lasca roberto 12082013 una giornata formativa · estremamente residuale, visto che i citati...

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1 (per www.ptpl.altervista.org – 12.08.2013) * * * Dott. Riccardo LASCA UNA GIORNATA FORMATIVA RESA ALLA P.A. DIRETTAMENTE E PERSONALMENTE DA RELATORE (PERSONA FISICA) Storie di ordinaria follia giuridico-gestionale del III millennio italico: riflessioni sulla delibera n. 146/2013/GEST della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo. Qualora una P.A. intenda avere presso la propria sede d-i-r-e-t-t-a-m-e-n-t-e (ovvero: senza l’intermediazione di una Società, di un imprenditore, insomma!) un Relatore in carne, ossa e cervello per sentirlo esporre il proprio pensiero su significato, portata ed applicazione di una data nuova normazione (si prenda ad esempio il recentissimo DPR 62/2013 nuovo Codice di comportamento dei pubblici dipendenti…. e non solo: formazione definita dalla stessa legge – v. art. 54 novellato del Tupi ! – obbligatoriamente da espletarsi, pena, a giudizio di chi scrive, anche la legittima perseguibilità di certi nuovi illeciti !!!), non v’è dubbio che detta PA debba “dargli un incarico” a questo Relatore per vederlo lavorare in siffatto modo a suo favore presso le proprie strutture: esattamente “dargli un incarico” come si dice e scrive in gergo, ma in maniera troppo semplicistica perché dietro la parola “incarico” oggi c’è l’abisso giuridico, pubblicistico- procedurale e civilistico-sostanziale! Cos’è questo “incarico” qua* (come direbbe il Bersani che di incarichi si è occupato da Ministro nell’estate del 2004 con uno specifico DL: il DL 168/2004-L. 19172004!) ? E’ lecito chiedersi, insomma, di che “incarico” esattamente trattasi ai fini di ……. innumerevoli risvolti sia - in primis - di tipo pubblicistico (modus procedendi per individuare il contraente e comunque per i soli EE.LL. la necessità di avere: 1. l’ok dai Revisori dei Conti; 2. un previo Regolamento aziendale ed una specifica programmazione di spesa se trattasi di …“incarico” individuale ex art 7, comma 6 e ss. D.Lgs. 165/2001; etc.), sia - al contempo - di tipo civilistico (che contratto si stipula?), sia anche di tipo contabile (si pensi alle c.d. limitazioni di spesa ma anche ai vari obblighi di invio successivo degli atti alla Corte dei Conti)? Pochi addetti ai lavori in Italia hanno le idee chiare su che risposta dare e… non per loro ignoranza, ma per una guazzabuglio normativo da cui neppure il Dottor Azzeccagarbugli di manzoniana memoria ne uscirebbe illeso, tante sono le Grida da leggere e seguire delle più disparate Autorità! Evviva l’opera di semplificazione dell’agire delle PP.AA. sbandierate negli ultimi 10 anni da tutti i Governi, di qualunque colore !!! Il Legislatore ama la burocrazia e la implementa sempre più: in materia di “incarichi” non v’è alcun dubbio. Sulla materia de quo e correlata questione basilare, che in sostanza è riassumibile nella questione della distinzione tra “incarichi”* ed “appalti”* (*sempre per usare un impreso slang giornalistico davvero oscuro) diciamo ai fini dell’ordinamento vigente per le PP.AA., vado dissertando da anni in sede di giornate seminariali ad hoc sia anche, di recente, scrivendo a commento critico di talune prese di posizioni giuscontabili davvero poco comprensibili e per chi scrive assolutamente non condivisibili nelle conclusioni operative 1 . 1 V. nel sito www.ptpl.altervista.org. in sezione APPALTI SERVIZI - INCARICHI PROFESSIONALI: R. Lasca, I prodotti degli “Incarichi esterni” e degli “Appalti” e relativi contratti: due fattispecie sicuramente distinte oggi per le PP.AA. italiane? - La Corte dei Conti della Lombardia prova a

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(per www.ptpl.altervista.org – 12.08.2013) * * *

Dott. Riccardo LASCA

UNA GIORNATA FORMATIVA RESA ALLA P.A.

DIRETTAMENTE E PERSONALMENTE DA RELATORE (PERSONA FISICA)

Storie di ordinaria follia giuridico-gestionale del III millennio italico: riflessioni sulla delibera n. 146/2013/GEST della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo.

Qualora una P.A. intenda avere presso la propria sede d-i-r-e-t-t-a-m-e-n-t-e (ovvero: senza l’intermediazione di una Società, di un imprenditore, insomma!) un Relatore in carne, ossa e cervello per sentirlo esporre il proprio pensiero su significato, portata ed applicazione di una data nuova normazione (si prenda ad esempio il recentissimo DPR 62/2013 nuovo Codice di comportamento dei pubblici dipendenti…. e non solo: formazione definita dalla stessa legge – v. art. 54 novellato del Tupi ! – obbligatoriamente da espletarsi, pena, a giudizio di chi scrive, anche la legittima perseguibilità di certi nuovi illeciti !!!), non v’è dubbio che detta PA debba “dargli un incarico” a questo Relatore per vederlo lavorare in siffatto modo a suo favore presso le proprie strutture: esattamente “dargli un incarico” come si dice e scrive in gergo, ma in maniera troppo semplicistica perché dietro la parola “incarico” oggi c’è l’abisso giuridico, pubblicistico-procedurale e civilistico-sostanziale! Cos’è questo “incarico” qua* (come direbbe il Bersani che di incarichi si è occupato da Ministro nell’estate del 2004 con uno specifico DL: il DL 168/2004-L. 19172004!) ?

E’ lecito chiedersi, insomma, di che “incarico” esattamente trattasi ai fini di ……. innumerevoli risvolti sia - in primis - di tipo pubblicistico (modus procedendi per individuare il contraente e comunque per i soli EE.LL. la necessità di avere: 1. l’ok dai Revisori dei Conti; 2. un previo Regolamento aziendale ed una specifica programmazione di spesa se trattasi di …“incarico” individuale ex art 7, comma 6 e ss. D.Lgs. 165/2001; etc.), sia - al contempo - di tipo civilistico (che contratto si stipula?), sia anche di tipo contabile (si pensi alle c.d. limitazioni di spesa ma anche ai vari obblighi di invio successivo degli atti alla Corte dei Conti)?

Pochi addetti ai lavori in Italia hanno le idee chiare su che risposta dare e… non per loro

ignoranza, ma per una guazzabuglio normativo da cui neppure il Dottor Azzeccagarbugli di manzoniana memoria ne uscirebbe illeso, tante sono le Grida da leggere e seguire delle più disparate Autorità! Evviva l’opera di semplificazione dell’agire delle PP.AA. sbandierate negli ultimi 10 anni da tutti i Governi, di qualunque colore !!! Il Legislatore ama la burocrazia e la implementa sempre più: in materia di “incarichi” non v’è alcun dubbio.

