionale e pronte all’uso è un mercato completamente nuovo e quindi un terreno fertile per una nuova azienda, e Mamma M’Ama è pronta a sfruttare questa opportunità. Contemporaneamente, però, c’è sempre il rischio che un grosso produttore o un’azienda della grande distribuzione copi l’idea e segua a ruota. Erica tuttavia è convinta che l’approccio personale di Mamma M’Ama, con i suoi prodotti preparati dalle mamme e come fatti in casa non possa essere davvero imitato da un produttore industriale. Sono queste certezze e questo entusiasmo a fare di Mamma M’Ama un’iniziativa convincente.

Erica e le altre cofondatrici sono convinte di poter fare

un’enorme differenza nella vita delle persone. Il cibo è la

base della vita umana e gli alimenti necessari per la crescita

e lo sviluppo sano dei neonati sono i più importanti di tutti.

È questo pensiero, di operare non solo per il bene dei loro figli ma di tutti i bimbi, che giustifica gli sforzi delle tre giovani mamme e dà un senso alla loro innovazione.

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SAFECEREALS

Negli Stati Uniti e in Europa ci sono dieci milioni di persone con una qualche forma di intolleranza al glutine diagnosticata, in un ampio spettro compreso tra l’intolleranza al glutine non celiaca e la celiachia vera e propria. Ci sono poi milioni di persone che evitano il glutine poiché, eliminandolo dalla dieta, si sentono meglio, o perché il glutine accentua i problemi connessi a patologie come l’autismo, il disturbo da deficit d’attenzione e iperattività (DDAI) o la dermatite erpetiforme.

Purtroppo, però, evitare completamente il glutine e mantenere una dieta rigorosamente gluten free, a base di cereali naturali non tossici, non è semplice né piacevole. Il glutine non può essere eliminato dalla pasta e dal pane preparati in modo tradizionale, in quanto serve a mantenerne la struttura e l’“elasticità” dopo la cottura. Spesso si possono trovare tracce di glutine anche in cibi insospettabili. Per i celiaci l’ingestione di glutine può avere gravi conseguenze per la salute, poiché in fase di assorbimento esso irrita la superficie dell’intestino tenue. Le persone affette da questa patologia cercano pertanto delle alternative per condurre una vita normale. Tuttavia, la maggior parte dei prodotti senza glutine attualmente disponibili sul mercato sono a base di riso o mais, preparati con l’aggiunta di sostituti del glutine, che servono a conferire struttura ed elasticità, ma non hanno nulla a che vedere con il sapore e la consistenza degli alimenti originali a base di frumento.

Coloro che soffrono di patologie o problemi correlati al glutine sono pertanto condannati a privarsi di uno degli ingredienti fondamentali dell’alimentazione umana, sin dalla nascita dell’agricoltura decine di migliaia di anni fa, oppure devono adattarsi ad alternative praticamente prive di gusto. Queste persone sono costantemente preoccupate o in difficoltà e

_ Detossificazione del glutine per prodotti da forno gluten-free

Dr. Mauro Rossi CTO

“LA CELIACHIA È UNA MALATTIA SERIA, DIFFUSA IN TUTTO IL MONDO. PER SODDISFARE LE ESIGENZE DEI CELIACI, CHE ASPIRANO A CONDURRE UNA VITA NORMALE, È NATO IL MERCATO DEI PRODOTTI GLUTEN-FREE, IN CRESCITA ESPONENZIALE. QUESTI PAZIENTI VOGLIONO RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA LORO INTOLLERANZA, MA VORREBBERO ANCHE CIBI CHE SAPPIANO DI CIBO VERO.”

Mauro Rossi

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per evitare di stare male, devono prestare estrema attenzione agli alimenti che acquistano e a ciò che consumano nei locali o a casa di amici.

SafecerealS, una startup del settore dell’alimentazione, si propone proprio di risolvere questo problema.

Tutto parte dalla scienzaIl dottor Mauro Rossi è primo ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) dal 1998 e responsabile dell’Unità di Immunobiologia dell’ISA-CNR. Nei suoi studi recenti si è concentrato sui probiotici e sui meccanismi che regolano l’immunotolleranza verso gli antigeni alimentari. Presta inoltre servizi di consulenza per importanti aziende alimentari, nazionali ed estere, ed è membro di Nuthreff (Nutraceutical Health Enhancing Functional Food), un network promosso dal CNR. In altre parole, Rossi è uno scienziato che conosce bene la sua materia e ha ottime conoscenze e relazioni nel campo della ricerca alimentare e dell’industria.

Dal 2006 Rossi lavora a un’idea nuova e potenzialmente rivoluzionaria, ossia quella di sfruttare l’enzima transglutaminasi estratto dalle cavie per detossificare il glutine. I risultati delle sue ricerche sono stati presentati in varie pubblicazioni peer-reviewed, come “Gastroenterology”, il “Journal of Leukocyte Biology”, “Molecular Nutrition and Food Research” e l’“American Journal of Physiology-Gastrointestinal and Liver Physiology”. Nel 2011 il lavoro del dottor Rossi è stato premiato dal DAA-CNR come progetto d’eccellenza e lo stesso anno SafecerealS si è aggiudicato la Italian Start Cup.

L’innovativo processo enzimatico messo a punto da Rossi blocca la risposta tossica attivata dal glutine del frumento attraverso la formazione di legami con amminoacidi modificati - elementi costitutivi delle proteine e quindi inoffensivi - nelle regioni della molecola del glutine che determinano l’attivazione dei linfociti.

COLORO CHE SOFFRONO DI PATOLOGIE O PROBLEMI

CORRELATI AL GLUTINE SONO PERTANTO CONDANNATI A PRIVARSI DI UNO DEGLI

INGREDIENTI FONDAMENTALI DELL’ALIMENTAZIONE UMANA

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Dalla scienza al businessRossi ha quindi deciso di mettere a frutto i risultati delle sue ricerche fondando un’azienda che utilizzi questa tecnologia per produrre farina di frumento e semola detossificate. Si è appoggiato ai programmi di innovazione Intesa Sanpaolo poiché aveva bisogno di supporto per convertire la sua tecnologia in un’impresa commerciale sostenibile. Grazie a questo programma ha inoltre potuto stabilire nuovi contatti per ottenere assistenza e potenziali finanziamenti, oltre a stringere partnership con importanti brand italiani per lo sviluppo di nuovi prodotti senza glutine.

Uno degli ostacoli che SafecerealS deve superare è legato ai costi di produzione dell’enzima in quantità commerciali. Il passaggio dal laboratorio alla produzione su scala industriale è un grande cambiamento, che presenta molte incognite e richiede prove empiriche e partnership industriali per avere successo. Tuttavia, il mercato dei prodotti da forno gluten free vale circa 6 miliardi di dollari e cresce di oltre il 10% all’anno. SafecerealS potrebbe essere la prima azienda a commercializzare una tecnologia di questo tipo e per di più ha molti punti di vantaggio: l’approvazione delle autorità, la tutela brevettuale e il know-how industriale. L’obiettivo è quello di produrre e commercializzare farina detossificata, acquisendo il più rapidamente possibile una quota significativa del mercato gluten free.

Le famiglie con diete differenziate a causa dell’intolleranza al glutine sono molto numerose e le limitazioni sono tante, poiché moltissimi prodotti contengono ingredienti a rischio. SafecerealS ha quindi tutte le potenzialità per diventare un’azienda importante, contribuendo a cambiare i metodi di produzione del pane e della pasta senza glutine e dando a milioni di persone la possibilità di “spezzare il pane insieme” e godere di un alimento gustoso che per molti è scontato.

Nei suoi studi Rossi ha inoltre scoperto che questo

processo enzimatico può essere applicato direttamente

alla farina e alla crusca di frumento, anziché sul glutine

estratto, producendo lo stesso effetto di detossificazione.

Questa nuova procedura si basa sull’utilizzo di sostanze già approvate per l’industria alimentare, pertanto non vi sono ostacoli normativi né potenziali conseguenze sul piano della salute o della sicurezza. I nuovi legami introdotti nelle molecole di glutine, infatti, non raggiungono nemmeno l’intestino, ma vengono spezzati a livello renale, evitando quindi reazioni indesiderate dovute all’accumulo di sostanze nell’organismo.

Il processo inventato da Rossi sostanzialmente permette di preservare le proprietà fisiche originarie della farina e della crusca di frumento. Il processo è stato progressivamente ottimizzato, consentendo di produrre farina di frumento con un contenuto di glutine nativo inferiore a 20 ppm, che pertanto può essere commercializzata con la dicitura “senza glutine” in base ai limiti attualmente previsti dalla legge.

Ma l’aspetto ancora più straordinario è che il pane prodotto con la farina di frumento detossificata mantiene tutto il suo sapore originale, ha una crosta dal tipico colore dorato e briciole simili a quelle del pane normale. Ha insomma il gusto, la consistenza e l’aspetto del pane prodotto con farina di frumento di tipo tradizionale. Risultati analoghi possono essere conseguiti anche nella produzione di pasta secca. Per le aziende produttrici di alimenti a base di frumento, come pane, pasta, merendine, biscotti, cracker e simili, questa scoperta potrebbe rappresentare una vera rivoluzione. Le aziende che operano nel settore del gluten free, aggiungendo ingredienti alternativi alla farina, sono numerosissime, ma spesso devono fare i conti con la risposta negativa del consumatore, che non apprezza gusto e consistenza di questi succedanei. Pertanto una soluzione che permetta di realizzare prodotti buoni senza reazioni irritative a livello epatico ha un enorme potenziale e potrebbe aprire nuovi mercati.

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ISWEETCH!

Dei 7,3 miliardi di persone che popolano il pianeta, il 43% è in sovrappeso, il 13% è obeso e il 9% è diabetico. L’aumento vertiginoso dell’obesità su scala mondiale è normalmente attribuito ai quantitativi eccessivi di cibo che mangiamo e alla mancanza di esercizio fisico, anche se molti scienziati sostengono che il consumo di cibo e i livelli di attività fisica siano rimasti pressoché invariati rispetto a trent’anni fa. È stato invece dimostrato che la vera causa è da ricercare nel consumo eccessivo di zuccheri raffinati e, in particolare, di sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, presente nella maggior parte degli alimenti trasformati e delle bevande industriali. Secondo il dottor Robert Lustig, endocrinologo della University of California di San Francisco, gli zuccheri raffinati sono ben più che un problema, sono veri e propri veleni, 11 poiché il corpo umano fa fatica a identificarli e non li digerisce bene, il che determina reazioni negative come l’accumulo eccessivo di grassi. Il cervello, nel contempo, viene ingannato e pensa che il corpo abbia ancora fame, spingendoci a mangiare ancora e innescando un circolo vizioso.

iSweetch! è una startup nata proprio con l’intento di affrontare questo problema. Le sue fondatrici intendono sostituire lo zucchero e altri dolcificanti artificiali con un dolcificante proteico da loro sviluppato in laboratorio.

Un’idea apparentemente semplice, che potrebbe avere un enorme impatto sull’alimentazione, la salute e il benessere delle persone.

La ricerca incontra l’impresaLa cofondatrice Serena Leone, laurea e dottorato in chimica, è specializzata in biologia strutturale, branca della microbiologia che si occupa di macromolecole come le proteine e gli acidi

_ Addio zucchero e dolcificanti chimici: arriva il dolcificante proteico

Serena Leone cofondatrice

Della popolazione mondiale è diabetico

Della popolazione mondiale è obeso

Della popolazione mondiale è in sovrappeso

9 %13 %43 %

“UNO DEI PRINCIPALI PROBLEMI, SECONDO ME, È LA SCARSA INFORMAZIONE DEI CONSUMATORI,CHE NON SANNO COSA C’È DENTRO I PRODOTTI CHE ACQUISTANO. SE SAPESTE CHE IL CIBO CHE CONSUMATE CONTIENE VELENO, LO MANGERESTE? ”

Serena Leone, cofondatrice

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nucleici. Per dirla con le sue parole, è la disciplina che studia “come sono fatte le cose e come funzionano”. Serena ha lavorato vari anni come ricercatrice in ambito accademico all’estero prima di decidere di fare ritorno in patria, unendosi al gruppo di ricerca della professoressa Delia Picone presso l’Università di Napoli.

Delia Picone studiava le proteine dolci già da molti anni, cercando di capire come funzionano e cosa conferisce loro il gusto che hanno. L’idea di sfruttare queste proteine per scopi più pratici è venuta quasi per caso al suo piccolo team. In realtà le ricercatrici erano restìe a fare quello che molti suggerivano, ossia sfruttare quelle proteine per preparazioni speciali destinate alle persone affette da sindromi metaboliche come il diabete. Tuttavia l’interesse suscitato dal loro lavoro era tale che Picone e il suo gruppo decisero di partecipare al Tech-Hub, un’iniziativa per startup organizzata a Napoli.

Nel corso del programma le fondatrici di iSweetch! hanno ricevuto assistenza e input per trasformare la loro idea in una strategia di business, arrivando ad aggiudicarsi il premio finale. Dal Tech-Hub Picone e Leone sono passate direttamente all’Intesa StartUp Initiative. Leone dice di essersi stupita quando iSweetch! fu selezionata per i programmi Intesa Sanpaolo, poiché la startup aveva solo pochi mesi di vita. L’Innovation manager Giuseppe Capetta, tuttavia, riteneva che le basi tecnologiche e le capacità imprenditoriali del team fossero promettenti, per cui riuscì rapidamente a inserire l’azienda nel programma. L’interesse suscitato da questa giovane azienda gli ha dato ragione: iSweetch! sembra davvero avere un notevole potenziale imprenditoriale.

Ma quanto è dolce?I dolcificanti tradizionali sono prodotti artificiali di origine chimica, studiati per ridurre il consumo di zucchero, però rappresentano un compromesso da molti punti di vista. Questi composti chimici, infatti, hanno un forte retrogusto, un utilizzo limitato e in alcuni casi possono avere effetti collaterali indesiderati.

I dolcificanti proteici come iSweetch!, invece,

sono una nuova classe di molecole di origine naturale,

prive del tipico retrogusto amaro dei dolcificanti chimici

tradizionali; vengono degradate dall’organismo come

gli aminoacidi naturali, inoltre sono estremamente versatili,

per cui possono essere utilizzate in svariati prodotti.

Robert Lustig nella sua conferenza intitolata “Lo zucchero: l’amara verità” spiega che lo zucchero raffinato è completamente diverso dagli zuccheri della frutta e della verdura, che sono legati alle fibre. Lo zucchero raffinato, infatti, quando entra nell’apparato digerente umano è già privo delle complessità strutturali della fibra, eliminate durante la raffinazione, pertanto viene metabolizzato estremamente velocemente e viene accumulato sotto forma di grasso e/o induce bruschi rilasci di insulina nell’organismo. Invece, durante i processi digestivi i dolcificanti proteici vengono semplicemente degradati in aminoacidi, che possono essere sfruttati positivamente dal corpo, senza apporto calorico o aumento del livello glicemico nel sangue. iSweetch! è inoltre 3000 più dolce dello zucchero, per cui ce ne vuole molto meno per dolcificare un prodotto, con un costo potenziale nettamente inferiore. Il mercato dello zucchero e dei dolcificanti artificiali è vastissimo. Un americano medio consuma in un anno da 36 a 45 kg di zucchero e dolcificanti, assunti in svariate tipologie di alimenti e bevande, che possono contenere anche più tipi di dolcificanti diversi. Gli alimenti trasformati sono presenti ovunque nei Paesi sviluppati, ma il consumo sta aumentando a ritmi incredibili anche nei Paesi emergenti, provocando patologie simili. Il team di iSweetch! è ora al lavoro per convertire il suo composto molecolare in una forma adatta a sostituire lo zucchero in vari prodotti, come bibite, yogurt o gelati, o a dolcificare il caffè.

La ricerca del partner giustoPer tutta la durata del programma StartUp Initiative iSweetch! ha raccolto ampi consensi per le solide basi scientifiche, l’interesse suscitato dal prodotto, che punta a risolvere un problema

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globale grave e urgente come l’obesità, e le conseguenti enormi potenzialità commerciali. Serena Leone è una valente scienziata, che risponde con entusiasmo, chiarezza e onestà alle domande che le vengono poste, sia sugli aspetti scientifici che su quelli commerciali della sua impresa. Al pari delle sue colleghe, ha una vera passione per la scienza, ma sa bene che il suo gruppo deve trovare partner giusti, sia per la commercializzazione che per lo sviluppo del mercato. Serena Leone e le sue colleghe hanno pertanto continuato a testare le loro idee in maniera più rigorosa dal punto di vista commerciale, pensando a come gestire la transizione dal laboratorio all’impresa. iSweetch! è una start-up ancora molto giovane e Leone sa che si tratta di un work in progress. Ci sono ancora molte sfide da affrontare, sia sul piano commerciale che scientifico. Ad esempio, il prodotto di iSweetch! è una proteina e, come tale, si comporta in modo diverso dagli zuccheri e dai dolcificanti tradizionali in presenza di calore o quando viene introdotta in una soluzione acida: il team deve pertanto mettere a punto delle soluzioni per consentirne l’utilizzo nella preparazione di cibi cotti ad alta temperatura e con determinati tipi di alimenti. Si tratta inoltre di capire quanto tempo servirà per ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione per uso alimentare di iSweetch!, trattandosi di una molecola completamente nuova. Per quanto riguarda gli aspetti commerciali, l’azienda deve ancora determinare con precisione i costi di produzione ed elaborare una strategia di marketing per posizionare correttamente il prodotto, in modo che possa competere con le altre alternative del mercato. Tuttavia iSweetch! ha enormi potenzialità e può contare su un team solido. L’azienda sta inoltre intessendo una rete di rapporti commerciali con partner industriali di primaria importanza, che potrebbero aiutarla a tradurre iSweetch! in varie formulazioni e prodotti scientifici, sviluppi che sarebbero stati impensabili anche solo qualche mese fa.

La battaglia per offrire al consumatore un prodotto nutriente e costoso

Serena Leone ha riflettuto molto sulle caratteristiche del cibo che mangiamo e sulle motivazioni che ci spingono a fare determinate scelte, e si dice preoccupata per la scarsa informazione dei

consumatori riguardo alle caratteristiche dei prodotti che acquistano. “Quando mangiamo, cerchiamo ciò che ci piace”, spiega, “ma purtroppo ciò che è buono spesso non è sostenibile, né per la nostra salute né per quella del pianeta.” Per portare un novel food sul mercato, bisogna quindi non solo tenere conto delle difficoltà connesse al percorso regolatorio, ma anche educare l’industria e il consumatore, il che può rappresentare un problema che esula dal puro e semplice sviluppo del prodotto. Si tratta infatti di incorporare i costi di queste attività nel progetto e trovare fondi sufficienti a garantire che le iniziative di formazione producano risultati commerciali concreti. Queste attività potrebbero tradursi in un progetto di sviluppo completamente diverso, oppure si potrebbe decidere di appoggiarsi a partner industriali e/o sfruttare l’operato di enti e associazioni che lottano per un’alimentazione sana. Gli investitori vogliono essere certi che il team sia consapevole delle caratteristiche inusuali dei nuovi mercati a cui si rivolge, e che elabori piani specifici per colmare le lacune evidenziate sul piano dello sviluppo e delle risorse mentre la startup procede nel suo ciclo di vita.

Da parte sua Leone vorrebbe che l’industria alimentare diventasse più responsabile e assumesse un ruolo più attivo impegnandosi a migliorare la salute delle persone. “Le grandi aziende alimentari”, spiega “influenzano profondamente le nostre scelte di consumo.” Nelle loro preparazioni utilizzano un gruppo storico di ingredienti facili da commercializzare, con costi di produzione noti, che però non sempre fanno bene alla salute. Lo zucchero raffinato di uso comune non è un prodotto naturale, è costituito da derivati di composti naturali, ed è dimostrato che può creare problemi al nostro organismo. Le proteine sembreranno forse un’alternativa un po’ fuori dal comune, ma grazie alle biotecnologie possono essere convertite in aminoacidi utili. “Vorrei che le aziende alimentari diventassero più innovative e aperte nei confronti delle biotecnologie e della loro applicabilità in materia di salute umana e approvvigionamento alimentare: le strategie di produzione potrebbero migliorare di molto con il loro contributo.” Dai laboratori possono anche uscire prodotti buoni, sia per il palato che per la salute.

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FOOD SECURITY

SICUREZZA E TECNOLOGIA

MELIXIA .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

REVOILUTION .... . . . . . . . . . . . . . . . .

XNEXT..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

FOODSNIFFER .... . . . . . . . . . . . . . . . . .

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4ALIMENTAREDELLA SICUREZZA

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4 ___ Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza

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La sicurezza fisica è una questione rilevante e di grande attualità. Il solo 2015 ha visto gli attacchi terroristici coordinati a Parigi, centinaia di sparatorie di massa negli Stati Uniti, un’ondata di rifugiati da Siria e Africa verso l’Europa e il conflitto ancora aperto in Ucraina. In confronto, le preoccupazioni sulla sicurezza alimentare possono sembrare inezie; tuttavia, se non facciamo qualcosa per rendere sicuro l’approvvigionamento alimentare, quelle violenze potrebbero lasciar presagire calamità future ben più gravi. Nei nostri programmi su Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza, abbiamo sentito gli allarmi lanciati da molti esperti circa le sfide cruciali, troppo spesso purtroppo trascurate, che abbiamo di fronte. Nonostante la portata di tali sfide e tutto quello che è in gioco, i fondatori e i giuristi delle startup ci hanno dato buone ragioni per essere ottimisti sulla tecnologia della sicurezza alimentare per il nostro futuro.

Lo spreco alimentare Perché lo spreco alimentare è una questione di sicurezza? Perché la popolazione del pianeta sta aumentando molto rapidamente e quindi l’attuale produzione non sarà sufficiente a soddisfare il fabbisogno alimentare di tutti noi.

