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1 TESI DI DOTTORATO “L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA PRESCRIZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVIDOTTORANDO RELATORE IVANOE CIOCCA PROF. ARTURO MARESCA

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TESI DI DOTTORATO

“L’AUTOMATICITA’ DELLE

PRESTAZIONI E LA

PRESCRIZIONE DEI CREDITI

CONTRIBUTIVI”

DOTTORANDO RELATORE

IVANOE CIOCCA PROF. ARTURO MARESCA

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CAPITOLO I

L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI ED IL

DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE

ASSICURATIVA

1.1 OMISSIONE CONTRIBUTIVA E PROTEZIONE DEL

LAVORATORE: IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE

PRESTAZIONI E IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA

POSIZIONE ASSICURATIVA. PAG.8

1.2 AMBITO OGGETTIVO DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI. PAG.21

1.3 AMBITO SOGGETTIVO DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI. PAG.27

1.4 IL DOPPIO AUTOMATISMO: PAG.40

a) L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL

RAPPORTO DI LAVORO.

b) L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI.

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CAPITOLO II

LA GENERALIZZAZIONE E

COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’

2.1 LA “COSTITUZIONALIZZAZIONE” DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’ NONOSTANTE LA SUA PREVISIONE

SOLTANTO NEL CODICE CIVILE E NON NELLA CARTA

COSTITUZIONALE. PAG.48

2.2 LA GENERALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO E I

CONSEGUENTI LIMITI AI REGIMI DEROGATORI. PAG.53

2.3 IL PRINCIPIO DELL’AUTOMATICITA’ E LA SUA

RATIO: L’ ESIGENZA DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA.

PAG.62

2.4. L’ AUTOMATICITA’ E LA RELAZIONE TRA LE

PRESTAZIONI E I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI.

ESISTENZA O MENO DI UNA SINALLAGMATICITA’.

PAG.64

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CAPITOLO III

GLI EFFETTI DELL’AUTOMATICITA’ ED IL

LIMITE DELLA PRESCIZIONE DEI CONTRIBUTI

PREVIDENZIALI

3.1 RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI AUTOMATISMO

DELLE PRESTAZIONI SIA AI FINI DEL DIRITTO SIA AI

FINI DELLA MISURA. PAG. 71

3.2 L’ AUTOMATICITA’ PER LA TUTELA

DELL’INVALIDITA’, VECCHIAIA E SUPERSTITI: IL

LIMITE DELL’ INTERVENUTA PRESCRIZIONE DEI

CONTRIBUTI. PAG.74

3.3 L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA

RIDUZIONE DEL TERMINE PRESCRIZIONALE OPERATA

DALLA LEGGE N. 335 DEL 1995. PAG.79

3.4 OPERATIVITA’ DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’

NEI CASI DI PROCEDURE CONCURSUALI DEL DATORE DI

LAVORO. IL D.LGS. 80/92: IRRILEVANZA

DELL’INTERVENUTA PRESCRIZIONE. PAG.82

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CAPITOLO IV

LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE DEI

CREDITI PREVIDENZIALI

4.1 LA PRESCRIZIONE DEL CONTRIBUTI PREVIDENZIALI.

PECULIARITA’ RISPETTO ALL’ISTITUTO CIVILISTICO

DELLA PRESCRIZIONE. PAG. 84

4.2 IL TERMINE DI PRESCRIZIONE DEI CREDITI

CONTRIBUTIVI PAG. 90

4.3 IL VERSAMENTO DI CONTRIBUTI PRESCRITTI

PAG. 106

4.4 I DANNI DERIVANTI DALLA PRESCRIZIONE DEI

CREDITI CONTRIBUTIVI: PAG. 109

a) IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA DEL DANNO

PENSIONISTICO:LA COSTITUZIONE DELLA RENDITA

VITALIZIA.

b) IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE DEL DANNO

PENSIONISTICO.

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CAPITOLO V

GLI ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE

DEI CREDITI CONTRIBUTIVI: FATTISPECIE

PARTICOLARI . LA SOSPENSIONE DELLA

PRESCRIZIONE: APPLICABILITA’ DELL’ART.

2941 N.8 C.C.

5.1 VERBALI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO PAG.137

5.2 IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO PAG.149

5.3LE PROCEDURE DI RECUPERO INIZIATE PAG.163

5.4LA DENUNCIA DEL LAVORATORE PAG.165

5.5LA SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE:

APPLICABILITA’ DELL’ART. 2941 N.8 C.C. PAG.181

CONCLUSIONI

PAG.189

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7

MASSIME GIURISPRUDENZIALI PAG.192

BIGLIOGRAFIA PAG.270

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CAPITOLO I

L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI ED IL

DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE

ASSICURATIVA.

1.1 OMISSIONE CONTRIBUTIVA E PROTEZIONE DEL

LAVORATORE: IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE

PRESTAZIONI E IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA

POSIZIONE ASSICURATIVA.

Se il diritto a pensione, costituzionalmente garantito dalla previsione

dell’art. 38 secondo comma della Carta costituzionale, è indisponibile

e imprescrittibile1 (il lasso di tempo intercorrente fra il momento del

perfezionamento dei presupposti per fruire della pensione e la

richiesta relativa non influisce sul diritto alla pensione ma soltanto

sulla sua decorrenza e quindi sui ratei) diversamente accade per la

sussistenza del requisito contributivo, presupposto del diritto a

1 L’imprescrittibilità del diritto a pensione, espressamente prevista per il

settore del pubblico impiego (art. 5, D.P.R. n. 1092/1973), vale anche per

tutti gli altri settori del sistema previdenziale (art. 38, Cost.; L. n. 153/1969;

art. 2115 e 2934, c.c.). Si prescrivono invece i ratei di pensione (con un

termine diverso a seconda se maturati e non liquidati o se già liquidati e non

riscossi). Sul punto R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,

Cedam, Padova 2012, 522.

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pensione, che è suscettibile di essere inciso dal termine prescrizionale2

decorso senza che prima della scadenza dello stesso sia stato effettuato

il versamento.

Da qui l’importanza del corretto adempimento dell’obbligo3

contributivo che grava sul datore di lavoro, anche per la quota a

carico del lavoratore che presta la propria opera alle sue dipendenze.4

L’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso

iure", infatti, l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo,

con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi

contributi all'ente previdenziale.

Ma, nonostante l’obbligo non sia del lavoratore, l’inadempimento,

come sopra scritto, produce effetti pregiudizievoli nella sua sfera

giuridica, in quanto, se rispetto all’istituto assicuratore si verifica il

mancato introito della somma oggetto del pagamento, nei confronti

2 La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le

contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano

essere versate una volta prescritte. L’antecedente storico di tale principio è

rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4

ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a

regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi,

sia intervenuta la prescrizione”). Per una ricostruzione del divieto di versare

i contributi prescritti come conseguenza del principio di indisponibilità dei

diritti previdenziali (art. 2115 c.c.) e delle obbligazioni presupposte vedi

R.Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 450

ss.

3 Regolamentato dagli artt. 1 e 3 del R.D.L. n. 636/39 e dall’art. 2115 c.c.

4 La responsabilità dell’omissione contributiva è, quindi, sempre e solo

configurabile a suo carico ivi comprese le conseguenze per il mancato o

irregolare versamento.

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del lavoratore, il mancato versamento ha potenzialità di incidere sulla

posizione previdenziale e, conseguentemente, sul diritto alle

prestazioni sia relativamente all’ an che al quantum.

L’inadempimento contributivo del datore di lavoro produce quindi

una responsabilità e conseguenze sia nei confronti dell’istituto

assicuratore sia del lavoratore5.

A tutela di quest’ultimo interviene l’art. 2116 del codice civile dove il

legislatore prevede che “le prestazioni indicate nell’art. 2114 sono

dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha

versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e

di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali. Nei casi

in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza ed

assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a

corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è

responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.”

Il principio contenuto nel primo comma dell’art. 2116 c.c. è stato poi

ribadito dall’art. 40 della Legge 153/69 che ha aggiunto all'art. 27 del

regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, il seguente comma: “il

requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di

5 In tal senso la dottrina e la giurisprudenza sono unanimi a prescindere dalla

qualificazione della natura dell’obbligazione contributiva. Tema

quest’ultimo sul quale vedi R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza

sociale, Cedam, Padova 2012, 407 ss.

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vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i

contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei

limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare

da documenti o prove certe”.

Se invece i contributi non possono più essere versati in quanto

prescritti 6 a tutela ed in favore del lavoratore subordinato è prevista

dall’art. 13 della Legge 1338/62 la costituzione di una rendita vitalizia

pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione

obbligatoria che sarebbe spettata al lavoratore dipendente in relazione

ai contributi omessi7 o l’azione risarcitoria nei confronti del datore di

lavoro ai sensi dell’ art. 2116 c.c.

Il sistema di tutela sopra descritto ha, comunque, il suo punto cardine

nel diritto al pagamento delle prestazioni previdenziali anche nel caso

in cui il datore di lavoro non abbia corrisposto le somme spettanti

all’Istituto Previdenziale a titolo di contributi purché, relativamente

alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti, il versamento della

contribuzione sia ancora possibile in quanto non prescritto.

6 La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le

contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano

essere versate una volta prescritte. Nel dettaglio si rinvia alla nota n. 2 e, sul

tema della prescrizione, al 4° capitolo.

7 La Corte Costituzionale, con sentenza 22 dicembre 1989, n. 568, ha

dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione citata, nella parte in

cui, salva la necessità della prova scritta sulla esistenza del rapporto di

lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata

del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione.

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La portata di questa disposizione, volta a neutralizzare nei confronti

del lavoratore gli effetti dell’inadempimento dell’ obbligo

contributivo, va oltre il semplice dettato letterale consentendo di

postulare l’esistenza un diritto del lavoratore alla integrità della

posizione assicurativa8.

8 L’aspetto si è posto in Giurisprudenza in materia di ricongiunzione di

periodi assicurativi presso un unico fondo. Nel caso in cui un lavoratore

chiede la ricongiunzione di periodi assicurativi il Fondo che li deve trasferire

deve versare al Fondo ricevente le somme corrispondenti anche se il datore

di lavoro non ha pagato i contributi.

Così, Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002,

700: “In difetto di normative speciali derogatorie, il principio di

automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c.,

comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo

intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro, di tipo

prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla maturazione del

diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto previdenziale, dovendosi

quindi configurare l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della

posizione assicurativa, esercitabile anche quando l'assicurato, avvalendosi

della facoltà riconosciutagli dall'art. 2 della legge n. 29 del 1979, intenda

trasferire la propria posizione assicurativa presso altra gestione. Ne consegue

che, essendo l'ente previdenziale, al quale, per effetto di quel principio, fa

carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai

propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire

l'integrità della posizione assicurativa, il trasferimento di quest'ultima,

richiesto dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica gestione dei periodi

assicurativi esistenti in gestioni diverse, deve comprendere anche la

contribuzione ancora non recuperata dall'ente previdenziale nei confronti del

datore di lavoro tenuto a versarla. (Nella specie, la S.C. ha cassato la

sentenza impugnata, che aveva respinto - sul presupposto della applicabilità

dell'art. 39 della legge n. 153 del 1969 soltanto alle omissioni contributive

correlate al fallimento e non anche a quelle verificatesi per le imprese

sottoposte alle procedure di amministrazione straordinaria - la domanda di

alcuni lavoratori volta ad ottenere la condanna dell'Inps ad accreditare nelle

singole posizioni contributive di ciascuno di essi i contributi previdenziali

non versati da una società ammessa alla procedura di amministrazione

straordinaria e a trasferire i contributi medesimi presso le gestioni

assicurative nelle quali essi risultavano iscritti alla data della domanda di

ricongiunzione).”

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Con l’instaurazione del rapporto di lavoro sorge, infatti, in favore del

lavoratore, il diritto all’adempimento degli obblighi assicurativi da

parte del datore di lavoro, che è un vero e proprio diritto soggettivo9

L’ INPS ha preso atto di tale orientamento giurisprudenziale con circolare 50

del 10 maro 2003 (trasferimento ad altro Ente di contribuzione dovuta ma

non versata, applicazione del principio dell’automatismo delle prestazioni):

“Con sentenza n. 374 del 26.11/ 5.12.1997 la Corte Costituzionale ha

dichiarato non fondata la questione di legittimità

costituzionale dell’art. 2,c.2,e dell’art. 6,c.2 della legge n. 29 nella parte in

cui non prevede il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali

nei casi di contributi non effettivamente versati , ma dovuti nei limiti della

prescrizione decennale, affermando che tale principio opera anche nel caso

di ricongiunzione e rinviando al giudice ordinario il problema relativo a

quale gestione deve far carico l’onere dei contributi dovuti e non riscossi. La

Corte Suprema di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n.5767 del 20

aprile 2002 ha stabilito che per la contribuzione dovuta all’INPS l’onere dei

contributi non versati spetti all’INPS cui per effetto dell’automatismo delle

prestazioni fa carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del

datore di lavoro nei limiti della prescrizione, dal momento che il lavoratore

ha diritto all’integrità della sua posizione assicurativa correlata alla durata

del rapporto e all’adempimento dell’obbligo contributivo non ancora

prescritto. In considerazione dei principi affermati dalla giurisprudenza è

possibile operare la ricongiunzione verso altri Enti anche per i periodi per i

quali i contributi risultino dovuti ma non versati, purché non ancora

prescritti. Considerato che come sottolineato dalla Corte Costituzionale,

l'ente previdenziale, a cui per effetto del principio dell'automatismo deve far

carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai

propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire

la integrità della posizione assicurativa, il trasferimento della posizione

assicurativa richiesta dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica

gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse deve

comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dal datore di

lavoro tenuto a versarla. Resta inteso che nelle situazioni in argomento, le

Sedi dovranno attivarsi per il recupero del credito contributivo nei confronti

dell'azienda inadempiente, provvedendo in ogni caso all'interruzione dei

termini prescrizionali.”

9 Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989, n. 379, in Giust. civ. Mass.

1989, fasc. 1 e in Informazione previd. 1989, 656: “Il lavoratore ha un vero e

proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali

in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria

posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di

tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato;

consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi

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alla integrità contributiva, ovvero al regolare versamento dei

contributi previdenziali, perché la posizione assicurativa, pur

strumentale per l’accesso alla prestazioni pensionistiche, costituisce

un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica10

già nel corso del

rapporto di lavoro quando non risultino pagati i contributi assicurativi.

(situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto

su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso

lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto

giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla

regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente

previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i

contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962

n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il

suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una

rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione

corrispondente ai contributi omessi.”

10 Cass. civile sez. lav. 20 luglio 1985, n. 4307, in Rep. Foro It., 1985,

Previdenza sociale, n. 508: “Il diritto del lavoratore agli adempimenti

assicurativi, anche se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello

della retribuzione, non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in

quanto entrambi tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di

lavoro - sorgono contemporaneamente, come effetto immediato

dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di

questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui

sono sottoposti e del funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di

un connesso rapporto previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso

di inattuazione funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per

licenziamento dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del

medesimo legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata

percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni previdenziali,

nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto.”

Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002,

700:vedi nota n. 8.

Cass. civile sez. lav. 6 luglio 2002, n.9850, in Rep. Foro It., 2002, Danni

civili, n. 161: “Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare

versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità

alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo

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Il lavoratore potrebbe quindi, in caso di mancato versamento dei

contributi, chiedere tutela davanti al giudice ancor prima del

verificarsi degli eventi condizionanti la erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, di una domanda volta ad

accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare

danno11

, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi

dell’evento dannoso, l’azione risarcitoria ex art. 2116, secondo

comma, cod. civ. o quella diversa in forma specifica ex art. 13 legge

12 agosto 1962 n. 1338.

Pertanto, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può

sorgere prima del verificarsi del danno stesso, è altrettanto vero che

l’omissione contributiva ha immediata potenzialità di arrecare danno

e, quindi, il lavoratore può chiedere in giudizio la tutela della sua

aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del

verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle stesse.

questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del

datore di lavoro che lo abbia pregiudicato.”

11

Cassazione civile sez. lav., 03 dicembre 2004 n. 22751 in Giust. civ. Mass.

2005, 1: “nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al

risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un

pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della

sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del

verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al

risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione

contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento

del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2,

c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n.

1338.”

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Sussisterebbe perciò il diritto del lavoratore alla integrità della sua

posizione assicurativa correlata alla durata del rapporto e

all’adempimento dell’obbligazione contributiva non ancora

prescritta12

. Quindi, in difetto di normative speciali derogatorie, il

principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art.

2116 cod. civ., comportando l'effetto di rendere indipendente il

rapporto contributivo intercorrente tra ente previdenziale e datore di

lavoro rispetto all'altro, di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato,

opera non soltanto alla maturazione del diritto a pensione, ma già nel

corso del rapporto previdenziale, dovendosi quindi configurare

l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della posizione

assicurativa che ben può essere tutelato in giudizio in considerazione

dell’ interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare

un'azione di accertamento del rapporto di lavoro e del connesso

rapporto previdenziale. E senza che siano necessarie altre condizioni

onde porre rimedio alla menzionata lesione.

La richiesta di accertamento di tale diritto risponde ad un interesse

attuale del richiedente, come tale tutelato anche in sede giurisdizionale

dall’ordinamento, indipendentemente dalla maturazione di specifici

diritti a particolari prestazioni assicurative, in quanto in base a tale

12 Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002, 700

la cui massima è alla nota n. 8.

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ricognizione del rapporto il soggetto è in condizioni di valutare la

possibilità di richiedere, in via di esempio, la ricongiunzione dei

periodi assicurativi o il proseguimento volontario della contribuzione

o il collocamento in pensione 13

.

Ed il legislatore, impedendo l’accesso all’automaticità delle

prestazioni per le contribuzioni estinte per intervenuta prescrizione, ha

di fatto coinvolto il lavoratore nell’azione di contrasto all’evasione

13 Cassazione civile sez. lav. 30 gennaio 1985, n. 636, in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 1: “in considerazione del collegamento fra rapporto assicurativo

e rapporto di lavoro - che del primo costituisce il presupposto - il mancato

pagamento di contributi assicurativi, oltre a ledere la posizione previdenziale

del lavoratore, genera anche incertezza sull'effettiva sussistenza di detto

presupposto, con la conseguenza che la sua eliminazione costituisce oggetto

di un interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione

di accertamento del rapporto di lavoro - senza che siano necessarie altre

condizioni - onde porre rimedio alla menzionata lesione nel quadro della

tutela accordata dalla legge ed in particolare anche ai fini della prosecuzione

volontaria della contribuzione o della costituzione della rendita vitalizia a

norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, nell'ipotesi di prescrizione

dei contributi.”

Cassazione civile sez. lav. 04 dicembre 2002, n. 17223, in Giust. civ. Mass.

2002, 2118: “in riferimento alla domanda di accertamento della cd.

posizione assicurativa, la quale si sostanzia in una domanda di accertamento

del diritto alla tutela assicurativa per un determinato periodo di tempo,

sussiste l'interesse ad agire nei casi nei quali vi sia una pregiudizievole

situazione di incertezza in ordine al rapporto assicurativo, che può sussistere

anche in mancanza della maturazione del diritto ad ottenere l'erogazione di

determinate prestazioni assicurative. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto

sussistente l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali, non avendo il loro

datore di lavoro adempiuto all'obbligo contributivo, avevano agito per

ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'Inps a riconoscere la loro posizione

assicurativa, ai sensi dell'art. 2116, c.c., presso il Fondo di previdenza del

personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea).”

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contribuiva, perché lo costringe, per non perdere i propri diritti

previdenziali, a tutelare la propria posizione assicurativa14

.

Tutela che, appunto, può essere innanzitutto realizzata mediante

azione giudiziaria svolta dal lavoratore direttamente nei confronti del

proprio datore di lavoro, per ottenere la condanna dello stesso alla

regolarizzazione della posizione assicurativa15

. La promozione con

esito favorevole di questa azione16

preclude la futura esperibilità

14 Il tentativo sembra, in proposito, quello di coinvolgere , in qualche misura,

il lavoratore nel regolare pagamento dei contributi da parte del datore,

trasformandolo da vittima-complice quale egli spesso è attualmente in una

sorta di “collaboratore previdenziale”. Così C.A. Nicolini, Prescrizione dei

contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale

dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.307. In tal senso anche R.

Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 472

ss.: “ per evitare la prescrizione dei contributi e, quindi, l’inoperatività dl

principio di automaticità delle prestazioni, l’ordinamento ha riconosciuto al

soggetto beneficiario una serie di situazioni giuridiche funzionali al

controllo dell’adempimento dell’obbligazione principale e di quelle

accessorie da parte del soggetto passivo dell’obbligazione medesima.”

15 Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989, n. 379, in Giust. civ. Mass.

1989, fasc. 1 e in Informazione previd. 1989, 656 la cui massima è alla nota

numero 9.

16 In questi giudizi non si configura una ipotesi di litisconsorzio necessario

con l’ente previdenziale. Così, Cassazione civile sez. lav. 10 gennaio 1994,

n. 169, in Giust. civ. Mass. 1994, 16 (s.m.), Riv. it. dir. lav. 1994, II, 623:

“nel giudizio instaurato dal lavoratore subordinato contro il datore di lavoro

per la regolarizzazione del rapporto assicurativo l'istituto assicuratore non è

contraddittore necessario, ove si controverta soltanto sull'esistenza del

rapporto di lavoro (o di taluni elementi di esso) quale presupposto di quello

previdenziale; nè l'intervento in giudizio dell'istituto, ancorché per il

recupero di contributi assicurativi e delle relative sanzioni civili a carico del

datore di lavoro, determina necessità di integrazione del contraddittorio nei

suoi confronti nella successiva fase di gravame, ai sensi dell'art. 331 c.p.c.

ma dà luogo soltanto a litisconsorzio facoltativo ex art. 332 stesso codice

giustificato dal fatto che la domanda presupposta dall'interventore comporta

una decisione che dipende dalla risoluzione delle stesse questioni proposte

con la domanda del lavoratore.”

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dell’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, perché

previene ed elimina la lesione della posizione finale assicurativa,

mentre il suo mancato esercizio non incide sulla proponibilità dei

rimedi risarcitori17

.

E’ da sottolineare che, ove non si aderisse alla tesi secondo cui esiste

il menzionato diritto alla integrità della posizione assicurativa, si

verificherebbe una violazione dell’art. 24 della Costituzione in quanto

ci si troverebbe di fronte ad una posizione soggettiva regolamentata

dall’ordinamento (la costituzione di una posizione assicurativa come

esplicazione del principio di automaticità ritenuto dalla Corte Cost.

nella sentenza n. 374/97 “una fondamentale garanzia per il lavoratore

assicurato”) per la quale non è ammessa tutela da parte del soggetto

privato direttamente interessato e per di più si impedirebbe al

lavoratore di tutelare in modo adeguato il proprio diritto alle

17

Oltre al danno della perdita della prestazione la giurisprudenza riconosce

quindi anche quello derivante dal tardivo versamento Cassazione civile sez.

lav.19 agosto 1992, n. 9666, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9: “in ipotesi

di tardivo versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi dovuti in

relazione alle differenze retributive giudizialmente riconosciute al

lavoratore, il danno da questo subito sotto il profilo della svalutazione

monetaria, per la ritardata riliquidazione, da parte dell'INPS, della pensione

di vecchiaia spettantegli, deve essere risarcito dal datore di lavoro (tenuto

anche alla corresponsione degli interessi) non ai sensi dell'art. 429, comma 3

c.p.c. - stante l'inapplicabilità di tale norma al credito in oggetto (non di

lavoro nè inquadrabile, in quanto non a carico dell'INPS, fra i crediti di

natura previdenziale, con conseguente irrilevanza della pronuncia della Corte

Costituzionale n. 156 del 1991) - ma ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c.,

tenendo conto, ai fini della prova del maggior danno, dell'inquadrabilità del

creditore, in ragione della qualità di pensionato e della modesta entità delle

differenze pensionistiche, nella categoria del "modesto consumatore".

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prestazioni previdenziali future (quali ad esempio le prestazioni

pensionistiche) in quanto la loro effettiva possibilità di erogazione

dipenderebbe da soggetti diversi dal beneficiario (datore di lavoro

tenuto al pagamento dei contributi e Istituto Previdenziale tenuto al

recupero coattivo) ed allo stesso sarebbe impedita qualsiasi forma di

tutela del proprio diritto.

Non è possibile neanche sostenere l’inesistenza del diritto alla

integrità della propria posizione assicurativa sul presupposto che, in

ipotesi di mancato versamento dei contributi, l’ordinamento appresta

altre forme di tutela quali la rendita di cui all’art. 13 della legge

1338/62. Infatti, se il datore di lavoro non paga i contributi e non paga

neppure le somme dovute per la costituzione della rendita, è il

lavoratore costretto a pagare quanto dovuto per la costituzione della

rendita. Ciò determinerebbe, oltre che una violazione del diritto di

difesa di cui all’art. 24 della Costituzione anche l’inutilità ed il

mancato rispetto del dettato del secondo comma dell’art. 38 della

Costituzione. In conclusione, si può affermare che l’unica possibilità è

quella di ritenere esistente il diritto alla “giusta” posizione assicurativa

che determina l’accreditamento dei contributi per i periodi di lavoro

effettuati e tutelabile fino a quando i contributi medesimi non sono

prescritti.

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1.2 AMBITO OGGETTIVO DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI.

Il campo in cui vige nella sua pienezza il principio di automaticità

delle prestazioni è l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le

malattie professionali nella quale il lavoratore ha diritto alle

prestazioni a prescindere sia dal regolare versamento dei contributi da

parte del datore di lavoro sia dalla loro recuperabilità da parte

dell'Ente. Originariamente è stato il D. L. Lgt. 23 agosto 1917 n. 1450

ad istituire l'assicurazione per gli infortuni sul lavoro in agricoltura

garantendo l'erogazione della prestazione anche ai lavoratori per i

quali non era stato versato il premio. Successivamente, l'art. 22 R.D.

17 agosto 1935 n. 1765 introdusse il principio dell'automaticità anche

nella disciplina dell'assicurazione infortuni per i lavoratori

dell'industria disponendo per gli assicurati il “diritto alle prestazioni

da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di

lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel Titolo II". La

formulazione dell'art. 22 R.D. 17 agosto 1935 n. 1765 è stata trasposta

nel T.U. 30 giugno 1965 n. 1124 che all'art. 67 recita: "gli assicurati

hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche

nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto gli obblighi

stabiliti nel presente titolo."

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Relativamente alle assicurazioni gestite dall’ INPS, invece, il

principio dell’automaticità delle prestazioni era stato ammesso, ai

sensi del letterale disposto dell’art. 27 del R.D.L. 636 del 14 aprile

193918

, solo relativamente alle assicurazioni per la tubercolosi, la

disoccupazione, la nuzialità e la natalità19

e non anche nell’ambito

dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti che non

era espressamente menzionata in detto articolo. L'intenzione originaria

del legislatore era, quindi, quella di non estendere il principio della

automaticità alle prestazioni pensionistiche. Possiamo desumere

questo sia dalla mancanza di una esplicita previsione sia dalle norme

che regolavano il diritto a prestazione di vecchiaia, anzianità,

invalidità che richiedevano la sussistenza di un requisito minimo di

contribuzione versata. Più che il silenzio del legislatore, in merito

all'automatismo, valeva dunque la sua volontà espressa, resa manifesta

dalla concreta disciplina che, in aperto contrasto col principio stesso,

18

“Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni

dell'assicurazione per la tubercolosi, dell'assicurazione per la disoccupazione

e dell'assicurazione per la nuzialità e la natalità si intende verificato anche

quando i contributi non siano stati effettivamente versati ma risultino dovuti

a norma del presente decreto”.

19 L'assicurazione per la nuzialità e la natalità è stata soppressa con la legge

26 agosto 1950 n. 860 anche in considerazione delle nuove forme di tutela

per la maternità assicurate dall'INAM, nonché del riconoscimento dei

congedi matrimoniali da parte dei contratti collettivi.

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regolava il diritto a pensione (artt. 9, 10, 13, 27 R.D. 14 aprile 1939 n.

63620

).

20

Art.9.L'assicurato ha diritto alla pensione:1° al compimento del

sessantesimo anno di età, per gli uomini, e del cinquantacinquesimo anno di

età, per le donne, quando siano trascorsi almeno quindici anni dalla data di

inizio dell'assicurazione e risulti versato un importo di contributi non

inferiore a quello indicato dall'art. 11 per la categoria a cui l'assicurato

appartiene; 2° a qualunque età quando sia riconosciuto invalido ai sensi

dell'art.10 e quando: a ) siano trascorsi almeno cinque anni dalla data di

inizio della assicurazione; b ) risulti versato un importo di contributi non

inferiore a quello indicato dall'art. 11 per la categoria alla quale l'assicurato

appartiene; c ) sussista almeno un anno di contributo nell'ultimo

quinquennio precedente la domanda di pensione.”

Art. 10. “Si considera invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno, in

occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente,

per infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo del suo guadagno

normale, per gli operai, o a meno della metà, per gli impiegati.

La pensione di invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del

pensionato cessi di essere inferiore ai limiti indicati al primo comma. Resta

ferma la disposizione del terzo comma dell'art. 61 del Regio Decreto-legge 4

ottobre1935-XIII,n.1827.”

Art. 13. “Nel caso di morte del pensionato o dell'assicurato, sempreché per

quest'ultimo sussistano al momento della morte le condizioni di

assicurazione e di contribuzione di cui all'art. 9, n. 2, lettera a ), b ) e c ),

spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che al momento della

morte del pensionato o assicurato non abbiano superato l'età di 15 anni o, per

gli assicurati appartenenti alla categoria degli impiegati, quella di 18 anni,

ovvero siano riconosciuti inabili al lavoro. Tale pensione stabilita è nelle

seguenti aliquote della pensione già liquidata o che sarebbe spettata allo

assicurato a norma del primo comma dell'art. 12:

a) il 50 per cento al coniuge;

b ) il 10 per cento a ciascun figlio, se ha diritto a pensione anche il coniuge,

oppure il 20 per cento se hanno diritto a pensione soltanto i figli.

La pensione ai superstiti non potrà in ogni caso essere, complessivamente, né

inferiore alla metà, né superiore all'intero ammontare della pensione

calcolata a norma del primo comma art. 12.

Se superstite è il marito, la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia

riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10.”

Art. 27. “Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni

dell'assicurazione per la tubercolosi, dell'assicurazione per la disoccupazione

e dell'assicurazione per la nuzialità e la natalità si intende verificato quando i

contributi non siano stati effettivamente versati, ma risultino dovuti a norma

del presente decreto.”

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24

Sul descritto quadro normativo interviene, nel 1942, in seno al codice

civile, l'art. 2116, per il quale le prestazioni previdenziali sono dovute

al prestatore di lavoro anche quando l'imprenditore non ha versato

regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e

assistenza. Nonostante il principio espresso sembri presentare i

caratteri della generalità e astrattezza nel senso di riferirsi a tutti i

consociati ed a tutte le forme di previdenza e assistenza obbligatorie,

salvo che una norma speciale disponesse diversamente in forma

implicita o esplicita, consolidata giurisprudenza per lungo tempo ha

negato ogni automaticità in settori in cui non vi fosse stata, da parte di

una legge speciale, una esplicita statuizione del principio.

In concreto, quindi, salvo una diversa interpretazione21

che, sulla

scorta della sua lettera, considerasse l’art. 2116 c.c. quale norma

riferita a tutte le forme di previdenza (ivi comprese quelle

pensionistiche), solo con l’art. 40 della legge 153 del 1969, nel testo

sostituito dall’art. 23- ter del D.L. 30 giugno 1972, n. 267, convertito

nella legge 11 agosto 1972, n. 485, il principio dell’automaticità delle

prestazioni viene esteso alla materia pensionistica seppur temperato

dal limite della prescrizione. In base a queste disposizioni, infatti, il

requisito di contribuzione stabilito per il diritto e la determinazione

21 Per la ricostruzione dell’iter giurisprudenziale vedi paragrafo 2° del

capitolo 2° e le note 49 e 50.

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25

della misura delle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti si

intende verificato anche quando i contributi non siano stati

effettivamente versati ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione.

L’art. 40 della Legge 153/69 ha infatti aggiunto all'art. 27 del regio

decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, il seguente comma: “il requisito

di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia,

invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi

non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della

prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da

documenti o prove certe”.

Possiamo quindi affermare come, per i lavoratori subordinati, il

principio di automaticità operi per tutte le prestazioni previdenziali

anche quando i contributi non siano stati versati purché gli stessi siano

dovuti (con la conseguente possibilità per l’Ente previdenziale di

recuperarli) specificando che, relativamente alle prestazioni la cui

erogazione avviene a distanza di tempo dal sorgere dell’obbligo

contributivo (in particolare vecchiaia e superstiti), l’ eventuale

prescrizione dei contributi può precluderne il conseguimento perché,

una volta intervenuta, non essendo per legge consentito il versamento

di contributi prescritti, non può considerarsi verificato il requisito

contributivo ai fini del conseguimento della prestazione ( in quanto i

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contributi prescritti non sono più dovuti né possono essere versati e

l’Ente non potrebbe quindi più recuperarli)22

.

L’incidenza della prescrizione dei contributi è pertanto soprattutto

nelle prestazioni che si conseguono a distanza di tempo dall’insorgere

dell’obbligo contributivo, in particolare vecchiaia e superstiti. Più

limitata in quelle di invalidità per le quali è richiesto quale requisito

contributivo quello di 156 settimane di contributi nell’ultimo

quinquennio antecedente alla domanda (e quindi, al momento della

domanda, seppure i contributi non fossero stati versati, il credito

contributivo, il cui termine di prescrizione è un quinquennio, non è

prescritto).

Del tutto irrilevante per prestazioni quali l’indennità di

disoccupazione, per la quale opera un termine di decadenza per la

richiesta di 68 giorni dal licenziamento, e per le quali, occorrendo un

biennio di contribuzione anteriore al verificarsi della disoccupazione,

è chiaro come al momento della domanda, se presentata nel predetto

termine decadenziale, il termine prescrizionale dei contributi non può

essere decorso.

Analoghe considerazioni possono essere svolte per tutte quelle

prestazioni (indennità di maternità, indennità di malattia, tubercolosi,

22

Vedi nota n. 2.

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etc.) per le quali è previsto un termine di decadenza, di gran lunga

inferiore a quello prescrizionale, entro il quale presentare la relativa

domanda. Al momento della stessa, infatti, se il termine decadenziale

è rispettato, l’eventuale inadempimento del datore di lavoro agli

obblighi contributivi, non precludendo in alcun modo all’Ente il

recupero degli stessi (non essendo intercorso il termine

prescrizionale),non è di ostacolo all’operatività dl principio di

automaticità e, quindi, non può precludere all’avente diritto il

conseguimento della prestazione stessa.

1.3 AMBITO SOGGETTIVO DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI.

Il disegno di legge con le misure straordinarie per il sostegno del

reddito approvato il 16 marzo 2010 in Commissione Lavoro alla

Camera dei Deputati aveva previsto l'estensione dell'articolo 2116

del codice civile ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione

separata Inps, in cambio di un incremento sino a 0,25 punti

percentuali dell'aliquota contributiva.

Il disegno di legge predetto non è diventato legge. Se la norma fosse

stata approvata (viste le contingenze economiche del Paese è

estremamente difficile che troverà applicazione nell’ immediato

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presente), per i lavoratori parasubordinati ci sarebbe stato un netto

passo in avanti verso l’auspicabile parità di diritti previdenziali

rispetto ai lavoratori subordinati.

Il menzionato disegno di legge, infatti, stabiliva che l'articolo 2116 del

codice civile avrebbe dovuto essere inteso applicabile anche ai

collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, purché

in regime di mono committenza e non titolari dell'obbligazione

contributiva (lavoratori, quindi, con un unico rapporto di

collaborazione, per i quali il responsabile dell'obbligazione

contributiva è il committente). Questa seconda condizione avrebbe

escluso dal novero dei beneficiari dell’articolo 2116 del codice civile i

titolari di partita Iva anche se con un solo rapporto di collaborazione.

In tal caso, infatti, è lo stesso lavoratore e non il committente ad essere

obbligato al pagamento dei contributi.

Si trattava, dunque, di una disposizione che avrebbe esteso anche ai

collaboratori, cioè ai lavoratori parasubordinati, l'applicabilità del

principio dell'automaticità delle prestazioni di cui all’ articolo 2116

del codice civile, principio che, finora, ha rappresentato e rappresenta

un'esclusiva dei lavoratori subordinati, essendo stata sempre esclusa

ogni possibilità di estensione ai lavoratori parasubordinati, nonostante

anche per loro viga l'obbligatorietà alla contribuzione presso la

gestione separata Inps.

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Però, fino a quando il citato o un similare disegno di legge non sarà

tradotto in legge, i soggetti ai quali è applicabile il principio di

automaticità delle prestazioni sono soltanto i lavoratori subordinati

privati.

In assenza di una specifica disposizione di legge e, quindi, in assenza

di alcuna provvista finanziaria da cui attingere per far fronte ai

conseguenti oneri, non era e non è possibile, infatti, estendere il

principio medesimo, come è costante affermazione delle

giurisprudenza23

, ai lavoratori autonomi e ai lavoratori

parasubordinati.

Allo stato, pertanto, il sistema previdenziale, che collega l’accesso

alle prestazioni alla maturazione di un determinato numero di anni di

contribuzione, si atteggia diversamente a seconda che il lavoratore sia

autonomo, subordinato o parasubordinato.

23

Cassazione civile sez. lav. 18 settembre 2004, n. 18830, in Giust. civ.

Mass. 2005, 1: “il principio generale dell'automatismo delle prestazioni

previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche

quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non trova

applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima

fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed

ente previdenziale, con la conseguenza che il mancato versamento dei

contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto

previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni; né tale

esclusione può essere ritenuta irragionevole, giacché nel rapporto tra

lavoratore autonomo ed ente previdenziale l'obbligazione contributiva grava

sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni e che

quindi, coerentemente, subisce le conseguenze pregiudizievoli del proprio

inadempimento.”

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Nell’area del lavoro autonomo e professionale vige un modello di

autotutela previdenziale: il lavoratore provvede al versamento dei

contributi alla cassa competente, la quale provvederà ad erogare i

trattamenti al raggiungimento dei requisiti contributivi minimi.

L’autotutela fa sì che il lavoratore “irresponsabile”, che ometta di

versare i contributi, risponda delle conseguenze delle proprie lacune

contributive24

.

24

Cassazione civile sez. lav, 03 ottobre 2008, n. 24582, in Giust. civ. Mass.

2008, 10, 1429: “l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e

superstiti per gli artigiani non è retta dal principio di automatismo e le

prestazioni competono solo in quanto siano stati effettuati i versamenti

contributivi (nella specie, la sentenza impugnata aveva riconosciuto il diritto

all'assegno per nucleo familiare artigiani, attribuendo rilevanza al condono

presentato dall'artigiano e alla perdurante esigibilità dei contributi da parte

dell'istituto previdenziale; la S.C., nell'affermare il principio su esteso, ha

cassato la sentenza di merito ed affermato l'irrilevanza della domanda di

condono presentata dall'interessato e non seguita dal versamento dei

contributi necessario per il perfezionamento della sanatoria).”

Per gli artigiani, quindi, in quanto lavoratori autonomi, l'assicurazione

obbligatoria di invalidità vecchiaia e superstiti non è retta dal principio

dell'automatismo (ex plurimis, anche Cassazione civile sez. lav.13 luglio

1993 n.7713 in Giust. civ. Mass. 1993, 1166 (s.m.), Informazione previd.

1993, 898 : “l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti

per i lavoratori autonomi non è retta dal principio dell'automatismo -

mancando la figura del datore di lavoro tenuto al versamento dei contributi

obbligatori - e pertanto l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane non

comporta di per sè solo la nascita del rapporto assicurativo e del diritto a

pensione di invalidità in favore dell'artigiano che non possa vantare

un'anzianità contributiva di almeno cinque anni.” In dottrina vedi R. Pessi,

Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 417:

“laddove le due situazioni giuridiche soggettive (beneficiario e obbligato)

coincidono, non è sembrato equo al legislatore neutralizzare gli effetti

dell’omissione contributiva a vantaggio del beneficiario, venendo meno quel

principio di meritevolezza che ha portato alla sostituzione della regola della

sinallagmaticità effettiva con quella, propria della materia previdenziale,

della sinallagmaticità virtuale.”

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Il meccanismo previdenziale nell’area del lavoro subordinato risponde

invece ad una logica completamente diversa: i contributi previdenziali

sono posti a carico del datore di lavoro che provvede ad alimentare la

posizione contributiva del dipendente ed è il responsabile della

maturazione dell’anzianità contributiva necessaria per l’accesso ai

trattamenti. Poiché l’ “irresponsabilità” datoriale, dolosa o colposa,

potrebbe compromettere il diritto alla tutela previdenziale del

lavoratore sancito dall’art. 38, comma 2, della Costituzione, è previsto

il principio di automaticità delle prestazioni che consente al lavoratore

di fruire delle prestazioni previdenziali in tutti i casi di omessa o

irregolare contribuzione da parte del datore di lavoro, salvo il limite

della prescrizione dei contributi. Quella dell’art. 2116 c.c., secondo la

Corte Costituzionale, costituisce una fondamentale garanzia per il

lavoratore assicurato intesa a non far ricadere su di lui il rischio di

eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi

contributivi, rischio che si concretizza nella perdita del diritto alle

prestazioni o nella fruizione di prestazioni ridotte. Dottrina,

giurisprudenza e Corte Costituzionale colgono la ratio della regola

codicistica nel fatto che i danni previdenziali sono riconducibili al

comportamento omissivo o irregolare altrui: non potendo operare una

logica di “auto-responsabilità”, lo Stato deve comunque assicurare

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32

tutela agli assicurati, incolpevoli del mancato perfezionamento della

posizione contributiva.

Lo scenario della tutela previdenziale dei lavoratori parasubordinati,

ed in generale, dei lavoratori atipici, è, invece, senz’altro più

problematico e la dottrina chiede da tempo interventi legislativi

chiarificatori ed integrativi del precario quadro normativo esistente.

Infatti, i lavoratori a progetto e i vecchi collaboratori coordinati e

continuativi presentano delle caratteristiche che non li rendono

pienamente riconducibili né al modello del lavoro subordinato, né a

quello del lavoro autonomo. Il “parasubordinato” è un lavoratore

autonomo che si colloca in una sorta di “zona grigia”: è soggetto alla

tutela contro gli infortuni e le malattie professionali e, ai fini

dell’assicurazione IVS, ha l’obbligo di iscriversi alla gestione separata

dell’Inps all’inizio dell’attività di lavoro presso la quale vanno versati

i contributi posti per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico

del lavoratore.

Il fatto che la contribuzione sia posta per i 2/3 a carico del

committente espone il parasubordinato, così come il lavoratore

subordinato, al rischio del danno previdenziale connesso alle

omissioni contributive altrui. E ci si può chiedere se questa

coincidenza possa permettere di estendere al lavoratore

parasubordinato la garanzia apprestata dall’art. 2116 c.c.

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33

La risposta dell’ente previdenziale25

e della giurisprudenza, allo stato

dell’attuale normativa, è negativa: per i lavoratori a progetto e i vecchi

25

Circolare INPS 6 settembre 2006 n.95: “Nei confronti dei soggetti iscritti

alla gestione separata di cui trattasi si rammenta che non opera il c.d.

principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i

“prestatori di lavoro”, dall’art. 2116 del cod. civ., in forza del quale le

suddette prestazioni sono comunque garantite anche nel caso di mancato o

irregolare versamento da parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali

e assistenziali dovuti. Trattandosi infatti di lavoratori la cui attività è

giuridicamente qualificabile come autonoma, il mancato o irregolare

versamento dei contributi obbligatori impedisce la maturazione del diritto

alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in favore degli stessi, delle

prestazioni medesime.” E messaggio INPS 22 maggio 2007 n. 12768: “è

noto che in assenza di contribuzione non è possibile erogare le prestazioni

previste per gli iscritti alla Gestione separata, atteso che nei confronti degli

iscritti alle Gestioni dei lavoratori autonomi non è applicabile il principio

dell’ automaticità delle prestazioni.”

Circolare INAIL del 7 maggio 1998 n. 30: “L'articolo 59, comma 19, della

legge 27 dicembre 1997, n. 449, pubblicata sul supplemento ordinario alla

Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 1997, dispone che l'articolo 67 del

Testo Unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, non trova

applicazione nei confronti dei lavoratori autonomi". Data la duplice veste di

lavoratore e di datore di lavoro (più correttamente di "assicurato" e di

"assicurante") dei lavoratori autonomi tutelati dall'INAIL, dal coordinamento

delle due suddette norme deriva la seguente specificazione della nuova

disposizione di legge: i lavoratori autonomi, infortunatisi o che abbiano

contratto malattia professionale, non hanno diritto alle prestazioni di legge

qualora gli stessi risultino inadempienti rispetto agli obblighi previsti nel

titolo I del Testo Unico a carico dei datori di lavoro. Con la presente

circolare si devono intendere in parte superate le istruzioni operative fornite,

in via provvisoria ed a fini cautelativi, con lettera in data 20 gennaio 1998

della Direzione Centrale Prestazioni, successivamente alla quale sono

intervenuti approfondimenti e chiarimenti interpretativi della legge in esame.

In particolare, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha

recentemente espresso l'avviso, in ciò condividendo l'orientamento

dell'Istituto, che la norma di che trattasi non modifica il diritto alla tutela

assicurativa nei confronti del lavoratore autonomo, ma condiziona la

esecutività del diritto stesso alla regolarità contributiva. Ne consegue la

sospensione dell'avvio del pagamento delle prestazioni se e fino a quando

non ricorra la condizione richiesta. Infine, secondo il predetto Ministero,

considerato il logico collegamento tra l'evento dannoso e la prestazione ad

esso afferente, la novità introdotta dalla Legge n. 449/1997 non può che

riguardare gli eventi verificatisi a partire dalla data di entrata in vigore della

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legge medesima (1° gennaio 1998). (...) Il legislatore, con la disposizione in

argomento, ha inteso ripristinare, nei confronti dei lavoratori autonomi, il

rapporto sinallagmatico contribuzione-prestazione assicurativa reso

inoperante, in favore dei lavoratori dipendenti, dall'articolo 2116 codice

civile. Di conseguenza gli obblighi cui fa riferimento l'articolo 67 del Testo

Unico, che sostanzialmente recepisce la norma del codice civile ed il

principio dell'"automaticità" delle prestazioni ad essa sotteso, sono

essenzialmente gli obblighi contributivi. Ai fini che qui interessano,

pertanto, si terrà conto esclusivamente delle situazioni di inadempienza di

detti obblighi, anche riferite a periodi pregressi purché non colpite da

prescrizione, consistenti in "omissioni", e cioè in mancati pagamenti di

premi e contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce obbligatorie,

ovvero in "evasioni", e cioè in inadempienze connesse a denunce

obbligatorie omesse (evasioni totali) o non conformi al vero (evasioni

parziali). Saranno inoltre escluse dalla valutazione della regolarità

contributiva, ai fini che qui interessano, le obbligazioni accessorie (interessi,

sanzioni, ecc.).(…) Si ritiene che l'ambito delle "prestazioni" interessate

dalla norma in argomento debba essere circoscritto alle prestazioni

economiche, con esclusione, pertanto, delle prestazioni sanitarie curative

("prime cure", "cure idrofangotermali e soggiorni climatici") e delle

prestazioni riabilitative (protesi e presìdi).… In considerazione della "ratio"

della norma in esame, la non operatività del principio dell'automaticità delle

prestazioni da essa sancita trova applicazione soltanto nei casi di identità fra

soggetto assicurato, infortunatosi o che abbia contratto malattia

professionale, e "soggetto assicurante". Rimangono pertanto esclusi dal

campo di applicazione della norma, ad esempio, i lavoratori associati in

società o cooperative, rivestendo tali organismi la veste di "soggetto

assicurante"; i familiari coadiuvanti il titolare dell'azienda artigiana, ecc.. Nel

settore agricolo, si ricorda che gli obbligati per legge al versamento all'INPS

delle quote capitarie INAIL sono il coltivatore diretto, che versa per sé e per

i componenti il nucleo familiare costituente la forza lavoro, ed il concedente

il fondo in mezzadria o in colonia, che versa per il mezzadro, il colono ed i

componenti i rispettivi nuclei familiari, con diritto di rivalsa nei confronti del

colono e del mezzadro. Sono pertanto esclusi dal campo di applicazione

della norma i componenti il nucleo familiare del coltivatore diretto nonché il

colono, il mezzadro ed i loro familiari. E' ovviamente "estraneo" alla materia

qui in esame il "concedente", in quanto persona non assicurata. Per quanto

riguarda i superstiti di lavoratori autonomi, ferma restando, secondo le

norme del diritto successorio, l'obbligazione dei medesimi verso l'istituto, se

ed in quanto eredi, derivante dalla situazione debitoria dei loro de cuius, il

conseguimento delle prestazioni di legge, inerendo ad un diritto "proprio" e

non "ereditario", non può essere subordinato all'adempimento di detta

obbligazione…”

Circolare INAIL del 11 aprile 2000 n. 32: “In attuazione della delega di

cui all'art. 55 della Legge n. 144/1999 (comma 1, lettera i), il Decreto

Legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.

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collaboratori coordinati e continuativi l’ente non eroga prestazioni se

non è stata raggiunta l’anzianità contributiva necessaria. Il lavoratore

parasubordinato viene quindi assimilato a quello autonomo nella

logica della auto responsabilità, del do ut des previdenziale,

nonostante sia esposto all’inadempimento contributivo del

committente, chiaro punto di assonanza con la figura del lavoratore

subordinato.

Tale posizione che affievolisce la timida tutela previdenziale di

50 del 1° marzo c. a., stabilisce, all'articolo 5, l'estensione dell'assicurazione

INAIL ai lavoratori parasubordinati, purché svolgano le attività previste

dall'articolo 1 del Testo Unico del 1965, ivi compresa la conduzione

personale di veicoli a motore, non in via occasionale e per l'esercizio delle

proprie mansioni. Dette disposizioni decorrono dal 16 marzo 2000 ed - in

sede di prima applicazione- le denunce di cui all'art. 12 T. U. debbono

essere effettuate entro il 15 aprile 2000. Il menzionato articolo

prevede:

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,

sono soggetti all'obbligo assicurativo i lavoratori parasubordinati indicati

all'art. 49, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 22

dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, qualora

svolgano le attività previste dall'articolo 1 del testo unico o, per l'esercizio

delle proprie mansioni, si avvalgano, non in via occasionale, di veicoli a

motore da essi personalmente condotti.

2. Ai fini dell'assicurazione INAIL il committente è tenuto a tutti gli

adempimenti del datore di lavoro previsti dal testo unico.

3. Il premio assicurativo è ripartito nella misura di un terzo a carico del

lavoratore e di due terzi a carico del committente.

4. Ai fini del calcolo del premio la base imponibile è costituita dai compensi

effettivamente percepiti, salvo quanto stabilito dall'articolo 116, comma 3,

del testo unico. Il tasso applicabile all'attività svolta dal lavoratore è quello

dell'azienda qualora l'attività stessa sia inserita nel ciclo produttivo, in caso

contrario, dovrà essere quello dell'attività effettivamente svolta.

5. Ferma restando la decorrenza dell’obbligo assicurativo e del diritto alle

prestazioni dalla data di cui al comma 1, in sede di prima applicazione, i

termini per la presentazione delle denunce di cui all’articolo 12 del Testo

Unico sono stabiliti in trenta giorni dalla data di entrata in vigore del

presente decreto legislativo …”

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quest’ampia platea di lavoratori, pur comprensibile allo stato della

normativa, desta numerose perplessità.

Spesso infatti il parasubordinato è un lavoratore che non disponendo

di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, passa da una

collaborazione all’altra, cumulando frammenti contributivi intervallati

da periodi di vuoto lavorativo e contributivo. Se alla difficoltà di

maturare l’anzianità assicurativa necessaria per l’accesso al

trattamento, si aggiunge l’inapplicabilità del principio di automaticità

delle prestazioni, la debolezza della sua tutela previdenziale appare

evidente. Ciò in quanto l’ente, ricostruendo il curriculum contributivo,

sommerà i pochi contributi versati e le eventuali scoperture

contributive, riconducibili ai committenti, non saranno considerate

“coperte” con il meccanismo previsto dall’art. 2116 c.c. ai fini del

raggiungimento della soglia di anzianità necessaria. Che esista un

problema di tutela è evidente ed in tal senso si inquadra l’art. 39 della

legge n. 183 del 2010 (Collegato Lavoro) che ha esteso anche ai

committenti della Gestione Separata le stesse misure sanzionatorie già

previste nei confronti dei datori di lavoro che operano le ritenute sulle

retribuzioni dei lavoratori dipendenti. In sostanza, si estende il reato di

omesso versamento delle ritenute previdenziali, già previsto dalla

legge n. 638 del 1983 per i soli lavoratori dipendenti. Pertanto vige

oggi un’unica disciplina sanzionatoria nei confronti dei datori di

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lavoro per l’omesso versamento delle ritenute contributive. E la

predetta estensione rappresenta sicuramente un passo in avanti per

uniformare i trattamenti dei lavoratori dipendenti e parasubordinati.

Da ultimo, nel caso dei pubblici dipendenti, c’è l’identità tra datore di

lavoro e soggetto erogatore delle prestazioni. In questo contesto

appare evidente l’impossibilità del verificarsi di una omissione

contributiva cosicché si potrebbe forse dire che l’automatismo è

intrinseco alla struttura del sistema26

.