Sulla materia de quo e correlata questione basilare, che in sostanza è riassumibile nella

questione della distinzione tra “incarichi”* ed “appalti”* (*sempre per usare un impreso slang giornalistico davvero oscuro) diciamo ai fini dell’ordinamento vigente per le PP.AA., vado dissertando da anni in sede di giornate seminariali ad hoc sia anche, di recente, scrivendo a commento critico di talune prese di posizioni giuscontabili davvero poco comprensibili e per chi scrive assolutamente non condivisibili nelle conclusioni operative1.

1V. nel sito www.ptpl.altervista.org. in sezione APPALTI SERVIZI - INCARICHI PROFESSIONALI: R. Lasca, I prodotti degli “Incarichi esterni” e degli “Appalti” e relativi contratti: due fattispecie sicuramente distinte oggi per le PP.AA. italiane? - La Corte dei Conti della Lombardia prova a

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E già: una giornata formativa residenziale espletata direttamente da una persona fisica (formatore-contraente) presso una PA (beneficiario-committente) in favore dei dipendenti di quest’ultima….. cos’è e quale rapporto (negozio giuridico = contratto) intercorre tra il prestatore ed il committente pubblico? Ma prima ancora di chiedersi che negozio giuridico va stipulato c’è da chiedersi quali sono le norme pubblicistiche di individuazione del contraente che debbono essere applicate: quelle generali del Codice dei c.d. contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) o quelle specialissime di cui al D.Lgs. n. 165/2001 art 7, comma 6 come integrato, presso gli EE.LL., da specifici Regolamenti che la L. 244/2007 ha ad essi solo imposti? E se invece detta persona fisica-formatore (il prestatore), avesse la P.IVA (si pensi ad un dipendente di PA in part-time al 50% o ad un formatore “privato al 100%” formatore professionista e/o giornalista) - svolgendo detta attività in modo professionale - cambia qualcosa? E se invece - può accadere !! - il direttamente contattato formatore (prestatore-esecutore) dovesse essere il socio unico di una SRL ed esige, per l’espletamento della suddetta giornata formativa residenziale richiesta, che la PA committente abbia rapporti negoziali diretti solo con detta Srl e solo indiretti col socio unico-formatore, allora che si fa? Dove si sbatte la testa e le corna? Sulla questione in passato l’AVCP con la determinazione n. 4/2011, benché scritta per problematiche relative alla c.d. tracciabilità e altro, un qualche punto fermo - non senza lasciare zone d’ombra! - pareva averlo messo ove al § 3.9 così dissertava, quasi condivisibilmente da parte di chi scrive che tra [ ] chiosa:

“3.9 Contratti di servizi esclusi di cui al Titolo II, parte I, del Codice La normativa sulla tracciabilità trova applicazione anche con riguardo ai contratti esclusi di cui al Titolo II, parte I, del Codice, purché gli stessi siano riconducibili alla fattispecie dell’appalto* [* Nda: quello nuovo, pubblico, di cui alD.Lgs. n. 163/2006, diverso da quello valido tra soli privati di cui all’art. 1655 c.c. !!!]. Ad esempio, (….) Parimenti, devono ritenersi sottoposti alla disciplina sulla tracciabilità gli appalti di servizi non prioritari compresi nell’allegato II B a cui, come è noto, si applicano, solo alcune disposizioni del Codice. A titolo esemplificativo, si osserva che l’acquisto da parte di una stazione appaltante di corsi di formazione per il proprio personale configura un appalto di servizi, rientrante nell’allegato II B, categoria 24 e, pertanto, comporta l’assolvimento degli oneri relativi alla tracciabilità. Il rapporto tra l’operatore economico che organizza i corsi formativi ed i docenti esterni coinvolti, a seguito di contratti d’opera per prestazioni occasionali, invece, è assimilabile all’ipotesi prevista dall’art. 3, comma 2 della legge n. 136/2010: ne discende che i trasferimenti di denaro conseguenti possono essere esentati dall’indicazione del CIG e del CUP, ferma restando l’osservanza delle altre disposizioni. [Nda: stranamente l’AVCP non ipotizza che il corso di formazione sia venduto e reso direttamente da persona fisica mero Relatore professionale: detti corsi non li vendono solo le Spa, Srl, Sas, etc.!!! Ma stando al D.Lgs. n. 163/2006 anche il Relatore professionale-persona fisica è “operatore economico” ex D.Lgs. n. 163/2006 ed …ergo si ha un appalto pubblico si servizio: quello della formazione professionale di cui all’Allegato II B esattamente !!! Stop.]

“Si precisa che la mera partecipazione di un dipendente [Nda: questo è il caso in cui la PA paga la quota di iscrizione di un proprio dipendente ad un corso organizzato e tenuto da

distinguere con la delibera collaborativa n. 51/2013: ma qualcosa non torna …. in punto di diritto! Vediamo esattamente cosa (08.04.2013).

[percorso:http://www.ptpl.altervista.org/dite_la_vostra/2013/lasca_riccardo_08042013_i_prodotti_degli_incarichi_esterni.pdf]

Trattasi di pezzo pubblicato anche su http://appaltiecontratti.it della Maggioli.

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soggetto terzo!!!] di una stazione appaltante ad un seminario o ad un convegno non integra la fattispecie di appalto di servizi di formazione.” [Nda: no? E allora cos’è ??? La risposta ad alcuni appaltasti che so mi leggono attentamente! E’ gradita, a titolo collaborativo tra addetti ai lavori, la segnalazione della risposta allo scrivente.] La presente puntualissima nuova riflessione sulla fattispecie della prestazione giornata formativa nasce dalla lettura - utilissima e consigliabile davvero a tutti gli addetti ai lavori in quanto autentica “Summa” - delle 80 pagine della recentissima delibera n. 146/2013/GEST della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo recante “INDAGINE CAMPIONARIA INCARICHI ESTERNI AFFIDATI DAGLI ENTI LOCALI VENETI NEL TRIENNIO 2009–2011” - Relazione ex art. 3 della Legge 14 gennaio 1994, n. 20 e art. 3, comma 7, della Legge 5 giugno 2003, n. 131. In detta Relazione a pag. 79 e 80 del § 8 (Particolari tipologie di rapporti) sotto-paragrafo 8.9 (Servizi di formazione professionale) sta scritto quanto esattamente segue integralmente (le chiose dello scrivente sono tra [ ] , lo stesso dicasi per l’uso dei colori):