Per decenni la tecnologia si è concentrata sul miglioramento delle rese e sui sistemi di distribuzione in modo da aumentare la fornitura e l’accesso al cibo. Oggi la nostra attenzione è rivolta anche a fare in modo che si sprechino minori quantità di cibo.

Secondo alcune stime il 40% della produzione di frutta e verdura che arriva nei supermercati resta invenduto e finisce nella spazzatura. Inoltre molti prodotti vengono scartati ancora prima di arrivarci, perché presentano difetti o non sono in perfetto stato, anche se sono comunque nutrienti e commestibili.

IL CIBO CHE MANGIAMO È SICURO?

NEI NOSTRI PROGRAMMI SU SICUREZZA ALIMENTARE

E TECNOLOGIA DELLA SICUREZZA, ABBIAMO SENTITO GLI ALLARMI

LANCIATI DA MOLTI ESPERTI CIRCA LE SFIDE CRUCIALI,

TROPPO SPESSO PURTROPPO TRASCURATE, CHE ABBIAMO

DI FRONTE.

di Kg di cibo vanno sprecati ogni anno

Della produzione di frutta e verdura resta invenduto e finisce nella spazzatura

60 M

40%

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Una quantità significativa del cibo che compriamo

e conserviamo nei nostri frigoriferi e nelle nostre dispense

non raggiunge mai la nostra tavola per colpa dello spreco.

Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, anche gran parte di quello che ci viene servito ai pasti viene buttato via, non come compost ma in discarica, e rappresenta una delle maggiori fonti di emissione di gas a effetto serra nel settore dei rifiuti.12

Negli Stati Uniti, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura, ogni anno vanno sprecati circa 60 miliardi di kg di cibo.13 Ciò rappresenta non solo un enorme spreco, ma anche uno spreco delle risorse impiegate per produrre quegli alimenti. Ad esempio:

ogni volta che buttiamo via una mela senza mangiarla,

stiamo buttando via anche i 114 litri d’acqua che sono stati

utilizzati per produrre quella mela, oltre alle altre risorse

correlate, alla manodopera e all’energia.14

SIFOOD è un’associazione italiana di aziende del comparto agroalimentare, creata nel 2012 per sviluppare soluzioni per ridurre lo spreco di cibo nelle nostre case. I suoi top manager, Nicola Michelon e Mauro Piloni, provengono dal settore degli elettrodomestici, possono vantare un’ottima conoscenza degli elettrodomestici da cucina e dell’Internet of Things e hanno maturato una vasta esperienza come consulenti su queste problematiche.

Michelon ritiene che la riduzione dello spreco alimentare sia la chiave per riuscire a nutrire una popolazione in continuo aumento. Infatti, eliminando lo spreco di cibo e riallocando le risorse alimentari in modo appropriato, possiamo soddisfare le necessità globali del futuro agli attuali ritmi di produzione alimentare. Questo cambio di approccio non deve necessariamente rappresentare una difficoltà. Michelon osserva

che molti piatti tradizionali che mangiamo oggi sono nati dal desiderio di ridurre lo spreco di cibo. “La paella, il piatto spagnolo più celebre”, spiega Michelon, “nasce per utilizzare gli avanzi di altri piatti aggiungendoli al riso. Oggi possiamo usare e riciclare il maggior numero possibile di ingredienti disponibili.” E aggiunge, quegli elementi di tecnologia che sono stati combinati per massimizzare l’utilizzo e ridurre lo spreco alimentare durante la cottura e la conservazione prolungata dei cibi saranno essenziali per raggiungere gli obiettivi del futuro.

Mauro Piloni concorda. “L’industria agroalimentare deve essere molto attiva nel riflettere sulla sostenibilità e sulle modalità con cui nutriremo il pianeta in futuro. Tra 20 o 30 anni, se non troviamo delle soluzioni, non ci sarà abbastanza cibo per tutti. Ciò richiederà un ecosistema di stakeholder industriali operanti in sinergia - non solo nel settore alimentare, ma anche nel packaging, nei sensori, negli elettrodomestici, nella connessione di questi dispositivi e così via - in modo da disporre di tecnologie che siano non solo efficienti, ma che rappresentino anche opportunità commerciali redditizie.”

FoodSniffer, una delle startup presentate in questa sezione, è un chiaro esempio di tale approccio.

Sicurezza alimentareUno strumento come FoodSniffer può eliminare i dubbi sulla freschezza di un determinato alimento. Le etichette con la data di “scadenza” rappresentano solo il picco della freschezza del prodotto, non il suo deterioramento, eppure molti buttano via il cibo “scaduto” per il timore che qualcuno in famiglia possa star male. Negli Stati Uniti 161 miliardi di dollari di cibo vengono sprecati proprio per questo motivo.15

Tuttavia esistono valide ragioni per preoccuparsi. Secondo il Center for Disease Control, ogni anno 48 milioni di americani si ammalano a causa di patogeni alimentari, 120.000 persone vengono ricoverate in ospedale e si registrano 3000 decessi.16 Il concetto antiquato e ben poco utile di usare le date di scadenza in contrapposizione a dati oggettivi non ha molto

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senso se si pensa al potenziale offerto dall’utilizzo dei sensori e delle informazioni in tempo reale per risparmiare denaro, garantire la sicurezza e nutrire il pianeta. Per l’industria agroalimentare, il costo del richiamo degli alimenti può essere enorme. Dal 2002 il numero di richiami negli Stati Uniti è raddoppiato. I costi di contaminazione sono pari a 15,6 miliardi di dollari l’anno, e le aziende coinvolte registrano generalmente una perdita media di 10 milioni di dollari.

Poiché i produttori alimentari oggi operano attraverso

una catena di fornitura globale, i rischi di contaminanti,

etichettature errate ed errori vari sono aumentati e possono

comportare enormi danni sanitari ed economici.17

I sistemi convenzionali a raggi X che monitorano la produzione e la distribuzione alimentare non sempre riescono a individuare corpi estranei negli alimenti e non hanno alcuna possibilità di individuare contaminanti biologici. Una delle nostre startup, XNext, ha sviluppato un sistema a raggi X innovativo in grado di catturare in tempo reale la densità molecolare e l’identificazione delle sostanze per individuare corpi estranei a minore densità, contaminanti biologici e 256 spettri a diverso livello di energia. Si tratta inoltre di un sistema intelligente basato su un algoritmo di apprendimento e su un esteso archivio di contaminanti per continuare ad aumentare la sua capacità di rilevamento. Oliver Rothschild, corporate strategist e fondatore di Rothschild Corporate Advisors, ci spiega che anche il ruolo del governo nel gestire gli sprechi di cibo deve essere radicalmente modificato.

Un’agricoltura schierata politicamente e i sussidi alimentari

fanno sì che il prezzo reale di cibo e acqua resti un

mistero per il consumatore finale, il che è assolutamente

inaccettabile. Se tali costi fossero reali per il consumatore,

i comportamenti cambierebbero, si sprecherebbe meno

cibo,

i politici sarebbero incoraggiati dagli elettori a proporre nuovi strumenti diagnostici e il cibo diventerebbe una priorità centrale. La durata a scaffale sarebbe sostituita con tecnologie a indicatori in grado di confermare, in quel determinato momento e direttamente sul posto, se il prodotto è “commestibile” o “non commestibile”.”

Frode alimentare e adulterazioneLa nostra salute può anche essere danneggiata quando mangiamo ciò che non intendevamo mangiare a causa di un’etichettatura errata o di un packaging fraudolento. Ma oltre ai rischi sanitari, un altro problema correlato ai prodotti alimentari fraudolenti, contraffatti o adulterati è rappresentato dall’impatto economico. Negli Stati Uniti la frode alimentare che si origina quando i prodotti sono etichettati in modo errato o vengono adulterati rappresenta un costo per l’industria tra i 10 e i 15 miliardi di dollari l’anno. I prodotti che risultano alterati più spesso sono articoli ad uso domestico come miele, succhi e olio d’oliva. Anche il pesce rappresenta un grave problema: il 59% del tonno può infatti essere etichettato in modo errato. Eppure, solo una minima percentuale di alimenti viene sottoposta a ispezioni.18

Quando i prezzi degli alimenti salgono e la catena di fornitura globale cresce, anche le frodi alimentari e le adulterazioni aumentano, per la semplice ragione che i produttori fraudolenti possono guadagnare più di quelli di prodotti genuini. Ciò non solo danneggia i consumatori, ma anche i produttori, in particolare quelli di prodotti ad alto valore. Se il contesto economico della produzione di alimenti peggiora, questi produttori corrono maggiori rischi di uscire dal mercato, a scapito della qualità del cibo a nostra disposizione.

AGETechnology, una delle startup qui presentate, ha individuato una soluzione di produzione distribuita per il problema dell’olio d’oliva fraudolento o adulterato. La qualità dell’olio d’oliva - e i relativi benefici per la salute - può essere facilmente compromessa da versioni fraudolente, che attualmente,

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secondo le stime, equivalgono al 60% dell’olio extra vergine d’oliva venduto nei negozi di generi alimentari. Per aiutare i consumatori a evitare di acquistare olio d’oliva di qualità e origine incerte, AGETechnology ha sviluppato una pressatrice di olio d’oliva robotica con un sistema di distribuzione di olive di gran lunga superiore alle alternative proposte sul mercato, che permette al consumatore di produrre automaticamente un ottimo olio extra vergine di oliva nella propria cucina, nel luogo e al momento in cui serve.

La genialità di queste tecnologie di produzione distribuita risiede nella potenzialità di trasformare la sicurezza e la qualità del cibo, riducendo al contempo i costi e l’impatto ambientale correlati alla distribuzione e alla vendita al dettaglio.

Cambiamento climatico e malattieInfine, la sicurezza del nostro approvvigionamento alimentare è sensibile anche alle malattie e al cambiamento climatico.

Gli investitori accorti comprendono bene l’importanza di attenuare il rischio diversificando il portafoglio di asset. Analogamente l’agricoltura si è basata per tradizione sulla rotazione e sulla diversità delle colture per evitare gli impatti dei cambiamenti climatici e dell’ecosistema sulle rese. Il contesto economico dell’agricoltura moderna, tuttavia, si presta alla produzione di massa centralizzata e alla monocoltura, pratiche che rendono la nostra produzione alimentare eccezionalmente vulnerabile al cambiamento ambientale e alle malattie.

Come afferma David Orban della Network Society and Singularity University “Un’eccessiva uniformità di approcci e un esagerato affidamento solo sulla produzione in scala per raggiungere l’efficienza creano derrate alimentari vulnerabili. Non solo a causa dei parassiti, ma anche a causa degli errori di valutazione dell’uomo. Pratiche resilienti, vigili, coscienti permetteranno una revisione dell’industria agroalimentare, rendendola capace di creare profitto e al contempo di servire meglio la sostenibilità di tutti gli stakeholder a lungo termine.”

Una delle nostre startup, Melixia, si concentra in particolare sulla prevenzione della potenziale catastrofe ambientale rappresentata dalla scomparsa delle api mellifere. Le api mellifere, come molti sanno, sono gli impollinatori dell’80% della frutta e della verdura che compriamo nei supermercati. La loro scomparsa sarebbe disastrosa per tutti noi.

Analogamente, il cambiamento climatico deve essere per quanto possibile monitorato e migliorato. Quando le correnti degli oceani cambiano o le temperature aumentano, i granai dell’agricoltura diventano deserti, intere regioni si contendono l’acqua e le catene di approvvigionamento vengono interrotte. Basta ricordare la Grande Depressione negli Stati Uniti e come la zona centrale si fosse trasformata in una conca di polvere per non dimenticare l’impatto del degrado ambientale. Coloro che in passato avevano goduto di raccolti sterminati morivano di fame e si registrarono ondate migratorie verso ovest in un esodo di massa di rifugiati.

Il mondo odierno è probabilmente più vulnerabile al degrado ambientale e in un’economia globalizzata avvertiremo tutti l’impatto della devastazione, indipendentemente da dove essa abbia luogo. A tal proposito alcuni sostengono che un’estesa siccità in Siria avrebbe contribuito al conflitto in quel Paese che a sua volta è stato all’origine della crisi di rifugiati del 2015.19

Se creeremo un futuro in cui il cibo sano sarà disponibile per tutti, dovremo essere ben consapevoli della vulnerabilità di quello che mangiamo alle problematiche legate alla sicurezza, dovremo utilizzare tecnologie efficienti e coinvolgere imprese commerciali per trovare soluzioni migliori.

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MELIXA

È sbalorditivo pensare alla devastazione che si scatenerebbe se le api si estinguessero. Circa l’80% della frutta e della verdura che consumiamo viene impollinato dalle api. Con il continuo aumento della popolazione mondiale e con l’approvvigionamento alimentare globale costantemente sotto pressione, una simile perdita di produzione colturale provocherebbe una crisi inimmaginabile. L’impatto sarebbe disastroso anche in termini economici. Le api hanno impollinato frutta e verdura per un totale di 153 miliardi di dollari americani. I servizi di impollinazione e l’apicoltura nomade producono da 10 a 15 miliardi di dollari di attività economica negli Stati Uniti, e da 22 a 57 miliardi di euro a livello globale.

L’apicoltura è un’antica pratica risalente al tempo delle piramidi in Egitto. Non è cambiato molto nella tecnologia dell’apicoltura o nello stato di salute delle arnie per migliaia di anni. Poi, nel 2006, il fenomeno noto come sindrome dello spopolamento degli alveari è stato notato per la prima volta negli Stati Uniti orientali. I report iniziali di perdite di arnie sono balzati da uno standard del 17-20% all’anno al 30-90%. Tra il 2006 e il 2013 il fenomeno si è diffuso anche a ovest e in Canada ed Europa, e quasi 10 milioni di arnie sono andati perse, il doppio rispetto al tasso normale. Dopo un breve periodo di stabilizzazione, il 2014 ha visto un’altra rapida e allarmante impennata del tasso di moria, e questa volta le perdite sono state registrate in estate anziché in inverno.20

Le perdite sono state attribuite a una varietà di possibili cause: da malattie a pesticidi, dalla conversione di terreni di diversi fiori di campo a uso agricolo alla predominanza di pratiche

_ Gestione remota dello stato di salute delle arnie con sensori IoT solari

Manuel Benedetti Cofondatore & COO

Della frutta e della verdura che consumiamo viene impollinato dalle api

80%

ARNIATRADIZIONALE

ANALISI DEI DATI

LOCALIZZAZIONE

VANTAGGI

controllo produzione

risparmio di tempo e denaro

monitoraggioremoto

MELIXASYSTEM

+

+

“SE LE API SCOMPARISSERO DALLA TERRA, PER L’UOMO NON RESTEREBBERO CHE QUATTRO ANNI DI VITA.”

Albert Einstein

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monocolturali. L’unica cosa che tutti sanno con certezza è che servono maggiori conoscenze. Gli scienziati, gli apicoltori e gli entusiasti appassionati di tutto il mondo hanno studiato il problema della scomparsa delle api e stanno cercando delle risposte. Il Presidente Obama nel giugno 2014 ha anche nominato, all’interno del Dipartimento dell’Agricoltura americano, una task force di agenzie per creare una Strategia per promuovere la salute delle api e di altri impollinatori. Manuel Benedetti e i suoi partner della startup Melixa hanno sviluppato un nuovo interessante dispositivo per contribuire a individuare una soluzione.

Dalla tecnologia wireless avanzata all’alveare smartLa storia di Melixa è iniziata da un incontro fortuito, una necessità impellente e un buon tempismo.

Benedetti è un ingegnere delle telecomunicazioni con un dottorato in reti di comunicazione avanzate, sistemi elettromagnetici ed elettronici. Dopo il dottorato, istituì insieme a due colleghi, Mauro Martinelli e Luca Loriatti, un nuovo dipartimento di un’azienda di soluzioni per l’automazione degli edifici per la cura della casa e il risparmio energetico. Il loro futuro partner, Michele Sava, all’epoca sales manager per un’azienda di sistemi di scambio per telefoni digitali, presentò il team a Paolo Fontana, esperto entomologo, che parlò loro della necessità di approntare un sistema di monitoraggio rivoluzionario per le arnie.

La diversità di background tecnologici dei fondatori

ha contribuito allo sviluppo di un prototipo altamente

innovativo per il monitoraggio delle arnie basato su una

soluzione avanzata e intelligente per contare le api volanti.

L’efficacia del dispositivo è stata dimostrata in varie sessioni di test sperimentali che hanno convinto i fondatori a proporre questa soluzione agli apicoltori su base commerciale.Chiaramente la necessità di un dispositivo di questo tipo non poteva essere più urgente. Il tempismo e la tecnologia hanno incontrato l’opportunità e così è nata Melixa.

Come funzionaPrima di Melixa il modo migliore per valutare la salute e il benessere di un’arnia era tramite procedimento manuale. Indossando un abbigliamento protettivo, l’apicoltore inietta del fumo all’interno dell’arnia in modo tale che le api nella colonia si preparino a evacuare l’alveare in uno stato di difesa ridotto - una risposta comportamentale naturale che le api adottano negli incendi boschivi. Una volta che le api si trovano in questo stato non aggressivo indotto, l’apicoltore apre l’arnia, ispeziona l’interno, controlla alcune cornici (le griglie su cui le api creeranno i favi), valuta le condizioni e rimette tutto in ordine prima che le api si risveglino. In realtà, sebbene tradizionale nell’approccio, si tratta di un metodo piuttosto invasivo e stressante per l’arnia, dispendioso in termini di tempo, geograficamente e fisicamente difficile per l’apicoltore e non fornisce una valutazione molto accurata né scientifica delle condizioni dell’arnia attiva.

Il sistema Melixa è completamente automatico, funziona

a energia solare, è un dispositivo Internet of Things.

È composto da un contatore di api, da una bilancia e da sensori ambientali, tutti alimentati da pannelli solari, batterie e connessione Internet tramite stazione radio base. Questo sistema fornisce all’apicoltore un monitoraggio off-grid, remoto e in tempo reale dell’attività effettiva delle colonie e dello stato di salute degli apiari. Le bilance pesano l’arnia per stabilire la quantità di miele prodotto, mentre i contatori monitorano la popolazione e la vitalità delle api misurando i voli in entrata e in uscita. I segnali di allarme e allerta ricevuti su app mobili possono essere impostati per fornire un preallarme di riduzione dell’attività, sciami e attacco delle arnie, oltre a furto e saccheggio, mentre i sensori ambientali monitorano temperatura, precipitazioni e vento in base a una precisa localizzazione GPS. Inoltre tutti questi dati sono salvati su cloud, accessibile da qualsiasi luogo, e forniscono un archivio storico della prestazione dell’arnia. Per i ricercatori questi dati rappresentano una miniera di informazioni. Allivello micro i dati possono tracciare il progresso della moria della colonia e attraverso l’analisi di big-data

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è probabilmente possibile sviluppare modelli al fine di prevederla in tempo per organizzare interventi di salvataggio. Al livello macro possono essere monitorate e analizzate le condizioni delle arnie di tutto il mondo per sviluppare nuovi importanti approfondimenti su quanto sta accadendo alle api del pianeta. Un database di questo tipo non è mai stato disponibile prima d’ora. I dati agricoli specifici per le arnie con relativi dati sulle condizioni ambientali e informazioni sulla relativa ubicazione potrebbero anche essere analizzati per aiutare, potenzialmente, a prevedere le condizioni di trend annuali e il relativo impatto, la raccolta dell’anno successivo di frutta, noci e verdura, e i cambiamenti dei modelli ciclici influenzati dal cambiamento climatico. Ciò potrebbe a sua volta aiutare gli agricoltori a gestire i costi, a prevedere prezzi e redditi della coltura e a gestire progetti agricoli a lungo termine e la sicurezza alimentare globale.

In altri termini Melixa è un progetto per un qualche cosa di apparentemente piccolo ma con implicazioni molto grandi.

Curva di apprendimentoIl prototipo è stato sviluppato nel 2011 e il sistema è stato reingegnerizzato alla fine del 2014 e illustrato in vari eventi dimostrativi. Nel 2015 è stato presentato un modello di monitoraggio apiario che ha permesso a Melixa di passare dal monitoraggio di un’arnia singola a più arnie, aumentando l’efficienza del sistema. Sebbene esperti in tecnologia avanzata e con vasta esperienza nel lancio di progetti tecnologici, da quando hanno intrapreso la loro avventura commerciale, Benedetti e gli altri cofondatori hanno imparato molto sulla fondazione, sul finanziamento e sul lancio di una startup.

“I programmi Intesa Sanpaolo mi hanno aiutato a crescere come professionista e come persona”, dichiara Benedetti. “Ho imparato a comunicare bene e con efficacia e a concentrarmi su messaggi chiari e semplici che riescano a catturare l’attenzione degli investitori. La stessa attenzione deve essere dedicata alla promozione del nostro prodotto con i clienti target. Nulla va dato per scontato.” Grazie alla partecipazione ai programmi, la rete e la visibilità di Benedetti sono aumentate

significativamente. Importanti meeting di follow-up con scienziati interessati e con potenziali partner hanno offerto maggiori opportunità per sviluppare, promuovere e portare avanti il progetto.

Sicurezza del pianetaLa sicurezza alimentare è una tematica nazionale e internazionale di enorme portata e non sono molte le preoccupazioni che rivestono maggiore priorità delle condizioni delle api mellifere nelle arnie. Benedetti e i suoi partner sono entusiasti del possibile impatto che possono avere per aiutare a comprendere in tempo reale quanto accade all’interno delle arnie attive, potenzialmente migliorando la produzione e aumentando la consapevolezza a livello globale. Sono anche consapevoli di far parte di un movimento più ampio.

