Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

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MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE UN CONTRIBUTO AI PROGETTI DI RIDISEGNO DEI SISTEMI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO A CURA DI EZIO LATTANZIO E GABRIELLA VOLPI STRUMENTI PER L’INNOVAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE MANUALI CONFERENZA DEI SERVIZI DI CONTROLLO DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME

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MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICOE GESTIONALE

UN CONTRIBUTO AI PROGETTI DI RIDISEGNO DEI SISTEMI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

A CURA DI EZIO LATTANZIO E GABRIELLA VOLPI

STRUMENTI PER L’INNOVAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

MANUALI

CONFERENZA DEI SERVIZI DI CONTROLLO

DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME

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MANUALI

STRUMENTI PER L’INNOVAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

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MANUALE PER IL CONTROLLOSTRATEGICO E GESTIONALE

UN CONTRIBUTO AI PROGETTI DI RIDISEGNODEI SISTEMI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

A CURA DI EZIO LATTANZIOE GABRIELLA VOLPI

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Codice ISBN: 88-86890-01-X

Progetto Grafico e Impaginazione: HaunagDesign

Il Manuale costituisce il risultato del gruppo di lavoro interre-gionale della Conferenza dei Servizi di Controllo delle Regionie Province Autonome.

Il Manuale è stato curato da Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi

Hanno partecipato al Gruppo di lavoro interregionale:Marco Valeri (Regione Abruzzo)Emilio Surace (Regione Calabria)Vincenzo Di Poggiovalle (Regione Lazio)Paolo Pierini (Regione Marche)Giovanni Lepri (Regione Piemonte)Alessia Zagli e Andrea Lachi (Regione Toscana)Fabrizio Gregoris (Regione Valle d’Aosta)Ugo Smania (Regione Veneto)

Coordinamento: Gabriella Volpi (Regione Lombardia)

Supporto scientifico:Ezio Lattanzio e Massimo Giacomelli (Lattanzio e Associati)

La presente pubblicazione riprende l’edizione del novembre1999.

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Nel cammino di confronto e di studio che le Regioni hanno intrapreso costituendola Conferenza dei Servizi di controllo, questo Manuale per il controllo strategico egestionale rappresenta indubbiamente una pietra miliare, per la tempestività dell’u-scita rispetto ai tempi di approvazione del nuovo decreto 286/99 di riordino; per lachiarezza dell’esposizione di concetti altrimenti complessi; per l’efficacia dell’impo-stazione metodologica; nonché per la duttilità dello strumento, che mantenendo unlivello di trattazione generale, può, più facilmente, adattarsi ad interpretare le diver-se realtà e meglio guidare quelle Regioni che volessero riorganizzare, o implementa-re per la prima volta, sulla base del modello proposto, il sistema complessivo di pia-nificazione e controllo.

Questo Manuale, fatto da operatori per operatori, deve comunque far riflette-re anche gli amministratori regionali. Merito del Manuale è infatti quello di eviden-ziare che il modello proposto, pur necessariamente coerente con i principi del decre-to 286/99 non si esaurisce con quello, ma al contrario si inserisce in un quadro gene-rale più ampio.

L’esigenza di un riordino dei sistemi di controllo non è, infatti, solo un dove-re di adeguamento alla nuova normativa, è soprattutto un adeguamento ad una real-tà che evolve sotto la spinta di una nuova concezione di Pubblica amministrazione,di un maggiore senso di responsabilità dei risultati delle politiche nei confronti deicittadini utenti e cittadini elettori, di una maggiore attenzione alla scarsità delle risor-se pubbliche e di una maggiore trasparenza nella loro gestione.

La Conferenza, dando il mandato per l’elaborazione di questo Manuale algruppo di lavoro interregionale coordinato dalla Regione Lombardia, ha quindi getta-to le premesse per una riflessione seria sulla capacità di governo delle Regioni, nelsenso di pieno controllo delle proprie azioni, leve e strumenti, in coerenza con il rilan-cio del ruolo di programmazione e controllo affidatole dalla Bassanini. Il Manuale, dalcanto suo, ha posto solide basi concettuali. Su queste basi si potrà ora cominciare acostruire l’architettura del sistema.

Ringrazio infine l’ing. Lattanzio che ha supportato il gruppo di lavoro, per lapassione che, al di là dell’impegno professionale, ha saputo infondere alle persone eal lavoro.

PRESENTAZIONE

DI ALBERTO ZORZOLI1

VICE PRESIDENTE E ASSESSORE AL BILANCIO E AL CONTROLLO DI GESTIONE DELLA REGIONE LOMBARDIA

1. Coordinatore degli Assessori dell’Area Affari Finanziari in seno alla Conferenza dei Presidenti delleRegioni e Province autonome.

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PREFAZIONE

DELLA SEGRETERIA DELLA CONFERENZA DEI SERVIZI DI CONTROLLO DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME

I due obiettivi fondamentali che hanno spinto le diverse strutture di controllo inter-no delle Regioni e Province autonome a costituirsi in Conferenza possono essere sin-tetizzati nei seguenti:

• conoscere lo stato dell’organizzazione in atto nella materia in ciascuna ammi-nistrazione;

• attuare un programma di lavoro comune, al fine di assicurare una crescitaomogenea delle funzioni di controllo interno tra le Regioni.

Il primo obiettivo è stato realizzato, anche se non una volta per tutte, data la conti-nua evoluzione in atto, con l’indagine interregionale sui sistemi di controllo e di valu-tazione, svolta dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto. L’indagine, presenta-ta alla Costituente della Conferenza il 3 dicembre ‘98 a Roma, ha infatti prodotto unAnnuario con l’articolazione organizzativa delle strutture di controllo interno e deirelativi responsabili di tutte le Regioni, nonché una dettagliata analisi delle attivitàsvolte, dei principali prodotti realizzati e dei sistemi di valutazione adottati.

Per realizzare il secondo obiettivo si sono costituiti diversi gruppi di lavorointerregionali, ognuno dei quali responsabile di approfondire tematiche particolari edi interesse per la Conferenza.

Tra i temi che sono sembrati più urgenti da affrontare, data la situazione dif-ferenziata tra le varie Regioni, divisa tra esperienze consolidate e difficoltà operative,e data la revisione del quadro normativo di riferimento in materia, è subito emersoquello basilare della condivisione di alcuni concetti fondamentali, della ricerca di unametodologia comune e della definizione di un possibile modello di riferimento perimplementare o riordinare, alla luce dei principi del decreto 286/99, il sistema com-plessivo dei controlli interni.

In questo senso, il Manuale per il controllo strategico e gestionale, predispo-sto dal gruppo di lavoro coordinato dalla Regione Lombardia, realizza pienamente ilmandato assegnatogli. Il Manuale rappresenta infatti uno strumento di chiarificazio-ne e di riflessione organica nell’ambito di un possibile modello complessivo di piani-ficazione e controllo.

L’architettura “a tendere” proposta nel Manuale non è un modello prescritti-vo e sbaglierebbe chiunque la considerasse tale e, come tale, volesse applicarlo allapropria realtà senza gli inevitabili aggiustamenti e adattamenti. È piuttosto uno sti-molo alla crescita graduale e guidata dei sistemi e degli strumenti di supporto alleautonome decisioni nelle singole realtà regionali.

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La stesura del Manuale per il controllo strategico e gestionale, a supporto del ridise-gno dei controlli interni nelle Regioni, è un’occasione per ricordare come il salto diqualità dei sistemi di controllo non sia solo un’opportunità, ma una necessità per ilsuccesso della più generale riforma della pubblica amministrazione italiana.

Tale salto di qualità è infatti la condizione per assicurare, ai livelli politico emanageriale, la responsabilizzazione dei decisori e le condizioni perché essi possanooperare con successo.

Le prime esperienze degli anni ‘90 di introduzione di sistemi di controllo nelle ammi-nistrazioni pubbliche italiane, sulla spinta del D.lgs 29/93, hanno assunto come rife-rimento modelli di controllo prescrittivi e burocratici, in taluni casi addirittura fordi-sti. Tali scelte erano coerenti con le caratteristiche di modelli organizzativi basati sullagerarchia e sull’adempimento.

L’esigenza, ormai irrinunciabile, di passare ad una gestione per obiettivi erisultati, impone il riposizionamento dei sistemi di controllo e, quindi, il ridisegno deimodelli di riferimento.

Per quanto riguarda il Manuale, a partire dal ruolo di supporto tecnico-metodologicoricoperto nel gruppo di lavoro, mi limito ad osservare che, nella elaborazione delleproposte contenute nel Manuale, sono stati privilegiati due aspetti.

Il primo è la rispondenza alle esigenze degli utenti/proprietari e destinataridei sistemi di controllo interno. Da cui la strada di individuare i fabbisogni a partiredai processi decisionali reali.

Il secondo aspetto è di privilegiare le scelte pragmatiche a quelle di rigorescientifico, dato l’obiettivo di concretezza assegnato al gruppo di lavoro, senza perquesto avere mai accettato soluzioni compromissorie.

Ringrazio la Conferenza dei Servizi di Controllo delle Regioni Province Autonome ela Regione Lombardia per la stimolante opportunità professionale di partecipare algruppo di lavoro che ha realizzato il presente Manuale.

Colgo infine l’occasione per segnalare l’elevata professionalità e la partecipa-zione molto attiva di tutti i componenti il gruppo di lavoro. Professionalità e parteci-pazione che ritengo fattori strategici per la crescita della Pubblica Amministrazione.

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INTRODUZIONE

DI EZIO LATTANZIO1

1. Ezio Lattanzio, partner Lattanzio e Associati e responsabile scientifico del gruppo di lavoro inter-regionale della Conferenza dei Servizi di Controllo delle Regioni e Province Autonome.

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INDICE

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1. Il Manuale per il Controllo strategico e gestionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

1.1. Gli obiettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

1.2. L’oggetto e la struttura del manuale: istruzioni e cautele per l’uso . . . 16

1.3. Il gruppo di lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

1.4. Il percorso di lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

1.5. I futuri sviluppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2. L’evoluzione del quadro normativo di riferimento in materia di controlli interni nelle Regioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.1. La normativa di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.2. Le linee evolutive emergenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3. Le finalità dei Sistemi di Pianificazione e Controllo in una Regione . . . . . 31

3.1. L’Ente Regione nell’ambiente socio-economico e istituzionale . . . . . . 31

3.2. Il decentramento amministrativo e il ruolo della Regione . . . . . . . . . 33

3.3. Il nuovo management pubblico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

3.4. L’orientamento dei sistemi in funzione delle esigenze da soddisfare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4. L’ipotesi di architettura “a tendere” alla luce del D.lgs 286/99 . . . . . . . . . . 43

4.1. Elementi di prescrittività (vincoli) e gradi di libertà dell’architettura proposta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

4.2. Le funzioni di controllo interno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

4.3. La macro articolazione dei cicli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

4.4. La focalizzazione dei sistemi: i fattori critici da controllare . . . . . . . . 56

4.5. Il controllo strategico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

4.6. Il controllo di gestione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

4.7. La struttura degli organismi di programmazione e controllo . . . . . . . 72

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5. I problemi aperti per le Regioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 75

6. I percorsi di avvicinamento dalla situazione attuale a quella “a tendere” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

6.1. La situazione di partenza nelle singole regioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

6.2. Le cautele e le opportunità per le Regioni: i punti di attenzione . . . . 86

6.3. Le possibili modalità di avvicinamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

ALLEGATI

1. Esemplificazione sperimentale della architettura proposta . . . . . . . . . . . . . 97

2. Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117

APPENDICE

1. La normativa di riferimento sui controlli interni per le Regioni . . . . . . . . . 123

2. I testi delle novità normative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129

2.1. Il D.lgs 286/99 di riordino dei Sistemi di Controllo interno . . . . . . . . 130

2.2. Decreto Legislativo 28 marzo 2000, n. 76 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139

2.3. Estratto dalla legge n. 144/99 sulle prescrizioni in tema di valutazione e verifica degli investimenti pubblici . . . . . . . 153

2.4. Regolamento della Commissione Europea n. 2064/97 in tema di Gestione e Controllo dei fondi strutturali . . . . . . . . . . . . . 156

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MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

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1.1. GLI OBIETTIVI

L’obiettivo del presente Manuale è andato via via focalizzandosi nel corso di novemesi di lavoro, da febbraio ad ottobre 1999.

Di fatto, nel mandato iniziale affidatoci dalla Conferenza, il Manuale dovevarappresentare un punto metodologico di riferimento per tutte le Regioni e consentirela confrontabilità dei dati a livello interregionale. Il suo titolo era infatti Manuale ope-rativo e Sistema di Indicatori.

La situazione di partenza delle diverse Regioni e la stessa evoluzione normati-va di questi mesi ci hanno però rapidamente indotto a rivedere il taglio da dare alManuale. Da un lato ci si è infatti rapidamente resi conto di quanto fossero diverse leamministrazioni regionali (missioni, ambiti di attività, caratteristiche organizzative) ei mondi nei quali esse operano (sanità, attività produttive, servizi sociali, trasporti,ecc.), per cui non erano concepibili soluzioni pass par tout e, dall’altro, bisognavacominciare a fare i conti con i nuovi principi di riordino del sistema dei controlli inter-ni nelle Amministrazioni pubbliche italiane previste dallo schema di decreto legislati-vo, poi approvato a luglio 1999 dal Governo (D.lgs. n.286/99), che hanno messo incrisi i modelli precedenti.

È apparsa quindi evidente la necessità di avviare una riflessione organica suun possibile modello complessivo di programmazione e controllo che:

• approfondisse il significato della distinzione tra le varie logiche e i diversilivelli di programmazione e controllo, così come venivano individuati dalDecreto legislativo: valutazione e controllo strategico, controllo gestionale,regolarità amministrativa e contabile, valutazione della dirigenze;

• sviluppasse le problematiche inerenti il rapporto tra centro e periferia (l’ammi-nistrazione generale e i Dipartimenti o Direzioni generali) e tra amministrato-ri e dirigenti, individuandone gli ambiti propri di pianificazione e controllo;

• quindi, consentisse, in particolare, di definire i confini tra i due sistemi dicontrollo strategico e di controllo di gestione direzionale. La definizione ditali confini è essenziale per precisare i ruoli e le competenze delle strutture, inline o in staff, di programmazione e controllo al centro e in periferia.

In sostanza, e potremmo dire, paradossalmente, proprio per essere più concreti, abbia-mo rinunciato all’operatività del manuale per lavorare invece sul modello complessivo diriferimento del sistema di controlli interni, delle relazioni tra di loro e delle relazionicon il processo di programmazione.

15MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

1. IL MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

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Il Manuale, in questo senso, è rivolto a quanti dovranno prendere decisionicirca il ridisegno del sistema complessivo dei controlli, per aiutarli nella progettazio-ne degli interventi di riordino.

Il Manuale infatti non offre soluzioni operative o organizzative predefinite e nonè vincolante. Sposa, questo sì, una concezione del controllo non burocratica e non pre-scrittiva, che possiamo definire manageriale, come risulterà chiaro più avanti nel testo.Tale concezione si rifà alla tradizione anglosassone del control, inteso come governo,piuttosto che a quella francese del contrôle, come controllo gerarchico burocratico.

Per illustrare il modello, si è inoltre deciso di fare un’applicazione su due set-tori particolari: la “Formazione professionale” e i “Servizi sociali”.

La Segreteria tecnica della Conferenza, che è stata costantemente tenutaaggiornata sullo stato di avanzamento dei lavori del Manuale, ha comunque convali-dato la riconfigurazione degli obiettivi e il programma di lavoro, nonché il Manualestesso, sia nella versione in bozza presentata al Convegno di Potenza, l’8 e il 9 giugno1999, sia nella versione definitiva, il 28 ottobre 1999.

1.2. L’OGGETTO E LA STRUTTURA DEL MANUALE: ISTRUZIONI E CAUTELE PER L’USO

Come già detto, il Manuale si focalizza sulle funzioni di Controllo strategico e Con-trollo gestionale (nel gergo del D.lgs 286/99).

Tali funzioni sono però solo due delle componenti di un sistema più ampio(sistema complessivo di programmazione e controllo), da cui la necessità di affronta-re nel Manuale (per quanto in termini molto generali) gli aspetti delle relazioni congli altri Sistemi di programmazione e controllo, contigui a quelli strettamente ogget-to dello studio (controllo strategico e controllo gestionale).

Per quanto riguarda la struttura del Manuale, fatto da operatori per operatori, si è sceltodi privilegiare un’articolazione che lo rendesse, al di là del suo carattere concettuale,uno strumento di lavoro al quale le singole Amministrazioni possano fare riferimen-to nella progettazione dei propri sistemi di programmazione e controllo.

Di conseguenza si è scelta la seguente articolazione:

• In primo luogo (capitolo 2) è presentata l’evoluzione del quadro normativo di rife-rimento in materia di controlli interni nelle Regioni italiane.La scelta è stata quella di riepilogare le novità più recenti, strettamente atti-nenti alla materia, con l’obiettivo di fornire agli operatori una cornice di rife-rimento in termini di fonti normative, linee guida emergenti e soprattutto unquadro sintetico dei vincoli e delle opportunità. Si rimanda ad altre sedi ed altre esperienze per gli aspetti di stretta interpreta-zione giuridica.Questo capitolo è corredato di due Appendici:l’Appendice 1 che illustra la normativa più importante in materia di controlliinterni nelle Regioni;l’Appendice 2 che contiene, per comodità, degli operatori, i testi delle ultimenovità normative prese in considerazione nel Manuale.

• In secondo luogo (capitolo 3) il Manuale esplicita le esigenze, alle quali i siste-mi di programmazione e controllo devono dare risposta per contribuire con-

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cretamente alla più generale riforma istituzionale e organizzativa in atto nelleRegioni. Da cui la focalizzazione delle finalità alle quali i sistemi di pianificazio-ne e controllo si devono orientare.

• Di conseguenza, il Manuale (capitolo 4) propone l’ipotesi di architettura “a ten-dere” per l’evoluzione dei sistemi di programmazione e controllo delle Ammi-nistrazioni regionali, per quanto riguarda, più in particolare, le componentidel “controllo strategico” e del “controllo gestionale”. Per facilitare, ora e nelfuturo, l’attività degli operatori nelle singole realtà e il confronto fra le varieRegioni nell’ambito della Conferenza, si è deciso di conformarsi, ove possibi-le, al linguaggio introdotto dal D.lgs 286/99, senza con questo appiattirsi sullesoluzioni previste dal decreto stesso, anzi facilitando l’esplicitazione dellepeculiarità per le Regioni. Ovviamente l’ipotesi, come detto più volte nelManuale, costituisce una configurazione alla quale le singole amministrazio-ni possono e non devono fare riferimento, nella riflessione al proprio internoper l’inevitabile riposizionamento dei modelli conseguenti al contesto. infatti, aldi là dell’autonomia istituzionale ed organizzativa delle Regioni, la progetta-zione dei sistemi di controllo in una qualunque organizzazione e, quindianche negli Enti pubblici, deve tenere conto in primo luogo delle specificitàdelle singole realtà. In questo caso le soluzioni scelte all’interno delle singoleRegioni dovranno tenere conto delle dimensioni, dell’organizzazione, dellastoria e del “valore” delle esperienze già realizzate in precedenza.

• A conferma di quanto detto al punto precedente, il Manuale raccoglie edesplicita i problemi aperti per le singole amministrazioni regionali (capitolo 5).Una rassegna sintetica (e per certi aspetti esemplificativa) delle domande,alle quali sarà necessario dare risposta, evidenzia come, infatti, il lavoroall’interno delle singole regioni per la progettazione dei sistemi di program-mazione e controllo è lunga, difficile e piena di ostacoli da superare e nodida sciogliere.

• Infine, per dare concretezza e un ulteriore contributo agli operatori, il capito-lo 6 entra nel merito del percorso di avvicinamento, dalla situazione attualeall’architettura “a tendere” delineata nel Manuale.Dopo una evidenziazione delle cautele, ma anche delle opportunità, si trat-teggiano i percorsi di avvicinamento in termini di strade possibili, tappe prin-cipali e progetti operativi.Sempre per dare concretezza, è stato necessario fare il punto sulla situazionedi partenza nelle diverse Regioni. Il gruppo di lavoro ha svolto un’indaginesullo stato dell’arte nelle Regioni di provenienza, a questo proposito, consen-tendo di individuare le situazioni tipiche di partenza.È da tali situazioni tipiche che sono stati costruiti (o meglio, come già detto,tratteggiati) i percorsi di avvicinamento.

• L’Allegato 1 illustra i risultati della esemplificazione delle metodologie propo-ste nei due settori “Formazione professionale” e “Servizi sociali”, con l’esempli-ficazione di alcuni indicatori per il controllo strategico e gestionale, a partiredai fabbisogni dei processi decisionali nelle diverse posizioni di responsabili-tà ai vari livelli: Autorità politica, Alta direzione, Management intermedio,Management operativo.

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• In ultimo, ma solo per facilitarne la consultazione, l’Allegato 2 contiene il“glossario del Manuale” che contiene l’elenco dei principali termini utilizzatiall’interno del Manuale.

I punti precedenti sono da considerare come delle istruzioni ma anche delle cauteleper l’uso.

1.3. IL GRUPPO DI LAVORO

Al gruppo di lavoro hanno partecipato, oltre alla Regione Lombardia che lo ha coor-dinato, altre otto Regioni: l’Abruzzo, la Calabria, il Lazio, le Marche, il Piemonte, laToscana, la Valle d’Aosta e il Veneto. La rappresentanza regionale nel gruppo di lavo-ro è stata quindi molto ampia, comprendendo regioni piccole e grandi, settentriona-li e meridionali, a statuto ordinario e speciale, con più o meno consolidate esperien-ze di controllo di gestione.

Il gruppo di lavoro ha costituito al suo interno dei sottogruppi per la realizza-zione delle diverse attività. In particolare:

• la Regione Toscana ha approfondito la storia della normativa di riferimentoin materia di controlli interni;

• la Regione Veneto ha curato gli aspetti di raccordo con le altre Regioni in ter-mini di censimento dei dati necessari nel corso del lavoro;

• la Regione Marche e la Regione Piemonte hanno curato l’applicazione speri-mentale della ipotesi di architettura del presente Manuale, rispettivamente,nei due settori “Formazione Professionale” e “Servizi sociali” (Allegato 1). Lametodologia per tale applicazione è stata curata, nell’ambito di una ricerca1

affidata dalla Regione Lombardia all’I.Re.R, dalla Lattanzio e Associati, che hapersonalizzato, al caso delle Regioni, una propria metodologia già consolida-ta in precedenti esperienze;

• la Regione Abruzzo ha contribuito con una riflessione sulle diverse forme deicontrolli interni e in particolare, a ritagliare i confini dei controlli interni,rispetto a quelli esterni;

• la Regione Lombardia ha approfondito il tema dell’orientamento dei sistemidi pianificazione e controllo in una Amministrazione regionale, alla lucedelle specificità di missione, contesto e quindi finalità dei sistemi di pianifi-cazione e controllo. Inoltre ha curato, con il supporto della consulenza, lacostruzione delle proposte di architettura dei sistemi di controllo strategicoe gestionale.

Più in generale:

• la Regione Lombardia ha coordinato il gruppo di lavoro ed assicurato unostretto raccordo e collegamento con la Segreteria tecnica della Conferenza,che è stata puntualmente tenuta aggiornata sullo stato di avanzamento dei

1. Cfr. il secondo modulo della ricerca affidata all’I.Re.R Il rapporto di gestione con particolare riferimen-to agli indicatori di risultato prevista nel PRIR 99.

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lavori, ed ha quindi potuto validare le scelte di merito, anche in funzionedelle esigenze di coordinamento con gli altri gruppi di lavoro;

• la Segreteria tecnica ed il gruppo di lavoro hanno beneficiato in tutto il per-corso di lavoro del supporto scientifico e tecnico-metodologico dell’ing. EzioLattanzio, della società Lattanzio e Associati, specializzata nel disegno di siste-mi di programmazione e controllo nella Pubblica amministrazione.In particolare, la consulenza ha contribuito, da un lato, con una metodologiastrutturata e dei modelli di riferimento sviluppati in anni di ricerca, dall’altro,alla ricerca delle soluzioni sulla base delle esperienze maturate negli interven-ti di consulenza presso enti pubblici centrali e locali;

• infine Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi hanno curato la stesura finale del Ma-nuale.

1.4. IL PERCORSO DI LAVORO

Il gruppo di lavoro si è riunito per la prima volta l’11 febbraio 1999 ed è subito emer-sa una forte diversità delle situazioni di partenza delle Regioni partecipanti e, conse-guentemente, l’esigenza di pervenire ad una omogenizzazione dei componenti ilgruppo in termini di linguaggio e modelli di riferimento.

Si è quindi stabilito di organizzare un workshop guidato di due giornate al fine di for-nire al gruppo uno schema comune di lettura dei diversi modelli di controllo digestione e di evidenziare le difficoltà operative di ogni Regione.

Il prodotto del workshop è stata l’elaborazione della struttura del Manuale per il con-trollo strategico e gestionale e del piano operativo di lavoro, con l’individuazione diuna serie di fasi, tempi e responsabili. Il piano operativo è stato poi riportato allaSegreteria Tecnica che l’ha discusso e fatto proprio, consentendoci di procedere nellavoro programmato.

Ci siamo quindi rivisti e organizzati operativamente in due sottogruppi, uno dedicatoalla definizione del modello concettuale di riferimento per il controllo strategico e digestione, l’altro al censimento ed all’analisi del sistema degli indicatori di misurazionedi performance relativamente alle attività dei settori della “Formazione professionale”e dei “Servizi sociali”. La divisione nei due sottogruppi ci ha consentito di lavorare inparallelo e rispettare i tempi programmati. Il gruppo ha comunque lavorato in strettoraccordo e coordinamento, mantenendo informata la Segreteria Tecnica sullo stato diavanzamento dei lavori e coordinandosi con gli altri gruppi interregionali.

19MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

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Il Calendario degli incontri del gruppo di lavoro

Data (1999) Luogo Attori Scopo

11 febbraio Milano Gruppo Insediamento del gruppo di lavoro

22 e 23 febbraio

Milano GruppoWorkshop per la definizione di un quadrocomune di riferimento e per la predisposizio-ne del progetto di lavoro

4 marzo RomaSegreteriatecnica

Presentazione e Convalida del progetto

16 marzo Milano Gruppo Organizzazione operativa del lavoro

21 aprile RomaSottogruppoindicatori

Impostazione dell’architettura del sistemadegli indicatori

3 maggio MilanoSottogruppomodello

Impostazione del modello concettuale

20 maggio MilanoSottogruppomodello

Discussione e condivisione del modello concettuale

29 aprile RomaSegreteriatecnica

Aggiornamento sullo stato di avanzamentodei lavori

26 maggio Milano GruppoDiscussione e condivisione della bozza della prima parte del Manuale

3 giugno RomaSegreteriatecnica

Presentazione e convalida della bozza della prima parte del Manuale

9 giugno Potenza ConvegnoPresentazione pubblica e convalida da paratedella Conferenza della bozza della primaparte del Manuale

12 luglio Roma Gruppo Impostazione seconda fase del lavoro

27 agosto Torino SottogruppoImpostazione analisi dei processi decisionalida supportare e dei relativi fabbisogni infor-mativi per il settore degli Interventi sociali

9 settembre Milano GruppoAnalisi dei cicli di pianificazione e controllonelle diverse Regioni

23 settembre AnconaSottogruppoindicatori

Impostazione analisi dei processi decisionali dasupportare e dei relativi fabbisogni informativiper il settore della Formazione professionale

12 ottobre MilanoSottogruppoindicatori

Verifica dell’analisi sui sistemi decisionali e dei fabbisogni informativi su Formazioneprofessionale

15 ottobre FirenzeSottogruppoindicatori

Verifica dell’analisi sui sistemi decisionali e dei fabbisogni informativi su Servizi sociali

27 ottobre Roma Gruppo Discussione e condivisione Manuale

28 ottobre RomaSegreteriatecnica

Presentazione e convalida del Manuale

2 novembre MilanoReferentepolitico

Presentazione e convalida del Manuale

Page 17: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

1.5. I FUTURI SVILUPPI

Come si è detto, il gruppo di lavoro ha cominciato ad operare a febbraio 1999, con l’i-dea di realizzare un manuale operativo che, muovendosi all’interno del modello preva-lente nelle diverse realtà regionali, sostanzialmente di PPC (Pianificazione, Program-mazione e Controllo), come meglio definito più avanti nel testo, ne approfondisse unaparte, individuata nel sistema di indicatori per la misurazione dell’attività svolta.

Di fatto, il decreto legislativo 286/99 ha cambiato il contesto di riferimento, costringen-doci a riconsiderare il modello complessivo dei sistemi di controllo, con la conseguen-za che si è, sì, mantenuto un approfondimento, (sui sistemi di controllo strategico egestionale), ma nell’ambito di un nuovo modello di riferimento, non più burocraticocentralistico (PPC), bensì di integrazione del ciclo di programmazione e controllo (PeC).

Il Manuale ridefinisce quindi il modello di riferimento generale e ne presenta un’ipo-tesi di architettura.

A questo punto sono individuabili almeno tre linee di ulteriore sviluppo del lavorodel gruppo, ma più in generale, della stessa Conferenza, in direzione:

• dell’approfondimento del modello complessivo, con la precisazione/realizzazio-ne delle diverse componenti del modello, in un lavoro di sensibilizzazione edi feed back continuo con le specifiche situazioni regionali;

• della progettazione, o ridefinizione, delle funzioni specifiche di controllo (audi-ting, valutazione, controllo);

• della progettazione di sistemi di programmazione e controllo nei diversi ambi-ti di intervento regionale (sanità, formazione professionale, attività produtti-ve, etc...).

Su alcune di queste linee sono già attivi alcuni gruppi di lavoro interregionale. Il con-tributo del Manuale, sotto questo aspetto, è quello di aiutare a riorganizzare, in unalogica di raccordo e coordinamento, quanto già si sta facendo per cercare di riempirei vuoti che ancora permangono, o di evitare eventuali sovrapposizioni.

21MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 18: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

2.1. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

La normativa di riferimento per il sistema dei controlli, interni ed esterni, è molto ampia,per cui si preferisce rinviare all’Appendice 1 per una sua presentazione più puntuale.

Qui ci limitiamo a descrivere solo le attuali linee evolutive, così come vengo-no delineate dalle seguenti novità normative:

• il D.lgs n.286/99 in attuazione dell’art. 11 della L.59/97 (Bassanini uno), conil quale il Parlamento italiano ha delegato il Governo a riordinare i sistemi dicontrollo interno nelle amministrazioni pubbliche;

• lo schema di Decreto legislativo di modifica della legge quadro nazionale n.335/76, che regola le disposizioni in materia di bilancio e contabilità nelle regioni1;

• la legge n. 144/99 che prescrive le misure che le amministrazioni centrali e regio-nali devono adottare per la valutazione e la verifica degli investimenti pubblici;

• il regolamento della Commissione europea n. 2064/97, integrato dal successivoregolamento n. 2406/98, che, invece, prescrive le misure che le amministrazio-ni regionali devono adottare per la gestione e il controllo dei Fondi strutturali.

L’Appendice 2, per comodità degli operatori, contiene il testo originale dei provvedi-menti considerati e prima elencati.

2.2. LE LINEE EVOLUTIVE EMERGENTI

Al di là delle prescrizioni sulle misure da adottare, l’esame dei provvedimenti norma-tivi considerati consente di individuare una serie di linee evolutive emergenti, ricon-ducibili ai quattro punti seguenti, di seguito sviluppati:

1. la specializzazione dei controlli e l’individuazione degli utenti/proprietari deisistemi di controllo;

2. la ridefinizione delle competenze delle strutture di controllo interno;

3. l’adozione di metodologie, strutture e strumenti per una migliore allocazione

23MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

2. L’EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO IN MATERIA DI CONTROLLI INTERNI NELLE REGIONI

1. In seguito formalizzato nel D.Lgs. 76/2000 “Principi fondamentali e norme di coordinamento inmateria di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25giugno 1999, n. 208”.

Page 19: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

24

delle risorse, con riferimento, in particolare, ai progetti finanziati con Fondistrutturali e, più in generale, a tutti gli investimenti pubblici;

4. il riorientamento ai vari livelli dei bilanci e dei sistemi di contabilità in fun-zione delle esigenze dei decisori.

2.2.1. La specializzazione dei controlli e gli utenti/proprietari dei sistemi

Le diverse funzioni di controllo interno vengono concettualmente distinte in relazionealle finalità del controllo stesso. Il D.lgs 286/99 distingue infatti tra le seguenti funzioni:

1. controllo di regolarità amministrativa e contabile, volto a garantire la legittimità,regolarità e correttezza dell’azione amministrativa;

2. controllo di gestione, volto a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicitàdell’azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche medianti tempestiviinterventi di correzione, il rapporto tra costi (risorse) e risultati;

3. valutazione della dirigenza, volto a misurare e valutare le prestazioni dei diri-genti;

4. valutazione e controllo strategico, volto a valutare l’adeguatezza delle sceltecompiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti dideterminazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultaticonseguiti e obiettivi predefiniti.

Tale distinzione contribuisce a chiarire le finalità dei diversi tipi di controllo e i rela-tivi destinatari.

La tavola 1 ha lo scopo di associare:

• le funzioni elementari di programmazione e/o controllo;

• alle funzioni di controllo previste dal D.Lgs 286/99 e, di conseguenza, i con-tenuti concreti di tali funzioni.

La previsione di livelli diversi (Autorità politica e Management) di proprietà dei sistemidi Programmazione e controllo, di valutazione e di regolarità rafforza il principio didistinzione tra indirizzo/controllo e gestione, da cui il decentramento del controllo digestione quale strumento di autogoverno dei dirigenti.

Parimenti, l’esercizio integrato delle funzioni, e cioè il funzionamento a ciclointegrato delle fasi di programmazione, attuazione, rilevazione e interpretazione, con-sente il ricorso ad eventuali azioni correttive e l’integrazione informativa tra gli stes-si sistemi di controllo.

Le Regioni, in sede di Conferenza unificata, hanno espresso un parere positi-vo sugli indirizzi ed i principi contenuti nel decreto, apprezzando in particolare lavolontà di fare chiarezza, rispetto alle diverse logiche del controllo, su competenze,dipendenze ed incompatibilità, superando la precedente normativa tendente ad attri-buire ai servizi di controllo interno ex art. 20 decreto legislativo 29/1993 una conge-rie eterogenea di funzioni. Hanno invece richiesto che venisse chiaramente espressal’integrazione tra i diversi sistemi.

Page 20: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

2.2.2. La ridefinizione delle competenze delle strutture di controllo interno

Oltre a distinguere tra le diverse funzioni di controllo interno, il D.lgs 286/99 indivi-dua le strutture competenti allo svolgimento delle previste funzioni e la loro colloca-zione organizzativa:

• la struttura di valutazione e controllo strategico, riferisce direttamente all’Au-torità politica e nelle Regioni dovrebbe quindi essere collocata alle direttedipendenze della Giunta;

• la struttura di controllo di gestione e quella per la valutazione della dirigen-za vengono collocate all’interno della struttura gestionale e rispondonodirettamente ai dirigenti posti al vertice delle singole strutture organizzativeinteressate.

Il D.lgs 286/99 prevede inoltre che:

• l’attività di valutazione e controllo strategico supporti l’attività di program-mazione strategica e di indirizzo politico amministrativo;

• l’attività di valutazione della dirigenza si avvalga dei risultati del controllo digestione;

• l’attività di verifica di regolarità amministrativa e contabile sia incompatibilecon quella della valutazione, del controllo di gestione e del controllo strategico.

Le suddette preclusioni derivano dalla concezione del controllo di gestione come auto-controllo, all’interno quindi del processo di programmazione e controllo, a salva-

25MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Tavola 1 - Le tipologie di controllo interno

Funzioni previste dal D.lgs 286/99 Funzioni elementari di Controllo interno

Citata indirettamente ma non regolata dal D.lgs

Programmazione strategica e valutazione impattodelle politiche

Valutazione e controllo strategico

Traduzione degli indirizzi negli obiettivi manageriali ai C.d.R. di 1° livello (le “direttive” )NB solo per i Ministeri

Controllo di attuazione del piano

Valutazione dirigenti C.d.R. 1° livello

Valutazione e controllo strategico Verifiche di affidabilità, funzionalità, coerenza

Controllo di gestione Budgeting e reporting direzionale

Valutazione dei dirigentiControllo delle prestazioni dei C.d.R. (livello inferiore al 1°)

Controllo di regolarità amministrativa e contabile

Controlli di legittimità

Controlli di regolarità contabile

Page 21: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

26

guardia del rapporto di collaborazione e fiducia che deve instaurarsi tra chi gestiscela macchina (il manager) e chi supporta il manager tenendolo informato sullo statodi utilizzo delle risorse finalizzate al raggiungimento degli obiettivi a lui assegnati (ilcontroller).

La logica della specializzazione dei sistemi di controllo implica quindi la ride-finizione dell’articolazione organizzativa delle strutture e dei ruoli delle unità di pro-grammazione e controllo che, ad oggi, sono in generale centralizzate, mentre lo sche-ma di decreto ne prevede una articolazione a rete, con la creazione di strutture ad hocper il controllo di gestione in ognuna delle Direzioni generali o Dipartimenti.

La cogenza del D.lgs 286/99 per le Regioni

Il decreto legislativo è stato formulato in particolare per i Ministeri, per i quali,infatti, il decreto stesso è cogente per tutte le sue parti e disposizioni.

Nel caso di altre amministrazioni pubbliche si deve invece analizzare quan-to e in quali parti il decreto obbliga a conformarsi alle disposizioni contenute.

Nel caso delle Regioni, la maggiore o minore cogenza è da valutare inter-pretando alcuni commi, tra cui:

• il comma 2 dell’art. 1 “La progettazione d’insieme dei controlli interni rispettai seguenti principi generali,..., applicabili dalle regioni, nell’ambito della propriaautonomia organizzativa e legislativa,...”;

• il comma 3 art. 4 “nelle amministrazioni regionali, la legge quadro di contabi-lità contribuisce a delineare l’insieme degli strumenti operativi per le attività dipianificazione e controllo”;

• il comma 4 dell’art. 10 “...le amministrazioni non statali provvedono, nelleforme previste dalla vigente legislazione, a conformare il proprio ordinamentoai principi dettati dal presente decreto, anche in deroga a specifiche disposizio-ni di legge con i principi stessi non compatibili”.