“8.9 Servizi di formazione professionale [Nda: secondo una prima ricostruzione del fenomeno] Gli incarichi di collaborazione per convegni e seminari rappresentano un altro momento di necessaria verifica della distinzione tra appalto pubblico di servizi e incarichi di collaborazione. Deve esplicitarsi che si tratta di situazione in cui la P.A. dimostra di avere necessità di prestazioni professionali tali da non consentire forme di comparazione con riguardo alla natura dell’incarico all’oggetto della prestazione ovvero alle abilità (o conoscenze o qualificazioni) dell’incaricato (Corte dei Conti Sez. Controllo Trentino n. 13/2010), riconducibile alla disciplina [Nda: solo pubblicistica] degli incarichi di cui all'articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001 e all'articolo 3, commi 18 e da 54 a 57, della L. 244/2007. Secondo una diversa ricostruzione, le disposizioni in materia [Nda: esattamente quelle sopra richiamate ex D.Lgs. 165/2001 (art. 7, comma 6 e ss.) ed ex L. 244/2007 (art. 3 commi 56 ss.)] trovano applicazione solo per gli incarichi che non siano sussumibili alla normativa comunitaria in materia di appalti: si tratta, dunque, di un insieme di incarichi estremamente residuale, visto che i citati allegati IIA e IIB al codice dei contratti, completati dai codici del Vocabolario comune degli appalti, contengono un elenco vastissimo degli appalti di servizi rientranti nel campo di applicazione del codice. [Nda: attenzione il D.Lgs. n. 163/2006 invero è si normazione pubblicistica, ma anche civilistica ovvero ha innovato l’ordinamento civile italiano (il Codice Civile, insomma) in quanto ha introdotto una nozione di “appalto pubblico” diversa e più ampia di quella ex art. 1655 c.c. !!!] La formazione del personale [Nda: secondo la sopra detta seconda “diversa ricostruzione”], dunque, [Nda: sicuramente!!!] ricadente in questi elenchi, sul piano oggettivo è da considerare come un appalto pubblico di servizi e va ricondotto alla disciplina [Nda: pubblicistica e civilistica !!! ] del codice dei contratti, e non a quella degli incarichi di collaborazione (114). Pertanto, sono servizi pubblici ricadenti nella disciplina del codice dei contratti tutte le prestazioni indicate negli allegati IIA e IIB al codice dei contratti, qualunque sia la configurazione giuridica della personalità del prestatore [Nda: ovvero: a) imprenditore o mero operatore economico (es. semplice persona fisica, anche priva di P.IVA!!!)]. Va comunque sottolineato che, assai spesso, se non quasi sempre, in questi casi l’incarico inerente la prestazione formativa ricade in quelle ipotesi in cui si verifica una sostanziale unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo, giustificata dal fatto che l’amministrazione

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dimostra “di avere necessità di prestazioni professionali tali da non consentire forme di comparazione con riguardo alla natura dell’incarico, all’oggetto della prestazione ovvero alle abilità/conoscenze/qualificazioni dell’incaricato”(115).” ---------------------------

(114) Corte dei conti, sezione regionale della Calabria parere 23 maggio 2008, n. 144. (115) Delibere Sez. contr. Prov. Trento, n. 5/10, n. 8/10. Dette 2 pagine di Relazione (la 80 e la 81), ma anche l’intero interessantissimo § 4 (La distinzione con l’appalto di servizi) [da pag. 16 a pag. 25], hanno determinato in chi scrive innumerevoli considerazioni e spunti di riflessione specificatamente in ordine all’acquisto di una giornata formativa del tipo sopra descritto, donde il presente scritto …. a futura memoria anche per quanti “presi in castagna” dovessero difendersi per sostenere l’esclusione dell’elemento psicologico su cui si fonda la responsabilità erariale! Gli opposti orientamenti giuscontabili-collaborativi sopra richiamati (esemplificativamente) dalla Cdc Veneto, che arrivano esattamente ad opposti inquadramenti sia procedural-pubblicistici sia anche civilistici della medesima vicenda di spesa (l’acquisto di una giornata formativa direttamente da una persona fisica, un Relatore), hanno in comune il fatto di affrontare, oltre la questione della natura giuridica della prestazione per così dire a legislazione vigente, anche la sub-questione specifica del modus di individuazione del Relatore-contraente (di cui si dirà amplius infra): ebbene su detta sub-questione arrivano alla medesima conclusione ma in maniera un po’ troppo sintetica e forse fuorviante per l’addetto ai lavori e come pare anche per la Corte dei Conti Veneto nella Relazione 2013 in esame2, ma sul punto si disserterà oltre. Insomma arrivano entrambe a legittimare troppo sinteticamente l’intuitu personae per il caso c.d. della infungibilità del prestatore (o altrimenti detto della “unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo”) che in materia formativa ha davvero pochi o zero margini di praticabilità ! A giudizio di chi scrive la relazionante Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo sul punto specifico della prestazione formativa suddetta non prende espressa posizione - nell’ambito del cit. §. 8 – sub§ 8.9 (in quanto già fatto ante) - in quanto lo fa prima ed esattamente nella generale dissertazione del §. 4 e pare decisamente propendere per la seconda “diversa ricostruzione” criticando e superando chiaramente esattamente la “tradizionale ricostruzione, meramente civilistica,” su cui di fatto si fonda la prima ricostruzione, laddove a pag. 18 condivisibilmente scrive:

“La tradizionale ricostruzione, meramente civilistica, della distinzione tra appalto e incarico - secondo cui il criterio soggettivo (professionalità della prestazione resa da esperto iscritto in albi in assenza di stabile organizzazione di tipo imprenditoriale), e il criterio oggettivo (natura intellettuale della prestazione) convergono, sotto il profilo qualificatorio della fattispecie, in un affidamento di un contratto di lavoro autonomo, mentre caratteristico del contratto di appalto è la stabile organizzazione di mezzi resa da imprenditore – appare tuttavia insufficiente e non riesce a spiegare l’ esistenza di appalti pubblici realizzati da soggetti che non rivestono la qualifica di imprenditori.” Ma detta - pur assolutamente condivisibile - conclusione sistematica allo scrivente operativamente (in quanto anche addetto ai lavori!), cioè ai fini dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi, non basta, c’è dell’altro da dire, perché è facile intuire come una serie di pareri pro-veritate resi alla PA da operatori economici quali un neolaureato disoccupato magari ancora senza P.IVA, da un formatore professionale con o PIVA o anche da un Avvocato, pur essendo (oggettivamente e

2 Invero laggasi ivi quanto suggerito dalla citata Corte dei Conti veneta conclusivamente a pag. 139 della Relazione sub § 17 (“L’applicazione necessaria del principio di concorsualità”).