Come afferma Benedetti, “L’industria agroalimentare deve fare un passo avanti per introdurre pratiche innovative più compatibili con l’ambiente a lungo termine. Al contempo i produttori agroalimentari dovrebbero anche prendersi cura dei consumatori e renderli più consapevoli della qualità di quello che mangiano.” Il reale cambiamento, secondo Benedetti, avverrà solo con consumatori più consapevoli che privilegiano la qualità rispetto alla quantità. Benedetti ritiene che questo profondo cambiamento di paradigma sia possibile solo grazie a dati analitici provenienti dalle moderne tecnologie dell’informazione. “I consumatori sono sempre più in grado di entrare in contatto con piccoli produttori agroalimentari di fiducia bypassando i gruppi di acquisto retail e le grandi aziende, ottenendo così frutta e verdura più sana in questo processo.” Se una semplificazione dell’apicoltura gestita a distanza permette a un maggior numero di piccoli produttori di avere un ruolo nell’impollinazione delle proprie colture e al contempo di produrre dati su condizioni valutate, allora potremmo disporre di un approccio più olistico all’aumento di produzione di cibo di qualità.

È una visione di un Internet della produzione e del consumo alimentare connesso che anche altri stanno iniziando a modellare. Benedetti e la sua azienda sono i pionieri di un movimento più ampio.

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REVOILUTION

Il mercato globale dei prodotti contraffatti supera i 450 miliardi di dollari ogni anno, più del mercato del traffico illecito di droga. I prodotti contraffatti venduti sul mercato alimentare rappresentano un problema globale a livello sanitario, di sicurezza ed economico che può minare la sicurezza dei consumatori preoccupati dell’autenticità dei prodotti alimentari finiti e degli ingredienti dei prodotti alimentari che acquistano. La reputazione e il valore del brand, oltre al contesto economico generale di produttori, distributori e retailer subiscono un impatto negativo per quanto cerchino di assicurare la qualità del loro prodotto e ottenere la fiducia dei consumatori.

L’olio d’oliva, soprattutto l’extra vergine, è particolarmente vulnerabile ai problemi di adulterazione e frode. Secondo molti ricercatori del settore medico-sanitario, l’extra vergine, di cui l’Italia è il maggiore produttore, contribuisce in modo significativo a una dieta sana; tuttavia i consumatori non sempre riescono a ottenere il prodotto che pensano di aver acquistato.

L’olio d’oliva è considerato extra vergine quando viene

prodotto dalla semplice spremitura delle olive.

La certificazione richiede livelli specifici di acidità e di perossido e un gusto deciso di oliva. Ha una durata a scaffale limitata prima della degradazione, fenomeno che avviene più velocemente se il prodotto è esposto alla luce. L’olio d’oliva di livello inferiore

_ Olio extra vergine di oliva fresco prodotto nella vostra cucina al momento dell’utilizzo.

Antonio Pagliaro CEO

Dell’ olio d’oliva italiano potrebbe essere adulterato

69%

“UNA SFIDA CHIAVE PER NOI È STATA LA SFIDUCIA NEI CONFRONTI DI QUESTA INNOVAZIONE MANIFESTATA DALL’INDUSTRIA DELL’OLIO D’OLIVA. INOLTRE, ALL’INIZIO MOLTI ERANO SCETTICI SUL FATTO CHE POTESSE ANCHE SOLO FUNZIONARE. ORA CHE SIAMO STATI PRESENTATI IN PROGRAMMI TELEVISIVI E SULLA STAMPA, I CRITICI COMINCIANO A RICREDERSI”

Antonio PagliaroCEO

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è tipicamente estratto utilizzando processi aggiuntivi che includono sostanze chimiche e additivi per regolare il sapore e il colore e per prolungare la vita a scaffale.

Secondo una recente inchiesta del New York Times, il 69% dell’olio d’oliva italiano potrebbe essere adulterato.21 Gran parte dell’olio d’oliva etichettato come italiano in realtà è stato prodotto in altri paesi come Spagna, Marocco e Tunisia. Le olive prodotte in quelle regioni vengono raccolte, caricate su camion e trasportate in frantoi industriali. L’olio prodotto nei processi di frangitura nei frantoi viene quindi trasportato con autocisterne in Italia che è di fatto il maggior importatore al mondo di olio d’oliva. Qui l’olio d’oliva può essere diluito con olio più economico o mescolato a sostanze chimiche per contraffare il colore e l’odore di un olio genuino di alta qualità. Quest’olio viene spesso imbottigliato in bottiglie con l’etichetta “extra vergine” e “importato dall’Italia” anche se può essere stato prodotto altrove e solo imbottigliato e spedito dall’Italia.

Combattere la frode è un’impresa di enorme portata e molto

onerosa per il governo italiano.

I prezzi dell’olio d’oliva stanno scendendo drasticamente a causa dell’eccesso di prodotto adulterato che danneggia i veri produttori e confonde i consumatori. I consumatori accorti sono costretti ad adottare misure straordinarie per acquistare l’olio d’oliva da grossisti di fiducia piuttosto che nei negozi di alimentari.

Per combattere questa confusione generatasi sul mercato, AGE Technologies ha sviluppato uno strumento innovativo battezzato “RevOilution, the Extra Virgin Espresso”, che permette di produrre olio d’oliva a casa o al ristorante, ovvero proprio nel punto dove verrà consumato. Questa forma di produzione distribuita, o produzione di prodotto finale al punto di utilizzo, è un altro esempio del futuro del cibo.

Spremere il problemaAntonio Pagliaro, CEO di AGE Technologies, è cresciuto nel Sud Italia, in Calabria, la seconda maggiore area produttrice di olio

d’oliva italiano con una lunga tradizione agroindustriale. Dopo la laurea in Economia aziendale ed esperienze professionali nella finanza e nel marketing strategico, Pagliaro si è interessato all’innovazione e ha iniziato a sostenere varie startup nei settori del business planning, del marketing strategico e del business modeling.

Uno dei progetti da lui analizzati è stata una soluzione di Internet of Things per tracciare l’olio extra vergine d’oliva, ma un esame più approfondito del processo di produzione e distribuzione dell’olio d’oliva gli permise di comprendere che l’approccio proposto non era realizzabile. Pagliaro capì però quanto fossero importanti la genuinità e la purezza dell’olio d’oliva per l’industria e per i consumatori, e tale consapevolezza gli diede un’idea. Perché non sviluppare un dispositivo simile al metodo di preparazione del caffè in capsule per le macchine da espresso che permetta di ottenere olio d’oliva “appena spremuto” quando e dove viene consumato?

Più Pagliaro analizzava l’idea, più questa gli sembrava interessante. Tre mesi dopo la spremitura l’olio d’oliva perde la maggior parte dell’intensità aromatica e si registra anche una brusca riduzione del contenuto fenolico. Quindi produrre olio d’oliva nel luogo in cui sarà utilizzato rappresenta uno straordinario potenziamento di qualità, garantendo al contempo l’autenticità dell’extra vergine, grazie alla conoscenza degli ingredienti e del trattamento, e una maggiore sicurezza alimentare. Inoltre i consumatori possono produrre un olio dal gusto unico, più adatto ai piatti o ai gusti personali, utilizzando o mescolando coltivazioni di diverse regioni o diverse specie di olive, oppure aggiungendo insaporitori come pepe, aglio, spezie e zenzero.

Pagliaro discusse l’idea con gli industriali e con i tecnici e iniziò a pensare che la sua idea non solo fosse fattibile, ma che potesse rappresentare anche un’importante opportunità commerciale. Iniziò così a creare un’attività per sostenere il suo progetto.

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Lanciare un’attivitàDa Milano, capitale della finanza, Pagliaro tornò in Calabria dove iniziò a formare un team di ingegneri meccatronici e agronomi per aiutarlo a costruire il dispositivo e mettere a punto il processo. Quindi integrò il nucleo del gruppo con designer, legali specializzati in brevetti, produttori ed esperti di marketing e retail. Dopo mesi di lavoro Pagliaro e il suo team dimostrarono la fattibilità del progetto e del business plan realizzando un procedimento tecnologico per trattare le olive e un metodo per conservare le olive in modo sicuro e sostenibile prima dell’imballaggio e della distribuzione globale.

AGE Technology ottenne rapidamente diversi finanziamenti e riconoscimenti. È stata una dei 35 partecipanti al Calabria Innova Talent Lab, successivamente si è candidata per i programmi Intesa Sanpaolo ed è stata accettata nella Intesa Sanpaolo Startup Initiative. Durante questo periodo il potenziale del progetto, correlato al concept di Internet of Things per gli elettrodomestici, divenne più chiaro. Sostiene Pagliaro: “Ora sono in grado di far capire alla gente in brevissimo tempo la portata più ampia del progetto totale, anche perché abbiamo le competenze per avere successo. Ho molta più fiducia e sono più concreto circa il valore di questa categoria di progetto più ampia; durante le interviste e le presentazioni in pubblico tutto questo viene capito e crea ulteriori stimoli.”

La chiarezza del modello di business espanso e della strategia di marketing gli ha fornito le idee per creare un piano solido per i passi successivi. Considerato il maggior livello in termini di costi dei suoi progetti di prima generazione, la sfida chiave è stata capire come entrare nel mercato e come individuare e connettersi agli utenti precoci di fascia alta. Il programma gli ha dato anche maggiore visibilità presso gli operatori più importanti e gli ha fatto conoscere potenziali finanziatori e partner industriali, in particolare le aziende di elettrodomestici interessate all’Internet of Things.

Nell’ambito dei programmi Intesa Sanpaolo Pagliaro è entrato in rete con investitori e società internazionali attraverso i nostri

Arena Meeting organizzati su invito. Ha vinto un concorso per il lancio di startup al 30° Convegno di Capri dei Giovani Imprenditori di Confindustria ed è stato uno dei tre vincitori del premio Lamarck, un riconoscimento per le migliori startup tra le 300 che hanno partecipato a SMAU 2015, il salone italiano della tecnologia delle informazioni.

Entrata sul mercatoAGE Technology sta al momento completando i test sulla soluzione meccanica ideata in partnership con Oil Mills, produttore con 35 anni di esperienza nel settore. Nel frattempo sta anche ultimando lo sviluppo del proprio metodo di conservazione di olive fresche in partnership con un produttore di surgelati e un centro di ricerca universitario. Pagliaro prevede che la soluzione possa essere testata ed entrare in produzione entro un anno.

Il modello commerciale B2C è simile al sistema Nespresso di NestlèR. L’obiettivo è quello di vendere un frantoio per produrre olio d’oliva che si possa sistemare sul piano della cucina e sia semplice da usare, proprio come una macchina da caffè espresso a capsule. La macchina, facile da pulire, sarà in grado di produrre 500 ml d’olio d’oliva in circa 45 secondi. AGE Technology proporrà inoltre dozzine di varietà di olive surgelate che i consumatori potranno miscelare e abbinare per personalizzare il sapore dell’olio in modo da soddisfare i gusti personali di ognuno.

AGE Technology si trova pertanto in una posizione di vantaggio rispetto ai concorrenti. L’extra vergine di qualità ha costi elevati e generalmente il prodotto non è fresco al momento dell’utilizzo; i frantoi d’olio ad uso casalingo sono poco diffusi e riescono a produrre solo quantità limitate; i kit da usare a casa sono ingombranti e dispendiosi in termini di tempo e di denaro; al contrario, RevOilution è di qualità superiore, facile da usare, garantisce un prodotto fresco e saporito e, in termini di valore, può essere considerato conveniente. Grazie all’introduzione di diverse varietà di olive, i consumatori avranno la possibilità di diventare fini intenditori delle regioni e dei sapori che arrivano sulla loro tavola.

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4 ___ Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

“Noi ci auguriamo di riuscire a cambiare il modo

di consumare l’olio extra vergine d’oliva,” afferma Pagliaro,

“facendo entrare RevOilution in ogni famiglia. Spero che

un giorno la gente dirà: ‘Ti ricordi quando usavamo olio

extra vergine d’oliva prodotto l’anno prima e chissà dove?’”

Prospettive per il futuroÈ indubbio che l’approccio di AGE Technologies all’olio d’oliva possieda un grande potenziale sui mercati di prodotti di alta qualità e a nostro avviso è un esempio di come molte nuove potenziali aziende stanno cambiando il modo in cui il cibo viene distribuito, tracciato, prodotto e consumato grazie alla tecnologia.

Come tecnologia di produzione distribuita, il sistema permette a chiunque, dovunque e in qualunque momento dell’anno, di produrre olio d’oliva di alta qualità a casa propria nel punto e al momento dell’utilizzo. Ecco dunque un altro esempio di come sia possibile ridurre i costi e l’impatto ambientale tagliando gli elementi inefficienti e non sicuri della catena di distribuzione e migliorando al contempo le condizioni economiche per i produttori di olio. I vantaggi della produzione presso il punto di consumo in termini di sicurezza e salute sono di assoluta rilevanza.

Come apparecchio Internet of Things, RevOilution ha anche il potenziale di generare dati sul consumo - quando, dove, quanto, quali varietà, quali combinazioni - che possono informare i produttori su comportamenti di consumo che prima non conoscevano e suggerire ai consumatori approfondimenti su nuovi approcci, ricette e opzioni creando così anche un effetto community. Il mercato per l’olio extra vergine di qualità è un mercato di dimensioni considerevoli, così come il potenziale per un prodotto e un servizio come quelli sviluppati da AGE Technologies.

Pagliaro è anche motivato dalla possibilità di aiutare le persone a consumare cibo di miglior qualità in tutta tranquillità. È convinto che sia necessario tornare all’idea che mangiare

bene ed essere sani richiedano qualche costo e qualche sforzo supplementare. “Nei supermercati si possono trovare prodotti adulterati a un prezzo che non copre nemmeno i costi di produzione dei beni genuini. Questa mancata trasparenza crea inevitabilmente una serie di difficoltà per i produttori onesti. Dobbiamo capire che, se spendiamo tanto per smartphone e abbigliamento, dobbiamo mettere in conto di dover spendere di più anche per mangiare bene ed essere sani. Siamo quello che mangiamo.”

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4 ___ Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

XNEXT

Viviamo in un mondo in cui i problemi di sicurezza sono un dato di fatto. Negli aeroporti e nei trafficati centri urbani ci siamo abituati a convivere con dispositivi quali telecamere e body scanner progettati per farci vivere in sicurezza. Tuttavia, quando si tratta di uno degli aspetti più essenziali della nostra vita - il cibo che mangiamo - la sicurezza non è stata al passo con la realtà di un mondo industriale fortemente globalizzato, incentrato su produzione di massa e distribuzione su lunga distanza. Quanto è sicuro il cibo che mangiamo? Sappiamo se contiene contaminanti e se questi possono rappresentare una potenziale minaccia? Negli ultimi anni ci sono stati vari esempi pericolosi, e alcuni fatali, in cui un singolo stabilimento di trasformazione di alimenti è risultato responsabile dei danni causati a un gruppo di persone che avevano consumato cibo contaminato. I sistemi di qualità nella produzione agroalimentare sono progettati per rispondere alle aspettative del consumatore in un ambiente di test sensibile ai costi.

Piccole criticità che potrebbero non essere rilevate dai

sistemi di produzione o di trasformazione alimentare

industriale possono rapidamente trasformarsi in problemi

di vaste dimensioni, con costi elevati e potenzialmente

pericolosi.

Ma, come avviene con tutti i prodotti industriali, se testare il prodotto durante il processo di produzione aggiunge complessità, spesso può riuscire a individuare i problemi prima di scoprire che interi lotti di prodotto sono contaminati.

_ Test a raggi X in linea di nuova generazione per contaminanti e sicurezza alimentare.

Bruno Garavelli CEO e fondatore

“NON SIAMO DEI PRINCIPIANTI E NON SIAMO GLI IMPRENDITORI PIÙ GIOVANI. IO E PIETRO ABBIAMO LAVORATO PER LA PRIMA VOLTA INSIEME PIÙ DI 25 ANNI FA NEL SETTORE DELLE TECNOLOGIE AEROSPAZIALI COME INGEGNERI NUCLEARI ED ELETTRONICI. PER NOI LE BARRIERE SONO SOLO DELLE BELLE SFIDE.”

Bruno GaravelliCEO e fondatore

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4 ___ Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

I metodi per valutare la sicurezza degli alimenti sono nettamente migliorati con l’arrivo di XNext, una startup che fornisce in tempo reale l’identificazione spettroscopica a diverse lunghezze d’onda a raggi X di contaminanti alimentari e corpi estranei.

La scienza della sicurezza alimentareSe pensate che la sicurezza alimentare non sia una scienza, non avete ancora conosciuto il team di XNext.Bruno Garavelli e il suo cofondatore, Pietro Pozzi, si sono incontrati da giovani quando lavoravano nel settore aerospaziale. Entrambi erano ingegneri elettronici nucleari laureati al Politecnico di Milano con specializzazione in acquisizione della conta elettronica dei fotoni. Garavelli aveva acquisito esperienza anche in ambito business, marketing e project management; Pozzi aveva maturato un’approfondita conoscenza dei raggi X avendo lavorato per 15 anni presso Gilardoni, azienda italiana leader mondiale nel design e nella produzione di attrezzature a raggi X per la sicurezza CND e per dispositivi medicali. Venticinque anni dopo, Garavelli stava lavorando su una startup tecnologica quando si imbatté in un brevetto del loro portafoglio sulla tecnologia per un nuovo tipo di raggio X. Uno dei titolari del brevetto era il suo ex collega Pietro Pozzi. Quando Garavelli parlò a Pozzi dell’innovazione, fu molto colpito dal suo potenziale di impatto sulla vita di tutti i giorni e dalle potenziali opportunità di mercato a livello di analisi dei materiali, sicurezza e, più specificatamente, sicurezza alimentare.

I raggi X convenzionali non sempre riescono a individuare corpi estranei morbidi nel cibo e non hanno alcuna possibilità di rilevare i contaminanti biologici. Il sistema di rilevazione di XNext, tuttavia, è in grado di catturare in tempo reale la densità molecolare e la natura della sostanza. Può rilevare anche la presenza di corpi estranei di densità inferiore, come i contaminanti biologici, incrociando i risultati dell’”impronta digitale spettrale unica” di ogni composto grazie a una gamma di 256 diversi livelli di energia. Inoltre è in grado di identificare con precisione i contaminanti anche in miscele complesse. Si tratta di un sistema intelligente con algoritmi di apprendimento e il team ha già preparato un ampio archivio di contaminanti.

“La nostra tecnologia reinventerà i sistemi a raggi X per

la sicurezza alimentare,” afferma Garavelli. “Il mercato del

controllo industriale e il settore dell’ispezione a raggi X sono

alla ricerca di tecnologie all’avanguardia per individuare

contaminazioni alimentari in tempo reale e per compiere

incredibili progressi verso lo zero difetti.”

Con l’identificazione in linea dei contaminanti durante il processo di produzione prima della fase finale di preparazione, si spera che problemi di minore entità potranno essere identificati e risolti prima di trasformarsi in criticità ben più gravi e onerose. XNext possiede questo tipo di impatto potenziale.

Tappe significativeCon una tecnologia così sofisticata, una tappa significativa per XNext è stata quella di sviluppare un prototipo operativo per una demo nello showlab della startup. Essere in grado di presentare l’applicazione è stato utilissimo per generare l’interesse di potenziali clienti e ottenere finanziamenti per avviamento e sovvenzioni. I programmi Intesa Sanpaolo hanno rappresentato un’altra tappa importante. Durante il programma il team ha ricevuto un’incredibile iniezione di fiducia dai riscontri positivi al loro livello di performance e dall’apprezzamento per la qualità del lavoro e i risultati già raggiunti da XNext. I contatti con potenziali partner industriali che desiderano investire nella tecnologia per il settore agroalimentare stanno continuando. Il sistema è sufficientemente adattabile per essere personalizzato secondo le varie necessità di clienti molto specifici.

Attualmente l’attenzione è concentrata sul cibo, un mercato potenziale di incredibili dimensioni; ma in pentola bollono progetti ancora più grandi. Afferma Garavelli: “I nostri sistemi riescono a identificare la composizione chimica di qualsiasi sostanza in tempo reale. Ciò può essere un aiuto non solo in termini di sicurezza alimentare ma anche nel riciclaggio dei materiali, nei controlli di sicurezza dei bagagli e nel controllo dei difetti industriali.”

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FOODSNIFFER

Le date di scadenza costituiscono un enorme problema nella moderna industria agroalimentare. Solo negli Stati Uniti 165 miliardi di dollari di cibo finiscono nella spazzatura ogni anno, una quantità sufficiente a riempire 730 stadi di football.22

Tuttavia vi è una buona ragione se la gente è spaventata dal deterioramento del cibo e non esita a buttarlo via quando ha raggiunto la data di scadenza. Sono oltre 200 le malattie che possono essere contratte mangiando. Solo negli Stati Uniti si registrano ogni anno più di 200.000 casi di malattie trasmesse dagli alimenti.

I batteri che causano queste malattie possono provocare disturbi anche prima che il cibo assuma un aspetto, un odore o un sapore sgradevoli. In altre parole, non possiamo sempre fare affidamento sul nostro naso. Né possiamo fidarci solo del tempo; il cibo proveniente dallo stesso punto di produzione, che viaggia attraverso varie catene di approvvigionamento e verso punti di distribuzione al dettaglio diversi, può essere sottoposto a condizioni molto differenti nelle diverse aree geografiche e stagioni. Alcuni alimenti rischiano di deteriorarsi prima di arrivare a destinazione, mentre altri prodotti possono rimanere pressoché inalterati anche molto dopo la data di scadenza stampata sulla confezione.

Come impedire quindi lo spreco inutile, evitando al contempo anche malattie dolorose e pericolose? FOODSniffer è un dispositivo che può dirci se il cibo è fresco, pericoloso per la salute o se è rimasto non refrigerato troppo a lungo.

_ Dispositivo IoT palmare portatile per test rapido della freschezza di carne, pollame e pesce

Vincas Snipas CFO

“SPRECARE CIBO È TERRIBILE, MA STARE MALE È DECISAMENTE PEGGIO. DOBBIAMO CAMBIARE I PRINCIPI DELLA GESTIONE DEL CIBO CONSERVATO.”

Vincas SnipasCFO

Sono le malattie che si possono contrarre mangiando

200+

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4 ___ Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza

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Avere naso per i problemiFOODsniffer è stato inventato da un ingegnere lituano, Augustas Alesiunas, al quale l’idea venne dopo un’intossicazione alimentare. Alesiunas si chiese se era possibile essere certi della qualità del cibo solo in base al suo odore.