Relativamente invece all’assicurazione infortuni sul lavoro, la

formulazione letterale dell'art. 67 T.U. 30 giugno 1965 n. 1124, che

stabiliva per gli assicurati INAIL il diritto alle prestazioni anche nel

caso in cui il datore non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti dalla

legge, prevedendo un lavoratore e un datore di lavoro, implica una

logica esclusione dell'automatismo per i lavoratori autonomi nei quali

sussiste un'identificazione tra responsabile della contribuzione e

beneficiario delle prestazioni27

. Una diversa indicazione estensiva di

diritto positivo si traeva, per il settore rurale, dall'art. 236 T.U. che

equiparava i lavoratori agricoli ai lavoratori dell'industria, senza

distinzione tra subordinati ed autonomi. Nello stesso senso si poneva

26

Sul punto Carbone, La quiescenza e la previdenza nel pubblico impiego, in

Volpe (a cura di), Il pubblico Impiego,Torino, 1991, 410.

27 A. Luciani, Concezione unitaria del rapporto di assicurazione sociale per i

lavoratori agricoli, in Riv. Dir. Lav. 1965,I,363.

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l'art. 212 del T.U. che assoggettava gli agricoltori, senza alcuna

distinzione tra autonomi e subordinati28

, agli adempimenti del Titolo I,

richiamando l'art. 67 che enuncia il principio di automaticità anche se

il premio non è stato versato. Anche per gli artigiani, inclusi dall'art. 3

della legge 19 gennaio 1963 n.15 nel novero dei soggetti assicurati ed

inclusi dall'art.4 n. 3 del T.U. 30 giugno 1965 n. 1224 tra le persone

assicurate, vigeva la regola particolare dell'applicazione

dell'automatismo pur essendo lavoratori autonomi. Lo stesso dicasi

per i pescatori di piccola pesca marittima e nelle acque interne,

ricompresi tra i soggetti assicurati dall'art.1, legge 13 marzo 1958 n.

250.

Più di recente, la legislazione ha escluso i lavoratori autonomi dal

beneficio dell'automaticità delle prestazioni: l'art. 59, comma 19 della

legge 27 dicembre 1997 n. 449, ha disposto che per i lavoratori

autonomi agricoli non trova applicazione l'art. 67 del T.U. 30 giugno

1965 n. 1224. A seguito della legge 27 dicembre 1997 n. 449,

dunque, non è più applicabile il principio di automaticità delle

prestazioni per la tutela infortunistica in favore dei lavoratori

autonomi di ogni settore e gli stessi accedono alle prestazioni solo

quando hanno pagato regolarmente i premi.

28 A.Lega, L'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali in

agricoltura, Giuffrè, Milano, 1968.

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L'innovazione legislativa ha aperto il problema dell'esatta

individuazione dei soggetti a cui si applica la norma non potendosi

logicamente equiparare ai titolari i loro coaudiutori familiari, gli

associati, i coloni e i mezzadri sui quali non grava l'obbligazione

contributiva perciò non responsabili del mancato pagamento dei

premi. Con circolare n. 30/9829

l'INAIL ha precisato che la limitazione

del principio dell'automatismo riguarda esclusivamente i titolari

(artigiani, commercianti o coltivatori diretti e quindi non i dipendenti).

Il principio dell'automatismo trova quindi ancora applicazione nei

confronti dei soggetti equiparati ai lavoratori dipendenti: i coloni, i

mezzadri e i familiari coadiuvanti del titolare dell'azienda. Viene

inoltre precisato che l'ambito delle prestazioni interessate dalla novità

normativa è circoscritto a quelle economiche con esclusione, quindi,

delle prestazioni sanitarie e di quelle riabilitative.

29

Per il testo completo si rinvia alla nota 25.

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40

1.4 IL DOPPIO AUTOMATISMO: L’AUTONOMIA DEL

RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL RAPPORTO DI

LAVORO E L’AUTOMATICITA’ DELLA PRESTAZIONE.

a) L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL

RAPPORTO DI LAVORO.

L’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina ipso iure

l’insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con

conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi

contributi all’ente previdenziale. Però, nonostante il rapporto di lavoro

sia il presupposto ed il fattore occasionante della costituzione ex lege

del rapporto contributivo- previdenziale, è possibile escludere una

relazione di derivazione 30

.

30 Cassazione civile sez. lav. 20 luglio 1985, n. 4307, in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 7: “il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche

se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione, non

è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi tali diritti -

come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro - sorgono

contemporaneamente, come effetto immediato dell'instaurazione del

rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di questo, sorte diversa

ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui sono sottoposti e del

funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto

previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione

funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento dichiarato

di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo legittima la pretesa

risarcitoria relativa, oltre che alla mancata percezione della retribuzione,

all'omissione delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata

erogazione della retribuzione nel periodo predetto.”In dottrina R. Pessi,

Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 470, che

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Trattasi del principio dell’autonomia del rapporto previdenziale dal

rapporto di lavoro.

Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se

l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione,

non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi

tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro -

sorgono contemporaneamente, come effetto immediato

dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere,

nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione

della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento

dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto

supporta l’affermazione dell’autonomia del rapporto previdenziale, anche

con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, Cass.

SS.UU.1250/1968: “quando la legge, in relazione al concreto svolgimento di

un’attività dei privati, pone un obbligo ispirato a superiori esigenze di natura

sociale, stabilendone l’inderogabilità e sanzionandola anche penalmente, è

errato affermare che l’obbligo trovi la sua causa nel contratto laddove questo

sia servito solo a costituire la situazione avente valore di presupposto per la

nascita di un’ obbligazione che i contraenti potrebbero anche non aver

considerato o aver voluto addirittura escludere.”

Cassazione civile sez. lav., 05 novembre 1988, n. 5991, in Giust. civ. Mass.

1988, fasc. 11: “l’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato

determina "ipso iure" l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo,

con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi contributi

all'ente previdenziale, anche se in riferimento al medesimo periodo di attività

lavorativa risultino versati contributi da un altro datore di lavoro. (Nella

specie la S.C., confermando l'impugnata sentenza, ha ritenuto, con riguardo a

lavoratori addetti a cantieri-scuola ma di fatto utilizzati dal ricorrente, che

l'obbligo contributivo di quest'ultimo sussistesse sia per le prestazioni

lavorative resegli nelle ore in cui i lavoratori avrebbero dovuto essere

impegnati nei cantieri-scuola sia per la prestazioni lavorative resegli in ore

diverse, essendo irrilevante, in relazione ad entrambe le ipotesi, l'avvenuto

pagamento dei contributi da parte dei cantieri predetti).”

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previdenziale trilaterale. Conseguentemente, anche nel caso di

inattuazione funzionale del rapporto di lavoro, ad esempio per

licenziamento dichiarato poi illegittimo, la persistenza in vita del

medesimo rapporto di lavoro legittima la pretesa risarcitoria relativa,

oltre che alla mancata percezione della retribuzione, all'omissione

delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata erogazione

della retribuzione nel periodo predetto.

Ed anche ove venga posto in essere un rapporto di lavoro di fatto (non

regolarizzato) o contra legem (non avendo ad esempio il lavoratore il

requisito dell’età minima, rapporto che per tale motivo è

semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di validità e

non già intrinsecamente illecito per l’oggetto o la causa) non di meno

si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo obbligatorio

atteso che il disposto del 1° comma dell’art. 2126 c.c. (secondo cui la

nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non producono effetto

per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione) rende applicabile

il primo comma dell’art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto

principio dell’automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza

obbligatorie 31

.

31 In tal senso Cassazione civile sez. lav., 27 giugno 1986, n. 4288, in Giust.

civ. Mass. 1986, fasc. 6, Giust. civ. 1986, I,2755: “Ove venga posto in essere

un rapporto di lavoro contra legem non avendo il lavoratore il requisito

dell'età minima - rapporto che per tale motivo è semplicemente illegale per

mancanza di un presupposto di validità e non già intrinsecamente illecito per

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Quindi, anche se il rapporto di lavoro si svolge di fatto o è invalido, il

principio di automaticità delle prestazioni è sempre applicabile

esistendo un collegamento diretto tra l’art. 2126 c.c. e l’art. 2116 c.c.

E’ sulla base di tali considerazioni che la dottrina ha teorizzato

l’autonomia del rapporto previdenziale dal rapporto di lavoro

ritenendo che l’obbligo contributivo trovi soltanto l’occasione nel

rapporto di lavoro e non già la causa petendi 32

.

Ma non si tratta di due rapporti tra loro indifferenti e paralleli, perché

un punto di intersecazione vi è in quanto il rapporto di lavoro è

l'oggetto o la causa - non di meno si costituisce automaticamente il rapporto

assicurativo obbligatorio atteso che la prescrizione del comma 1 dell'art.

2126 c.c. - secondo cui la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non

producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione -

rende applicabile il comma 1 dell'art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto

principio dell'automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza

obbligatorie, principio che, nel particolare caso del rapporto di lavoro

costituito in violazione della norma sull'età minima di ammissione al lavoro,

trova conferma nell'art. 24, comma 1, l. 17 ottobre 1967 n. 977.” Così anche

Cassazione civile sez. lav.09 ottobre 1985, n. 4916, in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 10: “l'art. 24 della l. 17 ottobre 1967 n. 977 - norma che pone a

carico del datore di lavoro che occupi alle sue dipendenze un minore degli

anni quattordici di rimborsare l'INAIL degli importi delle prestazioni da

quest'ultimo erogate al minore che abbia subito un infortunio sul lavoro -

configura una speciale azione di rivalsa in favore dell'istituto assicuratore,

che prescinde dall'eventuale dolo o colpa del datore di lavoro nella

determinazione dell'evento e si giustifica col fatto che - stante la nullità del

contratto di lavoro per effetto dell'età del minore e la conseguente mancata

copertura assicurativa - l'INAIL tuttavia è tenuto per legge alle prestazioni

assicurative solo per ragioni di solidarietà sociale, ma ha diritto di rivalersi

sul datore di lavoro che ha dato causa alla situazione di nullità.”

32 M. Cinelli, Diritto della Previdenza sociale, Giappichelli, Torino, 1996,

p.101.

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presupposto e fattore occasionante della costituzione ex lege del

rapporto contributivo- previdenziale 33

.

Dal punto di vista “genetico”, mentre la costituzione del rapporto di

lavoro dipende dall’incontro della volontà del datore di lavoro e del

lavoratore, il rapporto contributivo si instaura ope legis in ragione del

rapporto di lavoro.

Alle parti è quindi riservato solo il potere prodromico sul presupposto

che determina la nascita del rapporto ma non sul rapporto stesso che

non è nella disponibilità delle parti.

La prestazione lavorativa che nel rapporto di lavoro è atto di

esecuzione nel rapporto contributivo- previdenziale è il fattore che

determina ope legis il sorgere del rapporto contributivo- previdenziale.

Ha, pertanto, all’interno dei due rapporti, una diversa funzione.

E’ in questi termini che si può nel contempo trovare il collegamento

tra rapporto di lavoro e rapporto contributivo- previdenziale e allo

stesso tempo postularne la reciproca autonomia34

.

33

Per un esame più analitico di questi aspetti, R. Pessi, Lezioni di diritto

della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 470 ss.e F.P.Rossi, il

presupposto legale della tutela previdenziale: il rapporto di lavoro

subordinato, in Prev. soc. 1972, 59.

34 G. Prosperetti, dalla tutela del rapporto alla tutela della persona, in G.L.L.

1994, p.26. Secondo R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,

Cedam, Padova 2012, “l’autonomia tra il rapporto di lavoro e quello

previdenziale spiega, in primo luogo, il precetto di cui all’art. 2115 c.c.

comma 3, c.c. che sancisce la nullità in sede transattiva dei patti intesi ad

eludere gli obblighi previdenziali, non essendo nella disponibilità delle parti

del rapporto di lavoro il potere di transigere o di rinunciare in ordine

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Qui, però, il collegamento tra i due rapporti finisce e subentra

un’indipendenza funzionale, su cui si fonda la ragione della loro

autonomia.

In definitiva il rapporto previdenziale è autonomo rispetto al rapporto

di lavoro in quanto, pur trovando in esso la giustificazione causale,

sorge ope legis perché coattivamente costituito; ciò, secondo la

dottrina35

, giustifica anche l’indipendenza tra adempimento degli

obblighi contributivi ed erogazioni delle prestazioni. Si tratta di

autonomia che opera sulle posizioni giuridiche e sulla esigibilità delle

prestazioni 36

.

all’autonomo rapporto previdenziale, nel quale le loro relazioni ed i rispettivi

poteri e doveri sono individuati inderogabilmente dal legislatore.”

35 L.R. Levi Sandri, Istituzioni e Legislazione sociale, Giuffrè, Milano,

1979, pp 225 ss.

36 In dottrina, per la tesi secondo cui il rapporto previdenziale, pur trovando

il suo presupposto nel rapporto di lavoro o nella prestazione lavorativa, sotto

ogni aspetto è autonomo, F.P.Rossi, il presupposto legale della tutela

previdenziale: il rapporto di lavoro subordinato, in Prev. soc. 1972, pag 59

ss. e Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova

2012, 470 ss. secondo cui “collegato se pur distinto dall’automaticità del

rapporto previdenziale è il principio dell’automaticità delle prestazioni” che

“non pone in discussione l’adempimento dell’obbligazione contributiva

come elemento essenziale per il maturarsi del diritto alla prestazione ma

scinde gli effetti dell’inadempimento, neutralizzandoli rispetto al soggetto

beneficiario e limitandoli al solo rapporto tra l’Ente previdenziale e il

soggetto passivo dell’obbligazione.”

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b) L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI

Non solo è automatica la costituzione del rapporto previdenziale ma

sono automatiche anche le prestazioni. Infatti, le prestazioni previste e

stabilite dalle forme di previdenza obbligatoria (art. 2114 c.c.) “ sono

dovute al prestatore di lavoro anche quando l’imprenditore non ha

versato regolarmente i contributi” (art. 2116 c.1 c.c.). In altre parole,

al verificarsi dell’evento assicurato, l’obbligo della prestazione

previdenziale è cogente per l’ente assicuratore indipendentemente

dall’adempimento dell’obbligazione contributiva; specularmente, il

lavoratore ha diritto alla prestazione previdenziale anche laddove il

datore di lavoro non abbia provveduto al versamento di contributi.

Il meccanismo dell’automaticità postula una autonomia della

prestazione previdenziale rispetto all’obbligo contributivo, ponendo la

prima non come una variabile dipendente dal preventivo versamento

dei contributi ma, più semplicemente, condizionata dalla semplice

esigibilità, con la conseguenza che manca un vincolo di

sinallagmaticità tra le prestazioni ed i contributi previdenziali.

Il meccanismo produce l’effetto di ritenere verificato il requisito della

contribuzione anche quando i contributi non sono stati versati

(infortuni sul lavoro e malattie professionali) e, in alcuni casi

(prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti) purché i contributi

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non versati non siano prescritti (art 40 legge 30 aprile 1969 n. 153 di

cui infra).

Pertanto è possibile che si verifichi un disallineamento tra profilo

contributivo e profilo prestazionale, la cosiddetta sterilizzazione della

corrispettività, in quanto l’adempimento dei contributi non è

indispensabile ai fini dell’erogazione della prestazione. E ciò è

conseguenza di una scelta fondamentale del legislatore quale

l’ introduzione nell’ordinamento dell’automaticità del rapporto

assicurativo, di cui l’automatismo della prestazione è una conseguenza

effettuale.

In sostanza, l’automaticità delle prestazioni, perché possa ritenersi

operativa, presuppone l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto

al rapporto di lavoro. Il primo, benché funzionalmente legato al

secondo, trae da esso il semplice presupposto e si svolge in maniera

coordinata, ma non dipendente.

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CAPITOLO II

LA GENERALIZZAZIONE E

COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’

2.1 LA “COSTITUZIONALIZZAZIONE” DEL PRINCIPIO DI

AUTOMATICITA’ NONOSTANTE LA SUA PREVISIONE

SOLTANTO NEL CODICE CIVILE E NON NELLA CARTA

COSTITUZIONALE.

Il principio della automaticità delle prestazioni, pur se disciplinato nel

codice civile e non nella Costituzione, trova corrispondenza

nell’ordinamento costituzionale 37

in quanto gli interessi tutelati

dall'art. 2116 c.c., e precisamente evitare che le inadempienze dei

datori di lavoro determinino conseguenze negative ai lavoratori

incolpevoli, sono oggetto di tutela anche dell'art. 38 della

Costituzione 38

.

37

M. Miscione, L’automaticità delle prestazioni in L.D. 1987, pp 357 ss. E,

in particolare p. 361.

38 M. Miscione, L'automaticità delle prestazioni, LD, 1987, 361.

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Tale principio ha infatti subito un vero e proprio processo di

"costituzionalizzazione"39

cosicché le fattispecie cui la regola non si

applica (o si applica parzialmente) sono spesso considerate, se non

come ipotesi di incostituzionalità in senso tecnico, quantomeno come

esempi di non perfetta attuazione del medesimo art. 38.

A tale impostazione, tuttora maggioritaria pur nelle sue diverse

varianti, si contrappongono coloro che considerano il principio di

automaticità la dimostrazione di un "insistito ricorso, da parte del

legislatore, a una normativa paradossalmente diretta a disinnescare

l'interesse dei lavoratori alla corretta contribuzione"40

.

Nei confronti di tale ultima impostazione è possibile replicare come il

principio di automaticità tragga la ragione della sua esistenza dagli

squilibrati rapporti di forza che caratterizzano il rapporto di lavoro.

Ed inoltre la previsione legislativa della prescrizione quale limite per

39

Il principio dell’automatismo trova riscontro anche nella giurisprudenza

della Corte Cost. ( Corte costituzionale 05 dicembre 1997, n. 374, in Giust.

civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota

di: BOER): “non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art.

2 e 6, l. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei

lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due

fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da

parte della gestione di provenienza a quella di destinazione dei contributi di

propria pertinenza, non consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi

non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale.”) e la sua

valenza costituzionale è stata evidenziata dalla giurisprudenza della suprema

corte appena alcuni anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione (vedi

Cass. sez. civ. 16 luglio 1969, n. 2629, in F.I. 1970, I, p. 272). 40

Vianello, Omissione contributiva e tutela del prestatore di lavoro, in La

contribuzione previdenziale, cit., 261.

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l’operatività dell’automaticità alimenta l’interesse del lavoratore alla

corretta contribuzione costringendolo, per non perdere i propri diritti

previdenziali, a tutelare la propria posizione assicurativa.

D'altronde, l'eventuale rimozione della tutela dell’automaticità non

potrebbe giustificarsi solo perché l'art. 38 Cost. non la menziona:

quest'ultimo, infatti, nonostante la sua natura di "norma aperta"41

ha

in ogni caso carattere precettivo, laddove impone, comunque, di

offrire una tutela effettiva ed adeguata42

. E nell’ambito di una tutela

effettiva e adeguata rientra perfettamente il principio di automaticità.

In altre parole, il principio di automaticità non viene espressamente

imposto dall'art. 38 Cost., solo perché quest'ultimo non impone la

permanenza del sistema delle assicurazioni sociali, in funzione del

quale il principio stesso esiste43

.

41 M. Cinelli, Appunti sulla nozione di previdenza sociale, Riv. Giur. Lav,

1982, I, 156.

42 M. Cinelli, Problemi di diritto della previdenza sociale, Giappichelli,

1989, 28 e ss.

43 Per la costruzione del diritto alla tutela previdenziale come diritto sociale

M. Cinelli, Rapporto giuridico previdenziale, Dig. IV, Comm., Utet, vol.

XII, 1989, 4755.

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In un sistema di "sicurezza sociale" caratterizzato dal superamento

delle assicurazioni sociali, il principio di automaticità non avrebbe

infatti più ragione di esistere44

.

Di conseguenza, c'è da ritenere che, sino a quando le assicurazioni

sociali esisteranno, la sua rimozione, o comunque una sua limitazione

tale da pregiudicare l'effettività dei diritti previdenziali, possa

legittimarne un sindacato incidentale di costituzionalità 45

.

In definitiva, il principio di automaticità trova giustificazione proprio

nel contesto delle assicurazioni sociali dove svolge la funzione di

neutralizzare ogni rapporto di corrispettività tra obbligazione

contributiva e prestazione previdenziale.

Rapporto di corrispettività che, nel meccanismo insito al sistema di

sicurezza sociale, è escluso a priori in quanto incompatibile con il

modello.

Insomma, nel modello delle assicurazioni sociali la corrispettività tra

obbligazione contributiva e prestazione previdenziale è una

connotazione intrinseca del sistema che, per essere eliminata,

necessita di un meccanismo correttivo (tale appunto è quello

dell’automatismo contrapposto a quello del sinallagma); nel modello

44

Così, da ultimo, G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle

prestazioni nell’ordinamento italiano e nella dimensione comunitaria,in RGL

1992,I, 469.

45 Così M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, 1996, 95.

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di sicurezza sociale, al contrario, proprio perché non vi è alcuna

possibilità di configurare alcunché di sinallagmatico, il rapporto di

commutazione tra finanziamento del sistema e garanzia delle

prestazioni finirebbe per divenire negazione del modello in quanto

fattore estrinseco ed incompatibile.

Si giustifica allora quanto assunto in proposito dalla dottrina46

,

secondo cui il principio di automaticità non viene espressamente

imposto dall’art. 38 Cost. solo perché quest’ultimo non impone la

permanenza del sistema delle assicurazioni sociali in funzione del

quale il principio esiste.

Evidentemente, una volta superato il modello mediante la sua

trasformazione in un sistema globale di sicurezza sociale, verrebbe

meno la ragione dell’esistenza del principio di automaticità.

Sulla scorta di quanto sopra si può ritenere che il principio di

automaticità delle prestazioni è un complemento della tutela

previdenziale garantita dalla costituzione47

, non solo per neutralizzare

eventuali conseguenze negative a carico del lavoratore in caso di

mancato o insufficiente versamento dei contributi da parte del datore

46 C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e

tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,

p.307.

47 In dottrina, sulla derivazione del principio delle cosiddetta automaticità

delle prestazioni dall’art. 38 Cost., vedi soprattutto F.D. Mastrangeli - C.A.

Nicolini, La contribuzione previdenziale, Utet, Torino, 1997, p.516 ss.

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di lavoro (questo è l’effetto del principio dell’automaticità delle

prestazioni), ma anche per elidere il rapporto di corrispettività tra

obbligazione contributiva e prestazione previdenziale48

.

2.2 LA GENERALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO E I

CONSEGUENTI LIMITI AI REGIMI DEROGATORI.

Il rapporto tra il principio dell’automaticità posto dall’art. 2116 c.c. e

la normativa derogatoria di cui allo stesso articolo (“diverse

disposizioni di cui alle leggi speciali”), dopo un primo orientamento

restrittivo49

, è stato ampiamente ricostruito dalla giurisprudenza come

48

C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e

tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,

p.334.

49 in questo senso, tra le altre, Cassazione civile sez. lav. 07 aprile 1992, n.

4236, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787: “il

principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, enunciato in via

generale dall'art. 2116 c.c., trova applicazione solo in quanto il sistema delle

leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in proposito e

provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria; pertanto, in tema di

pensioni, detto principio opera, a norma dell'art. 27, comma 2, del r.d.l. 14

aprile 1939 n. 636 (come successivamente modificato), solo in relazione alle

pensioni ordinarie, facenti capo all'assicurazione generale obbligatoria, ma

non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma

disciplina, come il Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle

esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, il quale, ai sensi dell'art. 49

comma 2, della l. 2 aprile 1958 n. 377 (che, non menzionandole, esclude le

prestazioni pensionistiche), è tenuto solo ad una prestazione di capitale.

Cassazione civile sez. un.01 marzo 1988, n. 2161 in Giust. civ. Mass. 1988,

fasc.3: “il trattamento pensionistico del Fondo per il personale addetto alle

imposte di consumo viene corrisposto sulla base dei contributi

effettivamente versati dal datore di lavoro (art. 3 della l. 6 giugno 1952 n.

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736, non modificato dalle successive l. 24 maggio 1966 n. 370 e 30 giugno

1972 n. 267), perché non opera, in difetto di espressa previsione normativa,

il principio di automatismo proprio delle pensioni ordinarie a carico

dell'assicurazione generale obbligatoria, che sono liquidate sulla base della

retribuzione pensionabile, anche quando l'imprenditore non abbia versato i

contributi, purché il relativo credito non sia prescritto. Pertanto, qualora il

suddetto trattamento venga erogato in misura inferiore, a causa di omissioni

contributive del datore di lavoro, l'entità della pensione non goduta coincide

con il danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2116 c.c.”

Cassazione civile sez. lav.04 aprile 1989 n. 1634 in Giust. civ. Mass. 1989,

fasc.4: “con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6

dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione generale

obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del personale

dipendente dalle aziende private del gas, il principio dell'automatismo delle

prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola generale, prevedendo la

possibilità di una diversa disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo

ai fini del raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario

per il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi

limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi

dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto

dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-ter del d.l. 30 giugno

1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già

spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama (all'art. 3 e,

soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale obbligatoria e

commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e dell'indennità

aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella percepita

dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione.”

Circolare INPS n. 141 del 21 giugno 1993: “…Liquidazione delle

prestazioni a carico del fondo integrativo: come in tutti i Fondi speciali di

previdenza, anche nel Fondo integrativo per i lavoratori gasisti la

liquidazione della pensione è subordinata alla cessazione dal servizio. La

pensione ha decorrenza dal 1 giorno del mese successivo a quello della

cessazione dal servizio o al termine del periodo di preavviso, anche se

sostituito da indennità equivalente (art. 25,1 comma, della legge n.

1084/1971). La pensione ai superstiti decorre dal 1 giorno del mese

successivo alla morte dell'iscritto. Per le prestazioni del Fondo non trova

applicazione il principio dell'automaticità delle prestazioni: pertanto

qualora alla cessazione dal servizio risultino periodi per i quali la

contribuzione non sia stata ancora versata, e ferma restando la concessione

della pensione dell'AGO con il computo anche di tali periodi, il

trattamento del Fondo dovrà essere liquidato con esclusione dei periodi

stessi: ove questi risultino determinanti ai fini del diritto, la liquidazione

dovrà essere sospesa. Ovviamente, una volta avvenuta la

regolarizzazione, si dovra' procedere alla liquidazione o ricostituzione

del trattamento del Fondo stesso.”

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un rapporto di specialità, nel senso che il sistema è retto dalla regola

generale, in forza della quale le prestazioni previdenziali spettano al

lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati

effettivamente versati, non richiedendosi pertanto una espressa norma

che la richiami, ma essendo semmai necessaria una disposizione

esplicita perché sia possibile ad essa derogare. Così è dato leggere

nella sent. Corte Cost., 5 dicembre 1997, n. 374, secondo cui nel

rapporto previdenziale assicurativo vige il principio generale

cosiddetto dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116 c.c.50

.

Del principio, così come interpretato dalla Corte Cost. con la suddetta

pronuncia, ha fatto puntuale applicazione la giurisprudenza ordinaria,

secondo cui lo stesso trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi

di previdenza e assistenza obbligatori, come regola generale rispetto

Cassazione civile sez. lav. 09 gennaio 1987 n. 95, in Giust. civ. Mass. 1987,

fasc. 1, Informazione previd. 1987, 520: “l'art. 33 della l. 6 dicembre 1971 n.

1084, nel disciplinare il fondo gas gestito dall'INPS, ha previsto che ai fini

delle prestazioni previdenziali riconosciute dalla legge stessa siano rilevanti

soltanto i periodi di iscrizione dei dipendenti di aziende erogatrici di gas in

servizio effettivo alla data dell'1 maggio 1946; non sono pertanto rilevanti gli

eventuali anteriori periodi di straordinariato, atteso che, per effetto dell'art. 3

c.c.n.l. 28 ottobre 1929 (istitutivo della Previdengas), l'iscrizione a tale

speciale forma di previdenza era riservata esclusivamente ai dipendenti

cosiddetti effettivi, ossia di ruolo.”

50 Confermato, per l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità,

vecchiaia e superstiti, dall’art. 27 comma 2, RDL 14 aprile 1939 n. 636, nel

testo sostituito dall’art. 23 ter, DL30 giugno 1972 n. 267, con modificazioni

dalla L.11 agosto 1972, n. 485 e rafforzato dall’art. 3 D.LG. 27 gennaio 1992

n. 80 di attuazione di apposita direttiva comunitaria in materia.

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alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal

legislatore 51

.

51

Cassazione civile sez. lav. 02 febbraio 2001, n. 1460 in Giust. civ. Mass.

2001, 190, Foro it. 2001, I,1165, Riv. it. dir. lav. 2001, II, 828 (nota di:

POSO): “il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui

all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte cost. con sentenza n. 374

del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e

assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono

esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore; pertanto, con

riferimento al Fondo - gestito dall'Inps - di previdenza del personale di volo

dipendente da aziende di navigazione aerea, deve ritenersi l'applicabilità del

suddetto automatismo, posto che nè la legge n. 859 del 1965 istitutiva del

Fondo, nè le successive leggi di riforma della regolamentazione del Fondo

medesimo contengono alcuna espressa deroga al principio, che, al contrario,

viene richiamato da suddetta normativa, stante il rinvio formale dell'art. 52 l.

n. 859 cit. alla disciplina dell'assicurazione generale per i.v.s., che prevede la

regola dell'automatismo, nonché il richiamo alla stessa disciplina contenuto

nell'art. 5 d.lg. n. 164 del 1997, recante ulteriore riforma del regime

pensionistico degli iscritti al Fondo.”

Cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cassazione civile sez. lav. 20 aprile

2002, n. 5767, in Giust. civ. Mass. 2002, 692 la cui massima è riportata

nella nota n. 8. Con questa pronuncia la suprema corte si è allineata alla

giurisprudenza della Corte Cost. ed ha abbandonato quel precedente

orientamento di cui alla sentenza della Cassazione civile sez. lav., 27 agosto

1986, n. 5263 in Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9 di cui si riporta la

massima: “il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto

assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in mancanza

del versamento dei relativi contributi, principio che trova applicazione anche

in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice requisito sia

dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve essere provato

dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato decorso della

prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali contributi possa

essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4

ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta dell'INPS

(derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110

c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo delle

prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza

l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa

riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale.

Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter

d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito

contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non

siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle

prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto

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di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che

i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da

non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare

la sussistenza di entrambi i presupposti.”

Da ricordare, per la ricostruzione dei diversi orientamenti

giurisprudenziali,la sentenza della Cassazione civile sez. lav. 19 agosto

2004, n. 16300 in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “il principio generale

dell'automatismo delle prestazioni previdenziali (ai sensi dell'art. 2116 c.c.,

confermato, per l'assicurazione generale obbligatoria per invalidità,

vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, comma 2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel

testo sostituito dall'art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972 n. 267, convertito, con

modificazioni, dalla l. 11 agosto 1972 n. 485, e rafforzato dall'art. 3 d.lg. 27

gennaio 1992 n. 80, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al

lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente

versati, deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte cost. n.

374 del 1997, nel senso che esso trova applicazione, con riguardo ai vari

sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto

alla quale possono esservi deroghe solo se espressamente previste dal

legislatore e non solo in relazione al raggiungimento del requisito minimo

necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni, ma anche ai fini

dell'incremento delle prestazioni già spettanti.”

In punto di applicabilità al fondo volo del principio di automaticità, la

circolare INPS n. 157 del 17 luglio 1998 (Articolo 5 del decreto legislativo

24 aprile 1997, n.164.Automaticità delle prestazioni): “con circolare n. 246

del 28 novembre 1997 sono state fornite istruzioni per l’applicazione delle

disposizioni dettate dal decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 164, contenente

norme di armonizzazione del regime pensionistico del Fondo volo con la

disciplina vigente nell’assicurazione generale obbligatoria. Al punto 16 di

tale circolare sono state illustrate le disposizioni dell’articolo 5 del decreto n.

164 riguardanti l’automaticità delle prestazioni di cui all’articolo 23-ter del

decreto legge 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla

legge 11 agosto 1972, n. 485.

A maggior chiarimento delle istruzioni impartite, si precisa che i contributi

dovuti e non versati al Fondo volo hanno piena efficacia agli effetti del

diritto e della misura delle prestazioni a carico del Fondo medesimo purché

non risultino prescritti alla data del 1 luglio 1997. L’accertamento dei

requisiti contributivi per il diritto alle prestazioni deve essere effettuato e la

relativa decorrenza stabilita come se i contributi omessi fossero stati

effettivamente versati nei singoli periodi di pertinenza e disponibili in quel

momento per la liquidazione del trattamento pensionistico a carico del

Fondo volo.

Per le domande di pensione presentate anteriormente al 1 luglio 1997 i

contributi omessi, ove determinanti per il diritto a pensione e semprechè non

siano prescritti a quest’ultima data, danno luogo alla liquidazione della

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58

Trova applicazione, quindi, non già solo in quanto il sistema delle

leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art. 2116 c.c., “salvo

diverse disposizioni delle leggi speciali”.

Il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto

ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso.

Detto principio costituisce infatti una fondamentale garanzia per il

lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di

eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi

contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di

protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per

l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente

rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria,

attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non

adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a

procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria 52

.

pensione con le normali decorrenze non diversamente che per le domande

presentate successivamente al 1 luglio 1997.

Si ribadisce che qualora la decorrenza della pensione, il cui diritto sia

perfezionato in forza della norma in esame, venga a cadere in data anteriore

al 1 luglio 1997, devono essere corrisposti soltanto i ratei maturati a far

tempo da quest’ultima data.

Rimane confermato che ove a seguito di regolarizzazione o recupero di

contributi risulti perfezionato il diritto alla prestazione, si dovrà procedere

anche al pagamento, nella misura dovuta, dei ratei compresi tra la decorrenza

della pensione e il 1 luglio 1997.

52

Corte costituzionale 05 dicembre 1997, n. 374, in Giust. civ. 1998, I, 617,

Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota di: BOER): “non è

fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6, l. 7 febbraio

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59

L’ immediata operatività dell’automaticità delle prestazioni e la sua

elezione a regola generale, sempre applicabile se non espressamente

derogata, sottende e consegue all’autonomia del rapporto contributivo

(intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro) rispetto al

rapporto previdenziale (quello di tipo prestazionale tra l’ente e

l’assicurato) 53

.

Il lavoratore ha un diritto costituzionalmente protetto alla posizione

contributiva, di cui l’ente previdenziale è tenuto a garantire l’integrità

facendosi carico del rischio dell’omissione contributiva da parte del

datore di lavoro54

.

Le deroghe, a loro volta, si giustificano per il fatto che l’ordinamento,

ove le prevede, valuta che l’equilibrio finanziario delle gestioni

previdenziali legittimi la riduzione del livello di protezione della

posizione previdenziale del lavoratore nei casi in cui si verifichi il

1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori a fini

previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due fattispecie diverse di

ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da parte della gestione di

provenienza a quella di destinazione dei contributi di propria pertinenza, non

consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei

limiti della prescrizione decennale.”

53 Vedi, per tutti, M. Persiani, il sistema giuridico della previdenza sociale,

Cedam, Padova, 1960, p. 107 ss.; A. Barettoni Arleri, Il rapporto giuridico

previdenziale, In RIPS, 1959, p. 3 ss.; contra G. Cannella, Corso del diritto

della previdenza sociale, Giuffrè, Milano, 1970, p. 136 ss.; G. Alibrandi,

infortuni sul lavoro e malattie professionali ( a cura di F. Facello- P. Rossi),

Giuffrè, Milano, 2002, p. 181 ss.

54 Cassazione civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Giust. civ. Mass.

2002, 692 la cui massima è alla nota n.7.

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60

presupposto della prestazione senza che vi sia stata la copertura

contributiva e questa non sia più possibile ex post.

In questa evenienza l’ordinamento ritiene equo far ricadere sul

debitore renitente e non sull’ente assicuratore gli effetti

pregiudizievoli derivanti dalla riparazione del danno mediante

l’imposizione dell’obbligo di risarcimento.

Pertanto l’ art. 2116 c.c., facendo letteralmente salve le diverse

disposizioni speciali, rende l’automatismo derogabile da singole

discipline che regolano la materia e rende possibile la previsione di

fattori riduttivi dell’area di efficacia del meccanismo non per

codificare un rapporto di corrispettività che non c’è ma per evitare il

riversamento a carico della fiscalità delle conseguenze negative del

mancato versamento nonché della prescrizione dei contributi.

Il principio di automaticità ha pertanto una portata generale e la sua

applicazione può essere limitata solo di fronte all’esigenza, parimenti

valutata dall’ordinamento, di garantire l’equilibrio finanziario del

sistema ossia la sua sostenibilità.

Questa è la ragione per la quale al suo carattere generale può in

determinati casi non corrispondere la sua generale operatività.

Il problema si pone essenzialmente in relazione ai contributi omessi di

cui non sia esigibile il versamento perché prescritti. Il rapporto di

alternatività tra automatismo e non automatismo si declina, infatti,

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essenzialmente in relazione alla prescrizione (dei contributi) e le

ipotesi di totale affrancazione delle prestazioni previdenziali dal limite

della prescrizione nel nostro ordinamento sono riconducibili

essenzialmente al caso dell’assicurazione obbligatoria contro gli

infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed al caso di insolvenza

da parte di datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali.

In conclusione, l’automatismo del rapporto assicurativo non sempre

implica il medesimo automatismo nel versante della prestazione,

come, riportandosi alla situazione esemplificativa di maggiore

importanza, nel regime per l’assicurazione in validità, vecchiaia e

superstiti nel quale la regola dell’automaticità vige sempre e

comunque nel momento costitutivo, quello genetico del rapporto, ma

non sempre trova uguale corrispondenza e speculare applicazione nel

momento funzionale, quello finale delle prestazioni: ciò avviene

proprio in relazione ai contributi per i quali non è più possibile il

versamento perché prescritti55

.

55 In generale, sulla responsabilità per omissione contributiva, M. Persiani,

Diritto della Previdenza sociale, Cedam, Padova, 2000, pp.99 ss., F.

Marineli, Il risarcimento del danno da omissione contributiva nel dialogo tra

dottrina e giurisprudenza, in Atti del Convegno su tema “Il dialogo tra

dottrina e giurisprudenza nel diritto del lavoro”, in QRIMP Roma, 1998, pp.

349 ss; G. Galligani, il risarcimento del danno da omissione contributiva

nell’attuale ordinamento italiano, in LPO, 1992, pp.2113 ss. Più risalenti nel

tempo gli interventi di: G. Caniglia, L’azione di danno da mancata o

irregolare contribuzione nell’assicurazione di invalidità e vecchiaia, in RGL,

1962, I, p.139 ss; E.Traversa, Osservazioni sulla responsabilità del datore di

lavoro ex art. 2116 cod.civ., in DL, 1960, pp.431 ss.; G.Pera, La

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62

2.3 IL PRINCIPIO DELL’AUTOMATICITA’ E LA SUA

RATIO: L’ ESIGENZA DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA.

Il tenore letterale dell’art. 2116 c.c., escludendo la rilevanza ai fini

della prestazione dell’effettivo versamento dei contributi, evidenzia

con chiarezza la funzione del principio ossia garantire al prestatore di

lavoro il concreto godimento delle prestazioni anche quando i requisiti

legali richiesti non risultino di fatto realizzati. Una simile esigenza si

pone soltanto laddove vi è una scissione tra il beneficiario delle

prestazione e il soggetto obbligato al versamento dei contributi56

in

concomitanza, però, con la natura pubblica dell’interesse protetto.

Infatti, nelle assicurazioni private, la natura degli interessi coinvolti

porta ad attribuire una rilevanza predominante al mantenimento

dell’equilibrio contrattuale tra le parti anche in presenza di una

distinzione tra assicurante-contraente e assicurato beneficiario, come

nelle ipotesi di cui al 1891 c.c..

responsabilità del datore di lavoro per omesso versamento di contributi

previdenziali e l’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, in RDL, 1962, I,

p. 304 ss.

56 Si spiega in tal modo l’esclusione dall’area di applicazione del principio

dei lavoratori autonomi in capo a cui coesistono le due situazioni soggettive

con conseguente impossibilità di distinguere tra responsabilità

dell’assicurante e diritto dell’assicurato. Sul punto si rinvia al secondo

paragrafo del I capitolo.

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L’indipendenza, così sancita, tra obbligo contributivo del datore di

lavoro ed erogazione del beneficio previdenziale da parte dell’Ente

rivela invece la priorità che assume il bisogno del lavoratore57

. Il

principio risponde quindi ad una esigenza di effettività, quella di

garantire la funzionalità dell’intervento previdenziale, in presenza di

una situazione di bisogno, legislativamente predeterminata. E questa

esigenza di effettività è la ratio ultima del principio di automaticità.

L’ intervento previdenziale è infatti diretto alla liberazione dei

lavoratori da situazioni di bisogno “socialmente rilevanti” cosicché il

momento satisfattivo di questo interesse coincide con il realizzarsi

della tutela che il principio considerato assicura ad ogni singolo

soggetto protetto. E a ben vedere la ratio di effettività di tutela

dell’art. 2116 c.c. è anche la ratio implicita di tutto il sistema

previdenziale nell’ambito del quale il principio di automaticità è una

sorta di norma di chiusura58

applicabile in presenza di situazioni

patologiche (considerando come normale l’ipotesi del corretto

57

Per una ricostruzione della rilevanza e della evoluzione del concetto di

bisogno, F. Santoro Passarelli, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, in

Riv. It. Prev. soc., 1948, 178, nonché M. Persiani, Diritto della Previdenza

sociale, Cedam, Padova, 2000, 30 e ss. secondo cui l’evoluzione del sistema

previdenziale comporterebbe il superamento del concetto di “rischio”, quale

cardine del sistema stesso, a favore di quello di bisogno inteso come bisogno

socialmente rilevante e soggettivamente accertato.

58 G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni

nell’ordinamento italiano e nella dimensione comunitaria, 469.

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64

versamento da parte del datore di lavoro) che si concretano

nell’ omissione dei versamenti contributivi.

2.4. L’ AUTOMATICITA’ E LA RELAZIONE TRA LE

PRESTAZIONI E I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI.

ESISTENZA O MENO DI UNA SINALLAGMATICITA’.

Il principio di automaticità, di cui all’art. 2116 c.c., stabilendo che le

prestazioni previdenziali sono dovute al prestatore di lavoro anche

quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti,

conferma la mancanza di qualsiasi corrispettività, a differenza di

quanto avviene nell’assicurazione privata (art. 1901 c.c.), tra

contributi e prestazioni previdenziali. L'art. 40 l. 153/69 59

, però,

relativamente alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti,

escludendo l’applicazione del principio di automaticità nell’ipotesi in

cui i contributi omessi fossero prescritti, è stato, sin dalla sua

emanazione, utilizzato per supportare ricostruzioni teoriche del

59

“Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di

vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i

contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti

della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da

documenti o prove certe.”

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65

sistema previdenziale tese a sostenere l’esistenza di un perdurante

vincolo di sinallagmaticità tra contributi e prestazioni. Viceversa, i

sostenitori del principio della sicurezza sociale, lo hanno utilizzato

quale argomento di supporto per dimostrare il definitivo superamento

di ogni legame tra rapporto contributivo (intercorrente tra datore di

lavoro ed ente) e rapporto previdenziale (tra lavoratore ed ente).

A prescindere però dalle ricostruzioni teoriche, nei fatti, se il

condizionamento che la sfera giuridica del lavoratore subisce a seguito

della prescrizione dei contributi esclude che il rapporto contributivo e

quello previdenziale pensionistico si muovano in una prospettiva di

reciproca indifferenza non è più neppure possibile il richiamo alla

nozione di "sinallagmaticità", cui si rifanno le dottrine

tradizionali60

che 61

risulta insufficiente a definire l'assetto degli

interessi tutelati dal sistema previdenziale.

E l'impossibilità della predetta schematica alternativa (sinallagmaticità

- non sinallagmaticità), e la necessità, quindi, di superarla, deriva,

anzitutto, dallo stesso fondamento della previdenza sociale, comunque

60

De Fina, Prescrizione dei contributi per l'assicurazione obbligatoria

invalidità e vecchiaia e impossibilità di regolare la posizione assicurativa, FI,

1968, I, c. 1250. Per una simile impostazione v. anche Gueli V.,

Assicurazioni sociali (in generale), NDI, 1957, vol. I, 2, 1225.

61 Il sinallagma presuppone necessariamente due egoismi che trovano un

determinato equilibrio con l'assunzione di obbligazioni corrispettive. Così, in

senso critico, Persiani M., Persiani M, Diritto della Previdenza sociale,

Cedam, Padova, 2000, 50 e ss.

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rintracciabile, al di là delle diverse ricostruzioni teoriche, nel principio

di solidarietà.

A livello strutturale, poi, il sistema a ripartizione e non a

capitalizzazione62

fa venir meno non solo l’ interdipendenza tra

contributi e prestazioni ma, addirittura, la stessa coincidenza tra i

gruppi sociali che finanziano la tutela e coloro che ne fruiscono perché

con i contributi di coloro che lavorano si pagano le pensioni di coloro

che hanno lavorato.

Inoltre, all'apporto contributivo delle categorie interessate si

accompagna il costante intervento dello Stato, e, quindi, della

solidarietà generale63

. Per non dimenticare, poi, che esistono casi nei

quali manca qualsiasi legame tra contributi e prestazioni (ad esempio:

i contributi di solidarietà, quale quello ex art. 9-bis d.l. 103/91),

fattispecie di formazione di segmenti di anzianità previdenziale i cui

fatti costitutivi prescindono dalla stessa esistenza di una obbligazione

contributiva (ipotesi di accrediti "gratuiti" di anzianità

previdenziali, corrispondenti a periodi di contribuzione figurativa o,

per varie ragioni, fiscalizzata) e acquisizioni dell'anzianità contributiva

62

In materia v. A Barettoni Arleri, La finanza della previdenza sociale, in

Diritto della sicurezza sociale, Giuffrè, 1979, 369; Vitucci, La riforma delle

pensioni: un'analisi economica, ne Il sistema pensionistico in evoluzione, a

cura di P. Curzio e G. Calamita, Cacucci, 1994, 14 e ss).

63 Sul finanziamento, Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale,

Cedam,Padova 2012, 399 e ss.

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a seguito di prestazioni giuridicamente diverse dai contributi

obbligatori (contribuzioni volontarie e da riscatto, ricongiunzioni).

Ed il distacco tra contribuzione e prestazioni permane anche nel

sistema di calcolo delle pensioni introdotto dall'art. 1, sesto comma e

ss., l. 335/95 rimanendo le suddette possibilità di acquisire

determinate anzianità previdenziali anche prescindendo dalla

contribuzione. E, soprattutto, il quantum delle prestazioni non è

commisurato ai contributi versati64

.

Non ancora attuale è, pertanto, l' affermazione secondo cui la pensione

a seguito della legge 335/1995 è calcolata sul capitale accumulato dal

lavoratore attraverso i versamenti contributivi operati nell'arco della

vita lavorativa65

.

64 Il "montante individuale dei contributi" (art. 1, sesto comma) viene sempre

determinato sulla base della retribuzione imponibile, ex art. 12 l. 153/69

(ottavo comma) alla quale si applica, a tal fine, un'aliquota di computo

specifica (decimo comma). Inoltre, all'ammontare così determinato (e

rivalutato ai sensi del nono comma), si applica un coefficiente di

trasformazione che varia in ragione dell'età (undicesimo comma) e, talora,

anche dell'attività svolta (trentasettesimo comma), e che comunque sarà

periodicamente ricalcolato in funzione di un'ulteriore variabile indipendente

(che non compare nel computo della pensione c.d. retributiva) costituita dal

PIL di lungo periodo, che nulla ha a che fare con la contribuzione. Anche la

rivalutazione del montante dipende da un simile indicatore macroeconomico

(PIL nominale: v. art. 1, nono comma).

65 Per una approfondita disamina di rapporto previdenziale e pensione

contributiva, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,

Padova 2012, 693.

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Infatti, anche con il nuovo sistema, permane la gestione a

ripartizione66

, e quindi i contributi pagati dai singoli (o dai loro datori

di lavoro) non finanzieranno mai le rispettive future prestazioni.

E se si guarda al futuro con realismo, si deve concludere che il legame

tra contributi e prestazioni, non solo non è definibile in termini di

sinallagmaticità, ma, allo stato attuale, non è definibile affatto perché

la tenuta di qualsiasi disciplina pensionistica nel lungo periodo si basa,

infatti, soprattutto in un sistema di gestione a ripartizione,

sull'attendibilità delle previsioni in ordine al rapporto tra lavoratori

occupati (e quindi monte contribuzioni) e pensionati (e quindi monte

prestazioni).

Tale rapporto dipende sia dagli andamenti demografici, sia da quelli

economici e del mercato del lavoro, cosicché le previsioni sono in

realtà mere ipotesi la cui attendibilità è inversamente proporzionale

alla lunghezza del periodo considerato.

Allo stato delle cose, pertanto, la riforma operata dalla legge 335/95

non è ancora l’auspicabile rilancio dello schema sinallagmatico

prestazioni-contributi67

.

66

M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, cit., 48.

67 Per una approfondita disamina del finanziamento, R. Pessi, Lezioni di

diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 399 ss.

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Allo stato dei fatti dobbiamo forse ancora parlare di "corrispettività

previdenziale"68

, in quanto il legislatore subordina l'accesso alle

prestazioni pensionistiche non al solo stato di bisogno del soggetto,

ma anche ad un giudizio di "meritevolezza" basato sulla pregressa

contribuzione69

.

Ciononostante l'intero sistema previdenziale è strutturato in evidente

attuazione del principio di solidarietà.

Anche l'art. 40 l. 153/69, infatti, pur confermando l'esistenza di un

condizionamento del rapporto previdenziale da parte di quello

contributivo, non si pone nella prospettiva del concreto adempimento

della controprestazione70

, essendo sufficiente che per l'ente

previdenziale residui una mera possibilità giuridica di riscuotere i

contributi, indipendentemente dall’ esito.

Per ciò che attiene all'art. 13 l. 1338/62, l'accreditamento dell'anzianità

assicurativa avviene certamente a titolo oneroso, ma a seguito di una

68

C.A.Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e

tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,

p.307.

69 R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012,

662: “quella previdenziale è una fattispecie complessa a formazione

progressiva; il diritto alla prestazione, infatti, sorge non soltanto al momento

del raggiungimento della vecchiaia (presuntivamente identificata con l’età

pensionabile) ma anche in relazione a specifici requisiti di anzianità

assicurativa e contributiva, costruiti dal soggetto beneficiario nel tempo…”

70 In mancanza della quale, nei rapporti sinallagmatici, il contraente in bonis

può, ad esempio, "bloccare" l'esecuzione dei propri obblighi (artt. 1460,

1461 c.c.).

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70

prestazione che (pur sortendo effetti equivalenti) ha natura giuridica

diversa dall'obbligazione contributiva in senso tecnico.

Quanto al meccanismo dell'art. 3 d.lgs. 80/92, invece, lo stesso non

grava neppure sul fondo pensionistico, giacché gli oneri sono sostenuti

dal Fondo di garanzia del t.f.r.71

a sua volta alimentato da una

specifica contribuzione (art. 4 d.lgs. 80/92).

L'esempio, però, non è isolato: l'art. 8 d.l. 30 dicembre 1987, n. 536

conv. l. 29 febbraio 1988, n. 48 prevedeva la possibilità che i

lavoratori, i quali, nelle more dell'operazione che aveva portato al

passaggio dal sistema di pagamento dei contributi a mezzo marche a

quello effettuato mediante le denunce mensili, avessero subito

evasioni contributive, chiedessero il riconoscimento delle

corrispondenti anzianità previdenziali, anche dopo la prescrizione dei

contributi; con la conseguenza che l'onere finanziario dell'operazione

era, in quel caso, totalmente a carico della solidarietà interna allo

stesso fondo pensionistico 72

.

71

G. Canavesi, op. cit., 487. 72 Per una approfondito esame del finanziamento, R. Pessi, Lezioni di diritto

della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 696 ss

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71

CAPITOLO III

GLI EFFETTI DELL’AUTOMATICITA’ ED IL

LIMITE DELLA PRESCIZIONE DEI CONTRIBUTI

PREVIDENZIALI

3.1 RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’

DELLE PRESTAZIONI SIA AI FINI DEL DIRITTO SIA AI

FINI DELLA MISURA.

L’art. 23 ter della legge 485/72, stabilendo che “ i periodi non coperti

da contribuzione” sono considerati utili ai fini della determinazione

della misura delle pensioni, indusse a modificare l’ orientamento

giurisprudenziale preesistente secondo il quale l’automatismo delle

prestazioni trovava applicazione solo ai fini del diritto ( ossia del

raggiungimento del requisito minimo di contribuzione necessario per

il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse) e non anche ai fini

dell’incremento delle prestazioni già spettanti.

L’anzianità contributiva non costituisce infatti una situazione statica,

esauribile in un dato momento di tempo ma, al contrario, dinamica,

che si sviluppa per sua natura in un arco temporale il cui valore oscilla

in relazione alla durata del rapporto di lavoro.

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In altri termini l’anzianità contributiva rappresenterebbe una ipotesi di

fattispecie a formazione progressiva e, di conseguenza, la formula

“requisito di contribuzione stabilito per il diritto alla prestazione” di

cui al’art. 40 L. 153/1969, dovrebbe essere intesa nel senso di dare

rilevanza a tutta la contribuzione dovuta ma non versata nel corso del

rapporto di lavoro.

In tal senso ha operato l’Istituto della Previdenza Sociale Nazionale

che ha ritenuto73

che “ i contributi per i quali è operante il principio

dell’automatismo introdotto dall’art. 23 ter devono essere computati

agli effetti del diritto e della misura, come se fossero stati

tempestivamente versati”.

Lo stesso legislatore, del resto, all’art 8 della Legge 29 febbraio 1988,

n. 48 di conversione del D.L. 30 dicembre 1987 n. 536, relativo

all’applicazione del principio dell’automatismo delle prestazioni per le

omissioni contributive verificatesi nel periodo compreso tra la data di

entrata in vigore, nelle singole province, del sistema di versamento di

cui al Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del

5 febbraio 1969 e la data del 31 dicembre 1977, ha previsto che “ ai

fini della maturazione del diritto e della misura delle prestazioni di

vecchiaia, invalidità e per i superstiti, le disposizioni dell’art. 23 ter,

73 Circolare INPS, 4 agosto 1973, n. 53501, in Atti Ufficiali, 1973, p. 2225.

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legge 11 agosto 1972, n. 485 si applicano all’attività di lavoro svolta

nel periodo indicato, ancorché sia intervenuta la prescrizione dei

relativi contributi”.

