L’autore e lo spettatore.pdf

27
L’autore e lo spettatore. La costruzione del punto di vista Thursday, February 22, 2001 di Massimo Calanca http://www.cinemavvenire.it/magazine/articoli.asp? IDartic=327 PIANO PER LA PROMOZIONE DELLA DIDATTICA DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO ED AUDIOVISIVO NELLA SCUOLA Lezione del Corso Unitario Il dialogo dello spettatore con il film di Massimo Calanca direttore di CinemAvvenire Nel primo anno del corso integrato di formazione e sperimentazione della didattica del linguaggio cinematografico ed audiovisivo previsto dal Piano Nazionale, sono stati affrontati gli elementi fondamentali di questo linguaggio, come l’inquadratura, il suo rapporto con la realtà, il movimento, i primi elementi del montaggio. Nella seconda annualità è previsto l’approfondimento del montaggio, nei suoi vari aspetti e tipologie, per poi arrivare con il terzo anno ad affrontare a pieno titolo la narrazione.

Transcript of L’autore e lo spettatore.pdf

Page 1: L’autore e lo spettatore.pdf

L’autore e lo spettatore. La costruzione del punto di vista

Thursday, February 22, 2001

di Massimo Calanca

http://www.cinemavvenire.it/magazine/articoli.asp?

IDartic=327

PIANO PER LA PROMOZIONE

DELLA DIDATTICA DEL LINGUAGGIO

CINEMATOGRAFICO ED AUDIOVISIVO

NELLA SCUOLA

Lezione del Corso Unitario

Il dialogo dello spettatore con il film

di Massimo Calanca

direttore di CinemAvvenire

Nel primo anno del corso integrato di formazione e

sperimentazione della didattica del linguaggio

cinematografico ed audiovisivo previsto dal Piano

Nazionale, sono stati affrontati gli elementi fondamentali

di questo linguaggio, come l’inquadratura, il suo rapporto

con la realtà, il movimento, i primi elementi del

montaggio.

Nella seconda annualità è previsto l’approfondimento del

montaggio, nei suoi vari aspetti e tipologie, per poi

arrivare con il terzo anno ad affrontare a pieno titolo la

narrazione.

Page 2: L’autore e lo spettatore.pdf

La questione del punto di vista dell’autore e dello

spettatore si porrà, evidentemente, nella sua completezza

soltanto affrontando il modo di rappresentare, esprimere e

raccontare del film in tutti i suoi aspetti. Ma è possibile

e utile soffermarci, già alla fine di questo primo anno, su

un primo livello del rapporto tra autore e spettatore nella

costruzione del punto di vista nel testo cinematografico ed

audiovisivo.

Infatti, già le conoscenze acquisite in questo primo anno

ci permettono di intendere la lettura del testo filmico,

analogamente a quella del testo scritto, non come un

semplice passaggio di informazioni da un’emittente

(l’autore) ad un ricevente (lo spettatore), ma come un

rapporto reciproco a due direzioni, nel quale entrambi i

soggetti – anche se con ruoli e poteri diversi – concorrono

attivamente alla creazione del testo.

Nel convegno di avvio del Piano (nel Febbraio 2000) ho

indicato una serie di elementi, indagati dai teorici del

cinema e dalla ricerca psicologica, che concorrono a

rendere particolarmente incisive le opere cinematografiche,

rispetto ad altri tipi di testo: elementi di carattere

strutturale, caratteristici del linguaggio cinematografico,

che si intrecciano ad elementi che riguardano più in

generale la struttura della narrazione.

Ho parlato della identificazione primaria e secondaria

(cioè da un lato con la macchina da presa e con lo sguardo;

e dall’altro con i personaggi e le situazioni); del grande

lavoro mentale necessario a riempire i vuoti tra i

fotogrammi e a ricostruire la realtà esterna

all’inquadratura; della somiglianza con l’ipnosi dello

stato dello spettatore; dell’analogia tra immagini filmiche

e il linguaggio del sogno e dell’inconscio; e infine del

Page 3: L’autore e lo spettatore.pdf

carattere edipico dei racconti e dell’analogia tra la

struttura della narrazione ed il mito dello sviluppo e

della crescita personale di ogni spettatore.

Questi elementi, pur nella loro straordinaria forza

evocativa e trasformativa, suggestiva e catartica, non

agiscono a senso unico (cioè dal film allo spettatore), ma

in entrambe le direzioni. Già i primi teorici del cinema,

da Münstemberg, a Mitry a Kracauer, si erano accorti di

questo. Scriveva già Kracauer nel 1960 che, durante la

visione del film, siamo coinvolti in due direzioni “verso e

dentro il film e in esplorazione verso noi stessi. Il

processo innescato non è più di sola adesione allo

spettacolo filmico, ma di scambio… non più un messaggio ma

un rapporto”.

Questo dipende in parte dalle stesse caratteristiche degli

elementi strutturali del linguaggio cinematografico cui ho

accennato; ed in parte dall’atteggiamento, dalla

disponibilità e dagli schemi mentali dello spettatore.

Gli schemi cognitivi ed emotivi, le immagini interne, il

sistema di conoscenze, esperienze e convinzioni, le

sceneggiature o script interiori (come vedremo), in altre

parole l’intero “mondo interno” dello spettatore, entrano

in un dialogo continuo con tutti gli aspetti del film

(significanti e significati, strutture narrative, ecc.); un

dialogo che non solo modifica, ma ricrea il film stesso,

fino a farne al limite un’opera diversa ad ogni fruizione.

A queste conclusioni sono arrivate, con percorsi diversi,

le varie discipline che hanno affrontato la comprensione

del fenomeno cinematografico ed audiovisivo e la lettura

del film come testo: dalle teorie del cinema cui accennavo,

alle più recenti e meno ambiziose teoriche, alla psicologia

Page 4: L’autore e lo spettatore.pdf

(sia psicodinamica, che cognitiva e psicosociale), alla

semiotica.