Apprese così che alcune tossine prodotte quando la carne si deteriora non emettono alcun odore individuabile dai sensori olfattivi dell’uomo. Oltretutto, il cibo si può deteriorare rapidamente in ambienti e in condizioni diverse.

Durante la trasformazione e la macellazione la quantità iniziale di batteri presenti sulla carne può facilmente aumentare, e più il numero di batteri è elevato, più rapidamente la carne si deteriorerà. La logistica del freddo è generalmente molto ben controllata, ma la situazione non è omogenea. Una volta in negozio, anche seguendo processi di lavoro dedicati, come può il consumatore conoscere il reale livello di igiene di chi viene a contatto con gli alimenti? Altre preoccupazioni sorgono poi se la carne è stata importata congelata e successivamente scongelata. Se è stata imballata nei suoi stessi succhi si deteriorerà più rapidamente.

Quando il cibo lascia il negozio, la variabilità delle condizioni aumenta ulteriormente. La maggior parte di noi acquista il cibo nel negozio di alimentari e lo trasporta in auto. Ma la data di scadenza si riduce perché la carne è stata esposta a temperature superiori a +2-7°C. La carne si deteriora quattro volte più velocemente se conservata a temperatura ambiente e, se lasciata in un’automobile a temperature elevate, può deteriorarsi anche solo in un’ora.

Una volta a casa, il cibo non ha maggiori garanzie di sicurezza. La carne scongelata fuori dal frigo o nel microonde può aumentare la possibilità di deterioramento. Il cibo scongelato dopo essere stato congelato si decompone più velocemente, in quanto l’umidità nella carne si espande e rompe le membrane cellulari, consentendo una crescita batterica più rapida. Il deterioramento

degli alimenti può avvenire anche a seguito del semplice contatto con utensili da cucina o con altri alimenti conservati in frigorifero.

“Avendo vissuto la terribile esperienza diretta

di un’intossicazione alimentare,” spiega Alesiunas,

“ho deciso di creare uno strumento che aiutasse le famiglie

a verificare in modo rapido e semplice la freschezza

e la qualità del cibo.” È indipendente dalla data di scadenza

e si tratta di un test empirico diretto effettuato nel punto

e al momento dell’utilizzo.

Punta e annusaFOODSniffer è stato progettato per ridurre il rischio di intossicazione alimentare verificando la freschezza del cibo appena prima di prepararlo e consumarlo.

È composto da un dispositivo palmare della dimensione di un telecomando per TV con un piccolo sensore di gas all’interno. Questo sensore può rilevare la presenza di sostanze chimiche molto specifiche o composti organici volatili generalmente presenti quando gli enzimi di un taglio di carne o un altro alimento sono in fase di decomposizione. Nel dispositivo portatile è presente un chip di comunicazione che permette la trasmissione di dati attraverso internet a un server centrale, che analizza lo spettro di gas e tramite internet invia un report semplificato sullo smartphone dell’utente.

È sufficiente che l’utente punti FOODsniffer verso un prodotto alimentare, testandolo direttamente sul piatto o in un contenitore coperto. Cliccando sull’app viene effettuato un test bio-organico avanzato in grado di “annusare” gli enzimi volatili e, utilizzando l’archivio degli spettri salvato su server, decidere se l’alimento è deteriorato oltre la soglia di sicurezza. I risultati possono quindi essere letti sullo smartphone dove i dati vengono inviati direttamente tramite Bluetooth.

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4 ___ Sicurezza alimentare e tecnologia della sicurezza

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

Si ottiene così rapidamente il responso: “Sicuro” o “Non sicuro”.

Il sistema FOODSniffer può essere usato anche fuori casa. Essendo di piccole dimensioni e portatile, può essere utilizzato anche nei negozi, nei ristoranti o dai venditori ambulanti per testare la freschezza del cibo, indipendentemente dal punto di utilizzo in cui verrà consumato. Le potenzialità di questo dispositivo sono sorprendenti. Come dispositivo Internet of Things, la geolocalizzazione e i dati catturati dal server possono dirci molto su dove e quando potrebbero sorgere problemi sanitari correlati al cibo. I dati potrebbero aiutare le autorità a individuare “zone calde” di anomalia nella conformità o potenzialmente identificare e proteggere da eventuali attacchi batteriologici. Acquisire migliori dati statistici sul deterioramento e sul volume di alimenti sprecati può rappresentare un valido strumento di apprendimento che potrebbe aiutare i produttori a capire meglio in che modo i loro prodotti vengono utilizzati o buttati via e potrebbe aiutare i consumatori a gestire meglio la spesa alimentare, tenendo conto di salute e sicurezza. Essendo intrinsecamente collegato, il sistema ha il potenziale di sviluppare e favorire il rapporto tra consumatori e produttori in modo da colmare le lacune esistenti e creare nuove opportunità.

Il mercatoIl mercato per questo semplice apparecchio è enorme. Primo naso elettronico portatile al mondo, FOODSniffer non aveva nessun vero e proprio concorrente tecnologico quando fu lanciato sul mercato tramite strategie di televendita e multi-media. Con 280 milioni di potenziali acquirenti solo negli Stati Uniti e in Europa, FOODSniffer potrebbe fruttare 140 milioni di dollari di ricavi se solo l’1% di questi consumatori lo acquistasse, per non parlare del potenziale valore aggiunto che si potrebbe creare mettendo in contatto consumatori e produttori a vantaggio di entrambi.

Anche i vantaggi per la salute possono essere straordinari, ma vorrei piuttosto concentrarmi qui sulla potenziale riduzione

dello spreco di cibo. Come sa qualsiasi acquirente di prodotti alimentari, dedichiamo molto tempo a ciò che mangiamo e spendiamo molto per acquistarlo. Tuttavia, considerate le statistiche sugli sprechi domestici, quel consumatore potrebbe benissimo lasciare nel parcheggio un quarto dei sacchetti della spesa. Se mangiassimo veramente tutto quello che acquistiamo, avremmo a disposizione un quarto di cibo in più per la popolazione e risparmieremmo moltissimo, se consideriamo i costi di gestione delle discariche e le emissioni di CO2 nonché le fasi a monte nella catena di approvvigionamento, vendita, trasporto e, innanzitutto, produzione di quel cibo.

Penso anche agli hotel e ai ristoranti dove ho mangiato. Ogni conferenza a cui ho partecipato prevedeva un tavolo a buffet per colazione, pranzo, coffee-break e cena, con un’abbondanza del tutto superflua, perché molto di quel cibo non veniva consumato. E se quel cibo potesse essere testato per valutarne la commestibilità e venisse quindi utilizzato in maniera più efficiente? Il potenziale sociale offerto dalla possibilità di alleviare la fame di milioni di persone potrebbe essere influenzato da un semplice apparecchio grande quanto un telecomando. Foodsniffer è un ulteriore esempio di come un concept IoT, che permette ai consumatori di fare un passo avanti nell’assumersi la responsabilità della propria salute e del proprio portafoglio, possa esercitare un impatto sulla vita umana sia sui mercati industrializzati che su quelli in via di sviluppo e magari, chissà, anche creare ponti tra di loro.

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SOSTENIB

ILITÀ

TECNOLOGIE LA SOSTENIBILITÀ

DESOLENATOR .... . . . . . . . . . . . . . .

KITEGEN .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

RELINK .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

BLUE INDUCTIVE .... . . . . . . .

128136142148

5PER

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5 ___ Tecnologie per la sostenibilità

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Il cibo è l’energia che ci serve per vivere, ma se dobbiamo garantire la produzione di cibo per il futuro e preservare l’ambiente, dobbiamo fare qualcosa anche per ridurre o ottimizzare l’uso dell’enorme quantità di energia e risorse naturali necessarie alla produzione di quel cibo. La sostenibilità è indispensabile nel triangolo della vita formato da Cibo, Acqua ed Energia.

Anche se probabilmente tendiamo a considerare trasporto, produzione ed elettricità (auto, fabbriche e centrali elettriche a carbone) come le principali cause dei cambiamenti climatici globali, in realtà il responsabile numero uno è l’agricoltura. Abbiamo modificato e degradato l’ambiente per soddisfare il nostro fabbisogno agricolo, abbattendo foreste, trasfor mando terreni in campi coltivati e sfruttando le preziose riserve di acqua dolce. Usiamo i combustibili fossili per dissodare e fertilizzare il suolo e destiniamo una percentuale enorme della produzione agricola (la metà di tutti i cereali e il 90% dei semi di soia)23 per nutrire il bestiame che, a sua volta, consuma più energia dei prodotti vegetali e aumenta ulteriormente i livelli di CO2 con gas metano e reflui zootecnici. Come fa notare Sergio Barbonetti, “L’agricoltura causa oltre il 30-50% delle emissioni globali di gas a effetto serra. Di queste, il 56% è riconducibile all’allevamento di bestiame e il 13% al solo uso di pesticidi.”

Fortunatamente, oltre al lancio di molte tecnologie sostenibili per la produzione alimentare, stiamo registrando anche un aumento dell’interesse verso una maggiore sostenibilità e le tecnologie di risparmio energetico, in parte anche grazie all’incontro dei leader di 196 nazioni a Parigi per la Conferenza sul clima COP21 e alla sostituzione del Protocollo di Kyoto con l’”Accordo di Parigi”. Per quanti si preoccupano per le sorti dell’ambiente è stato rincuorante che 196 Paesi si siano impegnati a contenere le

COME SFRUTTARE L’ENERGIA E LE RISORSE CHE CI SERVONO?

OLTRE AL LANCIO DI MOLTE TECNOLOGIE SOSTENIBILI

PER LA PRODUZIONE ALIMENTARE, STIAMO

REGISTRANDO ANCHE UN AUMENTO DELL’INTERESSE

VERSO UNA MAGGIORE SOSTENIBILITÀ E LE

TECNOLOGIE DI RISPARMIO ENERGETICO

I Paesi che si sono impegnati a contenere le emmissioni di gas

Delle emissioni globali di gas a effetto serra è causato dall’agricoltura

3050%

196

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5 ___ Tecnologie per la sostenibilità

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Innovative Ventures in Food and Sustainability

emissioni di gas serra e ad avviare controlli autoregolamentati per ridurre l’impatto dell’uomo sui cambiamenti climatici. In particolare, è stato positivo che finalmente Stati Uniti e Cina, i due maggiori consumatori di energia e principali responsabili dell’inquinamento mondiale, abbiano ammesso le loro responsabilità passate e presenti e abbiano aderito all’impegno per favorire l’attuazione di soluzioni.

Nel suo discorso di apertura il presidente Obama ha inoltre

sottolineato che imprenditori, innovatori, investitori

e business leader hanno un ruolo fondamentale nella

ricerca di risposte più efficaci e nella loro implementazione.

L’industria privata e gli ideatori di nuove tecnologie

di risparmio energetico possono infatti contribuire

in modo più determinante dei governi all’accelerazione

e all’attuazione di soluzioni.

In questa sezione ci occuperemo dei temi principali emersi nella nostra analisi dello sfruttamento energetico, oltre che delle affascinanti tecnologie e startup che ci aiuteranno a utilizzare l’energia in modo più intelligente, mirato e sostenibile. Le nuove imprese e le loro idee innovative, inoltre, possono contribuire in modo decisivo al miglioramento della produzione del cibo che ci servirà in futuro e a un uso più efficiente dell’acqua dolce, con l’obiettivo di migliorare la salute e il benessere globale.

Il ritorno al soleLa fonte di energia primaria che consente la vita sulla Terra è il sole. L’energia solare riscalda l’aria, provoca il vento, regola il clima, fornisce energia alle piante, estrae umidità dagli oceani, la desalinizza nell’atmosfera e trasporta acqua dolce in tutto il pianeta sotto forma di pioggia.

Milioni di anni fa le forme di vita animali e vegetali che crescevano grazie all’energia solare sono morte, si sono decomposte

e si sono trasformate nei combustibili fossili di cui oggi ci serviamo. È curioso che, milioni di anni dopo la loro produzione naturale, il nostro uso innaturalmente accelerato di questi combustibili fossili stia contribuendo alla distruzione dell’ambiente e dell’ecosistema del pianeta.

Per frenare questa azione distruttiva dobbiamo tornare a usare il sole e il vento come fonti dirette di energia ed evitare gli effetti inquinanti dei combustibili fossili. Le tecnologie che consentono di accelerare questo cambiamento sono fondamentali e sono la carta vincente del futuro. Quello che dobbiamo fare adesso non è solo sfruttare, ma anche immagazzinare e usare in modo efficiente ed economicamente efficace, queste energie rinnovabili “alternative”.

L’affermazione dell’economia circolare Nell’azienda agricola di famiglia i miei genitori riutilizzavano qualunque cosa: gli scarti vegetali diventavano mangime per i polli e compost; il filo di ferro per le balle di fieno veniva usato per fissare e riparare le staccionate; tutti i pallet di legno venivano riciclati per costruire, recintare o come legna da ardere. Nulla veniva scartato direttamente. Mettevamo da parte, riutilizzavamo e davamo una nuova funzione alle cose, perché dovevamo farlo. Ripenso a quei tempi ogni volta che vedo scartare grossi imballaggi di plastica subito dopo aver aperto un piccolo bene di consumo.

Credo che sia venuto il momento di “riciclare” il pensiero

circolare e l’abitudine di dare un nuovo scopo alle cose che

c’era nella nostra azienda di famiglia, ma questa volta

su scala globale.

La nostra moderna economia industriale capitalista è basata su un modello lineare. In un processo noto come “take-make-dispose” prendiamo risorse ed energia, le usiamo per produrre i beni che ci servono e li scartiamo non appena hanno assolto alla loro micro-funzione.

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5 ___ Tecnologie per la sostenibilità

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Per definizione questo approccio è nemico della sostenibilità. Oggi il concetto di economia circolare si sta affermando come valida soluzione per contribuire a riportare l’attenzione sul miglioramento della sostenibilità.

L’economia circolare definisce un sistema in cui tutti i materiali vengono reintrodotti nella catena del valore, inclusi quelli che normalmente sarebbero scartati come rifiuti. Per esempio, oggi molte automobili vengono prodotte, usate e scartate in meno di vent’anni. In un sistema circolare l’auto non verrebbe rottamata, ma usata per produrre un nuovo veicolo. Nell’economia circolare l’uso dei materiali non si riduce a un semplice riciclaggio, ma rientra nella fase di progettazione. I prodotti non nocivi vengono reintrodotti nell’ecosistema, quelli dannosi vengono riutilizzati. Non sorprende che l’economia circolare privilegi le energie rinnovabili rispetto ai combustibili fossili.

La Fondazione Ellen MacArthur è in prima linea nella diffusione del pensiero e delle pratiche alla base dell’economia circolare. In qualità di partner globale, il gruppo Intesa Sanpaolo è il primo tra i grandi istituti finanziari europei ad aderire ai principi dell’economia circolare. Questa scelta coraggiosa è stata favorita dall’instancabile impegno di Massimiano Tellini, dirigente della Chief Innovation Area della banca, che ha riconosciuto le potenzialità di cambiamento del movimento e ha diretto l’istituto nell’adozione di questi principi. Come spiega Tellini, “la nostra leadership per l’innovazione punterà sui contributi che favoriscono la transizione dei nostri clienti e delle comunità verso un’economia rigenerativa, attraverso l’adozione di politiche di approvvigionamento circolare nell’amministrazione pubblica a livello nazionale, regionale e locale, e promuovendo città circolari in cui ci sia un collegamento tra imprese e società.”

Attraverso l’adozione dei principi dell’economia circolare possiamo anche cambiare le pratiche di produzione alimentare e sfruttamento energetico.

Energia efficiente e risorse intelligentiNelle principali economie industriali moderne le fonti di cibo, acqua ed energia sono tutte gestite a livello centrale e distribuite su grandi distanze ai singoli consumatori. Difficilmente ci capita di pensare alle imponenti

infrastrutture che ci consentono di accendere la luce con

un interruttore, consumare un pasto o aprire il rubinetto

dell’acqua, per soddisfare i nostri bisogni elementari

comodamente, a basso costo e con una gratificazione

immediata.

Purtroppo, però, i costi in termini di risorse e rifiuti sono molto elevati, perché i sistemi centralizzati di cui ci serviamo non sono abbastanza sofisticati da fornire solo ciò di cui abbiamo bisogno e nel momento in cui ne abbiamo bisogno. Tutto questo genera una grossa quantità di rifiuti e l’eventuale interruzione della catena di fornitura o dei canali di approvvigionamento (accidentale o voluta) comporta il rischio di un impatto sociale rilevante.

Se vogliamo creare un sistema più sostenibile, le nostre

fonti di energia, cibo e acqua dovranno essere più

distribuite e meno centralizzate, più intelligenti e meno

automatizzate, e collegate attraverso l’Internet of Things per

essere ottimizzate.

Per attingere a risorse energetiche primarie ci serviremo di nuove tecnologie, come KiteGen, che ci permette di ottenere una maggiore quantità di energia dal vento ad alta quota rispetto a quella prodotta dalle turbine convenzionali. Per sfruttare energie alternative e sviluppare reti intelligenti a livello locale, società come RELINK ci offrono una gestione intelligente dell’energia a 360 gradi tramite il collegamento a sistemi a batterie modulari in grado di immagazzinare, gestire e distribuire energie alternative nel punto di utilizzo. Per aiutarci ad alimentare con energia elettrica impianti,

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veicoli e robot, Blue Inductive ha ideato un sistema che consente il trasferimento di carica a distanza, in modo rapido ed efficiente. Per procurare l’energia necessaria a sterilizzare e rendere potabile l’acqua salata nel punto di utilizzo, Desolenator ha sviluppato un ingegnoso dispositivo che produce acqua potabile usando esclusivamente energia solare.

Queste sono solo alcune delle soluzioni che ci aiuteranno a trasformare la sostenibilità di alcuni elementi critici del nostro sistema energetico. Per la maggior parte della storia dell’umanità, la sostenibilità è sempre venuta dopo la crescita. In futuro la crescita sarà possibile solo attraverso la sostenibilità.

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_ Sistema portatile a energia solare per la depurazione e desalinizzazione dell’acqua nel punto di utilizzo

William Janssen CEO

DESOLENATOR

Oggi un miliardo di persone non ha accesso a fonti sicure di acqua potabile. Entro il 2025 si stima che questa cifra salirà a 3 miliardi. In condizioni normali tre giorni senz’acqua sono fatali per un essere umano. In climi più caldi della media questo tempo si riduce drasticamente.

L’importanza dell’accesso all’acqua potabile è innegabile per tutti gli aspetti della vita, della salute e del contributo sociale. Nei Paesi in via di sviluppo le persone che non hanno accesso a fonti sicure di acqua potabile camminano in media quattro ore al giorno per avere un minimo livello di igiene. Ciò compromette pesantemente la qualità di base della vita, ma un miglioramento delle condizioni avrebbe un impatto inimmaginabile. La riduzione di soli 15 minuti di questo pendolarismo quotidiano per l’accesso all’acqua potabile consentirebbe di ridurre del 40% la mortalità infantile sotto i cinque anni e aumenterebbe del 12% la frequenza scolastica tra le bambine.

Secondo Dean Kamen, inventore del Segway e del sistema

di depurazione dell’acqua Slingshot, “basterebbe rifornire

il pianeta di acqua potabile pulita per svuotare il 50% dei

letti di ospedale di tutto il mondo.”

Siccità, agricoltura, crescita della popolazione mondiale, produzione energetica e cambiamenti climatici stanno aggravando lo stress idrico e peggiorando la qualità dell’acqua con una diminuzione delle riserve idriche in tutto il mondo, che riguarda allo

“RENDERE LE FAMIGLIE INDIPENDENTI IN TERMINI DI APPROVVIGIONAMENTO DI ACQUA POTABILE NEL PUNTO DI UTILIZZO, OLTRE A GARANTIRE MAGGIORE SICUREZZA E A RIDURRE LO STRESS, È ANCHE ESSENZIALE PER LA SALUTE GLOBALE DI MILIARDI DI PERSONE.”

William JanssenCEO

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stesso modo le regioni ricche e quelle povere. In Paesi sviluppati come gli Stati Uniti si sta assistendo a un cambiamento dell’accesso all’acqua potabile per effetto delle inondazioni che contaminano le fonti, della salinizzazione delle falde acquifere, dovuta alla densità agricola, e dei cambiamenti delle caratteristiche climatiche. Le tecniche di trattamento chimico degli impianti idrici per uso pubblico e i livelli misurabili dei contaminanti residui nelle acque pubbliche hanno convinto la popolazione che dispone di un reddito medio e alto ad acquistare sistemi ad osmosi inversa e altre tecnologie per il trattamento delle acque domestiche. Negli Stati Uniti le vendite di acqua in bottiglia hanno superato i 13 miliardi di dollari nel 2014, e con un tasso di crescita dell’8% circa entro il 2016 l’acqua diventerà la bevanda confezionata numero uno.

Per depurare l’acqua del mare o le acque sotterranee contaminate, le nazioni più ricche stanno costruendo costosissimi impianti di desalinizzazione ad alta intensità energetica, che attualmente producono solo lo 0,7% dell’acqua potabile di tutto il mondo. Tuttavia, questo processo è responsabile dello 0,5% del consumo mondiale annuo di combustibili fossili.

È evidente che la produzione di acqua potabile attraverso

un metodo che aumenta l’emissione di gas serra e di fatto

comporta un aumento della scarsità d’acqua non è una

pratica sostenibile.

William Janssen, fondatore di Desolenator, una startup costituita a Londra, ritiene di aver creato una soluzione economica e scalabile: un dispositivo di desalinizzazione a energia solare che è al tempo stesso portatile, personale e distribuibile.