Simile formulazione, distinguendo tra maturazione del diritto e misura

delle prestazioni, è ulteriore supporto alle argomentazioni volte a non

lasciare spazio alle precedenti interpretazioni giurisprudenziali

riduttive 74

.

74

Cassazione civile sez. lav.04 aprile 1989, n. 1634, in Giust. civ. Mass.

1989, fasc.4: “con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi

della l. 6 dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione

generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del

personale dipendente dalle aziende private del gas, il principio

dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola

generale, prevedendo la possibilità di una diversa disciplina da parte delle

leggi speciali - opera solo ai fini del raggiungimento del requisito minimo di

contribuzione, necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni

stesse (e cioè negli stessi limiti in cui tale principio opera ai fini delle

prestazioni i.v.s., ai sensi dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come

modificato per effetto dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-

ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle

prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama

(all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale

obbligatoria e commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e

dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella

percepita dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione.”

Cassazione civile sez. lav. 26 marzo 1984, n. 1966, in Giust. civ. Mass.

1984, fasc. 3-4., Giust. civ. 1984, I,1753: “in tema di pensione I.N.P.S-

I.V.S. spettante al lavoratore dipendente, la regola della cosiddetta "

automaticità delle prestazioni " posta dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n.

153 (come sostituito dall'art. 23-ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) deve

intendersi nel senso che solo i "periodi non coperti da contribuzione"

utilizzati ai fini del raggiungimento del requisito del minimo contributivo

vanno altresì considerati nel computo dell'anzianità contributiva, con la

conseguenza che in ogni altro caso di omissione totale o parziale di

contribuzione la riliquidazione della pensione va effettuata a norma dell'art.

5, ult.comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488, e cioè dopo che l'omissione

contributiva è stata sanata.”

Page 74: “L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA …padis.uniroma1.it/bitstream/10805/2096/1/tesi dottorato Ivanoe... · L’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina

74

3.2 LIMITI DELL’AUTOMATICITA’ PER LA TUTELA

DELL’INVALIDITA’, VECCHIAIA E SUPERSTITI:

L’INTERVENUTA PRESCRIZIONE DEI CONTRIBUTI.

Il principio di automaticità presenta invece importanti limiti

riguardanti essenzialmente la tutela per invalidità, vecchiaia e

superstiti75

.

L'art. 40 l. 153/69 (modificato dall'art. 23-ter d.l. 30 giugno 1972, n.

267 conv. l. 11 agosto 1972, n. 485)76

, ha previsto infatti che "il

requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di

vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i

contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei

limiti della prescrizione decennale"77

.

La norma, dettata per il regime generale INPS, si applica anche ad

altre gestioni, grazie ai rinvii compiuti dalle rispettive discipline.

75 Nel regime dell’assicurazione infortuni il diritto alla prestazione

previdenziale non trova limiti in deroga al principio dell’automatismo, sia

perché il rapporto giuridico previdenziale si costituisce ex lege al ricorrere

delle condizioni oggettive e soggettive di cui all’art. 1 DPR 30 giugno 1965,

n. 1124, sia perché gli assicurati hanno titolo alle prestazioni anche nel caso

in cui il datore di lavoro non ha adempiuto agli obblighi contributivi.

76 Una disposizione simile a quella dell'art. 40 l. 153/69 è prevista dall'art. 15

l. 29 ottobre 1971, n. 889, per il fondo di previdenza degli addetti ai servizi

di trasporto.

77 Su tale norma v., oltre alle opere citate alle note precedenti, Grossetti,

L'art. 40 della l. 30 aprile 1969 e l'automaticità delle prestazioni

previdenziali, Riv. it. dir. soc., 1970, 10.

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75

Tuttavia, come analizzato nel II Capitolo al paragrafo 2 cui si rinvia,

nelle ipotesi in cui tali richiami manchino, è superato l’orientamento

giurisprudenziale che escludeva l'applicazione sia dell'art. 40 l.

153/69, sia dell'art. 2116 c.c., con conseguente negazione di ogni

automaticità 78

, affermando che, in materia pensionistica, "il

78 Cfr., per il Fondo telefonici, Cassazione civile sez. lav., 18 ottobre 1982,

n. 5377, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9: “per gli iscritti al fondo speciale

di previdenza degli addetti ai pubblici servizi di telefonia, ove la

contribuzione assicurativa sia stata effettuata su una retribuzione inferiore a

quella corrisposta, il tardivo versamento dei contributi non prescritti non è

idoneo a conferire il diritto alla maggiorazione della pensione. Infatti, per i

detti dipendenti l'art. 20, comma 1, della l. 4 dicembre 1956 n. 1450 collega

la misura della pensione non soltanto all'entità della retribuzione ma anche

all'effettivo versamento dei relativi contributi, mentre il comma aggiunto

all'art. 27 del r.d.l. 30 aprile 1939 n. 636 dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n.

153 concerne ipotesi di automatismo finalizzato unicamente al

raggiungimento del diritto alle prestazioni e, infine, l'art. 23 ter del d.l. 30

giugno 1972 n. 267, che (nel testo risultante dalla legge di conversione 11

agosto 1972 n. 485) ha sostituito l'art. 40 della citata legge n. 153 del 1969,

non può ritenersi applicabile agli iscritti al fondo speciale predetto - che è

regolato da propria ed autonoma disciplina - in base al generico rinvio alle

disposizioni della assicurazione generale obbligatoria contenuta nel comma

1 dell'art. 37 della citata legge n. 1450 del 1956. L'automatismo delle

prestazioni di pensione disciplinato nell'assicurazione generale obbligatoria

all'art. 23-ter della legge n. 485 del 1972 non opera nel fondo di previdenza

per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione, perché il

generico rinvio alla disciplina generale contenuto all'art. 37 della legge n.

1450 del 1956 non consente la recezione di istituti contrastanti con quelli

presenti nel fondo speciale, ed in particolare non consente di considerare

presente la contribuzione non versata, in deroga all'art. 17 che espressamente

esige la copertura contributiva per il periodo di iscrizione. La tardiva

regolarizzazione contributiva del periodo non prescritto comportando, in

assenza di automatismo delle prestazioni, la riliquidazione della pensione a

partire dalla effettiva regolarizzazione, fa sorgere a carico del datore di

lavoro una responsabilità per l'inadempimento e legittima la condanna del

medesimo al risarcimento del danno commisurato alle differenze di pensione

non percepite anteriormente alla effettiva regolarizzazione.”

Per il Fondo volo: Cassazione civile sez. lav. 14 gennaio 1989, n. 149, in

Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 668: “il datore di

lavoro non è litisconsorte necessario nelle controversie, fra il lavoratore e

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76

principio di automatismo delle prestazioni previdenziali enunciato in

via generale dall'art. 2116 c.c.. trova applicazione79

solo quando il

sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in

proposito e provvedendo in ordine alla relativa provvista

finanziaria" 80

.

l'ente previdenziale, aventi ad oggetto l'erogazione delle prestazioni

assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale

connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi ed in siffatte controversie

l'accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al

rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano. Tale principio è

operante anche nell'ipotesi di controversie concernenti l'iscrizione nei fondi

speciali di previdenza (nella specie, quello del personale di volo), in ordine

ai quali non vige l'automatismo delle prestazioni.”

E Cassazione civile sez. lav.16 dicembre 1986, n. 7590, in Giust. civ. Mass.

1986, Fasc. 12:”il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali,

previsto in via generale dall'art. 2116 comma 1, c.c., opera soltanto in

relazione alle pensioni ordinarie facenti capo all'assicurazione generale

obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da

diversa ed autonoma disciplina. (Principio affermato con riferimento al

fondo di previdenza per il personale di volo gestito dall' I.N.P.S.).

Per il Fondo dipendenti esattorie e ricevitorie delle imposte dirette,

Cassazione civile sez. lav.07 aprile 1992 n. 4236 in Giust. civ. Mass. 1992.

La massima è riportata nella nota 47.

Per il Fondo per il personale addetto alle imposte di consumo, Cassazione

civile sez. un. 01 marzo 1988, n. 2161, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3. La

massima è riportata nella nota 47.

Per il Fondo per i dipendenti del gas, Cass. 13 febbraio 1978, n. 685, GC,

1978, I, 882 (una parziale applicabilità è stata, invece, ammessa da Cass. 4

aprile 1989, n. 1634, MGC).

79 Cass. civile sez. lav. 07 aprile 1992, n. 4236, in Giust. civ. Mass. 1992,

fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787. La massima è riportata nella nota.

80 Il rapporto tra il principio dell’automaticità posto dall’art. 2116 c.c. e la

normativa derogatoria è stato ampiamente ricostruito dalla giurisprudenza

come un rapporto di specialità, nel senso che il sistema è retto da tale regola

generale, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore

anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non

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77

Nei regimi i.v.s., pertanto, il legislatore non separa del tutto le

prestazioni dagli obblighi contributivi, giacché il lavoratore, al

momento della presentazione della domanda di pensione, beneficia

della c.d. automaticità solo se l'ente mantiene una possibilità giuridica

richiedendosi una espressa norma che lo richiami, ma essendo semmai

necessaria una disposizione esplicita perché sia possibile ad esso derogare.

Così è dato leggere nella sentenza della Corte Costituzionale n. 374 del 5

dicembre 1997, secondo cui “nel rapporto previdenziale assicurativo fra

lavoratore (e datore di lavoro) da un lato ed ente previdenziale dall’altro vige

il principio generale cosiddetto dell’automaticità delle prestazioni…”.

Sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale la giurisprudenza

ordinaria si è orientata nel senso per cui il principio di automatismo delle

prestazioni previdenziali, di cui all’art. 2116 c.c., trovi applicazione, con

riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatori, come regola

generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste

espressamente dal legislatore (Cass. civile sez. lav., 2 febbraio

2001 n. 1460, in F.I. 2001, I, p.1165; in RIDL 2001, II, p. 828, la cui

massima è riportata nella nota 47 cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cass.

civile sez. lav., 20 aprile 2002, n. 5767, la cui massima è riportata nella nota

n. 8; con questa pronuncia la suprema corte si è allineata alla giurisprudenza

della Corte Cost. ed ha abbandonato quel precedente orientamento secondo il

quale “il principio dell’automatismo delle prestazioni di cui al primo comma

dell’art. 2116 c.c. non è operante senza l’accertamento dei requisiti richiesti

dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una clausola di

riserva, la citata norma principale…” (si segnala anche Cass. civile sez. lav.

27 agosto 1986, n. 5363, in MGC, fasc.7-8. Da ricordare anche la sentenza

della Cass. civile sez. lav. civile sez. lav. 19 agosto 2004, n. 16300 in Giust.

civ. Mass. 2004, 7-8 la cui massima è riportata alla nota 49).

Tale assunto trova avallo nelle incidentali considerazioni della citata

giurisprudenza costituzionale, secondo cui nel rapporto previdenziale-

assicurativo il principio generale espresso dall’art. 2116 c.c. ed

espressamente ribadito, con riguardo all’assicurazione generale obbligatoria

per l’invalidità, vecchiaia e superstiti, dal’art. 27, 2° comma del RDL 14

aprile 1939 n. 636 è quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore

anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati. Tale

principio di automaticità delle prestazioni, con riguardo ai sistemi di

previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già solo in

quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art.

2116 c.c., “salvo diverse disposizioni delle leggi speciali”: il che significa

che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in

presenza di una esplicita disposizione in tal senso.

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78

di riscuotere la corrispondente contribuzione in quanto non ancora

prescritta.

Con l’ impedimento dell’accesso all’automaticità delle prestazioni per

le contribuzioni estinte per intervenuta prescrizione, il lavoratore è

così suo malgrado direttamente coinvolto nell’azione di contrasto

all’evasione contribuiva, perché, per non perdere i propri diritti

previdenziali, è indotto a tutelare la propria posizione assicurativa81

.

Il legislatore ha quindi voluto riconoscere il beneficio

dell’automatismo nei limiti in cui sia ancora astrattamente possibile

all’Ente assicuratore procedere al recupero contributivo, con

possibilità, perlomeno teoriche, di successo. In questo caso,

naturalmente, la garanzia per il dipendente resta, comunque,

confermata anche se il recupero, di fatto, non avviene.

81 Questa tutela può essere innanzitutto realizzata mediante azione

giudiziaria svolta dal lavoratore direttamente nei confronti del proprio datore

di lavoro, per ottenere la condanna dello stesso alla regolarizzazione della

posizione assicurativa. Sul punto si rinvia al primo paragrafo del Capitolo I.

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79

3.3 L’ AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA

RIDUZIONE DEL TERMINE PRESCRIZIONALE OPERATA

DALLA LEGGE N. 335 DEL 1995.

L'art. 40 l. 153/69 (modificato dall'art. 23-ter d.l. 30 giugno 1972, n.

267 conv. l. 11 agosto 1972, n. 485), ha previsto che "il requisito di

contribuzione stabilito per i diritto alle prestazioni di vecchiaia,

invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi

non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della

prescrizione decennale".

La riduzione del termine prescrizionale da 10 a 5 anni prevista dall'art.

3, nono e decimo comma, l. 335/95 non poteva non incidere anche sul

periodo di operatività dello stesso art. 40, stante la volontà del

legislatore di riconoscere il beneficio solo "nel limite ... entro il quale

è ancora possibile, da parte dell'istituto assicuratore procedere al

recupero dei contributi omessi"82

.

L'art. 40 l. 153/69, sul punto, appare operare un semplice rinvio

formale alla disciplina della prescrizione dei contributi83

risentendo

82

C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e

tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,

p.334 e ss.

83 La tesi diversa è difficilmente sostenibile, al di là dell’appiglio

terminologico, per la palese incongruità che introdurrebbe nel sistema

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80

delle modifiche alla medesima salvo voler sostenere, con una

interpretazione strettamente aderente alla lettera, che la legge

335/1995 non abbia considerato il termine previsto dall’art. 40

predetto. La prima tesi, prevalente in giurisprudenza, evita palesi

incongruenze perché altrimenti ci si troverebbe in presenza di due

termini prescrizionali. Il primo , che rileva nel rapporto INPS-datore

di lavoro e che è, di regola quinquennale, il secondo che rileverebbe

solo ai fini del principio di automaticità delle prestazioni e quindi al di

là della possibilità, anche astratta di recupero dei contributi, che

sarebbe ancora sempre decennale.

Pertanto le modifiche alla disciplina della prescrizione dei contributi

non possono non incidere sull’art. 40 della l. 153/1969.

E mentre la sospensione disposta dall'art. 2, diciannovesimo comma,

d.l. 463/83 (che aveva disposto la sospensione triennale dl termine di

prescrizione) aveva portato un corrispondente allungamento del lasso

di tempo a disposizione del dipendente per ottenere una

regolarizzazione tardiva o l'applicazione dell'art. 40 l. 153/69 con l'art.

3 l. 335/95 l'effetto è stato, invece, esattamente opposto: quel lasso di

tempo è divenuto di 5 soli anni salvi i casi di cui infra (nel IV capitolo

dedicato alla prescrizione).

La prescrizione dell’obbligo contributivo è un evento fortemente

pregiudizievole per il soggetto protetto e, quindi, la riduzione del

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81

termine prescrizionale è sicuramente una riduzione di tutela.

Il lavoratore, infatti, una volta impossibilitato ad ottenere un

automatico riconoscimento dell'anzianità previdenziale, ha a

disposizione dei rimedi sussidiari sicuramente dotati di minore

effettività. In tal caso, infatti, il lavoratore, come è noto, può agire

direttamente contro il datore di lavoro, per chiedere il risarcimento

dei danni in forma generica, ex art. 2116, secondo comma, c.c.

(nonostante la lettera dell'art. 2116 c.c. richieda, ai fini del

risarcimento, che il lavoratore abbia perduto, in tutto o in parte, il

trattamento previdenziale, a seguito dell'evasione contributiva,

dottrina e giurisprudenza ammettono da tempo la possibilità per il

soggetto di agire, sia per l'accertamento dell'illecito, sia per la

condanna del datore, sin da quando si è perfezionata la prescrizione

dei contributi, senza dover attendere di aver raggiunto l'età

pensionabile84

), oppure in forma specifica, al fine di ottenere la

ricostituzione della posizione assicurativa, da effettuarsi, ai sensi

dell'art. 13 l. 12 agosto 1962, n. 1338 con il versamento di una riserva

84

In tal senso v. già Cass. 18 novembre 1965, n. 2392, e 6 aprile 1966, n.

912, con nota di G. Palermo, Interesse dell'assicurato e valore della

posizione assicurativa, MGL, 1966, 338. Per un'ampia rassegna della

dottrina e della giurisprudenza in materia v. Vianello, Omissione

contributiva e tutela del prestatore di lavoro, cit. Sulla prescrizione delle

azioni per il risarcimento del danno da omissione contributiva v. A. Maresca,

La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffrè, 1983, 343 e ss.; Tucci,

Prescrizione del diritto al risarcimento per omissione contributiva e

accertamento del rapporto di lavoro tra disciplina codicistica e legislazione

speciale, RGL, 1980, III, 249.

Page 82: “L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA …padis.uniroma1.it/bitstream/10805/2096/1/tesi dottorato Ivanoe... · L’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina

82

matematica corrispondente alla pensione (o quota di pensione) persa

in seguito all'omissione contributiva85

.

In entrambe le ipotesi, però, il danneggiato deve assumersi non solo

l'onere di procedure amministrative e giudiziarie spesso lunghe e

gravose, ma, soprattutto, il rischio dell'insolvenza del datore di lavoro.

3.4 OPERATIVITA’ DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’

NEI CASI DI PROCEDURE CONCURSUALI DEL DATORE

DI LAVORO. IL D. Lgs 80/92: IRRILEVANZA

DELL’ INTERVENUTA PRESCRIZIONE.

L'art. 3 d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 ha stabilito che, qualora l'azione

contro il datore di lavoro sia risultata infruttuosa, dopo l'apertura della

procedura concorsuale a carico dello stesso, il lavoratore ha il diritto

di "richiedere al competente istituto di previdenza e assistenza

obbligatoria che ai fini del diritto e della misura della prestazione

vengano considerati come versati i contributi omessi e prescritti" 86

.

85 Su tale norma v. ancora Vianello, Omissione contributiva e tutela del

prestatore di lavoro, cit., 254 e ss.; Tucci, Prescrizione del diritto al

risarcimento per omissione contributiva, cit.; G.Pera, La responsabilità del

datore di lavoro per omesso irregolare versamento dei contributi

previdenziali e l'art. 13 della l. 19 agosto 1962, n. 1338, RDL, 1962, I, 304.

86 V. amplius M. Cinelli, Rapporto giuridico previdenziale, cit.; G. Canavesi,

Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni, cit., spec. 484 e ss.

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L'ambito di efficacia della norma, contrariamente alle previsioni della

direttiva 80/897 CEE (C. Giust. CE 2 febbraio 1989, causa 22/87, DL,

1989, II, 156) e della stessa legge di delega di cui all'art. 48, lett. d), l.

29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria del 1990), è limitato ai

soli lavoratori dipendenti da imprenditori soggetti a procedure

concorsuali.

Quanto ai contenuti, invece, il d.lgs. 80/92 può considerarsi come un

notevole passo avanti nella tutela contro l'inadempimento

contributivo, sul cui concreto funzionamento, peraltro, come visto nel

precedente paragrafo, influisce non poco la riduzione del termine

prescrizionale da 10 a 5 anni di cui alla legge n. 335 del 1995.

Il decreto, infatti, nel ribadire il collegamento tra prescrizione dei

contributi ed automaticità delle prestazioni, è applicabile alle sole

ipotesi di "obblighi contributivi inerenti periodi successivi alla data di

entrata in vigore del presente decreto legislativo".

La norma che è del 1992 e che quindi, operando per i contributi

successivi al 1992, avrebbe dovuto funzionare, in base alla disciplina

(anteriore alla riforma del 1995) che prevedeva dieci anni quale

termine prescrizionale dei contributi, per le domande di pensione

proposte dall'anno 2002 in poi, ha visto quindi anticipata di un

quinquennio la sua effettiva operatività. Infatti la legge 335 del 1995

ha ridotto ad un quinquennio il termine di prescrizione dei contributi

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e, conseguentemente, la copertura offerta dal d.lgs 80/92 è stata di

fatto e di diritto anticipata negli effetti ed ampliata quanto al periodo

coperto.

CAPITOLO IV

LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE DEI

CREDITI PREVIDENZIALI

4.1 LA PRESCRIZIONE DEL CONTRIBUTI

PREVIDENZIALI. PECULIARITA’ RISPETTO

ALL’ISTITUTO CIVILISTICO DELLA PRESCRIZIONE.

Peculiare è la disciplina della prescrizione dei crediti contributivi,

dettata dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 che al comma 9 87

,

prima di disciplinarne i termini, prevede come le contribuzioni di

previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano essere

versate una volta prescritte.

87 Sulla prescrizione dei contributi previdenziali cfr. G. Riganò, La

prescrizione in materia previdenziale, in R. Pessi (a cura di), La riforma del

sistema previdenziale, Cedam, Padova 1995, p. 315; L. Montuschi, Sulla

prescrizione dei contributi previdenziali, in Adl, 1996, n. 3, p. 43; P. Boer,

Ridotti a 5 anni i termini di prescrizione dei contributi alle gestioni

pensionistiche, in Tut. Lav., 1995, p. 357.

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85

Questo principio, il cui antecedente storico è rinvenibile nel disposto

dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è

ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di

contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia

intervenuta la prescrizione”), vale a distinguere nettamente la

prescrizione dei crediti contributivi dalla generale impostazione

civilistica dell’istituto per la quale l’adempimento di un credito

prescritto costituisce adempimento di una obbligazione naturale - e

quindi irripetibile ex art. 2940 cod. civ. – e la prescrizione è

rinunciabile (art. 2937 cod. civ.) esplicitamente o per factum

concludens.

Nell’ambito previdenziale, invece, il pagamento di contributi prescritti

è indebito (e quindi ripetibile nei limiti di tempo della prescrizione

dell’indebito) e la prescrizione non è rinunziabile neppure da chi ne è

beneficiario. In tal senso si pone anche l’Inps con la circolare n. 262

del 1995 (“l'istituto, quindi, non può accettare il versamento di tale

contribuzione prescritta ma anzi, qualora questo venga comunque

effettuato, deve provvedere d'ufficio al suo rimborso”)88

.

Inoltre, a differenza dal regime civilistico, i lavoratori o i loro eredi

attraverso la denuncia (di cui infra) di mancati versamenti contributivi

88

Per il testo completo della circolare si rinvia alla nota n. 140.

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sembrano poter incidere sulla durata del termine prescrizionale89

, in

deroga alla disciplina generale che prevede il divieto, per le parti, di

disporre della prescrizione90

.

89

P. Parisella, Termini di prescrizione dei contributi previdenziali: appunti a

margine di una recente pronuncia della Cassazione, in Mass. giur. lav., 2003,

4, p. 267; C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle

prestazioni e tutela dell'anzianità previdenziale dopo la legge n. 335 del

1995, in Riv .it. dir. lav. 1996, 3, p. 295; A. Rondo, La facoltà di denuncia

del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla

prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, p. 727; P.

Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore,

in Inf. prev., 2001, p. 960

90 C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e

tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,

312; Cassazione civile sez. lav. 24 marzo 2005, n. 6340 in Giust. civ. Mass.

2005, 3: “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il

regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti

- ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le

contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della stessa

legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di

previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la

prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente

previdenziale creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile

d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare

contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione

dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per

il periodo coperto da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale

inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme

corrispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua

esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane

dall'ente previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si

perfeziona il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il

presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale

dello stesso credito contributivo.

Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non trova

applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero

professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge

(o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, dispongano in senso

contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori

impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e,

comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì

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che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché

eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a

favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato

dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni

che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955

al 1967) dello stesso principio.”. Cassazione civile sez. lav.16 agosto 2001, n. 11140, in Giust. civ. Mass.

2001, 1600civ. 2003, I,2583: “nella materia previdenziale, a differenza che

in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla

disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335,

che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del

successivo comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi

prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue

che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi

previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei

lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata

previsione di meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti

solo per i dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale

a ledere il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi

ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.”

Cassazione civile sez. lav. 10 dicembre 2004, n. 23116, in Giust. civ. Mass.

2005, 1: “nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già

maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla

disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto

soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la

prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche

d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella

specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei

contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato

dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo

precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del

r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in

base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica

anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima

legge. Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002 n. 330 in Foro it. 2002, I,1023:

“si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a

versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia

previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione

già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per

il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile

dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l.

335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del

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Comune alla disciplina civilistica è, invece, la non rilevabilità

d’ufficio in sede processuale (ai sensi dell’art. 2938 cod. civ. “il

giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta”, così

come non può, ex art. 112 c.p.c.: “… pronunciare d’ufficio su

eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”).

Infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.

15661 del 27 luglio 200591

, superando l’ orientamento

giurisprudenziale contrario92

, hanno qualificato eccezione in senso

successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi

prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.”

91

In Foro it. 2005, I, p. 2659: “Poiché nel nostro ordinamento le eccezioni

in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si

identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di

rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione

corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da

parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva

od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione

di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento

giudiziale), l'eccezione di interruzione della prescrizione integra

un'eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere

rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente

acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza

di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad

istanza di parte dell'eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di

diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso

stretto quello di una controeccezione, qual è l'interruzione della

prescrizione.”

92 Cassazione civile sez. lav. 05 ottobre 1998 n. 9865, in Giust. civ. Mass.

1998, 2014: “il divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55,

comma 1, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a

regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia

intervenuta la prescrizione, opera indipendentemente dall'eccezione di

prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi; ed

è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma citata

e dell'art. 41 l. 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui prevedono la

prescrittibilità del diritto dell'Inps al pagamento dei contributi, per violazione

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dell'art. 38 cost., sia perché tale disciplina risponde ad un principio generale

di certezza dei rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del

conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la possibilità di

costituzione della rendita.”

Conformi:

Cassazione civile sez. lav. 06 dicembre 1995, n. 12538, in Giust. civ. Mass.

1995, fasc. 12: “in relazione ai rimborsi dovuti dall'Inps per effetto della

sentenza della Corte costituzionale n. 261 del 1991 (dichiarativa della

illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma 2, d.l. n. 918 del 1968, conv.

con modif. in legge n. 1089 del 1968, nella parte in cui esclude il beneficio

degli sgravi contributivi in caso di retribuzioni non assoggettate a

contribuzione contro la disoccupazione involontaria), secondo le modalità

all'uopo dettate dall'art. 1, comma 3, d.l. 22 marzo 1993 n. 71, conv. con

modif. in legge n. 151 del 1993, la disposizione secondo cui "il rimborso (...)

è effettuato nel pieno rispetto dei termini di prescrizione previsti dalla

vigente normativa" è espressione della volontà del legislatore di connotare

l'eccezione di prescrizione dei caratteri della irrinunciabilità e della

rilevabilità d'ufficio. Del resto, il principio della irrinunciabilità della

prescrizione è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del

1935, ostativo del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è

consono ad un sistema previdenziale avente uno spiccato carattere

pubblicistico, nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti

tra l'ente gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non

siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione

dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta prescrizione.”

Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1991 n. 1703, in Giust. civ. Mass.

1991, fasc. 2: “la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della

posizione assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze

retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere

limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali

disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione,

indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata o no eccepita,

ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a

regolarizzazione di contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di

ordine pubblico dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935.”

Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002, n. 330, in Foro it. 2002, I,1023:

“si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a

versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia

previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione

già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per

il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile

dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l.

335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del

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stretto l’eccezione di prescrizione ed eccezione in senso lato quella di

interruzione della prescrizione con le ovvie conseguenze processuali.

Ciononostante, occorre mettere in risalto come la previsione della

rilevabilità d’ufficio della prescrizione dei crediti contributivi sarebbe

stata ben aderente ai divieti normativi di versare la contribuzione

prescritta e di rinunciare alla prescrizione.

Infatti, l’eventuale mancata eccezione in sede processuale della

prescrizione, non essendo rilevabile d’ufficio93

, può concretare di fatto

una rinuncia a valersi della stessa con la conseguenza che ciò che è

vietato dalla legge può concretizzarsi in sede processuale a seguito di

una mera condotta omissiva.

4.2 IL TERMINE DI PRESCRIZIONE DEI CREDITI

CONTRIBUTIVI

Allo stato della giurisprudenza attuale se la prescrizione non è

eccepita, il giudice non può rilevarla d’ufficio, né, conseguentemente,

successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi

prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.”

93 Si rinvia sul punto al paragrafo successivo.

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verificare se è effettivamente intervenuta la decorrenza dei termini

prescrizionali disciplinati dai commi 9° e 10° del predetto art. 3.

Detti termini consistono in:

“a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni

lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie,

compreso il contributo di solidarietà previsto dal d.l. 29 marzo 1991,

n. 103, art. 9-bis, comma 2°, convertito, con modificazioni, dalla

legge 1 giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione

aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal

1° gennaio 1996, tale termine è ridotto a cinque anni, salvi i casi di

denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;

b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di

assistenza sociale obbligatoria.”

Il successivo comma 10 stabilisce che: “I termini di prescrizione di cui

al comma 9, si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi

precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta

eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure

iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del

computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della

sospensione prevista dal d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma

19°, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n.

638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso”.

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92

Quello dei termini è aspetto oggetto di contrastanti orientamenti

giurisprudenziali in particolare sotto l’aspetto dell'idoneità di atti

interruttivi o di atti di inizio di procedure di recupero, compiuti prima

dell’entrata in vigore della legge n. 335 del 8 agosto 1995, a

conservare il precedente termine decennale di prescrizione.

Il coordinamento tra i due commi dell'art. 3, sopra riportati,

rappresenta la principale difficoltà per la ricostruzione di qual è la

durata del termine prescrizionale, difficoltà che ha condotto a

orientamenti giurisprudenziali diversi.

Secondo una prima interpretazione 94

, il richiamo contenuto nel

comma decimo ai termini di prescrizione di cui al comma nono del

94

riconducibile alle seguenti sentenze:

Cassazione civile sez. lav. 05 marzo 2001 n. 3213, in Giust. civ. Mass.

2001, 409: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di

pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma 10, della

legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il richiamo in esso

contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma 9 del medesimo articolo

deve intendersi riferito al termine decennale previgente - e non al termine

ridotto quinquennale decorrente dal primo gennaio 1996 - stante l'evidente

intento del legislatore di favorire l'Istituto di assicurazione sociale nel caso in

cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato "procedure" nei

confronti dei soggetti debitori.”

Cassazione civile sez. lav. 12 febbraio 2003 n. 2100 in Giust. civ. Mass.

2003, 318, D&G - Dir. e giust. 2003, 11, 107, Mass. giur. lav. 2003, 262: “in

materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti

dai lavoratori e dai datori di lavoro, il nuovo termine quinquennale di cui

all'art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 non si applica ai casi di atti

interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto del termine

decennale della normativa precedente, posto che tali ipotesi sono

esplicitamente escluse ai sensi del comma 10 del citato art. 3, in base

all'evidente intento del legislatore - conforme ai principi generali di certezza

dei rapporti giuridici - di favorire l'istituto di assicurazione sociale nel caso

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93

medesimo articolo doveva intendersi riferito al termine decennale

previgente, non invece al termine ridotto quinquennale, decorrente dal

1° gennaio 1996, con la conseguenza che la riduzione a cinque anni

del termine prescrizionale, prevista dal nono comma, non

comprendeva le contribuzioni maturate prima della suddetta data.

Di contrario avviso, invece, è l’orientamento affermante che, in base

alla disciplina in esame, la prescrizione diviene quinquennale a partire

dal 1° gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in

precedenza95

.

in cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato procedure nei

confronti dei soggetti debitori; nè tale esclusione suscita dubbi di

incostituzionalità, in relazione all'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente

parificare le diverse situazioni dei soggetti interessati nelle due ipotesi in cui

vi siano o non vi siano stati validi atti interruttivi durante il periodo di tempo

previsto per la maturazione della prescrizione.”

95 in particolare le sentenze:

Cassazione civile sez. lav. 17 dicembre 2003 n. 19334, in Giust. civ. Mass.

2003, 12: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9, della

legge n. 335 del 1995 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione diviene

quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti maturati e

scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a periodi precedenti alla

data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano

stati compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la

vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell'evasione

contributiva; c) che il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2,

comma 19, della legge n. 638 del 1983, è soppresso, ma continua ad

applicarsi qualora in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate

procedure di recupero.

Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2004 n. 46, in Riv. giur. lav. 2004, II,

398: “il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi

previdenziali trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con

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eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente

creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero.”

Cassazione civile sez. lav. 24 febbraio 2005 n. 3846 in Giust. civ. Mass.

2005, 2: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3,

comma 9, della legge n. 335 del 1995, per i contributi anteriori alla data di

entrata in vigore della stessa legge (17 agosto 1995), in caso di atto

interruttivo effettuato dall'Inps nel periodo da tale data al 31 dicembre 1995,

continua ad applicarsi la prescrizione decennale per le contribuzioni di

pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni

pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà, essendo

l'atto interruttivo intervenuto quando ancora era in vigore il termine

decennale. Per le contribuzioni diverse da quelle destinate alla gestione

pensionistica, invece, opera la prescrizione quinquennale, atteso che tale

termine più breve è entrato in vigore con la legge, con la conseguenza che

una richiesta successiva (per i contributi diversi da quelli pensionistici) non

vale a prolungare eventuali termini più lunghi prima vigenti.”

Cassazione civile sez. lav. 12 maggio 2005, n. 9962 in Orient. giur. lav.

2005, I, 423: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine

quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3,

commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati

anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995

e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di

recupero”

Cassazione civile sez. lav. 15 marzo 2006 n. 5622, in Giust. civ. Mass.

2006, 3, Guida al diritto 2006, 18, 80 (s.m.): “in relazione ai contributi

dovuti alla Cassa di previdenza forense, scaduti prima dell'entrata in vigore

della l. n. 335 del 1995, l'abbreviazione a cinque anni del termine

prescrizionale (prevista dall'art. 3 comma 9 l. n. 335 del 1995) opera dall'1

gennaio 1996, giacché questi rientrano nell'art. 3 comma 9, lett. a) della

medesima legge (contribuzione di pertinenza delle altre gestioni

pensionistiche obbligatorie), di talché gli atti interruttivi effettuati sia prima

del 17 agosto 1995, sia dopo e fino al 31 dicembre 1995, valgono al fine di

mantenere il precedente termine decennale di prescrizione.”

Cassazione civile sez. lav.13 dicembre 2006, n. 26621, in Giust. civ. Mass.

2006, 12:“l'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995, prevedendo che le

contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si

prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni

lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie -

termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lett. a) - e in

cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza

sociale obbligatoria (lett. b), ha regolato l'intera materia della prescrizione

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Per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in

vigore della legge, il termine decennale permarrebbe ove fossero stati

compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero fossero state iniziate,

durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il

recupero dell'evasione contributiva. Ai predetti orientamenti

giurisprudenziali faceva riferimento anche l’Inps nella circolare n. 69

del 200596

, dove si prende atto che, in tema di termini di prescrizione,

dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le

forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti,

con conseguente abrogazione per assorbimento, ai sensi dell'art. 15 preleggi,

delle previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la

connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti

previdenziali di categoria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da

decennale a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera

però una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle

pensionistiche (comma 9, lett. b) il termine diventa immediatamente

quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995);

invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche (comma 9, lett. a)

la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e diviene

quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se entro il 31 dicembre

1995 l'ente previdenziale non abbia posto in essere atti interruttivi oppure

iniziato procedure nel rispetto della normativa preesistente, altrimenti rimane

decennale. La sistemazione organica e completa del regime transitorio

comporta, pertanto, una deroga all'art. 252 disp. att. c.c., escludendone

l'applicazione in via sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha

confermato la decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova

normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di

quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma speciale

prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 l. n. 6 del 1981, e la prescrizione

decennale ivi prevista - in forza del principio "lex specialis derogat legi

generalii).” 96 Circolare 69 del 2005: “con circolari n.262 del 13 ottobre 1995 e n.18 del

22 gennaio 1996 l’Istituto ha già fornito indirizzi interpretativi in materia di

prescrizione dei crediti contributivi previdenziali e assistenziali di cui

al’articolo 3 commi 9 e 10 della legge n.335/95.

In materia, la sentenza della Corte di Cassazione n.2100 del 12 febbraio

2003, oggetto del messaggio n.10 emesso dal Coordinamento Generale

Legale l’8 maggio 2003, ha costituito l’unica deroga agli indirizzi espressi

nelle circolari citate in quanto affermava che i crediti contributivi maturati

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96

prima del 1 gennaio 1996 non possono mai considerarsi prescrivibili nel più

breve termine dei cinque anni, ritenendo che la durata del termine di

prescrizione si dovesse determinare in base al periodo di riferimento del

credito.

Successivamente la Suprema Corte con le sentenze 17.12.2003 n. 19334,

7.01.2004 n.46 e 6.04.2004 n.6706 ha nuovamente affermato e consolidato il

precedente orientamento.

Si rende, pertanto, indispensabile fornire una interpretazione corretta dei

canoni essenziali della prescrizione del diritto dell’ ente previdenziale ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, secondo le regole poste

dall'art.3, commi 9 e 10 della legge 335/1995, così come interpretate dalla

giurisprudenza più recente.

1. Decorrenza della prescrizione ed efficacia degli atti interruttivi.

Si rammenta in primo luogo che, in materia di diversa durata della

prescrizione del credito contributivo, la legge n.335 del 1995 distingue tra

atti posti in essere ad iniziativa dell’Ente ed atti posti in essere su denuncia

del lavoratore, principio che non contrasta con quello generale stabilito

dall'art. 55 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827, secondo il quale l'interruzione

della prescrizione dei contributi per l’ assicurazione obbligatoria si verifica

solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 codice civile, posti in essere

dall'INPS, titolare del relativo diritto di credito, e non quando anche uno di

tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione

giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro.

In base alla disposizione in parola, anche la denuncia del lavoratore o dei

suoi superstiti è idonea a determinare in dieci anni il termine della

prescrizione nei confronti dell'INPS o degli altri Istituti previdenziali a

condizione che l’Ente emetta l’atto interruttivo di propria competenza.

Si ricorda in proposito che la legge n.335/95 è entrata in vigore il 17 agosto

1995 ed ha posto la data del 1 gennaio 1996 come decorrenza per la

riduzione della prescrizione a cinque anni.

Quindi gli atti interruttivi notificati e le procedure intese al recupero, iniziate

prima del 17 agosto 1995, hanno efficacia interruttiva della prescrizione

diversa (per dieci o cinque anni) a seconda del tipo di contribuzione; tali

periodi vanno poi aumentati del periodo di sospensione triennale di cui

all’art.2 della legge n.638/83.

Ne discende che attualmente si possono configurare tre differenti situazioni

per calcolare con certezza il decorso della prescrizione del credito

contributivo, a seconda del momento dell’eventuale esercizio (o mancato

esercizio) di un atto interruttivo della prescrizione stessa:

la prima per il periodo fino al 31.12.1995 trascorso senza compimento di atti

interruttivi;

la seconda per il periodo dal 17 agosto 1995 e fino al 31.12.1995 trascorso

col compimento di atti interruttivi;

l’ultima per periodi dal 01.01.1996.

Di conseguenza, la possibilità di recuperare i contributi relativi ad anni

precedenti si tradurrà in atti concreti in modo diverso anche a seconda della

data dell’ultimo atto interruttivo dei termini (se posto in essere):

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97

se l’atto è stato compiuto prima del 17 agosto 1995, possono essere

recuperati i contributi IVS risalenti ai tredici anni precedenti, in quanto gli

stessi restano assoggettati alla prescrizione decennale ed alla sospensione

triennale prevista dalla legge 11 novembre 1983 n.638 (in questi termini

sentenza Cassazione 7.1.2004 n.46);

se invece risulta essere stato compiuto tra il 17 agosto 1995 ed il 31

dicembre 1995, il recupero dei contributi potrà retroagire per soli dieci anni.

Ovviamente in tal caso, per evitare la perdita del diritto per prescrizione, il

successivo atto interruttivo deve intervenire entro i dieci anni dal precedente.

In ogni caso, ed ancorché si tratti di contributi riferentesi a periodi successivi

al 1° gennaio 1996, la denuncia del mancato pagamento dei contributi stessi

da parte del lavoratore dipendente o a progetto o del collaboratore coordinato

e continuativo comporta che il termine prescrizionale sia decennale, sempre

che l’Istituto provveda ad emettere il proprio atto avente efficacia

interruttiva.

I contributi minori ( DS, TBC, ENAOLI, SSN, etc .) si prescrivono in cinque

anni anche a seguito della legge n.335/1995, in quanto nulla è cambiato

rispetto alle precedenti disposizioni.

È opportuno rammentare che hanno efficacia interruttiva della prescrizione

relativamente al residuo debito, anche i pagamenti in acconto di un debito

già denunciato come, ad esempio, la contribuzione denunciata in occasione

dei condoni. In considerazione di ciò e per evitare la prescrizione del debito

residuo, le Sedi sono invitate a definire, con le relative procedure, i condoni

per i quali risultano interrotti i pagamenti per oltre due rate e a diffidare i

debitori. Per l’area agricola, le diffide, relativamente ai condoni, sono state

emesse dalla Sede Centrale.

Prescrizione dei contributi dovuti dagli artigiani, dagli esercenti attività

commerciali e dai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata.

I criteri di applicazione dell’istituto della prescrizione in materia di

contributi dovuti dagli artigiani, dai commercianti e dai lavoratori autonomi

iscritti alla Gestione separata (c.d. professionisti non iscritti ad altre casse),

nei termini introdotti dalla citata legge n.335/1995, sono stati illustrati dalla

circolare n. 104 del 16 maggio 1996.

Con detta circolare, in riferimento agli artigiani ed ai commercianti, veniva

ribadito il principio, già espresso in precedenti disposizioni, secondo il quale

per la contribuzione dovuta sulla quota di reddito eccedente il minimale

imponibile di cui alla legge n. 233/1990, la prescrizione inizia a decorrere

dalla data in cui l’Amministrazione finanziaria dello Stato comunica

all’Istituto il reddito prodotto dal soggetto tenuto al pagamento della relativa

contribuzione previdenziale. E ciò in considerazione dell’insussistenza di

norme che impongano al contribuente di comunicare all’Istituto il proprio

reddito e della disposizione contenuta nell’art. 2935 del Codice civile, in

base al quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto

può essere fatto valere.

Si fa presente, a tal riguardo, che tale orientamento è stato recentemente

censurato da numerose sentenze di merito che hanno evidenziato

l’insussistenza, nella fattispecie, di un’impossibilità giuridica di riscuotere,

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98

la sentenza della Corte di Cassazione n. 2100 del 12 febbraio 200397

ha costituito l’unica deroga agli indirizzi precedentemente espressi,

peraltro subito consolidati dalle successive sentenze n. 19334 del 17

dicembre 200398

e n.46 del 7 gennaio 2004 99

.

ben potendo l’Istituto chiedere la denuncia dei redditi agli interessati o

all’Amministrazione finanziaria.

Alla luce del citato orientamento giurisprudenziale, anche al fine di evitare la

condanna dell’Istituto al pagamento delle spese legali, si è giunti nella

determinazione di applicare, in riferimento ai contributi dovuti sulla quota di

reddito eccedente il minimale imponibile, gli stessi criteri in atto per i

contributi dovuti sul predetto minimale.

Conseguentemente il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i

contributi in argomento dovevano essere corrisposti secondo la normativa

vigente e, quindi, dal giorno in cui doveva essere versato il saldo risultante

dalla dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento.

Il nuovo indirizzo sarà applicato a tutte le situazioni non definite alla data di

emanazione della presente circolare, ivi comprese quelle relative ai

lavoratori autonomi di cui all’art. 50 del TUIR. I contributi iscritti a ruolo e

prescritti saranno sgravati d’ufficio, mentre i ricorsi amministrativi giacenti

riguardanti l’argomento saranno restituiti alle rispettive strutture che,

verificata l’assenza di atti interruttivi, adotteranno i conseguenti

provvedimenti di annullamento dell’imposizione.

Non appare superfluo evidenziare, a tal riguardo, che le modalità di

riscossione dei contributi introdotte dal decreto legislativo 18 dicembre

1997, n. 462, con la conseguente attribuzione di competenze

all’Amministrazione finanziaria dello Stato, sono pienamente compatibili

con il criterio di computo dei termini prescrizionali sin qui descritto.

L’attuale ripartizione delle attribuzioni tra l’INPS e l’Agenzia delle Entrate

limita, peraltro, l’intervento dell’Istituto in materia alle sole fattispecie non

coinvolte dall’azione di recupero dell’Amministrazione finanziaria.”

97Cassazione civile sez. lav. 12 febbraio 2003 n. 2100 in Giust. civ. Mass.

2003, 318. Per la massima, vedi nota 94.

98 Cassazione civile sez. lav. 17 dicembre 2003 n. 19334, in Giust. civ. Mass.

2003, 12. Per la massima, vedi nota 95.

99 Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2004 n. 46, in Riv. giur. lav. 2004,

II, 398. Per la massima, vedi nota 95.

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99

L’Ente previdenziale, avendo ben presenti gli arresti giurisprudenziali,

configurava e distingueva tre differenti situazioni per calcolare con

certezza il decorso della prescrizione del credito contributivo, a

seconda del momento dell’eventuale esercizio o del mancato

esercizio di un atto interruttivo della prescrizione stessa:la prima per il

periodo fino al 31 dicembre 1995, trascorso senza compimento di atti

interruttivi; la seconda per il periodo dal 17 agosto 1995 e fino al 31

dicembre 1995 trascorso col compimento di atti interruttivi; l’ultima

per periodi dal 01.01.1996 (ne risultava che la possibilità di recuperare

i contributi relativi ad anni precedenti, era per l’Istituto diversa anche

a seconda della data dell’ultimo atto interruttivo dei termini: “se

l’atto è stato compiuto prima del 17 agosto 1995, possono essere

recuperati i contributi IVS risalenti ai tredici anni precedenti, in

quanto gli stessi restano assoggettati alla prescrizione decennale ed

alla sospensione triennale prevista dalla legge 11 novembre 1983

n.638…”; “se invece risulta essere stato compiuto tra il 17 agosto

1995 ed il 31 dicembre 1995, il recupero dei contributi potrà retroagire

per soli dieci anni...”). Pertanto l’Inps, nella circolare 69 del 2005, nel

caso di assenza di atti interruttivi precedenti all’entrata in vigore della

legge n. 335 del 8 agosto 1995, confermava l’orientamento già

espresso nella circolare 262 del 1995100

: “l'atto interruttivo posto in

100

Riportata integralmente in nota 140.

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100

essere a decorrere dal 1/1/1996 interromperà la prescrizione dei

contributi relativi a periodi contributivi anteriori di cinque anni”.

I suddetti diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali hanno

reso necessario, anche recentemente, l’intervento delle Sezioni Unite

della Suprema Corte. Nella sentenza a Sezioni Unite n. 5784 del 4

marzo 2008101

, la Cassazione ha ritenuto che la legge 8 agosto 1995,

n. 335, avendo disposto che la riduzione del termine da decennale a

quinquennale operi solo dal 1° gennaio 1996, ha dato all'Inps la

possibilità di mantenere il regime prescrizionale decennale per i

contributi pregressi, adottando atti interruttivi nel periodo intermedio,

che va dalla data di entrata in vigore della predetta legge al 31

dicembre 1995, oppure iniziando idonee procedure restando

ovviamente ferma la prescrizione decennale anche per i casi in cui i

medesimi atti siano stati posti in essere prima del 17 agosto 1995. A

fondamento di questa scelta interpretativa è stato in primo luogo

101

Cassazione civile sez. un. 04 marzo 2008 n. 5784, in Giust. civ. Mass.

2008, 3, p. 351 e Foro it. 2010, 4, p. 1252: In tema di prescrizione del diritto

degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di

lavoro, ai sensi dell'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il

termine di prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in

vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti

interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta ed il 31

dicembre 1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare

un «effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti -

valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio

precedente l'atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un nuovo

termine decennale di prescrizione.

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101

addotto l'intento del legislatore di ritardare la data di entrata in vigore

del termine quinquennale, spostandola al 1° gennaio 1996, per creare,

com’è stato rilevato, una sorta di "effetto annuncio" allo scopo di

evitare almeno in parte la prescrizione di vecchi crediti con la

previsione di un periodo nel quale gli istituti previdenziali potessero

attivarsi per intraprendere le procedure di recupero o le richieste di

pagamento al fine di usufruire del termine più ampio.

Tuttavia l’argomento più rilevante sembrerebbe essere quello che

poggia sul dato testuale e, precisamente, la particolare espressione

usata dal comma 10° dell'art. 3 (“atti interruttivi già compiuti o di

procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente”) che vale

a designare non solo il periodo precedente all'entrata in vigore della

legge ma tutto l'arco temporale successivo (fino al 31 dicembre 1995)

nel quale vigeva ancora il precedente regime prescrizionale.

Gli atti interruttivi intervenuti, quindi, valgono sia a sottrarre alla

prescrizione i contributi di cui è causa, sia a conservare il termine

decennale di prescrizione, che inizia nuovamente a decorrere dalla

data dell'atto introduttivo.

Una fattispecie concreta diversa (non riferita cioè al caso di atti

interruttivi intervenuti prima del 31 dicembre 1995 e come tali idonei

a conservare il predetto termine decennale), è quella affrontata dalle

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102

SS. UU. della Suprema Corte nella sent. n. 6173 del 7 marzo 2008102

.

La controversia ineriva a contributi relativi al periodo maggio 1991-

settembre 1992, per i quali l’accertamento ispettivo era stato notificato

il 27 marzo 1998 e la notifica della cartella esattoriale era avvenuta in

data 21 novembre 2000. Secondo la pronuncia in argomento,

dall'entrata in vigore della legge 335 del 8 agosto 1995 il nuovo

termine di prescrizione più breve comincia a decorrere dal 1°

gennaio 1996 e non può essere quindi superiore a cinque anni, mentre

può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine

determinato secondo il regime precedente. Il nuovo termine si

applicherebbe perciò anche alle prescrizioni in corso, ma decorrerebbe

dalla data di entrata in vigore della legge che ne ha disposto

l'abbreviazione purché, a norma della legge precedente, non residui un

termine minore (nella specie la notifica della cartella esattoriale

avvenuta in data 21 novembre 2000, risulta preceduta in data 27

marzo 1998 dalla consegna del verbale di accertamento ispettivo e

dalla richiesta di pagamento dei contributi omessi relativi al periodo

102 Cassazione civile sez. un.07 marzo 2008 n. 6173, in Guida al

diritto 2008, 19, p. 56, Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 374, Foro it. 2010, 4,

p. 1252: “Con l'entrata in vigore della l. 335/1995 che ha introdotto il nuovo

regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti opera,

fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo

termine di prescrizione più breve, che comincia peraltro a decorrere dalla

data dell'1 gennaio 1996; detto termine non può essere quindi superiore a

cinque anni, mentre può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo

termine determinato secondo il regime precedente.”

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103

maggio 1991- settembre 1992. In tale data, 27 marzo 1998, dunque, è

stato interrotto il decorso della prescrizione, quando non si era

compiuto, dopo l'entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, il

tempo residuo del termine decennale determinato secondo il

precedente regime, pur ridotto entro il minor periodo di cinque anni

decorrenti dal 1.1.1996).

La normativa sopra esaminata, secondo l’orientamento ultimo esposto,

non stabilirebbe quindi un'espressa deroga all' art. 252 disp. att. cod.

civ., disposizione alla quale deve attribuirsi il valore di regola

generale 103

.

103

Corte costituzionale 03 febbraio 1994 n. 20, in Giust. civ. 1994, I, 858:

“il comma 3 dell'art. 4 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14

novembre 1992 n. 438, il quale stabilisce che i termini di decadenza, previsti

nel precedente comma 1 per la proposizione dell'azione giudiziaria in

materia di prestazioni pensionistiche e di prestazioni economiche di malattia,

non si applicano ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata

in vigore del citato decreto, ancora in corso alla data medesima, va

interpretato nel senso che i procedimenti ai quali si riferisce la menzionata

norma siano quelli amministrativi e non già quelli giurisdizionali e che, in

relazione ai ricorsi amministrativi proposti anteriormente alla predetta data,

si siano già verificati i presupposti di decorrenza del termine, previsto dalla

legge precedente per la proposizione della domanda giudiziale (e cioè la

comunicazione della decisione definitiva dell'amministrazione sul ricorso o

scadenza del termine per la pronunzia della medesima) e che il termine sia

ancora pendente alla detta data; pertanto, è infondata la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 1, 3 e 14 d.l. 19 settembre 1992

n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1993 n. 438, sollevata, con riferimento agli

art. 3, 24, 38 e 113 cost., in base al presupposto che il citato comma 3 si

riferisca ai procedimenti giurisdizionali e non a quelli amministrativi e che la

nuova normativa si applichi ai procedimenti amministrativi, già definiti alla

data della sua entrata in vigore.”

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104

Per effetto di tale interpretazione 104

, anche nell’ ipotesi di denuncia

del lavoratore all'Istituto previdenziale del mancato versamento dei

contributi, il prolungamento del termine di prescrizione opererebbe

solo per il caso di denunce intervenute entro il 31 dicembre 1995,

rimanendo quinquennale per quelle proposte successivamente a tale

data.

