L'avete fatto a me · 2012-04-12 · Cuore sono fra il centro città e la foresta, subito ... Una...
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Associazione L’Avete Fatto a Me
Medici e Operatori socio-sanitari per la Formazione a Sud del Mondo Via Copernico, 7 - 20125 Milano
telefono-fax 0267070557; e-mail: [email protected]
L'avete fatto a me
Cooperazione e Sviluppo per la salute nei P.V.S. Medici, infermieri, psicologi, educatori e amministrativi per la Formazione del personale locale a Sud del Mondo.
Anno 7, n. 4 Newsletter luglio - agosto 2010
Cari amici, colgo l’occasione da questa nuova newsletter per mandare a tutti voi un augurio di buone vacanze e per ringraziare affettuosamente i tanti volontari che con costanza, professionalità ed entusiasmo stanno dedicando il loro tempo ai progetti formativi a Sud del Mondo. Penso al gruppo di lavoro sul Madagascar che si sta trovando per conoscere e programmare la formazione di medici e operatori che ad Ambositra lavorano in ambito psichiatrico. Penso al gruppo Cameroun che si appresta a compiere l’ultimo viaggio quest’estate a Garouà per la formazione degli educatori che si occupano di ragazzi di strada; penso al gruppo di lavoro Perù che sta programmando per la missione di novembre la formazione agli educatori che a S. Luìs si occupano di ragazzi con disabilità. Penso ai medici volontari che sono appena rientrati dalla seconda missione presso l’ospedale di Gouekè in Guinea Conakry. Penso al gruppo di lavoro sul Congo che sta programmando
gli interventi formativi per gli educatori che si occupano di ragazzi di strada a Kisangani ed in particolare penso a Luana e Marco che partiranno per un lungo periodo. Penso ai volontari che stanno verificando insieme con le Ong italiane nuove proposte formative, come la Cambogia, il Congo R.D. e a tutti i nostri volontari che pur non partendo in missione contribuiscono nella stesura e rendicontazione dei progetti, nella preparazione dei seminari. Un grazie anche a tutti coloro soci e amici che non ci fanno mai mancare il loro sostegno Davvero grazie a tutti per il tempo che riuscite a dedicare agli altri. Il nome della nostra Associazione, “L’avete fatto a me”, ci rimanda ad un ben-essere condiviso con gli ultimi, con i poveri, con i malati. In questo periodo estivo auguro un ben-essere anche a chi avrà la possibilità di riposarsi delle fatiche lavorative e passerà buoni momenti con la famiglia e gli amici.
Marco Goglio
Associazione L’Avete Fatto a Me
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25 e 26 settembre a Barzio presso la sede del COE: seminario
“Formare e formarsi: esperienze sul campo nella Cooperazione allo Sviluppo”
(vi invieremo al più presto il programma)
Venerdì 9 Luglio alle ore 19,30 siete invitati
nel giardino di Roberta a Como in via Milano, 235 per trascorrere insieme una serata
con i racconti di viaggio a S.Luìs - Perù
“Progetto Encuentro”
serata musicale con Maurizio Aliffi e Flavio Minardo
musica jazz
E’ gradito il contributo di un piatto freddo, un dolce…… da condividere insieme!
Per info:
Roberta Marzorati 338 2583020
Vi aspettiamo!
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In missione a Kisangani presso le Maisons S. Lurent e Bakhita
in Congo R.D. SAINT LAURENT e BAKHITA
KISANGANI
Terza città della Repubblica Democratica del
Congo, sorge a est del paese ad un’ ora e
mezza di volo dalla capitale Kinshasa. Sa
adagia alla confluenza del fiume Lindi col
grande fiume Congo che qui in realtà non ha
ancora l’ampiezza chilometrica che assume
più valle.
È una città sporca, ma in continuo
movimento, c'è un certo ordine nel caos che
abbiamo visto; lungo le strade c’è sempre
tanta tanta tanta gente, tanti tanti tanti
bambini, nessun taxi pulmino come quelli di
Kinshasa ma solo taxi moto e taxi bici,
attività molto diffusa. L’idea che ci siamo
fatti è che questa città di oltre 800.000
abitanti di fatto sia un grande villaggio in cui
ogni giorno confluiscono nuove persone dalle
zone limitrofe in cerca di nuove opportunità.
L’anima pulsante di Kisangani è
indubbiamente il mercato, molto
caratteristico per i colori, gli odori e il flusso
di persone e di merci che transitano da lì. Il
mercato è però anche il punto in cui
convergono tutti i bambini di strada che qui si
uniscono in piccoli gruppi, facilmente
riconoscibili, nel tentativo quotidiano di
sopravvivere facendo qualche piccolo furto o
chiedendo l’elemosina.