In particolare la semiotica, dopo la fase strettamente

strutturalista, è passata ad una impostazione testualista,

che considera lo spettatore non più solo un decodificatore

ma un vero interlocutore.

In questo passaggio, essa si è ulteriormente specializzata

in due diversi approcci, che sono strettamente intrecciati

ma hanno una propria specificità: l’approccio generativo,

più interessato a comprendere come il film e il prodotto

audiovisivo prevedono la presenza dello spettatore e

cercano di entrarci in rapporto; e l’approccio

interpretativo, che indirizza la propria attenzione alle

mosse del fruitore per avvicinarsi al testo, entrarci in

rapporto e dare ad esso un senso.

L’approccio generativo, per grandi linee, si potrebbe

definire come lo studio delle strategie dell’autore per

coinvolgere lo spettatore nel testo.

L’approccio interpretativo, specularmente, come lo studio

delle caratteristiche dello spettatore e dalle strategie da

lui utilizzate per dialogare con il testo.

(Le lezioni di Vito Zagarrio e di Guido Chiesa nell’ultimo

incontro del corso unitario hanno privilegiato il primo,

cioè l’approccio generativo. Io vorrei parlare soprattutto

del secondo, cioè di quello interpretativo, perché la mia

esperienza con i giovani di CinemAvvenire si situa

soprattutto a questo livello. Nel nostro lavoro, infatti,

abbiamo un doppio obbiettivo: creare spettatori più

consapevoli e aiutare i giovani a crescere come persone. Ed

entrambi questi obbiettivi richiedono di focalizzare il

nostro interesse sul fruitore, ad essere –se così si può

dire – “dalla parte dello spettatore”. In questo il nostro

approccio è molto simile, sia sul piano strettamente

Page 5: L’autore e lo spettatore.pdf

didattico, che su quello più ampiamente pedagogico e

formativo, a quello degli insegnanti nella scuola).

Umberto Eco ha scritto un famoso libro, Opera aperta,

teorizzando che l’opera d’arte è un processo che non è mai

compiuto una volta per tutte, ma si rinnova continuamente

ad ogni esperienza di fruizione.

In seguito alle obiezioni degli strutturalisti e dopo aver

approfondito la semiotica, con Lector in fabula Eco

arricchì la sua concezione dell’opera aperta con un metodo

che consentisse di mantenere le infinite possibili letture

entro i limiti della correttezza interpretativa del testo,

evitando letture fantasiose, viziate dalle esigenze o

dall’ideologia del fruitore.

Ma ribadiva il carattere aperto dell’opera, disponibile a

svariate possibilità di lettura, anche se essa stessa

prevede una strategia per sollecitare e indirizzare

l’attività interpretativa del lettore.

Per comprendere questa strategia e il meccanismo di

funzionamento del rapporto opera-lettore, Eco elaborò i

concetti di Autore Modello e di Lettore Modello, diversi

dall’autore e dallo spettatore concreti (o empirici).

“Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare”. Ha

bisogno di un destinatario non solo per comunicare, ma

anche per avere un significato. L’autore, “per organizzare

la propria strategia testuale” ha bisogno di raffigurarsi

un lettore che abbia determinate competenze, le quali

“conferiscano un significato alle espressioni che usa”.

Perciò prevede un Lettore Modello capace di cooperare alla

comprensione del testo e di muoversi nell’interpretazione

come egli si è mosso nella creazione. E mentre traduce

questa ipotesi di Lettore Modello nella strategia del

testo, l’autore “disegna se stesso come soggetto

Page 6: L’autore e lo spettatore.pdf

dell’enunciato”, e ciò si manifesta in vari elementi e

passaggi del testo stesso.

Dal canto suo, “anche il lettore concreto deve disegnarsi

un’ipotesi di Autore (cioè un Autore Modello), deducendola

dai dati della strategia testuale”. E questo modello non

coincide con l’autore reale, perché non è sufficiente

conoscere i dati biografici o la psicologia di

quest’ultimo, o il contesto storico-sociale in cui ha

operato, per comprendere come agisce nel testo e la

strategia testuale che persegue; cioè per comprendere

veramente e profondamente il testo e stesso e cooperare

alla sua attualizzazione.

Ovviamente, la conoscenza dell’autore reale e del contesto

storico e culturale in cui l’opera è stata realizzata

restano elementi fondamentali sia per la comprensione del

testo, sia - in particolare nella scuola - per la

formazione complessiva dello studente. Inoltre, sul piano

della motivazione allo studio, gli adolescenti e i giovani

sono particolarmente interessati al dialogo (se non è

possibile concreto, almeno sul piano ideale e fantastico)

con gli autori, che per loro hanno un’aura particolarmente

suggestiva, come esseri umani “speciali”, che non si

limitano a vivere passivamente, ma vogliono influire

attivamente sul mondo, sulla cultura e sulla storia. La

stessa tendenza adolescenziale alla contestazione

trasgressiva degli assetti culturali ed esistenziali del

mondo adulto (quella che Guido Petter chiama “marginalità

psicologica e culturale volontaria”), rende gli autori

potenziali soggetti di identificazione e la loro conoscenza

un qualcosa di grande interesse.

Ma, ancora più importante, per l’attività didattica degli

insegnanti, è tener conto dei lettori e degli spettatori

reali di un testo, cioè degli studenti concreti.

Page 7: L’autore e lo spettatore.pdf

Infatti, il compito della critica testualista, ed ancor più

dell’educazione estetica e letteraria, è quello di far

corrispondere il più possibile il lettore empirico al

Lettore Modello, cioè di aiutare i lettori e gli spettatori

a svolgere positivamente e completamente il ruolo previsto

per loro dalla strategia testuale dell’autore, partecipando

pienamente alla cooperazione interpretativa ed al dialogo

creativo con il testo.