104 In tal senso, tra le più recenti pronunce:

Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2009 n. 73 in Giust. civ. Mass. 2009,

2, 156: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di

assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10,

l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo

periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il

termine quinquennale di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia

integralmente maturato prima della data di entrata in vigore della predetta

legge (17 agosto 1995), è idonea a mantenere il precedente termine di

prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione

dell'anzidetto termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre

1995), non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una

volta che il credito contributivo risulti già prescritto. (Fattispecie relativa a

denuncia del lavoratore intervenuta in data 19 settembre 1994 in ordine a

contributi previdenziali attinenti a fattispecie di licenziamento illegittimo del

19 febbraio 1981, rispetto ai quali era già ampiamente maturato il termine di

prescrizione quinquennale).”

Cassazione civile sez. lav. 10 marzo 2010 n. 5811, in Giust. civ. Mass.

2010, 4, 487: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e

di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in

vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo

regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera,

al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il

nuovo termine di prescrizione più breve, con decorrenza dall'1 gennaio 1996,

trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima

parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato

versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che,

in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della

legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di

cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere

inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att.

c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime

precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio

dalla denuncia del lavoratore.

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105

Se sulla durata dei termini prescrizionali si sono registrati i predetti

diversi orientamenti, la giurisprudenza sembra più pacifica in ordine

alla decorrenza degli stessi che è fatta coincidere con la data in cui i

contributi dovevano essere versati105

. La prescrizione dei crediti

contributivi decorre, infatti, in corso di rapporto di lavoro 106

e si

considera ininfluente ai fini della scadenza dei termini prescrizionali

la data successiva dell’eventuale accertamento da parte degli enti

previdenziali. Lo stesso principio opera anche nel caso in cui il datore

di lavoro non abbia provveduto volutamente a denunciare il rapporto

lavorativo per non adempiere ai connessi obblighi contributivi.

L’unica impossibilità di agire cui la legge attribuisce rilevanza ai fini

del mancato decorso dei termini prescrizionali è quella che deriva da

impedimenti di legge e non comprende gli impedimenti di mero fatto,

tra i quali è da includere l’ignoranza in cui versi il titolare del diritto in

ordine alla sussistenza di esso107

.

105 Il DM10 ha scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto

dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463

del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983).

106 In tema di prescrizione dei crediti lavorativi, cfr. A. Maresca, La

prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffrè, Milano, 1983.

107 L’INPS, nella circolare 69 del 2005, riportata in nota 96, ha affrontato il

tema in relazione alla contribuzione a percentuale richiesta solo a seguito

della comunicazione dell’Agenzia dell’Entrate (anche a distanza di avariati

anni in quanto l’istituto riteneva che prima di tale comunicazione gli fosse

impossibile recuperare il predetto contributo e quindi non decorresse il

termine prescrizionale. Tale impossibilità è stata considerata dalla

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106

4.3 IL VERSAMENTO DI CONTRIBUTI PRESCRITTI

La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le

contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non

possano essere versate una volta prescritte. L’antecedente storico di

tale principio è rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del

r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di

effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo

che, rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione”)

dettato , peraltro, in origine, per le sole assicurazioni obbligatorie per

invalidità, vecchiaia, tubercolosi e disoccupazione; nondimeno con il

tempo il principio era stato esteso a tutte le forme assicurative sociali

gestite dall’INPS o ad altri Enti la cui disciplina richiamasse la

normativa dell’assicurazione generale obbligatoria108

.

Deve innanzitutto rilevarsi come questa disciplina degli effetti della

prescrizione differisca in maniera assoluta da quella che è la generale

impostazione civilistica dell’istituto quale è scolpita negli articoli del

codice civile. Come è stato osservato acutamente in dottrina, la

prescrizione rappresenta, nell’ambito del rapporto bilaterale

giurisprudenza come una impossibilità di mero fatto. Orientamento

pressoché unanime che ha indotto l’Istituto previdenziale ad emanare la

suddetta circolare.).

108 Restavano però alcuni regimi, come ad esempio il Fondo per il volo,

disciplinato dalla legge 13/7/1965 n 859, per i quali mancando l’anzidetto

richiamo o essendo presente un espresso richiamo in senso opposto, il

principio del divieto di versamento non si applicava.

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107

intercorrente fra il creditore ed il debitore, un acquisto che si

determina in favore di quest’ultimo; da questa impostazione derivano,

come corollari due conseguenze e cioè che la prescrizione è

rinunciabile, esplicitamente o per factum concludens (art. 2937 c.c.) e

che la stessa non può essere rilevata d’ufficio ma deve essere eccepita

dalla parte che ne abbia interesse.

Molta parte della dottrina nega, dunque, sulla base di tali principi,

che, in ambito civilistico, la prescrizione abbia per effetto l’estinzione

del rapporto obbligatorio; l’inattuazione del rapporto nel tempo,

previsto dalla legge determinerebbe, in particolare, non la prescrizione

ma la prescrittibilità intesa quale idoneità del concreto rapporto a

subire l’ulteriore vicenda estintiva per prescrizione solo nel caso in

cui venisse esercitata l’apposita eccezione che da quella modificazione

nasce. L’impostazione della legge 335/95 comporta, invece, che in

materia contributiva la prescrizione venga disegnata, con particolare

forza , dalla medesima norma come estintiva, ex lege, del rapporto

obbligatorio. Mentre dunque , rispetto al debito civile prescritto (o

prescrittibile a seconda delle impostazioni) si ritiene da più parti che

questo residui come obbligazione naturale, come del resto

sembrerebbe chiaro dal disposto dell’art. 2940 in tema di

inammissibilità della ripetizione del debito prescritto, alla

obbligazione contributiva non sarebbe applicabile la norma predetta e

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si rientrerebbe, invece, nell’ipotesi dell’ indebito con possibilità della

relativa azione.

Sul punto è da segnalare che la giurisprudenza formatasi sotto

l’impero dell’art. 55 sopra richiamato ed applicabile a maggior

ragione nell’ambito di questa normativa riteneva109

che la

prescrizione fosse in questo caso rilevabile d’ufficio in deroga al

disposto dell’art. 2938 c.c. In ordine alla rilevabilità da parte del

creditore si è espresso l’INPS che, nella citata circolare 262/95,

prescrive alle sue sedi di effettuare d’ufficio il rimborso rilevando

testualmente che quella in esame “una prescrizione particolare, alla

quale, a differenza delle altre, non può rinunciare neppure chi ne è

beneficiario”.

In ambito processuale l’ orientamento delle SS.UU. della Corte di

Cassazione con la sentenza n. 15661 del 27 luglio 2005 è nel senso

109

Ex plurimis Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1991 n 1703: “La

condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione

assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze retributive

assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere limitata al

pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali disposizioni di legge

che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione, indipendentemente dalla

circostanza che questa sia stata o no eccepita, ostando, in caso di

prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione di

contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art.

55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935.” Per una ricostruzione del divieto

di versare i contributi prescritti come conseguenza del principio di

indisponibilità dei diritti previdenziali e delle obbligazioni presupposte vedi

Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012,

450 ss.

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109

che la prescrizione non sia rilevabile d’ufficio (sul punto si rinvia al

IV Capitolo I paragrafo).

4.4 I DANNI DERIVANTI DALLA PRESCRIZIONE DEI

CREDITI CONTRIBUTI

Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo110

al regolare

versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla

conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione

assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di

tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia

pregiudicato. Ne consegue che, in caso di mancato o insufficiente

versamento dei contributi, situazione che si verifica anche quando

l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a

quelli effettivamente corrisposti, lo stesso lavoratore può agire in

giudizio, anche in corso di rapporto di lavoro e prima che si sia

concluso il rapporto giuridico previdenziale, per ottenere la condanna

del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa

mediante il versamento all'ente previdenziale dei contributi omessi e

non prescritti.

110 Cassazione civile sez. lav.23 gennaio 1989 n. 379, in Giust. civ. Mass.

1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656 .

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110

E la promozione con esito favorevole di questa azione, come è ovvio,

preclude per il futuro l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma

secondo, perché previene ed elimina la lesione della posizione finale

assicurativa, mentre il suo mancato esercizio non incide sulla

proponibilità dei rimedi risarcitori.

Nel caso invece di prescrizione della contribuzione previdenziale

omessa da parte del datore di lavoro il prestatore di lavoro subisce un

danno immediato111

consistente nella necessità di costituire la

provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione

del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di

maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante

all'ente assicuratore.

Il secondo tipo di danno ex art. 2116 è dato dalla perdita totale o

parziale della prestazione previdenziale e per il suo sorgere è

necessario il mancato versamento dei contributi, la prescrizione degli

stessi ed il raggiungimento dell’età pensionabile. In questo caso la

definitiva perdita della prestazione previdenziale causa al lavoratore

un danno che il datore di lavoro è tenuto a risarcire in base al

menzionato art. 2116 c.c. I suddetti danni nascono

111 Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8 la cui massima è riportata nella nota successiva.

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111

dall’inadempimento di obbligazioni contrattuali inerenti il rapporto di

lavoro112

. Come tali ad essi è applicabile il termine di prescrizione

decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c. L’inizio del termine

prescrizionale si differenzia nei due danni. Per il primo, diventando lo

stesso tutelabile nel momento in cui si determina la prescrizione del

credito contributivo, il dies a quo della prescrizione è da individuare

nel giorno successivo a quello nel quale si è prescritto il credito

dell’Ente Previdenziale. Tale momento può verificarsi anche nel corso

del rapporto di lavoro. Per il secondo tipo di danno, il termine decorre

dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e cioè dal

momento in cui si sono verificate le due condizioni sopra esplicate: la

prescrizione dei contributi ed il raggiungimento dell’età pensionabile.

112

Ex pluribus Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust.

civ. Mass. 2004, 7-8: “Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale

non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne

consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di

litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda

con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei

confronti del datore di lavoro.

Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro

e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente

assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso

dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,

consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio

sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di

questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del

diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”

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112

a)IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA DEL DANNO

PENSIONISTICO: LA COSTITUZIONE DELLA RENDITA

VITALIZIA.

In caso di prescrizione dell’obbligo contributivo, non trovando

applicazione il principio di automaticità, il lavoratore subisce un

danno della sfera giuridica patrimoniale, perché minore sarà l’importo

della pensione cui avrà diritto, e può agire nei confronti del datore di

lavoro per il risarcimento del danno, in forma specifica, attraverso la

costituzione di una rendita vitalizia pari alla pensione o quota di

pensione adeguata dell’assicurazione generale obbligatoria che

spetterebbe in relazione ai contributi omessi, o mediante l’azione

risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, cod. civ. 113

La costituzione della rendita vale a compensare il pregiudizio

derivante dall'omissione contributiva non più emendabile a causa

dell'intervenuta prescrizione, ma non realizza il recupero dell'anzianità

contributiva, avendo solo la finalità economica di integrare la

113 Sul tema, G. Pera, La responsabilità del datore di lavoro per omesso

versamento dei contributi previdenziale e l’art. 13 della legge 12 agosto

1962, n. 1338, in Riv. It. Dir. lav., 1962, I, 310; G. Galligani, Risarcimento

del danno da omissioni contributive nell’attuale ordinamento italiano, in

Lav. Prev. Oggi, 1992, 2113; R. Vianello, Omissione contributiva e tutela

del prestatore di lavoro, in Quad. dir. lav. ind., 1992, II, 233.

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113

prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per

effetto delle carenze contributive pregresse.

L’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, comporta sia la facoltà,

del datore di lavoro o del lavoratore, di ottenere la rendita presso

l’Inps, che il diritto del lavoratore di esigere la costituzione della

stessa mediante un’azione di condanna del medesimo datore a versare

la riserva matematica, che ha la finalità economica di integrare la

prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per

effetto delle carenze contributive pregresse114

. Giurisprudenza

unanime ritiene che alla rendita vitalizia non possa accedere il

lavoratore autonomo, responsabile dell’inadempimento, né che tale

violazione possa comportare alcuna violazione del principio di

eguaglianza in quanto “ sarebbe irragionevole, ossia contrastante con

il principio di eguaglianza, parificare la situazione del lavoratore

dipendente, che perde benefici previdenziali a causa delle omissioni

contributive del datore di lavoro e perciò deve costituirsi la rendita o

chiedere il risarcimento del danno, e la situazione del professionista

114 Cassazione civile sez. lav. 18 ottobre 2002 n. 14807, in Giust. civ. Mass.

2002, 1820: “in tema di requisiti contributivi ai fini della pensione di

anzianità, il rimedio di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 vale a

compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non più

emendabile (nella specie: a causa dell'intervenuta prescrizione), ma non

realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la finalità

economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in misura

inferiore proprio per effetto delle carenze contributive pregresse.”

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114

che per un certo periodo della sua vita professionale omette di

contribuire e più tardi vuole recuperare i benefici perduti”115

.

L’ambito di efficacia soggettiva dell’istituto giuridico è stato però

esteso116

, ai lavoratori familiari di impresa artigiana, ai collaboratori

115 Cassazione civile sez. lav. 16 agosto 2001 n. 11140, in Giust. civ. Mass.

2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di:

Bagianti): “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il

regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle

parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni

forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10

dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della

entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi

un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali

prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi

rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di

meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i

dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere

il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi

ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori” in

quanto … “ sarebbe irragionevole, ossia contrastante con il principio di

eguaglianza, parificare la situazione del lavoratore dipendente, che perde

benefici previdenziali a causa delle omissioni contributive del datore di

lavoro e perciò deve costituirsi la rendita o chiedere il risarcimento del

danno, e la situazione del professionista che per un certo periodo della sua

vita professionale omette di contribuire e più tardi vuole recuperare i

benefici perduti”.

116 In questi termini, Corte costituzionale

19 gennaio 1995 n. 18, in Dir. lav. 1995, II, 327 che estende il riscatto dei

contributi prescritti anche ai collaboratori dell’artigiano: “è infondata la

questione di costituzionalità dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338

(disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione

dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) in

riferimento agli art. 3 e 38 cost., nella parte in cui, nel consentire la

costituzione di rendite in luogo di contributi previdenziali di cui sia

prescritto il versamento all'Inps, si riferirebbe esclusivamente ai lavoratori

subordinati ai loro datori di lavoro ben potendo la norma essere interpretata

nel senso per cui nel significato dell'espressione "datore di lavoro" sia

incluso anche quello attinente ai rapporti degli artigiani e dei piccoli

commercianti con i loro familiari coadiuvati o coadiutori.” Ciò sulla

considerazione che la disposizione di cui al citato art. 13 “ha connotati di

generalità ed astrattezza tali da renderla applicabile a tutte le forme

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115

familiari dell’impresa agricola117

, e più in generale a tutti gli assicurati

che non versino direttamente i contributi “ma sottoposti a tal fine alle

determinazioni di altri soggetti” 118

.

assicurative delle varie categorie di lavoratori che non hanno una posizione

attiva nel determinismo contributivo”

117 Cassazione civile sez. lav. 19 agosto 2003 n. 12149, in Giust. civ. Mass.

2003, 7-8: “anche in riferimento ai collaboratori dell'impresa agricola l'ente

previdenziale può essere condannato alla costituzione di una rendita vitalizia

per i contributi omessi e prescritti, in applicazione della norma contenuta

nell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto - in conformità

all'interpretazione data alla norma stessa dalla Corte costituzionale, con

sentenza n. 18 del 1995, in riferimento ai collaboratori della impresa

artigiana - la norma in questione appare dotata dei caratteri di generalità ed

astrattezza tali da giustificarne l'applicazione, oltre che ai lavoratori

dipendenti, anche ai lavoratori autonomi, qualora essi siano accomunati ai

precedenti dal fatto di non essere abilitati direttamente al versamento dei

contributi, essendo sottoposti al tal fine alla determinazione di altri soggetti, i

datori di lavoro da un canto, i titolari delle aziende agricole dall'altro. (Nel

caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto

applicabile l'art. 13 in favore del collaboratore familiare dell'impresa

agricola, che non fu inserito negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti

per determinazione del titolare dell'azienda che non provvedette a

denunciarlo a quindi neppure a versare i prescritti contributi).”

118

Cassazione civile sez. lav.18 agosto 2004 n. 16147, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “ a seguito della sentenza n. 18 del 1995 della Corte cost., l'unica

interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n. 1338 del

1962 (versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita

vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta

prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione a favore dei lavoratori

autonomi, posto che con tale interpretazione, alla quale va escluso il

carattere innovativo, il giudice delle leggi, pur non operando una

indiscriminata estensione ai detti lavoratori della disciplina dei lavoratori

dipendenti, ha individuato nel citato art. 13 quei connotati di generalità e

astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori

non abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle

determinazioni di altri soggetti; pertanto, deve ritenersi che anche i familiari

coadiuvanti dell'impresa diretto - coltivatrice siano abilitati al versamento

della riserva ex art. 13 cit., non ostandovi l'esistenza di particolari

meccanismi di accreditamento dei contributi previdenziali previsti per i

coltivatori diretti; in tali ipotesi, ove risulti, come nella specie, provata

documentalmente la esistenza di un rapporto di lavoro e, attraverso

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116

deposizioni testimoniali anche la durata dello stesso (e non sia possibile

determinare la retribuzione per le peculiarità del rapporto di cui all'art. 2140

c.c. nel testo anteriore alla riforma del diritto di famiglia attuata con la legge

n. 151 del 1975, per l'assenza di un vero e proprio corrispettivo in danaro e

l'effettuazione della remunerazione attraverso il mantenimento e la

partecipazione al godimento del patrimonio familiare), la prova della

retribuzione ex art. 13, comma 5, della legge n. 1338 del 1962 non poteva

ritenersi presupposto per la costituzione della rendita, essendo solo per

effetto della legge n. 233 del 1990 stato introdotto un sistema organico di

riscatto dei periodi totalmente o parzialmente scoperti di contribuzione,

secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, mentre, per

il periodo precedente, non sussiste, alcun impedimento a determinare la

riserva matematica, procedendosi all'applicazione di una contribuzione

figurativa determinata in base alle giornate di lavoro, alla stregua delle

disposizioni dell'art. 3 della legge n. 1047 del 1957, secondo le modalità

stabilite dal r.d. n. 2138 del 1938 e dal r.d. n. 1949 del 1940 e successive

modificazioni.”

Cassazione civile sez. lav. 13 aprile 2002 n. 5330, in Giust. civ. Mass. 2002,

639: “in tema di diritto alla rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del

1962, l'unica interpretazione conforme a Costituzione della predetta

disposizione, che prevede il versamento della riserva matematica per la

costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più

sanabili per intervenuta prescrizione, è quella, fornita dalla Corte cost. con la

sentenza n. 18 del 1995, che la estende ai familiari coadiuvanti di imprese

artigiane, non essendo possibile addivenire ad una interpretazione della

norma difforme da quella indicata senza suscitare un dubbio di

costituzionalità non manifestamente infondato (con conseguente obbligo di

rinvio alla Corte cost.). Con detta interpretazione, peraltro, non si è operata

una indiscriminata estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei

lavoratori dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n.

1338 del 1962, quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne

l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che non sono abilitati al

versamento diretto dei contributi, ma sono sottoposti, a tale riguardo, alle

determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di azienda

artigiana).”

Cassazione civile sez. lav.15 giugno 2001 n. 8089, in Giust. civ. Mass.

2001, 1194: “a seguito della sentenza n. 18 del 1995 Corte cost. - la quale ha

affermato che l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13

della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la

costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più

sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione

ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane - non è possibile addivenire ad

una interpretazione della norma difforme da quella indicata dalla Corte nella

suddetta decisione e recentemente ribadita nell'ordinanza n. 21 del 2001. Del

resto, con detta interpretazione non si è operata una indiscriminata

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117

Un altro fondamentale intervento della Corte Costituzionale ha poi

consentito di mitigare il rigore dell’art. 13 in ordine ai requisiti

costitutivi del diritto (la cui ratio era nell’ esigenza di evitare che, a

notevole distanza di tempo, si vantassero posizioni assicurative

fittizie, provando con testimoni fatti molto remoti) perché la necessità

della prova scritta è stata limitata alla sola esistenza del rapporto di

lavoro, potendosi invece provare con altri mezzi, anche orali, la durata

dello stesso e l’ammontare della retribuzione 119

. La necessità della

prova scritta della esistenza del rapporto per accedere alla costituzione

della rendita vitalizia è stata comunque ribadita dalla giurisprudenza

della Cassazione 120

, che ha anche precisato come il ricorso a mezzi di

estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti,

ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962

connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte

le categorie di lavoratori che, non essendo abilitati al versamento diretto dei

contributi, sono sottoposti a tale riguardo alle determinazioni di altri soggetti

(datori di lavoro ovvero titolari di imprese artigiane).”

119 Corte costituzionale 22 dicembre 1989 n. 568, in Giust. civ. 1990, I,605.,

Mass. giur. lav. 1989, 593., Riv. it. dir. lav. 1990, II,303: “é

costituzionalmente illegittimo - per contrasto con gli art. 3, 24, 38 cost. -

l'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, recante disposizioni per il miglioramento

di pensioni dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti, nella

parte in cui, salva la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di

lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata

del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione.”

120 Cassazione civile sez. un. 18 gennaio 2005 n. 840, in Diritto & Giustizia

2005: “l'omissione contributiva del datore di lavoro si combatte con carte

alla mano. Il dipendente che intende provare l'esistenza di un rapporto di

lavoro subordinato, per ottenere una rendita vitalizia corrispondente alla

quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei contributi,

dovrà fornire la prova scritta di tale rapporto anche per il periodo in cui la

sua posizione non era regolare.

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118

Nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, il lavoratore può

sia chiedere al datore del lavoro il risarcimento del danno, sia versare

direttamente all'Inps l'importo necessario alla costituzione della rendita, e

ripetere poi la somma corrispondente dal datore di lavoro.

Il lavoratore, per ottenere dall'Inps la costituzione della rendita nel caso di

omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro,

deve provare per iscritto la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; ne

consegue che è insufficiente, ai fini suddetti, la prova scritta di un rapporto

di altra natura, così come la prova scritta dello svolgimento di lavoro

subordinato in epoca successiva a quella per cui si lamenta l'omissione

contributiva.”

Cassazione civile sez. lav. 11 luglio 2005 n. 14504, in Foro it. 2005, I,2310:

“ai fini della costituzione di una rendita vitalizia che, ai sensi dell'art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338, tenga luogo della pensione (o della quota di essa)

corrispondente ai contributi il cui versamento, omesso dal datore di lavoro,

non sia più possibile per intervenuta prescrizione, i mezzi di prova orali

ammissibili, sulla durata del rapporto e l'ammontare della retribuzione, non

possono eludere la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di

lavoro (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva

ravvisato la sussistenza della prova scritta nelle buste paga relative a periodo

incontroverso e successivo a quello di omissione contributiva, desumendo da

prova orale una decorrenza del rapporto pregressa rispetto a quella

documentata).”

Cassazione civile sez. lav. 05 novembre 2003 n. 16637, in Giust. civ. Mass.

2003, 11: “nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di

lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13

della legge n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei contributi

previdenziali non versati, l'onere probatorio relativo all'esistenza del

rapporto di lavoro subordinato (a differenza di quello riguardante la durata e

l'ammontare della retribuzione, a seguito della sentenza della Corte cost. n.

568 del 1989) può essere soddisfatto solo mediante documenti. (Nella specie

il giudice d'appello avendo accertato la sussistenza di una duplicità di

rapporti in capo al ricorrente, il primo quale collaboratore del padre e il

secondo quale titolare dell'impresa agricola, aveva escluso la prova

testimoniale volta a dimostrare che nella titolarità dell'azienda vi era stata

una mera modifica soggettiva con successione dal padre al fratello del

ricorrente. La S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha rilevato che la

prova testimoniale avrebbe inammissibilmente investito il contenuto e la

diversa natura del rapporto diversamente emergenti dal dato documentale).”

Cassazione civile sez. lav. 02 marzo 2001 n. 3085, in Giust. civ. Mass.

2001, 389: “ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338 (nel

testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità

costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai fini

della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in ipotesi di

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prova diversi da quella scritta non può essere volto all’accertamento

che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulti dalla

documentazione allegata121

, anche se questo non implica che il

documento debba essere stato necessariamente formato nel corso del

rapporto di lavoro o al termine di esso122

. La facoltà concessa al

omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei

medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in ordine all'esistenza del

rapporto di lavoro subordinato nel periodo di omissione contributiva,

essendo consentito provare con altri mezzi, anche orali, soltanto la durata del

detto rapporto e l'ammontare della retribuzione.”

121 Cassazione civile sez. lav. 19 maggio 2005 n. 10577, in Giust. civ. Mass.

2005, 5: “in caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte

del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità

della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia (prevista

dall'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338), è relativa solo

all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione temporale di esso e

l'importo delle retribuzioni possono essere provati con altri mezzi istruttori,

anche orali. è tuttavia escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare

che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai

versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data

della costituzione del rapporto di lavoro.”

122 Cassazione civile sez. lav. 27 agosto 2003 n. 12552, in Giust. civ. Mass.

2003, 7-8: “ai fini della costituzione della rendita prevista dall'art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338 nel testo risultante a seguito della dichiarazione di

parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n.

568 del 1989, la necessità della prova scritta di data certa (comprovabile a

norma dell'art. 2704, comma 3, c.c.) relativa all'esistenza del rapporto di

lavoro subordinato non implica che il documento debba esser stato formato

nel corso del rapporto di lavoro o al termine di esso, giacché la finalità della

data certa non è quella di dare certezza temporale ai fatti oggetto della

dichiarazione, ma di rendere riferibile con sicurezza la dichiarazione a chi ne

risulta autore e di fissare il momento temporale della stessa. (Nella specie la

S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la richiesta di prova

testimoniale articolata dal lavoratore per dimostrare la data di rilascio di una

dichiarazione del datore di lavoro).”

Cassazione civile sez. lav. 04 novembre 1997 n. 10824, in Giust. civ. Mass.

1997, 2075: “nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex

datore di lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi

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lavoratore di sostituirsi al datore di lavoro nella costituzione della

rendita vitalizia, salva la possibilità di recuperare nei suoi confronti la

somma equivalente alla riserva matematica versata, è subordinata agli

stessi requisiti, a cui è però da aggiungere la rigorosa prova della

dell'art. 13 della l. n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei

contributi previdenziali non versati, anche il datore di lavoro ha

legittimazione ed interesse a far valere la mancanza della necessaria prova

scritta del rapporto di lavoro, stante la possibile diversità dell'onere

economico su lui gravante a seguito di costituzione della rendita rispetto a

quello di una diversa forma di risarcimento. (Sulla base del riportato

principio la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice d'appello, pur

ribadendo l'accertamento della natura subordinata del rapporto inter partes,

aveva rigettato, a seguito di appello del solo datore di lavoro, la domanda di

costituzione della rendita vitalizia per difetto di prova documentale del

rapporto di lavoro).”

Cassazione civile sez. lav. 28 marzo 2003

n. 4779 in Giust. civ. Mass. 2003, 654: “ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5,

legge n. 1338 del 1962 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di

parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n.

568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso

articolo, in ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di

avvenuta prescrizione dei medesimi, l'esistenza del rapporto di lavoro nel

periodo di omissione contributiva deve essere dimostrata mediante prova

scritta, avente data certa ex art. 2704, c.c., essendo invece consentito provare

anche con altri mezzi, la durata del detto rapporto e l'ammontare della

retribuzione. L'esistenza del rapporto di lavoro può inoltre essere provata

anche con atto pubblico proveniente dall'autorità amministrativa o da

pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, che attesti detto

elemento in quanto a sua diretta conoscenza o perché risultante da atti di

ufficio, ma non può essere provata mediante una certificazione rilasciata dal

sindaco, attestante che il richiedente ha svolto una attività di lavoro

subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro privato, dato che nessuna

norma attribuisce al sindaco il potere di certificazione in ordine all'esistenza

di rapporti di lavoro nell'ambito del territorio comunale. (Nella specie, la

certificazione rilasciata dal sindaco conteneva una mera rappresentazione di

fatti e circostanze accertati a distanza di tempo mediante assunzione di

sommarie informazioni).”

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121

impossibilità di ottenere la rendita da parte del datore di lavoro123

. È

infatti inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore

123 Cassazione civile sez. lav. 21 luglio 2005 n. 15304, in Giust. civ. Mass.

2005, 6: “il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la

costituzione della rendita a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962,

può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento

del danno, a condizione che fornisca all'Inps le prove del rapporto di lavoro e

della retribuzione percepita; ne consegue che è inammissibile la domanda

proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione

del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita

vitalizia, ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di

ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata

la q.l.c. della norma, in quanto essa non crea un trattamento deteriore per il

lavoratore ma al contrario costituisce una norma di favore, i cui limiti

trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà di

attivarsi direttamente presso l'Inps, e nel necessario contemperamento tra

l'interesse del lavoratore a non rimanere privo di tutela previdenziale e

l'esigenza di contrastare il rischio di posizioni lavorative fittizie.

È inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei

confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di ottenere la

costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.

1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova dell'impossibilità di ottenere

la rendita dallo stesso datore di lavoro.

È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338,

interpretato nel senso che la preventiva richiesta al datore di lavoro di

costituzione della rendita vitalizia configuri una condizione di ammissibilità

della domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in

riferimento agli art. 3, 24 e 38, comma 2, cost.”

In ordine al contenuto della prova:

Cassazione civile sez. lav. 25 maggio 2004 n. 10057, in Giust. civ. Mass.

2004, 5: “ a norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è

inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti

dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la

costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o alla quota di

pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non più versabili per

intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia dato la prova della

impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro.”

Cassazione civile sez. lav. 15 maggio 2004 n. 9305, in Giust. civ. Mass.

2004, 5: “Ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, perché il

lavoratore, sia esso lavoratore dipendente o coadiuvante nell'impresa

agricola, sia legittimato a proporre la domanda nei confronti dell'Inps per

costituirsi la rendita sostitutiva prevista per il caso di mancata ottemperanza

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122

nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di

ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova

dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro 124

.

Nella giurisprudenza recente in materia orientamenti contrastanti si

registrano sulla prescrittibilità del diritto alla costituzione della rendita

vitalizia.

Un primo orientamento inquadra l’istituto in esame come una facoltà

riconducibile alla categoria dei diritti potestativi, in quanto tale

imprescrittibile125

. Altra giurisprudenza ritiene invece che il diritto

all'obbligo contributivo deve dimostrare l'impossibilità di ottenere la

costituzione della rendita da parte del datore di lavoro. (Nella specie, la S.C.

ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale

principio, negando il diritto del ricorrente ad ottenere la costituzione della

rendita da parte dell'Inps, non avendo egli documentato neppure di aver

richiesto la costituzione della rendita al datore di lavoro, ed essendosi

limitato ad addurre la difficoltà di ottenere la costituzione della rendita,

facendo parte il datore di lavoro del suo stesso nucleo familiare).”

124

Requisito che non è stato riconosciuto nell’avvenuto decesso del datore di

lavoro e nel lungo tempo trascorso Cassazione civile sez. lav. 20 dicembre

2004 n. 23584, in Giust. civ. Mass. 2004, 12: “Il lavoratore che,

sostituendosi al datore di lavoro, intenda egli stesso provvedere al

versamento della riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia

(per periodi non coperti da contribuzione ormai prescritta) e che, pertanto,

agisca direttamente nei confronti dell'Inps, deve allegare e comprovare che

non ha potuto far valere questa pretesa nei confronti del datore di lavoro.

(Nella specie la impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte

del datore di lavoro erroneamente era stata individuata dai giudici di merito

nell'avvenuto decesso del datore stesso e nel lungo periodo di tempo

trascorso, circostanze, entrambe, che non integravano il requisito in esame).”

125

Cassazione civile sez. lav. 19 maggio 2003 n. 7853 in Giust. civ. Mass.

2003, 5: “nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i

superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l.

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123

alla costituzione della rendita sia un rimedio reintegrativo e

risarcitorio rispetto al diritto indisponibile all’adempimento degli

obblighi assicurativi, e quindi resta soggetto alla prescrizione

decennale di cui all’art. 2946 c. c., che decorre dalla data di

prescrizione del credito contributivo dell’ente126

.

12 agosto 1962 n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente dal

momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non versati, la

facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì escludersi che la

prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui, in caso di regolare

versamento dei contributi, sarebbe maturato il diritto alla pensione, oppure

dal momento in cui, in base ai contributi già versati, il soggetto abbia

conseguito la pensione, atteso che il citato art. 13 è chiaro nel non attribuire

a tali eventi incidenza preclusiva della facoltà di costituire, con effetti "ex

novo", la rendita vitalizia.”

126 Cassazione civile sez. lav. 13 marzo 2003 n. 3756, in Giust. civ. Mass.

2003, 520: “il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di

lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n.

1338, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei

contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, che

decorre dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps, senza che

rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione

contributiva.”

Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass.

1999, 2642: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del

datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di

rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della

relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato,

compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita

(totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione

risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non

sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la

costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della

perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del

lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di

quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale

decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo

dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal

lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della

prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la

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124

b) IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE DEL DANNO

PENSIONISTICO.

In tema di omissione contributiva, le due azioni previste

rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la

costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante

circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento

alla riserva matematica "ex" art. 13 cit.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione

per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di

lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la

restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la

costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita

totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del

danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data

di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.

Cassazione civile sez. lav. 02 novembre 1998 n. 10945, in Giust. civ. Mass.

1998, 2239: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del

lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor

prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al

risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione

contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore

dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n.

1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione

del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal

giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può

essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore

può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui

quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica,

mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento

per effetto all'omissione suddetta.”

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125

versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c.

(per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non

già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si

fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del

datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore

in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati 127

.

Evidenti le diversità tra i due rimedi, sia riguardo ai presupposti che

all’oggetto, perché l’azione di costituzione della rendita vitalizia è

volta ad ottenere il versamento della riserva all’Inps, e deve quindi

essere svolta in contraddittorio necessario con l’ente previdenziale128

,

127

Cassazione civile sez. lav. 13 giugno 1990 n. 5742, in Giust. civ. Mass.

1990, fasc. 6: “in tema di omissione contributiva, le due azioni previste

rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la costituzione

presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante versamento della riserva

matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c. (per il risarcimento del danno a

carico del datore di lavoro) sono non già connesse e indipendenti bensì del

tutto autonome, anche se si fondano sul presupposto comune dell'omissione

contributiva del datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal

lavoratore in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati.”

128

Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989 n. 379, in Giust. civ. Mass.

1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656: “il lavoratore ha un vero e

proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali

in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria

posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di

tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato;

consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi

(situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto

su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso

lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto

giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla

regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente

previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i

contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962

n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il

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mentre l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116 Cod. Civ. postula sia

l’inadempienza contributiva che la perdita della prestazione

assicurativa, e non prevede la partecipazione al giudizio dell’ente129

.

suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una

rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione

corrispondente ai contributi omessi.”

129 Cassazione civile sez. lav. 22 novembre 1999 n. 12946, in Giust. civ.

Mass. 1999, 2325: “ove il lavoratore, che lamenti il mancato versamento dei

contributi previdenziali, agisca nei confronti del datore di lavoro

chiedendone la condanna al pagamento di un importo pari alla riserva

matematica necessaria per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13

della l. n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è pur sempre quella di

risarcimento del danno di cui all'art. 2126 c.c. e quindi non occorre

l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inps, che è invece

necessaria ove l'azione esercitata sia quella prevista dal richiamato art. 13,

ossia la costituzione preso l'Inps di una rendita vitalizia mediante versamento

della corrispondente riserva matematica.”

Cassazione civile sez. lav. 01 ottobre 1985 n. 4733, in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 10: “sussiste il vizio di extrapetizione, ove, proposta dal

ricorrente la domanda di risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c.

per l'omesso versamento di contributi ormai prescritti, il giudice condanni il

datore di lavoro al versamento all'INPS di una somma capitale per la

costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, anche

se dal ricorrente venga fatto richiamo al disposto di tale norma al fine di

indicare un criterio per la quantificazione del danno di cui pretende il

risarcimento.

Il lavoratore - il quale agisca in giudizio chiedendo l'accertamento

dell'omissione del versamento da parte del datore di lavoro dei contributi

previdenziali e assicurativi, ormai prescritti, e la conseguente condanna di

quest'ultimo al risarcimento del danno - non ha interesse all'impugnazione,

in via adesiva a quella proposta dell'INPS per extra-petizione, della sentenza

con cui il datore di lavoro sia stato condannato alla costituzione presso

l'INPS della riserva matematica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962,

giacché in tal modo viene integralmente ricostituita la posizione assicurativa

del lavoratore ed emendato il danno patito, senza che possa rilevare

l'eventuale insufficienza del versamento, comportando ciò la mancanza del

presupposto della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale

spettante all'assicurato (o ai suoi superstiti), indispensabile a far sorgere

l'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2116, comma 2, c.c..”

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Diversamente dall’azione per la costituzione della rendita vitalizia,

sottoposta al rigoroso onere della prova documentale della esistenza

del rapporto di lavoro, per l’azione di risarcimento del danno - che

può essere radicata anche nel caso in cui il lavoratore abbia

personalmente provveduto al versamento della riserva matematica, ma

non sia più esercitabile l’azione restitutoria per intervenuta

prescrizione della relativa azione130

- non sono previste restrizioni

Cassazione civile sez. lav. 10 giugno 1992 n. 7104, in Giust. civ. Mass.

1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992, 1304: “in relazione al disposto di

cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della

prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria (il cui decorso

preclude la possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione dei

contributi arretrati) si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943

c.c., posti in essere dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non

quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come

nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di

lavoro.

Cassazione civile sez. lav. 11 maggio 2000 n. 6063, in Giust. civ. Mass.

2000: “legittimamente il giudice di merito - investito della domanda di

condanna del datore di lavoro a costituire presso l'Inps, a mezzo di

versamento dell'importo da determinarsi in corso di causa, la riserva

matematica necessaria a garantire al lavoratore dipendente, all'atto del

pensionamento, una pensione uguale a quella che avrebbe percepito se

fossero stati versati i contributi obbligatori, ed esclusa l'attualità

dell'interesse in ordine alla domanda di costituzione di una rendita vitalizia,

perché non ancora maturato il diritto alla prestazione previdenziale richiesta

- emette, anche senza l'espressa richiesta della parte o l'eventuale

acquiescenza della controparte, la declaratoria del diritto dell'assicurato a

veder risarcito il danno subito in conseguenza del mancato accreditamento

dei contributi obbligatori”.

130 Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ.

Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: Ciocca), Orient. giur.

lav. 2000, I, 262: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti

del datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione

di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento

della relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato,

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probatorie, neanche quando il lavoratore, ai soli fini della

quantificazione del danno, faccia riferimento al criterio previsto dal

citato art. 13 per il risarcimento in forma specifica131

. La

compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita

(totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione

risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non

sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la

costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della

perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del

lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di

quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale

decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo

dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal

lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della

prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la

circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento

alla riserva matematica "ex" art. 13 cit.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione

per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di

lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la

restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la

costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita

totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del

danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data

di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.”

131 Cassazione civile sez. lav. 07 giugno 2003 n. 9168, in Giust. civ. Mass.

2003, 6: “in caso di omissione contributiva, qualora il lavoratore chieda la

condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 e, ai soli fini della

quantificazione, faccia riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto

1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante

costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto

all'omissione suddetta, è irrilevante l'indagine in ordine alla sussistenza delle

particolari condizioni richieste da quest'ultima disposizione.”

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129

responsabilità del datore di lavoro 132

, ha natura contrattuale, perché

deriva dalla violazione di una specifica obbligazione imposta dalla

legge, e dà così luogo - anche ai fini della competenza territoriale - ad

una controversia di lavoro, e non previdenziale133

, per la quale

l’interesse ad agire sussiste al momento della prescrizione dei

contributi, indipendentemente dal verificarsi degli eventi che

condizionano l’erogazione della prestazione previdenziale, potendo il

lavoratore avvalersi della domanda di condanna generica volta ad

132 Cassazione civile sez. lav. 29 maggio 1991 n. 6092, in Giust. civ. Mass.

1991, fasc. 5, Informazione previd. 1991, 1087: “ai fini del risarcimento del

danno da omissione contributiva ex art. 2116 c.c. l'inerzia dell'assicurato che

non abbia provveduto per lungo tempo a chiedere all'istituto previdenziale il

controllo sulla propria posizione assicurativa non può essere valutata come

fatto colposo del creditore, tale da determinare la diminuzione del

risarcimento stesso ai sensi dell'art. 1227 comma 2 c.c., in quanto non

sussiste in proposito alcun dovere di attività del lavoratore subordinato, e il

principio posto da detta norma non richiede da parte del creditore o

danneggiato un'attività più onerosa di quel che comporta l'uso di una

ordinaria diligenza.”

133 Cassazione civile sez. lav. 28 novembre 1994 n. 10121, in Giust. civ.

Mass. 1994, fasc. 11: “la responsabilità dell'imprenditore, ai sensi dell'art.

2116 c.c., per il danno cagionato al lavoratore rimasto privo della

prestazione a causa della mancata o irregolare contribuzione, è fondata

sull'inadempienza di un'obbligazione imposta ex legge al datore di lavoro, e

pertanto la relativa azione ha natura contrattuale e dà luogo ad una

controversia di lavoro, e non già previdenziale, con la conseguenza che, ai

fini della determinazione della competenza territoriale, sono applicabili i

parametri previsti dall'art. 413 c.p.c. e non quelli di cui all'art. 444 dello

stesso codice.

Le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur

prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del

convincimento del giudice, specialmente nelle controversie di lavoro, nelle

quali il suddetto interrogatorio è previsto e regolato come un atto istruttorio

obbligatorio per il giudice di primo grado.”

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130

accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare

danno, salva poi la facoltà di esperire l’azione risarcitoria al momento

del prodursi dell’evento dannoso134

. Ai sensi dell’art. 2115, comma

134

Cassazione civile sez. lav.26 maggio 1995, in Giust. civ. Mass. 1995,

1078: “Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al

risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto

dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della perdita

della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il diritto del

lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale momento decorre

la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della

sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del

verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al

risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione

contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento

del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo

comma, cod. civ., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della legge

12 agosto 1962 n. 1338.”

Principio costante:

Cassazione civile sez. lav. 13 febbraio 1982 n. 924, in Giust. civ. Mass.

1982, fasc. 2: “al fine di elidere il pericolo del danno futuro della perdita

totale o parziale della pensione, è concessa al lavoratore azione giudiziaria

per la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi assicurativi

non versati e non prescritti, mentre, per quelli omessi e prescritti, al

lavoratore medesimo spetta, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962

e prima che si sia concluso il complesso rapporto giuridico previdenziale,

soltanto l'azione (estranea alla fattispecie risarcitoria ex art. 2116 c.c.) per la

costituzione coattiva di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o

quota di pensione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in

relazione ai contributi omessi.

Cassazione civile sez. lav. 02 novembre 1998 n. 10945, in Giust. civ. Mass.

1998, 2239: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del

lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor

prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al

risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione

contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore

dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n.

1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione

del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal

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131

terzo, Cod. Civ., i patti diretti ad eludere gli obblighi previdenziali

sono nulli, ma secondo un consolidato orientamento la nullità in

esame non si estende alle transazioni sul danno subito dal lavoratore

giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può

essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto

passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore

può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui

quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica,

mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento

per effetto all'omissione suddetta.”

Cassazione civile sez. lav. 20 marzo 2001 n. 3963, in Giust. civ. Mass. 2001,

528: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad

agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima del

verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il relativo

diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza

dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare oggetto

di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a favore del

lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di lavoro.”

Cassazione civile sez. lav. 03 dicembre 2004 n. 22751, in Giust. civ. Mass.

2005, 1: “nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al

risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un

pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della

sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del

verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al

risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione

contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento

del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2,

c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n.

1338.”

Cassazione civile sez. lav. 25 febbraio 2005, n. 4004, in Dir. sicurezza

sociale 2005, 626 (nota di: Mastinu): “in caso di omissione contributiva, il

lavoratore ha autonoma azione per ottenere la condanna del datore di lavoro

al versamento dei contributi previdenziali non ancora prescritti.”

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132

per l’irregolare versamento dei contributi stessi 135

, che tuttavia sono

radicalmente nulle se compiute prima del verificarsi del danno, che

135

Cassazione civile sez. lav.07 agosto 2004 n. 15308, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “il disposto dell'art. 2115, comma 3, c.c. - che stabilisce la nullità

di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o

all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere

non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all'Inps i

contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare

versamento dei contributi stessi.”

Cassazione civile sez. lav. 21 novembre 1984 n. 5977, in Giust. civ. Mass.

1984, fasc. 11: “il disposto dell'art. 2115 comma 3 c.c. - che stabilisce la

nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla

previdenza o all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso

transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere

all'INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per

l'irregolare versamento dei contributi stessi.

Poiché la legge conferisce sia ai funzionari dell'INPS sia all'ispettorato del

lavoro poteri d'ispezione per il controllo della esattezza delle denunce dei

datori di lavoro ai fini del versamento dei contributi, l'omissione o

l'incompletezza delle denunce stesse non impedisce all'INPS di avere

cognizione del proprio credito e di esercitarlo tempestivamente, con

conseguente inapplicabilità dell'art. 2941 n. 8 c.c. (in tema di sospensione

della prescrizione), salvo che siano stati posti in essere altri atti di natura

fraudolenta tali da precludere in modo assoluto la possibilità di far valere il

diritto.”

Cassazione civile sez. lav. 05 dicembre 1985 n. 6111, in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 12: “ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro

lamentando il mancato versamento dei contributi previdenziali ed

assistenziali e chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento di un

importo pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita

vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è quella di

risarcimento del danno prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c. e quindi non

occorre integrare il contraddittorio nei confronti dell'ente previdenziale.

Non costituisce un patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla

previdenza o all'assistenza - e pertanto non è affetto da nullità ex art. 2115

c.c. - l'accordo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore dopo la

cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione della misura

del risarcimento del danno spettante a quest'ultimo ex art. 2116 comma 2 c.c.

per l'omissione contributiva del primo.”

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133

viene in essere con la maturazione del diritto a pensione136

. La

prescrizione dell’azione è decennale, ma la giurisprudenza è instabile

in ordine alla individuazione del dies a quo per il computo del

termine, che secondo la tesi prevalente, deve essere identificato con la

perdita, totale o parziale, del trattamento previdenziale137

, ma che

136 In questi termini, Cassazione civile sez. lav. 25 ottobre 2004 n. 20686, in

Riv. giur. lav. 2005, II, 357: “riguardo al mancato versamento dei contributi,

a carico del prestatore di lavoro si vengono a integrare due tipi di danno: uno

è dato dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale, e si

verifica nel momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile; l'altro

è dato dalla necessità di costituire la provvista necessaria a ottenere un

beneficio economico, sostitutivo della pensione, tramite il versamento di

quanto occorre per costituire la rendita di cui all'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.

1338, e si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che avrebbe potuto

versare i contributi in ogni momento successivo alla loro scadenza sino al

termine di prescrizione, non può più versarli in quanto prescritti. Nel caso di

omissione contributiva non è ammissibile neppure in sede di conciliazione

(ed è quindi affetta da una nullità radicale diversa dalla mera annullabilità ex

art. 2113 c.c.) una rinuncia del lavoratore al risarcimento dei danno da

omissione contributiva compiuta prima della maturazione del diritto a

pensione e quindi della verificazione del danno.”

Cassazione civile sez. lav. 20 marzo 2001 n. 3963 Giust. civ. Mass. 2001,

528, Notiziario giur. lav. 2001, 512: “nel caso di omissione contributiva

sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ("ex"

art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti

l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di

condanna generica; il relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed

in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di

formare oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati

a favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di

lavoro.”

137 Cassazione civile sez. lav. 15 giugno 2007 n. 13997, in Giust. civ. Mass.

2007, 6: “la responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore

a causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un'ipotesi di

responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica ed

indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò che il

termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello decennale,

di cui all'art. 2946 c.c., il cui "dies a quo" può variare a seconda dell'interesse

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134

che si intende tutelare con la proposizione della domanda di risarcimento,

posto che l'interesse ad agire del lavoratore sorge ancor prima del verificarsi

degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali,

eventualmente avvalendosi dell'azione di condanna generica al risarcimento.

Tuttavia, allorquando l'azione sia diretta all'ottenimento del risarcimento del

danno per l'avvenuta perdita della pensione (come nella specie, conseguibile

presso la gestione Inps mediante il trasferimento dei contributi c.p.del, ove

versati tempestivamente dal Comune), il termine di prescrizione decorre dal

momento in cui il lavoratore, raggiunta l'età pensionabile e concorrendo ogni

altro requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa

dell'omissione contributiva.”

Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è

configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue

che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio

necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il

lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore

di lavoro.

Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro

e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente

assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso

dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,

consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio

sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di

questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del

diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”

Cassazione civile sez. lav. 26 agosto 2003 n. 12517, in Giust. civ. Mass.

2003, 7-8: “il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare

contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il duplice

presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita totale o parziale

della prestazione previdenziale, con la conseguenza che solo da tale

momento decorre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c.,

sia che si tratti di lavoratore subordinato sia che, come nel caso di specie, si

tratti di lavoratore autonomo o parasubordinato. (In applicazione di tale

principio di diritto la S.C. ha confermato la sentenza di merito, evidenziando

il parallelismo tra la situazione del lavoratore dipendente, il cui datore di

lavoro abbia omesso di ottemperare all'obbligo contributivo e il

professionista - medico specialista convenzionato presso una Usl - rispetto al

quale il committente Usl aveva l'obbligo di versare i contributi all'ente

previdenziale competente).”

Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass.

1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: G.Ciocca), Orient. giur. lav.

2000, I, 262: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del

datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di

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135

orientamenti diversi fanno risalire alla data del provvedimento con il

rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della

relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato,

compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita

(totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione

risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non

sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la

costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della

perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del

lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di

quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale

decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo

dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal

lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della

prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la

circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento

alla riserva matematica "ex" art. 13 cit.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione

per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di

lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la

restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la

costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita

totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del

danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data

di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.”

Cassazione civile sez. lav. 15 aprile 1999 n. 3773, in Mass. giur. lav. 1999,

675 (nota di: Dondi), Orient. giur. lav. 1999, I, 498:”il diritto del lavoratore

al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione assicurativa

di cui all'art. 2116 comma 2 c.c. - risarcimento conseguibile anche attraverso

il recupero della somma occorsa per la costituzione di rendita vitalizia a

norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - sorge solo nel momento in cui si

verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di

lavoro e della perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od

assistenziale, con la conseguenza che da tale momento, e non da quello in

cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne sia maturata la

prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro, decorre la prescrizione di tale

diritto (salva la possibilità del lavoratore di proporre anche prima della

virtuale maturazione del diritto alla prestazione previdenziale una mera

domanda di mero accertamento della astratta possibilità dannosa

dell'omissione contributiva).”

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136

quale l'istituto previdenziale abbia negato, in tutto o in parte, la

prestazione assicurativa138

, o al momento in cui si verifica la

prescrizione dei contributi139

.

138 Cassazione civile sez. lav. 04 giugno 1988 n. 3790, in Giust. civ. Mass.

1988, fasc.6, Mass. giur. lav. 1988, 847 (nota): “il diritto del lavoratore al

risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2116, comma 2, c.c., per omessa o

irregolare contribuzione assicurativa sorge non nel momento in cui i

contributi assicurativi omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto

essere versati o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, nè in quello in

cui sia maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento

in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie risarcitoria

di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento contributivo del datore di

lavoro, divenuto irreversibile, e, con l'avveramento dell'evento protetto

dall'assicurazione (età pensionabile o invalidità), la perdita, totale o parziale,

della prestazione previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto

inizia a decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato,

l'istituto previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto

o in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale), avente

natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata dal detto

provvedimento.”

139

Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “ tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è

configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue

che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio

necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il

lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore

di lavoro.

Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro

e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente

assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso

dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,

consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio

sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di

questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del

diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”

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137

CAPITOLO V

GLI ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE DEI

CREDITI CONTRIBUTIVI. FATTISPECIE PARTICOLARI.

5.1 VERBALI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO

Se per la disciplina degli atti interruttivi della prescrizione dei crediti

contributivi può richiamarsi quella generale prevista in tema di

prescrizione dagli artt. 2943-2945 c.c., di particolare rilevanza è la

questione della valenza o meno di alcuni atti ad interrompere la

prescrizione.

Quello dei verbali dell’ Ispettorato del lavoro è uno dei punti

maggiormente delicati della materia. L’INPS, infatti con la circolare

262/95 del 13 ottobre 1995 140

, emanata a chiarimento delle

140 Circolare INPS n° 262 del 13 ottobre 1995. OGGETTO: Nuovi termini

prescrizionali della contribuzione previdenziale e assistenziale. Legge

08/08/1995 n.335 (Art. 3, c. 9-10). “ Si fa seguito al messaggio n.21297 del

28/08/95 con il quale e' stata data notizia dell'avvenuta pubblicazione della

legge indicata in oggetto e, a scioglimento della riserva ivi formulata, si

forniscono i seguenti chiarimenti sia in ordine alla corretta interpretazione

della disposizione di legge in parola sia per quanto riguarda gli adempimenti

da porre in essere nell'operazione di interruzione dei termini prescrizionali

già avviata dalle Sedi a seguito delle istruzioni impartite con messaggio

n.18344 del 29/07/95. 1. Istruzioni di carattere normativo.1.1. Nuovi termini

di prescrizione. Come e' noto, i nuovi termine di prescrizione previsti dal

comma 9 dell'art.3 della legge n.335/95 sono: a) per le contribuzioni di

pertinenza del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e delle altre gestioni

pensionistiche obbligatorie, e per il contributo di solidarietà (Art.9-bis

,comma 2,del d.l.293/91, n.103,convertito nella legge 01/06/91, n.166), di 10

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anni; il termine suddetto e' peraltro ridotto a 5 anni a decorrere dal

01/01/1996. La prescrizione resta tuttavia, anche dopo la suddetta data

decennale nell'ipotesi in cui sia il lavoratore od i suoi superstiti a denunciare

la mancata assicurazione da parte del datore di lavoro;

b) per le altre contribuzioni obbligatorie di previdenza e assistenza, di 5 anni.