Viaggi all’esteroJanssen è un ingegnere meccanico, originario dei Paesi Bassi, che ha lavorato principalmente in Asia orientale, Cina e India, dove ha gestito grossi progetti di costruzione di infrastrutture, inclusi

aeroporti. Attualmente si trova ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti. Proprio negli Emirati ha concepito l’idea che è alla base della sua startup. Erano alcuni anni che armeggiava con i collettori termici solari, avendoli visti sui tetti delle case in Thailandia a metà degli anni ‘90, dove la gente li usava per avere acqua calda per la doccia. L’efficienza di quel sistema era piuttosto scarsa e Janssen era attratto dall’idea di trovare un modo per migliorarla. Non aveva pensato a un’applicazione commerciale del sistema, però, fino a quando non si trasferì negli Emirati e sperimentò il clima desertico. Qui Janssen associò l’idea dei collettori solari alla necessità globale di una maggior quantità di acqua potabile e si rese conto che si potevano usare i collettori solari non solo per scaldare l’acqua, ma anche per distillarla e renderla potabile.

La tecnologiaIl dispositivo Desolenator è grande più o meno quanto un televisore a schermo piatto e usa l’energia solare per trasformare in acqua potabile l’acqua del mare o le acque contaminate, in quantità sufficiente a rifornire un nucleo famigliare.

L’impianto cattura l’energia del sole attraverso la combinazione tra un collettore termico solare e un pannello fotovoltaico. I pannelli fotovoltaici convertono solo il 15% circa della loro energia in elettricità, disperdendo solitamente circa l’85% di quell’energia in calore. Janssen isolò il Desolenator in modo da catturare e utilizzare quel calore e creò una piccola cavità nella parte superiore, attraverso la quale l’acqua entra nel sistema. L’acqua scorre sul vetro attraverso uno strato sottile e viene riscaldata dall’85% del calore prodotto dal pannello fotovoltaico, poi entra in una seconda camera dove l’acqua calda viene portata a bollore da una bobina elettrica alimentata dal 15% dell’energia solare che è stata convertita in elettricità. Il vapore puro che si forma viene catturato dal collettore solare e restituito sotto forma di acqua distillata per uso personale. Dall’unità parte un secondo condotto di aspirazione dei reflui per far defluire i residui di acqua salata, in modo che il sale non si depositi nel sistema. Anche il calore dell’acqua salata viene restituito al sistema per migliorare l’efficienza operativa.

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Il modello attuale è sufficiente per una famiglia e produce circa 15 litri d’acqua al giorno, quanto basta per fornire 3 litri d’acqua al giorno a 5 persone per bere e cucinare. Sebbene il processo di desalinizzazione avvenga su scala ridotta, il prezzo del Desolenator è pensato per il mercato al consumo ed è più conveniente di qualunque altro prodotto attualmente presente sul mercato; pertanto in Paesi sviluppati come gli Stati Uniti e l’Europa può servire alle famiglie come dispositivo personale di emergenza, mentre nei Paesi in via di sviluppo può soddisfare le necessità primarie quotidiane durante tutto l’anno. Per esempio, il prototipo del dispositivo è stato testato con successo in un villaggio di pescatori dell’India meridionale, dove anche le acque sotterranee hanno un alto contenuto di sale.

Il 99% di tutte le sostanze contaminanti note viene eliminato dal Desolenator, che non contiene filtri né sostanze chimiche e ha una durata prevista di 20 anni con un processo di desalinizzazione continuo, che utilizza esclusivamente energia solare. Il processo di distillazione implica il rischio che alcuni prodotti chimici organici che raggiungono l’ebollizione alla stessa temperatura dell’acqua possano spostarsi insieme al vapore acqueo, senza essere separati. Tuttavia, in genere si tratta di un rischio contenuto che si presenta solo in caso di flussi di reflui industriali.

Il dispositivo implica anche un potenziale aspetto legato all’Internet of Things. Ogni unità è dotata di GPS e GSM per consentire il monitoraggio da remoto, la programmazione della manutenzione e il controllo a distanza tramite sensori che possono fornire una gran quantità di dati sull’utilizzo dell’acqua e le esigenze idriche, sulla localizzazione geografica, sulle condizioni ambientali e sulla presenza di contaminanti. Inoltre, è possibile configurare un modello di business di tipo pay-per-use, che agevolerebbe gli utenti più attenti ai costi e incentiverebbe potenziali imprenditori locali a creare chioschi per la fornitura d’acqua ai loro villaggi locali e a sviluppare canali di distribuzione per unità supplementari.

IL 99% DI TUTTE LE SOSTANZE CONTAMINANTI

NOTE VIENE ELIMINATO DAL DESOLENATOR

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Le tappeInizialmente la Desolenator si autofinanziava, e Janssen scoprì che partecipare a gare e concorsi era un ottimo modo per affermarsi e attirare l’attenzione sulla startup, ottenendo allo stesso tempo sovvenzioni o premi in denaro per crescere ulteriormente. Nel 2014 la società arrivò in finale nell’ambito del programma UE Climate-KIC, che offriva un ufficio presso un incubator, sostegno finanziario, formazione e assistenza per la successiva crescita. Ciò permise ai membri del team di lasciare il loro lavoro e concentrarsi a tempo pieno sul progetto.

Dopo aver creato un modello cosiddetto “proof of concept” per dimostrarne la fattibilità, Janssen adattò il sistema e iniziò a mostrarlo agli investitori interessati. Furono depositati brevetti per proteggere la proprietà intellettuale su cui si fonda il sistema, mentre l’azienda di Janssen continuava a ottenere premi e sovvenzioni per il suo progetto, tra cui quello della Singularity University della Bay area. In seguito fu avviata una campagna di lancio per la raccolta di altri fondi e l’acquisizione di pre-ordini del dispositivo, e per dare inizio a una fase più importante di finanziamento e distribuzione di capitali.

L’inserimento nei programmi di Intesa Sanpaolo e INcube SRL è stato un ulteriore incentivo, che ha facilitato l’ingresso mirato nella piazza europea e in quella statunitense. Secondo Janssen, “il programma è stato fondamentale per la nostra impresa. Da qui ho tratto la sicurezza che serve a un leader per suscitare l’entusiasmo degli investitori nelle fasi iniziali di un progetto ad alto rischio, finanziato con seed capital.”

Desalinizzazione distribuitaJanssen ha sempre pensato a Desolenator come a un aiuto per coloro che si trovano alla “base della piramide”, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il dispositivo è portatile, può essere usato senza collegamento alla rete elettrica e non è eccessivamente costoso: il costo finale stimato è di circa 500 dollari per unità. Poiché nei prossimi dieci anni il numero delle persone prive di accesso all’acqua crescerà di 2 miliardi, il mercato potenziale è vastissimo.

Tuttavia, il Desolenator suscita interesse anche in altri mercati. Ci sono molte persone che scelgono di vivere senza allacciamento alla rete o che apprezzerebbero la possibilità di produrre acqua potabile in determinate situazioni. I proprietari di cabinati o imbarcazioni per traversate oceaniche, i survivalisti, i cacciatori e i campeggiatori, anche le persone che vivono in aree a carenza idrica apprezzerebbero la possibilità di depurare l’acqua di cui hanno bisogno. Per esempio, le aree colpite dall’aumento delle tempeste provocato dai cambiamenti climatici vengono inondate da acqua non potabile, dove spesso è difficile portare acqua depurata. Pensando a questi mercati, Janssen ha esaminato i vari percorsi possibili, inclusa l’offerta programmi che prevedano l’acquisto di un dispositivo e, parallelamente, la donazione di un’unità a persone che vivono in Paesi in via di sviluppo e non possono permetterselo.

L’acqua potabile è fondamentale per la vita e l’acqua copre il 71% della superficie del pianeta; tuttavia, esiste la possibilità che quasi un terzo della popolazione mondiale presto non abbia accesso ad acqua potabile. Urge un cambiamento. Cambiare per modificare il nostro comportamento rispetto all’acqua,

Janssen ritiene fondamentale che noi consumatori

conosciamo il costo reale dell’acqua che usiamo ogni

giorno, sia per uso domestico sia per applicazioni agricole

e industriali. “Solo allora”, spiega Janssen, “la gente gestirà

questa risorsa in modo più consapevole e sostenibile.”

Quando si tratta di modificare il nostro comportamento, avere uno strumento che ci renda responsabili dell’acqua potabile che consumiamo contribuirà ad aumentare la nostra sensibilità verso la fonte e, di conseguenza, a cambiare.

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KITEGEN

Lo scienziato americano Ben Franklin sfruttò l’elettricità facendo volare in cielo un aquilone. Lo scienziato italiano Massimo Ippolito ha osservato i kitesurfer farsi trascinare da potenti raffiche di vento oceanico e si è detto: perché non attingere a questa energia per produrre elettricità? KiteGen, un’innovativa startup con sede in Italia, è la risposta. Naturalmente l’idea non è nata da un singolo episodio, ma da molti anni di studio in diversi campi della ricerca e della tecnologia, oltre che da una buona dose di immaginazione. In realtà, dopo lo spunto iniziale Ippolito accantonò l’idea per alcuni anni, ritenendola troppo complessa e pericolosa da realizzare.

A volte, però, occorre spingere l’immaginazione oltre i confini per concepire innovazioni davvero importanti. L’idea di catturare il vento d’alta quota con un aquilone per contribuire a risolvere i problemi energetici non avrebbe più abbandonato Ippolito, che nel 2007 lanciò la sua società e si mise all’opera per progettare vari prototipi e sistemi. Oggi KiteGen sta per avviare la produzione commerciale di massa. I suoi aquiloni cattura-energia possono raggiungere le dimensioni di un campo da calcio, sono in grado di volare a 10.000 metri di altezza e possono produrre potenzialmente la stessa quantità di energia di una centrale nucleare di medie dimensioni.

La forza del ventoL’energia eolica è una forza tangibile che chiunque di noi può sentire. È il calore del sole trasformato in energia cinetica nell’atmosfera terrestre. Si stima che l’energia eolica totale sia compresa tra 1700 e 3500 TW, ovvero circa 300 volte la quantità di energia che attualmente occorre all’umanità. La possibilità di catturare questa energia ha affascinato molte

_ Catturare l’energia costante del vento di alta quota con una tecnologia innovativa che sfrutta gli aquiloni

Marco Ciccolini Business Development Manager

“SOPRA LE NOSTRE TESTE SCORRE UN’ENORME QUANTITÀ DI ENERGIA, 24 ORE SU 24, 7 GIORNI SU 7, 365 GIORNI ALL’ANNO, UN’ENERGIA CHE OLTRETUTTO È IMMUNE DA TENSIONI DI NATURA GEOPOLITICA. DIPENDE DA NOI RAGGIUNGERLA E TOCCARLA.”

Marco CiccoliniCEO

Massimo Ippolito CEO & Fondatore

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persone per secoli. All’epoca della navigazione a vela l’energia eolica consentiva lo spostamento di grandi navi in tutto il mondo; inoltre veniva usata per azionare i mulini a vento per macinare il grano. Oggi le gigantesche turbine eoliche sono diffuse praticamente ovunque.

Tuttavia, sebbene il vento sia una risorsa naturale, inesauribile e non inquinante, sfruttarlo in modo efficace non è un’impresa facile. In prossimità della superficie terrestre la forza del vento è smorzata dai cambiamenti delle masse d’aria e da altri ostacoli fisici, come le colline e gli alberi che riducono velocità e energia. A 80 metri, grosso modo l’altezza della maggior parte delle turbine a vento, la velocità media del vento è considerata insufficiente per applicazioni industriali. Inoltre il vento è incostante, come sa chiunque si sia fermato a osservare una turbina eolica: ci sono giorni in cui è forte, altri in cui lo si percepisce appena. A bassa quota (tra 30 e 130 metri dalla superficie del suolo) l’incostanza e il variare della velocità del vento possono causare forze molto diverse sui generatori e sulle grosse pale delle turbine, che tracciano un diametro esterno di 100 metri in meno di 10 secondi.

Nel caso del vento di alta quota la situazione è diversa. Le due fasce di vento che circondano completamente la Terra raggiungono la loro potenza massima a circa 10.000 metri. Qui la densità di potenza del vento supera di quasi quattro volte quella del vento più vicino alla superficie.

Ad alta quota, inoltre, il vento è più costante, più continuo

e raggiunge velocità nettamente superiori.

Rispetto ad altre fonti di energia alternativa, sul pianeta ci sono inoltre più località che possono usufruire di questa fonte di energia in grandi quantità per 24 ore al giorno. Come in passato abbiamo scoperto che era necessario scavare più a fondo per trovare giacimenti di petrolio più ricchi, ora stiamo imparando che è possibile catturare i venti più forti che soffiano ad altitudini elevate.

STIAMO IMPARANDO CHE È POSSIBILE CATTURARE

I VENTI PIÙ FORTI CHE SOFFIANO AD ALTITUDINI

ELEVATE

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Le centrali elettriche di KiteGen possono essere di tre tipi: la turbina base indipendente, chiamata Stem, una versione offshore e la configurazione Carousel, costituita da una grande giostra a cui sono fissati vari aquiloni in un’area delimitata.

KiteGen si è impegnata anche per tutelare la sua tecnologia

e oggi è titolare di circa 40 brevetti internazionali.

I prossimi passiKiteGen è in fase di sviluppo da ormai diversi anni ma, dato che si fonda su una tecnologia molto costosa e complessa, servono molto tempo, un discreto numero di partner e parecchie risorse per trasformare il sogno in realtà.

Intesa Sanpaolo ha programmi dedicati alla green energy. Marco Ciccolini, Business Development Manager di KiteGen, ha aderito ai nostri programmi per avere accesso a un maggior numero di partner e investitori, grazie alle relazioni della banca, e per promuovere la sperimentazione di modelli di business in questo nuovo mercato, dove è stato necessario insegnare rapidamente e dalle basi l’importanza di questa nuova categoria tecnologica ai potenziali stakeholder.

La soluzione scalabile di KiteGen è sempre più vicina a diventare realtà. Ciccolini spera che la tecnologia di KiteGen consentirà alle popolazioni di tutto il mondo di ridurre le emissioni di CO2, attraverso l’uso sempre più diffuso dell’energia eolica al posto dei combustibili fossili per la produzione di elettricità. “Il nostro sogno” spiega Ciccolini, “è che la società riesca a sfruttare energie pulite, economiche e rinnovabili per apportare un miglioramento radicale alla questione ambientale e se possibile, ridurre i conflitti di natura geopolitica.”

Soluzioni innovative in grado di fornire questo tipo di energia su vasta scala sono fondamentali per il futuro dell’umanità.

Se sfruttando i venti d’alta quota possiamo produrre molta

più energia, la vera difficoltà ora è come accedere a questa

risorsa dove viviamo, sulla superficie terrestre.

Come far volare un aquiloneCome Ippolito, avrete senz’altro visto come reagisce al vento un semplice aquilone, spostandosi di qua e di là in base alle diverse folate, attaccato all’estremità di un lungo filo. Probabilmente avrete notato anche il percorso più lineare e mirato dei sistemi di kitesurfing più complessi, dove si ottiene una forza di trazione costante attraverso evoluzioni strategiche in una combinazione infinita di giganteschi otto.

Invece che una pesante turbina a vento statica, l’aquilone di KiteGen è un sistema mobile, dinamico e intelligente. Le ali dell’aquilone sono l’equivalente delle pale della turbina. Due robusti cavi polimerici molto lunghi consentono di far volare l’aquilone in modo controllato, sincronizzato e direzionale per ottimizzare la torsione generata dalla turbina o dalla dinamo sulla superficie, che si trova molto più in basso.

Le turbine eoliche tradizionali devono essere molto distanziate tra loro per ridurre al minimo la turbolenza e le inefficienze che provocano. Un parco eolico da 1000 MW, per esempio, occupa in media una superficie di 250-300 chilometri quadrati. I generatori KiteGen possono essere posizionati molto più vicini tra loro, poiché è possibile coordinare gli aquiloni in termini di altitudine e direzione ad alta quota. Di conseguenza, questi generatori possono produrre la stessa quantità di energia su una superficie di soli 5-6 km quadrati. In un anno una centrale eolica di questo tipo dovrebbe riuscire a produrre circa 500 GWh.

I costi dell’energia prodotta da un impianto KiteGen, inoltre, sono molto inferiori rispetto a quella prodotta dalle centrali elettriche che utilizzano combustibili fossili. KiteGen prevede di poter pressoché dimezzare i costi rispetto a quelli delle centrali a combustibili fossili.

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RELINK

Un secolo fa l’elettricità usata per illuminare le case o far funzionare le fabbriche veniva generata vicino all’utente; tuttavia, in seguito alla crescita della domanda di elettricità, i servizi pubblici hanno sfruttato le economie di scala generando elettricità in centrali elettriche centralizzate e distribuendola su grandi distanze con linee di trasmissione ad alta tensione. Dopo l’introduzione del sistema polifase a corrente alternata di Tesla alla World’s Fair di Chicago del 1893, le reti di questi sistemi di trasmissione sono diventati “la rete”, che fornisce l’elettricità prodotta da diverse fonti di energia (come dighe o centrali a carbone o a petrolio) a case, edifici, fabbriche e città.

Oggi l’elettricità continua a essere prodotta in enormi centrali elettriche centralizzate, ma si sta anche registrando un aumento della produzione in prossimità dell’utente, o da parte dell’utente stesso, grazie a soluzioni basate su energie alternative pulite, come pannelli solari e turbine eoliche. L’elettricità prodotta con metodi alternativi viene integrata nella rete e si aggiunge a quella tratta dalla rete. In caso di eccedenza può anche essere venduta alla rete per impieghi lontani dal sito di produzione. Poiché non ci sono vere e proprie riserve (buffer) o batterie per la rete, e produzione e utilizzo dell’energia non sempre sono perfettamente sincronizzati in tempo reale, tale energia può essere usata in modo più o meno efficiente. A questo riguardo sono state progettate reti intelligenti volte a una migliore gestione della produzione e dell’uso di energia, ottimizzare l’impiego di elettricità verde e trovare un equilibrio tra gli alti e bassi dell’offerta e della domanda.

Uno dei maggiori ostacoli per un sistema energetico ottimizzato è l’assenza di un sistema di riserva o di accumulo dell’elettricità,

_ Accumulo e gestione dell’elettricità direttamente nel punto di utilizzo

Marco Achilli CEO & cofondatore

“L’IDEA È NATA DA UNA SCOPERTA CASUALE MENTRE CERCAVAMO DI RISOLVERE UN PROBLEMA DI SICUREZZA LEGATO ALL’INTEGRAZIONE DELLE ENERGIE RINNOVABILI ALLA RETE ELETTRICA. NEL RICONOSCERE L’IMPORTANZA DI QUESTA NUOVA DIREZIONE, ABBIAMO FATTO UN PASSO INDIETRO E CI SIAMO ACCORTI CHE QUESTA VOLTA LE COSE SONO DAVVERO DIVERSE”.

Marco AchilliCEO & cofondatore

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che consenta di sincronizzare in tempo reale la quantità di energia prodotta e quella utilizzata. È un problema che innovatori visionari come Elon Musk stanno cercando di risolvere. Tesla, la società di Musk, di recente ha introdotto Powerwall, un pacco di batterie agli ioni di litio da abbinare ai pannelli solari per ottimizzare l’uso di elettricità verde nelle abitazioni. È un primo passo nel viaggio verso un mondo di generazione distribuita dell’energia, in cui l’energia verde prodotta nel punto di utilizzo soddisfi sempre più le nostre necessità energetiche in tempo reale.

RELINK, una startup del settore energetico con sede a Malta, fa un ulteriore passo avanti. La vision dei fondatori è permettere a ogni utilizzatore di energia di produrre e accumulare gran parte dell’elettricità di cui ha bisogno per uso personale, potendo nel contempo anche gestire e condividere questa risorsa. Il loro primo mercato è formato dai 30 milioni di persone di tutto il mondo che vogliono gestire meglio l’impiego e i costi dell’elettricità, e dall’1,3 miliardi di persone che al momento non hanno accesso all’elettricità o sono completamente “off grid”.

Elettricità intelligenteMarco Achilli, CEO di RELINK, ha lavorato per 13 anni nella divisione elettrica del colosso dell’energia ABB con incarichi tecnici e dirigenziali. Prima di lanciare RELINK nel 2013, ha contribuito alla fondazione di altre tre startup. Vincenzo di Gennaro, cofondatore della startup ed esperto di tecnologie pulite, è stato al suo fianco anche in queste altre imprese.

L’idea su cui si basa RELINK è nata in modo casuale. Mentre cercavano una soluzione per gestire l’energia reattiva ed evitare l’uso di relè di protezione della rete negli impianti solari, ai due soci venne in mente la possibilità di creare un alimentatore intelligente a corrente continua che, oltre a risolvere il problema, consentisse l’accumulo di energia.

Dopo il lancio di RELINK di Gennaro si è concentrò sullo sviluppo della proprietà intellettuale alla base della loro idea, mentre

continuava a vendere prodotti solari ed elettrici a Malta e in Medio Oriente. Gli introiti delle vendite servivano a finanziare il progetto, in modo da non dover ricorrere a finanziamenti esterni fino a quando il prodotto non fosse stato pronto per l’introduzione sul mercato. Achilli apportò capitali e sviluppò il modello di business e uno studio strategico del mercato.

Il sistema RELINK è basato su un rack modulare espandibile formato di base da tre batterie a ioni di litio. Maggiore è la riserva di energia necessaria, maggiore è il numero delle batterie nel rack. Poiché la tecnologia degli accumulatori cambia, anche gli accumulatori possono cambiare. Queste batterie sono in grado di accumulare energia generata dal sole o dal vento, o catturare energia non sfruttata dalla rete nei periodi a basso consumo, per un utilizzo successivo e una migliore ripartizione dei costi. Il vero valore, tuttavia, consiste nella gestione energetica dell’elettricità convertita in corrente alternata. L’utente può ottimizzare il consumo di energia o gestire il consumo personale di fonti di energia alternative nella misura del 60% fino ad arrivare al 100%.

Il sistema RELINK può essere usato come generatore

di emergenza che accumula e gestisce l’energia,

invece di reinserirla nella rete. Un altro aspetto interessante

è la possibilità di condividere con altri utenti la riserva

di energia.