Non si può favorire la conquista della capacità degli

studenti di giocare fino in fondo il ruolo di Lettori o

Spettatori Modello, senza tener conto di loro come studenti

concreti, cioè della fascia di età, del tipo di scuola,

delle caratteristiche della classe, ecc.; e di loro come

singoli individui e come persone reali.

Questo implica, per l’insegnante, di tener conto di una

serie di conoscenze, di carattere sociologico, psicologico,

pedagogico; e anche di carattere interpersonale - cioè nate

da un rapporto concreto con uno studente concreto - ; le

quali vanno intrecciate con le competenze linguistiche,

narratologiche e metatestuali, che riguardano il linguaggio

e la narrazione cinematografica ed emergono dall’analisi

testuale di ogni singolo film. Tutto ciò per ottenere da un

lato, da parte di ogni studente, la comprensione profonda

del testo filmico; e, dall’altro, per facilitare l’entrata

in risonanza del testo con il mondo interiore del bambino o

del ragazzo e con l’insieme dei suoi schemi cognitivi ed

emotivi, per innescare e facilitare processi di maturazione

e di crescita personale.

In questo processo gli insegnanti, con le loro competenze

pedagogiche ed esperienza didattica, hanno il ruolo

maggiore da svolgere nel quadro della collaborazione

dialettica con gli operatori esperti che è alla base del

Page 8: L’autore e lo spettatore.pdf

corso integrato di formazione-sperimentazione previsto dal

Piano.

Per questo il problema del punto di vista nel testo filmico

non è una questione soltanto filologica o semiologica, ma

diventa una concreta esigenza didattica e pedagogica.

C’è un rapporto stretto, ma non pienamente sovrapponibile,

tra il punto di vista dell’Autore e quello dello

Spettatore. Un rapporto in qualche modo speculare.

Il punto di vista con cui l’autore concreto osserva la

realtà in un dato film diventa il punto di vista che

l’autore implicito (o Modello), attraverso una strategia

testuale che si concretizza in scelte espressive e

linguistiche, propone allo Spettatore Modello della sua

opera e, attraverso di lui, agli spettatori reali. E’ una

proposta in qualche modo cogente, cui lo spettatore reale

non può sottrarsi, se non rifiutando il film. Se la

macchina da presa ha girato la scena da un determinato

angolo di ripresa, sarà quello l’angolo visuale da cui lo

spettatore reale è obbligato a guardare il contenuto della

messa in scena o della realtà riprodotta (analogicamente)

dalle immagini.

Ma questo vale essenzialmente a livello percettivo. Ad

altri livelli le cose si fanno più complicate.

Infatti, in quell’angolo visuale, in quella scelta

dell’inquadratura (che esprime il livello del vedere), si

incarnano anche almeno due altri livelli del punto di

vista:

il livello del sapere, cioè quello che l’autore sa e vuol

far sapere allo spettatore attraverso la messa in scena e

l’inquadratura che ce la mostra;

Page 9: L’autore e lo spettatore.pdf

e il livello del credere, cioè un atteggiamento mentale che

manifesta il giudizio dell’autore sull’avvenimento, il suo

sistema di valori e la sua ideologia.

Qui il punto di vista dell’autore e quello dello spettatore

non coincidono più, anzi possono divergere ed entrare in

conflitto. A livello del sapere, ad esempio, possono

verificarsi operazioni scorrette, di manipolazione

interessata, da parte dell’autore reale (come avviene in

tanta fiction commerciale ed in tanta informazione

televisiva). E, a livello del credere, possono essere

compiute vere e proprie operazioni di condizionamento

suggestivo.

Queste focalizzazioni ottiche, cognitive ed ideologiche si

intrecciano poi nel testo filmico con le cosiddette figure

vicarie che rappresentano l’Autore e lo Spettatore e con

altri elementi emblematici che rappresentano la emissione e

ricezione di messaggi.

Possono essere veri e propri Narratori o ascoltatori della

narrazione (i cosiddetti Narratari);

oppure personaggi che rappresentano la emissione e la

ricezione di informazioni (informatori che raccontano,

testimoni che parlano, persone che ricordano, allestitori

di spettacoli, registi, attori ecc., da un lato; e

,dall’altro, personaggi che ascoltano racconti, le figure

di osservatori, i detective e i giornalisti che indagano,

viaggiatori che si inoltrano in territori sconosciuti, fino

a spettatori di cinema e spettacoli diversi nel film);

oppure ancora elementi emblematici come finestre, specchi,

schermi, o cartelli, didascalie, voci over, fino a

soluzioni stilistiche particolarmente espressive, come

inquadrature e movimenti di macchina irreali; e, sul lato

della ricezione, occhiali, cannocchiali, macchine

Page 10: L’autore e lo spettatore.pdf

fotografiche,lenti, binocoli, ecc. (ricordate La finestra

sul cortile di Hitchcock?).

Tutti questi elementi, ed altri ancora che sarebbe troppo

lungo elencare, sono molto importanti in quanto da un lato

indirizzano lo spettatore ad assumere il ruolo previsto per

lui dall’autore, e dall’altro incarnano, e quindi rendono

espliciti, sia il progetto comunicativo che le condizioni

di lettura previste dalla strategia testuale.

Perciò la conoscenza di questi meccanismi, vere e proprie

“marche” che segnano la presenza dell’autore e dello

spettatore impliciti nel testo, è fondamentale per

mantenere, da parte dello spettatore concreto, una certa

capacità di distacco e libertà di giudizio.

Ma soprattutto questa conoscenza è importante “in

positivo”, cioè per leggere il film in profondità, evitando

il più possibile i fraintendimenti e comprendendone

pienamente tutti i livelli: linguistico, rappresentativo,

narrativo e comunicativo.