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soggettivamente) qualificabili ex D.Lgs. n. 163/2006 come prestazioni scaturenti/riconducibili da/a un appalto pubblico di servizi ex DLgs. n. 163/2006, tuttavia per chi scrive non v’è dubbio che detto acquisto da parte della PA debba soggiacere alle speciali regole dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi in quanto teleologicamente3 riconducibili alla specialissima normazione pubblicistica riportata da detto art. 7! E perché ? Questo col presente scritto chiarisco e questo avrei voluto egoisticamente leggere anche nella succitata Relazione della Corte dei Conti Veneto del 2013 esattamente sugli “Incarichi esterni” come sugli innumerevoli pezzi di Dottrina che negli ultimi anni sono stati prodotti. Come parimenti non risulta esaustivo in tal senso (manca quel quid pluris conclusivo!), seppur interessante, l’articolo del collega Funzionario del Consiglio regionale del Veneto Dott. Alessandro Camarda nell’ottimo articolo “Incarichi professionali: consulenze o appalto di servizi?” apparso su Diritto e pratica amministrativa di Febbraio 2013 del Sole 24 ORE. Tutto condivisibile, ma poi operativamente.. che si fa? Insomma, si continua a girare scolasticamente intorno al problema del distinguo senza morderlo al cuore sul fronte operativo-gestionale e le menti e le bussole giuridiche dei Funzionari che devono dare “incarichi” vanno in crisi e chiedono confronti, lumi ad ogni piè sospinto dal 2002 (v. L. 289/2002 art. 34) ! Sono passati 10 anni ed ancora nessuno si orienta agevolmente in detta selva! Ora, deve essere chiaro, a scanso di equivoci, che, ipotesi criminose a parte (reati) ed omessa ogni valutazione (anche in punto di legittimità e di competenza a decidere) del perché una data PA decida ai fini formativi professionali di avere rapporti diretti con un formatore e non per il tramite di una società, la PA sopra ipotizzata non ha la mera necessità di corrispondere comunque una somma di denaro ad una persona fisica (Relatore), ma ha bisogno che una persona fisica, un Relatore, espleti una certa attività con professionalità e diligenza, l’attività di formazione, a beneficio di alcuni soggetti, c.d. discenti, e per ciò è disposta a pagare. Quindi la PA ha bisogno del risultato finale (prodotto) “giornata formativa” e di buona qualità pure (e non possibilmente!): non vedere in tale vicenda giuridica, comunque la si vesta in punto di nomen juris formalmente dato, una vera e propria obbligazione di risultato è da miopi ed irresponsabili. Ma detta indubbia obbligazione di risultato non espelle necessariamente la vicenda umana e commerciale giuridicamente rilevante dall’alveo dell’art. 2222 del c.c. e quindi dai vincoli burocratici dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi, per farlo ricadere per forza nell’art. 1655 c.c., anche perché stando solo a detto art. 1655 nella persona fisica erogatrice della prestazione (risultato finale) manca lo status di imprenditore, salvo che non la si debba inquadrare nel più ampio concetto di appalto pubblico di servizi di cui al D.Lgs. n. 163/2006 per il quale basta lo status di operatore economico (basta leggere attentamente anche il solo art. 221 del D.Lgs. n. 163/2006 per starne sicuri!), nel qual caso allora staremmo ad es. dentro l’art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006: la circostanza poi che il prestatore d’opera non assuma il rischio del lavoro … poco importa al Legislatore europeo e quindi anche nell’ambito del D.Lgs. n. 163/2006. A ben vedere, la fornitura alla PA della giornata formativa nulla ha di diverso dalla “protesi dentale” o dal progetto (“progettazione tecnica”) resi da un professionista, casi peculiari richiamati

3 Che poi le parti sottoscrivano formalmente un contratto di appalto pubblico di servizi ex D.Lgs. 163/2006 o un contratto di prestazione d’opera professionale ex c.c. (v. art. 2222) al Legislatore del cit. art. 7, comma 6 e/o alla Corte dei Conti importa ben poco: conta la sostanza funzionale dell’incarico e non la forma giuridica (il nomen iuris) data !!! Vedi il prosieguo della trattazione.

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dall’Oliveri nel 2006 in un suo memorabile4 scritto ove così disserta in merito incrinando non poco il discrimine basata su obbligazione di mezzi (2222 c.c.) e obbligazione di risultato (1655 c.c.):

“Come già rilevato, il professionista intellettuale, chiamato a svolgere non un appalto di servizio, ma la resa della sua specifica professionalità, risulta carente di un ulteriore elemento: l'assunzione del rischio. La sua è, contrariamente alla prestazione d'opera, un'obbligazione di mezzi e non di risultato. L'articolo 2233 del codice civile dispone che il compenso del professionista intellettuale è commisurato all'importanza dell'opera e al decoro della professione. Non è, pertanto, [Nda: il compenso] connesso al risultato dell'attività realizzata. Pertanto, il rischio del lavoro ricade sul cliente, in quanto il compenso è dovuto a prescindere dal risultato, in quanto l'obbligazione di mezzi implica esclusivamente un comportamento diligente ed adeguato alle tecniche migliori della professione. La prestazione d'opera intellettuale, dunque, non può essere considerata una specie del genere dell'appalto. Però, quando esito della prestazione d'opera intellettuale sia un'opera o, comunque, un risultato concreto fungibile, allora l'obbligazione è di risultato, come nel caso classico della protesi dentale. Oppure, nell'altro caso tipico della progettazione tecnica ad opera di architetti o ingegneri, che, non a caso, è presa in considerazione come attività sempre e comunque oggetto di gara, compresa l'ipotesi dei cosiddetti incarichi fiduciari che tali poi non sono, dal momento che occorre la pubblicità della procedura e la motivazione della scelta, a sua volta implicante necessariamente un confronto concorrenziale, trattandosi di una fiducia tecnica e non di un intuitus personae. Sicché, la prestazione chiesta e svolta personalmente dall'avvocato che non sia organizzato in forma di impresa, finché il diritto comunitario non risolva le sue contraddizioni, è prestazione d'opera intellettuale e non servizio.” Allora? Allora è evidente come anche i tradizionali contratti di prestazione d’opera e l’appalto possono sovrapporsi, come esattamente rilevato recentissimamente dalla Cdc CTR della Lombardia nella delibera collaborativa n. 236/2013: “Entrambe le fattispecie contrattuali possono sovrapporsi nella pratica poiché hanno in comune l’esecuzione di opere o di servizi.” Quindi dietro la parola “incarico” può starci tanto una prestazione d’opera, sia un appalto tradizionale ai sensi del codice civile sia un appalto pubblico di servizi ex D.Lgs. n. 163/2006; come alla fine dell’incarico possiamo indistintamente trovare l’avvenuta “esecuzione di opere o di servizi.” ! Ma è evidente come l’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi chiami l’operatore pubblico addetto ai lavori (Dirigente / Funzionario) a fare un distinguo burocratico-procedural-operativo ulteriore che vada oltre siffatto distinguo scolastico e puramente ontologico: invero, stando e seguendo quanto sopra detto da ultimo dallo stimato L. Oliveri (non condivisibilmente da chi scrive quanto al richiamo fondante della “forma di impresa” giacché altre norme del Codice dei contratti pubblici, diverse dall’art. 39 e 41, dimostrano come lo status di imprenditore è irrilevante ai fini della configurazione di un appalto pubblico di servizi!), ove un Ente assegnasse onerosamente ad un Avvocato organizzato in forma di impresa il compito di rendere per 1 anno tutta una serie di pareri (consulenze) in materia ad es. di personale delle PP.AA. (organizzazione, reclutamenti, spesa correlata, regime delle responsabilità etc.) questa attività essendo “prestazione….[di] servizio” starebbe fuori dalle ganasce dell’art. 7 comma 6 e ss. del Tupi ed invece sappiamo bene tutti quanti (operatori e magistrati) che le cose n-o-n s-t-a-n-n-o e-s-a-t-t-a-m-e-n-t-e c-o-s-ì: basta leggere gli atti processuali dei giudizi di responsabilità erariale degli ultimi 10 anni e vedere come detto diritto pretorio si muove esattamente come il Giudice del Lavoro: guarda e sta ai fatti !!! E