In altre parole, un sistema di batterie RELINK non solo consente di accumulare energia, ma l’hardware e il software di gestione sono in grado di distribuirla ad altri sistemi RELINK dello stesso network in una configurazione master/slave.

In questo modo un quartiere, una zona della città, un gruppo

di edifici di una comunità agricola o rurale potrebbero avere

una propria micro-rete di gestione dell’energia per integrare

l’energia fornita dalla rete

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o per un funzionamento totalmente off-grid, garantendo agli utenti il rifornimento costante di energia a corrente alternata. Un portale di monitoraggio offre un quadro completo della produzione individuale e/o condivisa e del consumo, e può creare comunicazioni in rete tra unità multiple collegate in parallelo.

Sempre avantiIl team formato da Achilli e di Gennaro vanta competenze ed esperienza eccezionali, sia nel campo delle tecnologie pulite sia a livello di conoscenza delle startup, dei modelli di business, delle fonti di finanziamento e delle procedure di lancio. Achilli, infatti, come esperto di clean-tech, oltre che un business angel molto attivo, è stato membro della giuria della Startup Initiative di Intesa Sanpaolo per molti anni, prima di entrare nel programma come partecipante.

Achilli ha trovato molto utile sperimentare il programma anche da questa prospettiva. “È sempre importante” spiega, “avere l’opportunità di condividere le proprie idee con gli altri, ascoltare punti di vista diversi e continuare a imparare e migliorarsi. Abbiamo avuto ottimi contatti con figure chiave del settore delle tecnologie pulite e con investitori di capitali di rischio.”

Nel 2015 RELINK ha sviluppato e venduto le sue prime unità per l’accumulo intelligente di energia, oltre a creare l’architettura di prodotto per gli sviluppi futuri. Ora sta cercando grossi partner industriali e clienti. Nel frattempo il viaggio nell’innovazione continua e i fondatori stanno già sviluppando una app integrativa per il controllo dell’accumulo di energia, un’unità trifase e una smart plug per controllare i carichi di energia. “L’unico limite è la nostra immaginazione”, dicono.

Nel contesto attuale di minacce alla sicurezza globale, le reti energetiche nazionali sono un punto sensibile. La possibilità che singole abitazioni, quartieri, comunità, imprese e le infrastrutture regionali più importanti dispongano di un sistema di fornitura elettrica funzionale, anche in caso di cali di tensione o di black out,

offre un’importante autonomia. Produrre elettricità in un sistema a generazione distribuita, come l’eolico o il solare, è fondamentale, ma localizzare l’accumulo e la gestione di energia nel punto di utilizzo estende la prospettiva della sicurezza energetica all’utente finale.

Achilli ritiene che usiamo troppa energia nelle case e nell’industria e che il primo passo verso una maggiore efficienza e recupero siano una maggiore consapevolezza e la possibilità di controllare l’uso personale di energia. Questa gestione attiva favorirà anche una migliore comprensione dei costi e dei vantaggi dello sfruttamento di risorse “primarie” come sole, vento, acqua e le risorse geotermiche per produrre energia senza emissioni di CO2.

“Vorrei vivere in un mondo di energia distribuita” afferma Achilli, “un po’ come la rete internet. Sogno un mondo di energia libera, dove praticamente ogni abitazione sia in grado di produrre autonomamente l’energia necessaria e gestire questo bene prezioso.”

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BLUE INDUCTIVE

Se vi è capitato di non riuscire a trovare il caricabatteria del cellulare, vi sarete subito resi conto di quanto siamo dipendenti dall’alimentazione della batteria nella nostra vita di tutti i giorni. In un mondo apparentemente “wireless” siamo invece costantemente imbrigliati da fili e cavi di ricarica.

Forse non ci rendiamo conto, invece, dell’enorme ruolo dell’alimentazione delle batterie nel trasporto industriale, o dell’importanza che avrà in un futuro non lontano, quando robot mobili, auto elettriche e applicazioni di e-mobility diventeranno una presenza comune, se non addirittura dominante, nel nostro mondo.

I fondatori della startup Blue Inductive credono che il futuro sarà ancora più wireless. Forti di questa convinzione, hanno sviluppato un sistema di ricarica di prossima generazione volto a conquistare il mercato.

Come si forma un imprenditoreJohannes Mayer, uno dei cofondatori di Blue Inductive, spiega che il suo primo passo verso l’imprenditorialità fu la scelta di studiare fisica e business all’Università di Ulm in Germania. Attratto dall’innovazione, nel 2009 Mayer frequentò un semestre di scambio a San José in California, nel cuore della Silicon Valley. Al suo ritorno organizzò un servizio di consulenza a cura degli studenti, incentrato sulle opportunità nel campo delle energie rinnovabili e della e-mobility.

In un anno la sua società di consulenza crebbe fino a includere venti consulenti part-time, impegnati in progetti di successo per diversi clienti. Studente instancabile, Mayer partecipò poi

_ Sistemi wireless di nuova generazione per la ricarica rapida dei veicoli elettrici

Johannes Mayer CFO

“RENDERE LA RICARICA RAPIDA UNA PROCEDURA SEMPLICE ED ESEGUIBILE OVUNQUE SIGNIFICA FAR SÌ CHE LA BATTERIA (DIMENSIONI, COSTO E CAPACITÀ) NON SIA PIÙ IL FATTORE LIMITANTE DEI VEICOLI ELETTRICI.”

Johannes MayerCFO

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a un programma estivo sull’imprenditoria e il design grazie a una borsa di studio della German National Merit Foundation. Il suo mentore era un appassionato sostenitore dell’imprenditorialità. Lavorando a varie idee commerciali al fianco di persone brillanti e di talento, Mayer trascorse uno dei periodi più intensi e proficui della sua vita e da quell’esperienza capì che la sua strada era quella dell’imprenditore. Allo stesso tempo si rese conto dell’importanza di circondarsi delle persone giuste per avere successo.

Dopo la laurea Mayer iniziò a lavorare nel prestigioso Istituto Fraunhofer per i sistemi a energia solare (ISE) di Friburgo in Germania, dove si meritò la fama di esperto delle energie rinnovabili e dei mercati dell’elettricità. Fu in quel periodo che fece conoscenza con i futuri cofondatori della startup, che nell’Istituto si occupavano delle tecnologie di ricarica senza fili. Conoscendo la vocazione imprenditoriale di Mayer e la sua solida preparazione in economia e commercio, i suoi futuri partner gli proposero di lanciare insieme una startup per trasformare la ricerca sulla tecnologia di ricarica wireless in un’impresa commerciale.

Mayer aveva appena ricevuto un’offerta di lavoro dall’Agenzia internazionale per l’energia di Parigi. Sarebbe stato il lavoro dei sogni, ma Mayer prese la difficile decisione personale di non accettare. “È stato uno di quei momenti della vita”, spiega, “in cui hai la netta sensazione che sia il momento giusto per cogliere un’opportunità.” Sapeva di avere un’occasione speciale e un’idea brillante, una tecnologia innovativa e un team eccezionale.

“La maggior parte delle startup sostiene di avere un ottimo team” afferma Mayer, “e questa è una cosa che agli investitori piace sentire, ma avevo la sensazione che noi avessimo qualcosa di unico. I nostri tecnici erano tra i migliori nel loro campo. Due di loro avevano collaborato allo sviluppo del primo inverter solare con un grado di efficienza record pari al 99%. Le nostre competenze e prospettive erano complementari. Inoltre, avevamo lavorato insieme per diversi anni e potevamo contare al 100% l’uno sull’altro.”

Alla fine non fu così difficile decidere di intraprendere un altro viaggio insieme.

Una tecnologia brillante che soddisfa le necessità del mercato

Mayer e i cofondatori della startup capirono di essere sulla strada giusta quando la loro tecnologia di ricarica wireless per auto elettriche dimostrò di avere performance superiori a quelle di qualunque altro sistema sul mercato.

Il tempo di ricarica wireless di un’auto elettrica standard era

inferiore a un’ora e il sistema garantiva un’efficienza del 95%,

un risultato straordinario e nettamente migliore rispetto

a quanto offerto dal mercato o descritto nella letteratura

di settore.

A rendere ancora più straordinaria la loro tecnologia contribuiva la possibilità di trasmettere l’energia necessaria a ricaricare la batteria dell’auto elettrica a una distanza wireless di 20 centimetri.

La ricarica wireless presenta una serie di vantaggi: in particolare, il processo di ricarica può essere facilmente automatizzato, i sistemi sono solidi e non richiedono manutenzione, e possono anche essere integrati al suolo in modo invisibile. Mayer e i suoi partner sono convinti che la ricarica wireless sarà il futuro per una vasta gamma di applicazioni. I problemi principali dei sistemi wireless tradizionali sono la necessità di avere un allineamento perfetto tra gli elementi di carica e le distanze quasi attigue. La distanza di 20 cm ottenuta da Mayer e i suoi è la conquista che rappresenta un vero punto di svolta.

“Prendiamo le auto elettriche, per esempio” spiega Mayer. “Provate a immaginare come sarebbero le città in futuro, se la maggior parte delle auto fossero elettriche ma venissero tutte ricaricate da impianti cablati. Ci sarebbero cavi sopra ogni auto parcheggiata in città.” Un sistema wireless, oltre a essere più elegante

La distanza wireless a cui si ricarica la batteria

20 cm

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ed esteticamente gradevole, sarebbe anche più pratico e veloce. Le auto potrebbero ricaricarsi in garage o in un parcheggio, o persino mentre sono ferme al semaforo.

Il team di Blue Inductive, tuttavia, si rese conto che, sebbene il settore automotive sia molto appetibile nel lungo termine, non è un buon mercato di ingresso per una startup. Gli standard qualitativi, le norme e le barriere del settore automobilistico, infatti, sono maggiori rispetto a qualunque altro settore industriale. Per questo motivo il team ha scelto di lanciare la propria tecnologia nei segmenti del trasporto industriale e della robotica di servizio, come primo passo. Entrambi questi settori richiedono processi di ricarica automatizzati, ma le soluzioni attualmente disponibili sul mercato non hanno definito alcun tipo di standard restrittivo. “Abbiamo parlato della nostra soluzione per la prossima generazione di robot mobili industriali con la maggior parte dei produttori europei di robot” spiega Mayer, “e il riscontro del settore è stato estremamente positivo.”

Il team ha ricevuto incoraggiamenti anche da altri sostenitori. L’acceleratore europeo Climate-Kic per le energie pulite ha accettato Blue Inductive nel programma Kickstart presso l’Università Tecnica di Monaco di Baviera. I fondatori hanno quindi potuto lasciare il loro lavoro all’Istituto Fraunhofer per dedicarsi interamente alla startup. Hanno inoltre ottenuto un finanziamento pubblico dal Ministero federale tedesco per gli affari economici e l’energia e hanno aderito ai programmi di innovazione di Intesa Sanpaolo.

“Sono molto contento di aver aderito al programma”, sostiene Mayer. “È stato uno dei migliori, se non il migliore workshop per startup a cui abbia partecipato finora.” Fondare una società è un’avventura piena di ostacoli, ma è proprio questo che a Mayer piace della vita dell’imprenditore.

“Non c’è un solo giorno in cui non ci sia un problema

da risolvere” continua Mayer. “

Uno dei miei autori preferiti, Randy Pausch (“The Last Lecture”), dice che i muri esistono per un motivo, non per tenerci fuori ma per farci capire quanto desideriamo qualcosa.”

La vision per il futuroMayer e gli altri cofondatori immaginano un futuro di tecnologie pulite, ricaricate da sistemi wireless, che comporterà un cambiamento radicale nell’uso dell’energia e della tecnologia, con un impatto sociale rilevante.

“La nostra tecnologia favorirà la diffusione di robot mobili, per esempio” spiega Mayer, “e questo porterà alla quarta rivoluzione industriale e a un enorme cambiamento delle nostre vite e della società. I robot mobili aumenteranno la produttività su vasta scala. Poiché aumenterà anche il PIL, potremo concentrarci sulle attività importanti e fare di più nel tempo che abbiamo.”

Mayer è dell’opinione che sia necessario un deciso impegno nello sviluppo e diffusione delle energie rinnovabili. Essendo un grande esperto e continuo studioso delle dinamiche solari e del fotovoltaico, per esempio, crede fermamente che entro il 2030 saranno queste la fonte di elettricità più economica.

“Credo che non siano le persone a dover cambiare” dice, “ma che sia compito dell’industria proporre tecnologie innovative e modelli di business intelligenti che spingano le persone a modificare il loro comportamento in modo positivo e a rendere più semplice fare la cosa giusta.”

Mayer sa, per esempio, che se si dice alla gente di usare le auto elettriche perché sono molto meno dannose per l’ambiente, saranno in ben pochi ad ascoltare se queste auto non possono essere ricaricate facilmente e in tempi rapidi. Al contrario, “possiamo costruire delle corsie in autostrada dove le auto si ricaricano mentre viaggiano! Le persone resistono al cambiamento fintanto che non migliora le loro vite. Spetta a noi proporre soluzioni tecnologiche eccellenti che siano appetibili e offrano di più, e possano così avere un impatto rilevante e duraturo sul pianeta.”

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TECNOLOGIE

SAL ENGINEERING ....

AURORAS .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

VIVEAT..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

WINEOWINE .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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6PER IL VINO

WIN

E

TECHNOLOGY

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Cinquant’anni fa il settore della viticoltura è stato oggetto di un processo di “modernizzazione” grazie ai progressi tecnologici dei trattamenti meccanici e chimici, nell’ambito di quella tendenza globale verso la standardizzazione e la centralizzazione di cui abbiamo già parlato. Ne è derivato un miglioramento delle rese, accompagnato tuttavia, secondo quanto sostengono i critici, da un’eccessiva uniformazione delle varietà a discapito del gusto, del carattere e del fascino del vino. Nel documentario Mondovino del 2005 il regista Jonathan Nossiter ha proposto un quadro controverso dell’impatto della globalizzazione sul settore vinicolo. Dieci anni dopo, nel suo documentario successivo, intitolato Natural Resistance, il regista ha abbracciato la tesi che considera l’”intersezione tra luogo e gusto” come fattore essenziale per la produzione di vini locali unici e di eccezionale qualità.24

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a un’inversione della tendenza alla globalizzazione con la riaffermazione dei metodi di coltivazione tradizionali. Tra il 2004 e il 2013 l’agricoltura biologica delle viti è triplicata.25 La produzione vinicola italiana è sempre stata dominata da piccole e medie imprese, spesso a gestione familiare e su terreni ereditati, che producono vini di alta qualità in quantità limitate. L’unicità di questi vini d’annata è motivo d’orgoglio e contraddistingue l’industria enologica “Made in Italy”. Tuttavia, il mercato vinicolo globale nel suo complesso è saturo e i piccoli e medi produttori hanno difficoltà economiche a sostenere la concorrenza e ad accedere a nuovi mercati.26

Nella sezione conclusiva del nostro rapporto sul cibo e sulle tecnologie sostenibili ci concentreremo sul vino, in parte per la sua importanza nel contesto economico e culturale italiano, ma anche perché le startup con cui abbiamo lavorato nell’ambito dei programmi di innovazione di Intesa Sanpaolo hanno dimostrato

IL QUADROGENERALE

LA PRODUZIONE VINICOLA ITALIANA È SEMPRE STATA

DOMINATA DA PICCOLE E MEDIE IMPRESE, SPESSO

A GESTIONE FAMILIARE E SU TERRENI EREDITATI, CHE PRODUCONO VINI

DI ALTA QUALITÀ IN QUANTITÀ LIMITATE.

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di essere fortemente in linea con gli ultimi trend e di avere un approccio avanguardistico nel campo dell’agricoltura e delle tecnologie digitali con innovazioni nel campo dell’accesso, della distribuzione e della sostenibilità. In particolare:

1. Agricoltura di precisione e pratiche di sostenibilitàSebbene l’agricoltura sia generalmente considerata un settore a basso contenuto tecnologico, non ci sono dubbi sul fatto che spesso sia in prima linea nell’adozione di pratiche high-tech. In passato la spinta tecnologica era perlopiù orientata verso ampia scala ed efficienza, alla ricerca di quantità, efficienza e ampliamento dei mercati. Con questo obiettivo in mente, la crescita è stata privilegiata sulla sostenibilità e l’attenzione per la precisione e la varietà ha ceduto il passo a pratiche e approcci standardizzati. Ne sono risultate un’attenuazione dei sapori e una minore varietà dei gusti, una diminuzione della qualità e degli aspetti nutrizionali, a fronte di una maggiore vulnerabilità alle malattie e di gravi conseguenze ambientali, oltre a un uso eccessivo dell’energia e di risorse preziose come l’acqua.

Oggi la tendenza va nella direzione opposta. I produttori di alimenti sanno quanto sia importante monitorare le condizioni ambientali locali e l’ecosistema e si servono di sensori, dati e analisi per un uso più mirato e sostenibile delle risorse e dell’energia per la produzione di alimenti sani. L’uso di energie alternative e i processi dell’economia circolare contribuiscono in modo sostanziale allo sviluppo di pratiche agricole migliori.

2. Produzione distribuitaI mercati globali hanno spinto verso una produzione efficiente, su vasta scala e centralizzata. Con queste priorità, i prodotti locali di qualità hanno perso valore rispetto ad alimenti a buon mercato e disponibili in qualunque stagione, che soddisfano i requisiti di aspetto ma sono tendenzialmente poveri di gusto e sostanze nutrienti.

La produzione distribuita è locale, avviene in prossimità del punto di utilizzo, predilige l’uso mirato delle risorse rispetto allo spreco indiscriminato, la produzione su piccola scala rispetto a quella su

vasta scala, la produzione vicina rispetto alla distribuzione su grandi distanze, la cura artigianale rispetto alla produzione di massa e l’uso intelligente della produzione distribuita di energie alternative, sia in rete che off the grid.

3. Internet of ThingsI sensori impiegati per la raccolta di dati possono contribuire a ottimizzare la coltivazione, la distribuzione degli alimenti, la genuinità e la sostenibilità energetica. Quando questi sensori sono collegati ad altri dispositivi e server analitici, l’enorme quantità di dati generati consente un livello di analisi finora inconcepibile, oltre a favorire l’ottimizzazione di processi e l’offerta di input in grado di rivoluzionare la produzione alimentare e lo sfruttamento energetico.

4. Collegamento con il clienteIl passaggio a una produzione locale, decentrata e distribuita è integrato dall’uso di dati e processi informatici volti a collegare i piccoli produttori ai singoli clienti. Gli strumenti in grado di creare una relazione tra clienti e produttori, di fornire informazioni sull’ubicazione e i comportamenti della clientela, e sulle fonti di valore facilitano il processo decisionale e l’adozione di strategie di produzione e marketing.

5. Autenticazione/SicurezzaLa solidità del rapporto tra singoli clienti e piccoli produttori si basa sulla fiducia. In particolare, dipende dall’autenticità del prodotto e dalla garanzia di qualità. Se tale fiducia viene tradita, in caso di frode o adulterazione, il danno al marchio può essere molto grave. Se invece la fiducia viene confermata e il marchio dà al consumatore i mezzi per verificare l’autenticità del prodotto, il legame si consolida e approfondisce.

Una nuova eraL’azione congiunta di queste forze e di questi trend sta trasformando la produzione alimentare e lo sfruttamento energetico in un sistema economico fondato sulla sostenibilità e sul legame con la terra, piuttosto che sullo sfruttamento delle risorse e sullo spreco.

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La vite è una coltivazione ad alto valore, ma è anche una monocoltura delicata e vulnerabile alle malattie, alle condizioni atmosferiche e alle frodi. Al tempo stesso le tecnologie di precisione e sostenibilità, gli strumenti di autenticazione e un maggior coinvolgimento del consumatore contribuiscono a migliorarne la resa e il prodotto finale. Costituisce, pertanto, un buon esempio dell’applicazione dei temi e delle tendenze principali che caratterizzano la nostra epoca.

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SAL ENGINEERING

Un viticoltore ha problemi di produzione: parte dei suoi vigneti rendono bene, ma in altre aree i risultati sono insoddisfacenti. I controlli non hanno evidenziato malattie particolari, eppure i vitigni non crescono come dovrebbero e non se ne riesce a capire la ragione.

In cielo appare un drone, che vola lentamente sul campo e lo ispeziona in lungo e in largo per mezzo di una telecamera multispettrale e di una serie di filtri e sensori. I dati vengono registrati e inoltrati. Concluso l’esame, il drone si allontana. L’analisi dei dati consentirà al coltivatore di scoprire la verità: i sensori termografici del drone hanno rilevato la presenza di energia geotermica nel sottosuolo, che rende alcune parti della vigna molto più calde di altre. I vitigni subiscono l’effetto del calore e si comportano diversamente da altri che si trovano a pochi metri di distanza.

Sembra la scena di un film di fantascienza? Probabilmente sì, ma si tratta di uno studio condotto in una situazione reale, come reale è oggi la possibilità di rilevare anomalie di questo tipo grazie a SAL Engineering, produttore di droni, tecnologie per droni e servizi per l’acquisizione di dati in ambiente aereo, marino e terrestre grazie a sensori high tech.

Agricoltura di precisione e droniL’agricoltura di precisione apre nuovi orizzonti nella produzione agricola di molte colture, non solo la vite, poiché consente ai produttori di monitorare e gestire la variabilità del suolo, delle sostanze nutrienti, dell’acqua, della crescita del raccolto e di altri fattori ambientali.

_ Droni manovrati a distanza con soluzioni speciali hardware e software

Marco Bosi Strategy and Business Development

“IL NOSTRO TEAM È FORMATO DA UN GRUPPO DI TECNICI E COMMERCIALI SERI E ALTAMENTE QUALIFICATI… MA SAPPIAMO COME DIVERTIRCI E SIAMO ANCORA CAPACI DI STUPIRCI.”

Marco BosiStrategy and Business

Development

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L’agricoltura tradizionale o convenzionale prevede il trattamento uniforme dei terreni, con pratiche e approcci che potrebbero non essere adeguati a condizioni specifiche, oltre a comportare costi maggiori e, in alcuni casi, essere dannosi per l’ambiente.