E cogliendo – su quest’ultimo piano, cioè quello della

comunicazione – l’intera complessità di messaggi del film.

Perché la costruzione del punto di vista coinvolge tutti i

livelli dell’opera filmica, ma è il risultato del livello

comunicativo che ne è più coinvolto, il fine ultimo a cui

tende.

E qui entra in gioco un rischio che è assolutamente

necessario evitare.

La focalizzazione del Piano nazionale sull’insegnamento

degli elementi linguistici del cinema e dell’audiovisivo,

che è stata indispensabile per la correttezza

dell’approccio didattico, non deve farci dimenticare che il

linguaggio “è un’astrazione metodologica”, utilissima ma

parziale. Perché esso nel film “non appare mai da solo”, ma

Page 11: L’autore e lo spettatore.pdf

strettamente intrecciato “ad altri sistemi di

significazione: culturali, sociali, stilistici,

percettivi”, ed anche cognitivi, emozionali ed etici.

Sono tutti questi ambiti che vengono coinvolti nei processi

attivati dal rapporto tra film e spettatore.

Ed è all’insieme di questi aspetti che è necessario far

riferimento in un’attività didattica che voglia essere sia

efficace che pienamente pedagogica; cioè che voglia da un

lato sviluppare negli studenti la capacità di comprensione

corretta e profonda del film, facendone degli spettatori

consapevoli ed esteticamente maturi; e dall’altro si

proponga di contribuire alla loro formazione complessiva

come persone.

Allora la comprensione dei meccanismi di costruzione – e di

comunicazione – del punto di vista diventa una competenza

(tecnica) importante, in quanto non fine a se stessa, ma

allo sviluppo di un dialogo fecondo tra fruitore ed opera

filmica, tra il film ed il suo spettatore, che trasforma di

continuo e profondamente sia l’uno che l’altro.

In quest’ottica diventa molto più significativo comprendere

il meccanismo dell’identificazione primaria (cioè

l’identificazione con il proprio sguardo e con quello della

macchina da presa e dell’autore implicito); e come essa si

articola nei vari piani e campi di ripresa, nelle diverse

angolazioni dell’inquadratura, nelle diverse profondità di

campo, nei movimenti interni all’inquadratura e in quelli

della macchina da presa (uso di panoramiche, carrellate,

gru, dolly, camera a mano, stady-cam,ecc.). Sono tutti

elementi che, insieme a significati denotativi (cioè

informativi puri), portano con sé anche significati

connotativi (cioè accentuazioni emozionali che coinvolgono

fortemente la soggettività dello spettatore). E sono

segnali del punto di vista che l’autore, più o meno

Page 12: L’autore e lo spettatore.pdf

correttamente, propone allo spettatore, e rispetto al quale

è importante che quest’ultimo decida consapevolmente come

rapportarsi.

E diventa anche molto più significativo comprendere come

questi elementi influiscano sull’identificazione secondaria

(cioè con i personaggi e le situazioni del film); la quale

dipende dalla struttura del racconto (e quindi sarà

affrontata con maggiore approfondimento nella seconda e

nella terza annualità del Piano, quando parleremo meglio

del montaggio e della narrazione), ma è influenzata

direttamente dagli elementi linguistici di base e dai

codici di tipo visivo e sonoro che caratterizzano

l’identificazione primaria.

A questo propositi può essere di grande utilità pratica il

concetto di “forme di sguardo”, che vengono offerte allo

spettatore dal film, e che si suddividono in quatto tipi

fondamentali:

l’inquadratura oggettiva, che “mostra una porzione di

realtà in modo diretto e funzionale, e cioè presentando le

cose senza alcuna mediazione”;

l’inquadratura soggettiva, che coincide con lo sguardo di

un personaggio del film;

l’inquadratura oggettiva irreale, che “mostra una parte di

realtà in modo anomalo” o distorto, con una intenzione

comunicativa che va “oltre la semplice raffigurazione”;

e infine la cosiddetta interpellazione, che attraverso una

voce, “un personaggio, un oggetto o una soluzione

espressiva”, si rivolge allo spettatore chiamandolo

direttamente in causa.

L’uso di questi tipi di sguardo caratterizza rapporti

diversi tra l’autore (l’io enunciatore), lo spettatore (il

tu enunciatario) e l’oggetto rappresentato (l’egli o esso

Page 13: L’autore e lo spettatore.pdf

enunciati, cioè il contenuto della messa in scena, i

personaggi, le situazioni, ecc., e il mondo virtuale che

essi a loro volta rappresentano).

E questi diversi rapporti influenzano direttamente sia il

dialogo comunicativo Autore-Spettatore, sia la

rappresentazione mentale che, da questo dialogo, lo

spettatore concreto ricrea dentro se stesso del mondo

possibile proposto dall’autore.

Per uscire dai discorsi solo teorici, vediamo come essi si

concretizzano in un esempio di testo filmico.

Prendiamo come spunto il film La rosa purpurea del Cairo,

di Woody Allen.

E’ la storia di una donna qualunque, Cecilia, che cerca nel

cinema qualcosa che le faccia dimenticare la sua triste

condizione esistenziale di un matrimonio senza amore e di

un lavoro senza senso; e che aderisce così profondamente al

film che sta guardando, da far innamorare di sé e far

uscire dallo schermo il protagonista, “L’esploratore

avventuroso” Tom Baxter.

Questa situazione paradossale, che sconvolge la normale

distinzione tra fantasia e realtà, arte e vita, innesca una

serie di conseguenze tragicomiche – tra cui l’intervento

dell’attore Gil Sheperd che ha interpretato Tom Baxter –

che conducono prima Cecilia a innamorarsi del personaggio e

ad entrare nel film; e poi ad innamorarsi dell’attore e a

scegliere lui – essere umano reale – rispetto al

personaggio fantastico; ed infine a rimanere abbandonata e

delusa dall’attore, una volta che questi ha risolto i suoi

problemi facendo rientrare Tom Baxter nel film.