Fuori dal centro abitato domina ancora
incontrastata una natura imponente e
pressoché incontaminata.
(il paesaggio nei pressi delle due Maisons)
Molti i negozietti e i chioschi dei venditori
ambulanti che vendono frutta, manioca, pane,
schede telefoniche, elettricità per caricare i
cellulari, sacchetti d'acqua e fazzoletti di
carta; pochissime le aziende: un birrificio, la
centrale idroelettrica, una banca ed un ufficio
postale.
Manca spesso l’elettricità e chi può si
arrangia con i gruppi elettrogeni (la benzina
costa 1 dollaro al litro). Dall’ indipendenza
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del 1960 la città, come Kinshasa, è stata
completamente lasciata a sé: niente stato è
più stato ristrutturato e nessuna nuova
infrastruttura importante è iniziata.
Anche qui come a Kinshasa, i fenomeni di
corruzione sono molti diffusi.
L’area di Kisangani è nota per le ricchezze
del sottosuolo: infatti poco distante ci sono
importanti giacimenti di diamanti e di oro che
sono gestiti, ovviamente, da compagnie
straniere; questo fa si che il volume di affari
che da qui si genera tocca davvero
marginalmente la popolazione locale, che
viene utilizzata soprattutto per le opere di
scavo, ma questo ahimè è un fatto risaputo
qui in Africa….
(un’ immagine di Kisangani) A parte il centro città, le strade secondarie
sono di terra rossa (limonite). Il fondo
stradale spesso si modifica in seguito alle
piogge. Le case del centro sono le vecchie
costruzioni coloniche ormai in condizioni un
po’ fatiscenti; iniziano a vedersi però molte
nuove case in mattoni nei quartieri
residenziali in via di sviluppo; nelle zone più
lontane sono invece ancora ampiamente
presenti le tipiche case coi muri fatti di fango
e graticci di legno e il tetto di fronde di
palma.
Le MAISONS SAINT LAURENT e
BAKHITA (riconosciute dall’Unicef come
uniche strutture che accolgono i ragazzi di
strada a Kisangani)
Le case dei Dehoniani Sacerdoti del Sacro
Cuore sono fra il centro città e la foresta,
subito dopo il quartiere residenziale chiamato
Plateau, zona residenziale cresciuta dopo
l’apertura della strada da Padre Giovanni, per
raggiungere le due strutture: Saint Laurent
(casa maschile) e Bakhita (casa femminile).
Ci si arriva comunque facilmente in circa 40
minuti dal centro, salvo durante le grandi
piogge: le strade infatti diventano torrenti di
fango ed il ponticello che attraversa un fosso
viene sommerso dal fiumiciattolo che
straripa. A parte il primo giorno in jeep (di
proprietà della congregazione dei Dehoniani)
le case, che non dispongono di mezzi propri,
le raggiungevamo in taxi moto, alcuni degli
educatori hanno il boda-boda ( un motorino
molto diffuso qui e simile ai nostri scooter),
ma la maggior parte di loro raggiunge i due
centri a piedi.
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(La maison Saint Laurent vista dal campo sportivo)
Saint Laurent è la struttura più grande
disposta a rettangolo aperto con un giardino
al centro, è fatta di mattoni e cemento con il
tetto il lamiera, nel quale ci sono l’ufficio di
Fidel (responsabile dei centri, psicologo e
coordinatore degli educatori). Le due classi di
alfabetizzazione ed il laboratorio nel quale
producono le chitarre.
La cucina è esterna alla struttura principale,
ed è molto essenziale. C’è un braciere
(carbone o legna) sul quale preparano i piatti
del giorno La loro dieta è a base di riso,
manioca, fagioli, pesce, mais, pomodori e
carne. L’acqua arriva da un pozzo.
Le due classi l’alfabetizzazione ospitano
circa 20-25 ragazzi per volta e sono in uno
stato discreto. Ci sono lavagne, banchi e
panchine e una sufficiente quantità di
materiale didattico (che arriva con una certa
regolarità).
(una delle classi di alfabetizzazione)
L’ala di fronte all’ingresso è occupata quasi
esclusivamente dalle stanze da letto. Non
sono molti i letti in confronto agli ospiti;
questo perché, soprattutto i più piccoli,
dormono in 2 o 3 su ogni letto. Non tutti i
letti sono dotati di zanzariere e gli armadietti
per conservare le proprie cose sono un
beneficio che hanno solo i più grandi. C’è un
problema igienico legato ai materassi: molti
bambini piccoli fanno ancora la pipì a letto:
dopo vari tentativi si è pensato alla soluzione
di usare degli stuoini che fanno asciugare sul
prato la mattina, facilmente reperibili in loco,
ma piuttosto delicati e fragili.