L’agricoltura di precisione consente di ridurre l’uso

di fertilizzanti e pesticidi e limitare l’inquinamento,

ottimizzare lo sfruttamento idrico e migliorare le rese

dei raccolti.

Inoltre, i dati registrati aiutano gli agricoltori a prendere decisioni più consapevoli sulla gestione presente e futura delle colture, in linea con le richieste dei consumatori di ridurre le sostanze chimiche nocive. Si stima che entro il 2022 il mercato globale dell’agricoltura

intelligente supererà i 6,43 miliardi di dollari.

I droni sono un ottimo modo per raccogliere i dati e le informazioni necessari: consentono di effettuare riprese aeree a costi più bassi rispetto all’uso di aerei e satelliti, sono più veloci e precisi rispetto all’attraversamento a piedi dei campi e meno inquinanti e più efficaci rispetto a un trattore.

SAL Engineering progetta, produce e distribuisce vari tipi di veicoli senza pilota, a funzionamento autonomo o guidati a distanza, destinati all’acquisizione di dati in ambiente aereo, terrestre e persino subacqueo. I dispositivi possono essere dotati di un gran numero di sensori e sono personalizzati in base alle esigenze specifiche.

Un’impresa nata da un gioco da ragazziLa startup è nata da un’amicizia e dalla passione per l’ingegneria e la creatività. Alcuni dei cofondatori sono amici dagli anni dell’adolescenza e accomunati dallo stesso desiderio di inventare, costruire e modificare gli oggetti. I loro interessi spaziavano dall’elettromeccanica alla realizzazione di prototipi, fino ai modelli

di barche e aerei telecomandati. Ora che di anni ne hanno più di quaranta, sono laureati e hanno maturato diverse esperienze di gestione, competenze e capacità professionali, hanno deciso di unire le forze per fondare la loro startup.

Il motto del gruppo è: “Facciamo ciò che solo la mente

di un ingegnere con la creatività e l’entusiasmo

di un bambino può concepire: in aria, sulla terra e nel mare.”

Marco Bosi si è unito al gruppo perché mosso dallo stesso entusiasmo per l’ingegneria creativa, oltre che dalla passione per la sostenibilità in ogni forma, attraverso solidi approcci e modelli di business. Come dirigente di grandi gruppi e startup di soluzioni tecniche globali ha maturato un’esperienza globale nella direzione generale, nelle operazioni internazionali e nelle energie rinnovabili. In qualità di leader punta ai risultati, ma vanta un’insolita combinazione di creatività, intuizione, capacità di analisi e ordine, oltre alla capacità di gestire situazioni complesse e vedere oltre gli orizzonti di scenari predefiniti.

Non sorprende dunque che questo gruppo creativo di tecnici e dirigenti d’azienda abbia deciso di esplorare avventurose applicazioni commerciali di questa tecnologia.

“L’obiettivo di SAL” spiega Bosi, “è collaborare con i maggiori partner industriali alla realizzazione di progetti di lungo termine in tre aree che, secondo noi, possono realmente aggiungere valore: l’agricoltura di precisione, il monitoraggio degli impianti industriali e la tutela dell’ambiente.”

Basta un drone per volareLa varietà delle applicazioni dei droni di SAL Engineering è affascinante. Alcune regioni italiane hanno incaricato SAL di ispezionare siti archeologici, tra i quali Pompei, esaminando il terreno e le rovine grazie a droni pilotati a distanza in grado di acquisire dati in aree inaccessibili o pericolose e usare poi i dati raccolti per creare ricostruzioni 3D ad alta definizione. Questo tipo di indagine può fornire informazioni storiche di grande

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valore e facilitare gli interventi di stabilizzazione e restauro, oltre a determinare la stabilità geologica o strutturale e l’entità del rischio ambientale per questi monumenti storici.

I droni SAL hanno dato risultati eccellenti anche in valutazioni di tipo ambientale. Grazie al rilevamento topografico eseguito da un drone è stato possibile creare modelli tridimensionali di argini, alvei fluviali e terreni subacquei, valutare smottamenti del terreno e l’erosione di dune costiere, e persino individuare e creare la mappa di tubazioni e strutture subacquee.

Nel settore delle energie alternative SAL ha dimostrato di avere uno straordinario potenziale commerciale nell’offerta di servizi di manutenzione. I droni SAL, dotati di sensori per il rilevamento di immagini termiche, hanno dimostrato di essere molto efficaci nella valutazione di pannelli fotovoltaici e altri componenti caldi di impianti a energia solare, laddove l’accesso è difficoltoso e presenta potenziali rischi per le persone. Parimenti i droni SAL risultano estremamente efficaci nel monitoraggio delle grosse pale delle turbine di centrali eoliche, facilmente soggette a lesioni in caso di condizioni atmosferiche avverse, come vento forte, lampi, grandine e deterioramento, potenzialmente molto pericolose. Fermare una turbina per i controlli di manutenzione comporta una costosa interruzione del servizio, ma è una procedura periodica necessaria. I droni di SAL possono volare in prossimità delle pale delle turbine, potenzialmente anche mentre sono in funzionamento, e forniscono immagini di qualità nettamente migliore rispetto alle convenzionali ispezioni da terra o con imbracatura, mentre la successiva realizzazione di modelli 3D con software proprietari di SAL permette ai tecnici di valutare i danni o i difetti strutturali.

Una crescita organicaNel 2015 il team di SAL Engineering si è messo alla ricerca di uno dei programmi di accelerazione presenti sul mercato e ne ha scelto uno tra quelli proposti da Intesa Sanpaolo. Bosi ritiene che il programma fosse perfetto per SAL Engineering. “È basato su competenze reali” spiega, “oltre a essere rapido e intenso. Il programma ci ha fornito una visione di come possiamo

diventare imprenditori di successo, ci ha introdotto al sistema dei business angel, dei finanziatori di imprese, delle banche e delle altre startup, oltre ad aiutarci a capire le regole e i percorsi di base. Abbiamo scoperto nuove opportunità di networking e abbiamo creato contatti con potenziali clienti e partner.”

SAL Engineering sta registrando un successo rilevante nella vendita dei suoi servizi, con entrate sufficienti a finanziare l’operatività e lo sviluppo. La società sta crescendo lentamente, in modo organico e ponderato, puntando su prodotti e tecnologie, partnership, proprietà intellettuale e visione strategica. I suoi fondatori sono costantemente aperti a nuove partnership e investitori disposti a finanziare progetti di R&D su nuovi prodotti e servizi destinati a nuovi mercati. Il fatto di poter contare su buone entrate, una dirigenza esperta e solide prospettive industriali pone SAL Engineering in posizione di vantaggio, garantendo spazio d’azione nella ricerca di capitali di rischio e di altre fonti di capitale.

“Essendo una startup, per qualche tempo SAL Engineering sarà piuttosto vulnerabile” spiega Bosi. “Dobbiamo fare in modo che cresca in modo sostenibile, e l’accesso a finanziamenti e a partnership di lungo termine sarà la nostra carta vincente.”

Lo spirito originario della startup resta forte, mentre questo gruppo creativo di tecnici e dirigenti d’impresa esplora nuove opportunità per rendere la sua tecnologia uno strumento per migliorare il mondo in modo redditizio. È questo che spinge Bosi a perseguire con passione il suo progetto, nonostante le difficoltà che comporta dirigere una startup.

“Crediamo che l’high tech possa realmente aiutarci a rendere la nostra vita più sicura e anche un po’ più facile, con un pizzico di stupore e divertimento”, afferma.

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SENSORI

GRUPPOMULTISENSORI

DISPOSITIVI

AURORAS

Se vi è capitato di visitare un vigneto tradizionale e sorseggiare uno o due bicchieri di vino passeggiando tra le viti, probabilmente avrete notato gli splendidi cespugli di rose rosso intenso che si trovano all’estremità di ogni filare. Sebbene la gradevolezza della vista sia innegabile, i cespugli di rose hanno un altro scopo oltre a quello puramente estetico.

Le rose e le viti sono specie vegetali altamente compatibili, perché crescono sullo stesso tipo di terreno e richiedono quantità simili di luce solare e acqua. Sono entrambi estremamente soggette alle stesse malattie e infezioni fungine, come l’oidio e la peronospora che, se non vengono prese in tempo, possono rapidamente distruggere un intero raccolto. In realtà i cespugli di rosa contraggono la peronospora più in fretta rispetto alle viti, dunque, come i canarini nelle miniere di carbone, sono un sistema di segnalazione precoce che informa gli agricoltori di un’infestazione imminente. Dopo aver scoperto l’infezione fungina sulle rose, il viticoltore può spruzzare l’anticrittogamico sulle piante e sperare di salvarle prima che l’infestazione si diffonda in modo irreparabile.

Purtroppo non passa molto tempo dal momento in cui un cespuglio di rose mostra visibilmente di aver contratto l’infezione fungina a quando anche le viti adiacenti ne vengono colpite. L’agricoltore deve vigilare costantemente e agire in fretta, e può capitare che l’allarme arrivi da un vigneto vicino, già irrecuperabile. Alcuni agricoltori si limitano ad applicare indiscriminatamente gli anticrittogamici sulle piante, come prevenzione. I costi e gli effetti di queste applicazioni chimiche sono notevoli. E se ci fossero dei modi migliori, più rapidi

_ Monitoraggio sul campo del microclima dei vigneti per il rilevamento precoce di eventuali problemi

Paolo Marenghi CEO

“PARTECIPARE AI PROGRAMMI DI INTESA SANPAOLO HA OFFERTO AL NOSTRO TEAM LA POSSIBILITÀ DI COLLABORARE ALLO SVILUPPO DI UNA MENTALITÀ DI BUSINESS CRITICA E CREATIVA, E QUESTO CI HA AVVICINATI ANCOR PIÙ DI PRIMA.”

Paolo MarenghiCEO

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e tempestivi di individuare le malattie e monitorare lo stato di salute del prezioso raccolto? È con questa idea in mente che Paolo Marenghi, CEO della startup Auroras, ha sviluppato un sistema di monitoraggio del microclima dei vigneti.

Arte, tecnologia e naturaMarenghi vive nella Repubblica Slovacca, a Bratislava, una splendida città sul Danubio circondata da vigneti, dove dirige una società di servizi informatici con clienti in tutta Europa.

L’idea di creare Auroras è nata da un progetto d’arte

pubblica, denominato Genius Terrae, che è un tentativo

di ristabilire il legame senza tempo tra arte, tecnologia,

esseri umani e natura, come strumento per migliorare

le condizioni di vita.

Il progetto è nato ed è stato sviluppato intorno ai temi della questione ambientale e dell’inquinamento, della promozione di fonti energetiche sostenibili e del desiderio di condivisione e collaborazione creativa, usando in particolare l’arte pubblica e la tecnologia open source.

Vivendo in una regione incentrata sulla viticoltura, a Marenghi è venuta l’idea di sviluppare una tecnologia di rilevamento in grado di proteggere l’ambiente. Cosa succederebbe se questa tecnologia potesse essere usata per monitorare le condizioni fisiopatologiche dei vigneti, verificando la presenza di malattie e le condizioni ambientali di cui necessitano le piante? Tutto questo aiuterebbe il viticoltore a prendere decisioni migliori e più rapide sulla coltivazione e gli permetterebbe di intervenire solo dove, e se, necessario, in modo da ridurre la quantità dei trattamenti chimici e il costo dei pesticidi.

Agricoltura di precisione: un nuovo livelloIl dispositivo di Auroras consiste sostanzialmente in una serie di sensori e attuatori wireless che monitorano le condizioni nel campo. La configurazione della serie di sensori è personalizzata

in base alle necessità di un particolare campo o raccolto. Le misurazioni tipiche includono temperatura, umidità dell’aria e punto di rugiada, livelli di umidità del suolo, bagnatura fogliare, tensione delle radici, vento, pioggia, luce solare e crescita. La combinazione di dati fornisce molte informazioni sulle condizioni e sulla crescita della pianta, aiutando il viticoltore a ottimizzare i livelli di irrigazione e i trattamenti necessari. I dati forniscono anche indicazioni sullo stato di salute della coltura e sulla sua vulnerabilità a infestazioni e malattie. Se la crescita è lenta, per esempio, e si rileva una forte bagnatura della foglia, le probabilità di diffusione della peronospora, di infezioni fungine o altri agenti patogeni sono più alte e un intervento tempestivo potrebbe limitare i danni. Per l’agricoltore questo grado di precisione è estremamente importante. I dati consentono di anticipare l’insorgere di malattie contribuendo a salvare i raccolti, ottimizzare i trattamenti con fertilizzanti e pesticidi per migliorarne l’efficacia e ridurre i costi, aumentare la produzione e la salute delle piante per migliorarne la resa e la qualità, e monitorare le condizioni ambientali per migliorare la sostenibilità del territorio.

Internet of Things Per queste ragioni siamo stati favorevolmente colpiti dal progetto di Auroras, ma sono altri i motivi che hanno suscitato il nostro entusiasmo. Marenghi, imprenditore visionario, ha accolto questi suggerimenti e ne ha fatto tesoro.

Una delle cose che ci ha maggiormente entusiasmato è la possibilità di impiegare i sensori Auroras come strumenti IoT (Internet of Things). Tutti i dati raccolti dai sensori vengono inviati in modalità wireless a un server centrale controllato da Auroras, dove vengono interpretati tramite un algoritmo e ritrasmessi all’agricoltore attraverso un’interfaccia grafica che presenta le informazioni in modo semplice e chiaro. Un potente software analizza le informazioni e suggerisce in tempo reale le misure necessarie, addirittura segnalando all’agricoltore la necessità di intervenire con messaggi di allarme. Ciò garantisce un monitoraggio accurato e costante delle condizioni, che consente la valutazione dei dati da remoto, ma comunque in tempo reale, da parte del viticoltore.

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Si tratta di un risultato straordinario anche per un singolo

campo, ma se i dati vengono associati a quelli di altri campi

e condivisi da diverse fonti, come le aziende e i campi vicini,

le potenzialità diventano enormi.

Le osservazioni e le informazioni ottenibili grazie a un’analisi più approfondita possono cambiare le pratiche di coltivazione, soprattutto nel caso di monocolture come la vite. Si possono confrontare le condizioni in base ai modelli meteorologici, alla localizzazione geografica e ad altre circostanze.

La diffusione di malattie o agenti patogeni può venire

seguita e monitorata su vasta scala, e nel tempo ciò può

consentire decisioni economiche più oculate in base

alle previsioni di raccolto, arrivando a prevedere o persino

a influenzare i futuri prezzi delle materie prime.

“L’Internet of Things è il futuro” afferma Marenghi, “e questo ci spinge a credere che avremo un grosso impatto sul mercato e sulle pratiche agricole. Molti agricoltori non sfruttano la tecnologia a causa dei costi di acquisto iniziali, ma questa tecnologia è un investimento che li aiuterà a risparmiare. I nostri sensori possono contribuire ad aumentare il raccolto e ottenere prodotti più sani, favorendo anche la riduzione del consumo idrico e del costo di fertilizzanti e pesticidi.

Il prototipo del dispositivo è stato realizzato e testato sul campo. Nell’arco di sette mesi, per esempio, in un progetto sperimentale non sono state registrate infezioni e i trattamenti sono stati ridotti di due terzi, facendo risparmiare all’azienda un importo superiore al costo del sistema già nel primo anno. Ora il prodotto è pronto per essere commercializzato.

Oltre i confini del campoLa società è già all’opera per sviluppare una serie di altri prodotti e servizi. “Poiché si tratta di una tecnologia IoT che esegue il monitoraggio dei dati con un software personalizzato, può essere applicata a un numero infinito di aree”, spiega Marenghi. Auroras sta estendendo l’applicazione della sua tecnologia alle serre, ad altri tipi di colture, alla produzione del vino, all’ambiente domestico e alla sicurezza.

Marenghi guarda al futuro con entusiasmo. “Immagino un mondo migliore grazie a un’agricoltura sostenibile senza prodotti chimici o sprechi d’acqua.”

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VIVEAT

Un brand funziona se il cliente si identifica con il marchio e si crea un legame emotivo con la personalità o il valore del prodotto, che vada al di là della sua funzione. Come spiega Denise Lee Yohn, autore del libro What Great Brands Do, “la propensione all’acquisto dipende dal modo in cui un marchio ti fa sentire, dal grado di identificazione che ti provare e da ciò che esprime.” 27

Sono due i problemi legati al marchio che Viveat, interessante startup incentrata sulla tecnologia delle etichette intelligenti, sta cercando di risolvere.

Il primo è quello della frode o adulterazione. La forza di un marchio sta nella sua autenticità. Quando un consumatore sceglie un particolare prodotto in ragione del marchio, è perché si fida e sa che otterrà quello per cui è disposto a pagare. Se questa fiducia viene tradita, perché il prodotto è diverso, di qualità inferiore al previsto o addirittura fraudolento, il legame con il brand o il suo significato vengono danneggiati in modo irreparabile.

Il secondo problema è legato al fatto che il legame che un marchio crea con il consumatore è limitato in termini di profondità e portata. È possibile che un consumatore acquisti un prodotto in ragione del marchio, ma noi non sappiamo necessariamente molto di lui, del perché è legato a quel brand, del tipo di relazione che ha con il prodotto o di ciò che ne farà.

La tecnologia di Viveat basata su etichette intelligenti punta a modificare questo tipo di legame.

_ Sistema di autenticazione consumer-based per il vino e non solo

Marcello Gamberale Paoletti CEO

“CHE COSA DIREBBERO I PRODOTTI SE SAPESSERO PARLARE? È FACILE... FAREBBERO LE PRESENTAZIONI TRA I LORO AMICI COMUNI, CIOÈ I BRAND E I CONSUMATORI.”

Marcello Gamberale Paoletti

CEO

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Il gioco del vinoL’idea di creare Viveat è nata quando Marcello Gamberale Paoletti, esperto di innovazione nell’industria alimentare e fondatore di un supermercato online, è stato irresistibilmente attratto dalle potenzialità offerte dell’Internet of Things per trasformare le relazioni con i consumatori e conoscere i loro comportamenti.

Paoletti ha capito che le aspettative dei consumatori rispetto a un prodotto non sono mai state così alte, proprio nel momento in cui l’enorme diffusione di smartphone, tablet, dispositivi indossabili e app dà alle aziende e ai consumatori la possibilità di relazionarsi in un modo del tutto diverso.

“Le regole del commercio al dettaglio sono cambiate in modo drastico” spiega Paoletti. “Tutti noi cerchiamo più informazioni, confrontiamo i prezzi, leggiamo e scriviamo recensioni per essere più sicuri delle nostre scelte.” I consumatori vogliono sapere molto di più su quello che stanno comprando.

Per esempio, quando un consumatore compra una bottiglia di vino in base a ciò che legge sull’etichetta o alla fama del marchio, come fa a essere certo che sia autentica?

Il 20% del vino venduto nel mondo è contraffatto. Questa realtà rappresenta una seria minaccia per qualsiasi brand, ma in alcune categorie di prodotti può persino influire sulla reputazione di un’intera nazione. Soprattutto in Italia, dove alcuni alimenti sono sinonimo di cultura e tradizione e, come abbiamo visto per l’olio d’oliva nel profilo di AGETechnology, il problema degli alimenti adulterati o fraudolenti può essere dilagante.

Il sistema di etichette intelligenti di Viveat è una garanzia contro questo rischio. Il codice NFC sull’etichetta permette a qualunque consumatore che abbia uno smartphone di verificare all’istante l’autenticità di una bottiglia di vino o di qualunque prodotto che abbia un’etichetta Viveat. In realtà, questa etichetta ha già consentito di tenere traccia del prodotto durante l’intera filiera distributiva, dal produttore al punto vendita, e dunque la sicurezza riguarda l’intera catena di fornitura. Il sistema consente inoltre

di seguire gli spostamenti del prodotto in caso di scambi dubbi tra fornitori, garantendone l’autenticità.

Basta uno smartphone per comprareLa tecnologia di Viveat basata su etichette intelligenti diventa ancora più interessante se si va oltre gli aspetti della sicurezza, della tracciabilità e dell’autenticità per entrare nell’ambito del coinvolgimento del cliente.

Il 79% dei possessori di smartphone usa il proprio dispositivo mentre fa acquisti in un negozio, il che offre alla società che distribuisce il prodotto l’eccezionale opportunità di stabilire una relazione con il consumatore, allo scopo di consolidare il legame con il brand.

La tecnologia di Viveat basata sul codice QR consente al consumatore di collegarsi al web tramite l’etichetta del prodotto, senza soluzione di continuità. Ciò favorisce il coinvolgimento del cliente in tre nuovi modi. Innanzitutto, attraverso la narrazione le etichette di Viveat offrono alle aziende la possibilità di raccontare in varie lingue la loro storia e quella del prodotto. In secondo luogo, le etichette intelligenti di Viveat rendono un po’ più smart anche il consumatore, informandolo sul prodotto venduto in negozio, e non solo. Infine, i consumatori possono usare la app di Viveat per rafforzare il loro legame con il prodotto. Possono salvare informazioni sulla loro bottiglia di vino preferita, per esempio, iscriversi alla newsletter della società, ricevere inviti a degustazioni o altri eventi, e comunicare e condividere i loro interessi o i loro punti di vista tramite recensioni, commenti e attraverso i social media.

Marcello Gamberale Paoletti, CEO di Viveat, spiega: “Crediamo che il prodotto e la sua storia abbiano un ruolo centrale nella creazione di un rapporto di fiducia tra il consumatore e le aziende. Grazie alle etichette digitali di Viveat, il prodotto stesso diventa un punto d’incontro e di scambio di informazioni.”

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Che cosa direbbero i prodotti se potessero parlare?Il collegamento tra l’etichetta intelligente e lo smartphone del consumatore consente ovviamente ai brand di raccogliere una straordinaria quantità di dati e informazioni senza precedenti sul comportamento della clientela.