Ma questa delusione cocente viene superata di nuovo grazie

al cinema, assistendo al film Cappello a cilindro di M.

Page 14: L’autore e lo spettatore.pdf

Sandrich, 1935 e a Fred Astair e Ginger Roger che cantano e

ballano Cheek to cheek (di Irving Berling).

Vediamo alcune brevi sequenze:

le sequenze iniziali;

quella di Tom Baxter che esce dal film;

la sequenza finale.

Dal punto di vista del linguaggio strettamente

cinematografico il film usa uno stile “classico”:

predominano le inquadrature oggettive (che si limitano a

mostrare le azioni dei personaggi nella messa in scena).

Anche il montaggio è classico (sequenziale, con raccordi

classici sugli sguardi e sull’asse visivo, senza salti o

scarti che si notano, o accostamenti metaforici o

metonimici che aggiungono significati. Prevale, per quanto

è possibile nel cinema, la denotazione sulla connotazione).

Le dissolvenze (tranne una) hanno soltanto il valore di

elementi di punteggiatura (divisione tra sequenze), avverbi

di tempo (intanto…), ellissi temporali (condensazioni del

tempo del racconto rispetto a quello realistico degli

avvenimenti rappresentati).

Non ci sono né inquadrature particolari o “strane” né

movimenti di macchina straordinari (non ci sono oggettive

irreali).

C’è solo una dissolvenza “connotativa” o metaforica: quella

del finale , in cui il volto di Cecilia sfuma in quello di

Gil Sheperd che fugge in aereo, la quale, come vedremo,

oltre al valore di avverbio di tempo, ha anche altri

significati.

E ci sono due soli movimenti di macchina significativi:

il primo nella inquadratura iniziale: una soggettiva di

Cecilia che guarda il manifesto de “La rosa purpurea del

Page 15: L’autore e lo spettatore.pdf

Cairo” in programmazione, esplorandolo con lo sguardo, come

un alter ego dell’“esploratore avventuroso” protagonista

del film;

il secondo nella sequenza finale: una carrellata indietro,

che allontana la macchina da presa da Gil Sheperd, e una in

avanti, che l’avvicina a Cecilia.

Proviamo a ragionare con i concetti prima accennati.

Woody Allen, l’autore reale, costruisce un testo in cui

l’autore implicito (o Modello) si propone come esterno al

racconto stesso, sia dal punto di vista narrativo che

rappresentativo.

Nel racconto non c’è un personaggio narratore che impersoni

l’Autore (anche se il tono ironico e il procedere per

situazioni paradossali sono marche evidenti dell’attività

dell’autore, nella misura in cui si allontanano dal

realismo narrativo e dalla verosimiglianza).

Nella enunciazione, le scelte linguistiche si propongono

come oggettive, neutre rispetto alla messa in scena che

osservano, rappresentano e mostrano allo Spettatore.

Questa scelta è coerente con il linguaggio del cinema

classico degli anni ’30, che Allen ricostruisce nel film in

bianco e nero quasi meglio di un autore dell’epoca; per cui

è una citazione stilistica di genere.

Inoltre consente due cose:

un contrappunto tra la sobrietà del linguaggio e la forte

assurdità del paradosso;

un distacco ironico dell’Autore come osservatore divertito

del suo stesso gioco; atteggiamento che propone anche al

suo Spettatore Modello.

Ci sono però alcune eccezioni importanti a questa scelta di

lasciar fuori l’Autore:

Page 16: L’autore e lo spettatore.pdf

c’è un riferimento ripetuto agli autori del film in bianco

e nero, ironicamente visti come divinità (che rappresenta

una messa in gioco di se stesso da parte dell’Autore

implicito, per quanto filtrato attraverso l’ironia);

ci sono l’attore Gil Sheperd e i produttori del film, che

rappresentano la “istituzione cinematografica”, e quindi

una parte dell’autore che vi partecipa.

Per quanto riguarda lo spettatore, egli ha invece un

rappresentante concreto nel film: Cecilia. E’ lei lo

Spettatore Modello cui l’Autore Modello si rivolge e con

cui dialoga.

Se lo spettatore concreto vuole comprendere profondamente

il film, deve innanzitutto assumere fino in fondo il ruolo

di Spettatore Modello che l’Autore gli propone. Perciò, se

vogliamo comprendere il rapporto tra fantasia e realtà che

il film ci propone, e non rimanere prigionieri dei nostri

schemi mentali precedenti, per il tempo della visione del

film dobbiamo ogni tanto diventare come Cecilia. Solo così

potremo avviare quel dialogo con l’Autore che ricrea

l’opera dentro noi stessi e decidere alla fine quali

aspetti del film vogliamo far nostri, e quali nostri schemi

cognitivi ed emotivi saranno ridefiniti e modificati da

questo rapporto.

Detto in parole più semplici, potremo decidere in che

misura per noi l’arte, il sogno e la fantasia da un lato, e

la realtà dall’altro, sono “mondi separati e

inconciliabili, oppure aspetti diversi della vita che si

arricchiscono di reciproche contaminazioni”

Per Cecilia, come vedremo, sono mondi che comunicano e si

arricchiscono. E per noi? Diventare come Cecilia non

significa alla fine condividere il suo modo di pensare e

vedere la vita: possiamo scegliere di mantenere il nostro,

Page 17: L’autore e lo spettatore.pdf

oppure decidere di cambiarlo integrandolo con il suo. Ma è

solo diventando come lei che potremo dialogare con il film

e con quello che l’autore ci dice e comprenderlo

profondamente; essere per un po’ come lei è necessario per

poi fare liberamente la nostra scelta.