(all’interno di una delle stanze da letto)
L’ala di sinistra invece è occupata da un
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locale svago solo con una piccola televisione
e dei tavoli sui quali i ragazzi guardano la tv.
C’è anche un laboratorio dove un padre
comboniano, che insegna in una scuola di
teologia lì vicino, ha avviato un attività
artigianale per la costruzione di chitarre
elettriche.
Fuori da questa struttura c’è uno spazio
coperto che fa da zona di gioco, dove si
riuniscono il mercoledì con gli educatori per
fare riunioni plenarie. All’occasione, si è
pensato di utilizzarlo per rappresentazioni
teatrali. La prima è stata messa in scena il 24
aprile.
Dietro la maison Saint Laurent c’è un campo
di calcio (i ragazzi improvvisano il pallone
con stracci o plastica tenuti insieme con dello
spago), vicino al quale ci sono una decina di
stagni artificiali realizzati per l’allevamento
delle carpe e delle tilapie.
Una volta al mese, a rotazione, gli stagni
vengono prosciugati ed il pesce raccolto, non
molto, viene utilizzato per l’alimentazione
dei ragazzi. Viene mangiato fresco; quello
secco e sotto sale, viene acquistato. Oltre agli
stagni ci sono parecchi ettari di terreno che
una volta bonificato, potrà essere utilizzato
per l’agricoltura o l’ allevamento.
Bakhita sorge sul lato opposto della strada
rispetto alla maison Saint Laurent. La
struttura architettonica è molto simile a quella
maschile, solo più piccola. Al centro non c’è
il prato, ma solo ghiaia.
(il cortile interno di Maison Bakhita)
GLI OSPITI
I maschi sono 118 e le femmine più o meno
50. Il numero è variabile a causa del fatto che
alcuni ragazzi (pochi) rientrano in famiglia,
altri scelgono di nuovo la strada piuttosto che
le regole e la disciplina di un percorso
educativo, così come oggi è impostato.
Nonostante esista già un percorso di
accoglienza per i nuovi ospiti (da migliorare
a nostro parere nei tempi e nelle azioni), una
volta inseriti nella comunità ci sono molti
ragazzi che lamentano comunque il persistere
di un certo stato di abbandono, che assume le
connotazioni di una pressoché totale assenza
degli interventi educativi da parte del team di
educatori, circa 10 per le due maisons, a
prevalenza maschile (vedi paragrafo
dedicato).
Possiamo suddividere i ragazzi per classi di
età in 3 macro gruppi:
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I più piccoli (3-6 anni) che rappresen-
tano il gruppo meno numeroso
I piccoli (6-13), il più numeroso (circa
il 50% del totale)
Gli adolescenti (14-18)
Ci sono poi alcuni giovani di circa 20 anni
ancora presenti nella maison maschile che
non hanno ancora lasciato la struttura per
mancanza di un lavoro che permetta loro di
mantenersi economicamente.
(Luana mentre intervista Patrick, l’ospite più grande
di Saint Laurent)
Le bambine hanno un’età media più bassa; è
probabile che ciò sia legato al fatto che
alcune di loro riescono a trovare una
sistemazione più velocemente rispetto ai
ragazzi: abbiamo notato infatti, girando per la
città, che sono molte più le donne ad avere un
occupazione, magari anche molto precaria ed
umile, a dispetto degli uomini, molti dei quali
passano le loro giornate al bar a bere birra.
Quasi tutti gli ospiti in età scolare hanno
frequentato almeno un anno delle scuole
primarie (che comprende il nostro ciclo delle
elementari più le medie) prima di essere
abbandonati dalle famiglie. GLI EDUCATORI
L’equipe degli educatori oggi è composta da
circa una decina di persone, di cui 4 donne. Il
coordinamento delle loro attività è curato da
Fidel, uno psicologo di 45 anni che si è
specializzato proprio sui percorsi rieducativi
e di reinserimento sociale dei bambini di
strada. Fidel collabora con Padre Giovanni
dai tempi dell’ apertura della maison Saint
Laurent verso gli inizi degli anni ’90, e ha via
via acquisito maggiori responsabilità ed
autonomia organizzativa. Oggi gestisce in
prima persona il percorso di accoglienza dei
nuovi ospiti.
Ci sono poi due insegnanti che si occupano di
alfabetizzazione, Jean Baptiste e Juditte, e
due infermiere che a turno danno la loro
reperibilità per i due centri.