In particolare dalla scelta di quanto e cosa “prendere” dai principi e dalle disposi-zioni previste dal D.lgs 286/99 (art.1) possono nascere dei vincoli maggiori ominori a seconda se, ad esempio, si preferisce allinearsi ai soli principi o alledisposizioni specifiche sui singoli sistemi.

Tale situazione, però, può portare a delle grandi opportunità, quale adesempio la possibilità di rivedere nel merito le singole funzioni di controllo.

Già da qualche anno, apprezzabilmente, è stata prevista, nella parte accessoriadella retribuzione, una indennità di produttività e/o di risultato, legata al raggiun-gimento di determinati obiettivi quali/quantitativi.

È inoltre previsto, in una logica di misurazione e trasparenza, che l’attivi-tà di valutazione del personale, dirigenziale e non, sia supportata anche da infor-mazioni fornite dai sistemi di controllo interno.

Le competenze delle strutture di controllo interno previste nei CCNL

Page 22: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

27MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Gli ultimi Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) prevedono, diconseguenza, una serie di adempimenti per le strutture di controllo interno. Inparticolare:

Per quanto attiene al contratto del personale non dirigenziale, gli adempi-menti previsti sono:

- verificare e attestare che i risparmi di gestione non abbiano prodottoeffetti negativi sull’estensione e sulla qualità dei servizi resi agli uten-ti e non siano dovuti ad attività affidate all’esterno;

- monitorare e valutare i risultati raggiunti, in termini di produttività edi miglioramento del livello qualitativo dei servizi, mediante l’impie-go del fondo per la produttività collettiva e per il miglioramento deiservizi;

- monitorare e valutare i risultati raggiunti, in termini di produttività edi miglioramento del livello qualitativo dei servizi, mediante l’impie-go del fondo per la qualità della prestazione individuale.

Per quanto attiene al contratto del personale dirigenziale, di tipo privatistico:

- compete alle amministrazioni la definizione dei sistemi e dei mecca-nismi per valutare i risultati, mentre

- è affidata ai servizi di controllo o nuclei di valutazione, istituiti aisensi dell’art. 20 del D.lgs 29/93, la concreta attività di misurazione,da basare sulla correlazione tra obiettivi da perseguire e risorseumane, strumentali e finanziarie a disposizione.

In entrambi i contratti è addirittura previsto che l’istituzione e l’attivazione dei servi-zi di controllo interno siano la condizione necessaria per l’incremento delle risorse desti-nate alla quota della retribuzione legata al risultato.

Il D.lgs 286/99 ha, come noto, espressamente abolito l’art. 20 del D.lgs29/93, specializzato i controlli, attribuendone le funzioni a più strutture, previstoprecise incompatibilità nello svolgimento di tali funzioni.

Si aprono quindi due ordini di problemi:

• da un punto di vista sostanziale, occorre redistribuire le funzioni tra lenuove strutture;

• da un punto di vista normativo, occorre riadeguare i CCNL.

Va peraltro osservato che il D.lgs 286/99 norma solo la valutazione della Dirigen-za, prevedendo inoltre che:

• la valutazione della dirigenza di nomina politica si basi anche sui dati delsistema di Controllo strategico;

• la valutazione dei dirigenti sia supportata dall’attività di Controllo digestione.

Page 23: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

28

2.2.3. L’adozione di metodologie, strutture e strumenti per una migliore allocazione delle risorse

L’adozione di metodologie, strutture e strumenti per una migliore allocazione dellerisorse risponde all’esigenza di assicurare maggiore efficacia e trasparenza ai processidi utilizzo delle risorse finanziarie disponibili sia a livello nazionale che comunitario.Tale migliore allocazione è realizzabile attraverso la predisposizione di strumenti dicontrollo e percorsi gestionali idonei a garantire l’adeguata effettuazione degli inter-venti e la definizione di caratteristiche, modalità, percorsi, referenti, scadenze etc..delle attività di controllo da effettuarsi.

In sostanza, lo scopo dell’adozione di tali metodologie è riassumibile nelle seguentiquattro proposizioni:

• pensare prima di agire, che significa, ex ante, supportare i decisori nella indivi-duazione delle priorità e nella selezione dei progetti da finanziare definendoun vero e proprio business plan, con l’indicazione delle finalità degli interven-ti, dei risultati attesi, e dell’architettura generale del progetto;

• organizzarsi prima di agire, che significa dotarsi di strumenti per la predisposi-zione di piani operativi che definiscano precisamente obiettivi, responsabili-tà, fasi, costi, tempi dei progetti;

• dotare il management delegato a gestire i progetti di idonei strumenti per la gestio-ne dei progetti medesimi (strumenti di project management), che significaimplementare adeguati strumenti di monitoraggio per verificare lo stato diavanzamento dei progetti ed eventualmente attuare le opportune azionicorrettive;

• garantire l’uso corretto e trasparente delle risorse pubbliche, che significa prevede-re meccanismi di controllo/ispettorato tradizionale e/o forme di auditing piùevolute.

Vanno in questa direzione sia i due Regolamenti della Commissione europea sui con-trolli finanziari sulle operazioni cofinanziate dai Fondi strutturali (n.2064/97 e n.2406/98), che la L. n.144/99 in materia di investimenti pubblici.

In particolare, i due regolamenti prescrivono alle Regioni di dotarsi di strut-ture incaricate di verificare, attraverso controlli campionari sul 5% dei progetti cofi-nanziati, l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di gestione e controllo utilizzati.

La legge n.144/99 prescrive alle Regioni di dotarsi di Nuclei di valutazione perla valutazione e la verifica degli investimenti pubblici, utilizzando metodologie ana-loghe a quelle previste per i progetti cofinanziati con Fondi strutturali.

2.2.4 Il riorientamento ai vari livelli dei bilanci e dei sistemi di contabilità in funzione delle esigenze dei decisori

Negli anni i bilanci ed i sistemi di contabilità finanziaria hanno cercato di risponderea diverse esigenze, assorbendo molteplici chiavi di lettura. Si tratta quindi, anche inquesto caso, di riorientare i bilanci ed i sistemi di contabilità in funzione:

Page 24: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

• dei decisori (Consiglio e Giunta) e degli utenti;

• tipi di uso:

- scelta tra opzioni alternative per Autorità politica e manager;

- monitoraggio sulla gestione delle entrate/spese per Autorità politica emanager.

La recente riforma del Bilancio Statale e la prevista modifica della legge quadro di conta-bilità regionale (L.n.335/76) vanno in questa direzione. In particolare, la prossima rifor-ma della legge quadro di contabilità regionale2 introduce, analogamente al bilancio sta-tale, un bilancio politico su cui l’organo legislativo regionale è chiamato ad esprimere ilproprio consenso, integrato da un bilancio gestionale, con fini comunque autorizzatori.

Il Bilancio politico è articolato in Funzioni obiettivo e in Unità Previsionali diBase (UPB), determinate con riferimento alle aree omogenee di attività su cui la Regio-ne ha competenza.

Il bilancio amministrativo, a fini gestionali e di rendicontazione, disaggregale UPB in capitoli di spesa.

In questo modo viene salvaguardato:

• il ruolo dell’autorità politica (Consiglio) che vota aggregazioni, le UPB, piùchiare e trasparenti, essendo in numero limitato e con contenuto più imme-diatamente individuabile;

• la flessibilità gestionale con la semplificazione e l’accelerazione delle procedu-re di spesa e, conseguentemente, degli interventi programmati autorizzati.

Analogamente, anche i sistemi contabili devono rappresentare i fenomeni osservati(entrate e spese) in maniera trasparente per meglio supportare i decisori nelle scelteallocative e gestionali.

Da qui l’esigenza di una loro specializzazione nei sistemi di:

• contabilità finanziaria, a maglie più larghe;

• contabilità economica;

• contabilità analitica per destinazione d’uso.

Affinché il sistema dei controlli sia effettivamente praticabile è necessario che ilBilancio rappresenti uno strumento effettivo di controllo, consentendo l’attribuzio-ne a ben individuati Centri di responsabilità delle risorse necessarie per il raggiungi-mento degli obiettivi.

Al contrario di quanto previsto dalla riforma del bilancio dello Stato, la pro-posta di riforma della contabilità regionale non vincola l’attribuzione delle UPB ad ununico Centro di responsabilità.

Dal punto di vista del controllo dei costi la proposta di riforma prescrive l’a-dozione di misure organizzative idonee al controllo dei costi e dei rendimenti, apren-do la strada all’introduzione di sistemi di contabilità economica e analitica.

29MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

2. In seguito formalizzata nel D.Lgs. 76/2000 “Principi fondamentali e norme di coordinamento inmateria di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25giugno 1999, n. 208”.

Page 25: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

3.1. L’ENTE REGIONE NELL’AMBIENTE SOCIO-ECONOMICO E ISTITUZIONALE

Le Regioni sono Enti istituzionali che operano in un contesto socio-economico terri-torialmente delimitato. La loro mission istituzionale è quella di cogliere i bisogni cheemergono dall’ambiente esterno e di rispondervi, nell’ambito delle proprie competen-ze, attraverso una serie di politiche volte, in ultima istanza, allo sviluppo economicoe sociale del territorio, in sintonia con la normativa di livello statale e comunitario ecoordinando l’attività degli Enti minori (Province, Comuni, Comunità montane).

Con l’effettiva realizzazione del decentramento amministrativo1, che rilanciail ruolo della Regione quale ente di programmazione e controllo, dell’autonomiafinanziaria, che potrà giocarsi sul fronte delle spese2 oltre che delle entrate, dell’ele-zione diretta del Presidente3, che rafforzerà il legame tra elettori-eletti, la capacità digoverno di una Regione sarà sempre più valutata sulla base della sua capacità di avereil pieno controllo sugli interventi attuati, sulle leve e sugli strumenti a disposizione,sulle risorse utilizzate.

In altri termini, la credibilità politica regionale dipenderà molto dalla suacapacità di implementare un sistema organico e complessivo di programmazione econtrollo, in grado di tener conto della complessità e turbolenza dell’ambiente ester-no e interno e delle relazioni tra gli attori che lo compongono.

La tavola 2 posiziona l’Ente Regione all’interno del proprio ambiente sociale, econo-mico ed istituzionale di riferimento, evidenziando gli attori e le principali relazionicon gli stessi.

Vi sono evidenziate, da un lato, le relazioni istituzionali con la Unione europeae lo Stato, che indirizzano e regolano l’attività regionale ed erogano finanziamenti, econ le Province e i Comuni, e per taluni aspetti anche le Comunità montane, cheinvece ne attuano i piani e programmi. Dall’altro le relazioni orizzontali con la societàcivile, vale a dire i singoli cittadini, le imprese, le organizzazioni sociali e funzionaliche, da un lato, forniscono risorse attraverso il sistema di prelievo fiscale generale, dal-l’altro esprimono i bisogni e sono i destinatari delle politiche.

31MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

3. LE FINALITÀ DEI SISTEMI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO IN UNA REGIONE

1. L. 59/97 “Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali,per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” e relativi decre-ti legislativi di attuazione.

2. La proposta di Finanziaria 2000 prevede che vengano aboliti i vincoli di destinazione dell’IRAP edell’addizionale IRPEF alla spesa sanitaria.

3. PdL in discussione alle Camere di modifica degli art. 121, 122, 123 e 126 della Costituzione.

Page 26: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

32

Le Regioni, in quanto enti di governo di livello superiore e nei quattro ambiti di inter-vento (istituzionale, sociale, economico, e territoriale) previsti dal DPR 616/77, esercita-no soprattutto funzioni di programmazione, di riparto delle risorse, di vigilanza, di indi-rizzo e di coordinamento, nonché dispongono del potere sostitutivo (in caso di inadem-pienza degli enti locali nell’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi confe-riti) e di revoca della delega o subdelega (nel caso di persistente inadempienza, violazio-ne di leggi o di non adeguamento alle direttive ed indirizzi da parte degli enti locali).

Per semplificare, le attività attraverso le quali la Regione cerca di perseguire leproprie finalità istituzionali possono essere sintetizzate nelle seguenti quattro4:

1. attività di legislazione e regolazione, che comprende la produzione di leggi, l’in-dicazione di indirizzi, la fissazione di standard, l’elaborazione di Piani, Pro-grammi, nonché l’approvazione di Piani provinciali o comunali, la concessio-ne di autorizzazioni, pareri, vincoli etc;

2. attività di erogazione e sostegno, che comprende l’erogazione di finanziamentio la fornitura diretta di servizi, la realizzazione di opere, o interventi di soste-gno indiretto;

3. attività di vigilanza e controllo, che comprende lo svolgimento di controlli suatti o attività svolti da altri enti per proprio conto, interventi, sanzioni e vigi-lanza su attività varie;

4. attività di informazione e comunicazione, che comprende l’attività finalizzata adinformare e a comunicare ai cittadini, agli operatori economici, al sistema

4. La semplificazione delle attività rielabora in parte la classificazione proposta da MAIN in una ricer-ca realizzata per la Regione Lombardia nell’ambito del Programma annuale di ricerche di interesseregionale 1996: Indagine sul portafoglio dei prodotti/servizi realizzati dalle strutture della Giunta regionale.

Ambiente esternosocio economico istituzionale

Tavola 2 - La relazione dell’Ente regione con l’ambiente esterno

Missioni istituzio-

nali

Impatto

Regione

Cittadini

Imprese

Organizzazioni Cittadini

Imprese

Organizzazioni

Stato

Enti locali

Province ComuniComunitàMontane

Unione Europea

Risorse

Obiettivi

Attività

Prodotti

leggi/regolamentifinanziamenti/serviziinformazionecontrolli

Page 27: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

delle autonomie locali e, più in generale, al territorio, le opportunità, le ini-ziative, gli interventi intrapresi.

Queste attività non sono ovviamente alternative, ma anzi tendono ad essere contem-poraneamente presenti nelle modalità di intervento regionale, sebbene con peso diver-so. Per esempio, nel settore dell’Urbanistica sarà preponderante l’attività di regolazio-ne ed eventualmente di vigilanza rispetto alle altre; nel settore delle Attività produt-tive avrà più peso l’attività di erogazione di finanziamenti e di sostegno, ma anche diinformazione e comunicazione.

Naturalmente la preponderanza di una funzione sulle altre non dipende solodal settore di intervento, ma anche dalle sue modalità organizzative e gestionali. Nelsettore della Formazione professionale, per esempio, l’attività di formazione può esse-re svolta direttamente tramite CFP5 regionali, o indirettamente attraverso CFP conven-zionati. La funzione di vigilanza sarà necessariamente molto più sviluppata in questosecondo caso che nel primo.

3.2. IL DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO E IL RUOLO DELLA REGIONE

Il processo di decentramento amministrativo in corso inciderà quindi pesantementenell’evoluzione di queste funzioni. In particolare, come si è già accennato, la primalegge Bassanini rilancia fortemente il ruolo della Regione quale ente di programma-zione e coordinamento e, conseguentemente, anche quello di vigilanza e controllo.Viceversa, viene ridotto il ruolo regionale di erogatore diretto di servizi.

La Bassanini ed i relativi decreti attuativi prevedono infatti, per numerosematerie6, il conferimento a province, comuni e agli altri enti locali di tutte quelle fun-zioni amministrative che non richiedono un loro esercizio unitario a livello regiona-le e contemporaneamente o, se si preferisce, complementarmente, l’esercizio da partedelle Regioni di poteri sostitutivi nei confronti di quegli enti locali che dovesserorisultare inadempienti.

Tra i diversi principi che sono alla base dei conferimenti di funzioni agli enti locali7, oltrea quello fondamentale di sussidiarietà, vanno ricordati, dal punto di vista del nostrointeresse, i principi di efficienza ed economicità e di adeguatezza, in relazione all’idonei-tà organizzativa dell’amministrazione ricevente, a garantire l’esercizio delle funzioni.

In sostanza il processo di trasferimento delle competenze, dallo Stato alleRegioni e dalle Regioni agli Enti locali, deve rappresentare un momento di razionaliz-zazione e di semplificazione dell’attività amministrativa. Ciò significa prevedere e ren-dere effettivo un sistema di monitoraggio dello stesso processo di trasferimento, oltreche delle attività trasferite, non solo a fini meramente di controllo, ma anche e soprat-tutto per garantire la piena realizzazione del processo stesso di decentramento nellemodalità più efficienti ed efficaci possibili.

33MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

5. CFP: Centro di Formazione Professionale.

6. Agricoltura, Trasporto pubblico locale, Mercato del Lavoro, Sviluppo economico e attività produt-tive, Territorio, ambiente e infrastrutture, Servizi alla persona, e alla Comunità, Polizia amministrativaregionale e locale e regime autorizzatorio.

7. Cfr. art. 4 L. 59/97. “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni edenti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

Page 28: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

34

La quantificazione delle risorse connesse alle funzioni da trasferire

La Bassanini prevede espressamente che il trasferimento di competenze avvengacontestualmente al trasferimento delle risorse, umane finanziarie e strumentali,necessarie al loro espletamento. Purtroppo, proprio la difficoltà di quantificazio-ne di tali risorse, in assenza di adeguati e trasparenti sistemi di rilevazione, costi-tuisce uno dei punti di maggiore conflitto potenziale e su cui il processo di trasfe-rimento si è già in parte arenato.

Di fronte ad una possibile sottostima, da parte del Governo, delle risorseda trasferire, l’unica ragionevole difesa delle Regioni e degli Enti locali è quella dipervenire ad una stima quanto più possibile esatta dei costi connessi allo svolgi-mento delle nuove funzioni e competenze. Il rischio nei prossimi anni è infattiquello di vedersi azzerare i pochi margini di autonomia che ancora restano neibilanci regionali e locali.

Il problema si ripropone anche tra Regioni ed Enti locali, anche se trat-tandosi del trasferimento di funzioni già svolte dalle Regioni, l’identificazione deicosti connessi al loro svolgimento, e quindi la quantificazione delle risorse da tra-sferire, dovrebbe essere, se non proprio più semplice, almeno più direttamentesotto controllo.

In altre parole, è necessario implementare dei sistemi di rilevazione dellespese di funzionamento per Centro di Costo e di Responsabilità.

3.3. IL NUOVO MANAGEMENT PUBBLICO

Con il D.lgs 29/93, che ha introdotto il principio della separazione della responsabi-lità politica e gestionale ed ha previsto l’istituzione di strutture di controllo e valuta-zione, e ancora più con la L. 94/97, che ha dato attuazione al principio riformando ilbilancio dello Stato, l’ente pubblico si è orientato verso un sistema di governo dellagestione teso a garantire nel contempo:

• autonomia gestionale ai manager ai vari livelli, responsabilizzandoli conte-stualmente sui risultati;

• la possibilità per gli Amministratori di avere sotto controllo l’andamentodella gestione e di poter intervenire a indirizzarla ove necessario.

Anche le Regioni sono coinvolte da questo processo di rinnovamento della Pubblicaamministrazione. In particolare, in molte Regioni si sono ridefinite le strutture orga-nizzative prevedendo servizi per il controllo di gestione e nuclei per la valutazionedella dirigenza (Tav. 3).

Inoltre, l’applicazione effettiva della separazione della responsabilità politicadalla responsabilità gestionale, con la nomina di Direttori generali a tutti gli effetti,sta determinando, almeno in alcune realtà regionali, una delega di funzioni, dai Con-sigli regionali alle Giunte, e dalle Giunte ai Direttori generali, con una conseguentesemplificazione delle procedure e riduzione dei tempi dei procedimenti, facendo sor-gere parallelamente l’esigenza di un controllo strategico sullo stato di attuazione dellepolitiche e di un controllo direzionale sulla gestione delle attività poste in essere.

Infatti non è solo opportuno, è quasi inevitabile che ogni processo di dele-

Page 29: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

ga si accompagni ad un processo di formalizzazione del sistema dei controlli8. Uno stimolo alla suddetta formalizzazione è venuto anche dall’introduzione

dei sistemi di valutazione della dirigenza e dalle prescrizioni della Corte dei Conti intema dei controlli interni (art.3, comma 4, L.20/94).

La formalizzazione delle relazioni tra obiettivi, risorse e responsabilità si può rappresen-tare con un triangolo che collega il risultato da conseguire alle risorse assegnate e alresponsabile del risultato.

35MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

In generale, il primo passo è stata l’esplicitazione del legame tra risorse e respon-sabili, con l’introduzione, in alcune realtà anche di adeguati strumenti informati-vi di supporto (sistemi di reporting finanziari più articolati a frequenza di rileva-zione infra-annuale). Per quanto riguarda il collegamento tra obiettivi e risorse etra obiettivi e responsabilità il livello di formalizzazione è ancora inadeguato.

Tavola 3 - La formalizzazione obiettivi-risorse-responsabilità

8. Non è un caso che il decreto legislativo di riordino del sistema dei controlli interni sia previstoproprio dalla legge Bassanini uno che prevede il trasferimento di competenze dallo stato alle Regioni eagli enti locali.

L’esperienza di formalizzazione del triangolo nelle Regioni

La Scheda Unica della Regione Lombardia

In Regione Lombardia è stata avviata ed è operativa dall’inizio del 1999, presso tuttele Direzioni generali, una procedura informatizzata denominata Scheda unica,messa a punto da un gruppo di lavoro interdirezionale (Direzioni Generali: Presi-denza, Bilancio e controllo di gestione, Affari Generali). Questa procedura si propo-ne di realizzare la triangolazione Obiettivi/Centri di responsabilità/ Risorse, monito-rando, per centro di responsabilità, l’utilizzo delle risorse assegnate ad un determi-nato obiettivo e verificandone il raggiungimento dei risultati nei tempi prefissati.

ResponsabilitàRisorse allocate

Obiettivi

Page 30: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

36

Procedimenti di valutazione della dirigenza nella Regione Liguria

Nella Regione Liguria si è proceduto a dare indicazioni puntuali circa le caratteristi-che che devono avere gli obiettivi da attribuire ai dirigenti all’inizio dell’esercizio ecirca la correlazione che questi devono avere con le risorse finanziarie assegnate.

È inoltre previsto un procedimento di verifica del raggiungimento dei risul-tati non più meramente a cascata (referenti politici, direttori, dirigenti), ma circola-re, con una valutazione finale di coerenza con gli indirizzi strategici della Giunta.

9. Aggiornamento ad ottobre 1999 a cura della dott.ssa Lisa Burlinetto della Regione Veneto.

10. Sono stati istituiti due nuclei, uno per il Consiglio ed uno per la Giunta.

11. Sono state istituite due Servizi rispettivamente per il Consiglio e per la Giunta.

12. Struttura unica ma con due unità separate e indipendenti.

Regioni e Province autonome

Controllo di Gestione

Nucleo di Valutazione

Comitato ispettivo

Abruzzo SI SI

Basilicata SI SI10

Calabria Previsto SI

Campania Previsto SI

Emilia Romagna SI SI

Friuli Venezia Giulia SI Previsto

Lazio SI SI

Liguria SI11

Lombardia SI SI SI

Marche SI SI

Molise SI

Piemonte SI SI

Puglia Previsto Previsto

Sardegna In fase di costituzione In fase di costituzione SI

Sicilia NO NO

Toscana SI SI

Umbria SI SI

Valle d’Aosta SI Previsto

Veneto SI SI

Bolzano SI12

Trento Previsto Previsto Previsto

Tavola 4 - Operatività e previsione di Strutture di Controllo, Valutazione e Ispezione nelle Regioni e Province autonome9

Page 31: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

3.4. L’ORIENTAMENTO DEI SISTEMI IN FUNZIONE DELLE ESIGENZE DA SODDISFARE

La Regione opera quindi in un contesto economico, sociale ed istituzionale comples-so, in cui sono coinvolti attori diversi (istituzionali e sociali), e a diversi livelli (origi-ne e destinazione). In questo quadro la Regione deve potersi (o sapersi) muoverecome una macchina intelligente, capace di tradurre le mission in obiettivi specifici,attraverso i Programmi regionali di sviluppo, convogliare su quegli obiettivi le risor-se necessarie, attraverso un processo di budgeting, affidare quegli obiettivi a deiresponsabili in grado di organizzare le risorse nel modo più efficiente possibile, veri-ficare lo stato di avanzamento degli interventi in tempo utile per eventuali correzio-ni agli scostamenti.

I risultati raggiunti, rispetto agli obiettivi assegnati, avranno poi un impattosulla realtà esterna, desiderato, indesiderato, indotto, che andrà a modificare i bisognie quindi la pianificazione/programmazione successiva.

Alla luce dell’evoluzione del quadro economico, sociale ed istituzionale pre-sentato e delle relative esigenze da soddisfare, è possibile individuare i seguenti orien-tamenti dei sistemi di programmazione e controllo:

1. orientamento ai risultati;

2. formalizzazione del triangolo Responsabilità-Obiettivi-Risorse;

3. specializzazione verso i mondi e il mix delle attività istituzionali;

4. introduzione di sistemi di vigilanza verso gli Enti locali;

5. facilitazione dei controlli delle macchine delegate;

6. miglioramento della cooperazione tra multi enti / diversi attori nel ciclo diPeC.

1. Orientamento ai risultati

Sotto la spinta di fattori quali:

• la scarsità delle risorse pubbliche, con la conseguente pressione su di esse chedetermina, inevitabilmente, una competizione tra i possibili usi alternativi;

• la maggiore considerazione per la soddisfazione del cittadino utente, al qualeviene sempre più spesso richiesto di contribuire, non solo indirettamenteattraverso il pagamento delle imposte, ma anche direttamente, con tickets etariffe, ai costi per l’erogazione dei servizi che utilizza, che determina unacrescente attenzione alla qualità dei servizi erogati e, più in generale, delleazioni svolte;

• una certa competitività, non solo tra pubblico e privato, ma anche all’inter-no dello stesso pubblico, che introduce elementi di valutazione e confronto,

si va quindi sempre più affermando un modello gestionale per obiettivi e per risultati.Tale modello, che interessa particolarmente le attività progettuali e innovative, conattenzione all’efficacia dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi programmati, si va

37MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 32: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

38

sempre più estendendo anche alla gestione delle attività routinarie, con attenzione, inquesto caso, anche all’efficienza.

È cioè in atto, nella pubblica amministrazione, una tendenza a finanziare erealizzare prioritariamente progetti ed interventi ben definiti, in termini di obiettivi,risorse, responsabilità, tempi e modalità di monitoraggio e controllo.

In sostanza, l’introduzione di un modello di PA volta a soddisfare bisognipubblici attraverso una programmazione per progetti, più che per atti, e una figura didirigente manager, responsabile sia della gestione finanziaria, tecnica e amministrati-va che dei relativi risultati, stanno sempre più focalizzando l’attenzione (o la tensio-ne) al risultato delle azioni: non basta più dire dove sono stati spesi i soldi, ma comesono stati spesi e con quali risultati.

Questo passaggio da una PA produttrice di atti ad una PA produttrice di fatti,azioni e quindi di risultati è fondamentale perché su questo si fonda poi tutto il resto.

2. Formalizzazione del triangolo Responsabilità - Obiettivi - Risorse

In particolare, una volta posta l’attenzione sul risultato, occorre individuarne unresponsabile che, dotato delle opportune risorse, sia in grado di garantirne il raggiungi-mento. È in questa logica, infatti, che si è mosso il D.lgs 29/93, che non solo ha distin-to le responsabilità amministrative da quelle gestionali, ma anche previsto la valuta-zione della dirigenza. Ed è per questo che normalmente al processo di attribuzionedegli obiettivi si accompagna quello della negoziazione delle risorse.

Il processo di negoziazione è un processo a cascata che coinvolge, nella primafase di traduzione degli obiettivi strategici in obiettivi manageriali e di definizionedelle risorse necessarie, il livello politico e i dirigenti di prima fascia (generalmentel’Assessore di riferimento ed il Direttore generale) e, nella fase successiva, di traduzio-ne degli obiettivi manageriali in obiettivi operativi e di assegnazione delle risorse, idirettori generali e i dirigenti sottoposti.

L’assegnazione trasparente e oggettiva di obiettivi e risorse:

• rafforza il senso di responsabilità del dirigente nei confronti degli obiettivi luiattribuiti;

• lo invita ad organizzare al meglio le risorse umane, strumentali e finanziariea sua disposizione;

• ed in particolare, all’aumentare del livello di complessità operativa lo stimola,ad implementare sistemi di programmazione e controllo per meglio gestire lediverse attività ed intervenire tempestivamente in caso di scostamenti dallaprogrammazione prevista o di necessario riaggiustamento degli obiettivi;

• facilita il raccordo con il sistema di valutazione della dirigenza.

3. Specializzazione dei sistemi di P. e C. verso i mondi e il mix delle attività istituzionali

Un sistema di controllo non è una modalità di lavoro indipendente dall’attività chedeve supportare e monitorare. In particolare, si è visto come gli ambiti di interventodi una regione siano diversi, spaziando da quelli economici, a quelli sanitari e socia-

Page 33: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

li, a quelli ambientali e territoriali, e come per ognuno di questi ambiti, siano diversele modalità di intervento13.

Qualsiasi sistema di controllo andrà quindi costruito su misura intorno aidiversi oggetti di controllo, e tenendo conto delle loro modalità gestionali (processi) edorganizzative (strutture e responsabilità).

In sostanza ciò significa specializzare i sistemi rispetto a:

• i diversi ambiti di intervento regionali, in termini di missioni, compiti e proces-si (Sanità, Formazione professionale, Cultura, Attività produttive etc.);

• il mix delle quattro tipologie di attività istituzionali esercitate: legislativa e diregolazione, erogazione e supporto, vigilanza e controllo, comunicazione einformazione.

4. Introduzione di sistemi per la vigilanza verso gli Enti locali

Il processo di trasferimento di funzioni amministrative agli Enti locali, Province,Comuni e Comunità montane, su numerose materie, è tuttora in corso di definizionenormativa.

È appunto proprio in questa fase che occorre prevedere ed impostare sistemidi controllo nei confronti degli Enti locali sulle funzioni delegate in modo da consen-tire alle regioni di svolgere, in prospettiva e a tutti gli effetti, quel ruolo di program-mazione e di vigilanza, che la Bassanini assegna loro, fino alla possibilità di ricorso aipoteri sostitutivi nei confronti degli enti inadempienti.

Da qui la necessità di attrezzare le Regioni a rispondere a due tipi di esigenze:

• disporre di un flusso di informazioni di ritorno dagli Enti locali;

• implementare sistemi adeguati a svolgere le attività di vigilanza (externalauditing).

5. Facilitazione dei controlli delle macchine delegate

Il sempre più frequente ricorso alla esternalizzazione dei servizi e delle attività (out-sourcing), attraverso forme nuove di gestione, tramite la costituzione di Agenzie, Entistrumentali, Società partecipate e collegate, richiede che vengano rafforzati i sistemidi controllo verso le macchine delegate.

Tali sistemi in particolare devono:

• aiutare la Regione a formalizzare gli obiettivi in raccordo con le risorse neces-sarie nel processo di negoziazione con gli enti locali o le macchine delegate;

• supportare la stesura dei “contratti di servizio”, per le forniture nei diversimondi (sanità, ambiente, agricoltura, trasporti, formazione, ricerca, etc.), fis-sando preventivamente i parametri di controllo in termini di economicità,efficienza ed efficacia;

39MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

13. Semplificando, tali modalità di intervento sono state ricondotte a quattro: legislazione e regola-zione; erogazione e sostegno; comunicazione e informazione; vigilanza e controllo.

Page 34: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

40

• consentire il monitoraggio sulle modalità di svolgimento dei servizi e delleattività esternalizzate, in modo da intervenire tempestivamente con delleeventuali azioni correttive;

• verificare il corretto espletamento dei compiti assegnati e l’uso trasparentedelle risorse (external auditing).

6. Miglioramento della cooperazione fra multi enti / diversi attori nel ciclo di PeC

La più volte ricordata scarsità di risorse, nonché la necessità di rilanciare un piano diinvestimenti pubblici per potenziare le infrastrutture e ridare competitività ai sistemiproduttivi locali, hanno determinato, in questi ultimi anni, lo sviluppo della pro-grammazione negoziata.

La programmazione negoziata altro non è che una prassi tesa a creare consen-so tra diversi attori, istituzionali e non, su progetti di una certa rilevanza, convoglian-do su di essi la partecipazione finanziaria degli attori interessati e garantendone l’at-tuazione in tempi certi.

La programmazione negoziata quindi:

• stimola la competitività istituzionale, nel senso che, a monte dell’intero pro-cesso di negoziazione, saranno più facilmente promossi quei programmi equegli accordi che presentano una migliore pianificazione degli interventi eduna più accurata programmazione dei progetti, mentre a valle, avranno pre-sumibilmente successo quegli accordi dove le responsabilità saranno state piùprecisamente individuate ed il sistema dei controlli meglio articolato;

• richiede che vi sia congruenza tra i diversi piani, progetti e interventi e traquesti e le risorse disponibili per la loro realizzazione;

• richiede la cooperazione tra i diversi attori per la gestione, non solo del sin-golo accordo, ma di tutti gli accordi in essere, data la logica di intersettoria-lialità e trasversalità sottintesa agli accordi stessi.

L’esigenza a cui devono rispondere i sistemi di programmazione e controllo di unaRegione in questo caso è quindi quella di supportare contemporaneamente:

• la negoziazione tra i diversi livelli istituzionali, parti sociali etc.;

• la negoziazione e le verifiche di fattibilità interna.

A questo fine occorre impostare sistemi interni di monitoraggio di avanzamento deiprogetti integrati però ai diversi livelli. Tali sistemi, oltre che dialogare tra di loro,devono poter essere alimentati dai singoli sistemi informativi.

Solo con appropriati strumenti di monitoraggio è possibile quindi dimostra-re, non solo, la capacità di dare attuazione agli impegni/interventi sottoscritti, maanche e soprattutto la capacità di governo degli stessi.

Page 35: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

41MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Fattori di contesto FinalitàOrientamento delsistema di PeC

1 Scarsità risorse pubbliche

Attenzione al cittadinoutente

Competitività istituzionale

Introdurre un modello gestionaleper obiettivi e risultati

Risultati

2 Separazione responsabilità

Valutazione della dirigenza

Collegare le responsabilità gestionali alle risorse e le risorse ai risultati

Formalizzazionedel triangoloResponsabilità –Obiettivi - Risorse

3 Diversità degli ambiti di intervento (sanità F.P. etc)

Diversità delle modalitàdi intervento (legislazio-ne, erogazione, comuni-cazione, vigilanza)

Rendere più efficiente ed efficaceil sistema dei controlli tenendoconto di tutte le variabili istituzionali, organizzative e gestionali implicate

Specializzazionedei sistemi verso i mondi e il mixdelle attività istitu-zionali

4 Decentramento funzioni amministrativeagli Enti locali

Vigilare sulle modalità di attuazio-ne delle funzioni delegate

Prevedere dei flussi informativi di ritorno dagli Enti locali

Introduzione di sistemi di vigilanza versogli Enti locali

5 Crescente esternalizza-zione dei servizi e delleattività attraverso formenuove di gestione (outsourcing)

Costituzione di macchi-ne esterne delegate:Agenzie/ Enti strumen-tali,/ Società controllate,collegate, partecipate

Aiutare la Regione a formalizzaregli obiettivi

Supportare la stesura dei contrattidi servizio (parametri di controllo)

Monitorare l’attuazione (flussoinformativo di ritorno)

Verificare e valutare i risultati(external auditing)

Facilitazione dei controlli delle macchinedelegate:- Agenzie- Enti strumentali- Società (control-

late, collegate,partecipate)

6 Sviluppo tecniche di programmazionenegoziata in un contesto di:- competitività

istituzionale;- necessità coerenza

tra piani/programmi/progetti e tra questi e le risorse necessarie;

- necessità di coordinamento tra diversi attori.

Supportare le decisioni in un contesto di programmazioneinter-istituzionale

Avere un pieno governo di tutte le iniziative in atto nel territorio

Supportare l’Ente Regione con-temporaneamente nel processo dinegoziazione con i diversi livelliistituzionali e con le parti sociali e nel processo di negoziazione e verifiche di fattibilità interna

Assicurare la congruenza tra programmi/piani ai vari livelliistituzionali di obiettivi e risorse

Miglioramento della cooperazionefra multi enti /diversi attori nel ciclo di PeC

Tavola 5 - L’orientamento dei sistemi dei sistemi di controllo in funzione delle esigenze da soddisfare

Page 36: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Questa parte del Manuale illustra le proposte per l’evoluzione dei sistemi di program-mazione e controllo nelle amministrazioni regionali.

L’insieme delle proposte è illustrato ipotizzando una architettura “a tendere”del sistema di PeC, in particolare per quanto riguarda le componenti del Controllostrategico e del Controllo di gestione.

Sistema di Programmazione e controllo (P. e C.)

43MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

4. L’IPOTESI DI ARCHITETTURA “A TENDERE” ALLA LUCE DEL D.LGS 286/99

Con il termine sistema di PeC si intende l’insieme dei seguenti elementi collegatitra di loro:

• le strutture di staff di P.e C. che supportano i decisori ai vari livelli;

• i contenuti e le rappresentazioni concettuali che essi utilizzano per decidere;

• i sistemi informativi ed informatici, con le connesse basi elettroniche didati ed i materiali cartacei in uso;

• le azioni che vengono messe in atto dai decisori e dai loro collaboratoriper raccogliere e diffondere i concetti, le idee e le decisioni adottate.