4 V. L. Oliveri su Lexitalia 12/2006 “La configurazione delle consulenze e delle prestazioni d’opera ai fini dell’applicazione….”.

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allora come stanno le cose? In punto di fatto e di diritto esattamente per questa benedetta “giornata formativa” e non solo? Come distinguere ? Stessa identica critica e per le stesse identiche ragioni contrarie a riprova testè espresse contro il datato suddetto argomentare dell’amico Oliveri L. deve essere mossa in questa sede dissertativa, operativamente quindi (ai fini dell’applicazione dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi!), alla sentenza del Consiglio di Stato Sez. V n. 2736 dell’11.5.2013, in cui i magistrati giudicanti, partendo (troppo!) evidentemente sul filone argomentativo espresso egregiamente dall’Oliveri su Lexitalia 12/2006 “La configurazione delle consulenze e delle prestazioni d’opera ai fini dell’applicazione….” ampliano il fallace (rispetto al D.Lgs. n. 163/2006) grimaldello discriminante della “forma imprenditoriale” (la c.d. “organizzazione”: comunque oggettivamente non rinvenibile in un non professionista: si pensi ad un Professore universitario o a un Magistrato !) arrivano all’individuazione dell’ulteriore aspetto temporal-quantitativo quale elemento giuridicamente discriminante, ma parimenti non utile (direbbesi quasi non pertinente!) ai fini dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi, tra “appalto di servizi legali” e “conferimento del singolo incarico difensivo episodico”, ed esattamente così scrivono in modo assolutamente non condivisibile:

“2.2.2. Detto dato storico consente di lumeggiare la riproposizione della nozione di servizi legali nella legislazione, comunitaria e nazionale, successiva, nel senso di limitare l’ambito di operatività della categoria al soli affidamenti di servizi legali conferiti mediante un appalto - ossia un contratto caratterizzato da un quid pluris, sotto il profilo dell’organizzazione [1], della continuità [2] e della complessità [3] - rispetto al contratto di conferimento dell’incarico difensivo specifico, integrante mero contratto d’ opera intellettuale, species del genus contratto di lavoro autonomo, come tale esulante dalla nozione di contratto di appalto ratione materiae abbracciata dal legislatore comunitario. In altre parole, il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede un [Nda: recte, semmai i tre suddetti elementi di specialità: [1], [2], [3] !] elemento di specialità, per prestazione e per modalità organizzativa, rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale. L’affidamento di servizi legali è, a questa stregua, configurabile allorquando l’oggetto del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dell’Ente, ma si configuri quale modalità organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, più complesso e articolato, che può anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce (cfr. determinazione n. 4 del 7 luglio 2011, dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori,. Servizi e Forniture).” Quindi ad un EL che volesse acquisire una serie di pareri pro veritate in materia di personale per sottrarsi dal rigore procedural-burocratico dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi basterebbe non acquisirli con distinti incarichi ma con un unico incarico dato a soggetto, anche non professionista, che opera nei modi speciali sopra descritti dal Consiglio di Stato? Se il giochino è questo…è bene conoscerlo ed è anche agevole applicarlo!

Ma le cose n-o-n s-t-a-n-n-o e-s-a-t-t-a-m-e-n-t-e c-o-s-ì ai fini dell’art. 7, comma 6

del D.Lgs. n. 165/2001 per chi scrive e, forse, sicuramente anche per il 99% Procuratori contabili italiani!!

Stanno così semmai solo ai fini della soluzione del problema: che contratto esattamente si

deve stipulare per l’acquisizione di dette diverse prestazioni, ma ai fini dell’applicazione esatta, e quindi non elusione, dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi in detta sentenza, come in Cdc CTR Lombardia n. 236/2013, manca (ma è ovvio che manchi: si ponevano ai magistrati altri quesiti/questioni) quel quid pluris utile alla diversa indagine in corso volta a stabilire esattamente: per quali prestazioni professionali (acquisti da persona fisica e non da società!) si deve applicare l’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi? E per esempio: come muoversi nell’acquisire una giornata formativa del tipo in apertura indicato? Ogni qual volta il fornitore della PA è una persona fisica vale solo ed esclusivamente l’art. 7, comma 6 del Tupi? Direi proprio di no!

