Lavorare come un uomo, lavorare come una donna | di Jacqueline Monica Magi

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 LAVORARE COME UN UOMO, LAVORARE COME UNA DONNA  di Jacqueline Monica Magi - Giudice del Lavoro presso il T ribunale di Livorno  Siamo in anni in cui la parità dei sessi appare conquistata pienamente anche in Italia. Abbiamo scritto “appare”. Certo non sono più gli anni ‘60 in cui le donne non erano ancora ammesse alla magistratura, neanche gli anni ‘90 in cui ancora le donne non erano ammesse nei ruoli militari ma molto molto è ancora da fare sulla strada dell’effettiva uguaglianza dei diritti fra uomo e donna. L’aspetto più evidente è l’organizzazione del lavoro con tempi prettamente “maschili”, che non tengono conto dei tempi della famiglia e della “cura” dove con “cura” si intendono i tempi dedicati alla cura appunto degli anziani, dei soggetti deboli della famiglia, dei valori della casa. E’ singolare come perfino i generali dell’antica Roma durante le campagne di espansione dell’Impero riservassero tempo alla cura dei penati, gli dei protettori della famiglia, ma come questo tempo sia trascurato dal tempo del lavoro odierno di impronta maschile. Quanto detto fu oggetto di amplio dibattito fra i movimenti di emancipazione femminile negli anni ’80, che elaborarono una precisa proposta sui “tempi” del lavoro e della cura. Appare incredibile ma 20 anni dopo la politica e la società non hanno saputo (o voluto?) fare un passo avanti su questo tema. Le donne che hanno voluto esprimersi sul lavoro hanno dovuto affrontare enormi difficoltà in questi anni di emancipazione, sobbarcandosi la professione e contemporaneamente la famiglia. Non stupisce che molte donne che giungono adesso ai vertici della carriera abbiano rinunciato ai figli, né stupisce lo stress che coglie le donne che svolgono professioni delicate e di grande responsabilità e contemporaneamente allevano e crescono dei figli. Eppure sempre più donne vincono questa sfida e ciò le rafforza. Contemporaneamente l’ingresso della donna nel mondo delle professioni sta  provocando un lento ma inevitabile nuovo modo di gestire il lavoro stesso. Al periodo iniziale in cui le donne più che portare la loro specificità cercavano di adeguarsi ai modi e ai tempi maschili, adeguandosi anche nel vestire ( tailleur  pantaloni e addirittura cravatta, quanto comunque di meno femminile possibile), sta sostitu endosi un modo di lavorare che adegui le esigen ze del lavoro alle esigenze del femminile, che sono poi esigenze sacre e rese tali dalla Chiesa stessa nonché tanto sbandierate dalla demagogia politica ( in nessuna nazione si parla tanto della famiglia come in Italia, in nessun luogo il sacro valore della famiglia limita le libertà personali dei singoli come in Italia, basti pensare alle leggi sulla famiglia, il divorzio, la  procreazione assistita, l’aborto). Si osservano così professioniste che si portano i figli al lavoro, anche piccoli ed in  periodo di allattamento, e la presenza dei bambini negli uffici, anche in quelli  pubblici, non ha ostacolato il lavoro, ha invece permesso alle madri di lavorare Associazione centrodonna Evelina de Magistris - www.evelinademagistris.it Materali di studio e riflessione in occasione dell’incontro “per ripensare assieme al lavoro...” | Livorno - 11 Dicembre 2010

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8/8/2019 Lavorare come un uomo, lavorare come una donna | di Jacqueline Monica Magi

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LAVORARE COME UN UOMO, LAVORARE COME UNA DONNA di Jacqueline Monica Magi - Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Livorno Siamo in anni in cui la parità dei sessi appare conquistata pienamente anche in Italia.Abbiamo scritto “appare”.Certo non sono più gli anni ‘60 in cui le donne non erano ancora ammesse allamagistratura, neanche gli anni ‘90 in cui ancora le donne non erano ammesse nei

ruoli militari ma molto molto è ancora da fare sulla strada dell’effettiva uguaglianzadei diritti fra uomo e donna.L’aspetto più evidente è l’organizzazione del lavoro con tempi prettamente“maschili”, che non tengono conto dei tempi della famiglia e della “cura” dove con

“cura” si intendono i tempi dedicati alla cura appunto degli anziani, dei soggettideboli della famiglia, dei valori della casa.