Architettura del sistema di PeC

Il termine architettura del sistema di PeC è usato per indicare una serie di scelte pro-gettuali di carattere generale relative ai seguenti aspetti:

• principali utenti proprietari dei sistemi di PeC;

• funzioni di programmazione e controllo, con la specificazione delle fun-zioni elementari di PeC;

• articolazione dei cicli di programmazione e controllo, con la specificazio-ne dei momenti principali, degli attori e degli output;

• aspetti di integrazione e di coerenza interna tra i vari elementi dei siste-mi di PeC e aspetti di integrazione e di coerenza esterna con gli altri siste-mi dell’amministrazione regionale (es. sistemi di programmazione e ren-dicontazione economica e finanziaria);

Page 37: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

44

Con riferimento all’architettura “a tendere” si osserva che la proposta è stata costruitaa partire da tre tipologie di contributi:

1. in primo luogo le scelte progettuali sono state indirizzate a soddisfare le esi-genze delle amministrazioni regionali, così come sintetizzato nel precedentecapitolo 3, che specifica le finalità generali e l’orientamento dei sistemi di PeC inuna amministrazione regionale, alla luce dello scenario e dei fabbisogni;

2. la costruzione dell’architettura è stata effettuata a partire da un modello con-cettuale di riferimento elaborato dalla Lattanzio e Associati a partire da unaserie di esperienze in casi concreti in amministrazioni pubbliche italiane, cen-trali, regionali e locali. La società ha fornito anche una metodologia strutturatae già ampiamente sperimentata in numerosi progetti di ridisegno e/o svilup-po di sistemi di programmazione e controllo;

3. inoltre, non da ultimo, alla definizione della proposta ha contribuito il casoconcreto della Regione Lazio. La Regione, presente all’interno del gruppo dilavoro, ha infatti avviato, coerentemente con le proposte contenute nel pre-sente Manuale, un intervento di ridisegno dell’architettura dei propri sistemidi PeC, rafforzando, con la verifica empirica, la validità delle stesse.

L’espressione “a tendere”, riferita all’architettura del sistema di PeC, evidenzia comel’insieme delle scelte, contenute nella proposta di architettura, contribuiscano adelineare un punto di arrivo e, non necessariamente, una nuova configurazioneda assumere dall’oggi al domani.

La chiarezza e la consapevolezza di una nuova architettura “a tendere”può consentire di definire un piano strutturato di gestione del cambiamento e unpiano dei progetti operativi di sviluppo dei sistemi di PeC, con particolare atten-zione al processo di transizione.

N. B. Per dare concretezza ed un ulteriore contributo agli operatori progettisti, ilsuccessivo capitolo 6 entra nel merito dei percorsi di avvicinamento dalle situazio-ni attuali all’architettura “a tendere” delineata nel presente capitolo del Manuale.

Architettura “a tendere”

• focalizzazione dei sistemi di PeC per orientare la scelta dei fenomenioggetto di controllo e dei relativi parametri da assumere come indicatoridi misurazione.

N.B. Non sono fornite linee guida, nemmeno generali, per gli aspetti di carattereorganizzativo e sui sistemi informativi e statistici, perché è corretto che tali aspet-ti siano affrontati all’interno delle singole Regioni.

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Infine si precisa che, per facilitare, ora e nel futuro, l’attività degli operatori nelle sin-gole realtà e il confronto fra le varie Regioni nell’ambito della Conferenza, si è decisodi conformarsi, ove possibile, al linguaggio introdotto dal D.lgs 286/99, senza conquesto appiattirsi sulle soluzioni previste dal decreto stesso, anzi facilitando l’esplici-tazione delle peculiarità per le Regioni.

4.1. ELEMENTI DI PRESCRITTIVITÀ (VINCOLI) E GRADI DI LIBERTÀ DELL’ARCHITETTURA PROPOSTA

Come già detto, il Manuale è uno strumento per gli operatori negli interventi di ridi-segno e/o sviluppo dei sistemi di PeC e, come tale, può essere utile alla riflessione cheautonomamente devono svolgere all’interno della propria amministrazione regionale.

In ogni caso è opportuno precisare come la definizione completa dell’archi-tettura a tendere comporta un lavoro di progettazione ulteriore, a valle delle lineeguida generali espresse nel presente Manuale.

Ovviamente l’ipotesi, come detto più volte nel Manuale, costituisce una con-figurazione alla quale le singole amministrazioni possono e non devono fare riferimen-to, nella riflessione al proprio interno per l’inevitabile riposizionamento dei modelli con-seguenti al contesto. Infatti, al di là dell’autonomia istituzionale ed organizzativadelle Regioni, la progettazione dei sistemi di controllo in una qualunque organizza-zione e, quindi anche negli Enti pubblici, deve tenere conto in primo luogo delle spe-cificità delle singole realtà. In questo caso le soluzioni scelte all’interno delle singoleregioni dovranno tenere conto delle dimensioni, dell’organizzazione, della storia e delvalore delle esperienze già realizzate in precedenza.

I due riquadri sintetizzano gli elementi di prescrittività ed i gradi di libertà del-l’architettura proposta.

La prescrittività dell’architettura proposta

45MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Gli elementi di prescrittibilità dell’architettura proposta sono riconducibili alleseguenti scelte:

• fare riferimento ad un modello concettuale basato su un approccio disupporto alle decisioni (dell’Autorità politica e dei centri di responsabili-tà manageriale ai vari livelli) per l’attività di PeC, che vede nell’autocon-trollo, finalizzato al miglioramento, la sua caratteristica principale, a supe-ramento dei modelli tradizionali prescrittivi e burocratici;

conseguentemente:

• specializzare i sistemi di PeC in funzione delle specifiche esigenze dellediverse tipologie di decisori e di decisioni, ferme restando le necessità diintegrazione tra i diversi sistemi;

• spostare la focalizzazione dei sistemi di PeC dalle azioni alle performancee ai risultati.

Page 39: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

46

I gradi di libertà dell’architettura proposta

L’architettura proposta presenta molti gradi di libertà, in particolare riconducibili:

• agli aspetti di carattere organizzativo, soprattutto con riferimento all’arti-colazione delle strutture di PeC (quante, quali), alla loro collocazionegerarchica (Autorità politica/Management, Centro /Periferia) e alle lorospecifiche attribuzioni in termini di funzioni di controllo;

• alle scelte sugli oggetti da controllare e dei relativi indicatori;

• agli aspetti concernenti i sistemi informativi e statistici a supporto delleattività di PeC: la loro architettura e le modalità di gestione;

• alle relazioni dei sistemi di PeC con gli altri sistemi: ad esempio quelli diprogrammazione e rendicontazione economica e finanziaria.

Insieme di metodologie, processi e strumenti a supporto della elaborazione dellepolitiche e dei piani strategici e della loro traduzione nel Bilancio per quanto dicompetenza, e dell’effettuazione di manovre correttive coerentemente con le levedi indirizzo a disposizione. La programmazione strategica ha lo scopo di orienta-re le attività e i risultati dell’Amministrazione verso le missioni istituzionali e lepolitiche pubbliche definite dall’Autorità politica.

A conferma di quanto, il Manuale raccoglie ed esplicita, nel capitolo 5, i problemiaperti per le singole amministrazioni regionali. Una rassegna sintetica (e per certiaspetti esemplificativa) delle domande, alle quali sarà necessario dare risposta, eviden-zia come, infatti, il lavoro all’interno delle singole Regioni per la progettazione deisistemi di programmazione e controllo richiede una strada lunga, difficile e piena diostacoli da superare e nodi da sciogliere.

4.2. LE FUNZIONI DI CONTROLLO INTERNO

La proposta di distinzione delle funzioni di controllo, ipotizzata in questa sede e con-gruente con le disposizioni del D.Lgs 286/99, ha consentito di focalizzare cinque fun-zioni di Programmazione e controllo principali, delle quali di seguito si riporta unadefinizione sintetica.

Programmazione strategica e impatto delle politiche

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Valutazione (dei responsabili di primo livello) e controllo strategico

47MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Insieme di metodologie, processi e strumenti a supporto dell’Autorità politica perla verifica delll’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani,programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termi-ni di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. Comprende anchela valutazione dei Centri di Responsabilità di primo livello.

Insieme di metodologie, processi e strumenti a supporto del management nella defi-nizione e realizzazione degli obiettivi manageriali, nell’assegnazione e nell’uso dellerisorse e nell’effettuazione di manovre correttive coerentemente con le leve gestio-nali disponibili ai diversi livelli di responsabilità. Inoltre il controllo di gestione com-prende anche le metodologie, i processi e gli strumenti che consentono al responsa-bile di una struttura di gestire al meglio le leve disponibili, per la gestione della “rou-tine” e dell’”innovazione”, – sia puntuali che di sistema – al fine di raggiungere gliobiettivi manageriali negoziati nel budget direzionale, tenendo conto della situazio-ne contingente in termini di domanda prevista e delle risorse effettivamente dispo-nibili. Tale funzione è finalizzata a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicitàdell’azione amministrativa per ottimizzare il rapporto tra costi e risultati.

Insieme di metodologie, processi e strumenti per la valutazione delle prestazionidel personale con qualifica dirigenziale, responsabili di Centri di Responsabilitàinferiori al primo livello, attraverso la valutazione delle prestazioni nonché deicomportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane ed orga-nizzative, anche a fini premianti in una logica meritocratica.

Programmazione e controllo di gestione

Valutazione dei dirigenti

Verifiche di regolarità amministrativa e contabile

Insieme di metodologie, procedimenti e strumenti per garantire la legittimità, laregolarità e la correttezza dell’azione amministrativa.

Le funzioni sintetizzate sopra sono distribuite con forme e responsabilità diverse suiruoli decisionali che gli ordinamenti delle amministrazioni regionali prevedono. Lafigura successiva fornisce una sorta di mappa di copertura dei vari sistemi rispettoai diversi ruoli decisionali e ai principali processi decisionali che ogni ruolo devesostenere.

Page 41: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

48

In sintesi dalla tavola 6 si può osservare quanto segue:

• la funzione di programmazione strategica e impatto delle politiche è collocataprincipalmente nella sfera di competenza dell’Autorità politica e in misuraminore in quella dell’Alta direzione. L’Autorità politica, principale utente, è supportata nei processi di decisionedegli indirizzi e di allocazione delle risorse necessarie alla realizzazione degliobiettivi strategici. L’Alta direzione è coinvolta nella definizione degli obiettivi strategici ed èquindi supportata nelle verifiche di fattibilità;

• il sistema di programmazione e controllo di gestione, risponde ai fabbisogni deci-sionali per: la combinazione obiettivi/risorse, la guida operativa della macchi-na e la gestione dei processi di innovazione, a tutti i livelli manageriali. Sisovrappone quindi, in parte e relativamente all’ambito della combinazioneobiettivi/risorse, alla funzione di “programmazione strategica e impatto dellepolitiche”. Da questa sovrapposizione nasce la doppia esigenza di scambiinformativi e di previsione di momenti di raccordo finalizzati al funziona-mento complessivo dell’insieme;

• la funzione di valutazione e controllo strategico compete alla sfera dell’Autoritàpolitica, che ne è unica proprietaria, e si sovrappone, rispetto ai diversi ambi-ti decisionali con le altre funzioni, con le quali sono necessari momenti di

Tavola 6 -Sistemi di PeC e copertura dei fabbisogni dei decisori

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo(Politiche)

Combinazio-ne obiettivi/

risorse(routine e

innovazione)

Guidadella

macchinaoperativa

Governodell’inno-vazione

Valutazione/Verifica di regolarità

Autoritàpolitica

Alta direzione

Management Intermedio

Managementoperativo

Sistema di Programmazione Strategica e impatto

delle politiche

Controllo di regolaritàamministra-

tiva e conta-

bile

Sistemadi valutazio-

ne dei dirigenti

Sistema di valutazione e controllo strategico

Sistema di Programmazionee controllo di gestione

Page 42: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

raccordo: ad esempio, tra valutazione e controllo strategico e controllo digestione nella traduzione degli obiettivi strategici in obiettivi manageriali peri C.di R. di primo livello;

• le funzioni di valutazione dei dirigenti e di regolarità amministrativa e contabilesupportano esclusivamente l’ambito decisionale relativo alla valutazione everifica di regolarità. Ma mentre la funzione di valutazione dei dirigenti è dicompetenza dell’alta direzione e sconfina nel management intermedio, allaluce del D.lgs 286/99, la funzione di regolarità amministrativa e contabiledipende dalle competenze e responsabilità previste dalle diverse struttureorganizzative delle amministrazioni regionali. Nella figura si ipotizza che lecompetenze interessino fino al management intermedio.

La tavola 7 riprende le cinque funzioni di programmazione e controllo previste nell’i-potesi di architettura:

• individuando le funzioni elementari di controllo attribuite alle funzioni stesse;

• effettuando un confronto con quanto previsto a livello normativo, in parti-colare dal D.lgs 286/99, ma anche dai Regolamenti CE n.2064/97 e 2406/98 edalla L.144/99;

• classificando, al fine di una migliore comprensione, le varie funzioni di PeCrispetto a tre tipologie (di supporto alle decisioni, di internal auditing e divalutazione). Le tre tipologie sono sintetizzate, in termini di finalità e caratte-ristiche, nella tavola 8, e descritte più dettagliatamente nei riquadri specifici.

49MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 43: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

50

Funzioni diP.e.C. previstenel modello

Funzioni Elementari di P.e C.

Tipologie di controllo

Funzioni di P. e C.previste dal D.lgs 286/99

Programmazionestrategica e impatto delle politiche

Programmazione strategica e valutazioneimpatto delle politiche

Supporto alle decisioni (di indirizzo)

Citata indirettamentema non regolata dal D. lgs 286/99

Governo e regia dell’innovazione

Supporto alle decisioni (di indirizzo)

Non prevista dal D. lgs 286/99

Pianificazione e controllodegli investimenti

Supporto alle decisioni (di indirizzo)

Valutazione e verificadegli investimentipubblici (L. 144/99)

Programmazione e impatto dei fondi strutturali

Supporto alle decisioni (di indirizzo)

Il regolamento CE 2064/97 e 2406/98norma solo la programmazione

Valutazione e controllo strategico

Traduzione degli indirizzistrategici negli obiettivimanageriali a C.d.R. 1° livello (le “direttive”)

Supporto alle decisioni (di indirizzo)

Valutazione e controllo strategico(per i Ministeri)

Controllo di attuazionedel piano (le direttive)

Supporto alle decisioni (di indirizzo)InternalAuditing

Valutazione e controllo strategico

Valutazione dirigentiC.d.R. 1° livello

Valutazione

Verifiche di adeguatezzadella macchina ammini-strativa (affidabilità, funzionalità, coerenza)

Internal Auditing

Verifiche ispettive sul corretto e trasparenteuso dei fondi strutturali

Internal Auditing

Regolamenti CE2064/97 e 2406/98(controlli a campione5%)

Programmazionee Controllo di gestione

Budgeting e reportingdirezionale

Supporto alle decisioni (manageriali)

Controllo di gestione

Controllo operativo di processo e della eroga-zione di prodotti/servizi

Supporto alle decisioni (manageriali)

non previsto

Controllo dei progetti di innovazione (Project Management)

Supporto alle decisioni (manageriali)

Previsto solo per gli investimenti(2144/99) e per i fondi strutturali(regolamento CE2064/97 e 2406/98)

Tavola 7 - Specificazione dei contenuti (funzioni elementari) delle funzioni di PeC e confronto con il D.lgs 286/99

Page 44: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

51MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Funzioni diP.e.C. previstenel modello

Funzioni Elementari di P.e C.

Tipologie di controllo

Funzioni di P. e C.previste dal D.lgs 286/99

Valutazione dei dirigenti

Controllo delle prestazioni dei C.d.R.(livello inferiore al 1°)

ValutazioneValutazione dei dirigenti

Verifiche di regolaritàamministrativa e contabile

Controlli di legittimitàInternalAuditing Controllo di regolarità

amministrativa e contabileControlli di regolarità

contabileInternalAuditing

Tavola 8 - Le tipologie di controlli: finalità e principali caratteristiche

Tipologie di Controlli

Supporto alle decisioniInternal auditing

Valutazione dei dirigenti

di Indirizzo di Gestione

FinalitàConoscere per indirizzare

Conoscereper agire e migliorare

Conoscere per valutare e migliorare

Conoscere per valutare e premiare

DestinatariProprietario è l’organo politico

Proprietarioè il gestoredel processo(C.d.R. a tutti i livelli)

Proprietarisono gli organipolitici e i verticiamministrativi

Proprietari sonol’organo politiconella valutazionedei C.d.R di primolivello e i responsa-bili amministratividi primo livello

Orientamento

Finalizzato a supportare le scelte di indirizzo e di macroallocazionedelle risorse

Finalizzatoal governodel processoper il rag-giungimen-to dei risul-tati

Finalizzatoalla verificadella macchi-na e del siste-ma complessi-vo gestionale

Finalizzato alla verifica delleprestazioni dei Dirigenti ai varilivelli

ProdottiProduce sceltestrategiche

Produceazioni diret-te sulle levegestionali aivari livelli

Produce valutazioni di affidabilità,funzionalità e coerenza

Produce valutazionisui comportamentie le prestazioni dei dirigenti ai varilivelli

Orizzonte Pluriennale AnnualeVariabilesecondo le esigenze

Annuale

Frequenza Ad intervalliÈ di tipocontinuati-vo

Opera per eccezionee ad hoc

Ad intervalli

Page 45: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

52

La prima tipologia: il controllo di supporto alle decisioni

Elementi distintivi

Finalizzati a supportare le decisioni “per la guida” della macchina (indirizzo,gestione) ai vari livelli di responsabilità politica e manageriale dei decisori (Auto-rità politica, Centri di responsabilità amministrativa, ecc.).

I controlli a supporto delle decisioni (pianificazione e controllo) si carat-terizzano per essere finalizzati a produrre azioni dirette sulle leve da parte deiresponsabili , volte a ottenere l’osservanza delle strategie/politiche e il raggiungi-mento dei risultati e degli obiettivi prefissati, in modo coerente con le caratteri-stiche dei diversi ruoli ricoperti ai diversi livelli gerarchici.

Nel caso delle amministrazioni pubbliche, la distinzione tra attività diindirizzo e di gestione, introdotta dal D. lgs 29/93 comporta anche una specializ-zazione di tali tipologie di controllo per le due categorie di utenti/destinatari:

• Autorità politica. Controlli a supporto del “pensiero strategico” per le ela-borazioni delle politiche e dei piani strategici, delle verifiche di impattosull’ambiente esterno ( i risultati finali) e nella effettuazione delle misurecorrettive coerentemente con le leve di indirizzo a disposizione.

• Centri di responsabilità amministrativa. Controlli orientati al controllosistematico del processo e della produzione della macchina amministrati-va al fine di produrre azioni dirette sulle leve gestionali nel rispetto degliorientamenti di indirizzo impartiti dall’Autorità politica.

Il ciclo di funzionamento (Ciclo di autocontrollo)

1. Adriano De Maio, Claudio Patalano, Modelli organizzativi e di controllo nel sistema bancario, Ed. Edi-bank, 1995, pag. 112.

Il “ciclo di funzionamento (vedifigura)1” prevede quattro momen-ti: programmazione/pianificazio-ne degli obiettivi, attuazione degliobiettivi, rilevazione sull’anda-mento dell’attuazione (gli scosta-menti) e un ultimo momento,che si ricollega con il primo, diinterpretazione e valutazione(analisi – diagnosi) dei dati, fina-lizzata ad individuare eventualiazioni correttive (feedback) perun’eventuale nuova fase di pro-grammazione.

Sistema di direzione e controllo

Sistemadelle azioni

Interpre-tazione

Program-mazione

Rileva-zione

Attuazione

Page 46: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

La seconda tipologia: il controllo di internal auditing

Elementi distintivi

53MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Finalizzati a verificare la qualità della “macchina” in termini di funzionalità, affi-dabilità, coerenza e regolarità formale.

Tali controlli (internal auditing) si esplicitano in una attività specialistica,senza responsabilità diretta sui processi operativi. Tale attività ha gli obiettivi diverificare:

• l’adeguatezza della “macchina organizzativa” nei suoi aspetti di funziona-mento e di governo rispetto agli obiettivi;

• la congruenza tra politiche e obiettivi e tra comportamenti e misure orga-nizzative adottate rispetto ai risultati e alle missioni istituzionali;

• la stessa coerenza del modello di controllo e quindi del sistema di piani-ficazione e controllo di gestione e di quello di auditing, ed effettuareanche valutazioni sul funzionamento;

• “per eccezioni” e/o su specifici casi, anche a seguito di considerazioniderivate dalle attività di cui ai punti precedenti, la rispondenza puntualedell’azione amministrativa alle prescrizioni (controllo formale).

Il ciclo di funzionamento (Ciclo di internal auditing)

Anche tale tipologia si caratterizzaper un funzionamento a ciclo,diverso però da quelli di pianifica-zione e controllo a supporto delledecisioni, e composto da tre mo-menti chiave: la pianificazionedelle verifiche, la rilevazione e l’in-terpretazione; questo in quantol’attività di “internal auditing”non da “attuazione” a delle situa-zioni/attività ma si limita a rileva-re dati per verificare l’adeguatezzadella “macchina”, la congruenzatra politiche e obiettivi, la coeren-za del modello di controllo e laregolarità formale.

Interpre-tazione

Piano delle verifiche

Rilevazione

Page 47: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

54

La terza tipologia: lo svolgimento delle valutazioni

Elementi distintivi

Finalizzati alla valutazione delle prestazioni e dei comportamenti dei responsabiliai diversi livelli gerarchici della “macchina” amministrativa.

In particolare risponde alla necessità di misurare, e quindi valutare, le pre-stazioni di chi ha il compito/responsabilità di raggiungere i risultati.

Il ciclo di funzionamento (Ciclo di valutazione)

4.3. LA MACRO ARTICOLAZIONE DEI CICLI

Le prime esperienze degli anni ‘90 di introduzione di sistemi di controllo nelle ammi-nistrazioni pubbliche italiane, sulla spinta del D.lgs 29/93, hanno assunto come rife-rimento modelli di controllo prescrittivi e burocratici, in taluni casi addirittura fordi-sti. Tali scelte erano coerenti con le caratteristiche di modelli organizzativi basati sullagerarchia e sull’adempimento.

L’esigenza, ormai irrinunciabile, di passare ad una gestione per obiettivi erisultati impone il riposizionamento dei sistemi di controllo e, quindi il ridisegno deimodelli di riferimento. Tale salto di qualità è infatti la condizione per assicurare, ailivelli politico e manageriale, la responsabilizzazione dei decisori e le condizioni per-ché essi possano operare con successo.

Il modello al quale fa riferimento l’architettura proposta è, prima di tutto,basato sul concetto dell’autocontrollo e della responsabilità manageriale che deve indi-rizzare l’organizzazione verso i risultati attraverso azioni di pianificazione, di correzio-ne della rotta e di ripianificazione. Lo schema base di riferimento può essere rappre-sentato come un ciclo, in cui, due sistemi, “direzione e controllo” e “realizzazione”,si condizionano reciprocamente. Ciascun sistema è caratterizzato da momenti tipici:l’interpretazione e valutazione dei dati e la conseguente progettazione/ correzione.

I controlli finalizzati alla valuta-zione delle prestazioni e dei com-portamenti dei responsabili aidiversi livelli gerarchici della“macchina”, si sviluppano su ciclicomposti da tre momenti, quali lascelta dei fattori su cui basare lavalutazione, la rilevazione deidati utili alla valutazione e la con-seguente interpretazione di questiultimi, finalizzata alla valutazionedei manager ai vari livelli gerar-chici.

Interpre-tazione

Obiettivi dirigenti

Rilevazione

Page 48: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Tale schema base viene applicato, in modo diversificato, nei diversi sistemisecondo le varie focalizzazioni e i vari scopi e ambiti previsti per ciascuno di essi.

“Bisogna operare una sorta di rivoluzione copernicana, passando da una logi-ca di verifica del rispetto di norme astratte ad una logica basata sulla conoscenza delsistema organizzativo, del soggetto controllato e dei risultati”2.

Non riprendiamo in questa sede le considerazioni relative alla necessità disuperare la configurazione dei cicli di programmazione e controllo che, attualmente,caratterizza quasi tutte le realtà nelle amministrazioni pubbliche italiane, perché iltema è già stato affrontato in occasione del precedente convegno della Conferenza deiServizi di controllo interno delle Regioni e Province autonome a Potenza, nei giorni9-10 giugno 1999. Si rimanda quindi agli atti di tale convegno3.

La Tavola 9 rappresenta la macro configurazione dei cicli, così come previstanella architettura a “tendere”.

55MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

2. Luigi Campagna, Claudio Patalano, Luciano Pero, L’audit sulle attività amministrative, in “Svilup-po e organizzazione”, n. 140, nov-dic 1993, E.S.T.E.

3. Ezio Lattanzio, Il riposizionamento dei modelli di controllo, atti del convegno “Controllo strategico,controllo di gestione e sistemi di valutazioni – Le esperienze delle Regioni italiane a confronto”, Poten-za 9-10 Giugno 1999, pagg. 31-47.

Tavola 9 - Sistemi di PeC: articolazioni dei cicli e loro relazioni

Sistemi di programmazione strategica e impatto

delle politiche

Sistema di valutazione

e controllo strategico

Indirizzi e Politiche

Interpreta-zione

Rilevazione

RilevazioneDirettiveIndirizzi

Rilevazione Rilevazione

Attuazione

Sistemi di valutazione

dirigenti

Sistema di regolarità

amministrativa e contabile

Obiettivi CdR di I° livello

e piano di auditing

Obiettivi dirigenti

Piano verifiche

Sistemi di programmazione

e controllo di gestione

Budget direzionale

Rilevazione

Attuazione

Ciclo di autocontrollo

Ciclo di auditing e/o valutazione

Flusso informativo

Interpre-tazione

Interpre-tazione

Interpre-tazione

Interpre-tazione

Macchina Operativa

Page 49: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

56

Si possono individuare:

• i cicli distinti delle diverse funzioni/sistemi di controllo interno;

• le relazioni che intercorrono tra i diversi cicli secondo una logica di integra-zione in un sistema complessivo dei controlli non unico ma nemmeno slega-to tra i diversi distinti sistemi di programmazione e controllo interno. Vengo-no, infatti, nella figura rappresentati diversi collegamenti del flusso informa-tivo tra i cicli dei sistemi di auto –controllo e di questi con quelli di auditinge/o valutazione;

• i diversi momenti che costituiscono:

– i cicli di auto–controllo (indirizzo e gestione) di programmazione (Pianostrategico per il sistema di indirizzo e budget direzionale per il sistema digestione), di attuazione degli obiettivi programmati, di rilevazione deidati derivanti dall’attuazione degli obiettivi e dell’interpretazione per leeventuali azioni correttive)

– i cicli di auditing e valutazione con le tre fasi di pianificazione, rilevazio-ne e interpretazione.

4.4. LA FOCALIZZAZIONE DEI SISTEMI: I FATTORI CRITICI DA CONTROLLARE

In questo paragrafo si presentano soltanto i criteri generali con cui nei vari sistemi sidecidono gli oggetti specifici da controllare.

Il problema della scelta è stato suddiviso in tre livelli.

Primo livello: il livello delle focalizzazioni generali di ciascun sistema per il quale nelManuale sono state effettuate le opzioni illustrate nella seguente tavola 10.

Usualmente per i sistemi di PeC esistono due leve di regolazione di questafocalizzazione o due variabili di scelta principali:

• il mix tra i mezzi (come), e i fini (cosa), , nel senso che gli oggetti del control-lo possono essere più spostati verso i mezzi, cioè verso le operazioni e gli stru-menti messi in atto, oppure verso i fini, cioè verso i risultati finali attesi e rea-lizzati indipendentemente dai mezzi che saranno utilizzati;

• il livello di dettaglio, nel senso che i diversi oggetti di controllo possono essereconsiderati con diversi livelli di dettaglio anche in funzione della fattibilitàeffettiva.

Page 50: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

In base alle finalità dette sopra, si è scelta una focalizzazione:

• maggiormente spostata sui “fini” e con un livello di dettaglio basso per i siste-mi di programmazione strategica e impatto delle politiche e di controllo di attua-zione del piano;

• soluzioni intermedie per il sistema di controllo di gestione;

• soluzioni focalizzate su un elevato livello di dettaglio per i sistemi di internalauditing (verifiche di regolarità amministrativa e contabile e verifiche di adeguatez-za della macchina).

Secondo livello: il livello delle tipologie di performance da controllare

La metodologia alla quale si è fatto riferimento prevede quattro tipologie di performan-ce individuate a partire da un modello di rappresentazione di una Amministrazioneregionale e, più in generale, di un Ente pubblico:

• prestazioni del processo operativo: si tratta dei classici indicatori di prestazioneche misurano efficacia, efficienza e qualità dei processi, quali il rispetto deglistandard di produzione, il rendimento (tempi effettivi/tempi standard), ladifettosità, la tempestività e puntualità di produzione, il lead time o tempo diattraversamento, il tempo medio di produzione per pezzo e così via;

• qualità, quantità e costi dei prodotti/servizi erogati: si tratta di osservare i risulta-ti attraverso le caratteristiche di qualità (ad esempio tempo di fornitura, ade-

57MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Tavola 10 - Variabili di scelta degli oggetti di controllo

Oggetto del Controllo

Focus sui mezzi Focus sui fini

Livello di dettaglio

Basso

Medio

Alto

Sistemi di internal auditingSistemi di supporto alle decisioniSistemi di valutazione

Verifiche di adeguatezza

Verifiche di regolaritàamministrativa e contabile

Programmazione strategica e impatto

delle politicheControllo di attuazione

pianoValutazione dirigenti

Controllo di gestione

Page 51: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

58

guatezza alle attese e alle specifiche), di quantità (mix numero prodotti ero-gati, trend dei volumi, ecc) e di costo (globale per linea di prodotto, specificoper singolo prodotto e/o pezzo);

• costi/benefici e grado di avanzamento dell’innovazione: si tratta di specificare ilcosto dell’innovazione e i benefici attesi ( sia in termini quantitativi, sia comerisparmi dei costi sia in termini qualitativi) e di monitorare l’avanzamento deiprogetti innovativi rispetto al piano;

• risultati generali: si intende con questa espressione gli effetti positivi attesi dal-l’ambiente esterno relativamente ai grandi fini istituzionali dell’amministra-zione regionale (quale ad esempio i risultati della lotta alla droga, delle poli-tiche di occupazione, di politica sanitaria, di livello di servizio complessivo,offerto, etc…)

Le quattro tipologie di performance sono quattro modi diversi di considerare i risulta-ti rispetto ai fini che possono essere rilevanti per i decisori e viste diverse.

La seguente tavola 11 presenta con quale grado di intensità i quattro tipi diperformance presentati sopra diventano contenuto dei vari sistemi di PeC. Si puòosservare che:

• i sistemi di programmazione strategica e impatto delle politiche e di controllo diattuazione del piano sono maggiormente orientati verso i risultati generali,l’innovazione e i prodotti/servizi erogati;

• i sistemi di PeC direzionale e di valutazione dei dirigenti comprendono tutti i tipidi performance ma si concentrano maggiormente sulla relazione tra risultatiottenuti, costi sostenuti e funzionamento della macchina;

• i sistemi di PeC operativo e di gestione di progetti innovativi sono più orientatialle prestazioni del processo e ai prodotti/servizi;

• i sistemi di verifica di adeguatezza della macchina sono focalizzate soprattuttosul funzionamento della macchina (prestazioni del processo) e suiprodotti/servizi;

• sulla tavola non sono posizionati i sistemi di controllo della regolarità ammi-nistrativa e contabile, perché non orientati al controllo delle performance maa controlli di tipo formale, non evidenziati nella tavola.

Page 52: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Terzo livello: il livello delle scelte specifiche degli oggetti di controllo (fenomeni, variabili e parametri)

Un aspetto importante dell’architettura prescelta è quello di dotare i sistemi di unbuon grado di flessibilità nella specificazione degli oggetti di controllo in modo taleda poterli modificare nel tempo, anche se entro certi limiti in modo da mantenere laconfrontabilità tra i dati.

Lo scopo di questa flessibilità è di consentire ai sistemi di adattarsi facilmen-te alle nuove esigenze gestionali che potranno emergere in futuro: la flessibilità deveessere perciò più elevata per i sistemi a livello strategico, che sono più esposti allevariazioni dell’ambiente esterno, e più modesta per i sistemi a livello gestionale, chesono meno esposti alle variazioni.

La flessibilità prevista si attua con modalità diversa nei diversi sistemi. In par-ticolare si suggerisce di adottare:

• una geometria variabile delle griglie di piano per i sistemi di PeC a livello strate-gico che consente di adattare alle esigenze del pensiero strategico gli schemidi pianificazione anno per anno;

• una forte personalizzazione del sistema di PeC direzionale ai vari ambienti orga-nizzativi (i dipartimenti) e ai vari tipi di C.di R, che consente anche una loroevoluzione specifica nel tempo relativamente semplice e agevole a fronte dicambiamenti nell’organizzazione;

• un adattamento ai processi delle diverse realtà dei sistemi di PeC operativi e digestione dei progetti innovativi per i quali non è possibile adottare un model-lo unitario quanto piuttosto delle linee guida per svilupparli in modo aderen-te alle esigenze locali.

59MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Tavola 11 - Focalizzazione dei sistemi di P. e C. per ruolo e tipo di performance

Tipo di performance

1Prestazioni

del Processo

2Qualità, quantità

e costi dei prodotti/servizi

3Risultatigenerali

4Innovazione

Ruoli

Autorità politica

Alta direzione

Managementintermedio

Managementoperativo

Verifiche di adeguatezzadella macchina

Programmazione strategica e impatto delle politiche

Controllo di attuazione del piano

P. e C DirezionaleValutazione dei dirigenti

P. e C operativoGestione progetti

innovativi

Page 53: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

60

È da sottolineare la rilevanza di queste scelte di flessibilità allo scopo di garantire neltempo la durevolezza dei sistemi e la durata degli investimenti effettuati dalle singo-le amministrazioni regionali per lo sviluppo dei sistemi stessi.

4.5. IL CONTROLLO STRATEGICO

I confini e i contenuti della funzione di valutazione e controllo strategico derivanodalle considerazioni affrontate in precedenza, dove tale funzione è delineata nell’am-bito del nuovo modello complessivo di PeC “a tendere”, anche alla luce delle impli-cazioni derivanti dal recente D.lgs 286/99.

Più precisamente, nella funzione di valutazione e controllo strategico, cosìcome definita nel D.lgs 286/99, sono comprese tre funzioni elementari, di cui due dicontrollo e una di valutazione.

Le funzioni elementari del controllo strategico sono:

• il controllo sulla attuazione degli indirizzi, dei programmi strategici e delle diret-tive impartite dalla Giunta da parte dei Centri di responsabilità amministra-tiva (management)

• la verifica dell’adeguatezza della “macchina organizzativa” nei suoi aspetti difunzionamento e di governo rispetto agli obiettivi e di congruenza tra politi-che e obiettivi e tra comportamenti e misure organizzative adottate rispettoai risultati e alle missioni dell’Autorità politica

La funzione di valutazione è:

• la valutazione dei Centri di responsabilità amministrativa di primo livello.

Nei prossimi paragrafi si sviluppano le due funzioni elementari del controllo strategi-co (Controllo di attuazione del Piano e Verifiche di adeguatezza della macchina), lequali nel sistema di Programmazione e controllo sono parti di un sistema complessivo.

In particolare le due funzioni si relazionano con altre funzioni elementari, quali:

• per la funzione di attuazione del piano, con le funzioni di programmazionestrategica e impatto delle politiche, di programmazione e controllo di gestio-ne, di valutazione dei C.d.R. di primo livello e con le verifiche di adeguatez-za della macchina

• per la funzione di verifica di adeguatezza della macchina, con le funzioni diprogrammazione e controllo di gestione, di controllo di attuazione del pianoe di valutazione dei C.d.R. di primo livello.

Le relazioni tra le funzioni contigue verranno rappresentate nel paragrafo 4.5.3..

Page 54: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

4.5.1. Il controllo di attuazione del piano

Le finalità

La verifica dell’attuazione degli indirizzi definiti a livello strategico risponde alla logi-ca disciplinata dal decreto legislativo n.29/93, che attribuisce i compiti di indirizzo econtrollo all’Autorità politica e quelli di gestione e attuazione al management. Lamodalità attraverso cui questa previsione si realizza consiste nell’assegnazione, daparte dell’Autorità politica, degli obiettivi ai dirigenti generali e la conseguente dele-ga di responsabilità e di incarichi ai dirigenti subordinati.

Tale situazione comporta la necessità che chi compie le scelte di indirizzo(Autorità politica) debba avere l’indispensabile informazione sullo stato di attuazionedei scelte da parte del management, al fine di verificare eventuali scostamenti, com-prenderne le cause (ad esempio capire se il problema di un mancato raggiungimentodi alcune scelte strategiche sia dovuto ad una non corretta valutazione dell’ambienteo ad un difetto nella attuazione) e, di conseguenza, assumere le necessarie decisioni intermini di azioni correttive.

Gli utenti e le esigenze

Utente del controllo di attuazione di piano è l’Autorità politica. Le esigenze dell’Au-torità politica sono: la definizione degli obiettivi da attuare, la relativa specificazionedegli obiettivi per le strutture e la verifica dell’attuazione di tali obiettivi.

Le ipotesi base

Le ipotesi base per il sistema del controllo di attuazione del piano sono:

• considerare il controllo di attuazione del piano come supporto ai compiti digoverno, indirizzo e controllo della macchina da parte dell’Autorità politica;

• distinguere tra l’attività di Programmazione Strategica e Valutazione dell’impattodelle politiche e l’attività di Controllo di attuazione del piano, laddove con laprima si controlla quale impatto le scelte strategiche hanno avuto sull’ambien-te (ad es. una certa politica di finanziamenti per il sociale) e nel secondo setali scelte sono state attuate pienamente o parzialmente, cercando di indivi-duare le cause degli scostamenti.

• ricomprendere in tale funzione anche il compito di supportare l’Autorità poli-tica nella individuazione degli obiettivi (le “direttive”) da assegnare ai respon-sabili dei Centri di responsabilità amministrativa di primo livello, sulla basedegli indirizzi, obiettivi e piani strategici della Autorità politica stessa.Tale scelta è congruente con quanto disposto dal D.lgs. 286/99 per i Ministe-ri (art.art.8).

61MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 55: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

62

Gli oggetti di controllo

Oggetto del controllo di attuazione sono gli obiettivi di piano assegnati dall’Autoritàpolitica (le “direttive”), a traduzione degli indirizzi e dei piani strategici.

La scelta dei parametri di controllo, da assumere come indicatori per la misura-zione del raggiungimento degli obiettivi di piano, è svolta dal Servizio di controllo inter-no, di concerto con i responsabili dei Centri di responsabilità amministrativa di primolivello, responsabili dell’attuazione degli obiettivi stessi. Tali parametri sono scelti nellafase di formalizzazione del piano e costituiscono parte integrante del piano stesso.