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In punto di fatto. Rimanendo per il momento, sulla macro-questione del “di razza di incarico trattasi” quello in materia di formazione professionale e quindi del “ma le PP.AA. come si muovono nella realtà”, una rapida indagine fatta tra i colleghi di alcuni EE.LL. dalle Alpi alla Sicilia, ha offerto allo scrivente il seguente panorama operativo vigente presso le PP.AA. italiane, da autentico medio-evo giuridico figlio delle opposte tesi interpretative vigenti in seno alla stessa Corte dei Conti esattamente dalle Alpi alla …. Calabria dovute ad un ordinamento vigente o-s-c-u-r-o (incomprensibile!): a) talune PP.AA., per lo stato confusionale in cui versano e quindi per il timore di sbagliare (procedura pubblicistica, inquadramento civilistico, etc.) rifiutano a priori e quindi scartano la via dell’acquisizione di una giornata formativa direttamente da Relatore- persona fisica (che sia professionista o meno) ed affidano detti “incarichi” direttamente a “Ditte” (persone giuridiche): “troppo rischioso” – dicono – “col Relatore diretto”! E quindi, sicure che la seconda più tranquilla via…della Ditta configuri un vero appalto di servizio (diciamo in via generica: sia ex c.c. sia ex D.Lgs. 163/2006!) affidano la commessa o previa c.d. gara informale sulla base di parametri di giudizio pre-elaborati o, quando l’entità della spesa e lo speciale Regolamento aziendale lo consente, mediante “affidamento diretto”, alla lettera, invocando:

- 1. taluno semplicemente e solo l’art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006 e relativo/i

Regolamento/i nazionale/locali attuativi; - 2. altri anche o addirittura solo la (pericolosissima!) previsione di cui all’art. 57, comma 2

lett. b)* del D.Lgs. n. 163/2006 e correlata previsione sorella del locale Regolamento (*“b) qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato;”): previsioni derogatorie che se ben si comprendono in caso di necessaria tutela di diritti esclusivi (si pensi ai c.d. codici sorgente che solo la Ditta proprietaria del programma software ha o alla lettura della Divina Commedia fatta dall’attore - unico al mondo per DNA – Roberto Benigni) difficilmente a giudizio di chi scrive possono essere addotte su una prestazione formativa resa da persona giuridica !!! b) altre P.A. si azzardano a dare “incarichi” formativi direttamente a Relatori persone fisiche e lo fanno secondo l’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi (che viene sempre citato nelle premesse delle determine a contrarre e con tutti i connessi presupposti ed adempimenti preventivi e successivi: anagrafe delle prestazioni inclusa !!!) ed esattamente (qui viene il bello!):

- 1. o rigorosamente previa selezione/comparazione del Relatore incaricato tra più Relatori

(invitati all’uopo o pescati da albi interni stabilmente detenuti ed aggiornati) ad offrire, “perché la comparazione, una volta citato l’art. 7 del Tupi, è imposta dal relativo comma 6bis, c’è poco da fare” dicono, ed invero: “6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.”

- 2. o assolutamente e quasi regolarmente senza alcuna comparazione ma con

affidamento diretto (intuitu personae) perché:

> o così ha detto (ergo: consente) la Funzione Pubblica che, esattamente nella circolare n. 2/2008 ove al § 7 assai discutibilmente (si legga attentamente quanto scritto: la descrizione della prestazione tipo esentata, tra ci una giornata formativa o la traduzione di pubblicazioni !!!), così precisa in termini derogatori proprio in ordine alle esclusioni dall’art. 7 comma 6 e ss. del Tupi:

“7. Esclusioni

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(…..) Può ritenersi, inoltre, che le collaborazioni meramente occasionali che si esauriscono in

una sola azione o prestazione, caratterizzata da un rapporto "intuitu personae" che consente il raggiungimento del fine, e che comportano, per loro stessa natura, una spesa equiparabile ad un rimborso spese, quali ad esempio la partecipazione a convegni e seminari, la singola docenza, la traduzione di pubblicazioni e simili, non debbano comportare l'utilizzo delle procedure comparative per la scelta del collaboratore, né gli obblighi di pubblicità. Quanto sopra nel presupposto che il compenso corrisposto sia di modica entità, sebbene congruo a remunerare la prestazione resa e considerato il favore accordato dal legislatore che le ha inserite nel comma 6 dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, rendendole compatibili con lo stretto regime autorizzatorio per i dipendenti pubblici.”Quindi per detta Circolare del DFP la resa di una giornata formativa comunque non è appalto… rientrando nell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi, neppure del pubblico di servizio del D.Lgs. n. 163/2006, ma qualcosa di assimilabile a studio-consulenza-ricerca; tuttavia è esente da comparazione !!! (???). Peccato che la stessa Corte dei Conti non la pensi così: vedi fine trattazione e soprattutto peccato che le Circolari del DFP non rientrino tra le fonti del diritto;

> o addirittura applicando in via analogica, in modo palesesemente illegittimo, ammesso e non concesso che di “incarichi” si tratti, le norme pubblicistiche di cui all’art. 125 del D.Lgs. 163/2006 e/o correlate interne disposizioni regolamentari, vizietto quest’ultimo spesso trascritto anche nei locali Regolamenti sugli incarichi e ben rilevato dalla suddetta Relazione 2013 della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo ove così sta scritto a pagg. 127 e ss.: “4) Obbligo di effettuare una procedura comparativa per la selezione dell’affidatario. Come si è più volte notato (cfr. par. 5.2.2), dalle risultanze dell’indagine, è emerso che l’obbligo di effettuare una procedura comparativa per la selezione dell’affidatario previsto dall’art. 7, c. 6 bis del D.Lgs. 165/2001, viene spesso aggirato. I motivi sono diversi, ma si possono sintetizzare nella disamina dei dati pervenuti in tre tipologie: motivi di ordine sostanziale, quali l’urgenza o per la maggior parte dei casi l’intuitu personae, derivante dal rapporto fiduciario con il prestatore, o dal tipo di professionalità offerta; una valutazione relativa all’esiguità del corrispettivo, tale da rendere antieconomico il ricorso ad una procedura comparativa; l’applicazione della normativa in materia di appalti di cui all’art. 125 del D. Lgs. 163/2006. (omissis) Ancora più frequente è la situazione degli enti che applicano le norme di cui all’art. 125 del D. Lgs. n. 163/2006, che consentono l’affidamento diretto di appalti per importi inferiori ai € 20.000(125).

--------------------- (125) Ora 40.000 (lettera m-bis) del comma 2 dell’art. 4, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.”

(omissis)

L’art. 61, comma 1 lett. d), del regolamento del comune di (….) sull’ordinamento degli uffici e servizi, consente l’affidamento diretto per importi inferiori ai 20.000 euro, costituendo una “zona franca” all’interno della quale è consentito prescindere da procedure concorsuali sia per quanto riguarda gli incarichi che per quanto riguarda gli appalti; ricordiamo che con deliberazione n. 18/2009/REG questa sezione si è già pronunciata al proposito,

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evidenziando che “l’affidamento diretto costituisce un’ipotesi eccezionale …” e ancora “in presenza di incarichi di importo molto bassi, le esigenze di celerità, di semplificazione e di efficienza dell’azione amministrativa, che impongono anche di tener conto del dispendio di risorse umane e organizzative nell’espletamento delle selezioni, non costituiscono valido motivo di deroga al principio di selettività...(omissis) …anche in caso di importi molto modici …rimane comunque imprescindibile la valutazione di più curricula o di più proposte.” Appare quanto mai urgente la modifica di tale regolamento.”