E’ singolare come perfino i generali dell’antica Roma durante le campagne diespansione dell’Impero riservassero tempo alla cura dei penati, gli dei protettori dellafamiglia, ma come questo tempo sia trascurato dal tempo del lavoro odierno di

impronta maschile.Quanto detto fu oggetto di amplio dibattito fra i movimenti di emancipazionefemminile negli anni ’80, che elaborarono una precisa proposta sui “tempi” dellavoro e della cura. Appare incredibile ma 20 anni dopo la politica e la società non

hanno saputo (o voluto?) fare un passo avanti su questo tema.Le donne che hanno voluto esprimersi sul lavoro hanno dovuto affrontare enormi

difficoltà in questi anni di emancipazione, sobbarcandosi la professione econtemporaneamente la famiglia. Non stupisce che molte donne che giungono adesso

ai vertici della carriera abbiano rinunciato ai figli, né stupisce lo stress che coglie ledonne che svolgono professioni delicate e di grande responsabilità econtemporaneamente allevano e crescono dei figli.Eppure sempre più donne vincono questa sfida e ciò le rafforza.

Contemporaneamente l’ingresso della donna nel mondo delle professioni sta provocando un lento ma inevitabile nuovo modo di gestire il lavoro stesso.Al periodo iniziale in cui le donne più che portare la loro specificità cercavano diadeguarsi ai modi e ai tempi maschili, adeguandosi anche nel vestire ( tailleur 

 pantaloni e addirittura cravatta, quanto comunque di meno femminile possibile), sta

sostituendosi un modo di lavorare che adegui le esigenze del lavoro alle esigenze delfemminile, che sono poi esigenze sacre e rese tali dalla Chiesa stessa nonché tantosbandierate dalla demagogia politica ( in nessuna nazione si parla tanto della famigliacome in Italia, in nessun luogo il sacro valore della famiglia limita le libertà personali

dei singoli come in Italia, basti pensare alle leggi sulla famiglia, il divorzio, la procreazione assistita, l’aborto).Si osservano così professioniste che si portano i figli al lavoro, anche piccoli ed in

  periodo di allattamento, e la presenza dei bambini negli uffici, anche in quelli

  pubblici, non ha ostacolato il lavoro, ha invece permesso alle madri di lavorare

Associazione centrodonna Evelina de Magistris - www.evelinademagistris.it

M a t e r a l i d i s t u d i o e r i f l e s s i o n e i n o c c a s i o n e d e l l ’ i n c o n t r o

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tenendosi vicini i figli o per allattarli o per fargli fare i compiti, a seconda della loroetà. Ovviamente la possibilità che si istituiscano asili aziendali è tanto remota quantol’attenzione reale e non demagogica posta attualmente alle esigenze della “cura”.

I bambini hanno ingentilito e rese umane molte realtà lavorative, contribuendo così

ad avvicinare spesso il mondo del lavoro alla realtà. Stessa cosa che sta facendo laspecificità femminile quando la donna non teme più il confronto con l’uomo e ha laforza, anche contrattuale e psicologica, di affermare le esigenze della realtà nelle

 professioni.Una donna ad esempio tiene conto delle esigenze della scuola di figli e del lorocalendario nel fissare il proprio calendario lavorativo, distribuendo gli impegni inmodo da rispettare “i tempi della vita”, le feste. Un uomo può fissare impegni anche

la vigilia di Natale, forse neanche se ne rende conto, tanto il lavoro giustifica tutta lasua mancanza di attenzione alla famiglia…o alla realtà?Una donna conduce il proprio lavoro in modo veloce e concreto, dovendo per forza

abolire qualsiasi tempo morto: ricordo al contrario udienze di Tribunale in cui ilcollegio, composto da tre uomini senza figli, faceva udienza fino alle 20 di sera contempi lentissimi per ogni decisione: finalmente due di questi giudici ebbero figli e itempi delle udienze si velocizzarono, anche se non troppo!Una donna soprattutto non ha mai paura di prendere decisioni e responsabilità,abituata a quotidiane decisioni che riguardano temi ben più importanti e delicati di

quelli professionali quali possono essere quelle sulla salute e la vita dei figli.Rimane da augurarsi che si acceleri la “femminilizzazione” delle professioni nelsenso di portarvi sempre più senso pratico, capacità decisionale, attinenza alla realtà.

Questo augurio vale in particolare per la politica italiana dove ormai l’astrattezzamaschile e la sua inconcludenza regnano sovrane!

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