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LE OLIMPIADI DA QUI AL 2096… 12

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LE OLIMPIADIDA QUI AL 2096…

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Fra di loro si contano quattro tra principie principesse, un sovrano in carica,due sceicchi, due baroni e un duca,

un sultano e un’infanta reale, lord e sir as-sortiti. No, i membri del Comitato OlimpicoInternazionale - i padroni dello sport olimpico- non sono uomini e donne qualunque.L’idea che i titoli nobiliari e la politicaintesa come “possesso del potere” continopiù dei meriti (sportivi) effettivi è fortescorrendo la lista dei 100 membri designatie dei 33 onorari che viaggiano cometrottole quali ambasciatori del movimentoma anche – e soprattutto - giudici inap-pellabili nella scelta delle sedi dove verrannoospitati i Giochi. Facendo scelte che hannoenormi conseguenze sul piano economicoe politico. Anche al comando delle opera-

zioni il potere nel Comitato Olimpico siesercita per tempi eterni: in 120 anni distoria il Cio ha avuto nove presidenti mentrenello stesso arco temporale in Vaticano sisono alternati dieci papi. Per le teste coronate, specie dei piccolipaesi, le porte sono state sempre aperte:Alberto di Monaco è stato presidente diquasi tutte le federazioni del suo minuscoloprincipato e ha addirittura partecipato atre Olimpiadi, con la non irresistibile squadradi bob a quattro. Arruolato. Tra i membri incarica ci sono Nora del Liechtenstein,Anna d’Inghilterra (meriti di cavallerizza),il granduca del Lussemburgo e il principedi Malesia. Negli ultimi anni qualcosa però – pianpiano – è cambiato. Dal 1981 il Cio ha isti-tuito una Commissione Atleti, che puravendo solo funzione consultiva ha portatolinfa vitale a questo circolo chiuso colle-gandolo col mondo dello sport reale. Tragli sportivi in carica (il mandato dura ottoanni) ci sono parecchie medaglie d’oroolimpiche, alcune delle quali decisamentein gamba come il canoista francese Estanguete il biatleta norvegese Bjørndalen.Dal governo del Cio adesso si esce perlegge a settanta anni (anche se la portaper diventare membri onorari è sempreaperta) e non più a ottanta. Resta il circolovizioso: entra nel governo dello sport olim-pico chi ha fatto carriera nella politicasportiva nazionale. E restano – per i membriin carica – privilegi (viaggi, ospitalità acinque stelle, regalie…) a livello davveroprincipesco, che sembrano fatti appostaper non tenerli lontani dalle tentazioni.Non è mai troppo tardi per mettere mano auna riforma.

IL CIO: oRGANO DEMOCRATICO O CIRCOLO NOBILIARE?

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Nel settembre del 1960, le Olimpiadi(le prime e le ultime mai disputatesul suolo italiano) cambiarono il volto

urbano e la storia della nostra capitale. IGiochi di Roma furono gli ultimi a misurad’uomo della lunghissima vicenda olimpica.A cominciare dal Villaggio degli atleti, parteintegrante della città e non quel luogoblindato e inaccessibile concepito dopo letragedie di Monaco 1972 per proteggeregli atleti, isolandoli però dal mondo. Tra lepalazzine basse del quartiere Flaminio(progettate da architetti celebri come Adal-berto Libera e Luigi Moretti e subito desti-nate ad edilizia popolare) potevi incontrarefacilmente Cassius Clay e Abebe Bikila,Livio Berruti e Wilma Rudolph. I Giochi eb-bero sulla città un impatto lieve e gioiosoe gli impianti di nuova costruzione (comedel resto il Villaggio) sono rimasti fino aoggi eredità viva della città: dallo stadioOlimpico al Flaminio, alla Piscina delleRose (vi giocarono i pallanuotisti), alletante piste di atletica sino all’unico stadioscomparso, il bellissimo velodromo dell’Eur,sciaguratamente demolito nel 2010. Romapoi ebbe la straordinaria idea di utilizzare(senza profanarli) luoghi di enorme valorestorico: i lottatori combatterono nella Basilicadi Massenzio, ai Fori Imperiali, i maratoneticonclusero la loro fatica poco distante,sotto l’arco di Costantino, alla luce dellefiaccole. Una meraviglia.Ecco, in tempi in cui i temi ecologici sonoin primissima linea e i Giochi sembranoaver fermato quella corsa al gigantismo,alla tecnologia esasperata e ai costi spro-positati, forse la chiave in cui Roma puòriproporsi per le Olimpiadi del 2024 è pro-prio quella di recuperare il suo spirito ori-ginario: Olimpiade senza sprechi, forte-mente radicata nella città, con qualchescelta provocatoria nella collocazione degli

impianti (ispirata all’impareggiabile patri-monio storico della città) e il massimo ri-spetto dell’ambiente. Un’Olimpiade nellospirito di Roma 1960 e non in quello dellamaggior parte degli eventi successivi aiGiochi: al campus di Tor Vergata, lo sche-letro della piscina dei Mondiali di nuotodel 2009, costato una montagna di euro,è un monumento del dolore e dello sprecoche ci ricorda cosa non deve fare la cittàse vuole ospitare una grande rassegnasportiva.