4.5.2. Le verifiche di adeguatezza della macchina

Le finalità

La verifica di adeguatezza della macchina ha come finalità quella di concorrere almiglioramento complessivo del suo funzionamento attraverso la verifica e la valuta-zione dei seguenti fenomeni:

• l’adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema manageriale (affidabilità);

• l’efficacia, l’efficienza e l’adeguatezza dei processi operativi (funzionalità);

• la capacità di raggiungere gli obiettivi strategici (coerenza);

Gli utenti e le esigenze

L’utente del sistema di controllo di verifica di adeguatezza della macchina è l’Autori-tà politica. La principale esigenza è quella di produrre le valutazioni conseguenti alleanalisi di funzionalità, affidabilità e coerenza.

La funzione di verifica di adeguatezza della macchina è completamente indi-pendente e autonoma rispetto alla guida della macchina. Risponde solo all’Autoritàpolitica, ma senza alcun potere di interferenza sul management.

Le ipotesi base

Le ipotesi di base sono:

• considerare la funzione di verifica di adeguatezza della macchina come un’at-tività diretta a “conoscere per valutare e migliorare l’organizzazione nel suocomplesso” in un’ottica non poliziesca/punitiva, ma finalizzata al suo miglio-ramento;

• finalizzare la funzione di verifica di adeguatezza della macchina alla verificadella macchina, del sistema di gestione e della conformità dei comportamenti;

• ritenere che la funzione di verifica di adeguatezza della macchina debba pro-durre valutazioni di affidabilità, funzionalità e coerenza rispetto alle politichedefinite;

Page 56: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

• ritenere che l’attività di verifica di adeguatezza della macchina debba esseredi tipo conoscitivo e non incidente. Per conoscitivo si vuole intendere che l’at-tività di verifica di adeguatezza della macchina ha come oggetto di osserva-zione il management, gli obiettivi, il processo ed i risultati ma senza alcunpotere gerarchico e/o decisionale.

Gli oggetti di controllo

Gli oggetti della funzione di verifica e di adeguatezza della macchina possono esseredistinti a secondo degli obiettivi di affidabilità, funzionalità e coerenza.

63MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Affidabilità

• assetti organizzativi• processi decisionali• sistemi di rilevazione e di informazione• efficacia dei controlli direzionali/operativi

Funzionalità

• economicità e rapporto costi/risultati• qualità dei processi operativi e correttezza formale• qualità del servizio all’utente esterno e interno• performance tecniche dei processi• rispondenza dell’operatività alle specifiche tecniche dettate dalle norme

Coerenza• coerenza tra assetti e obiettivi istituzionali• coerenza tra cultura interna e ambiente esterno• coerenza tra politiche e scelte organizzative

4.5.3. I cicli e le relazioni

Ognuna delle tre funzioni elementari sopra esplicitate è esercitata attraverso un pro-prio autonomo e distinto ciclo di funzionamento che “produce valore aggiunto”. Talicicli sono ovviamente integrati tra loro a livello informativo.

La tavola 12 che segue rappresenta:

• l’articolazione dei cicli di funzionamento delle tre funzioni di controllo (con-trollo di piano, valutazione dei C.d.R. di primo livello e internal auditing)all’interno del sistema di Valutazione e Controllo strategico;

• le relazioni informative tra i tre cicli (evidenziate dalle linee tratteggiate);

• le relazioni con gli altri sistemi di PeC (a supporto delle decisioni) contigui:

- sistema di programmazione strategica e valutazione di impatto delle poli-tiche;

- sistema di programmazione e controllo di gestione;

• le funzioni elementari, in colore più scuro, comprese nel sistema di controllostrategico.

Page 57: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

64

Per quanto riguarda le relazioni della funzione di Controllo strategico con gli altri sistemidi PeC si osserva che:

• la funzione di Controllo di attuazione del piano riceve gli indirizzi dal momen-to di attuazione del sistema di programmazione strategica e valutazione di impat-to delle politiche e li traduce negli obiettivi di piano dei Centri di responsabili-tà di primo livello;

• di conseguenza, gli obiettivi di piano (le “direttive”) divengono un input perl’avvio del ciclo del sistema di controllo di gestione direzionale di proprietà delmanagement (momento di budgeting), gestito internamente alle direzionigenerali di primo livello;

• il momento di interpretazione e valutazione dei dati per il controllo di attua-zione del piano invia le informazioni per il momento di pianificazione strate-gica del sistema di programmazione strategica e impatto delle politiche;

• le informazioni utili per la rilevazione dei dati finalizzati alla valutazione deiresponsabili dei C.d.R. di primo livello provengono dall’interpretazione/ valuta-zione dei dati della funzione di controllo di attuazione del piano. Tale rileva-

Tavola 12 - Il controllo strategico: i cicli e le relazioni con i sistemi contigui

Sistema di valutazione e controllo strategicoAltri sistemi

Sistemi di programmazione strategica e impatto

delle politiche

Controllo di attuazione

del piano

Indirizzi e Politiche

Interpreta-zione

Interpre-tazione

Interpreta-zione

Rilevazione

Indirizzi Rilevazione

Relazione di rendiconto

Rilevazione

Rilevazione

Attuazione

Direttive di CdR di primo livello

Verifica di adeguatezza della macchina

Valutazione DG di primo livello

Piano CdR

di primolivello

Pianifica-zione delleverifiche

Altri fattori di valutazione

ObiettiviCdR

di primolivello

Sistemi di programmazione

e controllo di gestione

Budget direzionale

Interpreta-zione

RilevazioneAttuazione

Processo Processo

Sistema di controllo strategico

Ciclo di controllo

Ciclo di auditing e valutazione

Informazioni

Interpreta-zione

Page 58: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

zione è integrata anche da altre informazioni, provenienti dal momento diinterpretazione del ciclo del sistema di verifica di adeguatezza della macchinae da eventuali altre fonti per la consuntivazione dei dati relativi agli altri fat-tori di valutazione, eventualmente previsti negli obiettivi dei C.d.R. di primolivello nel primo momento del ciclo di valutazione;

• la rilevazione nel ciclo di verifica di adeguatezza della macchina, può consunti-vare dati/informazioni dalla funzione di controllo di gestione, dai dati inter-pretati della funzione di controllo di piano e direttamente anche da altre fontidel processo produttivo dell’attività amministrativa;

• il sistema di controllo di gestione è una delle basi informative per la consunti-vazione dei dati per il sistema di “controllo di attuazione del piano” e perquello di “verifica di adeguatezza della macchina”.

4.6. IL CONTROLLO DI GESTIONE

Nel controllo di gestione sono ricomprese tre funzioni elementari:

1. la funzione di programmazione e controllo direzionale (budgeting e reporting), asupporto del management nelle decisioni per il raggiungimento degli obietti-vi prefissati;

2. la funzione di programmazione e controllo operativo, a supporto del manage-ment, ai vari livelli, nelle decisioni per la gestione dei processi operativi;

3. la funzione per la gestione operativa dei progetti di innovazione, a supporto delmanagement nella gestione dei processi di cambiamento e dei progetti diinnovazione.

65MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 59: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

66

Le tre funzioni elementari sono descritte più dettagliatamente nei paragrafi seguenti inrelazione alle loro finalità, utenti ed esigenze, ipotesi di base ed oggetti del controllo.

Infine vengono rappresentati i cicli e le relazioni delle tre funzioni elementa-ri di controllo di gestione.

4.6.1. La funzione di programmazione e controllo direzionale

Le finalità

Le finalità della funzione di programmazione e controllo direzionale (budgeting ereporting) sono:

• fornire una rappresentazione gestionale della struttura organizzativa e deiprocessi di lavoro;

• garantire autonomia gestionale e responsabilizzare i manager sui risultati;

• fornire le informazioni per l’attivazione di azioni correttive;

• gestire e monitorare l’innovazione;

• fornire gli elementi informativi per la valutazione del management.

Tavola 13 - Sistemi di controllo di gestione: una ulteriore specializzazione

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo(politiche)

Combinazioneobiettivi/risorse

(routine e innovazione)

Guida della mac-

china operativa

Governo dell’Inno-vazione

Valutazione/Verifica

di regolarità

Ruoli

Autorità politica

Alta direzione

Managementintermedio

Managementoperativo

Sistema di Programma-zione Strategica e impatto

delle politiche

Sistema di valutazione e controllo strategico

Sistema di gestio-

ne deiprogetti

innovativi(projectmanage-

ment)

Controllo di regolarità

ammini-strativa econtabile

Siste-ma di valu-tazione dei

dirigenti

Sistema di PeC operativo(gestione dei pro-

cessi e deiprodotti/servizi)

Sistema di PeC

direzionale(budgeting e reporting)

La tavola 13 seguente rappresenta e posiziona le diverse funzioni elementari del siste-ma di controllo di gestione rispetto ai diversi livelli dirigenziali e ai relativi ambitidecisionali tipici.

Page 60: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Gli utenti e le esigenze

I principali utenti del sistema di PeC direzionale sono:

• la cosiddetta linea direzionale, vale a dire i responsabili dei C.d.R. ai vari livel-li, a supporto dei quali il sistema viene costruito;

• gli staff specialistici di supporto alla gestione che, ai vari livelli e nei diversiambienti organizzativi, devono attivare i sistemi per supportare la linea dire-zionale con analisi dei dati, la loro raccolta e interpretazione.

Le principali esigenze sono quelle di: consentire un confronto di performance neltempo e tra strutture e/o processi omogenei; specificare gli obiettivi per le strutture;assegnare le risorse; rendere coerenti le responsabilità con le leve gestionali; verifica-re il raggiungimento dei risultati.

Le ipotesi base

Le ipotesi di base sono:

• che il sistema di PeC direzionale supporti tutta la linea manageriale, cosìcome previsto dal D.lgs 29/93.;

• che il sistema di PeC direzionale (budgeting e reporting) sia lo strumento per l’as-segnazione degli obiettivi a cascata ai livelli inferiori, ma anche di supporto allemanovre correttive per migliorare le performance e adattarsi ai cambiamentinell’ambito delle leve gestionali rese disponibili a tutti i livelli di responsabi-lità. I livelli superiori dovrebbero perciò conoscere con tempestività i risulta-ti, in modo da sollecitare e concordare per tempo adeguate manovre corretti-ve con i livelli sottostanti, che possono riguardare anche più uffici e scambidi risorse (team direzionale);

• che il budget sia lo strumento per la negoziazione tra i vari livelli, e cioè che ivalori contenuti nel budget (i numeri) siano il risultato non solo di una asse-gnazione dall’alto, ma anche di una verifica di fattibilità dal basso. La nego-ziazione di cui si parla non è perciò una contrattazione tra parti autonome eindipendenti per raggiungere una mediazione, ma è piuttosto un dialogo tramanager per approfondire le modalità ottimali di raggiungimento dei risulta-ti finali. Questo tipo di negoziazione, perciò, non deve rendere vaghi gli obiet-tivi, ma piuttosto responsabilizzare maggiormente la linea manageriale nelsuo complesso;

• che il sistema di PeC direzionale, che definisce gli obiettivi assegnati e ne mettein evidenza il grado di raggiungimento, sia affiancato da un sistema comple-mentare di PeC operativo, che metta concretamente in condizione il manage-ment di manovrare per raggiungere tali obiettivi.

67MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 61: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

68

Gli oggetti del controllo

Il sistema di PeC direzionale prevede di:

• misurare le performance complessive a livello di servizio e non come risultato diuna sommatoria di prestazioni puntuali;

• adottare un approccio integrato, basato su una visione d’insieme delle diverseperformance (processo, prodotti/servizi erogati, innovazione, risultati genera-li e risorse assegnate) per consentire il governo complessivo.

La scelta è di misurare l’efficienza di processo mettendo a confronto:

• le risorse complessivamente destinate sul servizio, nella loro dimensione tec-nico-fisica (anni-uomo impiegati, attrezzature utilizzate, etc.) e monetaria(costo del personale, costo delle risorse strumentali, etc.),

con

• le performance (volume di produzione, esito dell’azione amministrativa, etc.)e con la qualità di prodotto/processo realizzata (misurata sui risultati finali chesi vogliono ottenere in funzione del fatto che nella catena di comunicazionecliente-fornitore è ciascun cliente che definisce le caratteristiche ottimali delprodotto intermedio).

4.6.2. La funzione di programmazione e controllo operativo

Le finalità

Consentire ai responsabili delle strutture produttive ai vari livelli di gestire al megliole leve operative disponibili – sia puntuali che di sistema – al fine di:

• far funzionare nel migliore dei modi la macchina produttiva in risposta alladomanda effettiva;

• migliorare il livello di servizio e la produttività delle risorse;

• raggiungere gli obiettivi manageriali negoziati nel budget direzionale;

tenendo conto della situazione contingente in termini di domanda effettiva/previstae di risorse effettivamente disponibili.

Supportare i manager nella definizione dei programmi di attività e di eroga-zione di prodotti/servizi sulla base dei quali negoziare gli obiettivi direzionali.

Fornire una rappresentazione della macchina operativa e delle relative levegestionali.

Gli utenti e le esigenze

Il sistema di PeC operativo supporta secondo la necessità tutti i livelli managerialicoinvolti in decisioni di gestione operativa. Nella logica di autocontrollo, inoltre la

Page 62: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

proprietà del sistema è innanzitutto dei decisori che li utilizzano. Le esigenze a cui il sistema operativo risponde sono:

• la misurazione costante dello stato del sistema produttivo da gestire: in termi-ni di prestazioni del processo e delle risorse disponibili, di livello di servizio,di domanda prevista e di conoscenza dei vincoli;

• il bilanciamento delle risorse e dei volumi di attività nelle unità operative;

• la definizione tempestiva dei compiti da assegnare alle risorse e delle attivitàda realizzare;

• l’ottimizzazione della gestione sinergica delle leve operative a livello locale edi sistema.

Le ipotesi base

La prima scelta è che il budget direzionale sia il riferimento per la gestione e che quin-di gli obiettivi manageriali definiti nel budget direzionale (le obbligazioni negoziate)diano i riferimenti complessivi per la gestione, ma lascino ai manager uno spazio didiscrezionalità da gestire con il supporto dei sistemi di PeC operativo.

In particolare il raggiungimento degli obiettivi dei manager di un livello puòpassare attraverso la revisione in corso d’anno degli obiettivi operativi dei livelli sot-tostanti, per adeguare la capacità di risposta del sistema alle eventuali evoluzionidello scenario.

La seconda scelta è l’individuazione delle responsabilità operative anche ailivelli alti della catena direzionale. In questo senso la responsabilità complessiva dellagestione compete comunque ai livelli superiori che affrontano le decisioni di sistemae delegano ai livelli inferiori gli obiettivi operativi di volta in volta più idonei perorientarne la gestione.

La terza scelta è di supportare a tutti i livelli l’uso delle leve che permettonodi incidere proattivamente nella gestione dei servizi, per migliorare sia il livello di ser-vizio che la produttività delle risorse.

Gli oggetti del controllo

Il sistema di PeC operativo si propone di rappresentare e gestire i diversi processi dierogazione di prodotti/servizi e come tale ha caratteristiche (modelli di rappresenta-zione, oggetti del controllo, cicli, frequenze, ...) proprie delle problematiche gestiona-li dei diversi processi da gestire.

In ogni caso la scelta è di misurare lo stato del sistema (prodotto/processo,risorse, domanda, livello di servizio) e di prevederne le evoluzioni:

• in tempo reale (rispetto ai tempi propri di ciascun processo) e in ambito loca-le per la gestione puntuale degli ordini di lavoro;

• su un orizzonte di medio periodo e con una visione di sistema per verificare lafattibilità dei programmi, bilanciare risorse e volumi nelle unità operative,valutare politiche gestionali differenti.

69MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 63: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

70

4.6.3. La funzione per la gestione operativa dei progetti di innovazione

Le finalità

Fornire una rappresentazione gestionale dei processi di cambiamento e dei progetti diinnovazione.

Consentire ai responsabili dei progetti di innovazione, ai vari livelli di gesti-re, al meglio le leve disponibili – sia puntuali che di sistema – al fine di:

• rispettare gli obiettivi e i tempi di attuazione negoziati nel budget direzionale;

• ottimizzare le modalità di interazione con la struttura “fissa”;

• riconoscere per tempo eventuali problemi/ritardi e mettere in atto le oppor-tune azioni correttive;

tenendo conto della situazione contingente in termini di avanzamento dei progetti edelle risorse effettivamente disponibili.

Supportare i manager nella definizione e nella negoziazione degli obiettividirezionali legati ai progetti di innovazione.

Gli utenti e le esigenze

Il sistema di gestione operativa dei progetti di innovazione supporta, secondo lanecessità, tutti i livelli manageriali coinvolti in progetti di innovazione e di cambia-mento in genere. Nella logica di autocontrollo, inoltre la proprietà del sistema èinnanzitutto dei decisori che li utilizzano.

Le esigenze a cui tale sistema risponde sono:

• la misurazione dell’impatto dei progetti di innovazione sulla struttura e sulleattività fisse;

• il bilanciamento dinamico di risorse volumi tra strutture di progetto e strut-tura fissa;

• la capacità di rispondere alle normali dinamiche di progetto (ritardi, eventiimprevisti, cambio di priorità, ...) valutando l’effetto di scelte gestionali alter-native sull’efficacia e l’efficienza complessiva dei diversi progetti gestiti edeventualmente della struttura e delle attività fisse.

Le ipotesi base

La prima scelta è che il budget direzionale sia il riferimento per la gestione e che quin-di gli obiettivi manageriali definiti nel budget direzionale (le obbligazioni negoziate)diano i riferimenti complessivi per il governo dell’innovazione, ma lascino ai mana-ger uno spazio di discrezionalità da gestire con il supporto dei sistemi di gestione ope-rativa dei progetti di innovazione.

Page 64: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

La seconda scelta è legata al riconoscere che:

• da un lato, le caratteristiche di unicità dei progetti di innovazione possonocomportare varianze nella gestione non sempre prevedibili o sotto il control-lo dei responsabili;

• dall’altro, la portata che solitamente questi progetti hanno, in termini divolume e trasversalità delle risorse coinvolte, fa sì che tali varianze possanoavere degli impatti anche sugli obiettivi direzionali.

La gestione dei progetti di innovazione può comportare una gestione dinamica degliobiettivi direzionali negoziati.

Gli oggetti del controllo

Il sistema di gestione operativa dei progetti si propone di rappresentare e gestire ledinamiche dei progetti di innovazione, ma anche di saper cogliere l’impatto in termi-ni di vincoli e sinergie che questi hanno con la struttura organizzativa e la macchinaoperativa fisse.

In ogni caso la scelta è di rappresentare:

• l’avanzamento e l’economicità complessivi dei progetti simulando l’effetto suqueste variabili di diverse alternative gestionali;

• le dinamiche dei vincoli che la gestione di diversi progetti comporta: di pre-cedenza, di saturazione / disponibilità delle risorse, di rapporti struttura“fissa” / di progetto.

4.6.4. I cicli e le relazioni

Di seguito sono rappresentati i cicli e le relazioni delle funzioni elementari che com-pongono il sistema di controllo di gestione.

Dalla figura emerge quanto segue:

• il sistema di programmazione e controllo direzionale nel momento dellaattuazione invia le sue informazioni quale input per il programma operativodel sistema di programmazione e controllo operativo e per il piano di inno-vazione del sistema di gestione dei progetti di innovazione;

• a loro volta la rilevazione del sistema di programmazione e controllo operati-vo e del sistema di gestione dei progetti di innovazione informa la consunti-vazione del sistema di programmazione e controllo direzionale.

71MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 65: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

72

4.7. LA STRUTTURA DEGLI ORGANISMI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

Utente dei sistemi non è solo la linea direzionale ma anche gli staff specialistici di sup-porto alla gestione che, ai vari livelli, devono attivare i sistemi e sostenere la linea nel-l’analisi dei dati, nella loro raccolta e interpretazione.

Si ricorda che la struttura degli organismi di pianificazione e controllo non èoggetto del presente Manuale, perché demandata alla autonomia organizzativa delle sin-gole Regioni.

Si ricorda che, comunque, il D.lgs 286/99 prevede una serie di preclusioni chenon riprendiamo in questo paragrafo, perché già evidenziate nel paragrafo 2.2.2.

Dal punto di vista dell’articolazione dei decisori e della struttura degli organi-smi dedicati all’esercizio dei sistemi di pianificazione e controllo, è opportuno affron-tare la ricerca delle soluzioni, a partire dalla situazione e dalle esigenze specifiche dellediverse realtà, anche tenuto conto delle dimensioni dell’Ente pubblico.

In linea di massima ci sembra opportuno che il modello gestionale:

• specifichi la responsabilità nel ciclo di PeC caratterizzando il ruolo dei variattori:

- decisori (Autorità politica e management ai vari livelli);

- organismi di supporto all’esercizio dei sistemi di PeC;

• individui gli utenti/proprietari dei sistemi di PeC nei principali decisori, inparticolare distinguendo tra Autorità politica e management/amministratori,e, dentro il management, tra responsabili di vertice intermedio e operativi;

• specifichi i diversi ruoli degli organismi di esercizio e di supporto, in partico-lare distinguendo tra:

Tavola 13 - Il controllo di gestione: i cicli e le relazioni tra le funzioni elementari

Sistemi di programmazione

e controllo direzionale

Budget direzio-

nale

Interpre-tazione

Rileva-zione

Attuazione

Sistemi di programmazione

e controllo operativo

Program-ma ope-rativo

Interpre-tazione

Rileva-zione

Realizza-zione

Sistemi di gestione dei progetti

d’innovazione

Piano diinnova-zione

Interpre-tazione

Rileva-zione

Realizzazione

Ciclo di controllo

Flusso informativo

Macchina Operativa

Page 66: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

- organismi di auditing interno (autonomi e responsabili delle valutazioniemesse);

- organismi di valutazione dei dirigenti (responsabili della valutazioneemessa);

- organismi di Pianificazione e Controllo strategico e direzionale (di sup-porto ai decisori).

La applicazione, alle diverse realtà di queste linee guida, assume particolare rilevanzaper garantire le seguenti idee ispiratrici:

• restaurare una dialettica positiva tra controllato e controllore finalizzata almiglioramento delle performance complessive;

• garantire una adeguata specializzazione e professionalità sia degli organismidi supporto sia dei decisori favorendo l’apprendimento”4.

In sintesi, ci sembra necessario che la struttura organizzativa degli uffici e le respon-sabilità dei decisori, siano scelte in modo, da un lato, da garantire la dialettica con-trollo/controllore e la specializzazione, e, dall’altro, di favorire lo sviluppo di compe-tenze adeguate.

Nella tavola 15 sono evidenziati:

• i diversi attori decisionali (Autorità politica e management) e di supporto(organismi di controllo interno, organismi di valutazione dei dirigenti e diauditing), così come individuati in precedenza nella proposta di architettura;

• le cinque funzioni di controllo interno previste nella proposta di architettura(programmazione strategica e impatto delle politiche, valutazione e control-lo strategico, controllo gestionale, valutazione della dirigenza, controllo diregolarità amministrativa e contabile).

73MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

4. Ezio Lattanzio, Luciano Pero, Il ridisegno dei sistemi di controllo nella Pubblica Amministrazione, in“Sviluppo e Organizzazione”, Luglio-Agosto 1999, pagg. 95-112, E.S.T.E.

Page 67: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

74

Tavola 15 - I decisori e le funzioni di controllo interno

Sistema delle azioni di indirizzo

Sistema delle azioni manageriali

Organismi di supporto alle decisioni

Organismi di valutazione e/o di auditing interno

Obiettivi ManagerialiRisorse

Processi Prodotti/serviziObiettivi

strategici/RisorseRisultati finali

Programmazione strategica e impatto

delle politiche

Valutazione e controllo strategico

Controllo di gestione Valutazione dirigenti

Controllo di regolarità amministrativa

e contabile

Manager(centri di Responsabilità)

Autorità politica

Page 68: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Si è già detto che la proposta di architettura delineata nel capitolo 4 precedente, cosìcome per tutti gli altri aspetti contenuti nel presente Manuale, è solo un modellogenerale al quale le singole Regioni possono e non devono fare riferimento.

La ricerca delle soluzioni specifiche è infatti da costruire “in loco”, a partiredalle dimensioni, dalla storia, dalle esperienze già realizzate, dal modello organizzati-vo e dalle finalità di ogni singola regione.

In ogni caso, comunque, la definizione completa dell’architettura “a tendere”comporta un lavoro di progettazione ulteriore a valle delle linee guida generali e dellaproposta formulata nel presente Manuale.

Al fine di prefigurare al tempo stesso:

• gli elementi di flessibilità e di adattabilità della ipotesi di architettura “a ten-dere” proposta nel presente Manuale;

• e le scelte da compiere nelle singole Regioni per continuare, anzi talvolta perintraprendere il percorso di sviluppo;

nel seguito si segnalano alcune delle principali domande alle quali ogni singola Regionedeve, nella propria autonomia, dare risposta per “chiudere” su una architettura “a ten-dere” completa e concreta.

A) La funzione di programmazione strategica e impatto delle politiche

• Supporto al “pensiero strategico”? Come? È opportuno trovare delle solu-zioni semplici.

• Quale orizzonte temporale per la verifica degli impatti delle politiche?

• Quale ruolo dei Direttori Generali responsabili dei Centri di Responsabi-lità amministrativa di 1° livello sul ciclo di programmazione degli indiriz-zi e delle strategie?

• Quale integrazione tra programmazione strategica e controllo strategico(controllo di attuazione del piano)? Chi traduce gli indirizzi negli obietti-vi dei C.d.R. di 1° livello?

• Ecc…

75MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

5. I PROBLEMI APERTI PER LE REGIONI

Page 69: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

76

B) La funzione di valutazione e controllo strategico

• Quali rapporti tra le tre funzioni elementari di controllo (di attuazionedel piano, di verifica di adeguatezza della macchina, di valutazione deiDG di 1° livello)?

• Quali le metodologie, i sistemi e gli strumenti per esercitare le tre funzio-ni di controllo?

• Come reperire le informazioni? Solo dal controllo di gestione?

• Ecc..

C) Il decentramento del controllo di gestione nei Centri di Responsabilità di 1° livello

• Cosa decentrare?

• Sopravvive una funzione centrale? Con quale ruolo? Sono possibili moltesoluzioni? In ogni caso sono da trovare delle modalità che, al minimo,consentano di mantenere il livello di omogeneità necessario per assicura-re l’alimentazione informativa del sistema di controllo strategico

• Ecc.

D) La struttura degli organismi di pianificazione e controllo

• Quante e quali strutture?

• Dove collocarle gerarchicamente?

• Quale ruolo per i Centri di Responsabilità di 1° livello trasversali (es. Pre-sidenza, Bilancio e Contabilità, ecc….)?

• Quale composizione (interni/esterni) degli organismi?

E) I sistemi informativi

• Un sistema informativo unico e centralizzato o più sistemi informativimodulari e integrati tra di loro?

• Chi gestisce i sistemi?

La risposta a queste domande è successiva a quella di tutte le altre domande.

F) Le relazioni tra i sistemi di PeC di supporto alle decisioni (Progr. strategica e controllodi gestione) e il sistema di programmazione e rendicontazione economico finanziario

• Come integrare il ciclo del bilancio con gli altri due cicli?

• Quale ruolo per il Dipartimento bilancio e ragioneria?

Page 70: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

G) Le relazioni tra sistemi di PeC e sistemi di valutazione dei dirigenti

• Quali relazioni?

• Quali compiti per i servizi di controllo interno? Il CCNL prevede delleattribuzioni specifiche per il Servizio di contollo interno ai sensi del-l’Art.20 del DPR 29/93, espressamente abrogato dal D.Lgs 286/99.

77MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 71: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Nella parte precedente del Manuale, è stata descritta l’architettura “a tendere” per l'ar-ticolazione complessiva dei sistemi di PeC delle Amministrazioni regionali.

Ovviamente, come sempre accade nei progetti di innovazione dei sistemigestionali, la distanza tra la situazione attuale e l’architettura “a tendere” implica lanecessità di definire un processo di avvicinamento. Più in particolare nelle singoleAmministrazioni regionali, sono da individuare le priorità e, di conseguenza, unpiano di attivazione dei diversi sistemi di PeC previsti “a tendere” e/o delle loro com-ponenti.

Il presente capitolo illustra i punti di attenzione da considerare, le modalitàdi avvicinamento e, infine, le argomentazioni a sostegno delle proposte effettuate.

Le scelte sulle proposte effettuate rispondono alla necessità di contemperare tre esi-genze:

• da un lato, il bisogno delle Amministrazioni regionali di disporre in tempibrevi di sistemi e strumenti informativi di supporto per migliorare la capaci-tà di governo e la qualità e tempestività dei processi decisionali ai vari livelli;

• inoltre, la necessità di tenere conto della diversità delle situazioni attuali dipartenza ha implicato l’opportunità di delineare più alternative di percorsi disviluppo in funzione delle “situazioni di partenza”. Per dare concretezza aquesto, è stata effettuata una indagine, per quanto sintetica, che comunqueha consentito al gruppo di lavoro di focalizzare tre situazioni tipiche allequali, ad oggi, si possono ricondurre le singole Regioni italiane;

• in terzo luogo, la opportunità di prevedere un percorso graduale in funzionedei tempi tecnici per la fattibilità dei sistemi informatici e della crescita cul-turale degli utenti e dei sistemi.

Il rispetto degli obiettivi, dei tempi e dei risultati attesi dai progetti operativi richiedecomunque, nella singola Regione, la predisposizione di un piano di gestione del cam-biamento.

79MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

6. I PERCORSI DI AVVICINAMENTO DALLA SITUAZIONE ATTUALE A QUELLA “A TENDERE”

Page 72: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

80

6.1. LA SITUAZIONE DI PARTENZA NELLE SINGOLE REGIONI

6.1.1. L’indagine svolta presso le singole Regioni

Come già detto, al fine di concretizzare delle ipotesi sulle modalità di avvicinamentoalla architettura “a tendere” proposta, il gruppo di lavoro ha dovuto ricostruire le“situazioni di partenza” tipiche nelle diverse realtà regionali.

Il censimento di tali situazioni tipiche è stato effettuato attraverso una inda-gine rivolta a tutte le dieci Regioni coinvolte nel gruppo di lavoro.

Le Regioni che hanno fornito le informazioni sono:

• Regione Abruzzo

• Regione Liguria

• Regione Lombardia

• Regione Marche

• Regione Piemonte

• Regione Toscana

• Regione Veneto

Lo “schema di lettura”, utilizzato per l’analisi nelle singole Regioni, ha compreso iseguenti elementi:

a) la rappresentazione dell’articolazione dei cicli di pianificazione e controllo con l’in-dividuazione dei momenti principali, degli attori, delle frequenze e dei tempi;

b) l’esplicitazione delle relazioni con gli altri cicli di programmazione e di rendicon-tazione finanziaria, attraverso l’esplicitazione degli snodi, delle informazionitrasferite, delle aree scoperte e/o di sovrapposizione;

c) la elencazione dei documenti prodotti nel ciclo di pianificazione e controllo conriferimento a quattro momenti tipici presenti in tutte le Regioni:

• la programmazione degli indirizzi

• la pianificazione operativa

• la rilevazione delle informazioni per la consuntivazione

• la produzione dei report periodici;

d) l’analisi di merito dei suddetti documenti rispetto ai seguenti aspetti:

• principali contenuti

• frequenza di emissione

• orizzonte temporale

• tempestività

• unità organizzativa competente

• collegamenti operativi con la PeC economico/finanziaria (il bilancio).

Page 73: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Per ognuno dei seguenti aspetti, è stato richiesto di evidenziare quanto previsto alivello normativo e/o procedurale e quanto effettivamente avviene nei processi reali.

6.1.2. Le situazioni tipiche

L’indagine, condotta sulla base dello schema di lettura descritto nel paragrafo prece-dente, ha condotto alle seguenti conclusioni:

Tutte le Regioni hanno organizzato, per quanto con diversi livelli di procedu-ralizzazione, il ciclo di pianificazione e controllo con un modello comune, corrispon-dente al modello più diffuso nelle pubbliche amministrazioni italiane e usualmentedefinito nel gergo degli operativi modello P.P.C.( da Pianificazione strategica, program-mazione operativa e controllo di gestione).

Per la descrizione dei sistemi P.P.C., si rimanda ad una recente pubblicazionedi uno degli autori del presente Manuale (Ezio Lattanzio, in collaborazione con Lucia-no Pero1) che descrive le caratteristiche, la storia e le criticità di tali modelli.

Il riquadro successivo contiene alcuni spunti estratti da tale pubblicazione e,a nostro avviso, utili in questa sede.

In tutte le Regioni sono molto deboli i collegamenti tra il ciclo di pianificazione e control-lo e il ciclo di programmazione e rendicontazione economico/finanziaria. Esistono certa-mente livelli diversi di qualità di tali collegamenti e numerosi sono i tentativi recen-ti e presenti di migliorare, ma di fatto nessuna realtà può dichiarare di aver risoltocompiutamente questo aspetto.

Al contrario, è molto diversificata la realtà nelle singole Regioni dal punto di vistadelle esperienze concrete realizzate e quindi della disponibilità di metodologie, sistemi estrumenti.

Di conseguenza, variegate sono anche le soluzioni adottate per gli aspetti dicarattere organizzativo concernenti le strutture dedicate alla gestione dei sistemi diPeC, sulla numerosità di tali strutture, sulla attribuzione dei compiti e livello/tipolo-gia di dipendenza gerarchica.

Volendo “forzare” una classificazione, per quanto “grossolana”, comunqueadeguata alla nostra esigenza di individuare dei “percorsi tipici” corrispondenti, è pos-sibile individuare le tre “situazioni tipiche”, descritte nel seguito.

81MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

1. Ezio Lattanzio, Luciano Pero, Il ridisegno dei sistemi di controllo nella Pubblica Amministrazione, in“Sviluppo e Organizzazione”, Luglio-Agosto 1999, pagg. 95-112, E.S.T.E.

Page 74: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

82

I modelli PPC

Pianificazione strategica

Programmazione

Controllo Gestionale concomitante ed ex post

Consuntivazione periodica

Più in dettaglio, le principali caratteristiche, comuni alla quasi totalità dei sistemi,sono:

A. il ciclo di pianificazione e controllo è articolato secondo un unico proces-so “a cascata” che, prescindendo dalle terminologie adottate, può esserericondotto ai momenti principali individuati nella figura precedente: lapianificazione strategica, la programmazione ed il controllo gestionale;

B. nei casi più compiuti, il sistema di pianificazione e controllo è unico emonolitico: non sono previste forme di specializzazione per le potenzialicategorie di utenti (e i diversi livelli di responsabilità) e le corrispondentidiverse esigenze di controllo;

C. dal punto di vista delle responsabilità organizzative, in generale, c’è unorganismo centralizzato che si occupa di pianificazione ed un altro orga-nismo distinto, sempre centralizzato, che si occupa del controllo, conquesto intendendo, in genere, l’elaborazione dei rapporti di gestione aconsuntivo. Al management è delegata, quando prevista, solo la program-mazione di dettaglio,

D. in generale, a partire dal livello strategico, vengono definiti i cosiddettiobiettivi strategici, in realtà espressi in numero molto elevato e, quasimai riconducibili a scelte rilevanti e significative in termini di risultatifinali. Non essendoci sistemi sottostanti, il livello più alto (strategico)elenca le “cose da fare” in dettaglio, con elenchi numerosi, perché nonriesce ad individuare strumenti più sintetici e più forti di governo dellasituazione.

E. La cosiddetta “programmazione”, quando è presente, consiste solo in unaspecificazione ulteriormente dettagliata delle azioni prescritte a livellostrategico;

F. dal punto di vista della frequenza e tempestività, i tempi sono, in generenon adeguati alle esigenze e di conseguenza il ciclo di controllo si chiudein genere “troppo tardi” perdendo di efficacia. I rapporti di consuntivo,essendo basati su una rendicontazione dei dati che attraversa la gerarchiaorganizzativa dal basso verso l’alto, sono emessi con frequenza bassa e

Page 75: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Prima situazione tipica (situazione A)

83MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

tempi di emissione elevati, in genere superiori a quelli necessari per indi-viduare e praticare le azioni correttive. Spesso i report sono emessi conalcuni mesi di ritardo.

MODELLO PPC, NESSUNO STRUMENTO, NESSUNA ESPERIENZA

Situazione caratterizzata dalla non disponibilità di sistemi e strumenti di suppor-to, per l’assenza di esperienze concrete.

Il modello PPC è, di fatto, praticato a livello solo informale, con l’adozio-ne della logica “prescrittiva” e “burocratica”.

L’attività di pianificazione e controllo è basata in maniera molto indiret-ta sui sistemi di programmazione e rendicontazione economica e finanziaria, inquesti casi essi stessi con strumenti molto “elementari e poco evoluti”.

In sostanza:

• di fatto non esiste un ciclo formalizzato e strutturato di pianificazione econtrollo;

• non è praticata la assegnazione degli obiettivi;

• non sono esplicitati e trasparenti i collegamenti nel triangolo responsabi-lità/obiettivi/risorse;

• non sono presenti sistemi strutturati di valutazione della dirigenza.

Punti di forza

• terreno vergine;

• nessun precedente negativo;

• curiosità verso il concetto del controllo di gestione.

Punti di debolezza

• assenza di cultura della misurazione e del miglioramento;

• paura del cambiamento;

• assenza di strumenti, serie storiche dei dati;

• livello di informatizzazione in genere basso.

Page 76: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

84

Seconda situazione tipica (Situazione B)

MODELLO PPC, SISTEMA UNICO, MONOLITICO E CENTRALISTICO

È la concretizzazione più compiuta del modello PPC prescrittivo e burocratico.La scelta principale consiste nella adozione di un sistema unico, monoli-

tico e centralistico, non orientato agli utenti delle realtà periferiche.Il sistema è gestito in oligopolio da due strutture di controllo centralizza-

te, alle quali, in genere, sono attribuite le competenze nel primo e terzo momen-to del ciclo PPC: la programmazione strategica e il controllo di gestione.

La programmazione operativa, se presente, è demandata alle realtà peri-feriche (i Centri di Responsabilità di primo livello).

In sostanza:

• non esistono cicli di autocontrollo a nessuno dei livelli di responsabilità;

• i Centri di Responsabilità sono fornitori di informazioni al centro chechiede dati per giudicare;

• c’è commistione tra pianificazione e controllo e internal auditing;

• c’è commistione tra controllo di gestione e valutazione dei dirigenti.