A “diventare come Cecilia” ci aiuta anche il processo di

identificazione secondaria, che dipende dalla struttura

della narrazione e che ci spinge ad identificarci con lei

come personaggio del racconto. Questo elemento ci spinge ad

assumere emotivamente il suo punto di vista e, unito al

sapere che lei, oltre che personaggio della fabula, è anche

rappresentante dello Spettatore Modello previsto

dall’autore, ci aiuta a farlo consapevolmente dialogare con

il nostro punto di vista.

In questo siamo aiutati anche dalla forma di sguardo con

cui il film inizia: l’inquadratura soggettiva di Cecilia

che esplora il manifesto del film. E’ un punto di

congiunzione nodale tra il punto di vista dell’autore,

quello del personaggio che rappresenta lo Spettatore

Modello e quello nostro di spettatori concreti.

Essa ci immette immediatamente, facilitando

l’identificazione proiettiva, nel mondo virtuale creato dal

film e nel cuore del tema che lo anima: il rapporto,

appunto, tra fantasia e realtà e tra cinema e vita.

Altre forme particolari di sguardo, che emergono dallo

stile classico e dal prevalere delle inquadrature

oggettive, ci aiutano a relazionarci al testo filmico e a

dialogare correttamente con esso.

Nella sequenza centrale che abbiamo visto, oltre alle

soggettive di Cecilia che guarda intensamente il film, c’è

Page 18: L’autore e lo spettatore.pdf

una forma esplicita di interpellazione: lo “sguardo in

macchina” di Tom Baxter, che si rivolge al di là dello

schermo attraverso la sala (e quindi verso Cecilia, ma

anche verso di noi), e le parole che egli rivolge a Cecilia

(e, indirettamente, a noi).

Lo “sguardo in macchina” è un tabù fortemente vietato nel

cinema classico, perché rompe la sensazione di assistere

alla rappresentazione oggettiva di un mondo reale. Così

come è normalmente vietato, a differenza del teatro,

chiamare esplicitamente lo spettatore a testimone della

messa in scena o a complice di un personaggio o di un

narratore. Infrangere questi tabù è una scelta estrema

dell’Autore, che accetta il rischio di rompere la magia del

film per proporre un dialogo forte con lo Spettatore.

Non a caso da questo punto ha origine la “situazione

assurda” che è il motore fondamentale di tutti gli sviluppi

del film.

Infine, due altre forme particolari di sguardo ci aiutano a

portare a compimento il dialogo con il film e a

comprenderlo fino in profondità.

Nella sequenza finale, un leggero carrello indietro ci

allontana da Gil Sheperd e un carrello simmetrico in avanti

ci avvicina a Cecilia. Per quanto realizzate con

delicatezza, sono due oggettive irreali, in quanto nessun

elemento della messa in scena le giustifica, ma solo una

scelta di carattere connotativo che l’Autore propone allo

Spettatore.

Con questi movimenti opposti di carrello l’autore “non solo

rivela il suo stato d’animo nei confronti dei personaggi

del film” ma ci suggerisce anche di “avvicinarci” a Cecilia

e di “allontanarci” da Gil, il quale “ha perso quella parte

Page 19: L’autore e lo spettatore.pdf

ideale di sé che è rimasta (con Tom) dentro lo schermo e

che ora appartiene a Cecilia”.

E qui per la prima volta l’autore usa la dissolvenza

incrociata, che fa sfumare il volto di Gil su quello di

Cecilia, non solo come avverbio di tempo (a significare

intanto…), ma anche e soprattutto per suggerirci che

entrambi sono due parti sia dell’autore stesso che dello

spettatore, “e contemporaneamente rappresentano due

modalità e due scelte esistenziali, rispetto alle quali il

regista prende posizione, allontanandosi dall’una e

avvicinandosi all’altra”.… e invitandoci a fare

altrettanto.

Questi elementi sono indispensabili per orientare la

lettura del film non solo come semplice “ringkomposition”,

cioè una struttura ad anello in cui il racconto finisce

com’era iniziato - per cui la vita di Cecilia riprenderebbe

nello squallore iniziale, l’arte è una cosa diversa dalla

vita e non bisogna dimenticarlo, e il senso del cinema è

solo quello di alleviare per un breve attimo il dramma

dell’esistenza reale rendendola più accettabile.

I movimenti di carrello e la dissolvenza incrociata di cui

abbiamo parlato, insieme ad elementi del racconto (per cui

Cecilia lascia il marito e per la prima volta non torna a

casa dopo la delusione); ed insieme al piano simbolico

delle immagini (che ci mostrano Cecilia portare con sé non

solo la sua valigia, cioè il suo bagaglio di esperienze, ma

anche il suo ukulele, cioè la sua creatività ritrovata

durante il film); e lo stesso tema musicale, che all’inizio

era extradiegetico (cioè estraneo alla messa in scena),

mentre alla fine diventa diegetico, cioè interno alla

rappresentazione, poiché appartiene al film che Cecilia sta

guardando: tutti questi elementi sottolineano che, dopo

Page 20: L’autore e lo spettatore.pdf

quanto è avvenuto nel racconto, il cinema “non è più

qualcosa di separato, un mondo a parte nel quale fuggire,

ma appartiene alla vita reale, è stato “introiettato” da

Cecilia e fa parte della sua nuova realtà.

Questa volta, di fronte al cinema che tocca di nuovo il suo

animo, forse Cecilia non è più la stessa, forse lo

spettatore non è più passivo, ma si riconosce una capacità

di immaginazione creativa ed “artistica”, che è stata

stimolata proprio dal suo rapporto con l’opera d’arte

cinematografica”. E forse saprà utilizzare questa

creatività per migliorare la propria vita.

Questo esempio di lettura del testo filmico mostra con una

certa chiarezza l’utilità degli strumenti della semiotica

testualista, e dei suoi approcci generativo e

interpretativo, nel successo del dialogo tra lo spettatore

ed il film.