Al riguardo, si ritiene opportuno precisare che, per contribuzione di

pertinenza del F.P.L.D. e delle altre gestioni obbligatorie, si deve intendere

quella destinata alle assicurazioni Invalidità Vecchiaia e Superstiti, compresa

ovviamente la contribuzione aggiuntiva prevista dall'art.3 della legge

n.297/82; deve, pertanto ritenersi esclusa ogni altra aliquota di contribuzione

relativa a gestioni non di pertinenza dei predetti fondi. A miglior chiarimento

si ricorda che sono escluse le seguenti contribuzioni: contribuzione per

l'assistenza malattia pensionati(L.934/66); contribuzione per gli Asili nido

(L.1044/71); contribuzione per la tubercolosi; contribuzione ex ENAOLI;-

contributo per il fondo di garanzia (L.297/82); contributo per la

disoccupazione; contribuzione per la Cassa Assegni Familiari (già

quinquennale); contribuzione per la Cassa Integrazione Guadagni;

contribuzione GESCAL; contribuzione indennità economica di malattia ;

contribuzione indennità economica di maternità; contribuzione per il

Servizio Sanitario Nazionale. 1.2. Versamento di contribuzione prescritta.

Per esplicito dettato della norma in esame (art. 3 ,comma 9, della legge

335/95), la contribuzione caduta in prescrizione non può essere versata.

L'Istituto, quindi, non può accettare il versamento di tale contribuzione

prescritta ma anzi, qualora questo venga comunque effettuato, deve

provvedere d'ufficio al suo rimborso. Come si vede si tratta di una

prescrizione particolare alla quale, a differenza delle altre, non può

rinunciare neppure chi ne e' beneficiario. A differenza di quanto avveniva in

passato, la disposizione in esame ha esteso il criterio, già valido per le

assicurazioni IVS,DS e TBC, a tutte le forme di contribuzione. 1.3. Efficacia

della disposizione. 1.3.1. I nuovi termini di prescrizione si applicano a

decorrere dal 17/08/1995 data di entrata in vigore della legge n. 335/95. Il

comma 10 dell'art.3 della legge in esame specifica poi che i nuovi termini si

applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti il 17/08/95.

Dal combinato disposto delle suddette disposizioni si deve ritenere che i

nuovi termini si applicano alle prescrizioni in corso alla data del 17/08/95;

quindi,- per quanto riguarda la contribuzione dovuta alle gestioni

pensionistiche obbligatorie, (il cui nuovo termine di prescrizione , come

sopra specificato e' decennale sino alla data del 31/12/1995 e quinquennale a

decorrere dal 1/1/96), l'atto interruttivo della prescrizione posto in essere

dopo l'entrata in vigore della legge in esame e sino al 31 /12/95 interromperà

la prescrizione dei contributi relativi ai 10 anni precedenti; l'atto interruttivo

posto in essere a decorrere dal 1/1/1996 interromperà la prescrizione dei

contributi relativi a periodi contributivi anteriori di cinque anni. In merito si

ritiene opportuno richiamare l'attenzione delle Sedi, considerato che la data

in cui si considera effettuato un atto interruttivo e', come noto, quella di

recezione della raccomandata da parte del debitore, dell'importanza che gli

atti interrutivi posti in essere prima del 31.12.95 siano ricevuti dal debitore

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entro tale data, come meglio precisato nel successivo paragrafo 2.2. In ogni

caso il nuovo termine di prescrizione che decorrerà dopo l'atto interruttivo

sarà quinquennale in ambedue i casi. A quest'ultimo riguardo, la

disposizione di legge in esame precisa che il termine prescrizionale resta

decennale anche dopo il 1/1/1996 qualora l'azione di recupero dei contributi

omessi sia iniziata a seguito di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.

La denuncia può riguardare sia la mancata assicurazione da parte del datore

di lavoro, sia il mancato versamento dei contributi dovuti. Tale particolare

termine prescrizionale peraltro deve intendersi limitato solo alla

contribuzione relativa al lavoratore denunciante e non può essere estesa ad

altri eventuali lavoratori interessati nei cui confronti persista una analoga

omissione contributiva. La denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti deve

essere presentata ad una autorità competente, Istituto assicuratore,

Ispettorato del Lavoro, Autorità Giudiziaria. E' appena il caso di sottolineare

la necessità per l'Istituto di porre in essere, non appena venuto a conoscenza

della denuncia del lavoratore, gli atti interruttivi della prescrizione nei

confronti del datore di lavoro inadempiente. - Per quanto riguarda la

contribuzione non di pertinenza delle gestioni pensionistiche l'atto

interruttivo posto in essere dopo il 16/08/95 e cioè dopo l'entrata in vigore

della legge, interromperà i termini relativi ai periodi contributivi anteriori di

cinque anni. 1.3.2. La disposizione di legge in questione fa tuttavia una

eccezione alla sopra esposta regolamentazione nei casi in cui, prima

dell'entrata in vigore della legge 335/ 95, siano stati posti in essere degli atti

interruttivi della prescrizione ovvero siano iniziate delle procedure di

recupero del credito nel rispetto della normative precedenti. Nei suddetti casi

il termine di prescrizione che inizia a decorrere dal compimento dell'atto

interruttivo e' quello stabilito dalla normativa precedente l'entrata in vigore

della legge n.335/95. Pertanto, per quanto riguarda gli atti interruttivi posti in

essere (vedi messaggio n.18344 del 29/07/95) sino al 16/08/95 il nuovo

termine di prescrizione che decorrerà dall'atto sarà decennale o quinquennale

a secondo di quanto previsto dalle precedenti disposizioni , salvo la

sospensiva di cui al punto 1.3.3. Le stesse conseguenze si verificano quando

siano state iniziate delle procedure di recupero del credito sia in sede

giudiziaria che amministrativa. Si ritiene infatti che anche l'instaurazione di

una procedura amministrativa per il recupero dei contributi dovuti (partite

trasmesse all'Ufficio legale di cui sia stata data notizia ai debitori interessati,

partite incluse nei ruoli esattoriali ecc.), possa essere considerata un valido

atto interruttivo, sempre che risulti manifesta al debitore l'inequivocabile

volontà del titolare del credito a far valere il proprio diritto. Anche i processi

verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle omissioni

contributive indicate nei verbali stessi, devono ritenersi inizio di una

procedura per il recupero del credito; pertanto non e' necessario, ai fini

interruttivi della contribuzione dovuta all'INPS, che sia l'Istituto quale ente

creditore a porre in essere la richiesta di pagamento. Si ritiene tuttavia

opportuno, qualora le copie dei suddetti verbali vengano trasmesse con

ritardo, che le Sedi prendano contatto con i locali Ispettorati del Lavoro al

fine di pervenire, anche nei casi di specie, ad un tempestivo inizio dell'azione

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di recupero dei crediti contributivi. 1.3.3. La disposizione di legge in esame

precisa infine che, ai fini del computo dei termini prescrizionali, non si deve

tener conto della sospensiva prevista dall'art 2, comma 19, del decreto Legge

12/09/1983 n.463, convertito, con modificazioni nella legge 11/11/1983

n.638 a meno che non siano stati compiuti atti interruttivi di cui al

precedente punto. In questo caso, infatti, nella determinazione della

prescrizione si dovrà tener conto della sospensiva dei termini prescrizionali

stabilita dal richiamato art. 2,comma 19,della richiamata L.638/83.Non

sussiste - in conformità anche del parere dell'Avvocatura centrale - tale

sospensiva per le interruzioni poste in essere nel periodo 16/8/95-31.12.95

per cui gli atti interruttivi esecutati in tale periodo relativi ai soli fini della

contribuzione IVS hanno efficacia decennale. 1.4. Diritto alla fiscalizzazione

e allo sgravio degli oneri sociali. Applicabilità dei nuovi termini di

prescrizione. Le somme indebitamente fruite a titolo di sgravio o

fiscalizzazione, risolvendosi la fattispecie, in ultima analisi, in una omissione

contributiva, si prescrivono nello stesso termine stabilito per i contributi

oggetto dei benefici stessi. In conseguenza di quanto sopra precisato i nuovi

termini di prescrizione della contribuzione fissati dalla disposizione di legge

in esame, si applicano, quindi, anche allo sgravio e alla fiscalizzazione.

Nell'ipotesi, invece, di restituzione di contribuzione non dovuta in quanto

versata da ditte aventi diritto allo sgravio e alla fiscalizzazione,

configurandosi nella fattispecie ( contributi indebiti) un indebito oggettivo,

la prescrizione sarà quella ordinaria decennale (Circ.n.96 del 4.4.95). I nuovi

termini prescrizionali, come e' ovvio, non potranno quindi trovare

applicazione nel caso di specie. 2. Chiarimenti. Con precedenti messaggi (n.

18344 del 29.07.95, n. 19290 del 3.08.95, n.19576 del 04.08.95, n. 19748 del

07.08.95, n. 20343 dell'11.08.95, n. 20653 del 18.08.95) si e' sottolineata la

necessita' di porre in essere atti interruttivi della prescrizione dei contributi

dovuti all'Istituto, in vista della emanazione della legge n. 335/95, e sono

state date le necessarie istruzioni operative. Si ritiene ora opportuno, a

seguito di richieste di chiarimenti avanzate da alcune Sedi, fornire le

necessarie puntualizzazioni. 2.1. Si ritiene innanzitutto opportuno ricordare

che i criteri di interruzione dei termini prescrizionali sopra illustrati si

applicano nel presupposto che il debitore abbia messo in grado l'Istituto di

conoscere l’entità del debito contributivo. Pertanto nell'ipotesi in cui ciò non

avvenga e l'Istituto non disponga di autonomi poteri di accertamento del

debito contributivo, la prescrizione dei contributi dovuti non può,

ovviamente, decorrere. 2.2. Come noto, e come ricordato al precedente punto

1.3., gli atti interruttivi della prescrizione si intendono compiuti alla data di

ricezione da parte del debitore della lettera raccomandata a.r., o di altro atto

ritenuto equipollente dalla legge.Si intende che nel caso che la lettera non

venga recapitata per irreperibilità del destinatario dovra' provvedersi agli

accertamenti del caso e quindi procedere, eventualmente, ad una nuova

notificazione. 2.3. Nel porre in essere gli atti interruttivi della prescrizione

contributiva, si dovra', ovviamente, tener conto, come sopra precisato, dei

diversi termini di prescrizione della contribuzione ( dieci anni per i contributi

IVS sino al 31/12/1995 e cinque anni per le altre contribuzioni). Per quanto

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riguarda la contribuzione riportata nei modd. DM 10 presentati insoluti o

parzialmente insoluti, l'atto di interruzione dei termini di prescrizione della

contribuzione riguarderà, ovviamente, l'importo indicato come saldo. Va da

se', quindi, che in alcuni casi si richiederà il pagamento di contribuzione

ormai prescritta. In tale ipotesi sarà necessario, tuttavia, che, all'atto del

pagamento del debito, non venga accettato il versamento di quella

contribuzione che risulti caduta in prescrizione, tenendo peraltro presente

che le somme a credito del datore di lavoro debbono essere portate a

copertura del debito meno garantito e quindi dei contributi con prescrizione

quinquennale. Per quanto riguarda sempre i D.M. 10 presentati totalmente o

parzialmente insoluti, si ritiene opportuno precisare che la sola presentazione

del rendiconto mensile equivale ad una interruzione dei termini

prescrizionali per quanto riguarda l'ammontare dei contributi indicati nel

modello stesso. La presentazione dei modd. e' infatti un riconoscimento del

debito e quindi vale come atto che interrompe la prescrizione. 2.4. La

richiesta di pagamento dei contributi omessi, come e' noto, oltre ad

interrompere i termini di prescrizione della contribuzione interrompe anche

la prescrizione delle relative sanzioni civili. E' necessario, peraltro, che la

richiesta di pagamento dei contributi omessi, contenga anche la pretesa degli

accessori di legge, ancorché non quantificati. Qualora i contributi siano stati

pagati in ritardo rispetto al termine di scadenza legale, le relative sanzioni

civili che risulteranno dovute e che restano cristallizzate alla data del

pagamento, si prescriveranno nello stesso termine prescrizionale stabilito per

il debito contributivo. Sara' quindi necessario in questo caso porre in essere

atti interruttivi anche per i crediti relativi alle sole sanzioni civili. 2.5. Come

specificato al punto 1.3., la prescrizione della contribuzione attinente al

Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti resta decennale anche dopo il

1.1.1996 nel caso di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. Al

riguardo, si ritiene opportuno puntualizzare che le segnalazioni di presunta

omissione contributiva effettuate dagli assicurati attraverso il mod.ECO2-

93/CTR devono essere considerate vere e proprie denunce del lavoratore e di

conseguenza comportare la prescrizione decennale dei contributi

eventualmente omessi. La cartolina "Richiesta di rettifica dati", mod. ECO2-

93, compilata e inviata dall'assicurato non vale, invece, come denuncia del

lavoratore ai sensi della richiamata disposizione anche quando sia stata

barrata la casella "contribuzione da rettificare". Va da se' che, una volta

ricevuta la suddetta denuncia mod ECO2- 93CTR dell'assicurato, dovra'

essere tempestivamente posto in essere da parte dell'Istituto il relativo atto

interruttivo della prescrizione. 2.6. Crediti inferiori alle trentacinquemila lire.

Come e' noto, l'art. 4 bis della legge n.63/93 ha previsto l'estinzione dei

crediti di importo non superiore a L. 35.000 per i contributi dovuti

all'Istituto, in essere alla data del 16/01/1993, unitamente agli accessori di

legge e alle sanzioni (v. circ n.70 del 23.3.93). Al riguardo mentre si

richiamano le disposizioni diramate in materia, a suo tempo, (v. circ. n. 265

RCV del 14.12.89, n. 1 RCV del 2. 1.90), si ricorda che per i suddetti crediti,

se non ancora eliminati, non vanno effettuati, ovviamente, gli atti interruttivi

della prescrizione. 2.7. Contribuzione dovuta al Fondo di previdenza degli

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problematiche insorte in relazione all’applicazione della legge 335/95,

ha ritenuto che i verbali degli Ispettori del lavoro, i quali indichino

nel loro corpo delle omissioni contributive ( ipotesi assai frequente

nella prassi) debbano essere considerati come inizio di una procedura

per il recupero del credito e , quindi , rientranti nella ipotesi di cui al

comma 10 dell’art. 3 , che impedisce in questo caso, la retroattività

del termine prescrittivo quinquennale.

Secondo l’Istituto, in questo caso non sarebbe necessario che la

procedura di recupero fosse iniziata dallo stesso INPS quale Ente

creditore (“sarebbe, peraltro opportuno che comunque le sedi

dell’Istituto si attivino esse stesse, tramite opportuni contatti con gli

ispettorati del lavoro, al fine di iniziare le procedure medesime”), ma

potrebbe essere iniziata anche da un altro soggetto. Con la successiva

circolare n. 18 del 22/1/1996141

l’Istituto ha meglio chiarito il suo

Autoferrotranvieri. Come indicato al punto 1.1., i nuovi termini di

prescrizione si applicano anche al fondo Autoferrotranvieri. Anche per tale

Fondo vale quindi il principio dell’inammissibilità del versamento della

contribuzione prescritta. Devono pertanto ritenersi abrogate le istruzioni

fornite al riguardo con circolare n.257 del 7.12.89. (v. messaggio n.24382

del 16.9.95).”

141 Circolare INPS n° 18 del 22 gennaio 1996. OGGETTO: Interruzione dei

termini prescrizionali. Circolare n.262 del 13.10.95. Chiarimenti. “A seguito

della emanazione della circolare indicata in oggetto concernente

l'introduzione dei più brevi termini prescrizionali stabiliti, come e' noto ,

dall'art.3 comma 9 e 10 della legge del 08.08.95 n.335,alcune Sedi hanno

manifestato delle perplessità in ordine alla efficacia di alcuni atti volti ad

interrompere il corso della prescrizione. Al riguardo si ritiene opportuno

fornire le seguenti puntualizzazioni. a) Soggetti abilitati a compiere atti

interruttivi della prescrizione. Per un principio generale di diritto , l'atto

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inteso ad esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve

necessariamente provenire da uno dei soggetti del rapporto dal quale

l'obbligo scaturisce. Il rapporto previdenziale si instaura tra datore di lavoro

ed ente previdenziale a beneficio del lavoratore che , rispetto a tale rapporto

e' soltanto il soggetto a cui favore si produrranno gli effetti del rapporto

stesso . Di conseguenza soltanto a carico dell'Ente e del datore di lavoro

sussiste l'obbligo di compiere l'atto inteso a pretendere l'osservanza

dell'obbligo stesso. In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i

verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in materia di

contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i termini

prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono necessariamente

provenire dal creditore e cioè dall'Istituto. E' pertanto necessario che le Sedi

non appena venuti a conoscenza dei suddetti verbali pongano in essere i

relativi atti interruttivi della prescrizione. A chiarimento dei quesiti rivolti al

riguardo si fa presente che la suddetta conclusione non e' in contrasto con

quanto affermato nella richiamata circolare n.262/95 nella parte in cui si dice

che i processi verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle

omissioni contributive indicate nei verbali stessi devono ritenersi inizio di

una procedura per il recupero del credito e che di conseguenza non si

rendeva necessario in tal caso un atto interruttivo da parte dell'Istituto. Infatti

la suddetta affermazione e' stata inserita nella circolare 262/95 solo per

illustrare, con un esempio, il criterio dettato dall'art 3 comma 10 della legge

335/95 che, come e' noto, ha stabilito la possibilità di applicazione della

precedente normativa in materia di termini prescrizionali quando fosse

iniziata ,prima dell'entrata in vigore della richiamata legge 335/95, una

procedura per il recupero del credito contributivo. In conclusione, al di fuori

della suddetta normativa, resta il criterio di carattere generale che richiede la

necessita' di un atto interruttivo della prescrizione da parte dell'Istituto in

caso di verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro. b) Impossibilita' di

esercitare il diritto di credito Altro chiarimento che e' stato richiesto in

merito all'argomento in questione riguarda l'affermazione, contenuta nella

richiamata circolare 262/95, secondo la quale l'impedimento da parte del

debitore all'esercizio del diritto di credito dell'Istituto impedisce il corso

della prescrizione. In particolare e' stato chiesto in quali casi possa ravvisarsi

tale fattispecie. Al riguardo deve innanzitutto premettersi che l'Istituto ha un

autonomo potere di accertamento dei propri crediti contributivi e che di

conseguenza non può ricorrere l'ipotesi di cui sopra e' cenno quando l'Istituto

stesso ha la possibilità di accertare il proprio credito. Non può pertanto

ricorrere l'ipotesi in questione nel caso di evasione contributiva totale o

parziale o anche nel caso di "lavoro nero" e cioè di lavoratori non iscritti

neppure al libro paga o matricola. Si ritiene invece che l'ipotesi di cui sopra

e' cenno possa ravvisarsi, per quanto riguarda la contribuzione dovuta da

artigiani ed esercenti attività commerciali, nell'ipotesi in cui il reddito venga

denunciato parzialmente o totalmente al fisco e non all'INPS. Per quanto

riguarda invece le aziende si ritiene che l'ipotesi possa concretizzarsi nel

caso in cui i datori di lavoro non abbiano denunciato la propria attività con

dipendenti, non risultino iscritti negli appositi albi e non si siano, neppure,

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muniti dei regolamentari libri paga e matricola. In questo caso infatti

l'Istituto si trova nella impossibilità di esercitare il proprio diritto di credito

neanche ricorrendo al proprio autonomo potere di accertamento, essendo

dolosamente occultata la stessa attività dell'azienda. Si ritiene infine che

possa ravvisarsi un altro caso di impedimento all'esercizio del diritto di

credito, quando il datore di lavoro si rifiuta di esibire i libri paga e matricola

agli ispettori dell'Istituto, necessari per effettuare il controllo sulla regolarità

degli adempimenti contributivi dell'azienda. Appare infatti evidente che il

predetto atteggiamento da parte del datore di lavoro non renda possibile

all'Istituto l'esercizio del proprio diritto di credito e che esso di conseguenza

impedisca il corso della prescrizione del credito contributivo. Al riguardo e'

opportuno sottolineare che, affinché tale effetto interruttivo si verifichi, e'

necessario che il rifiuto del datore di lavoro di esibire i libri contabili risulti

regolarmente "verbalizzato" dall'Ispettore di vigilanza in sede di accesso

ispettivo. c) Riconoscimento del debito. Presentazione dei modd.O1/M. E'

stato chiesto se la presentazione dei modd. O1/M da parte dei datori di

lavoro possa interrompere il corso della prescrizione relativamente ai periodi

contributivi indicati nei modelli stessi. Al riguardo si deve premettere che

come precisato nella circolare n.335/95 sopra citata, l'interruzione dei

termini prescrizionale può avvenire oltre che per atto del creditore anche

attraverso il riconoscimento del debito da parte del debitore. Nella

richiamata circolare e' stato fatto presente che tale ipotesi si verifica quando

il debitore presenta il rendiconto mensile, modd.DM/M10, totalmente o

parzialmente insoluto. Anche la presentazione all'INPS da parte dei datori di

lavoro dei modelli O1/M concretizza un'altra ipotesi di riconoscimento del

debito. Infatti anche in tale fattispecie con la presentazione del modello, il

debitore indicando le retribuzioni corrisposte al dipendente ed affermando

che su tali somme sono dovuti i contributi di legge, riconosce il proprio

debito contributivo nei confronti dell'Istituto, e quindi interrompe i termini di

prescrizione. Non si ritiene al riguardo che ostacoli tale effetto della

presentazione dei suddetti modelli la circostanza che il debito contributivo,

non e' direttamente indicato, in quanto esso e' comunque certo e

quantificabile con elementari operazioni di calcolo. d) Denuncia del

lavoratore. Decorrenza della prescrizione. Altro quesito riguarda

l'individuazione della "denuncia" del lavoratore, richiesta , come e' noto,

dall'art.9 lett.a) della legge 335/95 per poter applicare per quanto riguarda la

contribuzione dovuta al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti o ad altre

gestioni pensionistiche obbligatorie la prescrizione decennale invece di

quella ordinaria quinquennale. E' stato in particolare chiesto se la

dichiarazione rilasciata dal lavoratore nel corso di un accertamento ispettivo,

dalla quale risulti una retribuzione corrisposta al lavoratore inferiore a quella

denunciata ai fini denuncia del lavoratore che possa consentire ai sensi del

richiamato comma 9 dell'art. 3 della legge 335/95 l'applicazione della

prescrizione decennale. Al riguardo si osserva che il legislatore con la

disposizione richiamata abbia voluto fare una eccezione alla generale

prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che

spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri confronti

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del datore di lavoro, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei

contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti. Si ritiene

pertanto che il suddetto effetto in quanto eccezione non può che essere

legato ad una denuncia formale del lavoratore (possibilmente da redigere sul

mod. Vig.1) diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una

omissione contributiva, parziale o totale. Va da se' che tale denuncia formale

può essere sottoscritta dal lavoratore anche durante lo svolgimento

dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti al dipendente dall'Ispettore di

vigilanza. Sempre nell'ipotesi di denuncia del lavoratore e' stato chiesto se

nella determinazione del periodo prescrizionale, nel caso in cui

l'inadempienza contributiva sia rilevabile dal lavoratore solo a seguito di

mancata presentazione dei modd.O1/M, si debba far riferimento alla data di

presentazione della denuncia (O3/M) ovvero alla scadenza legale del debito

contributivo. Al riguardo si ritiene opportuno ricordare che il corso della

prescrizione può essere interrotto solo da un atto del creditore (v. precedente

punto a) e cioè nel caso di specie da un atto dell'Istituto che chieda il

pagamento del proprio credito contributivo. Non rileva pertanto ai fini del

corso della prescrizione il momento in cui il lavoratore sia venuto a

conoscenza dell'inadempienza del proprio datore di lavoro in quanto il diritto

di credito contributivo deve essere azionato sempre dall'Istituto. In

conclusione nella determinazione del termine di prescrizione (decennale o

quinquennale) deve farsi riferimento alla data di scadenza delle singole

denunce contributive. e) Pagamento di un acconto o del saldo dei soli

contributi. E' stato richiesto se il pagamento effettuato a in acconto o a saldo

di un debito contributivo ,effettuato spontaneamente dall'azienda e riferito ad

un debito già denunciato all'INPS abbia un effetto interruttivo della

prescrizione relativamente al residuo credito per contributi e oneri accessori.

Al riguardo si fa presente che l'adempimento parziale o totale di una

obbligazione non può che essere inteso come riconoscimento della stessa

salvo il caso in cui il debitore, nell'effettuare il pagamento in pendenza di un

ricorso amministrativo o giudiziario circa l'esistenza dell'obbligo

contributivo si riservi esplicitamente il diritto di ripetizione a procedimento

concluso. In conseguenza di quanto sopra precisato si deve ritenere che dalla

data del pagamento ricominci a decorrere un nuovo termine prescrizionale

per il residuo debito per contributi e relativi accessori. f) Sentenza ottenuta in

un giudizio in cui l'Istituto non e' stato parte in causa. E' stato chiesto se

nell'ipotesi di una sentenza di condanna del datore di lavoro alla

corresponsione di retribuzione a favore di un dipendente emessa a seguito di

un giudizio in cui l'Istituto non e' stato parte in causa la prescrizione dei

contributi dovuti all'Istituto sulle retribuzioni oggetto della sentenza possa

considerarsi interrotta a seguito dell'instaurazione del procedimento

giudiziario. Ciò in considerazione di quanto affermato nella citata circolare

n.262/95 secondo la quale la denuncia presentata ad un autorità diversa

dall'Istituto costituisce inizio di procedimento teso al recupero contributivo.

Al riguardo si fa presente che ,come già detto, il criterio, valido per

individuare le partite per le quali applicare il regime transitorio ai sensi del

comma 10 ,dell'art. 3 della legge 335/95, non può essere applicato nel caso

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146

pensiero, specificando che i predetti verbali degli ispettorati del lavoro

possono essere appunto considerati idonei in quanto inizio di

procedure di recupero al fine di operare nell’ambito della normativa

transitoria142

, ma non possono essere , invece, considerati atti

di specie , per le ragioni illustrate al precedente punto a). Di conseguenza

qualora il giudizio si sia svolto esclusivamente tra il datore di lavoro e il

lavoratore e non sussistano agli atti di sede precedenti atti interruttivi riferiti

all'inadempienza di cui trattasi, il recupero contributivo potrà interessare solo

i periodi non prescritti al momento della richiesta di accredito. g) Sanzioni

amministrative. E' stato chiesto se le sanzioni amministrative richieste con il

procedimento previsto dalla legge 689/81 ricadano o meno nella disciplina

della citata legge n.335/95 e in particolare se debba essere accettato un

pagamento spontaneo di sanzioni amministrative prescritte. Al riguardo, va

considerato che la legge 689/81 che modifica il sistema penale, prevede la

prescrizione quinquennale per tutte le somme dovute per le violazioni in essa

contemplate e richiama le norme ordinarie per la disciplina per l'interruzione

dei termini. Per effetto di tale richiamo si ritiene di poter sostenere che

l'avvenuta prescrizione vada eccepita dal debitore e che quindi, il pagamento

fatto a titolo di sanzione amministrativa resti acquisito a tale titolo.”

142 contra: Cassazione civile sez. lav. 03 settembre 2002 n. 12822 in Giust.

civ. Mass. 2002, 1628: “l 'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il

nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di

previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad

applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale

modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure

finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza

della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di

indagine ed ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente

dalla instaurazione del contraddittorio con il debitore.”

Cassazione civile sez. lav. 27 gennaio 2004 n. 1468, in Giust. civ. Mass.

2004, 1: “l 'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine

quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza

sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine

(decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa

nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero

dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente

disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di indagine ed

ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente dalla

instaurazione del contraddittorio con il debitore, né rileva in contrario il

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147

interruttivi nell’ambito della disciplina “ a regime” , in quanto

difetterebbe negli stessi il necessario requisito di provenienza da parte

del creditore (“per un principio generale di diritto, l'atto inteso ad

esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve necessariamente

provenire da uno dei soggetti del rapporto dal quale l'obbligo

scaturisce … In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i

verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in

materia di contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i

termini prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono

necessariamente provenire dal creditore e cioè dall'Istituto.”)143

. Le

due ipotesi sarebbero ben diverse e quindi non contraddittorie. La

seconda affermazione dell’Istituto , che è peraltro la più rilevante ,

disposto dell'art. 252 disp. att. c.c., alla cui applicabilità osta il disposto del

comma 10 della norma speciale citata.”

Cassazione civile sez. lav. 09 febbraio 2005 n. 2589, in Giust. civ. Mass.

2005, 2: “la riduzione a cinque anni del termine di prescrizione per le

contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie introdotta

dall'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, non si applica, continuando ad

applicarsi il precedente termine decennale di prescrizione, sia nel caso di atti

interruttivi già compiuti che di procedure finalizzate al recupero

dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente

disciplina, per tali dovendosi intendere qualunque concreta attività di

indagine o ispettiva compiuta dall'ente previdenziale titolare del credito per

omessa contribuzione, non essendo invece idonei a determinare

l'applicabilità del termine lungo di prescrizione atti d'iniziativa presi da

soggetti diversi, quali il verbale amministrativo dell'Ispettorato del lavoro

contenente la contestazione dell'omissione contributiva.”

143

La giurisprudenza (ex pluris, Cassazione civile sez. lav. 09 febbraio 2005

n. 2589, in Giust. civ. Mass. 2005, 2, la cui massima è alla nota 109), ritiene

atti interruttivi tutte le attività di indagine o ispettive compiute dall'Istituto

previdenziale e non, come si legge nella medesima sentenza citata, gli atti di

iniziativa da parte di soggetti differenti quali l'Ispettorato del lavoro.

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riguardando la disciplina definitiva, appare senza dubbio

condivisibile, atteso che è principio generale, desumibile anche dalla

rubrica dell’art. 2943 c.c. che l’atto interruttivo debba provenire dal

titolare del credito, che, nella specie, è senza dubbio l’INPS e non

l’Ispettorato del lavoro.

Oltretutto, anche sotto il profilo oggettivo, l’atto dell’Ispettorato si

limita quasi sempre ad un accertamento e non contiene alcun elemento

di intimazione ad adempiere. Lascia, invece, alquanto perplessi la

prima affermazione dell’Istituto, certo meno rilevante in concreto,

atteso che riguarda una disciplina transitoria , destinata ad esaurire i

suoi effetti con il tempo, ma pur sempre di sicura importanza, atteso il

cospicuo numero di casi interessati. Pare , infatti, alquanto forzato il

ritenere che le “procedure” indicate , sia pure in modo alquanto

generico nel comma 10 più volte richiamato siano procedure poste in

essere, sia pure parzialmente da un soggetto terzo rispetto al rapporto

contributivo; del resto lo stesso Istituto pare tradire un certo impaccio

sul punto, quando, forse anche per scongiurare divergenti

interpretazioni giurisprudenziali, raccomanda alle proprie sedi di

iniziare comunque in questi casi un’autonoma procedura di recupero.

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Nel senso che il verbale dell’Ispettorato del lavoro non abbia efficacia

interruttiva della prescrizione, da ultimo, Cassazione civile sez. lav.

31 luglio 2009 n. 17849 144

.

5.2 IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO

Il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai

sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da

qualsiasi manifestazione di volontà145

, la quale, ancorché non

esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto.

In quanto atto con il quale il debitore riconosce l’esistenza del proprio

debito, è pacificamente un atto interruttivo della prescrizione. Questo

144

Cassazione civile sez. lav. 31 luglio 2009 n. 17849, in Giust. civ.

Mass. 2009, 9, 1247: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di

previdenza ed assistenza sociale obbligatorie, l'ordinanza ingiunzione

relativa a sanzioni amministrative e il verbale ispettivo dell'Ispettorato del

lavoro non hanno efficacia interruttiva della prescrizione del credito

contributivo: la prima, attesa la diversità della pretesa, non è qualificabile

come procedura finalizzata al recupero dell'evasione contributiva, né

configura un atto prodromico diretto al conseguimento dei contributi omessi;

il secondo, costituisce un atto posto in essere da un soggetto, l'Ispettorato del

lavoro, diverso dall'Ente impositore. Ne consegue che i predetti atti, non

integrando i presupposti di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 335 del 1995, non

determinano la perdurante applicabilità del termine decennale di

prescrizione, né della sospensione triennale della prescrizione medesima già

prevista dall'art. 2, comma diciannovesimo d.l. n. 463 del 1983, conv. nella l.

n. 638 del 1983.”

145 Cassazione civile sez. lav., 18 febbraio 1985, n. 1405 in Giust. civ.

Mass. 1985, fasc. 2: “la valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di

un determinato atto (nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del

debito contributivo, senza contestazione del relativo importo) ad integrare un

riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di

legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi.”

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non solo in ambito civilistico ma anche nel diritto previdenziale dove,

però, non essendo possibile versare i contributi prescritti, nessuna

valenza potrà avere un atto di riconoscimento del debito se successivo

alla scadenza del termine prescrizionale (in quanto con la scadenza del

termine il diritto si estingue). Detto questo, resta da individuare quali

atti possano essere ritenuti riconoscimento del debito. Il problema si è

posto in giurisprudenza in particolar modo con riguardo ai modelli

DM 10 (denuncie contributive mensili) , ai modelli O1 M (che

contengono la denuncia nominativa dei lavoratori occupati nell'anno

precedente, redatta su apposito modulo, e le retribuzioni individuali

corrisposte nonché tutti i dati necessari alla applicazione delle norme

in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria) e alle

dichiarazioni di condono.

Cominciando dalle denuncie mensili, con l'art. 30 l. 21 dicembre 1978

n. 843 (recante le disposizioni per la formazione del bilancio dello

Stato: c.d. finanziaria per il 1979) è stato posto a carico dei datori di

lavoro, tenuti "alla denuncia ed al versamento dei contributi con le

modalità previste dal decreto ministeriale 5 febbraio 1969, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 febbraio 1969", l'obbligo di

presentare all'INPS "le denunce contributive relative ai periodi di paga

scaduti, redatte sui moduli predisposti dall'Istituto medesimo", "entro i

termini fissati per il versamento dei contributi".

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L'art. 1 del decreto ministeriale 5 febbraio 1969, pubblicato nella

Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 febbraio 1969 ed emanato ai sensi

dell'art. 5 del d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, aveva in effetti istituito un

nuovo sistema per la denuncia e per il versamento dei contributi di

previdenza sociale, "basato sulla trasmissione di elenchi nominativi

dei lavoratori occupati", contenenti tutte le indicazioni relative alle

retribuzioni e agli altri elementi necessari ai fini assicurativi.

Questo decreto ministeriale è stato successivamente integrato e in

parte modificato dal decreto ministeriale 24 febbraio 1984, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale del 14 luglio 1984 n. 193 ed emanato, ai sensi

dell'art. 1 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in l. 11 novembre

1983 n. 638, congiuntamente dai Ministri delle Finanze, del Tesoro e

del Lavoro e della Previdenza Sociale (allo scopo di provvedere alla

codificazione unica per il versamento delle imposte e dei contributi

previdenziali "entro termini unificati"), il quale nell'art. 1 ha stabilito

che il versamento delle somme dovute dai datori di lavoro, non

agricoli, quali sostituti di imposta e di quelle dovute alle gestioni

previdenziali ed assistenziali dovesse essere effettuata "entro il 20 di

ogni mese, ferme restando le diverse periodicità".

Dal combinato disposto delle norme precedenti la giurisprudenza ha

escluso che la presentazione nei termini dei DM 10, a differenza della

presentazione oltre i termini, sia atto interruttivo della prescrizione.

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I datori di lavoro, infatti, sono tenuti a presentare le denunce

contributive, sui moduli predisposti dall'INPS (i c.d. modelli DM 10-

M), per ciascun periodo di paga scaduto, è evidente che la denuncia

deve seguire e non precedere la scadenza del periodo, con la

conseguenza che, per i periodi di tempo pari al mese, la denuncia deve

essere effettuata nel mese successivo entro il termine fissato per il

versamento dei contributi. E tale termine deve essere individuato nel

giorno 20 di ogni mese;

Il debito contributivo del datore di lavoro non sorge per effetto e al

momento della denuncia, ma viene in essere contestualmente alla

nascita dell'obbligazione retributiva, vale a dire nel momento in cui,

instauratosi il rapporto di lavoro subordinato, al lavoratore deve essere

elargita la retribuzione (e per la somma corrispondente).

Peraltro, per le retribuzioni da corrispondersi mensilmente, il debito,

pur essendo già sorto, tuttavia è esigibile solamente alla scadenza del

ventesimo giorno del mese successivo.

La giurisprudenza, attraverso queste considerazioni, deduce che,

quando dal datore di lavoro viene presentato il modello DM 10-M, la

relativa denuncia fa riferimento ad un debito già sorto, ma non ancora

scaduto con la conseguenza che la presentazione della denuncia

contenuta nel suddetto modello DM 10-M, anche a volerla considerare

alla stregua di un atto ricognitivo, non possa avere efficacia

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interruttiva perché l'atto interruttivo è tale solo se interviene nel corso

della prescrizione, vale a dire quando il termine prescrizionale è già

iniziato, e non prima, non potendo essere interrotto ciò che ancora non

esiste.

Pertanto, poiché l'art. 2935 c.c. stabilisce che la prescrizione comincia

a decorrere "dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere" e

poiché, come si è detto sopra, il diritto dell'INPS può essere fatto

valere solamente dopo il giorno 20 di ogni mese, è stato ritenuto che la

presentazione del modello DM 10-M, effettuata entro tale termine di

scadenza, intervenga in un momento che precede l'inizio della

prescrizione del credito dell'Istituto previdenziale, senza, quindi, che

allo stesso possa essere collegato alcun effetto interruttivo.

In conclusione possono essere considerati interruttivi della

prescrizione soltanto i rendiconti mensili , totalmente o parzialmente

insoluti, presentati oltre il 20 del mese146

.

146 Cassazione civile sez. lav. 18 ottobre 2002 n. 14826, in Giust. civ. Mass.

2002, 1823: “la presentazione all'Inps, da parte del datore di lavoro, delle

denunce contributive compilate sui c.d. "modelli DM 10/M" non può essere

configurata come riconoscimento del debito contributivo, idoneo ad

interrompere la prescrizione, ex art. 2944 c.c., trattandosi di un atto che -

avendo come scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto dell'art.

1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463 del 1983,

convertito in legge n. 638 del 1983) - interviene in un momento che precede

l'inizio della prescrizione del credito dell'Istituto previdenziale (che può

essere fatto valere solo dopo la suddetta data di scadenza).

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154

Relativamente ai modelli 01 M, invece, dove il datore indica le

retribuzioni corrisposte al dipendente e afferma che sulle stesse sono

dovuti i contributi di legge147

, gli stessi possono probabilmente

rientrare nel riconoscimento del debito, in quanto pur se è vero che il

debito medesimo non è esattamente quantificato, lo stesso è, tuttavia

agevolmente quantificabile, attraverso una mera operazione di tipo

matematico.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione è infatti ferma nel

ritenere che l'atto di riconoscimento del debito non ha natura negoziale

e non deve essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva.

Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la

manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i

caratteri della volontarietà 148

.

147 Il modello 01M è previsto dalla deliberazione dell'INPS del 20 novembre

1987 (nell'ambito della delegificazione delle norme in materia di denuncia

annua nominativa: art. 10 comma 1° del D.L. 30 ottobre 1987 n. 442 e D.M.

4 dicembre 1987); esso contiene la denuncia nominativa dei lavoratori

occupati nell'anno precedente, redatta su apposito modulo, e le retribuzioni

individuali corrisposte nonché tutti i dati necessari alla applicazione delle

norme in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria.

148 Cassazione civile sez. lav. 27 giugno 1996 n. 5939, in Giust. civ. Mass.

1996, 926: “il riconoscimento dell'altrui diritto, al quale l'art. 2944 c.c.

ricollega l'effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma

costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio, il

quale non richiede, in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva,

occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione

della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della

volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un

fatto e non all'applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al

giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente

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155

Dalla natura dell'atto di riconoscimento è stata poi ricavata la ulteriore

implicazione che l'indagine - volta a stabilire se una determinata

dichiarazione costituisca riconoscimento del diritto fatto valere in

giudizio, a norma dell'art. 2944 codice civile, rientra nei poteri

discrezionali del giudice di merito, con l'ulteriore conseguenza che il

relativo accertamento, se immune da vizi logici e da errori di diritto,

non è sindacabile in cassazione149

.

motivata (Nella specie i giudici di merito - con decisione confermata dalla

S.C. - avevano ritenuto interruttiva della prescrizione del diritto al compenso

per lavoro straordinario maturato da dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato

la comunicazione dell'ente diretta ai capi degli uffici e per conoscenza a tutto

il personale nella quale si precisava che "non hanno in atto motivo di

sussistere i manifestati timori circa la decorrenza della prescrizione", benché

alla liquidazione delle relative competenze fosse d'ostacolo la mancanza di

un provvedimento legislativo che garantisse la copertura finanziaria

dell'esborso).”

149 Cassazione civile sez. III 18 giugno 1992 n. 7548, in Giust. civ. Mass.

1992, fasc. 6: “il riconoscimento del diritto che, a norma dell'art. 2944 c.c.,

interrompe la prescrizione, può anche essere contenuto in un atto non

negoziale (purché volontario) che, ancorché diretto al perseguimento di

finalità diverse, riveli, comunque, la consapevolezza dell'esistenza del

diritto. L'accertamento del contenuto ricognitivo di un determinato atto

(nella specie, la richiesta al soggetto danneggiato in un sinistro stradale della

documentazione sulla entità del danno) è riservato alla valutazione

discrezionale del giudice di merito e non è pertanto sindacabile in

Cassazione, se immune da vizi logici ed errori di diritto.”

Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1985 n. 1405, in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 2: “il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la

prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può

risultare da qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, ancorché non

esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. La

valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto

(nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo,

senza contestazione del relativo importo) ad integrare un riconoscimento

interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di legittimità, se

sorretta da motivazione immune da vizi.”

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156

Infatti, il riconoscimento del quale si discute costituisce un atto

giuridico in senso stretto, la cui identificazione non implica

l'applicazione di specifiche norme di diritto, ma più semplicemente la

ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve

essere solamente motivata in modo congruo e corretto150

.

Per quanto attiene, invece al condono, la norma della L. 23 dicembre

1998, n. 448, art. 81, comma 9, ha stabilito che “le clausole di riserva

di ripetizione subordinate agli esiti del contenzioso per il

disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono

previdenziale, presentate ai sensi del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 4,

convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, e

precedenti provvedimenti di legge sempre in materia di condono

150

Cassazione civile sez. lav.12 maggio 2004 n. 9054, in Giust. civ. Mass.

2004, 5: “l'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso

stretto, e come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente

esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che esso

contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza

dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. L'indagine volta

a stabilire se una determinata dichiarazione costituisca o meno

riconoscimento di debito in relazione al diritto fatto valere in giudizio

costituisce attività di merito, non sindacabile in cassazione ove

adeguatamente motivata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la

sentenza di merito che aveva qualificato come riconoscimento di debito i

modelli 01/M, compilati a cura del datore di lavoro e costituenti la denuncia

annuale, inviata all'Inps, delle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro al

personale dipendente, e ne aveva dedotto l'idoneità degli stessi ad

interrompere il decorso della prescrizione del credito contributivo dell'Inps).

Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria

"ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della

obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime

prescrizionale, in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni

contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei

contributi cui esse ineriscono.”

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previdenziale, sono valide e non precludono la possibilità di

accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del

relativo debito”.

E’ con tale norma retroattiva, applicabile a tutte le domande di

condono previdenziale, che è stata, quindi, attribuita al contribuente,

che abbia proposto riserva di ripetizione contestualmente a detta

domanda, la possibilità di ottenere l’accertamento negativo in sede

contenziosa circa la sussistenza del debito contributivo condonato151

151 Così: Cassazione civile sez. lav. 27 febbraio 2002 n. 2943 in Giust. civ.

Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 60:”la normativa sulla

regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è

intesa a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad

eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso

collegati; tuttavia essa consente l'apposizione di una riserva di accertamento

dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di

condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale

riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti

vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente

all'istanza di regolarizzazione contributiva.”

Cassazione civile sez. lav. 05 luglio 2002 n. 9751, in Giust. civ. Mass. 2002,

1165: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre

1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di

condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi

precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che

contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione

la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della

sussistenza del relativo debito. Tale disposizione, che risponde alla finalità,

primaria rispetto al beneficio della diminuzione del contenzioso, di

incentivare le domande di condono per esigenze di bilancio, manifestamente

non si pone in contrasto con i principi costituzionali di parità di trattamento

nei confronti dei cittadini e di buona amministrazione.”

Cassazione civile sez. lav. 04 marzo 2003 n. 3198, in Giust. civ. Mass.

2003, 447: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti

contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata

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percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli

aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente,

ex art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, l'apposizione di una riserva di

accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che

ha il valore di condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di

condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo

altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica

conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva, senza che tale

limitazione si ponga in contrasto con l'art. 24 cost., costituendosi in capo al

privato un effetto giuridico da lui stesso voluto, secondo un esatto criterio di

autoresponsabilità.”

Cassazione civile sez. lav. 14 marzo 2003 n. 3784, in Giust. civ. Mass. 2003,

522, Orient. giur. lav. 2003, I, 217: “con riferimento alla disciplina dettata

dall'art. 81 comma 9 l. 23 dicembre 1998 n. 448 in materia di clausole di

riserva di ripetizione apposte alle domande di condono previdenziale, è

manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, in

relazione agli art. 3, 24 e 97 cost., della previsione normativa di esclusione

degli interessi dalle somme che gli enti previdenziali sono tenuti a restituire

alle aziende in caso di accertamento negativo dell'obbligo contributivo,

tenuto conto che il complessivo intervento del legislatore nella predetta

materia - con il riconoscimento alle aziende di un'agevolazione "ulteriore"

rispetto al condono, quale la facoltà di condizionare risolutivamente gli

effetti di questo, e la contestuale esclusione degli interessi sulle somme

eventualmente da restituire - configura una regolamentazione di tipo

"transattivo", nel cui ambito la previsione di non debenza degli interessi,

rispondendo all'esigenza di non aggravare la posizione degli enti suddetti

eventualmente obbligati alla restituzione dell'indebito, configura una

situazione del tutto particolare e diversa rispetto agli altri contribuenti che

abbiano diritto, a diverso titolo, alla ripetizione di contributi indebitamente

versati (v. Corte cost. n. 234 del 2002); nè, d'altra parte, la medesima

previsione esclude che l'ente obbligato alla restituzione sia tenuto a

comportarsi, nell'adempimento della sua obbligazione "ex lege", secondo il

principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e quello di

correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., fermo restando che, peraltro, il

credito del contribuente non resta privo di tutela giurisdizionale essendo

comunque esperibile l'azione giudiziale (cognitoria ed eventualmente

esecutiva) in caso di inadempimento.”

Cassazione civile sez. lav. 27 ottobre 2003 n. 16120, in Giust. civ. Mass.

2003, 10: “per la stretta connessione, delineata dall'art. 81 comma 9 l. 23

dicembre 1998 n. 448, fra domanda di condono previdenziale con clausola di

riserva (di ripetizione subordinata all'esito del contenzioso per il

disconoscimento del debito contributivo) ed esonero dal pagamento degli

interessi (sulle somme da rimborsare da parte dell'ente previdenziale all'esito

del contenzioso), detto esonero sussiste anche ove, prima dell'entrata in

vigore della predetta normativa, l'Istituto non abbia eccepito l'invalidità della

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domanda con clausola di riserva (c.d. domanda clausolata), nonché nel caso

in cui, per l'omesso integrale pagamento delle rate previste, il richiesto

condono non si sia perfezionato, cessa invece dal momento in cui la sentenza

che accerta l'indebito contributivo diventa giudicato. In quest'ultimo caso,

tuttavia, limitatamente agli interessi relativi al periodo anteriore al giudicato,

sussiste l'esonero dal pagamento, anche ove il giudicato sia anteriore

all'entrata in vigore della citata normativa, se a tale momento la questione

sulla debenza degli interessi sia ancora pendente.

Cassazione civile sez. lav. 12 marzo 2004 n. 5139 in Giust. civ. Mass. 2004,

3: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di

accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai

sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella

domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio

destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di

valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione

amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto

obbligatorio una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la

domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che

aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non

riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del

comune debitore, precedente la domanda di condono).”

Cassazione civile sez. lav. 24 luglio 2004 n. 13942, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di

accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai

sensi dell'art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, deve essere

necessariamente contenuta nella domanda di condono previdenziale, poiché

si configura come condizione risolutiva apposta alla suddetta domanda di

condono; pertanto se l'interessato abbia proposto domanda di condono senza

riserva di ripetizione, la domanda stessa è configurabile come

riconoscimento del debito contributivo, senza che sia possibile una

successiva azione per ripetere quanto pagato.”

Cassazione civile sez. lav. 03 agosto 2004 n. 14845 in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23

dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le

domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti

legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che

contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione

la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della

sussistenza del relativo debito. In coerenza con tale previsione, la domanda

di condono può dar luogo, in caso di accoglimento, alla declaratoria di

cessazione della materia del contendere, ma in nessun caso può valere come

riconoscimento del preteso obbligo contributivo.”

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superando così l’orientamento giurisprudenziale che si era consolidato

in una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione 152

. Alla luce

Cassazione civile sez. lav. 13 marzo 2006 n. 5418, in Giust. civ. Mass.

2006, 3: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23

dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le

domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti

legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, ha attribuito al soggetto che

contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione

la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della

sussistenza del relativo debito. Ne consegue che, ove la domanda di condono

sia stata inoltrata e il relativo importo versato, il contribuente non ha diritto

di pretendere dall'ente previdenziale la ripetizione di quanto versato in

adempimento del condono, in mancanza dell'accertamento in sede

contenziosa dell'insussistenza del debito contributivo. (Nella specie, la S.C.

ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di appello che, riformando la

sentenza di primo grado recante l'accoglimento dell'opposizione a decreto

ingiuntivo con conseguente accertamento negativo del debito contributivo

condonato, dichiarava la nullità del decreto perché reso nei confronti di

soggetto ormai inesistente escludendo la possibilità di indagare sul merito

della controversia).”

Nelle quali sentenze , tra l’altro, si ribadisce sempre la necessità della

contestualità della riserva, essendo altrimenti vanificata l’esigenza di

consolidare la situazione giuridica conseguente all’istanza di condono.

152 Cassazione civile sez. un. 15 maggio 1998 n. 4918, in Giust. civ. Mass.

1998, 1051, Giust. civ. 1998, 1839,2529, Foro it. 1998, I,1781, Gius 1998,

2239, Informazione previd. 1997, 489, Mass. giur. lav. 1998, 734, Notiziario

giur. lav. 1998, 361, Orient. giur. lav. 1998, I, 451: “la normativa sulla

regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è

intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a

consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad

eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso

collegati; deve pertanto ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di

legge al riguardo, che l'accoglimento della domanda di condono comporti il

venire meno di ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che

sia priva di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito

eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono, senza che

sia perciò solo configurabile una lesione del diritto di difesa, atteso che chi

ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo conserva ogni possibilità

di far valere le proprie ragioni, non essendo il condono una via obbligata, ma

una opzione ampiamente discrezionale. Ne consegue che deve essere

rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo

proposta dopo l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul

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della predetta norma, ed in tal senso la successiva giurisprudenza153

,

il condono con la clausola di riserva di ripetizione non è atto di

riconoscimento del debito154

. Pur non essendo un atto di

condono, mentre, per i giudizi pendenti, ove tale adempimento avvenga in

corso di causa, dovrà dichiararsi la cessazione della materia del contendere, e

ove il beneficiario del condono si sia avvalso della facoltà di dilazionare il

pagamento, il giudice dovrà limitarsi a definire il procedimento in corso con

un provvedimento meramente processuale, così da non pregiudicare

l'originaria pretesa dell'ente in caso di decadenza del soggetto obbligato dai

benefici del condono.”

153 Cassazione civile sez. lav. 06 giugno 2000 n. 7623, in Giust. civ. Mass.

2000, 1227, Informazione previd. 2000, 1332: “alla domanda di condono

previdenziale non può riconoscersi natura di riconoscimento del debito; essa,

tuttavia, ha la funzione di regolarizzazione contributiva in quanto diretta a

saldare senza penalità il relativo debito; in questi termini, di essa deve tenersi

conto ai fini del computo della prescrizione del debito contributivo

medesimo.”

Cassazione civile sez. lav. 04 maggio 2010 n. 10715, in Guida al diritto

2010, 24, 77 (s.m.): La domanda di condono non costituisce riconoscimento

di debito e quindi non interrompe la prescrizione, ma innesca una procedura

di recupero dei contributi la quale costituisce quel requisito della "procedura

già iniziata", previsto dalla l. 335 del 1995, che rende decennale il termine di

prescrizione.

In precedenza si segnala anche Cassazione civile sez. lav. 16 aprile 1994 n.

3641, in Giust. civ. Mass. 1994, 515 (s.m.): “La presentazione della

domanda di condono contributivo previdenziale non implica il

riconoscimento del debito da parte dell'imprenditore, nè comporta la rinuncia

tacita di questi alla domanda di accertamento negativo del debito

contributivo previdenziale.”

154 La riserva è, così, una condizione risolutiva unilateralmente apposta alla

domanda di condono, come ritenuto dalle Sezioni Unite, e al pari di detta

domanda ha natura recettizia (v.fra le altre Cassazione civile sez. lav. 27

febbraio 2002 n. 2943, in Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd.