Punti di forza

• disponibilità di serie storiche dei dati;

• cultura della misurazione e del miglioramento;

• conoscenze di base sui controlli interni;

• l’esperienza è comunque un valore (apprendimento organizzativo).

Punti di debolezza

• immagine diffusa del controllo come sistema prescrittivo e gerarchico(per controllare i comportamenti);

• frammistione tra sistemi di supporto alle decisioni, di auditing e di valu-tazione;

• difficoltà di avviare un intervento di ridisegno complessivo;

• immagine del controllo bruciata in periferia;

• sfiducia al centro nella capacità di responsabilizzazione dei C.d.R. inperiferia.

Page 77: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Terza situazione tipica (Situazione C)

85MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

MODELLO PPC, ELEVATA SPECIALIZZAZIONE DEI SISTEMI E DELLE RESPONSABILITÀ

Situazione caratterizzata da una elevata specializzazione dei sistemi di controllointerno e una attribuzione distinta delle responsabilità a numerose strutture dipianificazione e controllo.

In sostanza:

• esistono in contemporanea più cicli di controllo, però tutti con la artico-lazione PPC, nel senso dello logica “prescrittiva” e “burocratica”;

• è molto bassa l’integrazione, anche informatica, tra i diversi cicli PPC, difatto “a compartimenti stagni”;

• i Centri di Responsabilità della periferia, ai vari livelli, vivono le richiestedi dati dal centro, come una modalità per effettuare attività di auditing edi valutazione.

Punti di forza

• elevata disponibilità di competenze, sistemi e strumenti;

• cultura della misurazione, del miglioramento e talvolta del risultato;

• grande disponibilità di serie storica dei dati;

• consapevolezza delle difficoltà di sviluppo dei sistemi di PeC;

• enorme potenziale di creazione di valore a breve termine.

Punti di debolezza

• cristallizzazione dei ruoli delle strutture di PPC;

• difficoltà di avviare un intervento di ridisegno complessivo;

• immagine del controllo bruciata in periferia;

• sfiducia al centro nella capacità di responsabilizzazione dei C.d.R. inperiferia.

La tavola 16 sintetizza una diagnosi dei punti di forza e di debolezza nelle tre diverse“situazioni tipiche”, come punto di partenza verso l’adozione delle ipotesi di architet-tura dei sistemi di controllo interno proposta nel seguente Manuale.

Page 78: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

86

6.2. LE CAUTELE E LE OPPORTUNITÀ PER LE REGIONI: I PUNTI DI ATTENZIONE

Riteniamo opportuno riepilogare gli aspetti che devono essere presidiati dalle singoleregioni, per garantire il successo del più generale intervento di riordino del sistemacomplessivo dei controlli interni. In particolare:

A. sono da assicurare le coerenze a livello di modello complessivo di pianificazione econtrollo. Questo significa avviare una riflessione sistematica sul modello com-plessivo di programmazione e controllo, del tipo di quella aperta all’internodella Conferenza per la produzione del Manuale, con l’obiettivo, però di“chiudere” sulle domande e sulle scelte per tutti gli aspetti (per esempio suquelli organizzativi), individuati nel capitolo 5;

B. è inoltre da assicurare la congruenza del riordino del sistema dei controlliinterni con il più generale intervento di riforma organizzativa in atto nelle sin-gole Regioni. Questa congruenza anzi, più che un vincolo è una opportunitàda cogliere, in quanto di stimolo allo stesso intervento di riforma, per la

Situazione tipica Punti di forza Punti di debolezza

Situazione A

Modello PPCnessuno strumentonessuna esperienza

• terreno “vergine”• nessun precedente

“negativo”• curiosità verso il concetto

del controllo di gestione

• assenza di cultura della misu-razione e del miglioramento

• paura del cambiamento• assenza di strumenti, serie

storiche dei dati• livello di informatizzazione

in genere basso

Situazione B

Modello PPCsistema unico,monolitico e centralistico

• disponibilità di serie storichedei dati

• cultura della misurazione e del miglioramento

• conoscenze di base sui controlli interni

• l’esperienza è comunque un “valore” (apprendimentoorganizzativo)

• immagine diffusa del controllo come sistemaprescrittivo e gerarchico (percontrollare i comportamenti)

• frammistione tra sistemi di supporto alle decisioni, di auditing e di valutazione

Situazione C

Modello PPCelevata specializzazionedei sistemi e delleresponsabilità

• elevata disponibilità di com-petenze, sistemi e strumenti

• cultura della misurazione,del miglioramento e talvoltadel risultato

• grande disponibilità di seriestorica dei dati

• consapevolezza delle difficol-tà di sviluppo dei sistemi di PeC

• enorme potenziale di creazio-ne di valore a breve termine

• cristallizzazione dei ruolidelle strutture di PPC

• difficoltà di avviare un intervento di ridisegnocomplessivo

• immagine del controllo “bruciata in periferia”

• sfiducia al centro nella capacità di responsabilizza-zione dei C.d.R. in periferia

Tavola 16 - Sintesi dei punti di forza e di debolezza nelle tre situazioni tipiche

Page 79: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

valenza culturale che comporta l’introduzione di strumenti di PeC: il tentati-vo di modificare il modello gestionale con la responsabilizzazione per obiet-tivi e risultati del management;

C. è da affrontare, successivamente, il problema della revisione delle varie compo-nenti della normativa interna alle singole Regioni di riferimento sui temi della pia-nificazione e controllo interno. Si ricorda che il D.lgs. 286/99 dispone che “nelleamministrazioni regionali, la legge quadro di contabilità contribuisce a delineare l’insie-me degli strumenti operativi per le attività di pianificazione e controllo” (comma 3, art.4); da cui la necessità di modificare la legge regionale di contabilità (tra l’altroimposta anche dalla imminente modifica della legge quadro nazionale 335/76),le leggi regionali che “ordinano le strutture e la dirigenza” e tutte le altre norma-tive collegate ai sistemi di controllo interno direttamente e/o indirettamente;

D. infine è da attivare una cabina di regia per il governo complessivo (soluzioni,tempi, responsabilità, ecc..) dell’intervento di riordino del sistema dei con-trolli dalla situazione attuale all’“architettura a tendere” che sarà definita dalnuovo modello, in armonia con la riforma organizzativa;

E. la ricaduta sui sistemi informativo-statistici, le cui caratteristiche devono esseredefinite a valle di tutti gli aspetti di cui sopra, ai quali l’informatica deve esse-re orientata;

F. sono da prevedere, anche e soprattutto nei progetti realizzativi, delle modali-tà di elevato coinvolgimento degli utenti/proprietari dei sistemi attraverso la diret-ta partecipazione a tutti i gruppi di lavoro al fine di condividere le logiche ele soluzioni adottate;

G. l’evoluzione del modello implica la necessità di gestire l’impatto delle nuovelogiche e dei sistemi sulla compagine organizzativa delle Amministrazioniregionali. In particolare, sono da individuare le modalità per coinvolgere icentri di responsabilità a tutti i livelli (Piano di gestione del cambiamento).

6.3. LE POSSIBILI MODALITÀ DI AVVICINAMENTO

6.3.1. I criteri generali validi per tutte le situazioni

Per tutte le situazioni valgono le seguenti osservazioni:

A. l'evoluzione del modello complessivo dei controlli verso l’Architettura “a ten-dere”, così come emerge dal presente Manuale, prevede la differenziazione delsistema in più sistemi specializzati in funzione delle diverse logiche e dei diver-si “mondi” (in prima battuta assimilabili ai Centri di responsabilità di 1° livel-lo). La differenziazione e specializzazione dei diversi sistemi, come già antici-pato, pone però un problema di integrazione tra tali sistemi. Di conseguenza, alfine di garantire le opportune interrelazioni tra i suddetti sistemi, nella elabo-razione del piano è necessario individuare delle modalità che consentano diassicurare la coerenza delle soluzioni individuate. Da questo deriva la neces-sità di non frammentare troppo il progetto, non moltiplicare i gruppi di lavoro e pre-vedere adeguate modalità di coordinamento e controllo.

87MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Page 80: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

88

B. Ferma restando la necessità di prevedere nel piano di attivazione dei sistemi itempi tecnici legati agli aspetti di fattibilità tecnica, è comunque necessarioprevedere nei progetti realizzativi una modalità per “rilasci progressivi”. Questoal fine di:

• dare un segnale di discontinuità evidente al fine di stimolare l'evoluzioneverso il nuovo modello;

• verificare sul campo la validità delle soluzioni adottate e intervenire pertempo con le opportune ritarature;

• dare agli utenti dei sistemi (in primis i Centri di responsabilità ai varilivelli) la possibilità di attivare subito i cicli di PeC, anche se in forma par-ziale. Questo significa imparare “a fare l’auto-controllo della gestione”;

• di conseguenza migliorare, nel più breve tempo possibile, il livello delleprestazioni in termini di risultati perseguiti effettivamente.

C. I tempi e le scadenze intermedie dei progetti realizzativi devono essere verificatiin termini di fattibilità dal punto di vista:

• dell'impatto sull'Amministrazione finanziaria in termini di carico di lavo-ro per le risorse coinvolte nei vari gruppi di lavoro;

• dei tempi tecnici necessari per la realizzazione dei sistemi informatici.

Le modalità di avvicinamento nei tre casi tipici sono illustrate nei tre paragrafi finalidel presente capitolo, sulla base di uno schema logico complessivo comune presenta-to nel paragrafo 6.3.2 successivo.

6.3.2. Lo schema logico comune

La costruzione dei percorsi di avvicinamento nelle tre situazioni tipiche è stata effet-tuata a partire da uno schema logico fornito dalla consulenza e già sperimentato inmolti progetti di sviluppo di sistemi di PeC.

Lo schema logico, comunque, comprende una serie di elementi presenti intutti i percorsi di avvicinamento. Cambiano le priorità, la sequenza dei passi e i tempi.In alcuni casi alcuni elementi non sono compresi perché già risolti (passi già compiu-ti) in precedenza.

Gli elementi comuni e sempre presenti sono:

• la definizione dell’architettura “a tendere” e del percorso di avvicinamento speci-fico, comprensivo di un piano strutturato di cambiamento;

• la progettazione di dettaglio delle singole componenti, cioè dei sistemi che rea-lizzano l’architettura;

• la implementazione dei sistemi informativo-statistici che “sostengono” i siste-mi di PeC;

• la sensibilizzazione delle risorse umane, per facilitare il passaggio alla culturaper obiettivi e risultati;

• l’attivazione dei cicli di pianificazione e controllo (iniziare a “fare il controllo”).

Page 81: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

I tre paragrafi successivi descrivono le modalità di avvicinamento proposte nelle tresituazioni tipiche differenziando in termini generali le priorità e i passi rispetto agli ele-menti dello schema logico, sopra elencati.

6.3.3. Le modalità di avvicinamento per le Regioni nella situazione A

Le esigenze

• introdurre la cultura della misurazione e di miglioramento;

• disporre al più presto di sistemi informativi adeguati;

• partire direttamente con la cultura della responsabilizzazione su obiettivi erisultati e con l’autocontrollo;

• costruire delle base di dati, per quanto “grossolane”, anche per alimentare isistemi di valutazione dei dirigenti.

89MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Sensibilizzazione delle risorse umane

Passo 1

Attivazione del ciclo di PeC

Passo 5-9

Piano di cambiamento

Passo 2

Sistemi informatici e statistici

Passo 4-8

Progettazione Sistemi

Passo 3-7

Modello

Passo 6

Tavola 17 - Le modalità di avvicinamento dalla situazione A

Page 82: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

90

Tavola 18 - Le modalità di avvicinamento dalla situazione B

Ridisegno del modellocomplessivo di PeC

Passo 1

Attivazione del ciclo di PeC

Passo 3-7

Piano di cambiamento

Passo 2

Sensibilizzazione

Passo 4

Progettazione di dettaglio

Passo 5

Sistemi informativi e statistici

Passo 6

6.3.4. Le modalità di avvicinamento per le Regioni nella situazione B

Le esigenze

• recuperare la credibilità nei confronti dei Centri di Responsabilità periferici edelle risorse umane in genere, “bruciati” dalle esperienze precedenti;

• salvaguardare gli investimenti precedenti, “valorizzando” comunque l’espe-rienza (apprendimento organizzativo);

• recidere il sistema unico e monolitico PPC, specializzando i sistemi di PeC;

• decentrare il Controllo di Gestione;

• in generale, dare un “segnale forte di discontinuità”.

Page 83: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

6.3.5. Le modalità di avvicinamento per le Regioni nella situazione C

Le esigenze

• portare a sistema le diverse componenti oggi frammentate e non integrate(rivedere il modello complessivo);

• attivare cicli di PeC a maggiore “valore aggiunto”;

• coinvolgere i Centri di Responsabilità amministrativa della periferia;

• decentrare i sistemi di PeC gestionale, a riprova del passaggio dal modello pre-scrittivo e burocratico al modello di “autocontrollo”.

91MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Ridisegno del modellocomplessivo di PeC

Passo 1

Attivazione del ciclo di PeC

Passo 3-7

Piano di cambiamento

Passo 2

Sensibilizzazione

Passo 4

Progettazione di dettaglio

Passo 5

Sistemi informativi e statistici

Passo 6

Tavola 19 - Le modalità di avvicinamento dalla situazione C

Page 84: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

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93MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

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Page 86: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

ALLEGATI

Page 87: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Il presente allegato contiene i risultati della esemplificazione sperimentale svolte alfine di illustrare la ipotesi di architettura proposta nel Manuale.

Più precisamente si è fatto riferimento a due situazioni reali:

• il settore Formazione professionale nella Regione Marche

• il settore Servizi sociali nella Regione Piemonte

Tale esemplificazione sperimentale è stata effettuata applicando una metodologia ela-borata nell’ambito di una ricerca I.Re.R. per la Regione Lombardia, commissionataalla società Lattanzio e Associati che ha personalizzato al caso di una amministrazio-ne regionale una propria metodologia già sperimentata nei Ministeri, negli Enti loca-li e in Aziende di pubblici Servizi.

Gli elementi salienti della metodologia sono illustrati nel paragrafo successi-vo, mentre nei due seguenti sono descritti i due casi concreti.

1.1. LA METODOLOGIA

Indirizzare il sistema di controllo verso un modello di “autocontrollo”; ha due impli-cazioni:

• che proprietari dei sistemi sono i decisori ai vari livelli, i quali possono inter-venire con azioni correttive sui processi operativi nei limiti della discreziona-lità ad essi assegnata;

• i sistemi devono essere costruiti su misura alle esigenze di tali decisori.

In una specifica amministrazione regionale questo significa:

• individuare i decisori ai vari livelli (Autorità politica, Centri di Responsabilità)e i rispettivi ambiti di azione previsti dal modello organizzativo e gestionale;

• definirne i confini di autonomia, cioè gli ambiti di discrezionalità previsti dalledeleghe (formali e/o di fatto) e quindi le leve sulle quali hanno la possibilitàdi intervenire;

• individuare i principali processi decisionali nei quali si concretizza l’eserciziodel ruolo nell’ambito della suddetta discrezionalità;

97ALLEGATI

1. ESEMPLIFICAZIONE SPERIMENTALE DELLA ARCHITETTURA PROPOSTA

Page 88: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

98

• individuare, sulla base dei processi decisionali, i fabbisogni informativi in ter-mini di fenomeni che è necessario tenere sotto controllo (previsioni, consun-tivazione, monitoraggio e valutazione) e, di conseguenza, gli indicatori dimisurazione di tali fenomeni, i tempi, i modi, ecc.

Rispetto agli aspetti prima individuati, si può procedere in quattro passi:

1. individuazione dei principali profili di ruolo dei decisori ai vari livelli, segmen-tando la analisi su quattro livelli di riferimento:

• Autorità politica (giunta, assessori)

• alta direzione (direzioni generali di 1° livello)

• management intermedio (………)

• management operativo (………)

ed a quattro ambiti decisionali tipici

• indirizzo

• innovazione

• programmazione e controllo

• guida operativa

2. individuazione dei processi decisionali tipici dei suddetti profili di ruolo ai quat-tro livelli nei singoli mondi operativi (es. sanità, formazione professionale,servizi sociali, ecc..) in relazione alle quattro tipologie di attività istituzionaledi una regione:

• legislazione e regolazione: che comprende la produzione di leggi, l’indica-zione di indirizzi, la fissazione di standard, l’elaborazione di Piani, Pro-grammi, nonché l’approvazione di Piani provinciali o comunali, la con-cessione di autorizzazioni, pareri, vincoli etc;

• erogazione e sostegno: che comprende l’erogazione di finanziamenti o lafornitura diretta di servizi, la realizzazione di opere, o interventi di soste-gno indiretto;

• ricerca e comunicazione: che comprende l’attività di studio e conoscenzafinalizzata a guidare gli interventi e le campagne di informazione;

• vigilanza e controllo: che comprende lo svolgimento di controlli su atti oattività svolti da altri per proprio conto, interventi, sanzioni e vigilanzasu attività varie.

Le quattro diverse modalità di intervento regionale non sono ovviamentealternative, ma anzi tendono ad essere presenti contemporaneamente moda-lità, sebbene con importanza o peso diversi. Queste diverse attività richiedono naturalmente informazioni mirate al tipodi decisioni che a ciascun livello di responsabilità vanno prese.

3. mappatura dei processi decisionali reali nei singoli settori di intervento sceltiper la sperimentare sulla carta del modello;

Page 89: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

4. individuazione dei fabbisogni informativi in termini difenomeni e indicatoridi misurazione.

La varietà dei modelli organizzativi e gestionali è molto forte, sia tra i settori di unastessa regione, sia, a maggior ragione, tra gli stessi settori di diverse regioni, tenendoconto delle specificità economiche, sociali, storiche, culturali e territoriali.

Le due tabelle successive illustrano la modulistica predisposta per l’analisi deifabbisogni informativi:

• il modulo A consente di individuare i processi decisionali per i singoli profilidi ruolo

• il modulo B è utilizzabile per puntualizzare i possibili fenomeni da osservare ei relativi indicatori

99ALLEGATI

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Alta direzione

Management Intermedio

Managementoperativo

Modulo AAmbiti decisionali da supportare

Page 90: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

100

1.2. IL CASO DEL SETTORE “ FORMAZIONE PROFESSIONALE” NELLA REGIONE MARCHE

La materia verrà completamente delegata alla competenza delle Province; alla Regio-ne resterà una funzione di programmazione e controllo; le risorse finanziarie edumane verranno assegnate alle Province.

Lo studio, dovendo costituire un esempio utile al lavoro del Gruppo, viene con-dotto sulla situazione precedente alla delega, caratterizzata da una competenza mista.

La Regione gestisce infatti direttamente una parte dell’attività formativa,quella finanziata dal Fondo Sociale Europeo; per essa la Regione individua il fabbiso-gni formativo, redige il Piano Triennale della Formazione Professionale, finanzia icorsi che rientrano nelle finalità in esso previste, eroga i finanziamenti (a consuntivo)ai Centri di Formazione Professionale che organizzano i corsi; fondamentale è anchela funzione di monitoraggio dell’attività corsuale.

Accanto a tale attività c’è quella già delegata alle Province, l’attività ordina-ria, portata avanti attraverso le Scuole Regionali di Formazione professionale. Perquest’ultima, la Regione conserva la funzione di recepimento dei Piani Provinciali,di controllo sulla rendicontazione dei corsi, di erogazione delle risorse finanziariealle Province.

Questo carattere differenziato dell’azione formativa può essere utile per unadescrizione più completa della “mission” dell’Ente Regione, nei quattro ambiti indi-viduati:

Modulo BPossibili fenomeni da osservare e relativi indicatori

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Alta direzione

Management Intermedio

Managementoperativo

Page 91: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Legislazione / Regolazione: è l’attività per la quale è più complessa la distinzione tra gestio-ne diretta e delega. Se, infatti, essa comprende scelte generali di programmazione certa-mente comuni ai due livelli (definizione delle priorità formative, in coerenza con gliobiettivi del PRS), per la sostanza della funzione le decisioni da prendere sono diverse:

• per l’attività gestita direttamente, si va dalla redazione e approvazione deiPiani Triennali, all’approvazione dei documenti comunitari, all’emanazionedi direttive applicative di entrambi;

• per la formazione delegata, l’ambito decisionale è rappresentato dal recepimen-to dei Piani Provinciali e alla eventuale approvazione di ulteriori leggi delega.

Erogazione: anche in questa sfera, la definizione/programmazione delle risorse è gene-rale, mentre radicalmente distinto è l’oggetto dell’attività erogativa;

• l’attività gestita direttamente si configura come erogazione di un servizio;

• l’attività delegata determina una erogazione finanziaria.

Le decisioni sono quindi nettamente diverse: per la prima, scelta dei corsi da finanzia-re, piani di riparto, controllo sugli obiettivi formativi, monitoraggio dell’attività; perla seconda, criteri di riparto fondi tra le Province, tempi di erogazione.

Vigilanza: la gestione diretta comporta una funzione di vigilanza sull’attività formati-va con la fissazione di standard e la verifica del loro rispetto, la determinazione delpersonale assegnato al controllo, la definizione e l’adeguamento degli strumenti; nellaformazione delegata, l’azione di monitoraggio è svolta dalle Province, la Regione con-serva un ruolo ispettivo e di riscontro contabile.

Informazione: riguarda essenzialmente l’attività svolta direttamente e comporta la defi-nizione dell’utenza da raggiungere, l’individuazione del periodo nel quale svolgerel’attività, la scelta degli strumenti informativi.

101ALLEGATI

Page 92: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

102

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di legislazione/regolazione

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di legislazione/regolazione

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Approvazione Piano Triennale Formazione Professionale

Approvazione Docup

Leggi delega alle Province

Recepimento Piani Proviciali

(atto consiliare)

Definizione priorità formativein relazione agliobiettivi del Docu-mento di Indirizzie del Piano Regio-nale di Sviluppo

Alta direzione

Direttive Applicative

Piani e DOCUP

(atto consiliare)

Riorganizzazioneamministrativainterna

(Circolari)

Adozione

Regolamenti Interni

(DeliberazioniGiunta Regionale)

Management Intermedio

Valutazione in itinere della corrispondenza tra criteri e gestione operativa

Concorso alla definizione dei criteri di gestioneManagement

operativo

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Tasso di disoccupazione per aree geografiche, fasce d’età e titolo di studio;

numero di imprese e di addetti per settore produttivo (possibile indicatore di struttura della domanda formativa)

domanda reale in rapporto ai posti disponibili

domanda di professionalità nuove:

richieste figure nuove

richieste figure emergenti

tempi di redazione e approvazione dei piani

Verifica coerenzaobiettivi PRS

Verifica attuazionePRS (fattibilitàfinanz.)

Alta direzione

Valutazione indicatori di effi-cienza finanziaria

% impegni

% pagamenti

% residui prodottie pagati

Management Intermedio

Managementoperativo

Page 93: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

103ALLEGATI

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di erogazione

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di erogazione

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Criteri di riparto

Scelta corsi dafinanziare in relazione al fabbi-sogno formativo

Definizione dellerisorse disponibili

(bilancio di previsione)

Alta direzione

Quantificazionerisorse necessarieper Corsi di FormazioneProfessionale

Piani di riparto

Individuazionesettori prioritariper Corsi di F.P.

Verifica obiettiviformativi

Verifica costi Corsidi F.P.

Tempistica di erogazione

Criteri di sceltadocenti

Management Intermedio Esame risultati

del monitoraggio e della valutazionesull’attività

Gestione rapportotra risorse e tempidi erogazione

Managementoperativo

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Criteri di ammissibiltà corsi

(analisi delle pro-poste formative)

Utilizzazione delle risorse (efficienza finanziaria)

Alta direzione

N. partecipantisoddisfatti/partecipanti

% occupati ad un anno sugli idonei

% occupati nella qualificasugli idonei nella qualifica

Salario mediodopo la formazione

C Indicatori di efficienza:

osti Corsi di F.P.(totali e per allievo)

Tempi di realizza-zione Corsi di F.P.

Numero medio di allievi per corso

Durata media corsi

Costo medio per allievo

Costo medio per giornata

%posti disponibilisu richieste

% idonei su postiiniziali disponibili

% di abbandono

Tempi medi di rendicontazionecorsi dai Centri di F.P.

Tempi medi di erogazione ai Centri di F.P.

Management Intermedio

Managementoperativo

Page 94: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

104

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Fissazione criterispecifici per l’attività regionale

Recepimento criteri autoritàsovraregionali

Definizione standard formativi

Determinazionepersonale addettoalla verifica

Alta direzione

Adeguamentostrumenti di controllo e verifica

Verifica degli stru-menti di vigilanza

Verifica rispettostandard formativi

Verifica rispettocriteri sceltadocenti

Management Intermedio

Concorso alla verifica degli strumenti di vigilanza

Gestione funzionedi vigilanza (moni-toraggio, servizioispettivo, controllocontabile)

Raccordo con i servizi finanziari

Managementoperativo

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di vigilanza

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di vigilanza

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Personale addettoall’attività di controllo

Ricognizione standard corsualiper Corsi di F.P.

N° partecipanti

N° ore / corso

altro

Alta direzione

Verifica attualitàdegli standard

Funzionalità

Procedure

Tempi

Costi

Verifica n° contenziosi

Management Intermedio

Verifica andamentistandard verificatinei Corsi di F.P. edegli scostamentidagli standard teorici

Indicatori di efficienza:

Numero medio di allievi per corso

Durata media corsi

Costo medio per allievo

Costo medio per giornata

%posti disponibilisu richieste

% idonei su postiiniziali disponibili

% di abbandono

Managementoperativo

Page 95: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

105ALLEGATI

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di informazione

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di informazione

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Definizionedimensione uten-za da raggiungere,periodo di promo-zione e strumentida utilizzare

Alta direzione

Individuazionepossibili bacini di utenza e quantificazioneutenza potenziale

Relazioni con la committenzapubblica e privata(ricerche, studi,campagne informative ecc.)

Verifica raggiungi-mento obiettivicampagne informative

Stipula contratti di consulenza e collaborazione

Management Intermedio

Affidamento incarichi

Relazione con l’utenza(incontri, semina-ri, workshop ecc.)

Managementoperativo

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Iniziative intraprese nel periodo promozionale

Alta direzione

Utenza potenziale

Aggiornamentostudi e ricerche

N° di utenti raggiunti

giornali

TV

sportelli informativi

Tempi di attuazione promozione

Management Intermedio

Esame affidabilitàe requisiti consulenti e collaboratori

Utenza informata:

depliants distribuiti

giornate di WorkshopManagement

operativo

Page 96: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

106

1.3. IL CASO DEL SETTORE “SERVIZI SOCIALI” NELLA REGIONE PIEMONTE

Aspetti normativi

La legge regionale 13 aprile 1995, n. 62 - Norme per l’esercizio delle funzioni socio-assi-stenziali identifica come obiettivi generali “la tutela del diritto di cittadinanza socialedelle persone e la tutela ed il sostegno della famiglia”.

I principi ispiratori sono: rispetto della dignità della persona e del suo dirittoalla riservatezza; superamento dell’istituzionalizzazione, privilegiando servizi e inter-venti mirati al mantenimento, all’inserimento ed al reinserimento della persona nelcontesto familiare, sociale, scolastico e lavorativo; superamento delle logiche di assi-stenza differenziata per categorie di assistiti; coordinamento ed integrazione dei servi-zi socio-assistenziali con i servizi sanitari, educativi, scolastici, dell’Amministrazionegiudiziaria e con tutti gli altri servizi sociali territoriali; riconoscimento dell’apportooriginale ed autonomo del privato sociale; promozione e incentivazione delle varieforme di solidarietà liberamente espresse dai cittadini e dalle forze sociali; promozio-ne ed incentivazione di tutte le forme di integrazione di cittadini di culture diverse.

I compiti della Regione sono: la programmazione, l’indirizzo e il coordinamento dei ser-vizi socio-assistenziali, nonché la verifica e il controllo della loro attuazione a livelloterritoriale. Nell’ambito degli obiettivi e degli indirizzi del Piano regionale di svilup-po la Regione:

a) approva gli indirizzi di programmazione socio-assistenziale nell’ambito delPiano, ne coordina e ne verifica l’attuazione;

b) ripartisce le risorse del Fondo per la gestione delle attività socio-assistenzialisecondo i criteri definiti nel Piano, nonché altre risorse finalizzate previstedalla legge;

c) partecipa all’elaborazione degli strumenti di programmazione nazionale deiservizi di assistenza sociale;

d) promuove, indirizza e coordina il Sistema informativo socio-assistenzialeregionale e locale, operando in raccordo con il livello nazionale nelle suediverse articolazioni;

e) attua direttamente o in collaborazione con l’Università ed altri enti e istitutispecializzati, o promuove, tramite l’incentivazione delle iniziative di altri sog-getti: la diffusione dell’informazione sul settore socio-assistenziale; studi ericerche volti ad identificare gli stati di bisogno e di emarginazione nonchéprogetti mirati di intervento, con particolare riferimento ad innovazioni tec-nologiche mirate al miglioramento della qualità degli interventi a favore deisoggetti in stato di bisogno; specifiche iniziative di ricerca, progettazione, spe-rimentazione di nuove proposte formative e di innovazioni didattiche atti-nenti all’area socio-assistenziale.

Il Piano socio-sanitario triennale della Regione (PSSR), approvato con legge, determina,per quanto attiene la programmazione socio-assistenziale integrata con la program-mazione sanitaria:

Page 97: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

a) gli obiettivi prioritari articolati per settori di intervento;

b) gli indirizzi per le politiche inerenti le varie attività e le modalità organizzati-ve delle stesse;

c) i raccordi con le scelte della programmazione regionale;

d) i requisiti qualitativi e quantitativi degli interventi e del personale;

e) le modalità per la verifica del raggiungimento degli obiettivi, anche ai fini diuna concreta incentivazione;

f) le priorità di destinazione, per settori di intervento, delle risorse previste dallaRegione nel proprio bilancio pluriennale ed i criteri per il riparto annuale delFondo per la gestione delle attività socio-assistenziali tra gli enti gestori;

g) gli indirizzi per l’integrazione delle attività socio-assistenziali con i servizi ter-ritoriali ed in particolare con il servizio sanitario regionale, disciplinando lemodalità ed i criteri della messa a disposizione di personale e mezzi per l’eser-cizio delle attività integrate e per la costituzione di gruppi di lavoro interdi-sciplinari;

h) le direttive per l’esercizio delle funzioni delegate e subdelegate;

i) gli indirizzi e le modalità per l’esercizio delle funzioni svolte dalle Province eper la predisposizione della programmazione locale;

l) gli indirizzi per l’inserimento, nella gestione associata dei servizi socio-assi-stenziali, di altri servizi sociali svolti dai Comuni che partecipano alla gestio-ne stessa;

m) gli indirizzi e le modalità per la realizzazione e lo sviluppo del Sistema infor-mativo nelle sue diverse articolazioni territoriali, individuando e definendo irequisiti informativi ed informatici.

La Regione individua nella gestione associata la forma gestionale idonea a garantire l’ef-ficacia e l’efficienza delle attività socio-assistenziali di competenza dei Comuni.

I Comuni, nel rispetto dei vincoli della programmazione e degli indirizziregionali, gestiscono le attività socio-assistenziali secondo le seguenti modalità:

a) in forma associata tramite delega all’Unità sanitaria locale;

b) tramite consorzi o altre forme associative previste dalla legge 142/1990 traComuni o tra Comunità montane oppure tra Comuni e Comunità montane;

c) tramite Comunità montana

d) tramite delega individuale all’USL;

e) direttamente.

Aspetti organizzativi

La Direzione regionale “Politiche Sociali” si occupa dell’attività di coordinamento eindirizzo ai Settori, che ne costituiscono articolazione, in materia di:

107ALLEGATI

Page 98: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

108

• programmazione e promozione degli interventi a sostegno della persona edella famiglia e, in particolare, di minori, anziani, disabili, detenuti, ex dete-nuti e altre fasce deboli e indirizzi per la loro realizzazione;

• interventi socio educativi per la prima infanzia e gestione del fondo assegnato;

• promozione e indirizzi per l’esercizio delle funzioni delegate di formazione eaggiornamento del personale socio-assistenziale e attività relative al persona-le stesso;

• verifica e controllo dell’assetto istituzionale locale per la gestione dei servizi;

• supporto alla programmazione locale, verifica della sua congruità e della qua-lità dei servizi erogati;

• riparto del fondo regionale per la gestione dei servizi socio-assistenziali, veri-fica della spesa locale e dei risultati di gestione dei fondi assegnati;

• promozione delle risorse di altri soggetti pubblici e privati operanti nel setto-re socio-assistenziale;

• attività amministrative e autorizzative inerenti alle IPAB e ad altri soggettipubblici e privati, nonché promozione e indirizzi delle funzioni delegate divigilanza e di controllo sull’amministrazione dei medesimi;

• piani di investimento per la realizzazione e la manutenzione di strutturesocio-assistenziali e residenze sanitarie assistenziali;

• promozione e indirizzi per l’esercizio delle funzioni delegate di vigilanza e dicontrollo sulle strutture socio-assistenziali e sulle residenze sanitarie assisten-ziali ed esercizio delle attività di competenza regionale.

La Direzione si articola nei seguenti Settori:

1. Programmazione e promozione interventi a sostegno della persona e dellafamiglia e per la qualificazione del personale socio-assistenziale;

2. Verifica e finanziamento attività enti gestori istituzionali;

3. Promozione della rete delle strutture, vigilanza e controllo sulla qualità deiservizi;

4. Promozione attività altri soggetti pubblici e del privato sociale.

Page 99: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

109ALLEGATI

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Attuazione normeper l’esercizio delle funzionisocio-assistenzialiL.R. 13/4/95 n. 62

ApprovazionePiano Socio-Sani-tario Regionale(triennale)

Legge di attuazione dellaBassanini quater

Preferenza per lagestione associata(incentivi nelriparto dei fondi)

Integrazione delleattività socio-assi-stenziali con i ser-vizi territotoriali e con il SSN

Interrelazione conil Piano Regionaledi Sviluppo e conil Piano socio-sani-tario (triennale)

Approvazione indi-rizzi di program-mazione socio-assi-stenziale, coordina-mento e verificadell’attuazione

Alta direzione

Piano Socio Sani-tario Regionale,approvato conlegge per PSS inte-grato con pro-grammazionesanitaria

Promozione, indi-rizzo e coordina-mento del sistemainformativo regio-nale e locale

Preferenza per lagestione associata(incentivi nelriparto dei fondi)

Applicazione crite-ri per il ripartoannuale del Fondoper la gestionedelle attività socio-assistenziali

Proposta contrattie convenzioni tipo

Proposta delegatipo

Management Intermedio

Regolamentazionedel sistema infor-mativo ed utilizzodi una batteria di indicatori

Riequilibrio economico e riequilibrio deiservizi territoriali

Normativa raccolta in una pubblica-zione periodica

Managementoperativo

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di legislazione/regolazione

Page 100: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

110

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Rispetto dei tempidi approvazione

Stima dei bacinid’utenza e delladistribuzione territoriale delladomanda di servizi

% incentivi miratisul tot. risorseregionali

Grado di integraz.con il PSR

Alta direzione

Tempi

Grado di utilizzodelle procedureinformatiche

Versatilità ed integrazionedelle procedureinformatiche

Tipo di riparto(solo su popolazione per USL o secondoaltri criteri)

Grado di pubbli-cizzaz. dei contratti tipo

% di schemi di convenzioneinnovativi nel contenuto

Management Intermedio

Grado di utilizzodelle informazioniderivanti dal siste-ma di indicatori(feed-back)

Capacità di incide-re nelle decisionilocali

Grado di diffusione dellanormativa agliutenti ed ai gestori

Managementoperativo

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di legislazione/regolazione

Page 101: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

111ALLEGATI

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Definizione degliobiettivi strategici

Riparto fondo pergestione attivitàsecondo i criteridel PSSR e altrerisorse

Approvazione del bilancio preventivo e consuntivo conuna appositaassemblea tra i Comuni associati

Alta direzione

Definizione obiettivi prioritariper settori d’intervento

Definizione deifinanziamenti in coerenza conobiettivi strategici(riequilibrio deiservizi a livello territoriale e verifica della qualità)

Gestione associataquale formagestionale idoneae preferibile

Determinazionedelle priorità didestinazione persettore d’interven-to delle risorsepreviste per il riparto annualedel Fondo pergestione attività

Trasmissioneall’assemblea dei Comuni di una relazioneannuale sull’anda-mento dellagestione e sullostato di attuazionedel PAS (Piano diattività e di spesa)

Programmazionedelle risorse

Valutazione direzionale

Management Intermedio

Piano di ripartoVerifica e riprogrammazione

Managementoperativo

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di erogazione

Page 102: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

112

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Precisione e puntualità nella definiz. degliobiettivi strategici

Definizione degli scenari

N. di riunioni dell’assemblea dei gestori

Grado di informa-zione derivantedai documenticontabili

Alta direzione

Capacità di incide-re sul riequilibrioterritoriale

Variazione % deiservizi erogati perUsl rispetto all’an-no precedente e rispetto alladomanda

% Comuni chenon gestisconoautonomamente iservizi socio-assist./ totale soggettigestori

Rispetto dei tempinella trasmissionedello stato diattuazione del PAS

Leggibilità del documento

Management Intermedio

Rispetto dei tempidei pagamenti e delle modalità di riparto

Managementoperativo

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di erogazione

Page 103: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

113ALLEGATI

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di informazione

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di informazione

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Promozione iniziative per l’informazione sul settore socio-assistenziale perricerche e progetti

Alta direzione

Studi e ricercheper identificarestati di bisogno edi emarginazione,con particolareriferimento ad innovazionitecnologiche

Istituzione ufficiURP (Ufficio relazioni con il pubblico)

Divulgazione PAS(predisposta daisoggetti gestoridelle attività socio-assistenziali, convalidità annuale)

Pubblicazione, diffusione annualedell’opuscoloinformativo sul Piano SocioSanitario Regionale

Management Intermedio

Pubblicazioniperiodiche per operatori del privato sociale

Managementoperativo

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

N. di iniziativeintraprese

Periodo di promozione

Alta direzione

Stato di aggiorna-mento degli studie ricerche

Grado di affidabi-lità delle informa-zioni possedute

Ore di funziona-mento degli URP

N. utenti rivoltisiagli URP nell’anno

N. di copie prodotte del PAS

Corretta selezionedei possibili lettoridel PAS

Tempi di divulgazione

Tempi di divulgazione

Management Intermedio

Tempi di divulgazione

Grado di soddisfa-zione dei lettori

Managementoperativo

Page 104: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

114

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Verifica e control-lo attuazione dellaprogrammazioneindirizzo e coordi-namento dei servi-zi socio-assisten-ziali a livello terri-toriale

Alta direzione

Recepimento criteri autoritàsovraregionali ed UE

Adeguamentostrumenti di controllo e verifica

Modalità per la verifica delraggiungimentodegli obiettivi

Indirizzi per ladelega ai soggettiche gestiscono le attività socio-assistenziali dellavigilanza ed il controllo sugliorgani delle IPAB

Definizione moda-lità operative delfunzionamentodella Commissio-ne di vigilanza

Management Intermedio

Concorso alla veri-fica degli strumen-ti di vigilanza

Gestione funzionedi vigilanza(monitoraggio,servizio ispettivo,controllo contabile), graziealla Commisssionedi vigilanza formata dai soggetti delegati.