c) infine, altre P.A., più illuminate (più preparate?) in punto di diritto e forse memori anche del fatto che l’attività formativa professionale del proprio personale è uno di quei compiti istituzionali ad esecuzione obbligatoria (v. ad es. art. 54 Tupi quanto al recentissimo DPR 62/2013, ma anche all’art. 7bis dello stesso Tupi: ma a rigore l’espletamento di qualunque attività istituzionale è ….. attività dovuta …dalla PA competente ad erogarla: altrimenti la PA non avrebbe ragione d’esistere !!!) procedono con affidamenti degli incarichi formativi inquadrando la fattispecie secondo il D.Lgs. n. 163/2003 (appalto pubblico di servizio) a prescindere - correttamente, ma sino ad un certo punto di…. rottura - dalla circostanza che il prestatore sia anche un mero operatore economico, magari anche senza P.IVA, non senza rifuggire però, anche per tale terza via, al c.d. affidamento diretto al Relatore più stimato di fatto ….per altre ragioni ma in punto di diritto …..per le ragioni sopra esposte sub lett a) ai nn. 1 e 2 sopra, pericolosamente invocando una fiducia non sostenibile, salvo rarissimi casi (si pensi allo studioso che unico in Italia ha scritto opere scientifiche e tiene seminari in una data materia….senza rivali veramente). Che dette ultime PP.AA. si ricordino il tenore della deliberazione (insuperabile per chiarezza e precisione!) n. 6/2005 della Corte dei Conti Sezioni Riunite in sede di controllo? “Non rientrano, invece, nella previsione dei commi 11 e 42 [Nda: dell’art. 1 L. 311/2004: madre delle odierne ganasce ex art. 7, comma 6 e ss. del Tupi!] :

- le prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi o adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano uffici o strutture a ciò deputati;

- la rappresentanza in giudizio ed il patrocinio dell’amministrazione; - gli appalti e le “esternalizzazioni” di servizi, necessari per raggiungere gli scopi

dell’amministrazione.” come si vede in detta autorevolissima deliberazione si ammette pacificamente che delle prestazioni professionali (tradizionalmente intese: v. art. 2222 s.s. c.c.), purché necessitate (cioè acquisite finalità istituzionali e voluttuarie!), siano, alla pari degli appalti (v. art. 1655 c.c.) estranee dalla materia degli incarichi di un certo tipo a soggetti esterni all’Ente, in odio al Legislatore ..per note e condivisibili ragioni e fotografati con la L. 311/2004! E non a caso la predetta Corte distingue tra “appalti” ed “esternalizzazioni di servizi” benché la esternalizzazione si faccia usualmente con contratto di appalto (escluso il caso della costituzione di una società pubblica ad hoc!). Tanta chiarezza non la si è mai più raggiunta in Italia: anzi, è stata mal interpretata (riduttivamente o miopemente) anche in ambito giudiziario. La quarta via [d)] dell’acquisto e pagamento per un proprio dipendente di quota di iscrizione/partecipazione al corso (materiale e, a volte, pranzo inclusi) non è di interesse per la presente trattazione, ma come ricordato sopra per l’AVCP non è sicuramente un appalto …è qualcos’altro e, sebbene ciò mi incuriosisca, francamente qui ora questa quarta via non interessa! Evidentemente anche in ordine all’acquisto di una giornata formativa gli Avvocati amministrativisti e la Magistratura, inquirente o giudicante, di qualunque genere (penale/contabile), hanno sicuramente di che divertirsi: mentre i Dirigenti/Funzionari responsabili dei procedimenti dormono sonni poco tranquilli, in ogni caso! Questa è l’Italia ordinamentale in cui si muovono oggi le PP.AA. e con esse i relativi Dirigenti e Funzionari responsabili dei procedimenti …di acquisto e non solo !!!

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Chi scrive ha già abbondantemente dimostrato per iscritto, in passato5, che secondo il D.Lgs. n. 163/2006 la suddetta persona fisica, titolare o no di P.IVA, è a tutti gli effetti un “operatore economico” se svolge abitualmente6 detta attività formativa per campare mettendo sul mercato la propria offerta professionale (la circostanza - eventuale - che non abbia acquisito la P.IVA è aspetto che dovrebbe preoccupare ed involgere la sola Guardia di Finanza italiana e non gli uffici delle PA committenti!) e quindi all’occorrenza devesi applicare quanto a normazione pubblicistica in ordine alle modalità di scelta del contraente solo ed esclusivamente l’art. 125 del c.d. Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006). La recentissima succitata deliberazione n. 143/2013/GEST della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo (INDAGINE CAMPIONARIA INCARICHI ESTERNI AFFIDATI DAGLI ENTI LOCALI VENETI NEL TRIENNIO 2009–2011 ) al § 4 dell’Allegato 1 (Relazione) a giudizio di chi scrive segna il punto di definitivo abbandono della distinzione tra i c.d. incarichi ed appalti basata sull’arcaica contrapposizione prestatore d’opera e soggetto organizzato in forma di impresa e persuade non poco in tal senso il seguente passaggio argomentativo di detta Corte veneta di pagg. 20 ss. saldamente fondata in punto di diritto (che comodità grafica riporto senza le utilissime note ma non senza alcune mie chiose tra [ ] come di consueto):

“Non rimane quindi che prendere atto della specialità delle regole del codice

dei contratti pubblici, per i quali, come noto, le regole del diritto civile si applicano solo in via suppletiva e residuale, ove cioè non diversamente stabilito dal codice stesso (art. 2 comma 4: “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile”). Alla riconosciuta prevalenza delle norme di matrice comunitaria di cui il codice dei contratti rappresenta in questo ambito il fedele recepimento consegue quindi una diversa ricostruzione del concetto di appalto pubblico [Nda: quello ex D.Lgs. n. 163/2006]: esso trova significativi momenti di divaricazione rispetto al modello civilistico [Nda: art 1655 c.c.] , in cui a un diverso ambito oggettivo, costituito non solo dalla realizzazione dell’opera e o del servizio, ma anche della fornitura, corrisponde una differente individuazione di soggetti che sono abilitati a realizzare l’opera, il servizio, la fornitura. Come si è visto, la giurisprudenza amministrativa sottolinea come “il prestatore di servizi non debba necessariamente, per dette fonti comunitarie, possedere un’organizzazione di impresa, requisito, invece, imprescindibile per il nostro codice civile (art. 1655 c.c.). Allo stesso modo, le forniture di prodotti si fanno rientrare nel contratto di appalto, cosa che nel nostro ordinamento, prima dell’impatto con il diritto comunitario, non sembrava certamente corretto, non fosse altro perché il codice disciplina il contratto di fornitura” Sul piano soggettivo, secondo le direttive europee in materia di affidamento dei contratti (direttiva CE 17/2004 e direttiva CE 18/2004) è operatore economico colui che, a prescindere dallo status giuridico, offre sul mercato le proprie prestazioni, non necessariamente nella forma imprenditoriale prevista dal nostro codice civile. Ed ancora l’articolo 3, commi 6 e 22 del D.Lgs. n. 163/2006 definiscono operatore economico come “una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”. L’applicazione del codice degli appalti non 5 V. sopra sub nota n. 1. 6 Circostanza che non può assolutamente dirsi ricorrente allorché il formatore è un dipendente pubblico full-time di una PA, atteso che ordinariamente vive dei proventi stipendiali quale dipendente pubblico