2002, 605: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti

contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata

percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli

aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente

l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di

ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva

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riconoscimento si può ben ritenere però che i pagamenti delle rate di

condono siano atti interruttivi della prescrizione del credito

contributivo condonato.

unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere

però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di

consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di

regolarizzazione contributiva.”

Cassazione civile sez. lav. 12 marzo 2004 n. 5139, in Giust. civ. Mass.

2004, 3: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di

accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai

sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella

domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio

destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di

valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione

amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto

obbligatorio una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la

domanda. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che

aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non

riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del

comune debitore, precedente la domanda di condono”.

E’ venuto meno il corollario pure enunciato dalle Sezioni Unite secondo cui

tale condizione sarebbe inefficace se non accettata dall’altra parte (cfr. Cass.

2943/2002 la cui massima è sopra riportata). Comunque resta valido il

principio secondo cui dopo l’adempimento (senza riserva) degli obblighi

derivanti dalla disciplina sul condono deve essere rigettata la domanda di

accertamento negativo dell’obbligo contributivo.

Cassazione civile sez. lav. 24 novembre 2004 n. 22164, in Giust. civ. Mass.

2005, 1: “la normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi

è intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a

consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad

eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso

collegati; ne consegue che, pur dopo l'entrata in vigore dell'art. 81, comma 9,

della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida inseribilità delle clausole

di riserva di ripetizione nella domanda di condono, qualora l'adempimento

degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono avvenga senza riserve,

deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo

contributivo e rimane irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento

della somma prevista per il condono (e prima dell'inizio della causa per

l'accertamento negativo dell'obbligo contributivo) di una normativa più

favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva”.

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5.3 LE PROCEDURE DI RECUPERO INIZIATE

Il comma 10 dell’art. 3 della legge 335 del 1995 stabilisce che i

termini di prescrizione di cui al comma 9, si applicano anche alle

contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore

della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già

compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa

preesistente.

L’espressione procedure iniziate ha generato dubbi interpretativi. Il

problema principale che sembra porsi in proposito è quello relativo

alla domanda se debba trattarsi di procedure che abbiano, in qualche

misura, una valenza esterna ovvero se sia sufficiente che le medesime

siano iniziate anche internamente all’Ente, che potrà farne valere

l’effetto, previa ovviamente dimostrazione di quanto sopra detto. La

latitudine dell’espressione semantica usata parrebbe apparentemente

avallare la seconda ipotesi, e lo stesso INPS, nella circolare 262/95155

ritiene che la procedura di recupero del credito, che si sostanzia nelle

partite trasmesse all’Ufficio legale di cui sia stata data notizia ai

debitori interessati e nelle partite incluse nei ruoli esattoriali, sia un

155 Per il testo integrale vedi nota 140.

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valido atto interruttivo solo ove risulti manifesta al debitore la volontà

del titolare del credito di far valere il proprio diritto156

.

La circolare 18/1996 dell’INPS pare confermare, come già detto in

precedenza, la tesi secondo la quale, nel concetto di procedura

iniziata non possa rientrare anche l’ipotesi di azione giudiziaria

relativa ad una controversia in cui l’Istituto sia rimasto estraneo

essendosi la stessa svolta fra il datore di lavoro ed il lavoratore. La

conclusione pare fondata avuto riguardo ai principi generali sulla

provenienza dell’atto interruttivo.

156

Si segnala , sul punto, una (Cassazione civile sez. lav.

11 gennaio 2001 n 301: “Ai sensi dell'art. 3 l. n. 335 del 1995 a tutte le

contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, compresa

quella riguardante l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie

professionali, diverse da quelle relative al Fondo pensioni lavoratori

dipendenti, il termine di prescrizione applicato è quello quinquennale;

tuttavia continua ad applicarsi il termine decennale, introdotto dall'art. 12 d.l.

30 dicembre 1987 n. 536, conv. in l. 29 febbraio 1988 n. 48, alle procedure

finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate prima dell'entrata in

vigore della norma n. 335 del 1995 cit., atteso che il comma 10 dell'art. 3

cit., pur stabilendo che i nuovi termini di prescrizione operano anche nei

confronti delle contribuzioni precedenti alla nuova normativa facendo salvi i

casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della

normativa precedente.”) decisione della Sezione lavoro che, in materia di

premi assicurativi INAIL , ha considerato valide ai fini dell’applicabilità

dell’art 3 decimo comma l’ipotesi di atti, come due lettere dell’INAIL stesso

contenenti la richiesta necessaria per la quantificazione del premio “a

consuntivo” e di quello anticipato per l’anno successivo. Tali lettere secondo

i giudici di merito esternavano una iniziativa assunta in via amministrativa

allo scopo di conseguire l’osservanza dell’obbligo contributivo . La sentenza

concorda, infine , con i giudici di merito nel ritenere che la ratio della

disposizione ex art. 3 decimo comma sia quella di non impedire la

prosecuzione di iniziative di recupero dei contributi già intraprese dagli

Istituti creditori escludendo, invece, la possibilità che siano perseguite ex

novo delle omissioni contributive pregresse.

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5.4 LA DENUNCIA DEL LAVORATORE

La denuncia del lavoratore all’ente previdenziale dell’omissione

contributiva, suffragata dalla prova della sussistenza del rapporto di

lavoro157

“mediante documenti o prove certe” (art. 23 ter della legge n.

485 del 1972 158

; in mancanza di tale prova certa il principio di

automaticità non opera ed il lavoratore non può vantare alcuna

pretesa, dovendo agire nei confronti del datore di lavoro

inadempiente), è una forma di tutela del diritto all’integrità

contributiva che garantisce al lavoratore, purché intervenuta prima

dello scadere del termine di prescrizione dei contributi (non rileva se

la prescrizione dei contributi159

interviene nell’eventuale160

inerzia

157 Cassazione civile sez. lav. 18 dicembre 1993 n. 12542, in Giust. civ.

Mass. 1993, fasc. 12: “la prova certa del rapporto di lavoro, richiesta dall'art.

27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (nel testo modificato ed integrato dall'art.

40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dall'art. 23 ter della l. 11 agosto 1972 n.

485) ai fini della verifica del requisito di contribuzione per il diritto alla

pensione di invalidità - stabilito in relazione ai contributi non versati ma

comunque risultanti dovuti nei limiti della prescrizione decennale - attiene

solo all'accertamento dell'esistenza di un effettivo rapporto di lavoro al quale

va ricondotta la posizione contributiva del lavoro assicurato, restando

irrilevante a tal fine la precisa individuazione del soggetto datore di lavoro.”

158

La ratio riposa nel “pericolo di oneri incontrollati, fondati su dichiarazioni

compiacenti”. Così P. Boer, Ricongiunzione dei periodi assicurativi e

automaticità delle prestazioni nella giurisprudenza della Corte

Costituzionale, in Riv. Giur. Lav., 1998, II, 390. 159

Cassazione civile sez. lav. 21 maggio 2002, n. 7459, in Dir. e Giust.,

2002, 32, con nota di L. Assi, Principio di correttezza e lesione del credito

del lavoratore assicurato: “Ove il lavoratore abbia dato comunicazione

dell'omissione contributiva del datore di lavoro al competente ente

previdenziale e quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi

omessi, lo stesso ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico

con l'interessato (anche ex art. 1175 e 1176 cod. civ.), alla diligente

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166

dell’Istituto previdenziale successiva alla denunzia), l’automaticità

delle prestazioni attraverso l’accreditamento del periodo assicurativo

oggetto dell’omissione161

.

riscossione di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto

costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla

regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo, ove a

quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della rendita ex art. 13

legge n. 1338 del 1962 o all'azione di risarcimento danni ex art. 2116 cod.

civ.”.

160 Cassazione civile sez. lav. 04 maggio 2002 n. 6409, in Giust. civ. Mass.

2002, 757, Notiziario giur. lav. 2002, 688: “in tema di prestazioni di

previdenza obbligatoria, va riconosciuto il diritto del lavoratore di agire per

far accertare la computabilità dei contributi dovuti e non versati dal datore di

lavoro, ancorché non venga ancora rivendicato il diritto alla relativa

prestazione, atteso che l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla

contestazione dell'ente previdenziale in ordine alla computabilità dei

contributi medesimi.”

161 Cassazione civile sez. lav. 27 agosto 1986 n. 5263, in Giust. civ. Mass.

1986, fasc.8 – 9: “il principio dell'automaticità della costituzione del

rapporto assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in

mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova

applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice

requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve

essere provato dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato

decorso della prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali

contributi possa essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex

art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta

dell'INPS (derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista

dall'art. 2110 c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo

delle prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza

l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa

riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale.

Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter

d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito

contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non

siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle

prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto

di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che

i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da

non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare

la sussistenza di entrambi i presupposti.”

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167

Se il lavoratore accede al beneficio dell’automaticità non può esperire

una azione risarcitoria nei confronti dell’ente previdenziale. E questo

proprio perché, nonostante l’eventuale inerzia e a prescindere dalle

sue cause, opera l’automaticità con la conseguenza che non sussiste

alcun danno da far valere nei confronti degli enti previdenziali.

Gli stessi, infatti, hanno l’obbligo, di natura pubblicistica, di

provvedere al recupero dei contributi omessi162

e se non provvedono,

nonostante la denuncia presentata prima della scadenza del termine

prescrizionale, opera comunque l’automaticità163

.

In sintesi, il lavoratore ha il potere di compiere un atto conservativo

del proprio diritto alla integrità contributiva164

e se offre la prova certa

della sussistenza del rapporto di lavoro non riceve alcun danno perché

l’Inps deve riconoscergli l’automaticità delle prestazioni.

162

Cassazione civile sez. lav. 26 maggio 2000, n. 6911, in Rep. Foro it.,

2000, Previdenza sociale, n. 854, dove la S.C. precisa che il lavoratore non

ha alcuno strumento “(...) per costringerli all'azione di recupero, neanche

può far valere un diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato

recupero, in coerenza, del resto, con l'autonomia del rapporto contributivo

rispetto a quello previdenziale e con la tutelabilità dell'interesse del

lavoratore al versamento dei contributi mediante l'azione che lo stesso - a

diretta conoscenza dei dati di fatto rilevanti - può promuovere nei confronti

del datore di lavoro, affinché adempia l'obbligo, derivante dal rapporto

contrattuale in essere tra le parti, di versare i contributi previdenziali”.

163 Cassazione civile sez. lav. 21 maggio 2002 n. 7459, in Giust. civ. Mass.

2002, 892, per la cui massima si rinvia alla nota 125.

164 P. Capurso, Prescrizione dei contributi e denuncia del lavoratore, in Inf.

prev., 2001, p. 964, ma anche L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi

previdenziali (un profilo singolare della riforma pensionistica, in Arg. Dir.

Lav., 1996, 47).

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168

Non vi è consenso in dottrina se ad avere incidenza sulla prescrizione

sia solo la denunzia che abbia come destinatario l’ente

previdenziale165

, o anche quella rivolta a soggetto diverso dal

creditore, quale la Direzione del lavoro166

, o anche un ricorso con il

quale si chieda la condanna del datore di lavoro al versamento dei

contributi, o ancora una denuncia penale o un atto di costituzione in

mora proposto dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro tenuto

all’adempimento dell’obbligazione contributiva167

. Non vi è

165

In questo senso, C. A. Nicolini, Prescrizione della contribuzione,

automaticità delle prestazioni e tutela dell’anzianità previdenziale dopo la l.

n. 335/1995, in Riv. It. Dir. lav., 1996, I, 312.

166 Cassazione civile sez. lav. 12 maggio 2005 n. 9962, in Orient. giur. lav.

2005, I, 423: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine

quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3,

commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati

anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995

e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di

recupero.”. 167 Il datore di lavoro è il debitore e l’ unico responsabile del pagamento dei

contributi assicurativi sia per la quota a proprio carico che per quella a carico

del lavoratore,. Ne è conferma e ne consegue che sia l’unico soggetto

legittimato all’azione di recupero verso l’Inps ( Cassazione civile sez. lav. 03

agosto 2001 n. 10749, in Foro it. 2001, I,3610: “in ipotesi di indebito

versamento contributivo, il datore di lavoro è l'unico legittimato all'azione di

ripetizione, anche con riguardo alla quota a carico del lavoratore, nei

confronti dell'ente previdenziale, mentre il lavoratore che abbia subito

l'indebita trattenuta sulla retribuzione può agire nei confronti del datore di

lavoro che ha eseguito la trattenuta stessa, anche se il datore di lavoro non ha

ancora ottenuto dall'ente previdenziale il rimborso dei contributi versati e

non dovuti, a tal fine non rilevando la disciplina dettata dal d.l. n. 71 del

1993, in tema di modalità di rimborso delle somme a titolo di sgravi degli

oneri sociali in favore delle imprese, che regola esclusivamente il rapporto

tra detto ente e le imprese creditrici.”); difetto di legittimazione che può

essere accertato anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo

(Cassazione civile sez. lav. 20 novembre 1996 n. 10181, in Giust. civ. Mass.

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169

comunque alcun obbligo di notificare la denuncia anche al datore di

lavoro168

. Detta denuncia, ed è questa la sua particolarità, ha come

autore chi non è creditore (perché creditore è l’Ente previdenziale)169

,

come invece dovrebbe essere per produrre un effetto interruttivo della

1996, 1551: “il datore di lavoro è l'unico soggetto passivo del rapporto

contributivo, anche nel caso in cui abbia il diritto di rivalersi nei confronti

del lavoratore per una quota dei contributi versati all'ente di previdenza o

assistenza, e quindi, in caso di azione per la restituzione di contributi

indebitamente versati dal datore di lavoro, promossa dal lavoratore nei

confronti dell'ente previdenziale, è configurabile (non già l'infondatezza nel

merito della pretesa dedotta in giudizio, ma) il difetto di legittimazione "ad

causam", che va rilevato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio,

col solo limite del giudicato interno, essendo in questione l'instaurazione del

giudizio tra le giuste parti, mentre le ragioni del lavoratore possono essere

fatte valere nei confronti del datore di lavoro, che legittimamente esegue

trattenute retributive per attuare il diritto di rivalsa nei confronti del

lavoratore solo nei limiti della reale sussistenza dell'"an" e nel "quantum"

dell'obbligazione contributiva adempiuta.

Il rapporto contributivo previdenziale intercorre, per legge, esclusivamente

tra datore di lavoro e ente previdenziale; nell'ambito di questo rapporto, il

datore di lavoro non va considerato un rappresentante "ex lege" del

lavoratore ma è in realtà l'unico soggetto passivo del rapporto, obbligato

direttamente - anche per la quota parte di contributi a carico del lavoratore -

nei confronti dell'ente previdenziale. Dalla predetta impostazione discende

che, in caso di indebiti versamenti contributivi, i lavoratori non sono

legittimati ad agire nei confronti dell'ente previdenziale per la restituzione

delle quote contributive a loro carico (ovviamente il lavoratore può agire, per

la restituzione della quota a suo carico - nei confronti del datore di lavoro).”

168 Cass. civile sez. lav. 28 gennaio 2003, n. 1372, in Notiziario giur. lav.

2003, 519, Giust. civ. Mass. 2003, 219, Lavoro nella giur. (Il) 2003, 759:

“con riguardo alla disciplina introdotta dalla l. n. 335 del 1995, che riduce a

cinque anni, a decorrere dal primo gennaio 1996, il termine di prescrizione

per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, salvi i

casi di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti, ai fini dell'applicazione

del termine di prescrizione ordinaria decennale è sufficiente che il lavoratore

abbia presentato una propria denuncia all'Inps, relativa all'omissione

contributiva del datore di lavoro, non essendo posto a suo carico, al fine di

avvalersi del più lungo termine di prescrizione, alcun obbligo di notificare la

denuncia anche al datore di lavoro.”

169 e come destinatario l'ente previdenziale e non il datore di lavoro.

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170

prescrizione170

. E tale denuncia sembra idonea ad incidere sulla

durata del termine prescrizionale171

, in deroga alla disciplina generale

che prevede il divieto, per le parti, di disporre della prescrizione172

.

170

A. Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel

quadro della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi

previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, 727; M. Cinelli, Diritto della previdenza

sociale, Giappichelli, Torino, 1999, p. 231; P. Capurso, op. cit., 962; L.

Montuschi, op. cit., p. 47.

171 P. Parisella, Termini di prescrizione dei contributi previdenziali: appunti a

margine di una recente pronuncia della Cassazione, in Mass. giur. lav., 2003,

4, p. 267; C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle

prestazioni e tutela dell'anzianità previdenziale dopo la legge n. 335 del

1995, in Riv .it. dir. lav. 1996, 3, p. 295; A. Rondo, La facoltà di denuncia

del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla

prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, p. 727; P.

Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore,

in Inf. prev., 2001, p. 960). Per una lettura dell’art. 3 comma 9 L. 335 del

1995 come avente “valore premiale del dovere di collaborazione del

soggetto protetto” R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,

Cedam,Padova 2012, 449.

172 C.A. Nicolini, op. cit., p. 312; Cassazione civile sez. lav.

24 marzo 2005 n.6340 in Giust. civ. Mass. 2005, 3: “nella materia

previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione

già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti - ai sensi dell'art. 3,

comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le contribuzioni relative a

periodi precedenti la entrata in vigore della stessa legge (comma 10 del

medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza

obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la prescrizione

ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente previdenziale

creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio.

Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare contributi

previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla

Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per il periodo coperto

da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa

stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle

contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che

prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente previdenziale, ed

insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o,

comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, momento

dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale dello stesso credito

contributivo. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non

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171

trova applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero

professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge

(o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, dispongano in senso

contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori

impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e,

comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì

che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché

eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a

favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato

dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni

che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955

al 1967) dello stesso principio.”

Cassazione civile sez. lav. 16 agosto 2001 n. 11140, in Giust. civ. Mass.

2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di:

Bagianti): “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il

regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle

parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni

forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10

dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della

entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi

un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali

prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi

rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di

meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i

dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere

il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi

ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.”

Cassazione civile sez. lav. 10 dicembre 2004 n. 23116 in Giust. civ. Mass.

2005, 1: “nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già

maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla

disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto

soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la

prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche

d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella

specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei

contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato

dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo

precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del

r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in

base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica

anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima

legge.”

Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002 n. 330, in Foro it. 2002, I,1023:

“si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a

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172

Infatti la legge 335 del 1995 all’art. 3 comma 9 prevede che a

decorrere dal 1° gennaio 1996, il termine prescrizionale è ridotto a

cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.

Controversa è anche la questione del termine entro il quale la

denuncia debba essere effettuata per poter esplicare gli effetti sopra

indicati, aspetto che risente della difficile collocazione sistematica

della norma. Il lavoratore, infatti, non essendo parte del rapporto

contributivo, non dovrebbe avere il potere di incidere sulla durata del

termine prescrizionale e, comunque, non dovrebbe essere lasciata alla

sua discrezione, la possibilità di far valere o meno l’ avvenuta

prescrizione 173

. Secondo una interpretazione letterale della norma, il

termine per effettuare la denunzia dovrebbe essere lo scadere del

versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia

previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione

già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per

il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile

dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l.

335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del

successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi

prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.”

173 Cassazione civile sez. lav., 06 dicembre 1995, n. 12538, in Giust. civ.

Mass. 1995, fasc. 12, “…il principio della irrinunciabilità della prescrizione

è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo

del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un

sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico, nell'ambito

del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente gestore e i

cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non siano prescritti e

che, comunque, non sia lasciata alla discrezione dell'interessato la possibilità

di far valere o meno l'avvenuta prescrizione.”

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173

decennio174

, ma la giurisprudenza più recente e parte della dottrina

ritengono la denunzia utile ai fini interruttivi solo se pervenuta entro il

quinquennio 175

in quanto il prolungamento del termine (da 5 a 10

anni) avrebbe la possibilità di operare solo laddove il diritto non fosse

venuto già venuto meno; in altri termini, affinché il termine medesimo

possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il credito

contributivo esista ancora e non sia già estinto per il maturare del

quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel caso

in cui, durante questo lasso di tempo non intervenisse la denunzia.

L’Inps, originariamente, propendeva per la prima tesi e, nella

circolare n. 18 del 1996176

, osservava che il legislatore, con la

174 P. Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del

lavoratore, in Inf. prev., 2001, 963; P. Capurso, Ius superveniens e rapporto

contributivo: problemi attuali in tema di prescrizione e regime sanzionatorio

dell’inadempimento, in Riv. Giur. Lav., 407; P.Boer, L’incidenza della

denuncia del lavoratore sul termine di prescrizione dei contributi

previdenziali, in Mass. Giur. Lav., 2005, 769.

175 Cassazione civile sez. lav. 24 febbraio 2006, n. 4153, in Dir. Rel. Ind.,

2007, 212.

Sul punto, i contributi di P. Capurso, Prescrizione dei contributi

previdenziali e denuncia del lavoratore, cit.; M. Pallini, Gli effetti

dell’autodenuncia del datore e della denuncia successiva del lavoratore sul

termine prescrizionale applicabile in materia di omissioni contributive in

Riv. It. Dir. Lav., 2001, II, 822; M. Sferrazza, L’efficacia della denuncia nel

corso della prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav. prev. Oggi,

2007, 862; L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi previdenziali (un

profilo singolare della riforma pensionistica), in Arg. Dir. lav., 1996, 49; A.

Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro

della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in

Lav. Giur., 2001, 727.

176 Per il testo completo della circolare si rinvia alla nota 141.

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174

disposizione richiamata, ha voluto porre un’eccezione alla generale

prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che

spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri

confronti, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei

contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti 177

.

177 in senso difforme, da ultimo, l’orientamento della Cassazione civile sez.

lav. 07 gennaio 2009 n. 73, in Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156: “in materia di

prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria

in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10, l. 8 agosto 1995 n.

335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, del citato

art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il termine quinquennale

di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato

prima della data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è

idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo

quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto termine

quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più

operare il prolungamento dello stesso termine una volta che il credito

contributivo risulti già prescritto. (Fattispecie relativa a denuncia del

lavoratore intervenuta in data 19 settembre 1994 in ordine a contributi

previdenziali attinenti a fattispecie di licenziamento illegittimo del 19

febbraio 1981, rispetto ai quali era già ampiamente maturato il termine di

prescrizione quinquennale).”

Cassazione civile sez. lav., 10 marzo 2010 n. 5811, in Giust. civ. Mass.

2010, 4, 487: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza

e di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in

vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo

regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera,

al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il

nuovo termine di prescrizione più breve, con decorrenza dall'1 gennaio 1996,

trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima

parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato

versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che,

in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della

legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di

cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere

inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att.

c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime

precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio

dalla denuncia del lavoratore.”

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L’Ente riteneva, pertanto, che il suddetto effetto, in quanto eccezione,

non possa che essere legato ad una denuncia formale del lavoratore,

diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una

omissione contributiva, parziale o totale178

.

Cassazione civile sez. lav. 24 gennaio 2012 n. 948, in Giust. civ. Mass.

2012, 1, 68: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza

e di assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del

1995, nel prevedere la riduzione del termine di prescrizione da decennale a

quinquennale con decorrenza dalla data di maturazione del credito, è

immediatamente efficace, non avendo introdotto alcun effetto sospensivo del

decorso della prescrizione. Ne consegue che, con riguardo ai contributi

maturati precedentemente all'entrata in vigore della nuova normativa, la

denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine

decennale solo se sia intervenuta prima della scadenza del termine

quinquennale, senza che rilevi che tale scadenza intervenga in epoca

anteriore alla stessa entrata vigore della nuova disciplina, dovendosi

escludere che possa operare il prolungamento del termine una volta che il

credito contributivo risulti già prescritto.”

Cassazione civile sez. lav. 20 febbraio 2012 n. 2417, in Red. Giust. civ.

Mass. 2012, 2: “in tema di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e

assistenza obbligatoria, in base alla disciplina dell'art. 3, commi 9 e 10, della

legge n. 335 del 1995, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo

periodo, dell'art. 3, comma 9, cit., in relazione a contributi scaduti

anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, è idonea a mantenere il

precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta

prima della maturazione del nuovo termine quinquennale di prescrizione

decorrente dalla scadenza (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non

potendo più operare il prolungamento del termine una volta che il credito

contributivo risulti già prescritto. (Nella specie, relativa ad obbligo

contributivo scaduto nel settembre 1993, la S.C., applicando il principio, ha

respinto il ricorso dell'istituto previdenziale contro la decisione di merito che

aveva ritenuto inidonea a mantenere il termine di prescrizione decennale la

denuncia del lavoratore intervenuta soltanto nel settembre 1999, e quindi

oltre il quinquennio dalla scadenza).”

178 “Va da sé che tale denuncia formale può essere sottoscritta dal lavoratore

anche durante lo svolgimento dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti

al dipendente dall'Ispettore di vigilanza”. Così, circolare Inps n. 18 del

1996.

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176

Di segno opposto è invece l’orientamento giurisprudenziale che ritiene

come il prolungamento del termine abbia la possibilità di operare solo

laddove il diritto non sia già venuto meno; in altri termini, affinché il

termine medesimo possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il

credito contributivo esista ancora e non sia già estinto per il maturare

del quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel

caso in cui, durante questo lasso di tempo non intervenisse la

denunzia. Trattasi di un orientamento che considera la denuncia

produrre un effetto analogo a qualsiasi atto interruttivo della

prescrizione che, come tale, deve intervenire in pendenza del termine

e non dopo la scadenza del termine e, quindi, a diritto estinto. E a tale

orientamento giurisprudenziale, più di recente con la circolare n.31 del

2.3.2012179

si è adeguato anche l’INPS.

179 Circolare n.31 del 2.3.2012: “La legge 8 agosto 1995, n. 335, entrata in

vigore il 17 agosto 1995, all’art. 3, commi 9 e10, ha disciplinato, come noto,

il nuovo regime di prescrizione della contribuzione di pertinenza del Fondo

pensioni lavoratori dipendenti e delle gestioni pensionistiche nonché di tutte

le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatoria.

L’interpretazione coordinata dei due commi dell'art. 3, necessaria a definire

l’esatta applicazione della norma, ha dato luogo ad un lungo contrasto

giurisprudenziale che ha richiesto, anche da parte dell’Istituto,

l’adeguamento nel tempo delle disposizioni impartite in materia.

Quanto il tema continui ad avere rilievo è dimostrato dai ripetuti interventi

giurisprudenziali che si sono succeduti nel tempo anche per la fattispecie

della prescrizione in presenza della denuncia del lavoratore o dei suoi

superstiti.

A tale riguardo, con la presente circolare si forniscono le istruzioni

specifiche alla luce dei mutati orientamenti giurisprudenziali, da ritenersi

ormai costanti e consolidati, che affermano che la denuncia del lavoratore

deve avvenire prima dello spirare della prescrizione quinquennale per

consentire il meccanismo del raddoppio della prescrizione da cinque a dieci

anni previsto dall’art. 3, comma 9, lett.a) ultimo periodo, della legge

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n.335/95. 1. Quadro normativo di riferimento. E’ opportuno ricordare che

con l’art. 3, commi 9 e 10 della legge in trattazione, in tema di prescrizione,

si è delineato il seguente quadro:

a)i contributi relativi a periodi precedenti al 17 agosto 1995, si prescrivono

in cinque anni dal 1° gennaio 1996. Qualora siano intervenuti atti interruttivi

o siano state poste in essere procedure di recupero prima del 17 agosto 1995,

continua ad applicarsi, agli effetti del computo del più ampio termine

prescrizionale (13 anni), la sospensione prevista dall’ art. 2, comma 19, del

D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11

novembre 1983, n. 638. Diversamente, qualora gli atti o le procedure di

recupero siano stati compiuti entro il 31 dicembre 1995, permane il termine decennale di prescrizione.

b)i contributi dovuti per il finanziamento del Fondo pensioni lavoratori

dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie in scadenza

successivamente al 17 agosto 1995, conservano una prescrizione decennale

fino al 31 dicembre 1995. A decorrere dal 1° gennaio 1996, la prescrizione è ridotta a cinque anni;

c) la denuncia del lavoratore o dei suoi aventi causa effettuata,

successivamente al 1° gennaio 1996, entro cinque anni dalla scadenza del

termine previsto per il versamento della contribuzione non denunciata,

consente la conservazione della prescrizione decennale per i contributi

dovuti a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie;

d)i contributi dovuti ai Fondi per le prestazioni previdenziali e assistenziali

in scadenza successivamente al 17 agosto 1995, si prescrivono da tale data in

cinque anni. 2. La denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti diretta al

recupero della contribuzione non denunciata. Giova ricordare

preliminarmente che la denuncia costituisce lo strumento attraverso il quale

il legislatore ha inteso offrire al lavoratore o ai suoi superstiti la possibilità di

ottenere il riconoscimento della contribuzione non denunciata dal soggetto

tenuto per legge all’adempimento contributivo che si trova in posizione di

terzietà rispetto al denunciante. Pertanto, sono legittimati ad effettuare la

denuncia i lavoratori subordinati o a progetto, i lavoratori con contratto di

collaborazione coordinata e continuativa, gli associati in partecipazione, i

coadiuvanti dell’imprenditore artigiano e commerciante e i componenti del

nucleo familiare dei lavoratori autonomi agricoli.In ordine gli effetti

derivanti dalla denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti,la Suprema Corte

di Cassazione, nel confermare la validità degli atti interruttivi compiuti

prima del 17 agosto 1995 e tra il 17 agosto ed il 31 dicembre1995, ha

ribadito che, a decorrere dal 1° gennaio 1996, il termine di prescrizione dei

contributi è quinquennale. In particolare, con riferimento alla data del 17

agosto 1995, ai fini della conservazione della prescrizione decennale,la Corte

ha chiarito che: Qualora, alla medesima data, siano trascorsi cinque anni

dalla scadenza dell’obbligo contributivo, la denuncia del lavoratore o dei

suoi superstiti, se intervenuta entro il 31 dicembre 1995, realizza il

medesimo effetto conservativo della prescrizione decennale analogamente

agli effetti degli atti interruttivi posti in essere dall’Istituto nel medesimo

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periodo; Qualora, al 17 agosto 1995, non sia trascorso il termine di cinque

anni dalla scadenza dell’obbligo contributivo, il termine di prescrizione

decennale permane a condizione che, prima della scadenza del quinquennio,

intervenga una denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. A decorrere dal

1° gennaio 1996, i contributi dovuti per il finanziamento del Fondo pensioni

lavoratori dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie si

prescrivono in cinque anni. Tuttavia, l’espressa previsione dell’art. 3, commi

9 e 10 della legge n 335/1995, non impedisce la possibilità che possa essere

mantenuto il termine prescrizionale decennale qualora il lavoratore o i suoi

superstiti presentino all’Istituto una denuncia entro il termine di cinque anni

dalla scadenza dei contributi per i quali si chiede il recupero. La denuncia, se

compiuta secondo le modalità descritte al successivo punto e nei termini

sopra indicati, è atto di per sé idoneo ad interrompere, per i successivi dieci

anni dalla data in cui è avvenuta, il decorso della prescrizione.

Laddove, diversamente, la stessa venga effettuata oltre il predetto termine di

cinque anni dalla scadenza dei contributi dei quali il lavoratore o i suoi

superstiti chiedono il recupero, la contribuzione si considera prescritta e,

qualora il datore di lavoro provveda ad effettuarne spontaneamente il

versamento, l'Istituto deve procedere d'ufficio al suo rimborso. In relazione a

ciò, le disposizioni impartite in materia con la circolare n. 262 del 13 ottobre

1995, devono essere conformate alle indicazioni sopra descritte. 3. Idoneità

degli atti conservativi del termine decennale. Come già illustrato al punto

precedente, la denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti può, in talune

ipotesi, determinare la conservazione del precedente termine decennale.

Occorre, tuttavia, precisare, in accordo con l’ormai costante giurisprudenza,

che per tale si deve intendere soltanto la denuncia di omissione contributiva

presentata all’Istituto dall’interessato (o dai superstiti) ai fini del recupero

dei contributi non denunciati e che, in tal caso, l’allungamento del termine

prescrizionale opera indipendentemente dal fatto che l’Istituto si attivi o

meno, nei confronti del datore di lavoro inadempiente, con le opportune

azioni di recupero. Gli operatori della funzione accertamento e gestione del

credito dovranno procedere alla tempestiva gestione delle denunce

effettuando le verifiche documentali poste a fondamento della richiesta del

lavoratore e provvedendo, in presenza di tutti gli elementi richiesti, alla

quantificazione del credito dell'Istituto e alla notifica al contribuente dell'atto

di diffida al pagamento di quanto richiesto.

La funzione vigilanza dovrà essere attivata esclusivamente qualora la

documentazione agli atti della denuncia non consenta la definizione in via

amministrativa della richiesta.

Per quanto riguarda gli atti interruttivi (o gli atti di inizio di procedure di

recupero) posti in essere dall’Istituto e ritenuti idonei ai fini

dell’applicazione del preesistente termine di prescrizione decennale, oltre a

richiamare quanto già rappresentato in proposito con la circolare n. 69 del 25

maggio 2005, si precisa che tra questi rientra qualunque concreta attività di

indagine o attività ispettiva compiuta dall’Istituto in qualità di titolare della

contribuzione omessa.

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Con la denunzia, ad ogni modo, è reso possibile al lavoratore

intervenire nel rapporto INPS- datore e, precisamente, nel

meccanismo di azione e di recupero dei contributi dal parte

dell’Istituto Previdenziale nei confronti del datore di lavoro.

Infatti, mentre in passato si riteneva che la situazione soggettiva

esistente tra i tre soggetti sopra specificati (Ente- datore- lavoratore)

desse luogo ad un rapporto trilatero 180

, successivamente 181

la

Giurisprudenza ha ritenuto si fosse in presenza di una pluralità di

rapporti bilaterali e più precisamente: il rapporto contributivo esistente

tra datore di lavoro (assicurante) e Istituto previdenziale

(assicuratore), il rapporto previdenziale concernente l’erogazione delle

prestazioni ed esistente tra Istituto assicuratore e lavoratore assicurato

Al contrario, non potranno ritenersi idonei a determinare l'applicabilità del

termine decennale di prescrizione, atti d'iniziativa, assunti da soggetti

diversi, tra i quali si annoverano i verbali di altri Enti contenenti la

contestazione dell'omissione contributiva.

Ricorrendo tale fattispecie, l'omissione contributiva, analogamente a quanto

previsto in caso di denuncia del lavoratore, dovrà essere notificata al

contribuente riportando nell'atto di diffida il riferimento all'atto di

accertamento posto a base della richiesta.”

180 Cassazione civile sez. lav. 24 aprile 1985 n. 2692 in Giust. civ. Mass.

1985, fasc. 4: “la domanda di un agente di commercio la quale, attraverso la

richiesta di una sentenza di condanna all''ENASARCO ad accettare il

versamento dei contributi da parte della ditta preponente, tenda

all'instaurazione del rapporto assicurativo- previdenziale, che ha carattere

trilaterale, comporta che nel relativo giudizio così promosso dal lavoratore

(assicurato) contro l'ente previdenziale (assicuratore) debba essere presente,

quale parte necessaria, anche la ditta preponente (assicurante).”

181Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8. La massima è riportata nella nota successiva.

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ed il rapporto tra assicurato (lavoratore) e assicurante (datore di

lavoro). Da quest’ultimo rapporto sostanziale nascono diritti soggettivi

direttamente tutelabili dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro.

Tra di essi vi è quello che permette al lavoratore, durante il corso del

rapporto assicurativo e sin dal momento in cui si è verificato il

mancato versamento dei contributi, di esercitare un’azione di tipo

contrattuale contro il datore di lavoro inadempiente al fine di avere

regolarizzata la propria posizione assicurativa182

(sul punto si rinvia al

182 Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.

2004, 7-8: “tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è

configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue

che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio

necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il

lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore

di lavoro.

Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro

e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente

assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso

dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,

consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio

sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di

questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del

diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”).Si segnala come alcune

decisioni della S.C. ritenevano che in relazione al disposto di cui all’art. 55

del r.dl. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei

contributi di assicurazione obbligatoria si verifica solo per effetto degli atti

posti in essere dall’INPS titolare del diritto di credito e non anche quando

uno di tali atti sia posto in essere da lavoratore (Cassazione civile sez.

lav.10giugno1992 n.7104 in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione

previd. 1992, 1304: “in relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4

ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di

assicurazione obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare

versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo per

effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere dall'INPS (titolare

del relativo diritto di credito), e non quando anche uno di tali atti sia posto in

essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi

proposta nei confronti del datore di lavoro.”).

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181

I Capitolo, I paragrafo, dove si è affrontato il tema del diritto alla

integrità della posizione assicurativa).

5.5LA SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE:

APPLICABILITA’ DELL’ART. 2941 N.8 C.C.

L’art. 2935 del codice civile stabilisce che “la prescrizione comincia a

decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

Il successivo articolo 2941 n. 8 dispone che “la prescrizione rimane

sospesa tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del

debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione183

si è espressa nel senso

che l’articolo 2935 faccia riferimento esclusivamente alla possibilità

183 Cassazione civile sezione lavoro 08 luglio 2009 n. 15991 in Red. Giust.

civ. Mass. 2009, 7-8: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art.

2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della

prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino

l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli

di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e

tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista

dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del

fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale

diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella

specie, relativa alla domanda di corresponsione di importi integrativi di

assegni di pensione, la S.C. ha precisato che il termine prescrizionale

decorreva dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere, e non

da quello successivo nel quale i pensionati risultavano avere appreso

dell'esistenza di una circolare che prevedeva che i benefici venissero

riconosciuti anche al personale cessato dal servizio); così anche Cassazione

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giuridica di far valere il diritto, non dando alcuna rilevanza alla

possibilità materiale di farlo valere.

“L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.

attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della

prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne

ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti

civile sez. lav. 27 giugno 2011 n. 14163 Giust. civ. Mass. 2011, 6, 962:

“L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce

rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo

quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non

comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per

i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di

sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato

articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del

suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo

indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, relativa alla

domanda diretta ad ottenere le differenze sulla pensione aziendale, la S.C.,

nel rigettare il ricorso, ha ritenuto privo di rilievo, ai fini dell'interruzione

della prescrizione, il ricorso già presentato per il conseguimento della

superiore qualifica, atteso che all'epoca non era stato chiesto l'incremento del

trattamento pensionistico, restando escluso che assumesse valore impeditivo

il ritardo indotto dalla necessità di procedere all'accertamento del diritto alla

maggiore retribuzione). E Cassazione civile sez. VI, 07 marzo 2012,n.3584

Giust. civ. Mass. 2012, 3, 285: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla

quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza

della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che

ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti

soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941

prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva

l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza,

da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio

soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità

del suo accertamento. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha

respinto il ricorso avverso la decisione di merito che, nel dichiarare

parzialmente prescritto il diritto alla pensione sociale sostitutiva, non aveva

attribuito rilievo ai tempi di accertamento giudiziale del diritto alla pensione

di invalidità civile, oggetto di sostituzione).”

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183

soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art.

2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le

quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non

rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo

diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il

ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento”.

L’articolo 2941 n° 8 sembrerebbe porsi, quindi, anche

nell’interpretazione giurisprudenziale, quale eccezione al principio

generale per cui gli ostacoli di fatto e gli impedimenti soggettivi non

rilevino ai fini della decorrenza del termine prescrizionale.

Sorge quindi la necessità di individuare le ipotesi di doloso

occultamento e se le stesse siano integrate dall’ omessa iscrizione del

lavoratore autonomo alla debita gestione previdenziale e dalla

mancata registrazione del lavoratore dipendente.

E se risulti, in qualche modo, in questi casi rilevante il contegno

dell’Inps.

La giurisprudenza, però, salvo sporadiche pronunce184

, non giunge a

questa conclusione esigendo dall’Istituto qualcosa in più della

184 Tribunale di Milano 10/14.4.2003, n. 1165: “in caso di verifica ispettiva

che accerti scoperture contributive in relazione ad attività economica mai

dichiarata all’INPS, resta sospesa, per i periodi pregressi e fino alla data

dell’ispezione stessa, la prescrizione dei contributi, ricorrendo un’ipotesi di

doloso occultamento del debito ex art. 2941 n. 8 cc.”

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normale diligenza richiesta a livello generale al creditore nei casi di

occultamento del credito ad opera del debitore.

Infatti la giurisprudenza prevalente, nonostante la norma del codice

civile non faccia espresso riferimento al concetto di impossibilità, ma

solo all'occultamento del credito ( quindi alla rappresentazione di una

situazione non corrispondente alla realtà al fine di superare la normale

diligenza del creditore; il ricorso ad un criterio di impossibilità

assoluta rischierebbe di togliere alla disposizione ogni concreta

possibilità di applicazione) sembra ritenere che la causa di

sospensione della prescrizione operi solo quando sia posto in essere

dal debitore un comportamento tale da comportare per il creditore una

vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di

accertamento del credito185

. Si pone in tal modo un criterio che non

185

Cassazione civile, sezione lavoro 24 ottobre 1998 n. 10592, in Giust. civ.

Mass. 1998, 2173: “La causa di sospensione della prescrizione di cui all'art.

2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posto in essere dal debitore un

comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l'esistenza

dell'obbligazione, consistente in una condotta ingannatrice e fraudolenta tale

da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, non

una mera difficoltà di accertamento del credito. (Fattispecie in materia di

mancata precisazione da parte di una Usl, nelle informative periodicamente

inviate ai medici convenzionati, dell'esatto importo loro dovuto per le

prestazioni eseguite).” Cassazione civile, sezione lavoro 23 gennaio 2004 n.

1222, in Giust. civ. Mass. 2004, 1: “la causa di sospensione della

prescrizione di cui all'art. 2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posto in essere dal

debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al

creditore l'esistenza dell'obbligazione, consistente in una condotta

ingannatrice e fraudolenta tale da comportare per il creditore una vera e

propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento del

credito. (Nella specie, la S.C ha cassato la sentenza di merito che aveva

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185

impone certo di far riferimento ad una impossibilità assoluta di

superare l'ostacolo posto dalla condotta del debitore, ma richiede di

considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non

sormontabile con ordinari controlli186

.

ravvisato tale condotta in una circolare dell'Ente Ferrovie dello Stato volta

soltanto a rassicurare i dipendenti in ordine alla non decorrenza della

prescrizione del credito per il compenso per lavoro straordinario);

Cassazione civile sezione lavoro 14 novembre 2011 n. 23809 in Giust. civ.

Mass. 2011, 11, 1608 : “in tema di diritto all'equo compenso previsto dall'art.

23 r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, non costituisce causa di sospensione della

prescrizione ai sensi dell'art. 2941, n. 8, c.c., l'occultamento, da parte del

datore di lavoro, della notizia della concessione di brevetto per l'ideazione di

macchina destinata ad attività industriali, cui abbia proceduto un dipendente,

in quanto la mera consultazione del registro dei brevetti è idonea, per lo

speciale regime di pubblicità che regola la materia, a consentire, con

l'impiego dell'ordinaria diligenza, la conoscenza di tale avvenuto

riconoscimento, dovendosi conseguentemente escludere la configurabilità, in

danno del creditore, di una vera e propria impossibilità di agire o comunque

di un impedimento non sormontabile con normali controlli.”

186 Cassazione civile, sezione lavoro 17 aprile 2007 n. 9113 in Giust. civ.

Mass. 2007, 4: “l'operatività della causa di sospensione della prescrizione di

cui all'art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una

condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità

di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la

conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento

ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal

comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto

dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli

ordinari controlli. (Nella specie, relativa a controversia in materia di

opposizione a cartelle esattoriali per il recupero di crediti riconducibili al

pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cnpaf nei confronti di alcuni

avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata

al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle

dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla

Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo

le necessarie informazioni dai competenti uffici finanziari ai sensi dell'art. 17

della legge n. 576 del 1980)”.

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186

Pertanto tale orientamento sembra ritenere che anche nei casi di

“lavoro in nero” o mancata iscrizione del lavoratore autonomo alla

debita gestione previdenziale l’Istituto sia onerato di mettere in atto,

attraverso gli uffici a sua disposizione e a ciò deputati, tutti i controlli

possibili al fine di porsi nelle condizioni di conoscere l’esistenza del

credito. Le predette ipotesi sarebbero quindi una “mera difficoltà di

accertamento del credito” e non un “impedimento non sormontabile

con normali controlli”. E quindi non opererebbe la sospensione di cui

all’art. 2941 n.8.

Tuttavia una recente sentenza della Corte di Appello di Roma sembra

muovere in un altro senso rispetto alla prospettiva giurisprudenziale

prevalente: “la calendarizzazione dei pagamenti opera quando il

soggetto sia iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente

all’Ente di assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia

stata l’iscrizione” configurando esplicitamente la mancata iscrizione

come “attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore

l’esistenza dell’obbligazione” ingenerando “una situazione obiettiva

che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio

diritto”. 187

187

Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, 15 marzo 2013 n. 2548/2013:

“La calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia iscritto

alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di assumere le

proprie determinazioni, non quando non vi sia stata l’iscrizione configurando

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187

La sentenza menzionata ritiene pertanto che la mancata iscrizione del

lavoratore autonomo alla propria gestione previdenziale integri la

fattispecie dell’occultamento doloso del debito legittimante la

sospensione della decorrenza del termine prescrizionale in quanto

all’Istituto sarebbe preclusa la possibilità di conoscere e

calendarizzare il credito.

Il successivo arresto logico, allora, potrebbe essere quello di ritenere

che la mancata registrazione del lavoratore subordinato (il cosiddetto

lavoro in nero) integri la fattispecie del doloso occultamento del

debito.

Ma sul punto non possono non trovare spazio considerazioni in ordine

ai riflessi concreti che la disciplina dell’istituto della sospensione della

prescrizione produce per il sistema previdenziale in generale.

esplicitamente la mancata iscrizione come attività diretta intenzionalmente

ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione ingenerando una

situazione obiettiva che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il

proprio diritto.” In motivazione la predetta sentenza richiama l’orientamento

della Cassazione civ. Sez. III 17 luglio 2002, n. 10383, in Giust. civ. Mass.

2002, 1255, secondo la quale “la operatività della causa di sospensione

della prescrizione prevista dall’art. 2941 n.8 c.c. presuppone che in atti

risulti la prova che il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del

debito al creditore. Detta prova si concreta nell’accertamento che il debitore

abbia creato una situazione del tutto non corrispondente alla realtà al fine di

superare la normale diligenza del creditore.”

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188

A ben guardare, infatti, non sempre e non necessariamente la

sospensione del termine prescrizionale e la conseguente possibilità di

recupero della contribuzione omessa arreca vantaggi allo Stato.

E questo perché la semplice possibilità per l’Inps di recuperare i

contributi omessi in quanto non prescritti determina automaticamente

l’applicazione del principio di automaticità delle prestazioni. Con le

ovvie conseguenze già analizzate.

CONCLUSIONI

Nei regimi pensionistici si verifica l’ acquisizione, da parte del

soggetto protetto, di una anzianità previdenziale cioè di periodi di

tempo da considerare rilevanti ai fini dell'an e del quantum della

futura ed eventuale pensione.

Grazie al progressivo accumulo ed al raggiungimento della misura

non inferiore al minimo previsto dalla legge il soggetto diviene

"meritevole" di accedere ai trattamenti.

Tale anzianità è un vero e proprio bene giuridico, un diritto attuale e

non una mera aspettativa rispetto alla pensione che il soggetto vanta

nei confronti dell'ente previdenziale competente e che, come tale,

viene protetto dall'ordinamento.

E a differenza dei contributi previdenziali, che sono prescrittibili,

l'anzianità previdenziale è imprescrittibile, stante la sua natura di

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189

diritto di status, e comunque il suo intimo collegamento con il diritto a

pensione, anch’esso imprescrittibile, acquisibile al raggiungimento dei

requisiti di legge.188

.

Il diritto a pensione ha l’ anzianità previdenziale come sua

componente essenziale, giacché quest'ultima, combinata con altri fatti

giuridici (età del soggetto, invalidità, morte), o, addirittura, da sola

(nella pensione di anzianità) si converte, in un certo momento, nel

diritto medesimo.

Le conseguenze di simile ricostruzione non sono di poco conto,

giacché l'anzianità previdenziale viene a condividere molte delle

caratteristiche del diritto a pensione, quali, oltre all'imprescrittibilità,

l'irrinunciabilità, l'inalienabilità, l'indisponibilità, l'intrasmissibilità,

l'inviolabilità.

Pertanto, la prima particolarità del c.d. "principio di automaticità", nei

regimi i.v.s., sta nel fatto che lo stesso, prima ancora di influire

sull'acquisto delle prestazioni previdenziali vere e proprie incide sulla

posizione giuridica che le precede costituita dall'anzianità

previdenziale.

188

A. Lener, Prescrizione estintiva e rapporto fondamentale, RDC, 1970,

253. L’imprescrittibilità del diritto a pensione, espressamente prevista per il

settore del pubblico impiego (art. 5, D.P.R. n. 1092/1973), vale anche per

tutti gli altri settori del sistema previdenziale (art. 38, Cost.; L. n. 153/1969;

art. 2115 e 2934, c.c.). Si prescrivono invece i ratei di pensione (con un

termine diverso a seconda se maturati e non liquidati o se già liquidati e non

riscossi). Sul punto R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,

Cedam, Padova 2012, 522.

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190

E neppure l'acquisto di tale anzianità avviene in modo totalmente

automatico, cioè in forza del solo svolgimento di una prestazione

lavorativa subordinata perché occorre il pagamento dei contributi

effettuato regolarmente o, comunque, nei termini di prescrizione.

Una vera e propria automaticità, intesa come avverarsi di effetti

giuridici conseguenti alla sola esistenza di un rapporto di lavoro

subordinato, va piuttosto riferita alla costituzione del rapporto

previdenziale (nonché di quello contributivo), la quale, come è stato

delineato nel 4° paragrafo del I capitolo, rappresenta un fenomeno

distinto dall'automaticità sia delle prestazioni sia dell’anzianità

contributiva.

Il rapporto previdenziale pensionistico complessivamente inteso

presenta uno stadio evolutivo che va da una fase iniziale, precedente

all'acquisizione di un'anzianità previdenziale, alla successiva, graduale

costituzione ed accumulazione dell'anzianità medesima, sino alla

maturazione dei requisiti del diritto a pensione (raggiungimento

dell'anzianità minima prevista dalla legge, eventualmente correlata

all'età anagrafica o all'invalidità, o, per la prestazione ai superstiti, alla

morte del titolare dell'anzianità predetta), per giungere all'acquisizione

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191

del trattamento vero e proprio (in seguito a domanda): secondo lo

schema tipico della fattispecie a formazione progressiva189

.

E la disciplina della prescrizione dei contributi rileva in questa

fattispecie a formazione progressiva perché preclude che i periodi

prescritti possano essere rilevanti ai fini dell’ anzianità previdenziale

e, conseguentemente, del diritto a pensione.

189 Per una ricostruzione del rapporto giuridico previdenziale quale

“fattispecie a formazione progressiva, nella quale il sorgere del diritto alla

prestazione è condizionato dalla preesistenza cronologica di specifici fatti

richiesti dal legislatore, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,

Cedam, Padova 2012, 469 ss.

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192

GIURISPRUDENZA

Di seguito si riportano le massime delle sentenze menzionate

nell’elaborato.

ANNO 1982

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 13 febbraio 1982

Numero: n. 924

Parti: Artieri C. RAI

Fonti: Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 2.

Al fine di elidere il pericolo del danno futuro della perdita totale o

parziale della pensione, è concessa al lavoratore azione giudiziaria per

la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi

assicurativi non versati e non prescritti, mentre, per quelli omessi e

prescritti, al lavoratore medesimo spetta, ai sensi dell'art. 13 della

legge n. 1338 del 1962 e prima che si sia concluso il complesso

rapporto giuridico previdenziale, soltanto l'azione (estranea alla

fattispecie risarcitoria ex art. 2116 c.c.) per la costituzione coattiva di

una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione

obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai

contributi omessi.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 ottobre 1982

Numero: n. 5377

Parti: SIP C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9

Per gli iscritti al fondo speciale di previdenza degli addetti ai pubblici

servizi di telefonia, ove la contribuzione assicurativa sia stata

effettuata su una retribuzione inferiore a quella corrisposta, il tardivo

versamento dei contributi non prescritti non è idoneo a conferire il

diritto alla maggiorazione della pensione. Infatti, per i detti dipendenti

l'art. 20, comma 1, della l. 4 dicembre 1956 n. 1450 collega la misura

della pensione non soltanto all'entità della retribuzione ma anche

all'effettivo versamento dei relativi contributi, mentre il comma

aggiunto all'art. 27 del r.d.l. 30 aprile 1939 n. 636 dall'art. 40 della l.

30 aprile 1969 n. 153 concerne ipotesi di automatismo finalizzato

unicamente al raggiungimento del diritto alle prestazioni e, infine,

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l'art. 23 ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267, che (nel testo risultante

dalla legge di conversione 11 agosto 1972 n. 485) ha sostituito l'art. 40

della citata legge n. 153 del 1969, non può ritenersi applicabile agli

iscritti al fondo speciale predetto - che è regolato da propria ed

autonoma disciplina - in base al generico rinvio alle disposizioni della

assicurazione generale obbligatoria contenuta nel comma 1 dell'art. 37

della citata legge n. 1450 del 1956.

L'automatismo delle prestazioni di pensione disciplinato

nell'assicurazione generale obbligatoria all'art. 23-ter della legge n.

485 del 1972 non opera nel fondo di previdenza per gli addetti ai

pubblici servizi di telefonia in concessione, perché il generico rinvio

alla disciplina generale contenuto all'art. 37 della legge n. 1450 del

1956 non consente la recezione di istituti contrastanti con quelli

presenti nel fondo speciale, ed in particolare non consente di

considerare presente la contribuzione non versata, in deroga all'art. 17

che espressamente esige la copertura contributiva per il periodo di

iscrizione.