Sospensioni e revoche dell’autorizzaz. alfunzionamento dipresidi socio-assist.

Managementoperativo

AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTAREAttività di vigilanza

Page 105: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

115ALLEGATI

Ruoli

Ambiti decisionali tipici

Indirizzo InnovazioneProgrammazione

e controlloGuida operativa

Decisioni operative

Autorità politica

Personale addettoad attività di verifica e controllo

N. di interventicorrettivi intrapresi

Alta direzione

Tempi di recepimento

Capacità di rimodellare gli strumenti di controllo

N. di rapporti e/oprovvedimentiintrapresi

Stato di aggiorna-mento e rispettodelle modalità di funzionamentodelle Commissionidi vigilanza

Management Intermedio

Grado di coinvolgimento

Partecipazione adetermine dirigen-ziali di definizionedegli strumenti

N. di ispezioni e di controli effettuati dallaCommissione di vigilanza

Numero di sospensioni e direvoche effettuatenell’annoManagement

operativo

POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORIAttività di vigilanza

Page 106: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

Questo Allegato fornisce “Il glossario del Manuale” con questo comprendendo l’elen-co delle definizioni dei principali termini utilizzati all’interno del manuale.

In generale, le suddette definizioni sono già presenti nel corpo del Manuale esono riprese in questo allegato solo per comodità degli operatori nei progetti operati-vi di ridisegno e/o sviluppo dei sistemi di P. e C.

In questo senso la selezione dei termini è limitata alle parole chiave, utili eindispensabili per una corretta interpretazione e, quindi, per un corretto uso delManuale stesso.

DEFINIZIONI GENERALI

Sistema di GovernoInsieme di metodologie, modelli e sistemi che rendono possibile il funzionamentocomplessivo delle diverse componenti che costituiscono il sistema regione (sistemadei decisori, sistema della produzione interno ed esterno, sistema delle performance,ambiente socio – economico – istituzionale esterno di riferimento), in modo che idiversi aspetti della gestione siano coerenti con gli indirizzi politici e favoriscano ilraggiungimento dei risultati finali.

Modello di rappresentazione della RegioneStrumento di esplicitazione delle regole e dei vincoli di funzionamento della Regione,finalizzato a porre in evidenza le componenti logiche e le relazioni tra di loro e neiconfronti dei risultati finali attesi, in una logica causa – effetto.

PoliticaInsieme di azioni finalizzate a risolvere una specifica esigenza della collettività o a rag-giungere un cosiddetto “risultato generale”.

Obiettivi programmaticiFormalizzano gli impegni presi verso gli elettori. Individuano dei riferimenti oggetti-vi, rispetto a cui valutare gli effetti delle politiche. Le politiche sono definite in attua-zione degli obiettivi programmatici.

Obiettivi specificiDefiniscono le “grandi cose” da fare o i “grandi risultati” da raggiungere per attuarela politica e, quindi, l’obiettivo programmatico.

117ALLEGATI

2. GLOSSARIO

Page 107: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

118

Obiettivi gestionaliDefiniscono le modalità operative in termini di prodotti/servizi da erogare.

Controlli interniInsieme delle attività che i decisori svolgono per governare. La definizione comprende tutti i momenti del ciclo di PeC, vale a dire il processo, piùo meno formalizzato, attraverso il quale i responsabili delle strutture guidano l’orga-nizzazione. Tale ciclo comprende la programmazione, l’attuazione, la verifica dei risultati, la ana-lisi degli scostamenti e l’implementazione delle eventuali azioni correttive.

Sistema di Programmazione e controlloInsieme collegato dei seguenti elementi:

• i decisori coinvolti e gli staff che li supportano;

• i contenuti e le rappresentazioni concettuali che essi utilizzano nel decidere;

• i sistemi informativi e informatici;

• le azioni che vengono messe in atto dai decisori e dai loro collaboratori.

Architettura del sistema di programmazione e controlloInsieme di scelte progettuali di carattere generale relative ai seguenti aspetti:

• ipotesi base dalle quali sono derivate le scelte progettuali

• finalità dei sistemi di Programmazione e controllo e principali utenti

• fenomeni oggetto di controllo e criteri di individuazione dei relativi parametri

• articolazione del ciclo di pianificazione e controllo con la specificazione dellefasi, dei tempi, degli attori e degli output

• aspetti di coerenza interna tra i suddetti elementi dei sistemi di Programma-zione e controllo.

Architettura “a tendere” del sistema di programmazione e controlloL’espressione “a tendere”, riferita all’architettura del sistema di PeC, evidenzia l’insie-me delle scelte, contenute nella proposta di architettura, che contribuiscano a deli-neare un punto di arrivo.La chiarezza e la consapevolezza di una nuova architettura “a tendere” consente didefinire un piano strutturato di gestione del cambiamento e un piano dei progettioperativi di sviluppo dei sistemi di PeC, con particolare attenzione al processo di tran-sizione, tenuto conto della situazione di partenza.

Centro di responsabilità (C. di R.)Unità organizzativa e gestionale destinataria di obiettivi di gestione, cui sono assegna-te dotazioni finanziarie, strumentali e umane da utilizzare per il raggiungimento degliobiettivi con responsabilità nel loro utilizzo.

Unità Previsionali di base (U.P.B.)La Unità Previsionale di Base è la “maglia minima” di aggregazione delle entrate edelle spese sulla quale si concentra l’unità di voto del Consiglio regionale e, quindi,la decisione politica.

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FUNZIONI DI CONTROLLO

Formulazione degli indirizzi e effetti delle politicheFunzione di proprietà dell’Autorità politica per la effettuazione delle scelte sulle poli-tiche pubbliche e la valutazione di impatto finale sull’ambiente esterno. La precisazio-ne di tali scelte avviene attraverso la declinazione in obiettivi programmatici e l’effet-tuazione di manovre correttive, coerentemente con le leve di indirizzo a disposizionedell’Autorità politica stessa.

Programmazione e controllo di attuazione del piano strategicoFunzione di proprietà dell’Autorità politica per orientare la “macchina amministrati-va”. Si realizza attraverso la individuazione e l’assegnazione ai responsabili dei Centridi responsabilità amministrativa di primo livello degli obiettivi specifici (che traduco-no gli obiettivi programmatici) e la successiva verifica di attuazione di tali obiettivispecifici.

Verifiche di adeguatezza della macchina amministrativa(internal auditing)Funzione di proprietà dell’Autorità politica, complementare al sistema di programma-zione e controllo di attuazione del piano strategico. Consente di “conoscere la mac-china amministrativa”, al fine di facilitare la individuazione delle criticità e delle solu-zioni in una logica di miglioramento e di supporto al management. Consiste nell’ef-fettuazione di specifiche indagini sulla adeguatezza della “macchina” in termini di:struttura organizzativa e sistema manageriale (affidabilità), processi operativi (funzio-nalità) e della capacità di raggiungere gli obiettivi specifici (coerenza).

Valutazione dei Dirigenti responsabili di C.di R. di primo livelloFunzione di proprietà dell’Autorità politica per misurare, e quindi valutare le presta-zioni e i comportamenti dei responsabili delle strutture amministrative di direttadipendenza (Centri di Responsabilità di 1° livello), anche ai fini della valutazione perla retribuzione variabile di risultato.

Programmazione e Controllo direzionaleFunzione di proprietà del management per responsabilizzare i decisori ai vari livellisugli obiettivi. Il funzionamento si basa sulla individuazione e negoziazione nel bud-get direzionale degli obiettivi manageriali e delle risorse assegnate e sull’autocontrol-lo del management stesso, attraverso l’effettuazione di manovre correttive.

Programmazione e Controllo operativoFunzione di proprietà del management per supportare i decisori nelle decisioni diguida operativa, ottimizzando l’utilizzo delle risorse.

Gestione operativa dei progetti di innovazioneFunzione di proprietà del management per la gestione dei processi di cambiamento edei progetti di innovazione.

119ALLEGATI

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APPENDICE

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La riforma dei controlli pubblici, iniziata negli anni ottanta, è divenuta una esigenzanegli anni novanta, periodo in cui l’intero sistema dei controlli è stato riformato inmodo sostanziale attraverso l’introduzione di numerose disposizioni normative.

Nella produzione normativa degli anni ’90 è agevole cogliere l’opzione performe di controllo dell’azione amministrativa non più inserite negli schemi classicidella legalità formale, ma sempre più protese alla verifica dei risultati.

Questo percorso di trasformazione dei procedimenti di controllo inizia con lalegge 142/90, con la valorizzazione delle autonomie locali, ed è consequenziale alconferimento, con la legge 59/97, di funzioni e compiti alle Regione e alle autonomielocali, che ha finito per rendere inadeguate forme di controllo di chiara derivazionecentralistica.

Le tappe significative della metamorfosi delle forme di controllo sull’azioneamministrativa, per le Regioni, si possono trovare nella legge 241/90, nel D.lgs. 29/93e successive modificazioni (D.lgs 80/98), nella nuova disciplina delle competenzedella Corte dei Conti in materia di controlli, nel decreto legislativo 286/99 e nelledisposizioni in corso di approvazione riguardanti la riforma della normativa sui bilan-ci regionali

1.1. I PRINCIPI DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA NELLA L. 7 AGOSTO 1990, N. 241

La legge 241/90 ha posto le basi per l’eliminazione di una sorta di irresponsabilità difatto del funzionario competente all’adozione di provvedimenti amministrativi, favo-rita dalla frammentazione dei procedimenti fra una moltitudine di uffici e organi.

L’art. 1 ha il fine di sostanziare e dare corpo al principio di buona amministra-zione previsto dall’art. 97 della Costituzione. A tale fine il legislatore introduce i con-cetti di efficacia ed economicità che fanno riferimento, rispettivamente, alla necessa-ria corrispondenza tra i fini, determinati dalle leggi, e i risultati ottenuti e a un crite-rio di utilizzo delle risorse pubbliche che tenda ad evitare gli sprechi.

La L. 241/90 tenta di trovare un punto di equilibrio tra i due principi tradi-zionalmente contrapposti della legalità e dell’efficacia, introducendo il nuovo concet-to di legalità sostanziale, cercando di dare concretezza al principio costituzionale delbuon andamento dell’attività amministrativa.

123APPENDICE

1. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO SUI CONTROLLI INTERNI PER LE REGIONI

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1.2. IL SISTEMA DEI CONTROLLI INTRODOTTO DAL D.LGS. 3 FEBBRAIO 1993, N. 29

La legislazione successiva in materia di gestione nelle Amministrazioni Pubbliche hasviluppato due temi di particolare rilevanza: quello della verifica dei risultati e quellodella introduzione di strumenti di tipo aziendalistico.

Entrambi i temi, già inquadrati nei loro principi cardine nella L. 421/921,hanno trovato concreta traduzione legislativa nel D.lgs 29/932 che ha prodotto unasignificativa rottura nel consolidato sistema dei controlli.

Tale decreto, nell’ambito della più generale riforma del pubblico impiego,introduce la distinzione tra il livello di indirizzo politico generale e quello di ammi-nistrazione tecnico-gestionale, affidando agli organi politici i compiti di indirizzo econtrollo politico amministrativo. Tali compiti si estrinsecano nella definizione degliobiettivi da perseguire e dei programmi da attuare, nella emanazione delle direttivegenerali per l’attività amministrativa e per la gestione, nell’assegnazione ai dirigentidelle risorse necessarie e nella verifica della corrispondenza dei risultati della gestionealle direttive. Ai dirigenti è invece attribuita la responsabilità della gestione sotto i variprofili, finanziario, tecnico, amministrativo e organizzativo e in particolare la respon-sabilità dei risultati.

Viene quindi implicitamente introdotta una logica di budget, in quanto si pre-vede che gli organi politici, congiuntamente alla definizione degli obiettivi, dei pro-grammi e delle direttive, assegnino ai dirigenti responsabili della gestione le necessa-rie risorse finanziarie, sulla base delle rispettive funzioni.

Con le modifiche apportate con il D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, il legislatoreha allargato la definizione di “risorse” che devono essere assegnate al dirigente respon-sabile, aggiungendo, alle risorse finanziarie, quelle umane e materiali, senza le qualinon si poteva parlare di un autonomo potere di organizzazione dei dirigenti.

In questo modo il legislatore ha razionalizzato il processo di formazione del-l’indirizzo politico-amministrativo e ha trasformato il rapporto tra Organi di direzionepolitica e Dirigenza, da sostanzialmente gerarchico a manageriale.

L’art. 20, poi soppresso dal recente decreto legislativo 286/993, ha poi intro-dotto nella Pubblica amministrazione strumenti di tipo aziendalistico, prevedendo l’i-stituzione di organi di controllo interno con il compito di verificare “la realizzazionedegli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparziali-tà e il buon andamento dell’azione amministrativa”.

Tale disposizione ha spostato inequivocabilmente l’oggetto del controllo dal-l’atto amministrativo al risultato delle azioni svolte, incidendo sui parametri di riferi-mento che, in un’Amministrazione che vuole essere sempre più al servizio dei cittadi-ni, non possono più essere l’astratta legalità e il mero rispetto della forma, ma piutto-sto l’efficacia, l’efficienza, l’economicità, la qualità dei servizi resi.

Il decreto, nonostante la sua portata fortemente innovativa per tutta la pub-blica amministrazione, presentava una carenza strutturale in tema di controlli di

1. Cfr. legge 23 ottobre 1992, n. 421 “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delladisciplina in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”.

2. Cfr. decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 “Razionalizzazione dell’organizzazione delle ammi-nistrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’art. 2della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.

3. Il D.lgs 286/99 di fatto mantiene in vita solo il comma 8.

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gestione, non solo in quanto non prevedeva alcuna sanzione per le Amministrazioniche non avessero istituito i servizi di controllo interno o i nuclei di valutazione neltermine previsto del 1° febbraio 1994, ma soprattutto in quanto ha ingenerato quelleconfusioni logiche e terminologiche su cui è intervenuto poi il decreto legislativo diriordino dei sistemi di controllo interni (D.lgs 286/99)4.

1.3. LA CORTE DEI CONTI DOPO LA RIFORMA DEL 1994

Nella evoluzione del sistema dei controlli si colloca anche la riforma della giurisdizio-ne e del controllo della Corte dei Conti, iniziata con le leggi 19/94 e 20/94 e comple-tata con la legge 639/96.

Gli aspetti qualificanti della nuova normativa si possono individuare nellariduzione delle categorie di atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità e nelrafforzamento del ruolo della Corte dei Conti come organo di controllo della gestio-ne, oltre che in via successiva, anche durante il corso dell’esercizio finanziario. Talecontrollo, svolto stabilendo i dovuti collegamenti con la struttura di controllo inter-no e chiamando la Corte stessa ad un nuovo ruolo collaborativo piuttosto che ispet-tivo, non è limitato all’Amministrazione statale, ma è esteso all’intero settore pubbli-co, quindi alle Amministrazioni statali autonome, agli Enti pubblici e alle Regioni.

In riferimento ai profili della riforma riguardanti l’accertamento e la misura-zione della efficienza e della efficacia della gestione è attribuita alla Corte la definizio-ne annuale dei programmi e dei criteri di riferimento del controllo, la verifica del fun-zionamento del servizio di controllo interno, l’esercizio del controllo sulla legittimitàe sulla regolarità della gestione, accertando, in tal modo, la corrispondenza tra i risul-tati ottenuti e gli obiettivi prestabiliti e valutando i costi, le modalità e i tempi dell’a-zione amministrativa. Per poter esercitare appieno le sue attribuzioni alla Corte è attri-buita la facoltà di “richiedere alle Amministrazioni pubbliche ed agli altri organi dicontrollo interno qualsiasi atto o notizia e può effettuare e disporre ispezioni e accer-tamenti diretti”5.

A fronte di tutto questo, la Corte riferisce, almeno un volta l’anno, al Parla-mento e, tramite i Collegi regionali di controllo6, ai Consigli regionali sull’esito deicontrolli e invia le sue relazioni alle Amministrazioni interessate. La Corte invia anchele sue osservazioni, che comportano l’obbligo, per l’Amministrazione ricevente, dicomunicare alla Corte e agli organi elettivi le misure conseguentemente adottate.

Nel rispetto dei principi autonomistici, il controllo della Corte sulle Regioniè limitato al perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e di pro-gramma.

Nonostante queste limitazioni, alcune Regioni, asserendo la violazione dellapropria autonomia finanziaria, hanno impugnato la legge 20/94 di fronte alla CorteCostituzionale. La sentenza n. 29/95 della Corte Costituzionale, nel rigettare i ricorsi,contribuisce sostanzialmente al processo di definizione di un più moderno sistema deicontrolli. La Corte afferma che il controllo sulla gestione, in termini di efficienza e di

125APPENDICE

4. Cfr. nel testo.

5. Cfr. legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 3.

6. I Collegi regionali di controllo sono stati istituiti con Deliberazione della Corte dei Conti del 13giugno 1997 (art. 1 comma 2).

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economicità, non si contrappone all’autonomia delle Regioni, ma si configura comerapporto collaborativo tra la Corte dei Conti e le Amministrazioni interessate stanteche “il controllo dei risultati è, prima di tutto, diretto a stimolare ... processi di auto-correzione”.

La conclusione più importante a cui si arriva analizzando la sentenza è,comunque, il riconoscimento che non tutti i parametri, i criteri di valutazione ed imodelli operativi del controllo possono essere definiti a livello normativo, ma devo-no essere elaborati dall’organo di controllo, non solo in chiave giuridica, ma anchesecondo le conoscenze “tecnico-scientifiche delle discipline economiche, aziendalisti-che e statistiche”. In un certo senso si può ritenere che i controlli della Corte dei Contisaranno sempre più orientati anche alla verifica della funzionalità del sistema dei con-trolli interni alle amministrazioni regionali in una logica di scambio e collaborazione.

1.4. MONITORAGGIO E VALUTAZIONE NELLA L. 15 MARZO 1997, N. 59

Il quadro normativo sui controlli trova adeguato completamento nella legge 15 marzo1997, n. 59, con la quale, all’art. 11, si conferisce al Governo la delega per riordinaree potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi,dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle Amministrazioni Pubbliche.

L’art. 12 prevede che, nel riordinare le amministrazioni pubbliche, si crei unapiù razionale organizzazione, collegando tra loro gestione finanziaria e azione ammi-nistrativa, con strutture costituite per funzioni omogenee e per centri di imputazionedi responsabilità. Si prevede inoltre “l’istituzione di servizi centrali per la cura dellefunzioni di controllo interno, che dispongano di adeguati servizi di supporto ed ope-rino in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo6 settembre 1989, n. 322” e “interventi sostitutivi nei confronti delle singole ammi-nistrazioni che non provvedano alla istituzione dei servizi di controllo interno entrotre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo”7.

Il successivo art. 13 apporta modifiche all’art 17 della legge 23 agosto 1988,n. 400 e dispone che i regolamenti di disciplina dell’organizzazione degli uffici deb-bano essere emanati, oltre che con l’osservanza dei principi del D.lgs. 29/93, preve-dendo “strumenti di verifica periodica dell’organizzazione e dei risultati”8.

Infine l’art. 17 dispone che il Governo, nell’attuazione della delega conferita-gli in materia di monitoraggio e valutazione preveda l’organizzazione di “un sistemainformativo-statistico alimentato da rilevazioni periodiche al massimo annuali deicosti delle attività e dei prodotti”, la istituzione di “sistemi per la valutazione, sullabase di parametri oggettivi, dei risultati dell’attività amministrativa e dei servizi pub-blici”, l’obbligo che ciascuna amministrazione provveda periodicamente “alla elabo-razione di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicità ed alla valutazio-ne comparativa dei costi, rendimenti e risultati” e colleghi l’esito dell’attività di valu-tazione alla allocazione annuale delle risorse9.

In attuazione della delega di cui all’art.11, è stato poi approvato il D.lgs286/99 di riordino dei sistemi di controllo interno nelle Pubbliche amministrazioni.

7. Cfr. legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 12, lettera q.

8. Cfr. legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 13, lettera c.

9. Cfr. legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 17, lettere a, b, c e d.

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1.5. LO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO PER LA MODIFICA DELLA LEGGEQUADRO DI CONTABILITÀ REGIONALE (L. 335/76)10

Un notevole aiuto allo svolgimento delle attività di controllo interno di gestione puòderivare dalle nuove norme in materia di bilancio e contabilità delle Regioni.

La riforma proposta tenta di rendere possibili controlli sulla gestione delbilancio che consentano di valutare le politiche di settore, non solo sotto il profilodella legittimità, ma anche secondo i criteri dell’efficienza e dell’economicità.

Una delle novità che caratterizza la riforma è rappresentata dalla modificadella struttura del bilancio. La proposta di modifica prevede infatti la ripartizionedelle entrate e delle spese, oltre che in capitoli, in unità previsionali di base e, per le solespese, in funzioni-obiettivo. Tali modifiche hanno lo scopo di modificare il tradiziona-le bilancio conservando i consueti strumenti gestionali, affiancandoli con uno stru-mento per la decisione politica che ne renda i contenuti più chiari e trasparenti. Unbilancio, quindi, più facilmente intelligibile dai singoli componenti dell’organo poli-tico, sia di maggioranza che di opposizione, con lo scopo di mantenere importanzaalle scelte politiche.

Il bilancio “politico” risponderebbe alle richiamate esigenze di trasparenza e significa-tività delle decisioni a livello politico, sia mediante un sistema di funzioni-obiettivo avalenza informativa e ricognitiva, sia con l’individuazione delle unità previsionali dibase, con valore autorizzatorio, e quindi di vincolo e di responsabilizzazione dell’altadirigenza pubblica che quelle decisioni politiche è chiamata a tradurre in risultati.

Il bilancio “gestionale”, invece, si conforma alle procedure di gestione dell’en-trata e della spesa per seguire l’andamento della gestione.

Queste due funzioni del bilancio non comporteranno però la creazione di duedocumenti separati, in quanto il bilancio “gestionale”, suddiviso in capitoli, sarà rappre-sentato da un allegato al bilancio sottoposto all’approvazione del Consiglio regionale.

Il documento così strutturato consentirà di evidenziare le scelte strategiche sulle gran-di cifre di bilancio ed altresì di informare gli organi decisionali e gli stessi cittadinisulla spesa destinata alle principali funzioni delle Regioni.

La costruzione di un sistema di funzioni-obiettivo quale modalità di espres-sione delle politiche regionali e dei connessi esborsi finanziari è stata sentita comeuna esigenza per supportare le decisioni dell’organo politico. Le funzioni-obiettivovengono infatti a rappresentare l’entità mediante la quale il bilancio può essere lettodal punto di vista dello scopo. Il significato di una lettura per finalità può essere, però,enormemente ampliato qualora si pensi alle funzioni-obiettivo non come ad una clas-sificazione fine a se stessa, ma come strumento per l’esame e la valutazione delle poli-tiche pubbliche e per la misurazione del prodotto delle attività amministrative, basa-to sul controllo di gestione supportato dall’analisi dei costi.

La ripartizione delle spese per funzioni-obiettivo è stata prevista per attivare ana-lisi di carattere oggettivo sulla bontà ed efficacia della spesa pubblica stabilita nel bilan-cio e allo scopo di disporre di uno strumento che definisca a monte gli obiettivi ai qualirapportare i risultati conseguiti e le risorse assegnate e trarne le opportune indicazioni.

127APPENDICE

10. In seguito formalizzato nel D.Lgs. 76/2000 “Principi fondamentali e norme di coordinamento inmateria di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25giugno 1999, n. 208”.

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L’introduzione delle unità previsionali di base, che raggruppano aree omoge-nee di attività, unitamente alla previsione dell’assegnazione ai dirigenti delle risorsenecessarie al raggiungimento degli obiettivi dovrebbero consentire una maggioreautonomia della dirigenza, responsabilizzandola in merito alla gestione delle risorsepubbliche, in termini di costi sostenuti e di risultati conseguiti.

La nuova struttura del bilancio pone, quindi, le basi per la risoluzione del collegamen-to tra decisione politica e responsabilità amministrativo- gestionali e per l’attuazionedi una nuova politica di bilancio, consentendo un’evoluzione dei controlli sull’attua-zione della spesa e sui risultati.

In tema di politica di bilancio, la riforma, prevede l’adozione di strumentiidonei all’analisi dei costi e dei rendimenti per consentire scelte allocative delle risor-se che non siano basate sul criterio della spesa storica.

Occorre, però , osservare che molte Regioni, non sono ancora attrezzate perun controllo di tipo economico che richiede, invece, una focalizzazione sugli obietti-vi da raggiungere, superando l’attuale ottica delle singole attività espletate, per conse-guire una visione globale delle proprie “missioni”.

Sarà necessario, quindi, avviare da un lato l’attivazione del sistema di rilevazio-ne e monitoraggio dei costi di gestione e, dall’altro, sostenere il cambiamento cultura-le necessario per la realizzazione integrale del nuovo processo previsto dalla riforma.

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2. I TESTI DELLE NOVITÀ NORMATIVE

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferi-mento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma dellapubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;

Visto in particolare l’articolo 11 della predetta legge, come modificato dall’ar-ticolo 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50, che al comma 1, lettera c), delega ilGoverno a riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitorag-gio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svoltadalle pubbliche amministrazioni;

Visto altresì l’articolo 17 della stessa legge n. 59 del 1997, che detta principi ecriteri direttivi cui l’esercizio della delega deve attenersi;

Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, recante definizione edampliamento delle attribuzioni della conferenza permanente per i rapporti tralo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazio-ne per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle provin-ce e dei comuni con la conferenza Stato-città ed autonomie locali;

Visto in particolare l’articolo 9, comma 3, del predetto decreto legislativo cheprevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri possa sottoporre alla con-ferenza unificata ogni oggetto di preminente interesse comune delle regioni,delle province, dei comuni e delle comunità montane;

Visto il parere della conferenza unificata, espresso nella seduta del 13 maggio1999;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nellariunione del 28 maggio 1999;

Acquisito il parere della commissione parlamentare di cui all’articolo 5 dellalegge 15 marzo 1997, n. 59;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del29 luglio 1999;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per lafunzione pubblica;

2.1. IL D.LGS 286/99 DI RIORDINO DEI SISTEMI DI CONTROLLO INTERNO

Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 286Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalleamministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo1997, n. 59

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 18 agosto 1999

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Emana il seguente decreto legislativo:

CAPO I DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE

Art. 1. Principi generali del controllo interno

1. Le pubbliche amministrazioni, nell’ambito della rispettiva autonomia, sidotano di strumenti adeguati a:

a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa(controllo di regolarità amministrativa e contabile);

b) verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativaal fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzio-ne, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione);

c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazio-ne della dirigenza);

d) valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione deipiani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo poli-tico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefi-niti (valutazione e controllo strategico).

2. La progettazione d’insieme dei controlli interni rispetta i seguenti principigenerali, obbligatori per i Ministeri, applicabili dalle regioni nell’ambito dellapropria autonomia organizzativa e legislativa e derogabili da parte di altreamministrazioni pubbliche, fermo restando il principio di cui all’articolo 3del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni edintegrazioni, di qui in poi denominato “decreto n. 29”:

a) l’attività di valutazione e controllo strategico supporta l’attività di pro-grammazione strategica e di indirizzo politico-amministrativo di cui agliarticoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto n. 29. Essa è pertantosvolta da strutture che rispondono direttamente agli organi di indirizzopolitico-amministrativo. Le strutture stesse svolgono, di norma, anchel’attività di valutazione dei dirigenti direttamente destinatari delle diret-tive emanate dagli organi di indirizzo politico-amministrativo, in partico-lare dai Ministri, ai sensi del successivo articolo 8;

b) il controllo di gestione e l’attività di valutazione dei dirigenti, fermo restan-do quanto previsto alla lettera a), sono svolte da strutture e soggetti cherispondono ai dirigenti posti al vertice dell’unità organizzativa interessata;

c) l’attività di valutazione dei dirigenti utilizza anche i risultati del control-lo di gestione, ma è svolta da strutture o soggetti diverse da quelle cui èdemandato il controllo di gestione medesimo;

d) le funzioni di cui alle precedenti lettere sono esercitate in modo integrato;

e) è fatto divieto di affidare verifiche di regolarità amministrativa e contabi-le a strutture addette al controllo di gestione, alla valutazione dei dirigen-ti, al controllo strategico.

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3. Gli enti locali e le camere di commercio, industria, artigianato e agricolturapossono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presentedecreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concer-nenti l’ordinamento finanziario e contabile.

4. Il presente decreto non si applica alla valutazione dell’attività didattica e diricerca dei professori e ricercatori delle università, all’attività didattica del per-sonale della scuola, all’attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli entidi ricerca.

5. Ai sensi degli articoli 13, comma 1, e 24, comma 6, ultimo periodo, della legge7 agosto 1990, n. 241, le disposizioni relative all’accesso ai documenti ammi-nistrativi non si applicano alle attività di valutazione e controllo strategico.Resta fermo il diritto all’accesso dei dirigenti di cui all’articolo 5, comma 3,ultimo periodo.

6. Gli addetti alle strutture che effettuano il controllo di gestione, la valutazio-ne dei dirigenti e il controllo strategico riferiscono sui risultati dell’attivitàsvolta esclusivamente agli organi di vertice dell’amministrazione, ai soggetti,agli organi di indirizzo politico- amministrativo individuati dagli articoliseguenti, a fini di ottimizzazione della funzione amministrativa. In ordine aifatti così segnalati, e la cui conoscenza consegua dall’esercizio delle relativefunzioni di controllo o valutazione, non si configura l’obbligo di denuncia alquale si riferisce l’articolo 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

Art. 2. Il controllo interno di regolarità amministrativa e contabile

1. Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organiappositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti dellapubblica amministrazione, e, in particolare, gli organi di revisione, ovvero gliuffici di ragioneria, nonché i servizi ispettivi, ivi compresi quelli di cui all’ar-ticolo 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e, nell’ambito dellecompetenze stabilite dalla vigente legislazione, i servizi ispettivi di finanzadella Ragioneria generale dello Stato e quelli con competenze di caratteregenerale.

2. Le verifiche di regolarità amministrativa e contabile devono rispettare, inquanto applicabili alla pubblica amministrazione, i principi generali dellarevisione aziendale asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nelsettore.

3. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile non comprende verificheda effettuarsi in via preventiva se non nei casi espressamente previsti dallalegge e fatto salvo, in ogni caso, il principio secondo cui le definitive determi-nazioni in ordine all’efficacia dell’atto sono adottate dall’organo amministra-tivo responsabile.

4. I membri dei collegi di revisione degli enti pubblici sono in proporzione alme-no maggioritaria nominati tra gli iscritti all’albo dei revisori contabili. Leamministrazioni pubbliche, ove occorra, ricorrono a soggetti esterni specializ-zati nella certificazione dei bilanci.

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133APPENDICE

Art. 3. Disposizioni sui controlli esterni di regolarità amministrativa e contabile

1. È abrogato l’articolo 8 della legge 21 marzo 1958, n. 259.

2. Al fine anche di adeguare l’organizzazione delle strutture di controllo dellaCorte dei conti al sistema dei controlli interni disciplinato dalle disposizionidel presente decreto, il numero, la composizione e la sede degli organi dellaCorte dei conti adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivosu pubbliche gestioni e degli organi di supporto sono determinati dalla Cortestessa, anche in deroga a previgenti disposizioni di legge, fermo restando, perle assunzioni di personale, quanto previsto dall’articolo 39, comma 1, dellalegge 27 dicembre 1997, n. 449, nell’esercizio dei poteri di autonomia finan-ziaria, organizzativa e contabile ad essa conferiti dall’articolo 4 della legge 14gennaio 1994, n. 20.

Art. 4. Controllo di gestione

1. Ai fini del controllo di gestione, ciascuna amministrazione pubblica definisce:

a) l’unità o le unità responsabili della progettazione e della gestione del con-trollo di gestione;

b) le unità organizzative a livello delle quali si intende misurare l’efficacia,efficienza ed economicità dell’azione amministrativa;

c) le procedure di determinazione degli obiettivi gestionali e dei soggettiresponsabili;

d) l’insieme dei prodotti e delle finalità dell’azione amministrativa, con rife-rimento all’intera amministrazione o a singole unità organizzative;

e) le modalità di rilevazione e ripartizione dei costi tra le unità organizzati-ve e di individuazione degli obiettivi per cui i costi sono sostenuti;

f) gli indicatori specifici per misurare efficacia, efficienza ed economicità;

g) la frequenza di rilevazione delle informazioni.

2. Nelle amministrazioni dello Stato, il sistema dei controlli di gestione suppor-ta la funzione dirigenziale di cui all’articolo 16, comma 1, del decreto n. 29.Le amministrazioni medesime stabiliscono le modalità operative per l’attua-zione del controllo di gestione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presen-te decreto, dandone comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con propria direttiva, periodicamenteaggiornabile, stabilisce in maniera tendenzialmente omogenea i requisitiminimi cui deve ottemperare il sistema dei controlli di gestione.

3. Nelle amministrazioni regionali, la legge quadro di contabilità contribuisce adelineare l’insieme degli strumenti operativi per le attività di pianificazione econtrollo.

Art. 5. La valutazione del personale con incarico dirigenziale

1. Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo digestione, valutano, in coerenza a quanto stabilito al riguardo dai contratti col-

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lettivi nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i com-portamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organiz-zative ad essi assegnate (competenze organizzative).

2. La valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigen-ti tiene particolarmente conto dei risultati dell’attività amministrativa e dellagestione. La valutazione ha periodicità annuale. Il procedimento per la valu-tazione è ispirato ai principi della diretta conoscenza dell’attività del valutatoda parte dell’organo proponente o valutatore di prima istanza, della approva-zione o verifica della valutazione da parte dell’organo competente o valutato-re di seconda istanza, della partecipazione al procedimento del valutato.

3. Per le amministrazioni dello Stato, la valutazione è adottata dal responsabiledell’ufficio dirigenziale generale interessato, su proposta del dirigente, even-tualmente diverso, preposto all’ufficio cui è assegnato il dirigente valutato.Per i dirigenti preposti ad uffici di livello dirigenziale generale, la valutazioneè adottata dal capo del dipartimento o altro dirigente generale sovraordinato.Per i dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministra-zioni ed ai quali si riferisce l’articolo 14, comma 1, lettera b), del decreto n.29, la valutazione è effettuata dal Ministro, sulla base degli elementi fornitidall’organo di valutazione e controllo strategico.

4. La procedura di valutazione di cui al comma 3, costituisce presupposto perl’applicazione delle misure di cui all’articolo 21, commi 1 e 2, del decreto n.29, in materia di responsabilità dirigenziale. In particolare, le misure di cui alcomma 1, del predetto articolo si applicano allorché i risultati negativi dell’at-tività amministrativa e della gestione o il mancato raggiungimento degliobiettivi emergono dalle ordinarie ed annuali procedure di valutazione. Tut-tavia, quando il rischio grave di un risultato negativo si verifica prima dellascadenza annuale, il procedimento di valutazione può essere anticipatamen-te concluso. Il procedimento di valutazione è anticipatamente concluso, inol-tre nei casi previsti dal comma 2, del citato articolo 21, del decreto n. 29.

5. Nel comma 8 dell’articolo 20 del decreto n. 29, sono aggiunte alla fine delsecondo periodo le seguenti parole: “, ovvero, fino alla data di entrata in vigo-re di tale decreto, con provvedimenti dei singoli Ministri interessati”. Sonofatte salve le norme proprie dell’ordinamento speciale della carriera diploma-tica e della carriera prefettizia, in materia di valutazione dei funzionari diplo-matici e prefettizi.

Art. 6. La valutazione e il controllo strategico

1. L’attività di valutazione e controllo strategico mira a verificare, in funzionedell’esercizio dei poteri di indirizzo da parte dei competenti organi, l’effettivaattuazione delle scelte contenute nelle direttive ed altri atti di indirizzo poli-tico. L’attività stessa consiste nell’analisi, preventiva e successiva, della con-gruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme,gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse umane,finanziarie e materiali assegnate, nonché nella identificazione degli eventua-li fattori ostativi, delle eventuali responsabilità per la mancata o parzialeattuazione, dei possibili rimedi.

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2. Gli uffici ed i soggetti preposti all’attività di valutazione e controllo strategi-co riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico, con le relazio-ni di cui al comma 3, sulle risultanze delle analisi effettuate. Essi di normasupportano l’organo di indirizzo politico anche per la valutazione dei dirigen-ti che rispondono direttamente all’organo medesimo per il conseguimentodegli obiettivi da questo assegnatigli.

3. Nelle amministrazioni dello Stato, i compiti di cui ai commi 1 e 2 sono affida-ti ad apposito ufficio, operante nell’ambito delle strutture di cui all’articolo 14,comma 2, del decreto n. 29, denominato servizio di controllo interno e dota-to di adeguata autonomia operativa. La direzione dell’ufficio può essere dalMinistro affidata anche ad un organo collegiale, ferma restando la possibilitàdi ricorrere, anche per la direzione stessa, ad esperti estranei alla pubblicaamministrazione, ai sensi del predetto articolo 14, comma 2, del decreto n. 29.I servizi di controllo interno operano in collegamento con gli uffici di statisti-ca istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. Essi redigo-no almeno annualmente una relazione sui risultati delle analisi effettuate, conproposte di miglioramento della funzionalità delle amministrazioni. Possonosvolgere, anche su richiesta del Ministro, analisi su politiche e programmi spe-cifici dell’amministrazione di appartenenza e fornire indicazioni e propostesulla sistematica generale dei controlli interni nell’amministrazione.