Il resto del gruppo è composto da educatori
che non hanno un titolo di studio
specialistico.
Nella maison Saint Laurent Leli fa le pulizie
e si occupa di coordinare i ragazzi che a turno
preparano i pasti; Zau e Nico sono i
responsabili del centro durante la notte,
Michelle si occupa degli aspetti
amministrativi. A Bakhita invece è quasi
sempre presente Suor Regine che si occupa
prevalentemente della cucina, e Denise che è
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una delle due infermiere. Ci sono poi Fourà
che aiuta i più piccoli a lavare i panni, Albert
che segue prevalentemente il controllo di tutti
gli ospiti e Chico che affianca Fidel
nell’attività periodica di incontro con le
famiglie che hanno abbandonato i propri figli
in strada. LE ATTIVITA’
Tutti i ragazzi, al momento del loro ingresso
in comunità, sono seguiti da Fidel che si
occupa della loro accoglienza: questo primo
momento è particolarmente delicato perché
molto spesso il rifiuto a voler iniziare un
percorso all’ interno della comunità dipende
proprio da quanto il nuovo ospite si sia
sentito accettato e supportato in questa prima
fase.
Durante la nostra permanenza abbiamo
assistito ad un colloquio di accoglienza di un
nuovo ospite.
(l’accoglienza di Jacques, 9 anni)
Fidel cerca innanzitutto di mettere a proprio
agio il bambino offrendogli magari del cibo,
ed iniziando poi a porgli alcune domande
relative al contesto di provenienza, le
dinamiche di abbandono, la storia della
famiglia, compilando successivamente un
documento anagrafico che costituisce la carta
di identità del bambino. Fidel ci ha spiegato
che molto spesso il nuovo ospite ha difficoltà
a raccontare la vera storia che gli è capitata,
per la paura che rivelando il nome e
l’indirizzo dei propri genitori, essi possano
ritorcersi nuovamente contro di lui. Spesso ci
vogliono diversi incontri prima che il
bambino si senta libero di poter parlare senza
paura.
Dopo la fase di accoglienza, trascorse le
prime 2-3 settimane di ambientamento, il
nuovo ospite viene inserito nei gruppi di
lavoro, così suddivisi:
Pulizie degli spazi comuni
Preparazione dei pasti
Lavaggio dei piatti
Ciascun ospite, a rotazione nell’ arco del
mese, si occupa di tutte e tre le attività.
Ognuno poi provvede a lavarsi i panni, salvo
i più piccolini che vengono aiutati.
Un’ altra importante attività è quella che
viene fatta con le famiglie: uno degli obiettivi
principali delle maisons è infatti quello di
reinserire nella famiglia di origine i ragazzi/e,
e per far ciò sono necessari degli incontri di
avvicinamento a questa scelta che permettano
alle famiglie di considerare in modo
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responsabile la possibilità di riaccogliere il
proprio bambino/a precedentemente
abbandonato. Non abbiamo dei numeri
precisi, ci hanno detto però che i casi di
reinserimento sono abbastanza frequenti
anche se molto complessi. Spesso infatti
questo percorso è lungo e laborioso perché le
difficoltà economiche in cui riversano queste
famiglie ostacolano non poco la
determinazione a questo genere di scelta. Una
volta reinserito il ragazzo, Fidel, assieme ad
alcuni educatori, monitora per un certo
periodo il successo di questo reinserimento.
I feedback degli incontri con le famiglie
vengono registrati nei moduli cartacei .
Le altre attività delle maison sono: sport
(calcio), teatro, letture, lavoro nei campi e
manutenzione degli stagni; le ragazze sono
molto brave a creare monili e collane con le
perline oppure a realizzare bottiglie di sabbia
colorata.
I ragazzi e le ragazze che dopo il percorso di
alfabetizzazione dimostrano inclinazione e
motivazione per lo studio vengono iscritti ,
quando possibile, nelle scuole secondarie
della città iniziando così un reinserimento
sociale. Le rette scolastiche sono care (100 $
all’ anno) e tali importi attualmente vengono
gestiti grazie all’ opera di Padre Giovanni. È
chiaro che l’avvio di attività economiche
presso le due strutture, non solo darà
professionalità e quindi futuro agli ospiti più
grandi, ma permetterà da un lato di rendere
quasi-autonomo il centro e dall’ altro aprire
ad un numero maggiore di bambini/e
l’iscrizione alle scuole di Kisangani.