La tardiva regolarizzazione contributiva del periodo non prescritto

comportando, in assenza di automatismo delle prestazioni, la

riliquidazione della pensione a partire dalla effettiva regolarizzazione,

fa sorgere a carico del datore di lavoro una responsabilità per

l'inadempimento e legittima la condanna del medesimo al risarcimento

del danno commisurato alle differenze di pensione non percepite

anteriormente alla effettiva regolarizzazione.

ANNO 1984

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 26 marzo 1984

Numero: n. 1966

Parti: Inps C. Russo

Fonti: Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4., Giust. civ. 1984, I,1753.

In tema di pensione I.N.P.S- I.V.S. spettante al lavoratore dipendente,

la regola della cosiddetta " automaticità delle prestazioni " posta

dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 (come sostituito dall'art. 23-

ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) deve intendersi nel senso che solo i

"periodi non coperti da contribuzione" utilizzati ai fini del

raggiungimento del requisito del minimo contributivo vanno altresì

considerati nel computo dell'anzianità contributiva, con la

conseguenza che in ogni altro caso di omissione totale o parziale di

contribuzione la riliquidazione della pensione va effettuata a norma

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dell'art. 5, ult.comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488, e cioè dopo

che l'omissione contributiva è stata sanata.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 21 novembre 1984

Numero: n. 5977

Parti: Mori C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 11.

Il disposto dell'art. 2115 comma 3 c.c. - che stabilisce la nullità di

qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o

all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso

transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di

corrispondere all'INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito

dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi.

Poiché la legge conferisce sia ai funzionari dell'INPS sia all'ispettorato

del lavoro poteri d'ispezione per il controllo della esattezza delle

denunce dei datori di lavoro ai fini del versamento dei contributi,

l'omissione o l'incompletezza delle denunce stesse non impedisce

all'INPS di avere cognizione del proprio credito e di esercitarlo

tempestivamente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 2941 n. 8

c.c. (in tema di sospensione della prescrizione), salvo che siano stati

posti in essere altri atti di natura fraudolenta tali da precludere in

modo assoluto la possibilità di far valere il diritto.

ANNO 1985

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 luglio 1985

Numero: n. 4307

Parti: Tudini C. Soc. ECI

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 7

Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se

l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione,

non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi

tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro -

sorgono contemporaneamente, come effetto immediato

dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere,

nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione

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195

della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento

dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto

previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione

funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento

dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo

legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata

percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni

previdenziali, nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel

periodo predetto.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 30 gennaio 1985

Numero: n. 636

Parti: Soc. Cartiere Burgo C. Bertolozzo

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 1

In considerazione del collegamento fra rapporto assicurativo e

rapporto di lavoro - che del primo costituisce il presupposto - il

mancato pagamento di contributi assicurativi, oltre a ledere la

posizione previdenziale del lavoratore, genera anche incertezza

sull'effettiva sussistenza di detto presupposto, con la conseguenza che

la sua eliminazione costituisce oggetto di un interesse concreto ed

attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione di accertamento del

rapporto di lavoro - senza che siano necessarie altre condizioni - onde

porre rimedio alla menzionata lesione nel quadro della tutela

accordata dalla legge ed in particolare anche ai fini della prosecuzione

volontaria della contribuzione o della costituzione della rendita

vitalizia a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, nell'ipotesi

di prescrizione dei contributi.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 09 ottobre 1985

Numero: n. 4916

Parti: Caruso C. Inail

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10

L'art. 24 della l. 17 ottobre 1967 n. 977 - norma che pone a carico del

datore di lavoro che occupi alle sue dipendenze un minore degli anni

quattordici di rimborsare l'INAIL degli importi delle prestazioni da

quest'ultimo erogate al minore che abbia subito un infortunio sul

lavoro - configura una speciale azione di rivalsa in favore dell'istituto

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196

assicuratore, che prescinde dall'eventuale dolo o colpa del datore di

lavoro nella determinazione dell'evento e si giustifica col fatto che -

stante la nullità del contratto di lavoro per effetto dell'età del minore e

la conseguente mancata copertura assicurativa - l'INAIL tuttavia è

tenuto per legge alle prestazioni assicurative solo per ragioni di

solidarietà sociale, ma ha diritto di rivalersi sul datore di lavoro che ha

dato causa alla situazione di nullità.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 febbraio 1985

Numero: n. 1405

Parti: Soc. Agostini C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2

Il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai

sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da

qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, ancorché non esplicita,

implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. La valutazione

del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto (nella

specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo,

senza contestazione del relativo importo) ad integrare un

riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede

di legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 aprile 1985

Numero: n. 2692

Parti: ENASARCO C. Astuto

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 4

La domanda di un agente di commercio la quale, attraverso la richiesta

di una sentenza di condanna all''ENASARCO ad accettare il

versamento dei contributi da parte della ditta preponente, tenda

all'instaurazione del rapporto assicurativo-previdenziale, che ha

carattere trilateriale, comporta che nel relativo giudizio così promosso

dal lavoratore (assicurato) contro l'ente previdenziale (assicuratore)

debba essere presente, quale parte necessaria, anche la ditta

preponente (assicurante).

.

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197

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 01 ottobre 1985

Numero: n. 4733

Parti: Inps C. Brambilla

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10

Sussiste il vizio di extrapetizione, ove, proposta dal ricorrente la

domanda di risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c. per

l'omesso versamento di contributi ormai prescritti, il giudice condanni

il datore di lavoro al versamento all'INPS di una somma capitale per la

costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962,

anche se dal ricorrente venga fatto richiamo al disposto di tale norma

al fine di indicare un criterio per la quantificazione del danno di cui

pretende il risarcimento.

Il lavoratore - il quale agisca in giudizio chiedendo l'accertamento

dell'omissione del versamento da parte del datore di lavoro dei

contributi previdenziali e assicurativi, ormai prescritti, e la

conseguente condanna di quest'ultimo al risarcimento del danno - non

ha interesse all'impugnazione, in via adesiva a quella proposta

dell'INPS per extra-petizione, della sentenza con cui il datore di lavoro

sia stato condannato alla costituzione presso l'INPS della riserva

matematica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, giacché in tal

modo viene integralmente ricostituita la posizione assicurativa del

lavoratore ed emendato il danno patito, senza che possa rilevare

l'eventuale insufficienza del versamento, comportando ciò la

mancanza del presupposto della perdita totale o parziale della

prestazione previdenziale spettante all'assicurato (o ai suoi superstiti),

indispensabile a far sorgere l'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2116,

comma 2, c.c.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 dicembre 1985

Numero: n. 6111

Parti: Paolone C. RAI

Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 12.

Ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro lamentando

il mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e

chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento di un importo

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198

pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita

vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è

quella di risarcimento del danno prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c.

e quindi non occorre integrare il contraddittorio nei confronti dell'ente

previdenziale.

Non costituisce un patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla

previdenza o all'assistenza - e pertanto non è affetto da nullità ex art.

2115 c.c. - l'accordo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore dopo

la cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione

della misura del risarcimento del danno spettante a quest'ultimo ex art.

2116 comma 2 c.c. per l'omissione contributiva del primo.

ANNO 1986

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 giugno 1986

Numero: n. 4288

Parti: Inail C. Perricone

Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 6, Giust. civ. 1986, I,2755.

Ove venga posto in essere un rapporto di lavoro contra legem non

avendo il lavoratore il requisito dell'età minima - rapporto che per tale

motivo è semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di

validità e non già intrinsecamente illecito per l'oggetto o la causa - non

di meno si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo

obbligatorio atteso che la prescrizione del comma 1 dell'art. 2126 c.c. -

secondo cui la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non

producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione

- rende applicabile il comma 1 dell'art. 2116 c.c., che contempla il

cosiddetto principio dell'automatismo delle prestazioni di previdenza e

assistenza obbligatorie, principio che, nel particolare caso del rapporto

di lavoro costituito in violazione della norma sull'età minima di

ammissione al lavoro, trova conferma nell'art. 24, comma 1, l. 17

ottobre 1967 n. 977.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 agosto 1986

Numero: n. 5263

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Parti: Inps C. Coppola

Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9

Il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto

assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in

mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova

applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il

duplice requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro

subordinato, che deve essere provato dal lavoratore mediante elementi

certi, sia del mancato decorso della prescrizione decennale talché il

pagamento tardivo di tali contributi possa essere effettuato dal datore

di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827)

oppure coattivamente su richiesta dell'INPS (derivandone in mancanza

la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110 c.c. a carico del datore

di lavoro).

Il principio dell'automatismo delle prestazioni di cui al comma 1

dell'art. 2116 c.c. non è operante senza l'accertamento dei requisiti

richiesti dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una

clausola di riserva, la citata norma principale. Dette disposizioni

speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter d.l. 30

giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito

contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi

non siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano

l'automatismo delle prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice

presupposto che esista il rapporto di lavoro subordinato, quale fonte

generatrice del rapporto assicurativo e che i contributi non versati si

riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da non essere estinti per

prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare la sussistenza di

entrambi i presupposti.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 16 dicembre 1986

Numero: n. 7590

Parti: Inps C. Baffetti

Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, Fasc. 12.

Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, previsto in

via generale dall'art. 2116 comma 1, c.c., opera soltanto in relazione

alle pensioni ordinarie facenti capo all'assicurazione generale

obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati

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200

da diversa ed autonoma disciplina. (Principio affermato con

riferimento al fondo di previdenza per il personale di volo gestito dall'

I.N.P.S.).

ANNO 1987

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 09 gennaio 1987

Numero: n. 95

Parti: Inps C. Russo

Fonti: Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 1, Informazione previd. 1987,

520.

L'art. 33 della l. 6 dicembre 1971 n. 1084, nel disciplinare il fondo gas

gestito dall'INPS, ha previsto che ai fini delle prestazioni previdenziali

riconosciute dalla legge stessa siano rilevanti soltanto i periodi di

iscrizione dei dipendenti di aziende erogatrici di gas in servizio

effettivo alla data dell'1 maggio 1946; non sono pertanto rilevanti gli

eventuali anteriori periodi di straordinariato, atteso che, per effetto

dell'art. 3 c.c.n.l. 28 ottobre 1929 (istitutivo della Previdengas),

l'iscrizione a tale speciale forma di previdenza era riservata

esclusivamente ai dipendenti cosiddetti effettivi, ossia di ruolo.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 15 dicembre 1987

Numero: n. 9270

Parti: Soc. Sadelmi C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 12.

L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente da ricostruire

mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, legge n. 1338 del 1962

la propria posizione assicurativa presso l'INPS in sostituzione del

datore di lavoro - essendo connesso, per espressa previsione del

comma 1 dell'art. 13 cit., alla prescrizione dei contributi assicurativi -

è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza - secondo il

generale disposto dell'art. 2935 c.c. - dal giorno in cui il diritto poteva

essere fatto valere e pertanto dal giorno di scadenza della prescrizione

dei contributi che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare e non ha

versato, a nulla rilevando che per la proposizione della relativa

domanda in sede amministrativa non sia previsto alcun termine. (Nella

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specie la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del merito che aveva

ritenuto non prescritto il diritto suddetto nonostante che fosse stato

esercitato per la prima volta dopo oltre 10 anni dalla prescrizione dei

contributi assicurativi omessi e quindi aveva accolto la domanda di

rimborso del lavoratore nei confronti del datore di lavoro).

ANNO 1988

Autorità: Cassazione civile sez. un.

Data: 01 marzo 1988

Numero: n. 2161

Parti: Com. Catania C. Bastagallo

Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3

Il trattamento pensionistico del Fondo per il personale addetto alle

imposte di consumo viene corrisposto sulla base dei contributi

effettivamente versati dal datore di lavoro (art. 3 della l. 6 giugno

1952 n. 736, non modificato dalle successive l. 24 maggio 1966 n. 370

e 30 giugno 1972 n. 267), perché non opera, in difetto di espressa

previsione normativa, il principio di automatismo proprio delle

pensioni ordinarie a carico dell'assicurazione generale obbligatoria,

che sono liquidate sulla base della retribuzione pensionabile, anche

quando l'imprenditore non abbia versato i contributi, purché il relativo

credito non sia prescritto. Pertanto, qualora il suddetto trattamento

venga erogato in misura inferiore, a causa di omissioni contributive

del datore di lavoro, l'entità della pensione non goduta coincide con il

danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2116 c.c.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 giugno 1988

Numero: n. 3790

Parti: Persi C. Taddei

Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc.6, Mass. giur. lav. 1988, 847

(nota).

Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, ai sensi dell'art.

2116, comma 2, c.c., per omessa o irregolare contribuzione

assicurativa sorge non nel momento in cui i contributi assicurativi

omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto essere versati o

alla data di cessazione del rapporto di lavoro, nè in quello in cui sia

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202

maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento

in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie

risarcitoria di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento

contributivo del datore di lavoro, divenuto irreversibile, e, con

l'avveramento dell'evento protetto dall'assicurazione (età pensionabile

o invalidità), la perdita, totale o parziale, della prestazione

previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto inizia a

decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato, l'istituto

previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto o

in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale),

avente natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata

dal detto provvedimento.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 novembre 1988

Numero: n. 5991

Parti: Muscolino C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 11.

L'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso

iure" l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con

conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi

contributi all'ente previdenziale, anche se in riferimento al medesimo

periodo di attività lavorativa risultino versati contributi da un altro

datore di lavoro. (Nella specie la S.C., confermando l'impugnata

sentenza, ha ritenuto, con riguardo a lavoratori addetti a cantieri-

scuola ma di fatto utilizzati dal ricorrente, che l'obbligo contributivo di

quest'ultimo sussistesse sia per le prestazioni lavorative resegli nelle

ore in cui i lavoratori avrebbero dovuto essere impegnati nei cantieri-

scuola sia per la prestazioni lavorative resegli in ore diverse, essendo

irrilevante, in relazione ad entrambe le ipotesi, l'avvenuto pagamento

dei contributi da parte dei cantieri predetti).

ANNO 1989

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 aprile 1989

Numero: n. 1634

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Parti: Festa C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc.4

Con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6

dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione

generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a

favore del personale dipendente dalle aziende private del gas, il

principio dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone

come regola generale, prevedendo la possibilità di una diversa

disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo ai fini del

raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario per

il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi

limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi

dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto

dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-ter del d.l. 30

giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle

prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971

richiama (all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme

sull'assicurazione generale obbligatoria e commisura l'importo della

pensione mensile (art. 17) e dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla

retribuzione dovuta ma a quella percepita dall'iscritto, per la quale sia

stata versata la relativa contribuzione.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 14 gennaio 1989

Numero: n. 149

Parti: Inps C. Lantizi

Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989,

668.

Il datore di lavoro non è litisconsorte necessario nelle controversie, fra

il lavoratore e l'ente previdenziale, aventi ad oggetto l'erogazione delle

prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e

quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi

ed in siffatte controversie l'accertamento con forza di giudicato è

chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le

obbligazioni che ne derivano. Tale principio è operante anche

nell'ipotesi di controversie concernenti l'iscrizione nei fondi speciali di

previdenza (nella specie, quello del personale di volo), in ordine ai

quali non vige l'automatismo delle prestazioni.

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Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 23 gennaio 1989

Numero: n. 379

Parti: Soc. Alleanza assicurazioni C. D'Amelio

Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989,

656.

Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare

versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla

conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione

assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di

tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia

pregiudicato; consegue che, in caso di mancato o insufficiente

versamento dei contributi (situazione che si verifica anche quando

l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a

quelli effettivamente corrisposti), lo stesso lavoratore può agire in

giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto giuridico

previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla

regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento

all'ente previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può

avvalersi, per i contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13

della l. 12 agosto 1962 n. 1338, che gli consente di ottenere, in

contraddittorio necessario con il suddetto ente, la condanna del datore

di lavoro alla costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla

pensione o alla quota di pensione corrispondente ai contributi omessi.

Autorità: Corte costituzionale

Data: 22 dicembre 1989

Numero: n. 568

Parti: Burrini C. Inps e altro

Fonti: Giust. civ. 1990, I,605., Mass. giur. lav. 1989, 593., Riv. it. dir.

lav. 1990, II,303., Dir. lav. 1990, II,87 (nota)., Foro it. 1990, I,2141.,

Lavoro e prev. oggi 1990, 2212 (nota).

È costituzionalmente illegittimo - per contrasto con gli art. 3, 24, 38

cost. - l'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, recante disposizioni per il

miglioramento di pensioni dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia

e superstiti, nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta

sull'esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non

consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e

l'ammontare della retribuzione.

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ANNO 1990

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 13 giugno 1990

Numero: n. 5742

Parti: Soc. Mori C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 6

In tema di omissione contributiva, le due azioni previste

rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la

costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante

versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c.

(per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non

già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si

fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del

datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore

in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati.

ANNO 1991

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 febbraio 1991

Numero: n. 1703

Parti: Cusimano C. Vicari

Fonti: Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 2

La condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione

assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze

retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve

essere limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le

speciali disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la

prescrizione, indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata

o no eccepita, ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di

effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi arretrati il

divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art. 55, comma 2,

del r.d.l. n. 1827 del 1935.

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206

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 29 maggio 1991

Numero: n. 6092

Parti: Stefanini C. Stefanini

Fonti: Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 5, Informazione previd. 1991,

1087.

Ai fini del risarcimento del danno da omissione contributiva ex art.

2116 c.c. l'inerzia dell'assicurato che non abbia provveduto per lungo

tempo a chiedere all'istituto previdenziale il controllo sulla propria

posizione assicurativa non può essere valutata come fatto colposo del

creditore, tale da determinare la diminuzione del risarcimento stesso ai

sensi dell'art. 1227 comma 2 c.c., in quanto non sussiste in proposito

alcun dovere di attività del lavoratore subordinato, e il principio posto

da detta norma non richiede da parte del creditore o danneggiato

un'attività più onerosa di quel che comporta l'uso di una ordinaria

diligenza.

ANNO 1992

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 07 aprile 1992

Numero: n. 4236

Parti: Inps C. Spagnolo e altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992,

787.

Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, enunciato

in via generale dall'art. 2116 c.c., trova applicazione solo in quanto il

sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in

proposito e provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria;

pertanto, in tema di pensioni, detto principio opera, a norma dell'art.

27, comma 2, del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (come successivamente

modificato), solo in relazione alle pensioni ordinarie, facenti capo

all'assicurazione generale obbligatoria, ma non si applica ai fondi di

previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma disciplina, come il

Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e

ricevitorie delle imposte dirette, il quale, ai sensi dell'art. 49 comma 2,

della l. 2 aprile 1958 n. 377 (che, non menzionandole, esclude le

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207

prestazioni pensionistiche), è tenuto solo ad una prestazione di

capitale.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 10 giugno 1992

Numero: n. 7104

Parti: Perrino C. Enel

Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992,

1304

In relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n.

1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione

obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare

versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo

per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere

dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non quando anche

uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di

azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di

lavoro.

Autorità: Cassazione civile sez. III

Data: 18 giugno 1992

Numero: n. 7548

Parti: Soc. MEIE assicurazioni C. Caponi

Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6

Il riconoscimento del diritto che, a norma dell'art. 2944 c.c.,

interrompe la prescrizione, può anche essere contenuto in un atto non

negoziale (purché volontario) che, ancorché diretto al perseguimento

di finalità diverse, riveli, comunque, la consapevolezza dell'esistenza

del diritto. L'accertamento del contenuto ricognitivo di un determinato

atto (nella specie, la richiesta al soggetto danneggiato in un sinistro

stradale della documentazione sulla entità del danno) è riservato alla

valutazione discrezionale del giudice di merito e non è pertanto

sindacabile in Cassazione, se immune da vizi logici ed errori di diritto.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 19 agosto 1992

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Numero: n. 9666

Parti: Tarantino C. Soc. Fincantieri

Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9

In ipotesi di tardivo versamento, da parte del datore di lavoro, dei

contributi dovuti in relazione alle differenze retributive giudizialmente

riconosciute al lavoratore, il danno da questo subito sotto il profilo

della svalutazione monetaria, per la ritardata riliquidazione, da parte

dell'INPS, della pensione di vecchiaia spettantegli, deve essere

risarcito dal datore di lavoro (tenuto anche alla corresponsione degli

interessi) non ai sensi dell'art. 429, comma 3 c.p.c. - stante

l'inapplicabilità di tale norma al credito in oggetto (non di lavoro nè

inquadrabile, in quanto non a carico dell'INPS, fra i crediti di natura

previdenziale, con conseguente irrilevanza della pronuncia della Corte

Costituzionale n. 156 del 1991) - ma ai sensi dell'art. 1224, comma 2,

c.c., tenendo conto, ai fini della prova del maggior danno,

dell'inquadrabilità del creditore, in ragione della qualità di pensionato

e della modesta entità delle differenze pensionistiche, nella categoria

del "modesto consumatore".

ANNO 1993

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 dicembre 1993

Numero: n. 12542

Parti: Giallanza C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1993, fasc. 12

La prova certa del rapporto di lavoro, richiesta dall'art. 27 del r.d.l. 14

aprile 1939 n. 636 (nel testo modificato ed integrato dall'art. 40 della l.

30 aprile 1969 n. 153 e dall'art. 23 ter della l. 11 agosto 1972 n. 485)

ai fini della verifica del requisito di contribuzione per il diritto alla

pensione di invalidità - stabilito in relazione ai contributi non versati

ma comunque risultanti dovuti nei limiti della prescrizione decennale -

attiene solo all'accertamento dell'esistenza di un effettivo rapporto di

lavoro al quale va ricondotta la posizione contributiva del lavoro

assicurato, restando irrilevante a tal fine la precisa individuazione del

soggetto datore di lavoro.

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209

ANNO 1994

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 10 gennaio 1994

Numero: n. 169

Parti: Soc. Promodata Italia C. Bettimaglio Louis

Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, 16 (s.m.), Riv. it. dir. lav. 1994, II, 623

(nota di: Pizzoferrato)

Nel giudizio instaurato dal lavoratore subordinato contro il datore di

lavoro per la regolarizzazione del rapporto assicurativo l'istituto

assicuratore non è contraddittore necessario, ove si controverta

soltanto sull'esistenza del rapporto di lavoro (o di taluni elementi di

esso) quale presupposto di quello previdenziale; nè l'intervento in

giudizio dell'istituto, ancorché per il recupero di contributi assicurativi

e delle relative sanzioni civili a carico del datore di lavoro, determina

necessità di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti nella

successiva fase di gravame, ai sensi dell'art. 331 c.p.c. ma dà luogo

soltanto a litisconsorzio facoltativo ex art. 332 stesso codice

giustificato dal fatto che la domanda presupposta dall'interventore

comporta una decisione che dipende dalla risoluzione delle stesse

questioni proposte con la domanda del lavoratore.

Autorità: Corte costituzionale

Data: 03 febbraio 1994

Numero: n. 20

Parti: Conversano e altro

Fonti: Giust. civ. 1994, I, 858, Riv. giur. lav. 1994, II, 301,

Informazione previd. 1994, 198, Giur. cost. 1994, 148, Dir. lav. 1994,

II, 202 (nota di: Matarazzo)

Il comma 3 dell'art. 4 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14

novembre 1992 n. 438, il quale stabilisce che i termini di decadenza,

previsti nel precedente comma 1 per la proposizione dell'azione

giudiziaria in materia di prestazioni pensionistiche e di prestazioni

economiche di malattia, non si applicano ai procedimenti instaurati

anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto, ancora in

corso alla data medesima, va interpretato nel senso che i procedimenti

ai quali si riferisce la menzionata norma siano quelli amministrativi e

non già quelli giurisdizionali e che, in relazione ai ricorsi

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amministrativi proposti anteriormente alla predetta data, si siano già

verificati i presupposti di decorrenza del termine, previsto dalla legge

precedente per la proposizione della domanda giudiziale (e cioè la

comunicazione della decisione definitiva dell'amministrazione sul

ricorso o scadenza del termine per la pronunzia della medesima) e che

il termine sia ancora pendente alla detta data; pertanto, è infondata la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 1, 3 e 14 d.l.

19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1993 n. 438,

sollevata, con riferimento agli art. 3, 24, 38 e 113 cost., in base al

presupposto che il citato comma 3 si riferisca ai procedimenti

giurisdizionali e non a quelli amministrativi e che la nuova normativa

si applichi ai procedimenti amministrativi, già definiti alla data della

sua entrata in vigore.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 16 aprile 1994

Numero: n. 3641

Parti: Soc. coop. Vita C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, 515 (s.m.)

La presentazione della domanda di condono contributivo

previdenziale non implica il riconoscimento del debito da parte

dell'imprenditore, nè comporta la rinuncia tacita di questi alla

domanda di accertamento negativo del debito contributivo

previdenziale.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 28 novembre 1994

Numero: n. 10121

Parti: Infriccioli e altro C. Formentini

Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 11

La responsabilità dell'imprenditore, ai sensi dell'art. 2116 c.c., per il

danno cagionato al lavoratore rimasto privo della prestazione a causa

della mancata o irregolare contribuzione, è fondata sull'inadempienza

di un'obbligazione imposta ex legge al datore di lavoro, e pertanto la

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211

relativa azione ha natura contrattuale e dà luogo ad una controversia di

lavoro, e non già previdenziale, con la conseguenza che, ai fini della

determinazione della competenza territoriale, sono applicabili i

parametri previsti dall'art. 413 c.p.c. e non quelli di cui all'art. 444

dello stesso codice.

Le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale,

pur prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del

convincimento del giudice, specialmente nelle controversie di lavoro,

nelle quali il suddetto interrogatorio è previsto e regolato come un atto

istruttorio obbligatorio per il giudice di primo grado

ANNO 1995

Autorità: Corte costituzionale

Data: 19 gennaio 1995

Numero: n. 18

Parti: Esterasi C. Inps e altro

Fonti: Dir. lav. 1995, II, 327 (nota di: Marinelli)

È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 13 l. 12 agosto

1962 n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di

pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia

ed i superstiti) in riferimento agli art. 3 e 38 cost., nella parte in cui,

nel consentire la costituzione di rendite in luogo di contributi

previdenziali di cui sia prescritto il versamento all'Inps, si riferirebbe

esclusivamente ai lavoratori subordinati ai loro datori di lavoro ben

potendo la norma essere interpretata nel senso per cui nel significato

dell'espressione "datore di lavoro" sia incluso anche quello attinente ai

rapporti degli artigiani e dei piccoli commercianti con i loro familiari

coadiuvati o coadiutori.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 26 maggio 1995

Numero: n. 5825

Parti: Fondaz. Clerici C. Bragadin

Fonti: Giust. civ. Mass. 1995, 1078

Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al

risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto

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dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della

perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il

diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale

momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore

può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni

assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti

l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine,

della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta

ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare

danno, salvo poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi

dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116 comma 2 c.c., o

quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della l. 12 agosto 1962 n.

1338.

Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al

risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto

dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della

perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il

diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale

momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore

può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni

assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti

l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine,

della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta

ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare

danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi

dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2 c.c., o

quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della l. 12 agosto 1962 n.

1338.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 06 dicembre 1995

Numero: n. 12538

Parti: Soc. Sita C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 12

In relazione ai rimborsi dovuti dall'Inps per effetto della sentenza della

Corte costituzionale n. 261 del 1991 (dichiarativa della illegittimità

costituzionale dell'art. 18, comma 2, d.l. n. 918 del 1968, conv. con

modif. in legge n. 1089 del 1968, nella parte in cui esclude il beneficio

degli sgravi contributivi in caso di retribuzioni non assoggettate a

contribuzione contro la disoccupazione involontaria), secondo le

modalità all'uopo dettate dall'art. 1, comma 3, d.l. 22 marzo 1993 n.

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71, conv. con modif. in legge n. 151 del 1993, la disposizione secondo

cui "il rimborso (...) è effettuato nel pieno rispetto dei termini di

prescrizione previsti dalla vigente normativa" è espressione della

volontà del legislatore di connotare l'eccezione di prescrizione dei

caratteri della irrinunciabilità e della rilevabilità d'ufficio. Del resto, il

principio della irrinunciabilità della prescrizione è enunciato

espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo del

pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un

sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico,

nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente

gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non

siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione

dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta

prescrizione.

ANNO 1996

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 giugno 1996

Numero: n. 5939

Parti: Ferr. Stato C. Angelucci e altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 1996, 926

Il riconoscimento dell'altrui diritto, al quale l'art. 2944 c.c. ricollega

l'effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma

costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio,

il quale non richiede, in chi lo compie una specifica intenzione

ricognitiva, occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la

manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i

caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla

ricostruzione di un fatto e non all'applicazione di specifiche norme di

diritto, è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di

legittimità se adeguatamente motivata (Nella specie i giudici di merito

- con decisione confermata dalla S.C. - avevano ritenuto interruttiva

della prescrizione del diritto al compenso per lavoro straordinario

maturato da dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato la

comunicazione dell'ente diretta ai capi degli uffici e per conoscenza a

tutto il personale nella quale si precisava che "non hanno in atto

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motivo di sussistere i manifestati timori circa la decorrenza della

prescrizione", benché alla liquidazione delle relative competenze fosse

d'ostacolo la mancanza di un provvedimento legislativo che garantisse

la copertura finanziaria dell'esborso).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 novembre 1996

Numero: n. 10181

Parti: Moro C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1996, 1551

Il datore di lavoro è l'unico soggetto passivo del rapporto contributivo,

anche nel caso in cui abbia il diritto di rivalersi nei confronti del

lavoratore per una quota dei contributi versati all'ente di previdenza o

assistenza, e quindi, in caso di azione per la restituzione di contributi

indebitamente versati dal datore di lavoro, promossa dal lavoratore nei

confronti dell'ente previdenziale, è configurabile (non già

l'infondatezza nel merito della pretesa dedotta in giudizio, ma) il

difetto di legittimazione "ad causam", che va rilevato anche d'ufficio

in ogni stato e grado del giudizio, col solo limite del giudicato interno,

essendo in questione l'instaurazione del giudizio tra le giuste parti,

mentre le ragioni del lavoratore possono essere fatte valere nei

confronti del datore di lavoro, che legittimamente esegue trattenute

retributive per attuare il diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore

solo nei limiti della reale sussistenza dell'"an" e nel "quantum"

dell'obbligazione contributiva adempiuta.

Il rapporto contributivo previdenziale intercorre, per legge,

esclusivamente tra datore di lavoro e ente previdenziale; nell'ambito di

questo rapporto, il datore di lavoro non va considerato un

rappresentante "ex lege" del lavoratore ma è in realtà l'unico soggetto

passivo del rapporto, obbligato direttamente - anche per la quota parte

di contributi a carico del lavoratore - nei confronti dell'ente

previdenziale. Dalla predetta impostazione discende che, in caso di

indebiti versamenti contributivi, i lavoratori non sono legittimati ad

agire nei confronti dell'ente previdenziale per la restituzione delle

quote contributive a loro carico (ovviamente il lavoratore può agire,

per la restituzione della quota a suo carico - nei confronti del datore di

lavoro).

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ANNO 1997

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 novembre 1997

Numero: n. 10824

Parti: Bendoni C. Vaselli e altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 1997, 2075

Nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di

lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi

dell'art. 13 della l. n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei

contributi previdenziali non versati, anche il datore di lavoro ha

legittimazione ed interesse a far valere la mancanza della necessaria

prova scritta del rapporto di lavoro, stante la possibile diversità

dell'onere economico su lui gravante a seguito di costituzione della

rendita rispetto a quello di una diversa forma di risarcimento. (Sulla

base del riportato principio la S.C. ha confermato la sentenza con cui

il giudice d'appello, pur ribadendo l'accertamento della natura

subordinata del rapporto inter partes, aveva rigettato, a seguito di

appello del solo datore di lavoro, la domanda di costituzione della

rendita vitalizia per difetto di prova documentale del rapporto di

lavoro).

Autorità: Corte costituzionale

Data: 05 dicembre 1997

Numero: n. 374

Parti: Inps

Fonti: Giust. civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav.

1998, II, 390 (nota di: Boer)

Non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6,

l. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei

lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due

fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il

versamento da parte della gestione di provenienza a quella di

destinazione dei contributi di propria pertinenza, non consentono che

l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti

della prescrizione decennale.

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ANNO 1998

Autorità: Cassazione civile sez. un.

Data: 15 maggio 1998

Numero: n. 4918

Parti: Inps C. Soc. Coca Cola Italia

Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 1051, Giust. civ. 1998, 1839,2529 (nota

di: CIMINO), Foro it. 1998, I,1781, Gius 1998, 2239 (nota di:

BERRUTI), Informazione previd. 1997, 489 (nota di: Sgroi), Mass.

giur. lav. 1998, 734 (nota di: Boghetich), Notiziario giur. lav. 1998,

361, Orient. giur. lav. 1998, I, 451

La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi

(cosiddetto condono) è intesa, non diversamente dalla analoga

normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di

entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli

aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati; deve pertanto

ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di legge al riguardo, che

l'accoglimento della domanda di condono comporti il venire meno di

ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che sia priva

di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito

eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono,

senza che sia perciò solo configurabile una lesione del diritto di difesa,

atteso che chi ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo

conserva ogni possibilità di far valere le proprie ragioni, non essendo

il condono una via obbligata, ma una opzione ampiamente

discrezionale. Ne consegue che deve essere rigettata la domanda di

accertamento negativo dell'obbligo contributivo proposta dopo

l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono,

mentre, per i giudizi pendenti, ove tale adempimento avvenga in corso

di causa, dovrà dichiararsi la cessazione della materia del contendere,

e ove il beneficiario del condono si sia avvalso della facoltà di

dilazionare il pagamento, il giudice dovrà limitarsi a definire il

procedimento in corso con un provvedimento meramente processuale,

così da non pregiudicare l'originaria pretesa dell'ente in caso di

decadenza del soggetto obbligato dai benefici del condono.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 ottobre 1998

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Numero: n. 9865

Parti: Inps C. Saracino

Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 2014

Il divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55, comma

1, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a

regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi

sia intervenuta la prescrizione, opera indipendentemente

dall'eccezione di prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del

debitore dei contributi; ed è manifestamente infondata la questione di

costituzionalità della norma citata e dell'art. 41 l. 30 aprile 1969 n.

153, nella parte in cui prevedono la prescrittibilità del diritto dell'Inps

al pagamento dei contributi, per violazione dell'art. 38 cost., sia perché

tale disciplina risponde ad un principio generale di certezza dei

rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del

conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la

possibilità di costituzione della rendita.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 02 novembre 1998

Numero: n. 10945

Parti: Prevedel C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 2239

Nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore

ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor prima

del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna

generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità

dell'omissione contributiva a provocare danno.

L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente di ricostruire

mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n. 1338 del 1962 la

propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione del datore

di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal

giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può

essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il

soggetto passivo del diritto suddetto.

In caso di omissione contributiva, il lavoratore può chiedere, la

condanna al risarcimento del danno per la cui quantificazione può

farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.

1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante

costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per

effetto all'omissione suddetta.

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ANNO 1999

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 15 aprile 1999

Numero: n. 3773

Parti: Soc. Edilferroelettrica C. Zabai

Fonti: Mass. giur. lav. 1999, 675 (nota di: Dondi), Orient. giur. lav.

1999, I, 498

Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per omessa o

irregolare contribuzione assicurativa di cui all'art. 2116 comma 2 c.c. -

risarcimento conseguibile anche attraverso il recupero della somma

occorsa per la costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n.

1338 del 1962 - sorge solo nel momento in cui si verifica il duplice

presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di lavoro e della

perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od

assistenziale, con la conseguenza che da tale momento, e non da

quello in cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne

sia maturata la prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro, decorre

la prescrizione di tale diritto (salva la possibilità del lavoratore di

proporre anche prima della virtuale maturazione del diritto alla

prestazione previdenziale una mera domanda di mero accertamento

della astratta possibilità dannosa dell'omissione contributiva).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 22 novembre 1999

Numero: n. 12946

Parti: Soc. Rizzi C. Musig

Fonti: Giust. civ. Mass. 1999, 2325

Ove il lavoratore, che lamenti il mancato versamento dei contributi

previdenziali, agisca nei confronti del datore di lavoro chiedendone la

condanna al pagamento di un importo pari alla riserva matematica

necessaria per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 della l.

n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è pur sempre quella di

risarcimento del danno di cui all'art. 2126 c.c. e quindi non occorre

l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inps, che è invece

necessaria ove l'azione esercitata sia quella prevista dal richiamato art.

13, ossia la costituzione preso l'Inps di una rendita vitalizia mediante

versamento della corrispondente riserva matematica.

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Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 29 dicembre 1999

Numero: n. 14680

Parti: Frigo C. Fall. soc. Cazzola lanificio

Fonti: Giust. civ. Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota

di: Ciocca), Orient. giur. lav. 2000, I, 262

In caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di

lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di

rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con

versamento della relativa riserva matematica all'Inps da parte del

lavoratore interessato, compete a quest'ultimo - nel termine

prescrizionale decorrente dalla perdita (totale o parziale) del

trattamento previdenziale - l'ordinaria azione risarcitoria prevista

dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non sia più

esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la

costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario

presupposto della perdurante azionabilità (sotto il profilo della

prescrizione) della pretesa del lavoratore nei confronti del datore di

lavoro di vedersi costituire, a spese di quest'ultimo, la suddetta rendita

vitalizia, il cui termine prescrizionale decorre già a partire dalla data di

prescrizione del credito contributivo dell'Inps. Nè alla qualificazione

quale risarcitoria dell'azione proposta dal lavoratore contro il datore di

lavoro, e quindi alla decorrenza della prescrizione solo dalla perdita

del trattamento previdenziale, osta la circostanza che ai fini della

quantificazione del danno si faccia riferimento alla riserva matematica

"ex" art. 13 cit.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo

l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può

chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei

danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a

titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia

ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla

perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la

quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva

matematica ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.

In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione

restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla

data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di

lavoro.

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ANNO 2000

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 11 maggio 2000

Numero: n. 6063

Parti: Soc. I.M.E.R. C. Angileri

Fonti: Giust. civ. Mass. 2000,

Legittimamente il giudice di merito - investito della domanda di

condanna del datore di lavoro a costituire presso l'Inps, a mezzo di

versamento dell'importo da determinarsi in corso di causa, la riserva

matematica necessaria a garantire al lavoratore dipendente, all'atto del

pensionamento, una pensione uguale a quella che avrebbe percepito se

fossero stati versati i contributi obbligatori, ed esclusa l'attualità

dell'interesse in ordine alla domanda di costituzione di una rendita

vitalizia, perché non ancora maturato il diritto alla prestazione

previdenziale richiesta - emette, anche senza l'espressa richiesta della

parte o l'eventuale acquiescenza della controparte, la declaratoria del

diritto dell'assicurato a veder risarcito il danno subito in conseguenza

del mancato accreditamento dei contributi obbligatori.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 26 maggio 2000

Numero: n. 6911

Parti: Enasarco C. Trallori

Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, 1116

L'obbligo degli enti previdenziali di provvedere al recupero dei

contributi omessi è di natura pubblicistica e il lavoratore, in difetto di

un diritto soggettivo al riguardo, così come non ha azione nei

confronti di detti enti per costringerli all'azione di recupero, neanche

può far valere un diritto al risarcimento del danno derivante dal

mancato recupero, in coerenza, del resto, con l'autonomia del rapporto

contributivo rispetto a quello previdenziale e con la tutelabilità

dell'interesse del lavoratore al versamento dei contributi mediante

l'azione che lo stesso - a diretta conoscenza dei dati di fatto rilevanti -

può promuovere nei confronti del datore di lavoro, affinché adempia

l'obbligo, derivante dal rapporto contrattuale in essere tra le parti, di

versare i contributi previdenziali. (Fattispecie relativa ad azione

proposta contro l'Enasarco da un agente che lamentava l'inerzia di

detto ente relativamente al recupero di contributi dovuti da ditte poi

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fallite e la irreparabilità del danno conseguente, in un regime

assicurativo non caratterizzato dell'automaticità delle prestazioni).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 06 giugno 2000

Numero: n. 7623

Parti: Inps C. Rossi

Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, 1227, Informazione previd. 2000, 1332

Alla domanda di condono previdenziale non può riconoscersi natura

di riconoscimento del debito; essa, tuttavia, ha la funzione di

regolarizzazione contributiva in quanto diretta a saldare senza penalità

il relativo debito; in questi termini, di essa deve tenersi conto ai fini

del computo della prescrizione del debito contributivo medesimo.

ANNO 2001

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 02 febbraio 2001

Numero: n. 1460

Parti: Inps C. Nelva

Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 190, Foro it. 2001, I,1165, Riv. it. dir.

lav. 2001, II, 828 (nota di: Poso)

Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui

all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte cost. con sentenza

n. 374 del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di

previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto

alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal

legislatore; pertanto, con riferimento al Fondo - gestito dall'Inps - di

previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione

aerea, deve ritenersi l'applicabilità del suddetto automatismo, posto

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222

che nè la legge n. 859 del 1965 istitutiva del Fondo, nè le successive

leggi di riforma della regolamentazione del Fondo medesimo

contengono alcuna espressa deroga al principio, che, al contrario,

viene richiamato da suddetta normativa, stante il rinvio formale

dell'art. 52 l. n. 859 cit. alla disciplina dell'assicurazione generale per

i.v.s., che prevede la regola dell'automatismo, nonché il richiamo alla

stessa disciplina contenuto nell'art. 5 d.lg. n. 164 del 1997, recante

ulteriore riforma del regime pensionistico degli iscritti al Fondo.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 02 marzo 2001

Numero: n. 3085

Parti: Ente cons. bonif. prov. Reggio Calabria C. Inps e altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 389

Ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338 (nel testo

risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità

costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai

fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in

ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta

prescrizione dei medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in

ordine all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo di

omissione contributiva, essendo consentito provare con altri mezzi,

anche orali, soltanto la durata del detto rapporto e l'ammontare della

retribuzione.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 marzo 2001

Numero: n. 3213

Parti: Soc. Graziano trasmissioni C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 409

In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di

pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma

10, della legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il

richiamo in esso contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma

9 del medesimo articolo deve intendersi riferito al termine decennale

previgente - e non al termine ridotto quinquennale decorrente dal

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223

primo gennaio 1996 - stante l'evidente intento del legislatore di

favorire l'Istituto di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso

abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato "procedure" nei

confronti dei soggetti debitori.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 marzo 2001

Numero: n. 3963

Parti: Quarella C. Dondi

Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 528, Notiziario giur. lav. 2001, 512

Nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore

ad agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima

del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni

previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il

relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza

dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare

oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a

favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del

rapporto di lavoro.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 08 giugno 2001

Numero: n. 7800

Parti: Soc. Faro C. Gianlucio

Fonti: Dir. lav. 2002, II, 466

La rinuncia del lavoratore alla retribuzione a seguito di una

conciliazione in sede sindacale non può avere effetto sugli obblighi

previdenziali in quanto i medesimi rientrano nel novero dei diritti

indisponibili.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 15 giugno 2001

Numero: n. 8089

Parti: Inps C. Paiola

Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 1194

A seguito della sentenza n. 18 del 1995 Corte cost. - la quale ha

affermato che l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art.

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13 della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica

per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni

contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che

ne estende l'applicazione ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane -

non è possibile addivenire ad una interpretazione della norma

difforme da quella indicata dalla Corte nella suddetta decisione e

recentemente ribadita nell'ordinanza n. 21 del 2001. Del resto, con

detta interpretazione non si è operata una indiscriminata estensione ai

lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti, ma si

sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962

connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a

tutte le categorie di lavoratori che, non essendo abilitati al versamento

diretto dei contributi, sono sottoposti a tale riguardo alle

determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di

imprese artigiane).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 agosto 2001

Numero: n. 10749

Parti: Aruta e altro C. Az. napoletana mobilità e altro

Fonti: Foro it. 2001, I,3610

In ipotesi di indebito versamento contributivo, il datore di lavoro è

l'unico legittimato all'azione di ripetizione, anche con riguardo alla

quota a carico del lavoratore, nei confronti dell'ente previdenziale,

mentre il lavoratore che abbia subito l'indebita trattenuta sulla

retribuzione può agire nei confronti del datore di lavoro che ha

eseguito la trattenuta stessa, anche se il datore di lavoro non ha ancora

ottenuto dall'ente previdenziale il rimborso dei contributi versati e non

dovuti, a tal fine non rilevando la disciplina dettata dal d.l. n. 71 del

1993, in tema di modalità di rimborso delle somme a titolo di sgravi

degli oneri sociali in favore delle imprese, che regola esclusivamente

il rapporto tra detto ente e le imprese creditrici.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 16 agosto 2001

Numero: n. 11140

Parti: Filipponi C. Cassa naz. previd. assist. dott. commercialisti

Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ.

2003, I,2583 (nota di: Bagianti)

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Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime

della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti,

ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni

forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo

comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi

prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò

consegue che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a

versare contributi previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di

trattamento dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in

relazione alla mancata previsione di meccanismi di riparazione della

perdita contributiva previsti solo per i dipendenti (rendita vitalizia,

risarcimento del danno), essa non vale a ledere il principio di

uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente

parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.

ANNO 2002

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 12 gennaio 2002

Numero: n. 330

Parti: Cassa it. previd. e assist. geometri C. Barbetti e altro

Fonti: Foro it. 2002, I,1023

Si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo

dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti, poiché,

nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime

della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti;

detto principio, che per il periodo precedente l'entrata in vigore della l.

n. 335 del 1995 è desumibile dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è

ora fissato dall'art. 3, comma 9, l. 335/95, vale per ogni forma di

assicurazione obbligatoria e, in forza del successivo comma 10 del

citato art. 3, si applica anche per i contributi prescritti prima

dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 febbraio 2002

Numero: n. 2943

Parti: Soc. Flavia Sud Flavia Ovest C. Inps

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226

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 605

(nota di: Punzi)

La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi

(cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di

entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli

aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa

consente l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo

contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di

condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di

condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda,

essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione

giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 13 aprile 2002

Numero: n. 5330

Parti: Inps C. Ciampalini

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 639

In tema di diritto alla rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del

1962, l'unica interpretazione conforme a Costituzione della predetta

disposizione, che prevede il versamento della riserva matematica per

la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive

non più sanabili per intervenuta prescrizione, è quella, fornita dalla

Corte cost. con la sentenza n. 18 del 1995, che la estende ai familiari

coadiuvanti di imprese artigiane, non essendo possibile addivenire ad

una interpretazione della norma difforme da quella indicata senza

suscitare un dubbio di costituzionalità non manifestamente infondato

(con conseguente obbligo di rinvio alla Corte cost.). Con detta

interpretazione, peraltro, non si è operata una indiscriminata

estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori

dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338

del 1962, quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne

l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che non sono abilitati al

versamento diretto dei contributi, ma sono sottoposti, a tale riguardo,

alle determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di

azienda artigiana).

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227

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 aprile 2002

Numero: n. 5767

Parti: Quercetti e altro C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 692

In difetto di normative speciali derogatorie, il principio di

automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c.,

comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo

intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro,

di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla

maturazione del diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto

previdenziale, dovendosi quindi configurare l'esistenza di un diritto

del lavoratore alla integrità della posizione assicurativa, esercitabile

anche quando l'assicurato, avvalendosi della facoltà riconosciutagli

dall'art. 2 della legge n. 29 del 1979, intenda trasferire la propria

posizione assicurativa presso altra gestione. Ne consegue che, essendo

l'ente previdenziale, al quale, per effetto di quel principio, fa carico il

rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai

propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a

garantire l'integrità della posizione assicurativa, il trasferimento di

quest'ultima, richiesto dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica

gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse, deve

comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dall'ente

previdenziale nei confronti del datore di lavoro tenuto a versarla.

(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva

respinto - sul presupposto della applicabilità dell'art. 39 della legge n.

153 del 1969 soltanto alle omissioni contributive correlate al

fallimento e non anche a quelle verificatesi per le imprese sottoposte

alle procedure di amministrazione straordinaria - la domanda di alcuni

lavoratori volta ad ottenere la condanna dell'Inps ad accreditare nelle

singole posizioni contributive di ciascuno di essi i contributi

previdenziali non versati da una società ammessa alla procedura di

amministrazione straordinaria e a trasferire i contributi medesimi

presso le gestioni assicurative nelle quali essi risultavano iscritti alla

data della domanda di ricongiunzione).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 maggio 2002

Numero: n. 6409

Parti: Fornasari e altro C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 757, Notiziario giur. lav. 2002, 688

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228

In tema di prestazioni di previdenza obbligatoria, va riconosciuto il

diritto del lavoratore di agire per far accertare la computabilità dei

contributi dovuti e non versati dal datore di lavoro, ancorché non

venga ancora rivendicato il diritto alla relativa prestazione, atteso che

l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla contestazione dell'ente

previdenziale in ordine alla computabilità dei contributi medesimi

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 21 maggio 2002

Numero: n. 7459

Parti: Inps C. De Meo

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 892, D&G - Dir. e giust. 2002, 28, 34

(nota di: Assi)

Ove il lavoratore abbia dato comunicazione dell'omissione

contributiva del datore di lavoro al competente ente previdenziale e

quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi omessi, lo

stesso ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico con

l'interessato (anche ex art. 1175 e 1176 c.c.), alla diligente riscossione

di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto

costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla

regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo,

ove a quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della

rendita ex art. 13 legge n. 1338 del 1962 o all'azione di risarcimento

danni ex art. 2116 c.c.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 luglio 2002

Numero: n. 9751

Parti: Soc. gen. Derrate Alimentari C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1165

In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre

1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le

domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di

provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce

al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto

riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo

in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Tale

disposizione, che risponde alla finalità, primaria rispetto al beneficio

della diminuzione del contenzioso, di incentivare le domande di

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229

condono per esigenze di bilancio, manifestamente non si pone in

contrasto con i principi costituzionali di parità di trattamento nei

confronti dei cittadini e di buona amministrazione.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 06 luglio 2002

Numero: n. 9850

Parti: Soc. Ghizzoni C. Groccia

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1178

Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare

versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla

conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione

assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di

tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia

pregiudicato.

Autorità: Cassazione civile sez. III

Data: 17 luglio 2002

Numero: n. 10383

Parti: Soc. Ras C. Bolognini

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1255

Cassazione civ. Sez. III, n. 10383 secondo la quale “la operatività della

causa di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 n.8 c.c.

presuppone che in atti risulti la prova che il debitore abbia dolosamente

occultato l’esistenza del debito al creditore. Detta prova si concreta

nell’accertamento che il debitore abbia creato una situazione del tutto non

corrispondente alla realtà al fine di superare la normale diligenza del

creditore.”

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 settembre 2002

Numero: n. 12822

Parti: Zanetti C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1628

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230

L'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine

quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e

assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad

applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di

tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di

procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate

durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a

qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente

previdenziale, indipendentemente dalla instaurazione del

contraddittorio con il debitore.

.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 ottobre 2002

Numero: n. 14807

Parti: Benvenuti C. Cassa risp. prov. Teramo

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1820

In tema di requisiti contributivi ai fini della pensione di anzianità, il

rimedio di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 vale a

compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non

più emendabile (nella specie: a causa dell'intervenuta prescrizione),

ma non realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la

finalità economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in

misura inferiore proprio per effetto delle carenze contributive

pregresse.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 ottobre 2002

Numero: n. 14826

Parti: Inps C. Tognotti

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1823

La presentazione all'Inps, da parte del datore di lavoro, delle denunce

contributive compilate sui c.d. "modelli DM 10/M" non può essere

configurata come riconoscimento del debito contributivo, idoneo ad

interrompere la prescrizione, ex art. 2944 c.c., trattandosi di un atto

che - avendo come scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il

disposto dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1

del d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983) -

interviene in un momento che precede l'inizio della prescrizione del

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231

credito dell'Istituto previdenziale (che può essere fatto valere solo

dopo la suddetta data di scadenza).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 dicembre 2002

Numero: n. 17223

Parti: Ramilli C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 2118

In riferimento alla domanda di accertamento della cd. posizione

assicurativa, la quale si sostanzia in una domanda di accertamento del

diritto alla tutela assicurativa per un determinato periodo di tempo,

sussiste l'interesse ad agire nei casi nei quali vi sia una pregiudizievole

situazione di incertezza in ordine al rapporto assicurativo, che può

sussistere anche in mancanza della maturazione del diritto ad ottenere

l'erogazione di determinate prestazioni assicurative. (Nella specie, la

S.C. ha ritenuto sussistente l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali,

non avendo il loro datore di lavoro adempiuto all'obbligo contributivo,

avevano agito per ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'Inps a

riconoscere la loro posizione assicurativa, ai sensi dell'art. 2116, c.c.,

presso il Fondo di previdenza del personale di volo dipendente da

aziende di navigazione aerea).

ANNO 2003

Autorità: Cassazione civile sez. un.

Data: 17 gennaio 2003

Numero: n. 683

Parti: Inps C. Univ. studi Napoli

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 134, Ragiusan 2003, 229-0, 528 (s.m.)

(s.m.)