CAPO II STRUMENTI DEL CONTROLLO INTERNO

Art. 7. Compiti della Presidenza del Consiglio dei Ministri

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è costituita una banca dati,accessibile in via telematica e pienamente integrata nella rete unitaria dellapubblica amministrazione, alimentata dalle amministrazioni dello Stato, allaquale affluiscono, in ogni caso, le direttive annuali dei Ministri e gli indicato-ri di efficacia, efficienza, economicità relativi ai centri di responsabilità e allefunzioni obiettivo del bilancio dello Stato.

2. Per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico nelleamministrazioni dello Stato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri si avva-le di un apposito comitato tecnico scientifico e dell’osservatorio di cui alcomma 3. Il comitato è composto da non più di sei membri, scelti tra espertidi chiara fama, anche stranieri, uno in materia di metodologia della ricercavalutativa, gli altri nelle discipline economiche, giuridiche, politologiche,sociologiche e statistiche. Si applica, ai membri del comitato, l’articolo 31della legge 23 agosto 1988, n. 400, e ciascun membro non può durare com-plessivamente in carica per più di sei anni. Il comitato formula, anche arichiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri, valutazioni specifiche dipolitiche pubbliche o programmi operativi plurisettoriali.

3. L’osservatorio è istituito nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Mini-stri ed è organizzato con decreto del Presidente del Consiglio. L’osservatorio,tenuto anche conto delle esperienze in materia maturate presso Stati esteri epresso organi costituzionali, ivi compreso il CNEL, fornisce indicazioni e sug-

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gerimenti per l’aggiornamento e la standardizzazione dei sistemi di controllointerno, con riferimento anche, ove da queste richiesto, alle amministrazionipubbliche non statali.

Art. 8. Direttiva annuale del Ministro

1. La direttiva annuale del Ministro di cui all’articolo 14, del decreto n. 29, costi-tuisce il documento base per la programmazione e la definizione degli obiet-tivi delle unità dirigenziali di primo livello. In coerenza ad eventuali indiriz-zi del Presidente del Consiglio dei Ministri, e nel quadro degli obiettivi gene-rali di parità e pari opportunità previsti dalla legge, la direttiva identifica iprincipali risultati da realizzare, in relazione anche agli indicatori stabilitidalla documentazione di bilancio per centri di responsabilità e per funzioni-obiettivo, e determina, in relazione alle risorse assegnate, gli obiettivi dimiglioramento, eventualmente indicando progetti speciali e scadenze inter-medie. La direttiva, avvalendosi del supporto dei servizi di controllo internodi cui all’articolo 6, definisce altresì i meccanismi e gli strumenti di monito-raggio e valutazione dell’attuazione.

2. Il personale che svolge incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, commi 3e 4, del decreto n. 29, eventualmente costituito in conferenza permanente,fornisce elementi per l’elaborazione della direttiva annuale.

Art. 9. Sistemi informativi

1. Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59,il sistema di controllo di gestione e il sistema di valutazione e controllo stra-tegico delle amministrazioni statali si avvalgono di un sistema informativo-statistico unitario, idoneo alla rilevazione di grandezze quantitative a caratte-re economico-finanziario. La struttura del sistema informativo-statistico basa-ta su una banca dati delle informazioni rilevanti ai fini del controllo, ivi com-prese quelle di cui agli articoli 63 e 64 del decreto n. 29, e sulla predisposizio-ne periodica di una serie di prospetti numerici e grafici (sintesi statistiche) dicorredo alle analisi periodiche elaborate dalle singole amministrazioni. Ilsistema informativo-statistico è organizzato in modo da costituire una strut-tura di servizio per tutte le articolazioni organizzative del Ministero.

2. I sistemi automatizzati e le procedure manuali rilevanti ai fini del sistema dicontrollo, qualora disponibili, sono i seguenti:

a) sistemi e procedure relativi alla rendicontazione contabile della singolaamministrazione;

b) sistemi e procedure relativi alla gestione del personale (di tipo economi-co, finanziario e di attività - presenze, assenze, attribuzione a centro didisponibilità);

c) sistemi e procedure relativi al fabbisogno ed al dimensionamento del per-sonale;

d) sistemi e procedure relativi alla rilevazione delle attività svolte per la rea-lizzazione degli scopi istituzionali (erogazione prodotti/servizi, sviluppoprocedure amministrative) e dei relativi effetti;

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137APPENDICE

e) sistemi e procedure relativi alla analisi delle spese di funzionamento (per-sonale, beni e servizi) dell’amministrazione;

f) sistemi e procedure di contabilità analitica.

Art. 10. Abrogazione di norme e disposizioni transitorie

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo leamministrazioni statali, nell’ambito delle risorse disponibili, adeguano i loroordinamenti a quanto in esso previsto. In particolare, gli organi di indirizzopolitico provvedono alla costituzione degli uffici di cui all’articolo 6, nell’ambi-to degli uffici di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto n. 29, e vigilano sugliadempimenti organizzativi e operativi che fanno carico agli uffici dirigenziali dilivello generale per l’esercizio delle altre funzioni di valutazione e controllo.

2. Sono abrogate le disposizioni incompatibili con quelle del presente decreto e,in particolare: l’articolo 20del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, adeccezione del comma 8, l’articolo 6, comma 3, del decreto del Presidente dellaRepubblica 18 aprile 1994, n. 338; l’articolo 3-quater della legge 11 luglio1995, n. 273; l’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 7 agosto1997, n.279. Si intendono attribuiti alle strutture di cui all’articolo 2 i compiti attribui-ti ad uffici di controllo interno in materia di verifiche sulla legittimità, regola-rità e correttezza dell’azione amministrativa, e, in particolare, quelli di cuiall’articolo 52, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, comesostituito dal decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396, e all’articolo 3-ter,comma 2, del decreto legge 12 maggio 1995, n. 163, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 11 luglio 1995, n. 273. Si intendono attribuiti alle strutturedi cui all’articolo 4 i compiti attribuiti ad uffici di controllo interno in materiadi controllo sulla gestione, e, in particolare, quelli di cui all’articolo 8, comma3, del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367, all’artico-lo 20, comma 6, della legge 15 marzo 1997, n. 59, ed all’articolo 52, comma 6,ultimo periodo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modifica-to dall’articolo 14, comma 4, del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387. Siintendono attribuiti alle strutture di cui all’articolo 5 i compiti attribuiti aduffici di controllo interno in materia di valutazione del personale e, in partico-lare, quelli di cui all’articolo 25-bis, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni. Nulla è innovato per quan-to riguarda le attività dell’ispettorato della funzione pubblica.

3. Gli organi collegiali preposti ai servizi di controllo o nuclei di valutazione sta-tali, ove non sostituiti o confermati ai sensi del comma 1, decadono al termi-ne dei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano prov-vedono alle finalità di cui al presente decreto nell’ambito delle proprie com-petenze, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e relative norme diattuazione. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, commi 2 e 3, leamministrazioni non statali provvedono, nelle forme previste dalla vigentelegislazione, a conformare il proprio ordinamento ai principi dettati dal pre-sente decreto, anche in deroga a specifiche disposizioni di legge con i princi-pi stessi non compatibili.

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5. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante conven-zione, che ne regoli le modalita di costituzione e di funzionamento, ufficiunici per l’attuazione di quanto previsto dal presente decreto.

6. Nell’ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione, d’inte-sa con le province, sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto,delle quali possono avvalersi gli enti locali ai fini dell’attuazione del presentedecreto. A tal fine, i predetti comitati possono essere integrati con espertinelle materie di pertinenza.

CAPO III QUALITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI E CARTE DEI SERVIZI

Art. 11. Qualità dei servizi pubblici

1. I servizi pubblici nazionali e locali sono erogati con modalità che promuovo-no il miglioramento della qualità e assicurano la tutela dei cittadini e degliutenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche associative, riconosciutedalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standardqualitativi.

2. Le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qua-lità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misura-zione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché icasi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all’utenza per man-cato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabi-li annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per quanto riguar-da i servizi erogati direttamente o indirettamente dalle regioni e dagli entilocali, si provvede con atti di indirizzo e coordinamento adottati d’intesa conla conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

3. Le iniziative di coordinamento, supporto operativo alle amministrazioni inte-ressate e monitoraggio sull’attuazione del presente articolo sono adottate dalPresidente del Consiglio dei Ministri, supportato da apposita struttura dellaPresidenza del Consiglio dei Ministri. È ammesso il ricorso a un soggetto pri-vato, da scegliersi con gara europea di assistenza tecnica, sulla base di criterioggettivi e trasparenti.

4. Sono in ogni caso fatte salve le funzioni e i compiti legislativamente assegna-ti, per alcuni servizi pubblici, ad autorità indipendenti.

5. È abrogato l’articolo 2 della legge 11 luglio 1995, n. 273. Restano applicabili,sino a diversa disposizione adottata ai sensi del comma 2, i decreti del Presi-dente del Consiglio dei Ministri recanti gli schemi generali di riferimento giàemanati ai sensi del suddetto articolo.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 25 giugno 1999, n. 208, concernente disposizioni in materiafinanziaria e contabile, ed in particolare l’articolo 1, comma 4, che delega ilGoverno ad emanare, entro un anno dalla sua data di entrata in vigore, unoo più decreti legislativi per adeguare il sistema contabile delle regioni a quel-lo dello Stato, sulla base dei principi e dei criteri direttivi di cui alla legge 3aprile 1997, n. 94;

Vista la legge 19 maggio 1976, n. 335, recante principi fondamentali e normedi coordinamento in materia di bilancio e contabilità delle regioni;

Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

Vista la legge 3 aprile 1997, n. 94, recante modifiche alla legge 5 agosto 1978,n. 468, e delega al Governo per l’individuazione delle unità previsionali dibase del bilancio dello Stato;

Visto il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, recante individuazione delleunità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di teso-reria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nellariunione del 2 ottobre 1999;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, leregioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché il parere dellaCommissione parlamentare di cui all’articolo 9 della citata legge n. 94 del1997;

Vista la definitiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nellariunione del 4 febbraio 2000;

Sulla proposta del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazioneeconomica, di concerto con il Ministro per gli affari regionali;

Emana il seguente decreto legislativo:

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2.2. DECRETO LEGISLATIVO 28 MARZO 2000, N. 76

Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge25 giugno 1999, n. 208

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 1° aprile 2000

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Art. 1. Finanza regionale e strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio

1. La finanza regionale concorre con la finanza statale e locale al perseguimen-to degli obiettivi di convergenza e di stabilità derivanti dall’appartenenza del-l’Italia alla Comunità europea ed opera in coerenza con i vincoli che ne deri-vano in ambito nazionale.

2. Le impostazioni delle previsioni di entrata e di spesa del bilancio della regio-ne si ispirano al metodo della programmazione finanziaria. A tale fine laregione adotta ogni anno, insieme al bilancio annuale, un bilancio plurien-nale, le cui previsioni assumono come termini di riferimento quelli della pro-grammazione regionale e comunque un termine non superiore al quinquen-nio. Il bilancio pluriennale è allegato al bilancio annuale.

3. La regione può altresì adottare, in connessione con le esigenze derivanti dallosviluppo della fiscalità regionale, una legge finanziaria regionale, contenenteil quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio plu-riennale. Essa contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanzia-ri con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale ed èdisciplinata con legge regionale, in coerenza con quanto previsto dall’artico-lo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

Art. 2. Bilancio pluriennale

1. Il bilancio pluriennale indica, per ciascuna ripartizione dell’entrata e dellaspesa, oltre alla quota relativa all’esercizio iniziale la quota relativa all’eserci-zio successivo.

2. Il bilancio pluriennale è elaborato con riferimento alla programmazioneregionale e rappresenta il quadro delle risorse che la regione prevede di acqui-sire e di impiegare nel periodo considerato, esponendo separatamente l’anda-mento delle entrate e delle spese in base alla legislazione statale e regionalegià in vigore (bilancio pluriennale a legislazione vigente) e le previsioni sul-l’andamento delle entrate e delle spese tenendo conto degli effetti dei previ-sti nuovi interventi legislativi (bilancio pluriennale programmatico). Il bilan-cio pluriennale a legislazione vigente costituisce sede per il riscontro dellacopertura finanziaria di nuove o maggiori spese stabilite da leggi della regio-ne a carico di esercizi futuri.

3. L’adozione del bilancio pluriennale non comporta autorizzazione a riscuote-re le entrate, né ad eseguire le spese in esso contemplate.

Art. 3. Leggi regionali di spesa

1. Le leggi regionali che prevedono attività o interventi a carattere continuativoo ricorrente determinano le procedure da seguire, rinviando alla legge dibilancio la quantificazione della relativa spesa. In tale caso la regione può darecorso alle procedure e agli adempimenti previsti dalla legge, con esclusionedegli atti dai quali comunque sorga l’obbligo dell’amministrazione di assume-re impegni a norma dell’articolo 18.

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2. Le leggi regionali che dispongono spese a carattere pluriennale indicano l’am-montare complessivo, nonché la quota eventualmente a carico del bilancio incorso o già presentato al consiglio, rinviando ai successivi bilanci la determina-zione delle quote di spesa destinate a gravare su ciascuno dei relativi esercizi.

3. La quantificazione annuale della spesa può essere prevista per i casi in cui leleggi disciplinino interventi o servizi per i quali la continuità e la regolaritàdell’erogazione della stessa spesa nel tempo assume un interesse preminente.

4. Le leggi che prevedono opere od interventi, la cui esecuzione si protrae perpiu esercizi, possono autorizzare la stipulazione di contratti o comunque l’as-sunzione di obbligazioni da parte della regione nei limiti dell’intera sommain esse indicata, fermo restando che formano impegno sugli stanziamenti diciascun bilancio, ai sensi dell’articolo 18, soltanto le somme corrispondentialle obbligazioni che vengono a scadere nel corso del relativo esercizio.

Art. 4. Bilancio annuale di previsione

1. Le previsioni di bilancio annuale della regione sono formulate in termini dicompetenza e di cassa.

2. Le previsioni di bilancio sono articolate, per l’entrata e per la spesa, in unitàprevisionali di base. Le unità previsionali sono determinate con riferimentoad aree omogenee di attività, anche a carattere strumentale, in cui si articola-no le competenze delle regioni. Le contabilità speciali sono articolate in capi-toli sia nell’entrata,sia nella spesa.

3. Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a) l’ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell’eserci-zio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b) l’ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese di cuisi autorizza l’impegno nell’esercizio cui il bilancio si riferisce;

c) l’ammontare delle entrate che si prevede di riscuotere o delle spese di cuisi autorizza il pagamento nel medesimo esercizio, senza distinzioni frariscossioni e pagamenti in conto competenza e in conto residui.

4. Gli stanziamenti di spesa di cui alla lettera b), del comma 3, sono iscritti inbilancio nella misura indispensabile per lo svolgimento delle attività o inter-venti che sulla base della legislazione vigente daranno luogo, nell’esercizio cuiil bilancio si riferisce, ad impegni di spesa a norma dell’articolo 18.

5. L’eventuale saldo finanziario, positivo o negativo, presunto al termine dell’e-sercizio precedente è iscritto fra le entrate o le spese di cui alla lettera b), delcomma 3, mentre l’ammontare presunto della giacenza di cassa all’inizio del-l’esercizio cui il bilancio si riferisce è iscritto fra le entrate di cui alla lettera c)del comma 3.

6. In apposito allegato al bilancio le unità previsionali di base sono ripartite incapitoli ai fini della gestione; nello stesso allegato sono altresì indicati, disag-gregati per capitolo, i contenuti di ciascuna unità previsionale di base e ilcarattere giuridicamente obbligatorio o discrezionale della spesa, con l’evi-

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denziazione delle relative disposizioni legislative. I capitoli sono determinatiin relazione al rispettivo oggetto per l’entrata e secondo l’oggetto e il conte-nuto economico e funzionale per la spesa.

7. Formano oggetto di specifica approvazione del consiglio regionale le previsio-ni di cui ai commi 1, 2, 3, lettere a), b) e c), e dei commi 4 e 5. Le contabilitàspeciali sono approvate nel loro complesso.

8. Gli stanziamenti di spesa di competenza sono determinati esclusivamente inrelazione alle esigenze funzionali ed agli obiettivi concretamente perseguibilinel periodo cui si riferisce il bilancio, restando esclusa ogni quantificazionebasata sul criterio della spesa storica incrementale.

9. Contestualmente all’approvazione della legge di bilancio o dell’autorizzazio-ne all’esercizio provvisorio, la giunta regionale provvede a ripartire le unitàprevisionali di base per capitoli ai fini della gestione e rendicontazione e adassegnare ai dirigenti titolari dei centri di responsabilità amministrativa lerisorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi individuati per gli inter-venti, i programmi e i progetti finanziati nell’ambito dello stato di previsionedelle spese.

10. In relazione a quanto disposto dal comma 8, le regioni adottano misure orga-nizzative idonee a consentire l’analisi ed il controllo dei costi e dei rendimen-ti dell’attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative,nonché la corretta quantificazione delle conseguenze finanziarie dei provve-dimenti legislativi di entrata e di spesa.

Art. 5. Equilibrio del bilancio

1. In ciascun bilancio annuale il totale dei pagamenti autorizzati non può esse-re superiore al totale delle entrate di cui si prevede la riscossione sommato allapresunta giacenza iniziale di cassa.

2. Il totale delle spese di cui si autorizza l’impegno può essere superiore al totaledelle entrate che si prevede di accertare nel medesimo esercizio, purché il rela-tivo disavanzo sia coperto da mutui e altre forme di indebitamento autorizza-ti con la legge di approvazione del bilancio nei limiti di cui all’articolo 23.

Art. 6. Annualità del bilancio

1. L’esercizio finanziario ha la durata di un anno e coincide con l’anno solare.

Art. 7. Universalità ed integrità del bilancio

1. Tutte le entrate sono iscritte nel bilancio regionale al lordo delle spese diriscossione e di altre eventuali spese ad esse connesse.

2. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza entratecorrelative.

3. Sono vietate le gestioni di fondi al di fuori del bilancio della regione e deibilanci di cui all’articolo 12, comma 1.

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Art. 8. Leggi di bilancio ed esercizio provvisorio

1. Il consiglio regionale approva ogni anno con legge il bilancio di previsione,nei modi e nei termini previsti dallo statuto e dalle leggi regionali.

2. L’esercizio provvisorio del bilancio può essere autorizzato, nei modi, nei ter-mini e con gli effetti previsti dagli statuti e dalle leggi regionali e non può pro-trarsi, comunque, oltre i quattro mesi.

3. Nel caso in cui la legge di approvazione del bilancio o la legge di autorizzazio-ne all’esercizio provvisorio siano stati approvati dal consiglio regionale entroil 31 dicembre dell’anno precedente a quello cui il bilancio si riferisce, laregione è autorizzata, in pendenza degli adempimenti previsti dall’articolo127 della Costituzione, a gestire in via provvisoria il bilancio medesimo limi-tatamente ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna unità previsio-nale di base, ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria, ove si tratti dispese obbligatorie tassativamente regolate dalla legge e non suscettibili diimpegno o di pagamento frazionati in dodicesimi.

4. Nel caso in cui la legge di approvazione del bilancio o la legge di autorizzazio-ne all’esercizio provvisorio siano rinviate al consiglio regionale dal Governo,a norma dell’articolo 127 della Costituzione, ovvero nei confronti di dettalegge il Governo abbia promosso la questione di legittimità o quella di meri-to a norma dell’ultimo comma del medesimo articolo 127, la regione è auto-rizzata a gestire in via provvisoria il bilancio stesso limitatamente ai capitolidelle unità previsionali di base non coinvolte nel rinvio o nell’impugnativa,ovvero nel caso che il rinvio o l’impugnativa investano l’intero bilancio, limi-tatamente ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascun capitolo delleunità previsionali di base previste nel progetto di bilancio per ogni mese dipendenza del procedimento, o nei limiti della maggiore spesa necessaria ovesi tratti di spese obbligatorie tassativamente regolate dalla legge e non suscet-tibili di impegno o di pagamento frazionati in dodicesimi.

Art. 9. Classificazione delle entrate

1. Nel bilancio della regione le entrate sono ripartite nei seguenti titoli:

Titolo I: entrate derivanti da tributi propri della regione, dal gettito di tri-buti erariali o di quote di esso devolute alla regione;

Titolo II: entrate derivanti da contributi e trasferimenti di parte corrente del-l’Unione europea, dello Stato e di altri soggetti;

Titolo III: entrate extratributarie;

Titolo IV: entrate derivanti da alienazioni, da trasformazione di capitale, dariscossione di crediti e da trasferimenti in conto capitale;

Titolo V: entrate derivanti da mutui, prestiti o altre operazioni creditizie;

Titolo VI: entrate per contabilità speciali.

2. Le entrate di cui al comma 1 sono ordinate in categorie secondo la natura deicespiti, in unità previsionali di base ai fini dell’approvazione del consiglio

143APPENDICE

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regionale e in capitoli secondo il rispettivo oggetto ai fini della gestione edella rendicontazione.

Art. 10. Specificazione e classificazione delle spese

1. La legge regionale, nel rispetto dei principi determinati dai commi 2 e 3, sta-bilisce il sistema di classificazione delle spese di bilancio, in correlazione alleprevisioni del bilancio pluriennale.

2. Nel bilancio della regione le spese sono, comunque, ripartite in:

1) funzioni obiettivo, individuate con riguardo all’esigenza di definire lepolitiche regionali. La classificazione per funzioni obiettivo è definitasulla base dei criteri adottati in contabilità nazionale per i conti del setto-re della pubblica amministrazione;

2) unità previsionali di base. Ai fini dell’approvazione del consiglio regiona-le le unità previsionali di base sono suddivise in unità relative alla spesacorrente, unità relative alla spesa in conto capitale e unità per il rimbor-so prestiti;

3) capitoli, nell’apposito allegato in bilancio di cui al comma 6, dell’artico-lo 4, secondo l’oggetto, il contenuto economico e funzionale della spesa,il carattere giuridicamente obbligatorio. I capitoli costituiscono le unitàelementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

3. Con atto di indirizzo e di coordinamento adottato ai sensi dell’articolo 8,della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono stabilite, sulla base dei criteri di con-tabilità nazionale adottati in sede comunitaria, le modalità idonee a consen-tire l’unificazione, nei bilanci regionali, della classificazione, anche economi-ca, delle entrate e delle spese, ivi compresi i titoli contabili di entrata e dispesa, al fine, fra l’altro, di conseguire la necessaria armonizzazione con ilbilancio dello Stato.

Art. 11. Quadro generale riassuntivo e prospetti allegati

1. Il quadro generale riassuntivo del bilancio riporta, distintamente per titoli eper funzioni obiettivo, rispettivamente, i totali delle entrate e delle spese.

2. Al quadro generale è allegato un prospetto che mette a raffronto le entrate,distinte per unità previsionali di base, derivanti da assegnazioni dell’Unioneeuropea e dello Stato, con l’indicazione della rispettiva destinazione specificarisultante dalla legge o dai provvedimenti di assegnazione o di riparto, e le spese,distinte anch’esse in unità previsionali di base, aventi le destinazioni di cui alleassegnazioni predette; il totale degli stanziamenti di competenza relativi a talispese non può essere inferiore, in ciascun bilancio, al totale delle rispettiveentrate di competenza, salvo quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’articolo 22.

Art. 12. Bilanci degli enti dipendenti dalla regione e spese degli enti locali

1. I bilanci degli enti e degli organismi, in qualunque forma costituiti, dipen-denti dalla regione sono approvati annualmente nei termini e nelle forme sta-

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biliti dallo statuto e dalle leggi regionali e sono pubblicati nel bollettino uffi-ciale della regione.

2. Nei bilanci degli enti e degli organismi di cui al comma 1, le spese sono clas-sificate e ripartite in conformità a quanto disposto nell’articolo 10.

3. La legge regionale detta norme per assicurare, in relazione alle funzioni dele-gate dalle regioni agli enti locali, la possibilità del controllo regionale sulladestinazione dei fondi a tale fine assegnati dalle regioni agli enti locali.

Art. 13. Fondi di riserva

1. Nel bilancio regionale sono iscritti:

a) un fondo di riserva per spese obbligatorie dipendenti dalla legislazione invigore;

b) un fondo di riserva per le spese impreviste;

c) il fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa di cui al comma 3.

2. La legge regionale disciplina le modalità e i limiti del prelievo di somme datali fondi.

3. Nel solo bilancio di cassa è iscritto un fondo di riserva, il cui ammontare mas-simo, in rapporto alla complessiva autorizzazione a pagare ivi disposta, è sta-bilito dalla legge di contabilità regionale in misura non superiore ad un dodi-cesimo e i cui prelievi e relative destinazioni ed integrazioni delle altre unitàprevisionali di spesa, nonché dei relativi capitoli del bilancio di cassa, sonodisposti con delibere della giunta regionale non soggette a controllo.

Art. 14. Fondi speciali

1. Nel bilancio regionale possono essere iscritti uno o piu fondi speciali, desti-nati a far fronte agli oneri derivanti da provvedimenti legislativi regionali chesi perfezionino dopo l’approvazione del bilancio.

2. I fondi di cui al comma 1 non sono utilizzabili per l’imputazione di atti dispesa; ma solo ai fini del prelievo di somme da iscrivere in aumento alle auto-rizzazioni di spesa delle unità previsionali esistenti o di nuove unità dopol’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che autorizzano le spesemedesime.

3. I fondi di cui al comma 1 sono tenuti distinti a seconda che siano destinati alfinanziamento di spese correnti o di spese in conto capitale.

4. Le quote dei fondi speciali, non utilizzate al termine dell’esercizio nel mododi cui al comma 2, costituiscono economie di spesa.

5. Ai fini della copertura finanziaria di spese derivanti da provvedimenti legisla-tivi non approvati entro il termine dell’esercizio relativo, può farsi riferimen-to alle quote non utilizzate di fondi speciali di detto esercizio, purché taliprovvedimenti siano approvati prima del rendiconto di tale esercizio ecomunque entro il termine dell’esercizio immediatamente successivo. In tale

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caso resta ferma l’assegnazione degli stanziamenti dei detti fondi speciali albilancio nel quale essi furono iscritti e delle nuove o maggiori spese al bilan-cio dell’esercizio nel corso del quale si perfezionano i relativi provvedimentilegislativi.

6. Nei casi di cui al comma 5, allo stanziamento della nuova o maggiore spesadi bilancio dovrà accompagnarsi una annotazione da cui risulti che si trattadi spese finanziate con ricorso ai fondi speciali dell’esercizio precedente. Finoa quando non sia approvato il rendiconto di tale esercizio, delle spese di cuial presente comma non si tiene conto ai fini del calcolo dell’eventuale disa-vanzo di cui all’articolo 5, comma 2.

Art. 15. Assestamento del bilancio

1. Entro il 30 giugno di ogni anno la regione approva con legge l’assestamentodel bilancio, mediante il quale si provvede all’aggiornamento degli elementidi cui alla lettera a), del comma 3, dell’articolo 4, ed al comma 5, dello stessoarticolo, nonché alle variazioni che si ritengono opportune, fermi restando ivincoli di cui all’articolo 5.

Art. 16. Variazioni di bilancio

1. La legge di approvazione del bilancio regionale può autorizzare variazioni albilancio medesimo, da apportare nel corso dell’esercizio mediante provvedi-menti amministrativi, per l’istituzione di nuove unità previsionali di entrata,per l’iscrizione di entrate derivanti da assegnazioni vincolate a scopi specificida parte dello Stato e dell’Unione europea, nonché per l’iscrizione delle rela-tive spese, quando queste siano tassativamente regolate dalla legislazione invigore.

2. La giunta regionale con provvedimento amministrativo può effettuare varia-zioni compensative fra capitoli della medesima unità previsionale, fatta ecce-zione per le autorizzazioni di spesa di natura obbligatoria, per le spese inannualità e a pagamento differito e per quelle direttamente regolate conlegge. Ogni altra variazione al bilancio deve essere disposta o autorizzata conlegge regionale, salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 14.

3. La legge di bilancio o eventuali ulteriori provvedimenti legislativi di variazio-ne possono autorizzare la giunta regionale ad effettuare variazioni compensa-tive, all’interno della medesima classificazione economica, tra unità previsio-nali di base strettamente collegate nell’ambito di una stessa funzione obietti-vo o di uno stesso programma o progetto. Con le stesse modalità, al fine diassicurare la necessaria flessibilità nella gestione delle disponibilità di bilan-cio, la giunta regionale può essere autorizzata ad effettuare variazioni com-pensative anche tra unità previsionali di base diverse qualora le variazionistesse siano necessarie per l’attuazione di interventi previsti da intese istitu-zionali di programma o da altri strumenti di programmazione negoziata.

4. Nessuna variazione al bilancio, salvo quella di cui al comma 1, può esseredeliberata dopo il 30 novembre dell’anno a cui il bilancio stesso si riferisce.

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5. La giunta regionale può disporre variazioni compensative, nell’ambito dellastessa o di diverse unità previsionali di base di conto capitale, anche tra stan-ziamenti autorizzati da leggi diverse, a condizione che si tratti di leggi chefinanziano o rifinanziano interventi relativi alla stessa funzione obiettivo aisensi dell’articolo 10, comma 2. Il relativo provvedimento è comunicato alconsiglio regionale.

Art. 17. Divieto di storni

1. Salvo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 16, è vietato il trasporto, con artoamministrativo, di somme da una unità previsionale all’altra del bilancio, siaper quanto riguarda gli stanziamenti di competenza, sia per quanto riguardagli stanziamenti di cassa.

Art. 18. Impegni di spesa

1. Gli impegni di spesa sono assunti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di com-petenza del bilancio in corso.

2. Formano impegno sugli stanziamenti di competenza dell’esercizio le sommedovute dalla regione, in base alla legge, a contratto o ad altro titolo, a credi-tori determinati o determinabili, sempreché la relativa obbligazione venga ascadenza entro il termine dell’esercizio.

3. Nel caso di obbligazioni a carattere pluriennale, assunte dalla regione sullabase di specifica autorizzazione legislativa, a norma dell’articolo 3, commi 2 e3, ovvero assunte, per le spese correnti, quando ciò sia indispensabile per assi-curare la continuità dei servizi, formano impegno sugli stanziamenti dell’eser-cizio le sole quote che vengano a scadenza nel corso dell’esercizio medesimo.

4. Al fine di conseguire il più efficiente e completo utilizzo delle risorse assegna-te alla regione, la giunta regionale è autorizzata ad assumere obbligazioni,anche a carico degli esercizi successivi, in conformità con l’importo e secon-do la distribuzione temporale delle risorse disposte:

a) dai piani finanziari, sia di programmazione sia di cassa, approvati dall’U-nione europea e dalle relative deliberazioni del CIPE di cofinanziamentonazionale;

b) dai quadri finanziari sia di programmazione, sia di cassa contenuti nelledeliberazioni del CIPE di riparto di risorse.

5. L’amministrazione regionale può assumere impegni nei limiti dell’interasomma indicata al comma 4, lettere a) e b). I relativi pagamenti devonocomunque essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

Art. 19. Pagamento delle spese

1. I pagamenti sono disposti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di cassa delbilancio in corso, con separata scritturazione secondo che si tratti di paga-menti in conto competenze o in conto residui.

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2. Al pagamento delle spese, conseguenti alle deliberazioni o agli atti con i qualisono assunti i relativi impegni, si provvede esclusivamente se tali deliberazio-ni o atti siano divenuti esecutivi, ovvero risultino immediatamente eseguibili.

Art. 20. Gestione del bilancio

1. La legge regionale stabilisce le modalità e determina le competenze per lagestione delle spese, in modo da assicurare adeguati controlli anche a caratte-re economico-finanziario nell’ambito di ciascuna unità operativa di un servi-zio, di un settore o di un programma o progetto della regione.

Art. 21. Residui

1. Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse e versate entroil termine dell’esercizio.

2. Costituiscono residui passivi le somme impegnate a norma dell’articolo 18 enon pagate entro il termine dell’esercizio. Non è ammessa la conservazionenel conto dei residui di somme non impegnate, a norma dell’articolo 18,entro il termine dell’esercizio nel cui bilancio esse furono iscritte, salvo quan-to previsto dal presente articolo.

3. Le somme di cui al comma 2 possono essere conservate nel conto dei residuiper non più di due anni, successivi a quello in cui l’impegno si è perfezionato,per le spese correnti e per non più di sette anni per le spese in conto capitale.

4. Tutte le somme iscritte tra le entrate di competenza del bilancio e non accer-tate entro il termine dell’esercizio costituiscono minori accertamenti rispettoalle previsioni ed a tale titolo concorrono a determinare i risultati finali dellagestione.

5. Tutte le somme iscritte negli stanziamenti di competenza del bilancio e nonimpegnate, a norma dell’articolo 18, entro il termine dell’esercizio costitui-scono economia di spesa e a tale titolo concorrono a determinare i risultatifinali della gestione.

6. Le somme iscritte negli stanziamenti di spesa in conto capitale o di investi-mento non impegnate entro il 30 giugno possono essere mantenute in bilan-cio, quali residui, non oltre il terzo esercizio finanziario successivo alla primaiscrizione.

Art. 22. Fondi statali assegnati alle regioni

1. Tutte le somme assegnate, a qualsiasi titolo, dallo Stato alla regione conflui-scono nel bilancio regionale, senza vincolo a specifiche destinazioni, salvo ilcaso di assegnazioni in corrispondenza di deleghe di funzioni amministrativea norma dell’articolo 118, secondo comma, della Costituzione, nonché diassegnazioni vincolate per calamità naturali e per interventi di interessenazionale.

2. Nei casi di assegnazioni dallo Stato alla regione, connesse a deleghe di funzio-ni amministrative, e comunque negli altri casi di assegnazione di somme di

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cui al comma 1, la regione ha facoltà di stanziare e di erogare somme ecce-denti quelle assegnate dallo Stato, ferme, nel caso di delega, le disposizionidelle leggi statali che disciplinano le relative funzioni.

3. La regione ha altresì facoltà, qualora abbia erogato in un esercizio sommeeccedenti quelle ad essa assegnate dallo Stato a norma del comma 2, di com-pensare tali maggiori spese con minori erogazioni per lo stesso scopo nei dueesercizi immediatamente successivi.

4. La regione può, in relazione all’epoca in cui avviene l’assegnazione dei fondistatali di cui al comma 1, attribuire le relative spese alla competenza dell’eser-cizio immediatamente successivo, allorché non sia possibile far luogo all’im-pegno di tali spese, a norma dell’articolo 18, entro il termine dell’esercizio nelcorso del quale ha luogo l’assegnazione.

5. Fino a quando non sia approvato il rendiconto di tale ultimo esercizio, dellespese di cui al comma 4 non si tiene conto ai fini del calcolo dell’eventualedisavanzo di cui all’articolo 5, comma 2.

Art. 23. Mutui e altre forme di indebitamento

1. Il secondo comma dell’articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e suc-cessive modificazioni, è sostituito dal seguente:“L’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e inte-resse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell’eserci-zio considerato deve essere compatibile con i vincoli di cui al comma 1 e nonpuò comunque superare il 25 per cento dell’ammontare complessivo delleentrate tributarie non vincolate della regione ed a condizione che gli onerifuturi di ammortamento trovino copertura nell’ambito del bilancio plurien-nale della regione stessa.”.

2. Non può essere autorizzata la contrazione di nuovo indebitamento se non èstato approvato dal consiglio regionale il rendiconto dell’esercizio di due anniprecedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce.

3. L’autorizzazione all’indebitamento, concessa con la legge di approvazione delbilancio o con leggi di variazione del medesimo, decade al termine dell’eser-cizio cui il bilancio si riferisce.

4. Le entrate da operazioni di indebitamento perfezionate entro il termine del-l’esercizio, se non riscosse, vengono iscritte tra i residui attivi.

5. Le somme iscritte nello stato di previsione dell’entrata in relazione ad opera-zioni di indebitamento autorizzate, ma non perfezionate entro il termine del-l’esercizio, costituiscono minori entrate rispetto alle previsioni.

Art. 24. Garanzie prestate dalla regione

1. In allegato al bilancio preventivo della regione devono essere elencate legaranzie principali o sussidiarie prestate dalla regione a favore di enti e di altrisoggetti ai sensi delle leggi vigenti.

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Art. 25. Rendiconto generale

1. I risultati della gestione sono dimostrati nel rendiconto generale annualedella regione.

2. Il rendiconto generale comprende il conto del bilancio relativo alla gestionedel bilancio ed il conto generale del patrimonio.

Art. 26. Conto del bilancio

1. Nel conto del bilancio sono esposte le risultanze della gestione delle entratee delle spese secondo la stessa struttura del bilancio di previsione. Esso deveconsentire, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lavalutazione delle politiche pubbliche regionali di settore, sulla base della clas-sificazione per funzioni obiettivo e per unità previsionali di base, in modo daconsentire la valutazione economica e finanziaria delle risultanze di entratae di spesa in relazione agli obiettivi stabiliti, agli indicatori di efficacia e diefficienza.

Art. 27. Conto generale del patrimonio

1. Il conto generale del patrimonio, indica, in termini di valori aggiornati alladata di chiusura dell’esercizio cui il conto si riferisce:

a) le attività e le passività finanziarie;

b) i beni mobili e immobili;

c) ogni altra attività e passività, nonché le poste rettificative.

2. Al fine di consentire l’armonizzazione dei conti del patrimonio regionale conquello relativo al patrimonio dello Stato, i conti stessi sono riclassificatisecondo i criteri stabiliti dall’articolo 10, comma 3.

3. Il conto del patrimonio deve inoltre contenere la dimostrazione dei punti diconcordanza tra la contabilità del bilancio e quella del patrimonio.

4. Al conto del patrimonio è allegato un elenco descrittivo dei beni appartenen-ti al patrimonio immobiliare della regione alla data di chiusura dell’eserciziocui il conto si riferisce, con l’indicazione delle rispettive destinazioni e dell’e-ventuale reddito da essi prodotto.

5. Ferma restando l’attuale distinzione in categorie dei beni della regione, èintrodotta nel conto generale del patrimonio un’ulteriore classificazione, alfine di consentire l’individuazione di beni suscettibili di utilizzazione econo-mica.