Ovviamente questo esempio si adatta meglio – per quanto

riguarda la scuola – ai ragazzi più grandi, ma non è

difficile seguire percorsi analoghi con i più piccoli

utilizzando altri film, come è già avvenuto nei moduli

specifici quest’anno (per rimanere nel tema, per esempio,

c’è un bellissimo film di Buster Keaton, Sherlock Jr.,

(1924), da cui pare abbia preso spunto lo stesso Woody

Allen, che si potrebbe utilizzare).

E’ importante però comprendere, insieme all’utilità della

prospettiva semiotica e alle convergenze possibili con la

didattica, anche le differenze che la caratterizzano

rispetto ad una prospettiva pedagogica, psicologica ed

esistenziale. Se per la semiotica, ad esempio, è

indispensabile distinguere nettamente nel testo le figure e

le marche dell’Autore e dello Spettatore - e i percorsi

diversi che le caratterizzano, pur nelle inevitabili

Page 21: L’autore e lo spettatore.pdf

confluenze nelle forme dello sguardo – per la psicologia è

molto importante comprendere anche i momenti di convergenza

e di sovrapposizione.

Dal punto di vista psicologico, ad esempio, Cecilia, oltre

che un rappresentante dello spettatore nel testo filmico, è

anche una parte dell’autore reale che si manifesta, cioè la

parte di Woody Allen spettatore che – nella sua infanzia –

trascorreva interi pomeriggi al cinema vedendo e rivedendo

centinaia di film del genere classico americano; e che ora

– da autore affermato – conserva questo atteggiamento

spettatoriale ingenuo, insieme ad altri aspetti di

disincanto e di cinismo che ha sviluppato con l’esperienza

nel mondo del cinema.

E, in modo analogo, anche Tom Baxter e Gil Shepard – oltre

che rappresentanti dell’autore, l’uno come personaggio

ideale e l’altro come uomo di spettacolo che partecipa

all’istituzione cinematografica – sono anche parti di

Cecilia e dello Spettatore. Il primo una parte ideale che

il cinema aiuta far emergere; il secondo, da un lato una

parte più realistica e disincantata, che è quella che prima

la trattiene nel rapporto col marito e poi le fa scegliere

Gil anziché Tom; e, dall’altro, una parte narcisistica e

creativa che lei ha difficoltà di contattare, ma che è

importante per cambiare la sua vita.

Allora, per un dialogo fecondo con il film, oltre che

distinguere i vari aspetti del punto di vista dell’Autore e

dello Spettatore impliciti, è importante per lo spettatore

reale cogliere come ogni personaggio e situazione è una

parte dell’autore reale che si manifesta; ed è importante

anche ricondurle tutte dentro se stesso, prima per cogliere

le risonanze di ciascuna con i vari aspetti della sua

personalità, e poi per riunificarle in un nuovo equilibrio

dei propri schemi cognitivi, emotivi e relazionali.

Page 22: L’autore e lo spettatore.pdf

Tutto questo, evidentemente, ha ricadute particolari in

campo pedagogico e formativo.

Nel convegno di avvio del piano ho sottolineato come i

diversi moduli intersecano i tre livelli, o “gradini”,

dello sviluppo intellettuale indicati dalla psicologia

evolutiva e dell’educazione:

la capacità rappresentativa, che inizia a 18 mesi, ma

continua a svilupparsi per tutto il periodo scolastico;

il pensiero reversibile e operatorio, che inizia tra i 5 e

i 7 anni e impatta direttamente con il 1° e 2° modulo del

piano;

il pensiero ipotetico-deduttivo e combinatorio, che si

conquista a partire dagli 11 ai 13 anni e impatta col 3° e

4° modulo.

Ora, come è noto, gli sviluppi della psicologia

dell’educazione hanno ridimensionato le caratteristiche di

passaggi evolutivi lineari e progressivi di questi 3

livelli, integrando la teoria di Piaget con altri concetti.

“Da una visione incrementale, tutta fondata sul guadagno di

nuove abilità, si sta passando - da un lato - ad una

visione fondata sulla “perdita ed il guadagno”, nella quale

le conquiste sul piano cognitivo esigono arretramenti e

perdite di capacità precedentemente conquistate..”; e –

dall’altro – alle teorie delle intelligenze multiple,

logica, fantastica, emotiva, ecc., in cui allo sviluppo

delle strutture generali del pensiero si sostituisce lo

sviluppo di moduli e facoltà diverse, ognuna con le sue

modalità di funzionamento ed il proprio ritmo di crescita.

Inoltre, la conquista delle categorie e dei concetti non è

più vista come “cattura logica” delle proprietà degli

Page 23: L’autore e lo spettatore.pdf

oggetti, ma come “cattura ecologica”, cioè inserita in un

contesto storico-sociale e relazionale-esperienziale.

Infine, oltre al pensiero logico e a quello fantastico,

acquista sempre più interesse il “pensiero terziario”, con

cui è stata definita la capacità di coniugare tra loro

fantasia e razionalità, come base di ogni processo mentale

creativo. E, strettamente collegato con quest’ultimo, si

sviluppa l’attenzione al pensiero narrativo, come capacità

indispensabile a dare senso all’esperienza e a strutturare

le relazioni, sia con gli oggetti e la realtà che con gli

altri e la società.

Questi sviluppi della psicologia e della pedagogia si

manifestano anche negli studi sulla capacità di lettura del

testo, in cui assume sempre più rilevanza la continua

interazione tra conoscenze linguistiche, conoscenze sul

mondo e modelli mentali che il lettore è capace di

costruirsi per compiere continuamente le inferenze che

guidano l’interpretazione delle parole, delle frasi e del

racconto.