La controversia in cui il lavoratore subordinato agisca (nella specie,

spiegando intervento adesivo nel giudizio promosso dall'Inps nei

confronti di un ente pubblico non economico per il pagamento dei

contributi previdenziali non versati in relazione a detto rapporto) allo

scopo di ottenere dal giudice la tutela della propria posizione

previdenziale nei confronti del datore di lavoro, configura una

controversia inerente ad un rapporto di pubblico impiego, e,

conseguentemente, nel regime vigente anteriormente all'entrata in

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232

vigore del d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 (art. 45, comma 17, ora, art. 69,

7, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165), la sua cognizione è attribuita al giudice

amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva ex art. 7, l. 6

dicembre 1971 n. 1034. (Fattispecie concernente l'intervento spiegato

da medici in servizio presso il policlinico universitario dell'Università

degli studi di Napoli nel giudizio di opposizione ad un decreto

ingiuntivo ottenuto dall'Inps per il pagamento dei contributi non

versati).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 29 gennaio 2003

Numero: n. 1372

Parti: Soc. Belvedere C. Inps

Fonti: Notiziario giur. lav. 2003, 519, Giust. civ. Mass. 2003, 219,

Lavoro nella giur. (Il) 2003, 759 (nota di: Rondo)

Con riguardo alla disciplina introdotta dalla l. n. 335 del 1995, che

riduce a cinque anni, a decorrere dal primo gennaio 1996, il termine di

prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale

obbligatoria, salvi i casi di denuncia del lavoratore e dei suoi

superstiti, ai fini dell'applicazione del termine di prescrizione ordinaria

decennale è sufficiente che il lavoratore abbia presentato una propria

denuncia all'Inps, relativa all'omissione contributiva del datore di

lavoro, non essendo posto a suo carico, al fine di avvalersi del più

lungo termine di prescrizione, alcun obbligo di notificare la denuncia

anche al datore di lavoro.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 12 febbraio 2003

Numero: n. 2100

Parti: Codarcuri e altro C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 318, D&G - Dir. e giust. 2003, 11, 107,

Mass. giur. lav. 2003, 262 (nota di: Parisella)

In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, il nuovo termine

quinquennale di cui all'art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 non si

applica ai casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate

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233

nel rispetto del termine decennale della normativa precedente, posto

che tali ipotesi sono esplicitamente escluse ai sensi del comma 10 del

citato art. 3, in base all'evidente intento del legislatore - conforme ai

principi generali di certezza dei rapporti giuridici - di favorire l'istituto

di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso abbia posto in essere

atti interruttivi o iniziato procedure nei confronti dei soggetti debitori;

nè tale esclusione suscita dubbi di incostituzionalità, in relazione

all'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse

situazioni dei soggetti interessati nelle due ipotesi in cui vi siano o non

vi siano stati validi atti interruttivi durante il periodo di tempo previsto

per la maturazione della prescrizione.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 marzo 2003

Numero: n. 3198

Parti: Soc. Ventura C. Inail

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 447

La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi

(cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di

entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli

aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa

consente, ex art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, l'apposizione di

una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione

di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva

unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve

essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata

l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza

di regolarizzazione contributiva, senza che tale limitazione si ponga in

contrasto con l'art. 24 cost., costituendosi in capo al privato un effetto

giuridico da lui stesso voluto, secondo un esatto criterio di

autoresponsabilità.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 13 marzo 2003

Numero: n. 3756

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234

Parti: Inps C. Ferri

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 520, D&G - Dir. e giust. 2003, 15, 31,

Foro it. 2003, I,1735

Il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di

lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962

n. 1338, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo

dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di

prescrizione, che decorre dalla data di prescrizione del credito

contributivo dell'Inps, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte

del lavoratore, della omissione contributiva.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 14 marzo 2003

Numero: n. 3784

Parti: Banca ambrosiano veneto C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 522, Orient. giur. lav. 2003, I, 217

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 81 comma 9 l. 23

dicembre 1998 n. 448 in materia di clausole di riserva di ripetizione

apposte alle domande di condono previdenziale, è manifestamente

infondata la questione di illegittimità costituzionale, in relazione agli

art. 3, 24 e 97 cost., della previsione normativa di esclusione degli

interessi dalle somme che gli enti previdenziali sono tenuti a restituire

alle aziende in caso di accertamento negativo dell'obbligo

contributivo, tenuto conto che il complessivo intervento del legislatore

nella predetta materia - con il riconoscimento alle aziende di

un'agevolazione "ulteriore" rispetto al condono, quale la facoltà di

condizionare risolutivamente gli effetti di questo, e la contestuale

esclusione degli interessi sulle somme eventualmente da restituire -

configura una regolamentazione di tipo "transattivo", nel cui ambito la

previsione di non debenza degli interessi, rispondendo all'esigenza di

non aggravare la posizione degli enti suddetti eventualmente obbligati

alla restituzione dell'indebito, configura una situazione del tutto

particolare e diversa rispetto agli altri contribuenti che abbiano diritto,

a diverso titolo, alla ripetizione di contributi indebitamente versati (v.

Corte cost. n. 234 del 2002); nè, d'altra parte, la medesima previsione

esclude che l'ente obbligato alla restituzione sia tenuto a comportarsi,

nell'adempimento della sua obbligazione "ex lege", secondo il

principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e

quello di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., fermo restando

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235

che, peraltro, il credito del contribuente non resta privo di tutela

giurisdizionale essendo comunque esperibile l'azione giudiziale

(cognitoria ed eventualmente esecutiva) in caso di inadempimento.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 28 marzo 2003

Numero: n. 4779

Parti: Tagliaferri C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 654

Ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, legge n. 1338 del 1962 (nel testo

risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità

costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai

fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo, in

ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta

prescrizione dei medesimi, l'esistenza del rapporto di lavoro nel

periodo di omissione contributiva deve essere dimostrata mediante

prova scritta, avente data certa ex art. 2704, c.c., essendo invece

consentito provare anche con altri mezzi, la durata del detto rapporto e

l'ammontare della retribuzione. L'esistenza del rapporto di lavoro può

inoltre essere provata anche con atto pubblico proveniente dall'autorità

amministrativa o da pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli

pubblica fede, che attesti detto elemento in quanto a sua diretta

conoscenza o perché risultante da atti di ufficio, ma non può essere

provata mediante una certificazione rilasciata dal sindaco, attestante

che il richiedente ha svolto una attività di lavoro subordinato alle

dipendenze di un datore di lavoro privato, dato che nessuna norma

attribuisce al sindaco il potere di certificazione in ordine all'esistenza

di rapporti di lavoro nell'ambito del territorio comunale. (Nella specie,

la certificazione rilasciata dal sindaco conteneva una mera

rappresentazione di fatti e circostanze accertati a distanza di tempo

mediante assunzione di sommarie informazioni).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 19 maggio 2003

Numero: n. 7853

Parti: Pillon C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 5, Giur. it. 2004, 749 (nota di: Sgroi)

Nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i

superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell'art.

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236

13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente

dal momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non

versati, la facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì

escludersi che la prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui,

in caso di regolare versamento dei contributi, sarebbe maturato il

diritto alla pensione, oppure dal momento in cui, in base ai contributi

già versati, il soggetto abbia conseguito la pensione, atteso che il

citato art. 13 è chiaro nel non attribuire a tali eventi incidenza

preclusiva della facoltà di costituire, con effetti "ex novo", la rendita

vitalizia.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 07 giugno 2003

Numero: n. 9168

Parti: Montecchi C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 6

In caso di omissione contributiva, qualora il lavoratore chieda la

condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 e, ai soli fini

della quantificazione, faccia riferimento al criterio previsto dall'art. 13

l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma

specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita

del trattamento per effetto all'omissione suddetta, è irrilevante

l'indagine in ordine alla sussistenza delle particolari condizioni

richieste da quest'ultima disposizione.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 19 agosto 2003

Numero: n. 12149

Parti: Inps C. Boggero

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8

Anche in riferimento ai collaboratori dell'impresa agricola l'ente

previdenziale può essere condannato alla costituzione di una rendita

vitalizia per i contributi omessi e prescritti, in applicazione della

norma contenuta nell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto -

in conformità all'interpretazione data alla norma stessa dalla Corte

costituzionale, con sentenza n. 18 del 1995, in riferimento ai

collaboratori della impresa artigiana - la norma in questione appare

dotata dei caratteri di generalità ed astrattezza tali da giustificarne

l'applicazione, oltre che ai lavoratori dipendenti, anche ai lavoratori

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autonomi, qualora essi siano accomunati ai precedenti dal fatto di non

essere abilitati direttamente al versamento dei contributi, essendo

sottoposti al tal fine alla determinazione di altri soggetti, i datori di

lavoro da un canto, i titolari delle aziende agricole dall'altro. (Nel caso

di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva

ritenuto applicabile l'art. 13 in favore del collaboratore familiare

dell'impresa agricola, che non fu inserito negli elenchi nominativi dei

coltivatori diretti per determinazione del titolare dell'azienda che non

provvedette a denunciarlo a quindi neppure a versare i prescritti

contributi).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 26 agosto 2003

Numero: n. 12517

Parti: Ausl n. 4 Cosenza C. Bilotta

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8, Ragiusan 2004, 241/2, 448

Il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare

contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il

duplice presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita

totale o parziale della prestazione previdenziale, con la conseguenza

che solo da tale momento decorre la prescrizione ordinaria decennale,

di cui all'art. 2946 c.c., sia che si tratti di lavoratore subordinato sia

che, come nel caso di specie, si tratti di lavoratore autonomo o

parasubordinato. (In applicazione di tale principio di diritto la S.C. ha

confermato la sentenza di merito, evidenziando il parallelismo tra la

situazione del lavoratore dipendente, il cui datore di lavoro abbia

omesso di ottemperare all'obbligo contributivo e il professionista -

medico specialista convenzionato presso una Usl - rispetto al quale il

committente Usl aveva l'obbligo di versare i contributi all'ente

previdenziale competente).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 agosto 2003

Numero: n. 12552

Parti: Laudati C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8

Ai fini della costituzione della rendita prevista dall'art. 13 l. 12 agosto

1962 n. 1338 nel testo risultante a seguito della dichiarazione di

parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte

cost. n. 568 del 1989, la necessità della prova scritta di data certa

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(comprovabile a norma dell'art. 2704, comma 3, c.c.) relativa

all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato non implica che il

documento debba esser stato formato nel corso del rapporto di lavoro

o al termine di esso, giacché la finalità della data certa non è quella di

dare certezza temporale ai fatti oggetto della dichiarazione, ma di

rendere riferibile con sicurezza la dichiarazione a chi ne risulta autore

e di fissare il momento temporale della stessa. (Nella specie la S.C. ha

cassato la sentenza di merito che aveva respinto la richiesta di prova

testimoniale articolata dal lavoratore per dimostrare la data di rilascio

di una dichiarazione del datore di lavoro).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 ottobre 2003

Numero: n. 16120

Parti: Soc. coop. Codess e altro C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 10

Per la stretta connessione, delineata dall'art. 81 comma 9 l. 23

dicembre 1998 n. 448, fra domanda di condono previdenziale con

clausola di riserva (di ripetizione subordinata all'esito del contenzioso

per il disconoscimento del debito contributivo) ed esonero dal

pagamento degli interessi (sulle somme da rimborsare da parte

dell'ente previdenziale all'esito del contenzioso), detto esonero sussiste

anche ove, prima dell'entrata in vigore della predetta normativa,

l'Istituto non abbia eccepito l'invalidità della domanda con clausola di

riserva (c.d. domanda clausolata), nonché nel caso in cui, per l'omesso

integrale pagamento delle rate previste, il richiesto condono non si sia

perfezionato, cessa invece dal momento in cui la sentenza che accerta

l'indebito contributivo diventa giudicato. In quest'ultimo caso, tuttavia,

limitatamente agli interessi relativi al periodo anteriore al giudicato,

sussiste l'esonero dal pagamento, anche ove il giudicato sia anteriore

all'entrata in vigore della citata normativa, se a tale momento la

questione sulla debenza degli interessi sia ancora pendente.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 novembre 2003

Numero: n. 16637

Parti: Guetti C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 11

Nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di

lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi

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dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione

dei contributi previdenziali non versati, l'onere probatorio relativo

all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato (a differenza di quello

riguardante la durata e l'ammontare della retribuzione, a seguito della

sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989) può essere soddisfatto solo

mediante documenti. (Nella specie il giudice d'appello avendo

accertato la sussistenza di una duplicità di rapporti in capo al

ricorrente, il primo quale collaboratore del padre e il secondo quale

titolare dell'impresa agricola, aveva escluso la prova testimoniale volta

a dimostrare che nella titolarità dell'azienda vi era stata una mera

modifica soggettiva con successione dal padre al fratello del

ricorrente. La S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha rilevato

che la prova testimoniale avrebbe inammissibilmente investito il

contenuto e la diversa natura del rapporto diversamente emergenti dal

dato documentale).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 17 dicembre 2003

Numero: n. 19334

Parti: Soc. Figli di Vaglio Ostina C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 12

In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9,

della legge n. 335 del 1995 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione

diviene quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti

maturati e scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a

periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine

decennale permane ove siano stati compiuti dall'Istituto atti

interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente

disciplina, procedure per il recupero dell'evasione contributiva; c) che

il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2, comma 19, della

legge n. 638 del 1983, è soppresso, ma continua ad applicarsi qualora

in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate procedure di

recupero.

ANNO 2004

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 07 gennaio 2004

Numero: n. 46

Parti: Soc. Bon Pan C. Inps

Fonti: Riv. giur. lav. 2004, II, 398 (nota di: Capurso)

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Il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi

previdenziali trova applicazione anche ai crediti maturati

anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31

dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o

avviato procedure di recupero.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 gennaio 2004

Numero: n. 1468

Parti: Soc. Shipping e Holiday Biz C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 1

L'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine

quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e

assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad

applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di

tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di

procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate

durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a

qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente

previdenziale, indipendentemente dalla instaurazione del

contraddittorio con il debitore, nè rileva in contrario il disposto

dell'art. 252 disp. att. c.c., alla cui applicabilità osta il disposto del

comma 10 della norma speciale citata.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 12 marzo 2004

Numero: n. 5139

Parti: Com. Osiglia C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 3

In tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di

accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto

pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere

contenuta nella domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto

unilaterale recettizio destinato al soggetto attivo del rapporto

obbligatorio, titolare del potere di valutare l'ammissibilità della

richiesta e di procedere alla deliberazione amministrativa;

conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto obbligatorio

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una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la domanda.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva

dichiarato la cessazione della materia del contendere non

riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di

Giunta del comune debitore, precedente la domanda di condono).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 12 maggio 2004

Numero: n. 9054

Parti: Soc. International Detective C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5

L'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso stretto, e

come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente

esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che

esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della

consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della

volontarietà. L'indagine volta a stabilire se una determinata

dichiarazione costituisca o meno riconoscimento di debito in relazione

al diritto fatto valere in giudizio costituisce attività di merito, non

sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata. (Nella specie,

la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva

qualificato come riconoscimento di debito i modelli 01/M, compilati a

cura del datore di lavoro e costituenti la denuncia annuale, inviata

all'Inps, delle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro al personale

dipendente, e ne aveva dedotto l'idoneità degli stessi ad interrompere

il decorso della prescrizione del credito contributivo dell'Inps).

Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione

accessoria "ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura

giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al

medesimo regime prescrizionale, in particolare, con riferimento alle

omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per

sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 15 maggio 2004

Numero: n. 9305

Parti: Mellano C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5

Ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, perché il

lavoratore, sia esso lavoratore dipendente o coadiuvante nell'impresa

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agricola, sia legittimato a proporre la domanda nei confronti dell'Inps

per costituirsi la rendita sostitutiva prevista per il caso di mancata

ottemperanza all'obbligo contributivo deve dimostrare l'impossibilità

di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro.

(Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto

corretta applicazione di tale principio, negando il diritto del ricorrente

ad ottenere la costituzione della rendita da parte dell'Inps, non avendo

egli documentato neppure di aver richiesto la costituzione della

rendita al datore di lavoro, ed essendosi limitato ad addurre la

difficoltà di ottenere la costituzione della rendita, facendo parte il

datore di lavoro del suo stesso nucleo familiare).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 25 maggio 2004

Numero: n. 10057

Parti: Balangero C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5

A norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è

inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei

confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad

ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o

alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non

più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia

dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso

datore di lavoro.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 luglio 2004

Numero: n. 12213

Parti: Molinari C. Pisacane

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8

Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è

configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne

consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di

litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla

domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto

contributivo nei confronti del datore di lavoro.

Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di

lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante

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all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno

immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di

anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la

provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione

del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di

maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante

all'ente assicuratore.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 luglio 2004

Numero: n. 13942

Parti: Soc. Gadotti C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8

In tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di

accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto

pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, deve

essere necessariamente contenuta nella domanda di condono

previdenziale, poiché si configura come condizione risolutiva apposta

alla suddetta domanda di condono; pertanto se l'interessato abbia

proposto domanda di condono senza riserva di ripetizione, la domanda

stessa è configurabile come riconoscimento del debito contributivo,

senza che sia possibile una successiva azione per ripetere quanto

pagato.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 agosto 2004

Numero: n. 14845

Parti: Inps C. Soc. Amt e altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8

In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre

1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le

domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di

provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce

al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto

riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo

in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. In coerenza

con tale previsione, la domanda di condono può dar luogo, in caso di

accoglimento, alla declaratoria di cessazione della materia del

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contendere, ma in nessun caso può valere come riconoscimento del

preteso obbligo contributivo.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 07 agosto 2004

Numero: n. 15308

Parti: Soc. Samart C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8

Il disposto dell'art. 2115, comma 3, c.c. - che stabilisce la nullità di

qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o

all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso

transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di

corrispondere all'Inps i contributi assicurativi, bensì sul danno subito

dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 agosto 2004

Numero: n. 16147

Parti: Inps C. Plodari

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8

A seguito della sentenza n. 18 del 1995 della Corte cost., l'unica

interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n.

1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la

costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non

più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende

l'applicazione a favore dei lavoratori autonomi, posto che con tale

interpretazione, alla quale va escluso il carattere innovativo, il giudice

delle leggi, pur non operando una indiscriminata estensione ai detti

lavoratori della disciplina dei lavoratori dipendenti, ha individuato nel

citato art. 13 quei connotati di generalità e astrattezza tali da

consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori non abilitati

al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle

determinazioni di altri soggetti; pertanto, deve ritenersi che anche i

familiari coadiuvanti dell'impresa diretto - coltivatrice siano abilitati al

versamento della riserva ex art. 13 cit., non ostandovi l'esistenza di

particolari meccanismi di accreditamento dei contributi previdenziali

previsti per i coltivatori diretti; in tali ipotesi, ove risulti, come nella

specie, provata documentalmente la esistenza di un rapporto di lavoro

e, attraverso deposizioni testimoniali anche la durata dello stesso (e

non sia possibile determinare la retribuzione per le peculiarità del

rapporto di cui all'art. 2140 c.c. nel testo anteriore alla riforma del

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diritto di famiglia attuata con la legge n. 151 del 1975, per l'assenza di

un vero e proprio corrispettivo in danaro e l'effettuazione della

remunerazione attraverso il mantenimento e la partecipazione al

godimento del patrimonio familiare), la prova della retribuzione ex

art. 13, comma 5, della legge n. 1338 del 1962 non poteva ritenersi

presupposto per la costituzione della rendita, essendo solo per effetto

della legge n. 233 del 1990 stato introdotto un sistema organico di

riscatto dei periodi totalmente o parzialmente scoperti di

contribuzione, secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 1338

del 1962, mentre, per il periodo precedente, non sussiste, alcun

impedimento a determinare la riserva matematica, procedendosi

all'applicazione di una contribuzione figurativa determinata in base

alle giornate di lavoro, alla stregua delle disposizioni dell'art. 3 della

legge n. 1047 del 1957, secondo le modalità stabilite dal r.d. n. 2138

del 1938 e dal r.d. n. 1949 del 1940 e successive modificazioni.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 19 agosto 2004

Numero: n. 16300

Parti: Prestigiacomo C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8

Il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali

(ai sensi dell'art. 2116 c.c., confermato, per l'assicurazione generale

obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, comma

2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel testo sostituito dall'art. 23 ter d.l. 30

giugno 1972 n. 267, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto

1972 n. 485, e rafforzato dall'art. 3 d.lg. 27 gennaio 1992 n. 80, in

forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore

anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati,

deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte cost. n.

374 del 1997, nel senso che esso trova applicazione, con riguardo ai

vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola

generale rispetto alla quale possono esservi deroghe solo se

espressamente previste dal legislatore e non solo in relazione al

raggiungimento del requisito minimo necessario per il conseguimento

del diritto alle prestazioni, ma anche ai fini dell'incremento delle

prestazioni già spettanti.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 18 settembre 2004

Numero: n. 18830

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Parti: Inps C. Lezzi

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1

Il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali,

in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i

contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non trova

applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una

legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra

lavoratore autonomo ed ente previdenziale, con la conseguenza che il

mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la

stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la

maturazione del diritto alle prestazioni; nè tale esclusione può essere

ritenuta irragionevole, giacché nel rapporto tra lavoratore autonomo

ed ente previdenziale l'obbligazione contributiva grava sullo stesso

lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni e che quindi,

coerentemente, subisce le conseguenze pregiudizievoli del proprio

inadempimento.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 25 ottobre 2004

Numero: n. 20686

Parti: Soc. Siv Standard Inox Vessel C. Caroli

Fonti: Riv. giur. lav. 2005, II, 357 (nota di: Ronconi)

Riguardo al mancato versamento dei contributi, a carico del prestatore

di lavoro si vengono a integrare due tipi di danno: uno è dato dalla

perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale, e si verifica

nel momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile; l'altro è

dato dalla necessità di costituire la provvista necessaria a ottenere un

beneficio economico, sostitutivo della pensione, tramite il versamento

di quanto occorre per costituire la rendita di cui all'art. 13 l. 12 agosto

1962 n. 1338, e si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che

avrebbe potuto versare i contributi in ogni momento successivo alla

loro scadenza sino al termine di prescrizione, non può più versarli in

quanto prescritti.

Nel caso di omissione contributiva non è ammissibile neppure in sede

di conciliazione (ed è quindi affetta da una nullità radicale diversa

dalla mera annullabilità ex art. 2113 c.c.) una rinuncia del lavoratore

al risarcimento dei danno da omissione contributiva compiuta prima

della maturazione del diritto a pensione e quindi della verificazione

del danno.

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Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 novembre 2004

Numero: n. 22164

Parti: Soc. Cesea C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1

La normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi è

intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria,

a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad

eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi

ad esso collegati; ne consegue che, pur dopo l'entrata in vigore dell'art.

81, comma 9, della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida

inseribilità delle clausole di riserva di ripetizione nella domanda di

condono, qualora l'adempimento degli obblighi derivanti dalla

disciplina sul condono avvenga senza riserve, deve essere rigettata la

domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo e rimane

irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento della somma

prevista per il condono (e prima dell'inizio della causa per

l'accertamento negativo dell'obbligo contributivo) di una normativa

più favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 dicembre 2004

Numero: n. 22751

Parti: Fredella C. Soc. Firma

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1

Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al

risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un

pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela

della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor

prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle

prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di

condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la

potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi

la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso,

l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c., o quella diversa, in

forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 10 dicembre 2004

Numero: n. 23116

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Parti: Cassa it. previd. ass. geometri C. De Maria

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1

Nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già maturata

è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla

disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto

soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti:

la prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata

anche d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se,

come nella specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla

"irricevibilità" dei contributi prescritti. Detto principio di

indisponibilità - attualmente fissato dall'art. 3, comma 9, della legge n.

335 del 1995 desumibile, per il periodo precedente l'entrata in vigore

di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935

vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in base al comma

10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica anche per i

contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima legge.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 dicembre 2004

Numero: n. 23584

Parti: Inps C. Locorotondo

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 12

Il lavoratore che, sostituendosi al datore di lavoro, intenda egli stesso

provvedere al versamento della riserva matematica per la costituzione

della rendita vitalizia (per periodi non coperti da contribuzione ormai

prescritta) e che, pertanto, agisca direttamente nei confronti dell'Inps,

deve allegare e comprovare che non ha potuto far valere questa

pretesa nei confronti del datore di lavoro. (Nella specie la

impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del

datore di lavoro erroneamente era stata individuata dai giudici di

merito nell'avvenuto decesso del datore stesso e nel lungo periodo di

tempo trascorso, circostanze, entrambe, che non integravano il

requisito in esame).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 25 maggio 2004

Numero: n. 10057

Parti: Balangero C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5

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A norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è

inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei

confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad

ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o

alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non

più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia

dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso

datore di lavoro.

ANNO 2005

Autorità: Cassazione civile sez. un.

Data: 18 gennaio 2005

Numero: n. 840

Parti: Soc. La Nuova Sardegna ed. C. Pandino

Fonti: Diritto & Giustizia 2005

L'omissione contributiva del datore di lavoro si combatte con carte

alla mano. Il dipendente che intende provare l'esistenza di un rapporto

di lavoro subordinato, per ottenere una rendita vitalizia corrispondente

alla quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei

contributi, dovrà fornire la prova scritta di tale rapporto anche per il

periodo in cui la sua posizione non era regolare.

Nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, il

lavoratore può sia chiedere al datore del lavoro il risarcimento del

danno, sia versare direttamente all'Inps l'importo necessario alla

costituzione della rendita, e ripetere poi la somma corrispondente dal

datore di lavoro.

Il lavoratore, per ottenere dall'Inps la costituzione della rendita nel

caso di omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del

datore di lavoro, deve provare per iscritto la esistenza di un rapporto

di lavoro subordinato; ne consegue che è insufficiente, ai fini suddetti,

la prova scritta di un rapporto di altra natura, così come la prova

scritta dello svolgimento di lavoro subordinato in epoca successiva a

quella per cui si lamenta l'omissione contributiva.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 09 febbraio 2005

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Numero: n. 2589

Parti: Soc. Igam C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 2

La riduzione a cinque anni del termine di prescrizione per le

contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie introdotta

dall'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, non si applica,

continuando ad applicarsi il precedente termine decennale di

prescrizione, sia nel caso di atti interruttivi già compiuti che di

procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate

durante la vigenza della precedente disciplina, per tali dovendosi

intendere qualunque concreta attività di indagine o ispettiva compiuta

dall'ente previdenziale titolare del credito per omessa contribuzione,

non essendo invece idonei a determinare l'applicabilità del termine

lungo di prescrizione atti d'iniziativa presi da soggetti diversi, quali il

verbale amministrativo dell'Ispettorato del lavoro contenente la

contestazione dell'omissione contributiva.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 febbraio 2005

Numero: n. 3846

Parti: Inps C. Soc. Lux e altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 2

In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art.

3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, per i contributi anteriori alla

data di entrata in vigore della stessa legge (17 agosto 1995), in caso di

atto interruttivo effettuato dall'Inps nel periodo da tale data al 31

dicembre 1995, continua ad applicarsi la prescrizione decennale per le

contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e

delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo

di solidarietà, essendo l'atto interruttivo intervenuto quando ancora era

in vigore il termine decennale. Per le contribuzioni diverse da quelle

destinate alla gestione pensionistica, invece, opera la prescrizione

quinquennale, atteso che tale termine più breve è entrato in vigore con

la legge, con la conseguenza che una richiesta successiva (per i

contributi diversi da quelli pensionistici) non vale a prolungare

eventuali termini più lunghi prima vigenti.

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Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 25 febbraio 2005

Numero: n. 4004

Parti: Soc. Enny pelletterie C. De Rosa e altro

Fonti: Dir. sicurezza sociale 2005, 626 (nota di: Mastinu)

In caso di omissione contributiva, il lavoratore ha autonoma azione

per ottenere la condanna del datore di lavoro al versamento dei

contributi previdenziali non ancora prescritti.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 marzo 2005

Numero: n. 6340

Parti: Gaille C. Cassa it. previd. geometri liberi prof.

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 3

Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime

della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti -

ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le

contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della

stessa legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a

qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una

volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già

preclusiva) - poiché l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi

- opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il

diritto dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti e ad

ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei

geometri liberi professionisti) per il periodo coperto da prescrizione,

senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa stessa nel

provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni,

avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che

prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente

previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona

il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il

presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine

prescrizionale dello stesso credito contributivo.

Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non trova

applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero

professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di

legge (o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente,

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dispongano in senso contrario. Ne consegue che il mancato

versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa

costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione

del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì che il suddetto

principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché

eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed

assistenza a favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990,

poi abrogato dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova

applicazione per le prestazioni che (come nella specie) non siano

maturate nel periodo di vigenza (dal 1955 al 1967) dello stesso

principio.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 12 maggio 2005

Numero: n. 9962

Parti: Inps C. Soc. A.S.

Fonti: Orient. giur. lav. 2005, I, 423

In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine

quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto

dall'art. 3, commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai

crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati

entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto

i termini o avviato procedure di recupero

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 19 maggio 2005

Numero: n. 10577

Parti: Audenino C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 5

In caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del

datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità

della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia

(prevista dall'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338), è

relativa solo all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione

temporale di esso e l'importo delle retribuzioni possono essere provati

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con altri mezzi istruttori, anche orali. è tuttavia escluso il ricorso ad

altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia

costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal

documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto

di lavoro.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 11 luglio 2005

Numero: n. 14504

Parti: Mastrorilli C. Inps e altro

Fonti: Foro it. 2005, I,2310

Ai fini della costituzione di una rendita vitalizia che, ai sensi dell'art.

13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, tenga luogo della pensione (o della quota

di essa) corrispondente ai contributi il cui versamento, omesso dal

datore di lavoro, non sia più possibile per intervenuta prescrizione, i

mezzi di prova orali ammissibili, sulla durata del rapporto e

l'ammontare della retribuzione, non possono eludere la necessità della

prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro (nella specie, la S.C.

ha cassato la sentenza di merito che aveva ravvisato la sussistenza

della prova scritta nelle buste paga relative a periodo incontroverso e

successivo a quello di omissione contributiva, desumendo da prova

orale una decorrenza del rapporto pregressa rispetto a quella

documentata).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 21 luglio 2005

Numero: n. 15304

Parti: Cacace C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 6

Il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la

costituzione della rendita a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del

1962, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al

risarcimento del danno, a condizione che fornisca all'Inps le prove del

rapporto di lavoro e della retribuzione percepita; ne consegue che è

inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei

confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad

ottenere la costituzione di una rendita vitalizia, ove il lavoratore non

abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo

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stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata la q.l.c. della

norma, in quanto essa non crea un trattamento deteriore per il

lavoratore ma al contrario costituisce una norma di favore, i cui limiti

trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà

di attivarsi direttamente presso l'Inps, e nel necessario

contemperamento tra l'interesse del lavoratore a non rimanere privo di

tutela previdenziale e l'esigenza di contrastare il rischio di posizioni

lavorative fittizie.

È inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei

confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di

ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12

agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova

dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro.

È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.

1338, interpretato nel senso che la preventiva richiesta al datore di

lavoro di costituzione della rendita vitalizia configuri una condizione

di ammissibilità della domanda proposta direttamente dal lavoratore

nei confronti dell'Inps, in riferimento agli art. 3, 24 e 38, comma 2,

cost.

Autorità: Cassazione civile sez. III

Data: 07 dicembre 2005

Numero: n. 26999

Parti: Soc. G. L'E. ed. e altro C. Pignatelli

Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 12

Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non

osta a che il giudice d'appello operi una ricostruzione dei fatti diversa

da quella prospettata dalle parti, o renda una qualificazione giuridica

autonoma rispetto a quella della sentenza impugnata, e criticata dalle

parti, con il limite attinente al divieto del giudice stesso di attribuire

un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che

non trovi corrispondenza nei fatti di causa e che si basi su elementi di

fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del

contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice (nella

specie relativa a controversia in materia di diffamazione a mezzo

stampa, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che, a fronte della

richiesta di una più consistente liquidazione del danno, aveva

proceduto ad una rivalutazione dei fatti).

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ANNO 2006

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 febbraio 2006

Numero: n. 4153

Parti: Inpgi C. Isis

Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3, Dir. sicurezza sociale 2006, 2, 315

(s.m.) (nota di: FRAIOLI), Orient. giur. lav. 2006, 1, I, 238, Dir. relaz.

ind. 2007, 1, 212 (s.m.) (nota di: Garcea)

In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali (nel caso

di specie, l'Inpgi) ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di

lavoro, ed in relazione all'intervenuta riduzione del termine di

prescrizione da decennale a quinquennale, in virtù del disposto della

legge n. 335 del 1995, in relazione ai contributi per i quali il

quinquennio dalla scadenza si era integralmente maturato prima

dell'entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore è idonea a

mantenere il precedente termine decennale solo quando sia intervenuta

prima, ovvero intervenga comunque entro il 31 dicembre 1995,

analogamente a quanto previsto per gli atti interruttivi dell'ente

previdenziale. Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi

anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i quali, a

quest'ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era

integralmente maturato (come nella specie, in cui i contributi si

riferivano all'anno 1991, e quindi il diritto alla riscossione si

estingueva nel 1996), il termine decennale può operare solo mediante

una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della

loro scadenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di

merito, che aveva ritenuto prescritto per intervenuto decorso del

termine quinquennale il credito contributivo, in quanto la denuncia,

presentata solo nel 1997 in relazione ad un credito scaduto nel 1991,

non era stata idonea a rendere operativo il termine decennale).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 13 marzo 2006

Numero: n. 5418

Parti: Soc. Poligest C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3

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In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre

1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le

domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di

provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, ha attribuito

al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto

riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo

in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Ne consegue

che, ove la domanda di condono sia stata inoltrata e il relativo importo

versato, il contribuente non ha diritto di pretendere dall'ente

previdenziale la ripetizione di quanto versato in adempimento del

condono, in mancanza dell'accertamento in sede contenziosa

dell'insussistenza del debito contributivo. (Nella specie, la S.C. ha

rigettato il ricorso confermando la sentenza di appello che, riformando

la sentenza di primo grado recante l'accoglimento dell'opposizione a

decreto ingiuntivo con conseguente accertamento negativo del debito

contributivo condonato, dichiarava la nullità del decreto perché reso

nei confronti di soggetto ormai inesistente escludendo la possibilità di

indagare sul merito della controversia).

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 15 marzo 2006

Numero: n. 5622

Parti: Cnpaf C. G.

Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3, Guida al diritto 2006, 18, 80 (s.m.)

In relazione ai contributi dovuti alla Cassa di previdenza forense,

scaduti prima dell'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995,

l'abbreviazione a cinque anni del termine prescrizionale (prevista

dall'art. 3 comma 9 l. n. 335 del 1995) opera dall'1 gennaio 1996,

giacché questi rientrano nell'art. 3 comma 9, lett. a) della medesima

legge (contribuzione di pertinenza delle altre gestioni pensionistiche

obbligatorie), di talché gli atti interruttivi effettuati sia prima del 17

agosto 1995, sia dopo e fino al 31 dicembre 1995, valgono al fine di

mantenere il precedente termine decennale di prescrizione.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 13 dicembre 2006

Numero: n. 26621

Parti: Cassa naz. previd. assist. C. Mauro

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Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 12, Guida al diritto 2007, 6, 46 (s.m.),

Il civilista 2008, 4, 55 (s.m.) (nota di: Villa)

L'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995, prevedendo che le

contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si

prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni

lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie -

termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lett. a) -

e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di

assistenza sociale obbligatoria (lett. b), ha regolato l'intera materia

della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con

riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese

quelle per i liberi professionisti, con conseguente abrogazione per

assorbimento, ai sensi dell'art. 15 preleggi, delle previgenti discipline

differenziate, sicchè è venuta meno la connotazione di specialità in

precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali di

categoria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da decennale

a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera però

una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle

pensionistiche (comma 9, lett. b) il termine diventa immediatamente

quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto

1995); invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche

(comma 9, lett. a) la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre

1995 e diviene quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se

entro il 31 dicembre 1995 l'ente previdenziale non abbia posto in

essere atti interruttivi oppure iniziato procedure nel rispetto della

normativa preesistente, altrimenti rimane decennale. La sistemazione

organica e completa del regime transitorio comporta, pertanto, una

deroga all'art. 252 disp. att. c.c., escludendone l'applicazione in via

sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la

decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova

normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di

quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma

speciale prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 l. n. 6 del 1981, e

la prescrizione decennale ivi prevista - in forza del principio "lex

specialis derogat legi generalii).

ANNO 2007

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 15 giugno 2007

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Numero: n. 13997

Parti: D'Anselmi C. Com. Labico

Fonti: Giust. civ. Mass. 2007, 6

La responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore a

causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un'ipotesi di

responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica

ed indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò

che il termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello

decennale, di cui all'art. 2946 c.c., il cui "dies a quo" può variare a

seconda dell'interesse che si intende tutelare con la proposizione della

domanda di risarcimento, posto che l'interesse ad agire del lavoratore

sorge ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti

l'erogazione delle prestazioni previdenziali, eventualmente

avvalendosi dell'azione di condanna generica al risarcimento.

Tuttavia, allorquando l'azione sia diretta all'ottenimento del

risarcimento del danno per l'avvenuta perdita della pensione (come

nella specie, conseguibile presso la gestione Inps mediante il

trasferimento dei contributi c.p.del, ove versati tempestivamente dal

Comune), il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il

lavoratore, raggiunta l'età pensionabile e concorrendo ogni altro

requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa

dell'omissione contributiva.

ANNO 2008

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 ottobre 2008

Numero: n. 24582

Parti: Inps C. sic. ed altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2008, 10, 1429

L'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti per gli

artigiani non è retta dal principio di automatismo e le prestazioni

competono solo in quanto siano stati effettuati i versamenti

contributivi.

Autorità: Cassazione civile sez. un

Data: 04 marzo 2008

Numero: 5784

Fonti: in Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 351

“In tema di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai

contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art.

3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il termine di prescrizione

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dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in vigore della

legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti interruttivi

compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta ed il 31 dicembre

1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare un

«effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti

- valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio

precedente l'atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un

nuovo termine decennale di prescrizione.”

Autorità: Cassazione civile sez. un

Data: 07 marzo 2008

Numero: 6173

Fonti: Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 374

“Con l'entrata in vigore della l. 335/1995 che ha introdotto il nuovo

regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti

opera, fuori dei casi di conservazione del precedente termine

decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, che comincia

peraltro a decorrere dalla data dell'1 gennaio 1996; detto termine non

può essere quindi superiore a cinque anni, mentre può essere inferiore

se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il

regime precedente.”

ANNO 2009

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 07 gennaio 2009

Numero: n. 46

Parti: Imp. Costr. Zanuttini C. Inps ed altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 1, 13

L'art. 3 della legge n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo termine

quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza ed

assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad

applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di

tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di

procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate

durante la vigenza della precedente disciplina, per «procedure

iniziate» ha inteso anche quelle che, pur non richiedendo

l'instaurazione del contraddittorio con il debitore, si concretano

comunque in una serie di atti finalizzati inequivocamente al

conseguimento della pretesa creditoria. Ne consegue che tra le

«procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente» rientra il

verbale di accertamento per il recupero dell'evasione contributiva,

sicché, in relazione a tale iniziativa dell'Inps, i crediti azionati restano

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260

assoggettati al termine decennale di prescrizione, rimanendo così

esclusa l'estinzione del debito relativo ai premi dovuti afferenti al

decennio antecedente alla data del verbale.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 07 gennaio 2009

Numero: n. 73

Parti: Postiglione C. Soc. Siderpotenza ed altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156

In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di

assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi

9 e 10, l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla

lett. a, ultimo periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a

contributi per i quali il termine quinquennale di prescrizione,

decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato prima della

data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è

idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale

solo quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto

termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995),

non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una

volta che il credito contributivo risulti già prescritto.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 05 marzo 2009

Numero: n. 5320

Parti: Soc. Arredo Design C. Inps

Fonti: Guida al diritto 2009, 19, 77 (s.m.)

Il comma 9 dell'art. 3 l. n. 335 del 1995 stabilisce che le contribuzioni

di previdenza obbligatoria si prescrivono nel termine di cinque anni a

decorrere dal primo gennaio 1996, salvi i casi di denuncia del

lavoratore o dei suoi superstiti, senza necessità che la denuncia sia

resa nota al datore di lavoro debitore della contribuzione. Ciò perché il

legislatore ha ritenuto l'interesse del lavoratore alla contribuzione -

sacrificato dalla prescrizione e più difficilmente soddisfatto attraverso

i rimedi dell'azione risarcitoria di cui all'art. 2116 cpv. c.c. e della

rendita di cui all'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - prevalente

sull'affidamento del datore di lavoro - debitore nel termine di

prescrizione e in particolare nel suo interesse alla conoscenza delle

cause che prolunghino l'assoggettamento al vincolo obbligatorio.

.

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261

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 01 luglio 2009

Numero: n. 15398

Parti: Inps C. Telloli

Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 9

In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di

assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, nel

prevedere la riduzione del termine prescrizionale da dieci a cinque

anni, stabilisce un regime transitorio secondo il quale continua ad

applicarsi il termine decennale di prescrizione previgente nel caso di

"atti interruttivi già compiuti" o di "procedure finalizzate al recupero

dell'evasione contributiva" iniziate durante la vigenza della precedente

disciplina, dovendosi intendere con tale ultima locuzione l'avvenuto

svolgimento, da parte dell'ente previdenziale, di una concreta attività

d'indagine ed ispettiva finalizzata al recupero dell'omissione

contributiva. Ne consegue che non è applicabile la disciplina

transitoria ove l'Inps abbia inviato una richiesta di informazioni in

ordine alla posizione dei dipendenti senza quantificare il credito e

limitandosi a preannunciare successive azioni di recupero, trattandosi

di atto inidoneo ad integrare l'attivazione di una procedura di

recupero.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 08 luglio 2009

Numero: n. 15991

Parti: Sanpaolo Imi C. Sardella e altro

Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 7-8

L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.

attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della

prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne

ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti

soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art.

2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le

quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non

rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo

diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il

ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie,

relativa alla domanda di corresponsione di importi integrativi di

assegni di pensione, la S.C. ha precisato che il termine prescrizionale

decorreva dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere,

e non da quello successivo nel quale i pensionati risultavano avere

appreso dell'esistenza di una circolare che prevedeva che i benefici

venissero riconosciuti anche al personale cessato dal servizio).

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262

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 31 luglio 2009

Numero: n. 17849

Parti: Soc. Cogema C. Inps

Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 9

In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza ed

assistenza sociale obbligatorie, l'ordinanza ingiunzione relativa a

sanzioni amministrative e il verbale ispettivo dell'Ispettorato del

lavoro non hanno efficacia interruttiva della prescrizione del credito

contributivo: la prima, attesa la diversità della pretesa, non è

qualificabile come procedura finalizzata al recupero dell'evasione

contributiva, né configura un atto prodromico diretto al

conseguimento dei contributi omessi; il secondo, costituisce un atto

posto in essere da un soggetto, l'Ispettorato del lavoro, diverso

dall'Ente impositore. Ne consegue che i predetti atti, non integrando i

presupposti di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 335 del 1995, non

determinano la perdurante applicabilità del termine decennale di

prescrizione, né della sospensione triennale della prescrizione

medesima già prevista dall'art. 2, comma diciannovesimo d.l. n. 463

del 1983, conv. nella l. n. 638 del 1983.

ANNO 2010

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 10 marzo 2010

Numero: n. 5811

Parti: Inps C. Confederaz. Ital. Esercenti Attività ed altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2010, 4, 487

In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di

assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata

in vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto

il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi

precedenti, opera, al di fuori dei casi di conservazione del precedente

termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, con

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263

decorrenza dall'1 gennaio 1996, trova applicazione anche nel caso,

contemplato dal comma 9, lett. a, ultima parte, dell'art. 3 cit., di

denuncia da parte del lavoratore del mancato versamento dei

contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che, in

relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore

della legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è

quello di cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto

termine essere inferiore, in applicazione della regola generale di cui

all'art. 252 disp. att. c.c., se tale è il residuo del più lungo termine

determinato secondo il regime precedente, e che il diritto alla

riscossione si prescrive entro il quinquennio dalla denuncia del

lavoratore.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 16 aprile 2010

Numero: n. 9169

Parti: Inps C. Vaglio Ostina Paolo e Figli s.r.l.

Fonti: Diritto & Giustizia 2010

La presentazione tardiva del modello DM/10 da parte del datore di

lavoro è idonea ad interrompere la prescrizione dei relativi crediti

contributivi dovuti all'Inps e, se avanzata dopo l'entrata in vigore della

legge 335/95 (il 17 agosto 1995) ma prima della fine dell'annò 95,

consente di mantenere il termine di prescrizione decennale e non

quinquennale. Infatti, il principio affermato dal supremo collegio,

secondo cui ai sensi dell'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335/95 il termine di

prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti alla data di

entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso

di atti interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la suddetta data e il

31 dicembre 1995 - atti che valgono anche a sottrarre a prescrizione i

contributi maturati nel decennio precedente all'atto interruttivo - è

applicabile anche al caso di atti interruttivi compiuti dal debitore a

norma dell'art. 2944 c.c. (riconoscimento del debito), non sussistendo

valide ragioni per distinguere tale ipotesi da quelle previste dall'art.

2943 c.c., anche perché la norma dell'art. 3 comma 10 l. 335/95 fa

riferimento generico ad "atti interruttivi già compiuti", senza ulteriori

specificazioni.

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264

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 maggio 2010

Numero: n. 10715

Parti: Zampese C. Inps

Fonti: Guida al diritto 2010, 24, 77 (s.m.)

La domanda di condono non costituisce riconoscimento di debito e

quindi non interrompe la prescrizione, ma innesca una procedura di

recupero dei contributi la quale costituisce quel requisito della

"procedura già iniziata", previsto dalla l. 335 del 1995, che rende

decennale il termine di prescrizione.

ANNO 2011

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 27 giugno 2011

Numero: n. 14163

Parti: Gottardo C. Soc. Arin Napoli

Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 6, 962

L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.

attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della

prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne

ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti

soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art.

2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le

quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non

rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo

diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il

ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie,

relativa alla domanda diretta ad ottenere le differenze sulla pensione

aziendale, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto privo di rilievo,

ai fini dell'interruzione della prescrizione, il ricorso già presentato per

il conseguimento della superiore qualifica, atteso che all'epoca non era

stato chiesto l'incremento del trattamento pensionistico, restando

escluso che assumesse valore impeditivo il ritardo indotto dalla

necessità di procedere all'accertamento del diritto alla maggiore

retribuzione).

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265

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 ottobre 2011

Numero: n. 21821

Parti: Bica C. Ass. reg. sanità ed altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 10, 1491

In materia di contributi di previdenza e assistenza obbligatoria, la

prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto

valere dal lavoratore ossia da quando fu, o avrebbe dovuto essergli,

corrisposto il compenso, senza che la pendenza di una controversia

giudiziaria su uno dei fatti costituiti dal diritto sia idonea ad influire

sul decoro della prescrizione, giacché essa non preclude l'esercizio

immediato del diritto ma rappresenta un mero impedimento di fatto. A

norma dell'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, i termini di

prescrizione relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza

sociale obbligatoria, fissati in cinque o dieci anni (a seconda del

tempo, anteriore o successivo al 1º gennaio 1996, in cui si è svolto il

rapporto assicurativo), alla scadenza dei quali i contributi non possono

essere più versati all'ente previdenziale, iniziano a decorrere ex art.

2935 c.c. da quando il diritto può essere fatto valere dal lavoratore,

ossia da quando fu, o avrebbe dovuto essergli corrisposto il compenso,

potendo l'incertezza circa la sussistenza del diritto e, più precisamente,

circa la controversia giudiziaria su uno dei fatti costitutivi,

rappresentare un mero impedimento di fatto inidoneo ad influire sul

decorso della prescrizione, giacché essa non preclude l'esercizio

immediato dello stesso diritto.

ANNO 2012

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 24 gennaio 2012

Numero: n. 948

Parti: Inps C. Cei ed altro

Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 1, 68

In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di

assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del

1995, nel prevedere la riduzione del termine di prescrizione da

decennale a quinquennale con decorrenza dalla data di maturazione

del credito, è immediatamente efficace, non avendo introdotto alcun

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266

effetto sospensivo del decorso della prescrizione. Ne consegue che,

con riguardo ai contributi maturati precedentemente all'entrata in

vigore della nuova normativa, la denuncia del lavoratore è idonea a

mantenere il precedente termine decennale solo se sia intervenuta

prima della scadenza del termine quinquennale, senza che rilevi che

tale scadenza intervenga in epoca anteriore alla stessa entrata vigore

della nuova disciplina, dovendosi escludere che possa operare il

prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti

già prescritto.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 20 febbraio 2012

Numero: n. 2417

Parti: Inps C. Atzeni e altro

Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 2

In tema di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza

obbligatoria, in base alla disciplina dell'art. 3, commi 9 e 10, della

legge n. 335 del 1995, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a,

ultimo periodo, dell'art. 3, comma 9, cit., in relazione a contributi

scaduti anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, è idonea

a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo

quando sia intervenuta prima della maturazione del nuovo termine

quinquennale di prescrizione decorrente dalla scadenza (e, comunque,

non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il

prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti

già prescritto. (Nella specie, relativa ad obbligo contributivo scaduto

nel settembre 1993, la S.C., applicando il principio, ha respinto il

ricorso dell'istituto previdenziale contro la decisione di merito che

aveva ritenuto inidonea a mantenere il termine di prescrizione

decennale la denuncia del lavoratore intervenuta soltanto nel

settembre 1999, e quindi oltre il quinquennio dalla scadenza).

Autorità: Cassazione civile sez. VI

Data: 07 marzo 2012

Numero: n. 3584

Parti: Rosati e altro C. Inps

Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 3, 285

L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.

attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della

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267

prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che

ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli

impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il

successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di

sospensione, tra le quali, salva l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del

citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto

generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di

tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento.

(Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha respinto il

ricorso avverso la decisione di merito che, nel dichiarare parzialmente

prescritto il diritto alla pensione sociale sostitutiva, non aveva

attribuito rilievo ai tempi di accertamento giudiziale del diritto alla

pensione di invalidità civile, oggetto di sostituzione)

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 03 maggio 2012

Numero: n. 6671

Parti: Soc. Tnt Global Express C. Inps

Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 5

Agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di

Stato incompatibili col mercato comune (nella specie, sgravi per le

assunzioni con contratto di formazione e lavoro, giudicati illegali con

decisione della Commissione europea dell'11 maggio 1999), vale il

termine ordinario di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c.,

decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione

comunitaria di recupero, atteso che, ai sensi degli art. 14 e 15 del

regolamento (Ce) n. 659/1999, come interpretati dalla giurisprudenza

comunitaria, le procedure di recupero sono disciplinate dal diritto

nazionale ex art. 14 cit., nel rispetto del principio di equivalenza fra le

discipline, comunitaria e interna, nonché del principio di effettività del

rimedio, mentre il "periodo limite" decennale ex art. 15 cit. riguarda

l'esercizio dei poteri della Commissione circa la verifica di

compatibilità dell'aiuto e l'eventuale decisione di recupero. Né si può

ritenere che si applichi il termine di prescrizione dell'azione di

ripetizione ex art. 2033 c.c., perché lo sgravio contributivo opera come

riduzione dell'entità dell'obbligazione contributiva, sicché l'ente

previdenziale, che agisce per il pagamento degli importi

corrispondenti agli sgravi illegittimamente applicati, non agisce in

ripetizione di indebito oggettivo. Né, infine, è applicabile il termine di

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268

prescrizione quinquennale ex art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335

del 1995, poiché questa disposizione riguarda le contribuzioni di

previdenza e assistenza sociale, mentre l'incompatibilità comunitaria

può riguardare qualsiasi tipo di aiuto, senza che si possa fare ricorso

all'applicazione analogica della norma speciale, in quanto la

previsione dell'art. 2946 c.c. esclude la sussistenza di una lacuna

normativa.

Autorità: Cassazione civile sez. lav.

Data: 04 maggio 2012

Numero: n. 6756

Parti: Soc. Fiat Group Automobiles C. Inps e altro

Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 5

In tema di sgravi contributivi illegittimi, in quanto costituenti aiuti di

Stato vietati dalla Commissione europea, l'azione dell'ente

previdenziale volta al recupero degli sgravi non costituisce azione di

restituzione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., ma azione volta al

pagamento della contribuzione differenziale, pari alla misura dell'aiuto

di Stato recuperabile. Ne consegue che tale azione - alla cui

proposizione è legittimato direttamente l'ente istituzionalmente

deputato alla riscossione dei contributi - è soggetta al termine

prescrizionale ordinario decennale di cui all'art. 2946 c.c., e non a

quello previsto per l'indebito, né a quello ex art. 3, commi 9 e 10, della

legge n. 335 del 1995, attesa l'autonomia giuridica dell'azione di

recupero degli aiuti in questione (che è disciplinata da regole

specifiche, è finalizzata al mero ripristino dello status quo ante e che

prevede - a differenza dell'azione volta al pagamento dei contributi

omessi - l'applicazione di interessi nella misura stabilita dalla

Commissione e non anche delle sanzioni specifiche previste per

l'omissione contributiva).

Autorità: Cassazione civile sez. VI

Data: 19 giugno 2012

Numero: n. 10119

Parti: Perotto C. Inps.

Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 6, 812

Il principio di automaticità ex art. 2116 c.c., per il quale le prestazioni

previdenziali spettano anche in relazione ai contributi dovuti e non

versati, nei limiti della prescrizione contributiva, vale non soltanto ai

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fini dell'insorgenza del diritto alla pensione, ma anche per la relativa

quantificazione, essendo onere del lavoratore provare l'esistenza del

rapporto di lavoro e l'entità delle retribuzioni percepite.

ANNO 2013

Autorità:Corte d’Appello di Roma sez. lav.

Data:15 marzo 2013

Numero:n. 2548

Parti: De Caro C/INPS

La calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia

iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di

assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia stata

l’iscrizione configurando esplicitamente la mancata iscrizione come

attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore l’esistenza

dell’obbligazione ingenerando una situazione obiettiva che ha

precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio diritto.

Autorità:Cassazione civile sez. lav.

Data:15 maggio 2013

Numero:n.11725

Parti: Cassa naz. di previd. e assist. Forense C. V.M.

Fonti: Diritto & Giustizia 2013, 16 maggio

La prescrizione decennale per i contributi dovuti dagli avvocati alla

Cassa di previdenza forense decorre anche nel caso di presentazione di

una dichiarazione non veritiera. Il termine prescrizionale, invece, non

decorre unicamente nel caso di omessa presentazione della

comunicazione.

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