Art. 28. Rendiconti degli enti dipendenti dalla regione e spese degli enti locali

1. I rendiconti degli enti e degli organismi, in qualunque forma costituiti, dipen-denti dalla regione sono approvati annualmente nei termini e nelle forme sta-biliti dallo statuto e dalle leggi regionali e sono pubblicati nel bollettino uffi-ciale della regione.

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2. I rendiconti di cui al comma 1 sono redatti in conformità a quanto dispostonegli articoli 26 e 27.

3. Al rendiconto generale della regione è allegato altresì l’ultimo bilancio appro-vato da ciascuna società in cui la regione abbia partecipazione finanziaria.

4. Si applica ai rendiconti degli enti locali il disposto dell’articolo 12, comma 3.

Art. 29. Modalità per la formazione e l’approvazione del rendiconto

1. Il rendiconto generale della regione è approvato con legge regionale entro il30 giugno dell’anno successivo all’esercizio cui questo si riferisce. Lo statutoe le leggi regionali stabiliscono le modalità e i termini per la sua presentazio-ne al consiglio regionale.

2. Entro il 30 settembre di ciascun anno il Governo presenta al Parlamento unarelazione sulle decisioni assunte, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione,in merito alle leggi delle regioni a statuto ordinario che approvano il rendi-conto generale della regione. La relazione espone i rilievi del Governo circal’osservanza di quanto disposto dal comma 1 e dagli articoli 25, 26, 27 e 28.Entro il 15 novembre di ciascun anno la relazione è integrata dai rilievi e dagliesiti relativi alle predette leggi regionali rinviate al nuovo esame del consiglioregionale, o per le quali il Governo ha promosso la questione di legittimitàdavanti alla Corte costituzionale.

Art. 30. Autonomia contabile del consiglio regionale

1. Le regioni, sulla base delle norme dei rispettivi statuti, assicurano l’autonomiacontabile del consiglio regionale, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legge6 dicembre 1973, n. 853, ferma la competenza regolamentare interna attribui-ta al consiglio medesimo.

Art. 31. Servizio di tesoreria della regione

1. La legge regionale disciplina il servizio di tesoreria della regione.

Art. 32. Cooperazione Stato-regioni

1. Gli organi statali e le regioni sono tenuti a fornirsi reciprocamente e a richie-sta ogni notizia utile allo svolgimento delle proprie funzioni nella materia dicui al presente decreto, nonché a concordare le modalità di utilizzazionecomune dei rispettivi sistemi informativi e le altre forme di collaborazione.

2. L’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, dell’articolo 10, stabi-lisce le modalità con le quali le regioni trasmettono trimestralmente al siste-ma informativo del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazio-ne economica i dati dei propri sistemi informativi riguardanti le unità previ-sionali di entrata e di spesa, secondo la specificazione poste al comma 3, del-l’articolo 4, e le classificazioni determinate ai fini della loro armonizzazionecon il bilancio dello Stato.

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Art. 33. Responsabilità verso l’ente degli amministratori e dei dipendenti, competenza della Corte dei conti e obblighi di denunzia.

1. Gli amministratori e i dipendenti della regione, per danni arrecati nell’eserci-zio delle loro funzioni, rispondono nei soli casi e negli stessi limiti di cui allelegge 14 gennaio 1994, n. 20 e 20 dicembre 1995, n. 639. Si applicano alleindicate ipotesi di responsabilità gli istituti processuali valevoli per i dipen-denti delle amministrazioni statali.

Art. 34. Norme finali e transitorie

1. La legge regionale disciplina la formazione e la struttura del bilancio dellaregione, e le procedure di gestione del bilancio medesimo, in conformità aiprincipi del presente decreto, ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione.

2. Fino a quando la regione non abbia esercitato la propria potestà legislativanella materia di cui al comma 1, continuano ad applicarsi le disposizioni,contenute anche nelle leggi regionali, precedentemente in vigore nella mate-ria medesima, non oltre comunque il 31 dicembre 2001. A decorrere dal 1ogennaio 2002, il mancato adeguamento della legislazione regionale ai princi-pi del presente decreto è rilevabile quale vizio di legittimità della legge regio-nale di approvazione del bilancio in sede di esame da parte dei competentiorgani statali ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

3. Con apposita legge della Repubblica sono stabiliti i principi fondamentali inmateria di amministrazione del patrimonio e di contratti delle regioni. Finoall’emariazione della legge predetta si osservano le norme dello Stato in materiadi beni e di contratti, salva diversa disciplina dettata dalla legge regionale nel-l’ambito dei principi fondamentali della legislazione statale vigente in materia.

4. Dopo i primi due anni di applicazione generalizzata del nuovo ordinamentocontabile previsto dal presente decreto si provvede, d’intesa con la Conferen-za permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome diTrento e Bolzano, ad una verifica dell’effettiva rispondenza del nuovo assettoalle esigenze funzionali delle regioni, al fine di pervenire alle eventuali modi-fiche intese a realizzare una più efficace disciplina della materia.

Art. 35. Abrogazioni

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogatetutte le disposizioni con esso incompatibili e, in particolare, la legge 19 mag-gio 1976, n. 335.

2. Rimangono ferme le abrogazioni disposte dal quinto comma dell’articolo 35della legge 19 maggio 1976, n. 335.

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CAPO I DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INVESTIMENTI

Art. 1. Costituzione di unità tecniche di supporto alla programmazione, alla valuta-zione e al monitoraggio degli investimenti pubblici

1. Al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di pro-grammazione delle politiche di sviluppo, le amministrazioni centrali e regio-nali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, leregioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, istituiscono e rendo-no operativi, entro il 31 ottobre 1999, propri nuclei di valutazione e verificadegli investimenti pubblici che, in raccordo fra loro e con il Nucleo di valuta-zione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero del tesoro, del bilan-cio e della programmazione economica, garantiscono il supporto tecniconelle fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica di piani, pro-grammi e politiche di intervento promossi e attuati da ogni singola ammini-strazione. È assicurata l’integrazione dei nuclei di valutazione e verifica degliinvestimenti pubblici con il Sistema statistico nazionale, secondo quanto pre-visto dall’articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

2. I nuclei di valutazione e verifica di cui al comma 1 operano all’interno dellerispettive amministrazioni, in collegamento con gli uffici di statistica costitui-ti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, ed esprimono ade-guati livelli di competenza tecnica ed operativa al fine di poter svolgere fun-zioni tecniche a forte contenuto di specializzazione, con particolare riferi-mento per:

a) l’assistenza e il supporto tecnico per le fasi di programmazione, formula-zione e valutazione di documenti di programma, per le analisi di oppor-tunità e fattibilità degli investimenti e per la valutazione ex ante di pro-getti e interventi, tenendo conto in particolare di criteri di qualitàambientale e di sostenibilità dello sviluppo ovvero dell’indicazione dellacompatibilità ecologica degli investimenti pubblici;

b) la gestione del Sistema di monitoraggio di cui al comma 5, da realizzarecongiuntamente con gli uffici di statistica delle rispettive amministrazioni;

c) l’attività volta alla graduale estensione delle tecniche proprie dei fondistrutturali all’insieme dei programmi e dei progetti attuati a livello terri-

153APPENDICE

2.3. ESTRATTO DALLA LEGGE N.144/99 SULLE PRESCRIZIONI IN TEMA DI VALUTAZIONE E VERIFICA DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

L. 17 maggio 1999, n. 144 Misure in materia di investimenti, delega al governo per il riordino degliincentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonchédisposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

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toriale, con riferimento alle fasi di programmazione, valutazione, moni-toraggio e verifica.

3. Le attività volte alla costituzione dei nuclei di valutazione e verifica di cui alcomma 1 sono attuate autonomamente sotto il profilo amministrativo, orga-nizzativo e funzionale dalle singole amministrazioni tenendo conto dellestrutture similari già esistenti e della necessità di evitare duplicazioni. Leamministrazioni provvedono a tal fine ad elaborare, anche sulla base di un’a-deguata analisi organizzativa, un programma di attuazione comprensivo delleconnesse attività di formazione e aggiornamento necessarie alla costituzionee all’avvio dei nuclei.

4. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decre-to del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanen-te per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e diBolzano, sono indicate le caratteristiche organizzative comuni dei nuclei dicui al presente articolo, ivi compresa la spettanza di compensi agli eventualicomponenti estranei alla pubblica amministrazione, nonché le modalità e icriteri per la formulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione dicui al comma 3.

5. È istituito presso il Comitato interministeriale per la programmazione econo-mica (CIPE) il “Sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici” (MIP),con il compito di fornire tempestivamente informazioni sull’attuazione dellepolitiche di sviluppo, con particolare riferimento ai programmi cofinanziaticon i fondi strutturali europei, sulla base dell’attività di monitoraggio svoltadai nuclei di cui al comma 1. Tale attività concerne le modalità attuative deiprogrammi di investimento e l’avanzamento tecnico-procedurale, finanziarioe fisico dei singoli interventi. Il Sistema di monitoraggio degli investimentipubblici è funzionale all’alimentazione di una banca dati tenuta nell’ambitodello stesso CIPE, anche con l’utilizzazione del Sistema informativo integratodel Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. IlCIPE, con propria deliberazione, costituisce e definisce la strutturazione delSistema di monitoraggio degli investimenti pubblici disciplina il suo funzio-namento ed emana indirizzi per la sua attività, previa intesa con la Conferen-za permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome diTrento e di Bolzano.

6. Il Sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici deve essere flessibile edintegrabile in modo tale da essere funzionale al progetto “Rete unitaria dellapubblica amministrazione”, di cui alla direttiva del Presidente del Consigliodei ministri 5 settembre 1995, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 272 del21 novembre 1995. Le informazioni derivanti dall’attività di monitoraggiosono trasmesse dal CIPE alla Cabina di regia nazionale di cui all’articolo 6 deldecreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dallalegge 8 agosto l995, n. 341, alla sezione centrale dell’Osservatorio dei lavoripubblici e, in relazione alle rispettive competenze, a tutte le amministrazionicentrali e regionali. Il CIPE invia un rapporto semestrale al Parlamento.

7. Per le finalità di cui al presente articolo, ivi compreso il ruolo di coordina-mento svolto dal CIPE, è istituito un fondo da ripartire, previa deliberazione

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del CIPE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regio-ni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministrodel tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Per la dotazionedel fondo è autorizzata la spesa di lire 8 miliardi per l’anno 1999 e di lire 10miliardi annue a decorrere dall’anno 2000.

8. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari a 8 miliardi dilire per l’anno 1999 e 10 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2000 e 2001,si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilan-cio triennale 1999-2001, nell’ambito dell’unità previsionale di base di partecorrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro,del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1999, parzialmen-te utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

9. Per le finalità di cui al comma 1, il CIPE, sentita la Conferenza permanenteper i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bol-zano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari permanen-ti, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, indi-ca i criteri ai quali dovranno attenersi le regioni e le province autonome alfine di suddividere il rispettivo territorio in Sistemi locali del lavoro, indivi-duando tra questi i distretti economico-produttivi sulla base di una metodo-logia e di indicatori elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), chene curerà anche l’aggiornamento periodico. Tali indicatori considererannofenomeni demografici, sociali, economici, nonché la dotazione infrastruttu-rale e la presenza di fattori di localizzazione, situazione orografica e condizio-ne ambientale ai fini della programmazione delle politiche di sviluppo di cuial comma 1. Sono fatte salve le competenze in materia delle regioni, delle pro-vince autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali.

155APPENDICE

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156

La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CEE) n. 4253/88 del Consiglio, del 19 dicembre 1988,recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 perquanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali,da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimen-ti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro, modificato da ultimodal regolamento (CE) n. 3193/94 in particolare l’articolo 23, paragrafo 1,quarto comma;

sentiti il comitato consultivo per lo sviluppo e la riconversione delle regionie il comitato di cui all’articolo 124 del trattato;

considerando che l’articolo 23, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 4253/88definisce i principi fondamentali del controllo finanziario cui gli Stati mem-bri sottopongono le operazioni cofinanziate dei Fondi strutturali;

considerando che, per assicurare un sufficiente rigore ai controlli finanziarieseguiti nella Comunità, è necessario specificare alcuni requisiti minimi didetti controlli;

considerando che taluni aspetti costituzionali ed amministrativi presenti neisingoli Stati membri esigono che il presente regolamento sia integrato daadeguati accordi amministrativi tra la Commissione e ciascuno degli Statimembri;

considerando che il presente regolamento deve applicarsi a tutte le forme diintervento previste dall’articolo 5, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n.2052/88, del 24 giugno 1988, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strut-turali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quellidella Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esi-stenti, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3193/94, purché taliforme d’intervento siano gestite dagli Stati membri;

2.4. REGOLAMENTO DELLA COMMISSIONE EUROPEAN.2064/97 IN TEMA DI GESTIONE E CONTROLLO DEI FONDI STRUTTURALI

Reg. (CE) n. 2064/97 del 15 ottobre 19971

Regolamento della commissione recante modalità di applicazione del regolamento (cee) n. 4253/88 del consiglio, riguardo ai controlli finanziarieffettuati dagli stati membri sulle operazioni cofinanziate dai fondi strutturali2.

1. Pubblicato nella G.U.C.E. 23 ottobre 1997, n. L 290. Per l’entrata in vigore del presente regolamen-to vedi l'articolo 17.

2. La parola “destinatario” è stata così sostituita dalla parola “beneficiario” in tutto il testo del presen-te regolamento, così come disposto dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

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157APPENDICE

considerando che i sistemi di gestione e di controllo degli Stati membri deb-bono essere tali da assicurare un un’esecuzione adeguata ed efficace delle ope-razioni cofinanziate dai Fondi strutturali;

considerando che occorre dettare regole per l’esecuzione dei controlli da partedegli Stati membri e prevedere consultazioni periodiche tra gli Stati membri ela Commissione in modo da sfruttare al massimo le risorse globalmente desti-nate ai controlli a livello nazionale e comunitario;

considerando che gli Stati membri debbono assicurare indagini e interventiadeguati sulle presunte irregolarità segnalate a seguito di controlli nazionali ocomunitari;

considerando che, nell’ambito della liquidazione delle forme di intervento,gli Stati membri debbono presentare alla Commissione un attestato prove-niente da fonte indipendente che contenga conclusioni generali sulla fonda-tezza della domanda di pagamento del saldo e consenta di individuare leeventuali insufficienze o irregolarità e di intervenire adeguatamente;

considerando che gli Stati membri debbono riferire annualmente alla Com-missione sull’applicazione del presente regolamento;

considerando che a norma dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma delregolamento (CEE) n 4253/88 gli Stati membri sono tenuti a comunicare allaCommissione una descrizione dei sistemi di controllo e di gestione utilizzati;che siffatte descrizioni devono, se del caso, venire completate ed aggiornate;

considerando che, nel caso di forme d’intervento cui partecipano più Statimembri, occorre prevedere una cooperazione amministrativa tra gli Statimembri interessati e la Commissione;

considerando che gli Stati membri devono essere liberi di applicare, a livel-lo nazionale, norme di controllo più severe di quelle di cui al presente rego-lamento;

considerando che il presente regolamento fa salva l’applicazione del regola-mento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, rela-tivo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai finidella tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi ealtre irregolarità, e del regolamento (CE) n. 1681/94 della Commissione,dell’11 luglio 1994, relativo alle irregolarità a al recupero delle somme inde-bitamente pagate nell’ambito del finanziamento delle politiche strutturalinonché all’organizzazione di un sistema d’informazione in questo settore;

considerando che in forza dell’articolo 214 del trattato CE non devono esse-re divulgati a persone non autorizzate i segreti professionali di cui si venis-se a conoscenza durante l’esecuzione dei controlli previsti dal presente rego-lamento;

considerando che le misure previste dal presente regolamento sono conformial parere del comitato di gestione per le strutture agrarie e lo sviluppo ruralee del comitato permanente di gestione per le strutture della pesca,ha adotta-to il presente regolamento:

Page 146: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

158

Articolo 1

Il presente regolamento si applica alle forme di intervento di cui all’articolo5, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2052/88 che sono gestite dagli Statimembri.

Articolo 2

1. I sistemi di gestione e di controllo degli Stati membri debbono conformarsi aquanto segue:

a) assicurare l’adeguata esecuzione delle forme di intervento conformemen-te agli obiettivi di una sana gestione finanziaria;

b) prevedere una certificazione adeguata circa la fondatezza delle domande dipagamento di anticipi e saldi, basate su spese effettivamente sostenute;

c) prevedere una pista di controllo adeguata;

d) specificare l’organizzazione delle competenze ed in particolare i controllida eseguire ai diversi livelli per garantire la validità delle certificazioni;

e) rendere agevole l’individuazione di eventuali carenze o rischi nell’esecu-zione di azioni e progetti;

f) prevedere interventi correttivi per eliminare carenze, rischi o irregolaritàindividuati durante l’esecuzione del progetto, con particolare riguardoalla gestione finanziaria3.

2. Ai fini del presente regolamento una pista di controllo è adeguata quandoconsenta quanto segue:

a) di verificare la corrispondenza fra gli dati riepilogativi certificati alla Com-missione con le singole registrazioni di spesa e la relativa documentazionegiustificativa ai vari livelli dell’amministrazione e dei beneficiari finali4;

b) controllare l’assegnazione e i trasferimenti delle risorse comunitarie enazionali disponibili.

3. Una descrizione indicativa delle informazioni richieste per una pista di con-trollo adeguata figura nell’allegato I.

Articolo 3

1. Gli Stati membri organizzano, sulla base di un sondaggio adeguato, controllidei progetti o delle iniziative (in prosieguo: “i controlli”), in particolare ai finiseguenti:

a) verificare l’efficacia dei sistemi di gestione e controllo utilizzati;

b) verificare, con criteri selettivi e sulla base di un’analisi dei rischi, le dichia-razioni di spesa predisposte ai diversi livelli5.

3. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

4. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

5. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

Page 147: Lattanzio e Associati_Manuale Per Il Controllo Strategico e Gestionale

159APPENDICE

2. I controlli eseguiti prima della liquidazione delle varie forme di interventoriguardano almeno il 5% della spesa totale sovvenzionabile e un campionerappresentativo dei progetti o delle iniziative, approvati, tenendo conto deldisposto del paragrafo 3.Per le forme d’intervento approvate prima dell’entrata in vigore del presenteregolamento la suddetta percentuale può essere ridotta proporzionalmente.Gli Stati membri si adoperano per ripartire uniformemente l’esecuzione deicontrolli su tutto il periodo interessato.

3. Nel selezionare il campione di progetti o iniziative da sottoporre a controlli sitiene conto di quanto segue:

a) l’esigenza di controllare progetti o iniziative di vario tipo e dimensioni;

b) i fattori di rischio individuati dai controlli nazionali o comunitari;

c) la concentrazione di progetti in capo a determinate autorità o a talunibeneficiari finali, in modo che i principali servizi preposti all’esecuzionee i principali beneficiari finali siano sottoposti almeno ad un controlloprima della liquidazione di ciascuna forma di intervento.

Articolo 4

Con i controlli di cui all’articolo 3 gli Stati membri tentano di verificare alme-no gli aspetti seguenti:

a) l’applicazione pratica e l’efficacia dei sistemi di gestione e di controllo;

b) a livello del beneficiario finale e delle autorità intermedie, la concordan-za tra un adeguato numero di registrazioni contabili e i pertinenti docu-menti giustificativi;

c) la presenza di una pista di controllo adeguata;

d) per un adeguato numero di voci di spesa, che la natura e i tempi degliimpegni e dei pagamenti siano conformi alle prescrizioni comunitarie ealle caratteristiche fisiche che erano state approvate per il progetto e ailavori effettivamente eseguiti;

e) che la destinazione o la prevista destinazione del progetto corrisponda aquella descritta nella domanda di cofinanziamento comunitario;

f) che i contributi finanziari della Comunità rientrino nei limiti fissati dal-l’articolo 13 del regolamento (CEE) n. 2052/88 e dalle altre disposizionicomunitarie pertinenti, e che siano pagati ai beneficiari finali senzadecurtazioni o ritardi ingiustificati;

g) che il pertinente cofinanziamento nazionale sia realmente disponibile;

h) che le iniziative cofinanziate siano state realizzate conformemente aldisposto dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2052/88.

Articolo 5

I controlli accertano se i problemi eventualmente riscontrati hanno caratteresistematico e costituiscono quindi un fattore di rischio per altri progetti

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160

facenti capo allo stesso beneficiario finale o sono gestiti dalla stessa autoritàresponsabile della realizzazione; individuano inoltre le cause di una tale situa-zione e l’esigenza di eventuali esami ulteriori nonché di opportune misurecorrettive e preventive.

Articolo 6

Almeno una volta all’anno la Commissione ed i singoli Stati membri si con-sultano allo scopo di coordinare i programmi di controlli in modo da sfrutta-re al massimo le risorse globalmente destinate ai controlli a livello nazionalee comunitario. Le consultazioni riguardano anche le tecniche da applicare perl’analisi dei rischi e tengono conto dei controlli recenti, nonché delle relazio-ni e delle comunicazioni delle autorità nazionali, della Commissione e dellaCorte dei conti.

Articolo 7

1. Gli Stati membri provvedono affinché le presunte irregolarità constatate aseguito di controlli nazionali o comunitari siano oggetto d’indagini e dianoluogo ad un adeguato intervento.

2. Se una presunta irregolarità non ha formato oggetto di un adeguato interventonei sei mesi successivi alla segnalazione alla pertinente autorità responsabiledella realizzazione, lo Stato membro interessato ne informa la Commissione,qualora non lo abbia già fatto in applicazione del regolamento (CE) n. 1681/94.

3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, per “adeguato intervento” si intende la presentazio-ne alla persona o all’organismo incaricati dei controlli nello Stato membro, daparte del beneficiario finale o dell’autorità responsabile della realizzazione, disufficienti elementi di prova che la presunta irregolarità non sussiste o è statasanata. Qualora l’irregolarità presenti carattere sistematico, per adeguatointervento si intende anche l’adozione delle necessarie misure correttive per icasi che non erano stati autonomamente individuati nel corso dei controlli eper la prevenzione del reiterarsi di situazioni analoghe.

4. Gli elementi di prova di cui al paragrafo 3 possono essere costituiti da copiedelle registrazioni contabili e dei documenti giustificativi o da qualsivogliaelemento probante utile.

Articolo 8

1. Al più tardi contestualmente alla presentazione della domanda di pagamentofinale e della dichiarazione finale delle spese riguardanti ciascuna forma diintervento, gli Stati membri trasmettono alla Commissione un attestato, il cuimodello è fornito a titolo indicativo all’allegato II, redatto da una persona oda un organismo indipendente nelle sue funzioni dal servizio responsabiledella realizzazione. L’attestato riassume le risultanze dei controlli effettuatinegli anni precedenti e viene globalmente valutata la fondatezza delladomanda di pagamento finale, nonché la legittimità e la regolarità delle ope-razioni alle quali fa riferimento la dichiarazione finale delle spese6.

6. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

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161APPENDICE

2. Se l’esistenza di gravi carenze di gestione o controllo o la frequenza delle irre-golarità constatate non consentono di certificare globalmente la fondatezzadella domanda di pagamento finale e della dichiarazione finale delle spese,l’attestato riferisce in merito alla situazione, indica la probabile rilevanza delproblema e stima le relative conseguenze finanziarie.In tal caso, la Commissione può chiedere l’esecuzione di un ulteriore control-lo al fine di individuare e sanare le irregolarità entro un dato termine.

Articolo 9

Entro il 30 giugno di ogni anno e per la prima volta entro il 30 giugno 1998,gli Stati membri, informano la Commissione in merito all’applicazione delpresente regolamento nell’anno civile precedente, con particolare riguardo aldisposto dell’articolo 2, indicando anche eventuali integrazioni e aggiorna-menti da apportare alla descrizione dei sistemi di gestione e controllo di cuiall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma del regolamento (CEE) n. 4253/88.

Articolo 10

Sulla base di accordi amministrativi conclusi con ogni Stato membro, la Com-missione e gli Stati membri cooperano per assicurare il conseguimento degliscopi del presente regolamento.

Articolo 11

Per le forme di intervento cui partecipano più Stati membri o i cui beneficia-ri sono in più Stati membri, gli Stati membri interessati e la Commissione siforniscono la reciproca assistenza amministrativa necessaria ad assicurare unadeguato controllo.

Articolo 12

1. Le persone o gli organismi responsabili della realizzazione delle operazionicofinanziate dalla Comunità provvedono affinché tutta la documentazione ele registrazioni contabili necessari per l’esecuzione dei controlli siano messi adisposizione dei funzionari responsabili dei controlli stessi o delle persone atal fine delegate.

2. I funzionari responsabili dei controlli [o per]7 le persone a tal fine delegatepossono richiedere estratti o copie dei documenti o delle registrazioni conta-bili di cui al paragrafo 1.

Articolo 13

Le informazioni raccolte in occasione dei controlli sono coperte dal segretoprofessionale, secondo le norme nazionali e comunitarie pertinenti. Esse pos-sono essere comunicate soltanto alle persone che, per le funzioni cui sonopreposte negli Stati membri o nelle istituzioni delle Comunità, debbono aver-ne conoscenza per l’espletamento di dette funzioni.

7. Parola cancellata dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

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162

Articolo 14

Conformemente alle norme nazionali pertinenti, gli agenti della Commissio-ne hanno accesso a tutti i documenti elaborati in vista o a seguito dei control-li eseguiti in forza del presente regolamento, nonché ai dati raccolti, inclusiquelli memorizzati dai sistemi informatici.

Articolo 15

Nulla osta all’applicazione, da parte degli Stati membri, di disposizioni inmateria di controllo più severe di quelle previste dal presente regolamento.

Articolo 16

Qualora riguardino il FEAOG, sezione orientamento, i controlli eseguiti anorma dei regolamenti (CEE) n. 3508/92 del Consiglio e (CEE) n. 3887/92della Commissione possono valere anche a norma del presente regolamento.

Articolo 17

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo allapubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.L’articolo 8 si applica a decorrere dal 1° gennaio 1998.Tuttavia, il paragrafo 1 dell’articolo 8 non è d’applicazione con decorrenza 1°gennaio 1998 nei confronti delle forme d’intervento per le quali la primadecisione di concessione di aiuto fissa la data estrema per gli impegni comu-nitari e quelli nazionali non oltre il 1° gennaio 19978.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamenteapplicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 15 ottobre 1997.

Per la CommissioneAnita Gradinmembro della Commissione

8. Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 2406/98.

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163APPENDICE

ALLEGATO IDESCRIZIONE INDICATIVA DELLE INFORMAZIONI RICHIESTE PER LA PISTA DI CONTROLLO(ARTICOLO 2, PARAGRAFO 3)

Una pista di controllo adeguata ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3 è garanti-ta quando, per una determinata forma d’intervento:

1. Le registrazioni contabili disponibili ai vari livelli di gestione fornisconoinformazioni dettagliate sulle spese effettivamente sostenute dai beneficiarifinali per ciascun progetto cofinanziato, compresa la data della registrazionecontabile, l’importo di ogni voce di spesa, l’identificazione dei documentigiustificativi e la data e il metodo di pagamento. Le registrazioni sono corre-date dalla necessaria documentazione di supporto (ad es. le fatture).

2. Nel caso di voci di spesa che si riferiscono solo in parte alle operazioni cofi-nanziate dalla Comunità, dev’essere adeguatamente giustificata l’accuratez-za della ripartizione dell’importo tra operazioni cofinanziate dalla Comuni-tà ed altre operazioni. Analoga giustificazione è fornita anche per quei tipi dispesa riconosciuti ammissibili entro determinati limiti o proporzionalmentead altri costi.

3. I piani tecnici e finanziari del progetto, le relazioni sullo stato d’avanzamen-to, i documenti relativi all’approvazione dei contributi, le procedure di gara edi appalto, ecc. sono disponibili ai vari livelli di gestione.

4. Nel dichiarare le spese effettivamente sostenute alle autorità intermedie leinformazioni di cui al paragrafo 1 vengono riassunte in un rendiconto parti-colareggiato di spesa che indica, per ogni progetto cofinanziato dalla Comu-nità, tutte le singole voci di spesa che concorrono a formare l’importo com-plessivo certificato. Questi rendiconti di spesa dettagliati costituiscono ladocumentazione a sostegno delle registrazioni delle autorità intermedie.

5. Le autorità intermedie tengono le registrazioni contabili di ogni singolo pro-getto e dei dati riepilogativi di spesa certificati di volta in volta dai beneficia-ri finali9. Nel riferire alle autorità abilitate di cui all’articolo 21, paragrafo 5 delregolamento (CEE) n. 4253/88 le autorità intermedie presentano un elencodei progetti approvati nell’ambito di ogni forma d’intervento, oltre ad unaserie di informazioni che comprendono, per ogni singolo progetto, per lomeno l’identificazione completa del progetto e del beneficiario finale, la datadi approvazione del contributo, gli importi impegnati e pagati, il periodo dispesa considerato e gli importi di spesa per ogni misura e sottoprogramma. Queste informazioni costituiscono la documentazione a sostegno delle regi-strazioni contabili dell’autorità abilitata e servono di base per la preparazionedelle dichiarazioni di spesa da presentare alla Commissione.

6. Qualora i beneficiari finali riferiscano direttamente all’autorità abilitata, ilrendiconto dettagliato di spesa di cui al paragrafo 4 costituisce la documenta-zione a sostegno delle registrazioni contabili dell’autorità abilitata, che deveredigere l’elenco dei progetti di cui al paragrafo 5.

9. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

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7. Qualora, tra il beneficiario finale e l’autorità abilitata intervengano più auto-rità intermedie, ciascuna di queste esige, per il proprio settore di competenza,un rendiconto dettagliato delle spese al livello inferiore che utilizza comedocumentazione di sostegno per le proprie registrazioni contabili, delle qualitrasmette al livello superiore almeno un rendiconto degli importi di spesa perogni singolo progetto.

8. Qualora siano adottati altri modelli di organizzazione delle procedure digestione e di informazione, compresi trasferimenti elettronici di dati, tutte leautorità interessate ottengono informazioni sufficienti dal livello inferiore perpoter giustificare le proprie registrazioni contabili e gli importi dichiarati allivello superiore, garantendo così una buona traccia di controllo dai dati riepi-logativi certificati alla Commissione alle singole voci di spesa e relativi docu-menti giustificativi al livello del beneficiario finale10.

ALLEGATO IIMODELLO INDICATIVO DI ATTESTATO PER LA LIQUIDAZIONE DELLE FORME D’INTERVENTO(ARTICOLO 8)

Alla Commissione europea, direttore generale

INTRODUZIONE

1. Il sottoscritto(indicare nome, qualifica e servizio), dichiara di aver esaminatola dichiarazione finale di spesa per(indicare la forma di intervento il fondostrutturale e il periodo interessato) e la domanda di pagamento del saldo delcontributo comunitario.

CONTROLLI EFFETTUATI

2. Dichiaro di aver eseguito il controllo conformemente alle disposizioni delregolamento (CE) n. 2064/97. Ho programmato e eseguito il controllo con l’obiettivo di appurare, con unragionevole grado di certezza, che la dichiarazione finale di spesa e la doman-da di pagamento del saldo del contributo comunitario non contengano erro-ri sostanziali(descrivere brevemente come si è proceduto per l’esecuzione delcontrollo).

OSSERVAZIONI

3. Il lavoro di controllo è stato limitato dai seguenti fattori: a) b) c), ecc.(Indicarei limiti cui è stato soggetto il lavoro di controllo, ad esempio problemi sistema-tici, carenze di gestione, mancanza di traccia di controllo, mancanza di docu-menti giustificativi, procedimenti legali in corso, ecc.; valutare l’importo dispesa interessato da questi limiti e il corrispondente contributo comunitario).

4. Dal controllo da me effettuato e dalle conclusioni di altri controlli nazionalio comunitari ai quali ha potuto avere accesso è emersa una bassa/alta fre-

10. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.

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165APPENDICE

quenza (indicare a seconda dei casi; se la frequenza è alta, fornire le necessa-rie spiegazioni) di errori/irregolarità. Tutti gli errori/irregolarità rilevati hannodato luogo ad un adeguato intervento da parte delle autorità di gestione enon sembrano ripercuotersi sull’importo del contributo comunitario erogabi-le, con le seguenti eccezioni: a) b) c), ecc.(Indicare gli errori/le irregolarità chenon hanno dato luogo ad un adeguato intervento e, per ciascun caso, il pos-sibile carattere sistematico e la portata del problema, e l’importo del contribu-to comunitario interessato.)

CONCLUSIONI

Se il controllo non è stato soggetto a limitazioni, la frequenza di errori rileva-ta è bassa e tutti i problemi sono stati adeguatamente affrontati:

5 a) In base al controllo da me effettuato e alle conclusioni di altri controlli nazio-nali e comunitari ai quali ho potuto avere accesso, ritengo che la dichiarazio-ne finale di spesa rispecchia in modo sostanzialmente corretto le spese effet-tuate conformemente alle disposizioni regolamentari e alle disposizioni delprogramma e la domanda di pagamento del saldo del contributo comunita-rio è da considerarsi valida. Se ci sono state alcune limitazioni al controllo,ma la frequenza di errori non è elevata oppure se ci sono problemi che nonsono stati adeguatamente affrontati:

5 b) In base al controllo da me effettuato e alle conclusioni di altri controlli nazio-nali o comunitari alle quali ho potuto aver accesso ritengo, se si eccettuanogli aspetti di cui al precedente punto 3 e/o gli errori/le irregolarità che nonsono stati adeguatamente trattati, come riferito al precedente punto 4, che ladichiarazione finale di spesa rispecchi in modo sostanzialmente corretto lespese effettuate conformemente alle disposizioni regolamentari e alle disposi-zioni del programma e che la richiesta di pagamento del saldo del contributocomunitario debba essere considerata valida. Se il controllo è stato fortemen-te limitato o la frequenza di errori è elevata, anche se gli errori/le irregolaritàriscontrati sono stati affrontati adeguatamente:

5 c) In considerazione degli aspetti di cui al precedente punto 3 e/o vista l’alta fre-quenza di errori indicata al punto 4 non sono in grado di esprimere un giu-dizio sulla dichiarazione finale di spesa e sulla richiesta di pagamento delsaldo del contributo comunitario.

Data e firma

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MANUALI

Manuale per il Controllo strategico e Gestionale - Un contriburo ai progetti di ridisegno dei Sistemi diProgrammazione e Controlloa cura di Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi2003

ESPERIENZE

Lo Sportello Unico per le attività produttive - Il caso dei 19 comuni associati nel “Salentocentro”a cura di Ezio Lattanzio2003

STRUMENTI PER L’INNOVAZIONE

DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

VOLUMI PUBBLICATI

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Finito di stampare nel novembre 2003da Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali88049 Soveria Mannelli (CZ)

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Lattanzio e Associati, società di consulen-za per la direzione e la formazione mana-geriale, è specializzata in interventi diinnovazione nel settore della PubblicaAmministrazione.

Si è affermata come società protagonistanella consulenza per il settore pubblico ecome leader sui temi più rilevanti di inno-vazione, primo fra tutti i modelli di gover-nance ed i sistemi programmazione econtrollo strategico e gestionale.

Lattanzio e Associati, nel periodo 1999-2003, ha affiancato oltre 100 enti pubblicirealizzando circa 200 progetti di innova-zione in tutte le aree geografiche delpaese ed a tutti i livelli istituzionali. Tra questi numerose Amministrazioni cen-trali, le principali Regioni, le maggiori Pro-vince, molti Comuni e numerose aziendedi pubblici servizi. Ha realizzato molti pro-getti riconosciuti come best practice dadiffondere in altre realtà.

Svolge attività continua di ricerca ed inve-stimento nello sviluppo di know how suitemi di frontiera dell’innovazione delleamministrazioni pubbliche.

Ha sedi a Milano, Roma, Napoli e Bari

partner delle Amministrazioni Pubblichenella sfida dell’innovazione

Le principali aree di intervento sono:

Sistemi di governance interna Modelliorganizzativi, programmazione, riformadel bilancio, controllo strategico e gestio-nale, contabilità analitica, internal audi-ting, valutazione dei dirigenti, produttivitàed incentivazione.

Sistemi di governance esterna Governan-ce e modelli di cooperazione interistituzio-nale per la gestione delle politiche, pro-grammazione partecipata, gestione asso-ciata dei servizi e delle funzioni.

E-government Semplificazione ammini-strativa, sportelli unici, ridisegno dei pro-cessi e nuove tecnologie ICT.

Modelli di gestione degli acquisti Pro-grammazione dei fabbisogni, strategie diapprovvigionamento, e-procurement, out-sourcing e global service.

Public Utilities Strategie e piani industriali,evoluzioni societarie, gestione dei con-tratti di servizio, controllo di gestione edoperativo,

Formazione manageriale Programmazionee definizione di piani formativi, progetta-zione, coordinamento e realizzazione,valutazione.

Gestione dell’innovazione Laboratori, can-tieri, diffusione buone prassi, projectmanagement.

Il tema del riordino dei sistemi di controllointerno ha una portata dirompente nel pro-cesso di trasformazione della PubblicaAmministrazione del quale non è solo parteintegrante, ma ne costituisce uno degli ele-menti determinanti per il suo successo ofallimento. L’introduzione di un modellogestionale per obiettivi e risultati implicauna concezione dei controlli più moderna efunzionale, basata sull’autocontrollo, chesuperi le logiche di controllo burocratico eprescrittivo che hanno caratterizzato leesperienze degli anni ’90 nella prima fasedi attività dei Servizi di controllo internonelle amministrazioni pubbliche italiane.

È questo il messaggio del Manuale per ilcontrollo strategico e gestionale, elabora-

MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

to, nell’ambito della Conferenza dei Servizidi controllo delle Regioni e Province auto-nome, da un gruppo di lavoro interregio-nale coordinato dalla Regione Lombardia.

Il Manuale costituisce un contributo aiprogetti di ridisegno dei sistemi di pro-grammazione e controllo, attraversoun’articolazione per passi, a partire daun’analisi del quadro normativo e da unaproposta di architettura generale deisistemi di programmazione e controllofino alla individuazione di soluzioni e per-corsi specifici, con riferimento a tre situa-zioni tipiche di partenza, caratterizzatedalla diversità delle esperienze realizzatee quindi della cultura e della disponibilitàdi metodologie e strumenti.