Questi modelli mentali, al livello più elementare che

riguarda la parola e la frase – o le singole inquadrature

del film – sono formati da schemi, frame, script, cioè

organizzazioni particolari della conoscenza e

dell’esperienza nella memoria; mentre, a livello più

generale del racconto, sono formati da vere e proprie

sceneggiature mentali, che derivano dall’esperienza, dalla

cultura e dalle forme di narrazione conosciute.

Sono concetti che, in forme diverse, interessano sia la

semiotica che la psicologia.

E’ evidente che, lavorare con le immagini filmiche, con gli

elementi del linguaggio cinematografico e con la lettura di

testi audiovisivi, impatta in vari modi con tutto questo.

Lavorare con il cinema a scuola aiuta a sperimentare che:

Page 24: L’autore e lo spettatore.pdf

sviluppare il pensiero logico non comporta la rinuncia a

coltivare il pensiero non verbale e immaginativo e

l’intelligenza emotiva; anzi, lo sviluppo di questi ultimi

può arricchire i processi cognitivi;

che il pensiero ecologico, cioè la capacità di

contestualizzare, può risultare enormemente arricchita

dallo sviluppo delle esperienze di scenari e di mondi

possibili consentite dal cinema e dall’audiovisivo;

che il pensiero terziario si sviluppa aumentando il

rapporto consapevole con le immagini e con i suoni;

che la lettura testuale si modifica sviluppando negli

studenti nuovi schemi, frame e script attraverso le

conoscenze linguistiche;

che il pensiero narrativo si arricchisce insieme alla

modifica delle sceneggiature mentali conseguente alla

conoscenza di nuove forme e generi di racconto; e ciò

modifica a sua volta la lettura della realtà e le relazioni

con gli altri.

Le ricerche psicologiche e pedagogiche su questi aspetti

sono abbastanza sviluppate e approfondite, ma ancora troppo

recenti per fornire un quadro unitario ed esauriente.

Soprattutto sono recenti e da sviluppare le ricerche sulle

esperienze con il linguaggio cinematografico ed

audiovisivo, mentre hanno una storia più lunga gli studi

sul disegno e sulla lettura di testi scritti, anche

integrati con immagini.

Perciò, secondo me, uno degli effetti del Piano dovrebbe

essere la possibilità di avere un quadro più ampio di

esperienze, che consenta di far procedere queste ricerche,

a partire dagli insegnanti, dai pedagogisti, dagli

psicologi e dagli esperti di didattica e di linguaggio

Page 25: L’autore e lo spettatore.pdf

cinematografico e audiovisivo direttamente coinvolti nel

Piano.

Il Piano, in questo senso, si caratterizza anche come un

grande laboratorio di ricerca-azione, dai cui esiti

dipenderanno anche gli sviluppi della psicologia e della

pedagogia riguardanti l’insegnamento del linguaggio

cinematografico e audiovisivo.

Anche da questo punto di vista è una grande responsabilità,

ma anche un’affascinante sfida, per tutti noi.

Bibliografia

Hugo Münsterberg, Film. Il cinema muto nel 1916, Pratiche,

Parma 1980.

J.Mitry, Esthétique et psycologie du cinema, Ed

Universitaire, Parigi, 1965.

S. Kracauer, Film, ritorno alla realtà fisica, Il

Saggiatore, Milano, 1962.

F. Casetti, Teorie del cinema. 1945-1990, Bompiani, Milano,

1993.

U. Eco, Opera aperta – Forma e indeterminazione nelle

poetiche contemporanee, Milano, Bompiani, 1962.

U. Eco, Lector in fabula, Bompiani, Milano, 1979.

J. Aumont, Il punto di vista, in L. Cuccu – A. Sainati (a

cura di), Il discorso del film, Edizioni Scientifiche

Italiane, Roma- Napoli 1987.

F. Casetti e F. Di Chio, Analisi del film, strumenti

Bompiani, Milano, 1990.

Giorgio Cremonini, Cinema e racconto. L’autore, il

narratore, lo spettatore, Loescher, Torino, 1988.

S. Chatman, Storia e discorso, Pratiche, Parma, 1981.

C. Metz, Semiologia del cinema, Garzanti, Milano, 1972.

Page 26: L’autore e lo spettatore.pdf

Cfr. Francesco Casetti, Dentro lo sguardo. Il film ed il

suo spettatore, Studi Bompiani, Milano, 1986.

Massimo Calanca e Giuliana Montesanto (a cura di), L’arte

del cinema e la vita come opera d’arte. L’esperienza di

CinemAvvenire alla Mostra del cinema di Venezia e nella

scuola, Arca, Roma 2000.

G. Petter, Psicologia e scuola di base, Giunti, Firenze,

1999; e Psicologia e scuola dell’adolescente, Giunti,

Firenze, 1999.

Andrea Smorti, Il pensiero narrativo. Costruzione di storie

e sviluppo della coscienza sociale, Giunti, Firenze, 1994.

H. Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità

dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano, 1988.

Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano,

1996.

Jerome Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli,

Milano, 1996.

E. Kris, Ricerche psicoanalitiche sull’arte, Einaudi,

Torino, 1967.

C. Pontecorvo, Manuale di psicologia dell’educazione, Il

Mulino, Bologna, 1999.

Dario Del Corno e Graziella Pozzo, Mente, linguaggio e

apprendimento, La Nuova Italia, Firenze, 1991.

P. Montani, L’immaginazione narrativa. Il racconto del

cinema oltre i confini dello spazio letterario, Guerini e

Associati, Milano, 1999.

I commenti dei lettori >>Inserisci un commento

Argomenti correlati su cinemavvenire.it

Cinema e giovani spettatori di Massimo Calanca

Page 27: L’autore e lo spettatore.pdf

Nelle Sale ~ Eventi ~ Spazio Italia ~ Spazio Corto ~

Interviste ~ Libri ~ Arte ~ Festival ~

Concorsi ~ Chat ~ Bacheca