OLIMPIADI A ROMA

Il giuramento olimpico di Consolini a Roma ‘60

IGiochi olimpici sono considerati il piùgrande spettacolo televisivo globale delPianeta, assieme ai Mondiali di calcio.

A differenza del pallone, però, ai Giochivengono ammesse tutte le nazioni, senzala necessità di qualificarsi nei tornei elimi-natori. Negli sport individuali, infatti, lapartecipazione di almeno un atleta per di-sciplina è garantita per regolamento. Èquesto uno degli aspetti più suggestividella rassegna olimpica.I costi per acquisire i diritti televisivi sonoenormi: il gruppo Discovery (in Italia rap-presentato da Eurosport) ha pagato al Cio1,3 miliardi di euro i diritti tv dei Giochi(estivi e invernali) dal 2018 al 2024, inclusala diffusione su Internet e dispositivi mobili.Con cifre del genere, molte televisioni pub-

bliche (compresa l’italiana Rai) restanofuori dal mercato e devono accontentarsidi trasmettere poche immagini in diretta. Ilcontratto stabilisce che siano duecento intutto le ore “free” dei giochi estivi, fatto chepenalizza la trasmissione di eventi “lunghi”(le gare di fondo nel nuoto, il ciclismo, lamaratona, la marcia, tutto quello che è“backstage”…) riservandola ai canali pay.Ecco che i Giochi – evento da sempre“pubblico” per eccellenza – diventano ora(come il calcio, i motori e tante altre disci-pline) una rassegna a pagamento, chepotrà essere venduta per intero o addiritturaspezzettata in pacchetti: la sola atletica, ilsolo basket, la sola maratona e così via. Di contro, la necessità di accontentare unpubblico pagante e quindi esigente do-vrebbe portare a un innalzamento dellivello di spettacolarità delle immagini eanche della qualità del commento tecnico,cosa non facile perché spesso i canali apagamento sono molto specializzati nelseguire i grandi sport di squadra ma nonhanno cronisti sufficientemente preparatiper le discipline specialistiche, che disolito non trasmettono. In questo contesto,la sfida di raccontare i Giochi nella lorocomplessità e bellezza, garantendo laqualità tecnica che si aspetta uno spettatorepreparatissimo come quello del 2020, maanche il pathos della sfida alla conquistadelle medaglie, è sicuramente molto im-pegnativa. Un’occhiata ai commenti dellegrandi vittore dello sport azzurro nelleTeche della Rai, mostra che competenza esemplicità del commento, riservando la re-torica ai momenti in cui davvero serve, re-stano ancora due armi di straordinaria ef-ficacia e attualità.

COME SARà LO SPETTATORE DEL FUTURO?

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IGiochi olimpici moderni hanno festeggiatoi loro primi cent’anni ad Atlanta, negliStati Uniti, nel 1996. Una ricorrenza

contestata: l’edizione dell’anniversario sfuggìad Atene – la sede naturale per ospitarlo,secondo storici ed appassionati – grazieai soldi della Coca Cola che pretese e ot-tenne di ospitarli nella città che era ed ètutt’ora il suo quartier generale, quanto dimeno suggestivo ed “olimpico” si trovassesulla piazza. Insomma, il potere dei soldicontro il fascino del passato e della storia. Se si parla – molto in prospettiva, ovvia-mente – dei Giochi del bicentenario, ladomanda da porsi è un’altra: esisterannoancora le Olimpiadi nel 2096? Non è unaquestione peregrina: la feroce battagliatra città (e stati) per aggiudicarsi la rassegnaè ormai un ricordo del passato. I costisono talmente alti (un investimento sba-gliato, come avvenne in Grecia nel 2004,può mettere in ginocchio un’economianazionale particolarmente fragile) cheprima di avanzare la sua candidatura unacittà (o un consorzio di città) ci pensadieci volte. I segnali sono già evidenti neiGiochi invernali (le candidature sono poche,vincono località climaticamente impropo-nibili come Pechino ma che dispongonodi enormi capitali) ma anche in molte ras-segne europee e mondiali di disciplina(ciclismo, nuoto, atletica), dove le candi-dature stanno cominciando a rarefarsi inmaniera preoccupante.Il Cio sta correndo ai ripari o almeno ciprova con la cosiddetta Agenda 2020, fa-vorendo Giochi più ecologici, il riutilizzodi impianti già esistenti, il ricorso a strutture“mobili” che evitino la costruzione di “cat-tedrali nel deserto”, la diminuzione delle

astronomiche tasse ma anche del costo-sissimo meccanismo che regola l’ospitalitàdelle smisurata (e a volte famelica) famigliaolimpica. Insomma, un meccanismo lightche possa allargare la platea dei candidatied evitare che le Olimpiadi passino e ri-passino da quei paesi che detengonoenormi capitali e – magari – costringonogli atleti a misurarsi con condizioni meteoimpossibili. Insomma, Olimpiadi “diffuse”e a misura d’uomo che hanno come prin-cipale avversario i meccanismi di sicurezza(a volte davvero soffocanti) con cui debbonoessere protetti quelli che vengono consi-derati come obbiettivi sensibili del terrorismointernazionale.

ESISTERANNO ANCORA LE OLIMPIADI NEL 2096?