All’interno del negozio ogni prodotto può agire in modo interattivo con il cliente. Questa esperienza di acquisto può essere migliorata con suggerimenti per gli acquisti e indicazioni sofisticate. Anche dopo la vendita, il consumatore mantiene una relazione con il brand, il prodotto e il produttore all’esterno del negozio.

Per i produttori e i rivenditori, ogni singolo consumatore è custode di preziose informazioni. Grazie alla localizzazione geografica è possibile risalire alla destinazione finale del prodotto e ottenere informazioni sul suo utilizzo in tempo reale. Il consumatore può condividere un feedback sull’esperienza di prodotto e comunicare con il produttore già nel momento dell’utilizzo. Questi dati e informazioni sul consumatore rendono più semplice per le aziende avere un profilo più completo dei consumatori, scoprire dove acquistano e consumano il prodotto, e quali interessi possono avere in quel determinato articolo, contribuendo ad azioni strategiche ed efficaci rivolte ai consumatori e ai mercati. Tutto questo rende la comunicazione semplice e diretta, in modo che il consumatore diventi uno strumento di verifica costante del controllo di qualità, delle attività di marketing e delle performance.

“Viveat trasforma il rapporto tra consumatori e prodotti”, afferma Paoletti. “Di fatto, questa esperienza personalizzata è ciò che trasforma un consumatore in un cliente.”

Un’idea che crescePer Viveat il vino è ovviamente solo l’inizio. La sicurezza e il valore di qualunque prodotto di lusso, anche nel settore moda, potrebbero essere migliorati dalle etichette intelligenti, e anche le relazioni con la clientela ne risulterebbero rafforzate. Le difficoltà per una startup come Viveat sono molte, dovendo essa investire nelle vendite e nella comunicazione allo scopo di acquisire nuovi clienti. Il processo di vendita e educazione riguarda

entrambi gli attori del mercato: da un lato i marchi, ai quali Viveat vende in base al valore dei dati e della connettività, e dall’altro i consumatori, che devono essere convinti del valore dell’impegno del marchio a dimostrare l’autenticità del prodotto acquistato.

La capacità di Viveat di ampliarsi a livello internazionale è peraltro, limitata esclusivamente dall’entità degli investimenti destinati alle vendite. In un mercato globale in cui l’autenticità è sempre più a rischio e le relazioni tra consumatori e prodotti sono più distanti e vaghe, il valore del servizio offerto da Viveat è, in effetti, ancora maggiore. Mentre la quantità di dati e il grado di conoscenza dei consumatori aumentano, l’unico limite è il cielo.

Per il giovane team di Viveat, e soprattutto per Paoletti, fondatore e CEO della startup, il fascino di questo potenziale è l’incentivo a perseverare nelle difficili fasi iniziali della vita di una startup. Come dice Paoletti, “trasformare le idee in realtà è la mia più grande passione.

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WINEOWINE

Federico De Cerchio e il suo amico Eros Durante, entrambi amanti del vino, erano a cena con amici quando stapparono una bottiglia di vino particolarmente pregiato. Durante avrebbe voluto acquistare alcune bottiglie per sé, da gustare in seguito con altri amici, ma De Cerchio gli spiegò che sarebbe stato impossibile, perché il vino era di un piccolo produttore e veniva distribuito solo a livello locale, e non c’era modo di acquistare quell’etichetta se non direttamente presso la cantina.

I due rimasero colpiti e scoraggiati da questo problema. Molte persone vorrebbero poter acquistare i vini d’annata di piccoli produttori artigianali, ma non ci sono modi semplici e sicuri per scoprire queste etichette se non attraverso il passaparola, né di acquistare questi vini dopo averne sentito parlare se non visitando i vigneti di persona. D’altro canto, anche i piccoli produttori trarrebbero vantaggio dal contatto con clienti che apprezzano le loro etichette. Superato lo scoraggiamento, i due amici hanno intravisto un’opportunità commerciale e hanno individuato una soluzione che ha portato alla nascita di wineOwine.

Il mercato e l’opportunitàDe Cerchio proviene da una famiglia di produttori di vino e conosce da vicino il settore, ha una laurea in economia ed è un imprenditore esperto. Durante è un esperto di tecnologie e conosce bene i social media. I due cofondatori di una piattaforma per la vendita di vino, dunque, hanno competenze perfettamente compatibili, inoltre condividono la stessa passione per il vino di qualità e il desiderio di far conoscere rari vini d’annata ad amici e sconosciuti.

_ Far incontrare produttori artigianali e amanti del vino

Federico De Cerchio CEO e cofondatore

“NOI SIAMO SEMPLICI INTERMEDIARI, MA IN ALCUNI CASI ABBIAMO SCOPERTO DI AVER CAMBIATO LA VITA DI PICCOLI PRODUTTORI, PRIMA INVISIBILI”

Federico De CerchioCEO e cofondatore

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Forse si è indotti a pensare che il vino sia un esclusivo prodotto di nicchia, controllato da alcuni grossi distributori. In realtà il numero degli operatori del settore è enorme e il sistema di distribuzione è pronto per una rivoluzione digitale. Ogni anno la gente spende di più per il vino (250 miliardi di euro) che per la musica (45 miliardi di euro). Sebbene in genere il vino venga ancora venduto nei punti vendita al dettaglio, collegati a complessi sistemi di acquirenti e distributori, il mercato online della vendita diretta al consumatore sta crescendo rapidamente. In Italia, per esempio, dove c’è una grossa offerta di vino, le vendite online stanno crescendo al ritmo di oltre il 30% annuo.

Nel lanciare wineOwine, De Cerchio e Durante decisero di concentrarsi in particolare sulla difficoltà che inizialmente li aveva scoraggiati: sapevano infatti che molti consumatori avrebbero voluto provare ottimi vini prodotti da piccole cantine ma avrebbero avuto bisogno di un accesso più facile a queste etichette e avrebbero apprezzato ricevere consigli, come quelli che dispensano gli amici intenditori, per meglio conoscere e apprezzare le qualità speciali di un particolare marchio.

Allo stesso tempo, De Cerchio sapeva che i produttori di vino si trovavano di fronte agli stessi ostacoli.

Il mercato del vino è saturo, con oltre 384.000 produttori

in Italia. È difficile anche per i produttori di altissima qualità

riuscire a farsi conoscere e attrarre nuovi clienti.

Ci sono troppe etichette diverse e per i clienti è difficile trovare e scegliere vini d’eccellenza. Con il passaggio da un sistema di produzione e distribuzione centralizzati a un’economia più distribuita, molti altri settori dovranno affrontare lo stesso ostacolo incontrato da De Cerchio e Durante.

La soluzione che unisce La soluzione proposta da wineOwine consiste nel creare un modo che consenta agli amanti del vino di conoscere e avere accesso a nuovi vini di prestigio. Ogni settimana il team di enologi

di wineOwine seleziona sei nuovi vini che considera d’eccezione, rifiutando oltre il 70% delle possibili opzioni; poi racconta una storia su ciascuno di questi vini, in modo da “introdurre” i consumatori nel mondo dei produttori e dei loro vini d’annata e creare un forte senso di legame. Successivamente i vini vengono proposti attraverso due canali principali.

Le scoperte della settimana vengono messe a disposizione attraverso vendite lampo online, le cosiddette flash sales. wineOwine illustra ai clienti i vini selezionati, che possono essere ordinati. Una volta raggiunto un numero minimo di bottiglie, la vendita viene chiusa a un prezzo scontato e i vini vengono spediti ai clienti.

In alternativa, i vini sono disponibili anche come parte della collezione permanente di wineOwine, consultabile dal sito, e possono essere scelti dal catalogo. In questo modo i clienti possono continuare ad avere accesso ai loro vini preferiti anche molto tempo dopo la selezione settimanale.

Attraverso questo meccanismo di vendita garantita di etichette d’eccezione, wineOwine può contare su margini molto più elevati rispetto alla media del settore, pur continuando a offrire ai clienti sconti interessanti. “È una formula vincente per tutti” spiega De Cerchio. “I clienti sono felici di scoprire nuovi vini di prestigio e i produttori hanno la possibilità di accedere a nuovi clienti che apprezzano il loro prodotto.”

wineOwine si avvale di partner esterni per il suo sistema di distribuzione dei vini e pertanto non ha bisogno di scorte di magazzino delle sue selezioni settimanali. Tuttavia, ha creato una soluzione di imballaggio proprietaria che consiste in una scatola di cartone per la spedizione del vino, che oltre a proteggere meglio le bottiglie costa il 70% in meno rispetto all’ uso tradizionale dello Styrofoam ed è più facile da riciclare. Inoltre, in questo modo la fornitura di wineOwine si distingue ed è esteticamente gradevole, in linea con l’attenzione per il gusto e la cura che caratterizzano la scelta di una bottiglia di vino pregiato.

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 6 ___ Tecnologie per il vino

Come farsi stradaNegli incontri con gli investitori De Cerchio si dice più determinato che mai e convinto dei fattori trainanti per la creazione di valore, sviluppati con il sostegno della comunità degli investitori. “Sicuramente ora so come farmi notare dalla gente” afferma.

In linea con i consigli ricevuti da investitori, giurati, formatori e da un team di consulenti d’eccezione, De Cerchio e Durante hanno deciso di sviluppare il loro brand e il loro mercato prima in Italia, e di rafforzarsi grazie a una cerchia di clienti fedeli prima di espandersi in nuovi mercati internazionali. Con un prodotto esclusivo come il vino, le aspettative in termini di qualità e servizio sono alte, dunque è meglio avere la certezza che wineOwine sia all’altezza di questi standard in ogni fase, prima di passare a quella successiva.

Il team sta facendo un’ottima azione di marketing. Avendo provato di persona ad acquistare tramite wineOwine, mi fa sempre piacere ricevere le loro frequenti mail sulle flash sales, e vale sempre la pena visitare il sito e scoprire le nuove offerte. Il vino che ho ordinato è eccellente e questo sistema rende la scoperta di nuove etichette semplice ed entusiasmante.

wineOwine ha un progetto solido ma una strada difficile davanti a sé per quanto riguarda il reperimento di fondi, la creazione dell’organizzazione, la lotta con la concorrenza, la fidelizzazione di clienti regolari e appassionati, l’espansione in nuovi mercati e anche la ricerca di potenziali exit partner.

Considerati gli eccellenti risultati ottenuti finora, è un ottimo

esempio di cosa possa fare una startup grazie a passione,

competenza, esperienza e un’idea semplice ma convincente,

ben strutturata e realizzata nel modo giusto.

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CONCLUSIONE7

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 7 ___ Conclusione

I RISULTATI DELL’INNOVAZIONE

UN’INNOVAZIONE REALE E SOSTENIBILE FUNZIONA

MEGLIO ALL’INTERNO DI UN ECOSISTEMA COMPLETO.

COSTRUIRE E MANTENERE TALE ECOSISTEMA RICHIEDE,

TUTTAVIA, IL SOSTEGNO SIMBIOTICO DI VARI ATTORI.

Alcuni fra i più apprezzati scienziati a livello mondiale si confrontano da tempo su quale sia il percorso migliore per garantire all’umanità la sicurezza alimentare. L’argomento è oggetto di discussioni appassionate in occasione di dibattiti e seminari in cui si analizzano gli effettivi scenari di rischio e i percorsi verso possibili soluzioni. Fra questi ricordiamo qui l’evento sponsorizzato dal Regno Unito: “In che modo una migliore comprensione dei rischi può garantire la sicurezza alimentare nel mondo?”, durante il quale Sir Mark Walport, Chief Scientific Advisor del governo britannico, ha evidenziato come la realtà attuale, a livello di sicurezza alimentare, costituisca una minaccia per la sicurezza globale, perché potrebbe mettere a rischio la pace fra nazioni per ragioni di approvvigionamento di cibo e acqua. Una posizione che riecheggia quella di quanti già in passato avevano sostenuto che le prossime guerre non saranno combattute per il petrolio, ma per l’accesso all’acqua e, forse, anche al cibo.

David Tilman, professore di ecologia alla Bren School della University of California a Santa Barbara e alla University of Minnesota, nonché il più citato esperto di ecosistemi sulla biodiversità agricola negli Stati Uniti, ha partecipato alla terza “Balzan Expo Lecture” nel 2015, dopo essersi già aggiudicato il Premio Balzan 2014 per l’ecologia delle piante. I suoi studi empirici hanno dimostrato un sorprendente incremento delle rese dei raccolti quando si adottano coltivazioni multispecie. Tilman ha fornito evidenze numeriche riguardo alla possibilità di produrre, nelle terre attualmente coltivate, cibo sufficiente a soddisfare le necessità di una popolazione in crescita, a patto di avvalersi di strategie di produzione e distribuzione più efficaci.

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 7 ___ Conclusione

La sfida maggiore, al di là di quella ecologica, è, tuttavia,

quella sociale, che richiede che si affermi la volontà

di apportare cambiamenti radicali nei nostri attuali sistemi

agricoli alla luce dei cambiamenti economici, sociali

e ambientali necessari.

Il valore dei programmi di accelerazione e dei servizi di innovazione

Politici, economisti e scienziati riconoscono il valore dell’imprenditorialità, dell’innovazione e dello sviluppo di business creativi. Il presidente degli Stati Uniti ha espressamente richiesto l’intervento del mondo finanziario privato e, nello specifico, degli imprenditori globali e degli investitori internazionali di venture capital, per contribuire a guidare aziende e governi verso la costruzione di un futuro più efficiente grazie all’adozione di nuove tecnologie. Il governo italiano sta lavorando per promuovere l’imprenditorialità nel Paese con l’intento di esportare le innovazioni su base globale.

Un’innovazione reale e sostenibile funziona meglio all’interno di un ecosistema completo. Costruire e mantenere tale ecosistema richiede, tuttavia, il sostegno simbiotico di vari attori. Aspetti quali ideazione, sviluppo, finanziamento, operazioni, marketing, vendita, distribuzione, servizi ai clienti, crescita e scalabilità, richiedono ciascuno risorse diverse e diversi tipi di competenze.

In tutto il mondo grandi novità vengono sviluppate all’interno di network di innovazione quali spazi di co-working, incubatori pubblici e privati, programmi di accelerazione d’impresa e altro. Per sostenere la distribuzione commerciale delle innovazioni, tramite best practice collaudate, occorrono società di sviluppo sostenute da capitale di rischio, cioè fondi di capitale di rischio strutturati anche per avere un attivo ruolo guida nelle fasi di sviluppo del prodotto, sviluppo del business e crescita. Un approccio di rete nell’individuazione e coinvolgimento delle risorse è la chiave per il successo.

Alfredo Cicognani, General Partner del fondo Unigrains VC, ha dichiarato: “La comunità degli investitori in Italia può supportare le strategie di espansione di imprenditori e manager, finanziando nuove tecnologie alimentari e agricole, sostenendo le attività di ricerca e accelerando i piani di sviluppo. È essenziale essere percepiti come un treno ad alta velocità, che consente all’investitore di arrivare alla stazione successiva in brevissimo tempo.”

Velocità del sistema imprenditorialeDopo aver lavorato nella Silicon Valley e in Europa, la principale differenza che vedo, al di là del volume e delle dimensioni dei singoli progetti di business, è proprio la velocità di tali progetti. Dopo oltre cinquant’anni di sviluppo di ecosistemi che ruotano intorno a startup e finanziamenti di venture capital, le startup della California sono sempre molto veloci.

Divengono operative in tempi brevi • Si organizzano rapidamente e con costi limitati in strutture

perlopiù standardizzateEscono rapidamente dalla fase di finanziamento

• La fase di diligence rapida, ad opera di investitori esperti, può essere completata, incluso il trasferimento dei fondi per progetti al primo stadio tramite strumenti convertibili, nell’arco di 6-8 settimane

• Strumenti di investimento standardizzati inclusi quelli convertibili (ad es. Y-combinator SAFE e 500 Startups KISS)

Possono essere chiuse rapidamente• L’eventuale scioglimento può essere rapido e poco

costoso e i bravi imprenditori che chiudono in questo modo un progetto possono diventare una risorsa di valore e con maggiore esperienza per un nuovo progetto

Velocità del capitale

L’ostacolo più significativo in Italia per riuscire a fare più innovazione è la velocità del capitale. Si intende con ciò il tempo che passa dalla prima presentazione all’investitore al momento in cui l’imprenditore riceve i soldi in banca.

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 7 ___ Conclusione

È necessario che business angel, investitori di venture capital, fondi di private equity, sovvenzioni pubbliche e private, banche e altre fonti di capitale riescano a erogare i loro finanziamenti in tempi più rapidi e certi.

Chi fonda una startup innovativa ha necessità di procedure legali semplificate per poter adempiere alle formalità burocratiche limitando i costi. A questo scopo abbiamo sviluppato per il mercato italiano un prodotto simile all’Y-combinator SAFE, che è stato approvato ai sensi della versione più recente del codice civile italiano. Grazie a termini standardizzati, assenza di valutazione e una documentazione semplificata, tempi ed energie da dedicare alla strutturazione dell’operazione sono significativamente ridotti. Nel momento in cui l’attenzione può tornare a concentrarsi sul progetto e sul percorso del ROI, i costi dell’operazione risultano inferiori, la velocità è superiore e i progetti di innovazione possono avanzare in fretta o morire con altrettanta rapidità, lasciando che una nuova fenice risorga dalle loro ceneri per dare vita a un nuovo progetto.

Aggregare progetti per ottenere un valore complessivo superiore

Negli ultimi anni ho lavorato intensamente con migliaia di imprenditori di tutto il mondo che avevano avviato delle startup.

Ho notato che molto di frequente, anche quando il valore

del progetto era notevole

la startup era solo una parte di un’offerta di valore potenzialmente più vasta. Il bello del nostro insieme di programmi di innovazione multi-tech connessi ai mercati è che offrono un campo neutro per lo scontro tra tecnologie.

In sostanza, è possibile generare un valore

significativamente più alto da una massa critica di progetti

complementari, che danno vita a nuove collaborazioni,

creando un risultato superiore alla somma delle parti.

A questo punto il mio consiglio agli imprenditori è semplice: cercate i partner ideali per il vostro progetto e unitevi al più presto. Prima che sia possibile finanziare, supportare e portare sul mercato un progetto, può essere necessario aggregare più progetti. Ad esempio, la maggior parte delle IPO nel mercato USA non riguardano singole aziende, ma più progetti che vengono accorpati.

Utilizzare i benchmark, formarsi e connettersiPer garantire la salute di un progetto è essenziale avere consulenti esterni. A tutti gli innovatori che hanno fondato una startup io chiedo informazioni sui loro consulenti. Se mi dicono di non averne, rispondo: “Procuratevene uno... subito.” Verificare di frequente i progressi fatti e il proprio allineamento al mercato è un tratto distintivo del leader aziendale che sa ascoltare il mercato, scrutare cosa c’è all’orizzonte e rivolgersi a chi può offrirgli una sponda o fornirgli risorse chiave per il suo business. Vi sono strumenti, come Startup Compass, che consentono di confrontarsi con i benchmark del settore, dei competitor o di altre startup in generale. La capacità di servirsi di dati e consulenti rivela un approccio moderno caratteristico della nostra era tecnologica. Sfruttare i dati per trovare il momento giusto in cui chiedere il giusto tipo di supporto può rappresentare la salvezza per tanti progetti.

La necessità del successo e dell’insuccesso per migliorarsiL’importanza dell’insuccesso è sempre stata sostenuta nello sport, dove gli atleti superano ostacoli fisici e mentali per migliorarsi con la pratica, l’allenamento, l’incoraggiamento e la perseveranza. La vita e le capacità degli imprenditori mostrano parecchie somiglianze. Ci vuole esperienza per diventare il migliore e le esperienze di una vita includono di norma diversi punti di svolta, in cui è necessario apportare aggiustamenti e correzioni di rotta. Gli imprenditori migliori sono quelli che sanno superare gli ostacoli sfruttando l’insuccesso per fare qualche passo indietro, riprendere posizione e aggiustare la rotta per muoversi in avanti a grandi balzi. Infatti, non a caso gli investitori cercano individui la cui sicurezza si basa sull’esperienza acquisita. Persone in grado di accettare un insuccesso perché sanno che, proprio grazie

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Innovative Ventures in Food and Sustainability 7 ___ Conclusione

a quel tipo di apprendi insegnamento, potranno diventare più forti, intelligenti e di successo. Abbiamo bisogno dei successi per capire cosa siamo in grado di raggiungere, ma anche di qualche scivolone per aiutarci a cogliere le grandi opportunità che solo l’esperienza ci permette di vedere. La capacità di cadere senza farsi troppo male e di rialzarsi in fretta è un requisito irrinunciabile, così come uno sguardo aperto ad ogni possibilità. Una strategia nella quale si avanza, si agisce rapidamente, si sperimenta, si produce, si verifica e si trovano e correggono i piccoli errori prima che diventino grandi, è indispensabile per arrivare a creare un valore di una qualche rilevanza e fattibilità commerciale.

Io so che continuo a imparare attraverso il mio lavoro di consulenza e guida per imprenditori, manager e investitori nel mondo delle startup, e riscontro lo stesso desiderio di continuare a imparare nei migliori che incontro. Alla fine dell’intera storia, saranno proprio le cose imparate e la crescita personale ottenuta in collaborazione con gli altri la vera ricompensa generata dall’innovazione e dall’imprenditorialità.

Investire negli eroi Oggi esiste una rivoluzione che si snoda lungo tre direttrici: esigenze dei consumatori, sfide globali e nuove capacità tecniche.

Gli imprenditori dei nostri giorni che operano all’interno

di startup, PMI e grandi aziende si trovano investiti di una

grande responsabilità rispetto alla nostra missione comune:

salvare il mondo.

Alcuni sono giovani, altri molto esperti, ma tutti hanno la possibilità di far leva sullo stesso presupposto: il mondo vuole che abbiano successo. Obiettivi di questa portata, però, si possono raggiungere solo tutti insieme.

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Innovative Ventures in Food and Sustainability ___ Note

NOTE

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