La maggior parte del tempo, al di fuori dei
momenti di scuola e di studio, viene gestito
liberamente dagli ospiti che con molta
fantasia e creatività si inventano giochi di
gruppo o si dilettano nella costruzione di
piccoli oggetti di terra cotta davvero di
pregevole fattura.
Una volta a settimana, di solito il mercoledì,
nello spazio di gioco e svago posto all’
esterno della maison Saint Laurent, Fidel e
Jean Baptiste, coordinano una riunione
plenaria in cui si raccolgono le impressioni
sulle attività svolte durante la settimana, si
manifestano eventuali situazioni
problematiche e si condividono i programmi
per la settimana successiva.
Le due case e la popolazione ivi accolta,
ospitano i ragazzi per un periodo mediamente
molto lungo, almeno di sei anni. Il turn over
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infatti è molto basso, segno che dopo un
primo periodo difficile di adattamento, gli
ospiti scelgono le maisons alla strada. La
struttura si appoggia ad un paio di abitazioni
presso cui vanno gli ospiti adulti che iniziano
ad avere un reddito, dividendosi le spese.
Queste strutture sono una soluzione ponte tra
la vita delle maison e l’ingresso in società.
Abbiamo constatato che molto spesso è la
figura femminile quella che allontana il
proprio figlio o il figlio del nuovo compagno,
utilizzando la scusa della stregoneria come
motivazione dell’abbandono. Si è accusati
molto facilmente di stregoneria: è sufficiente
che il televisore non funzioni
improvvisamente perchè il bambino di troppo
sia maligno. Qualche volta è il più debole,
altre volte il più vivace, molto spesso
semplicemente il diverso. La religione ha
influito enormemente sulla diffusione di
questo fenomeno: come è noto, molte
famiglie vengono “adescate” dai messaggi
paranoici e catastrofici dei molti
oratori/sobillatori delle cosiddette “nuove
chiese/ sette religiose” sparsi ad ogni angolo
della città.
Il vecchio modello della famiglia africana
allargata in questo periodo di crisi economica
di cui ne risente anche l’Africa, è ormai in
crisi. Dalle interviste fatte, abbiamo
chiaramente capito che la diffusione del
fenomeno dei ragazzi di strada è strettamente
correlato alla povertà delle famiglie di
origine. Nessun bambino delle maisons
proviene da famiglie agiate.
Ci ha colpito la quantità di ragazzi epilettici,
almeno 5. I ragazzi più adulti sono
tendenzialmente un po’ dimessi, hanno
temuto il confronto con noi a differenza dei
più piccoli che sono sembrati naturalmente
più spontanei, ma forse era solo la ricerca di
un contatto con una figura genitoriale. I più
grandi sono ovviamente molto maturi, più
grandi dell’ età che hanno, ed hanno una
buona cultura; qualcuno, come Patrick, ha
davvero voglia di riscattarsi. Le bambine
invece hanno un età media più bassa e sono
meno numerose. Sembra che sia dovuto al
fatto che nelle famiglie in difficoltà la figlia
femmina sia più utile nelle faccende
domestiche , quindi viene meno accusata e
cacciata per stregoneria. Nella maison
Bakhita, almeno un paio di ragazze sono
malate di AIDS (anch’essa dimostrazione di
essere stregoni).
Per concludere, l’esperienza vissuta in questa
settimana a Kisangani, ci ha permesso di
conoscere ed entrare in contatto con una
realtà molto problematica, non solo per un
discorso economico e sociale, ma anche
culturale. Saremo noi gli ospiti e crediamo
che dovremo essere noi i primi ad aprire un
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dialogo e a farci accettare, dando loro il
tempo necessario, senza imporre nulla.
La consapevolezza della delicatezza del ruolo
di educatore sarà uno degli aspetti centrali di
questo progetto, a cui si legheranno via via
poi tutti gli altri: sanità e igiene, percorsi
professionalizzanti, accesso alle
informazioni, creazione di forme di economie
di scala che portino le strutture all’ auto
sussistenza, nuove infrastrutture. È chiaro,
ma è doveroso ribadirlo, che tutto ciò non
sarà possibile nell’ arco dei due anni previsti,
forse nemmeno la metà di quanto verrà
disegnato si realizzerà pienamente.
Crediamo però che l’importante sia
soprattutto cercare di trasmettere un po’ di
positività e voglia di fare, accanto
all’immensa testimonianza e della forza di
volontà di un uomo come Padre Giovanni.
Abbiamo conosciuto però tanti ragazzini e
ragazzine pieni di curiosità, vivacità e voglia
di sapere; questo è un buon segno:
cercheremo di dar loro la possibilità di
scegliere quale futuro avere.
Marco e Luana