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presuppone infatti che la controparte dell’amministrazione sia un imprenditore, come dimostra la circostanza che esso distingue la figura dell’imprenditore da quella del prestatore di servizi (nell’ambito della più generale nozione di operatore economico); del resto, tipici appalti di servizi sono quelli che hanno ad oggetto servizi di progettazione (si pensi alla redazione di un piano urbanistico o di un progetto di opera pubblica) in cui la controparte dell’amministrazione può essere (e spesso è) appunto un libero professionista; ciò dimostra quindi che la disciplina del codice può applicarsi anche quando l’amministrazione debba procurarsi la prestazione di un libero professionista. In particolare, la nozione di “operatore economico” in ambito europeo è molto ampia e tende ad abbracciare tutta la gamma dei soggetti che potenzialmente possono prender parte ad una gara pubblica: l’articolo 1, comma 8 della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dopo aver definito gli appalti pubblici come contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici ed una o più amministrazioni aggiudicatrici, designa, con i termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi”, una persona fisica o giuridica, o un ente pubblico, o un raggruppamento di tali persone e/o enti che “offra sul mercato”, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi; la stessa disposizione specifica, poi, che il termine “operatore economico” comprende l’imprenditore, il fornitore ed il prestatore di servizi ed è utilizzato allo scopo dichiarato di semplificare il testo normativo. In ambito domestico, la definizione comunitaria di “operatore economico” trova riscontro nell’articolo 3 del Codice dei contratti pubblici. Il termine viene menzionato per la prima volta al comma 6, laddove si definisce l’oggetto dell’appalto; successivamente, al comma 22, in questa fattispecie vengono ricompresi l’imprenditore, il fornitore ed il prestatore di servizi o un raggruppamento o un consorzio tra gli stessi, mentre, il comma 19, specifica che i termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” designano una persona fisica o giuridica o un ente senza personalità giuridica, compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE), che offra sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi. La conseguenza che se ne ricava è quella di un ampliamento e una estensione del concetto di appalto, in ambito pubblico, a tutta una serie di ipotesi in cui, come detto, il soggetto che realizza non è un imprenditore (e che secondo i canoni del codice civile in ambito privatistico sarebbero assimilati a prestazioni d’opera), e per converso a un restringimento delle fattispecie in cui si verifica l’affidamento di un vero e proprio incarico.” A questo punto, che il bene (da acquistare da parte della PA) formazione scaturente dalla suddetta ipotizzata giornata formativa residenziale resa direttamente da Relatore-persona fisica sia un autentico “servizio” chiavi in mano (e non un pezzetto/passaggio di un flusso procedimentale amministrativo finalizzato a produrre una diversa res finale), di cui all’Allegato II B del cit. D.Lgs. n. 163/2006, che nulla ha a che vedere con gli studi, le consulenze e le ricerche scaturenti da incarichi dati ad estranei alla PA di cui all’art. 7, comma 6 e ss. del D.Lgs. 165/2001, è così evidente che non vale la pena di spendere altre parole rispetto a quelle già spese in passato7.

7 V. nota 1.

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A dirla tutta l’acquisizione del bene-formazione (recte: giornata formativa residenziale) è questione che ha anche stimolato l’AVCP che nella nota deliberazione n. 10/20108 ha così puntualizzato - implicitamente - distinguendo arcaicamente il caso (a) in cui la formazione è resa da soggetto con organizzazione imprenditoriale da quello (b) in cui il formatore è sic et simpliciter una mera persona fisica (magari anche titolare di P.IVA, ma non lo si dice!):

- caso a): “2.1 Contratti di servizi esclusi di cui al Titolo II, parte I, del Codice dei contratti. La normativa sulla tracciabilità trova applicazione anche con riguardo ai contratti esclusi di cui al Titolo II, parte I, del Codice dei contratti, purché gli stessi siano riconducibili alla fattispecie dell’appalto. (omissis). Parimenti, devono ritenersi sottoposti alla disciplina sulla tracciabilità gli appalti di servizi non prioritari compresi nell’allegato II B a cui, come è noto, si applicano, solo alcune disposizioni del Codice dei contratti. A titolo esemplificativo, si osserva che l’acquisto da parte di una stazione appaltante di corsi di formazione per il proprio personale configura un appalto di servizi, rientrante nell’allegato II B, categoria 24 e, pertanto, comporta l’assolvimento degli oneri relativi alla tracciabilità. Il rapporto tra l’operatore economico che organizza i corsi formativi ed i docenti esterni coinvolti, a seguito di contratti d’opera per prestazioni occasionali, invece, è assimilabile all’ipotesi prevista dall’articolo 3, comma 2 della legge n. 136/2010: ne discende che i trasferimenti di denaro conseguenti possono essere esentati dall’indicazione del CIG e del CUP, ferma restando l’osservanza delle altre disposizioni.”

- caso b): “2.7 Incarichi di collaborazione. Non si ritengono soggetti agli obblighi di tracciabilità gli incarichi di collaborazione ex articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 (“Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) . Tale disposizione consente, in presenza di determinati presupposti di legittimità, di ricorrere ad incarichi individuali di natura occasionale e coordinata e continuativa per esigenze cui non si possa far fronte con personale in servizio. Si tratta di contratti d'opera, previsti dall'articolo 2222 c.c. - che hanno ad oggetto un facere a favore del committente, senza vincolo di subordinazione - e con lavoro prevalentemente proprio. Le menzionate collaborazioni sono state definite (cfr. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, parere 14 gennaio 2009, n. 7) come attività temporanee, altamente qualificate, da porsi in essere in esplicazione delle competenze istituzionali dell’ente e per il conseguimento di obiettivi e progetti specifici; pertanto, di regola, le collaborazioni esterne operano nell’ambito della c.d. attività di amministrazione attiva tesa a perseguire le finalità proprie dell’ente locale che, altrimenti, per l’assenza di adeguata professionalità, sarebbe impossibile raggiungere. Data la contiguità delle fattispecie contrattuali in esame ed al fine di evitare elusioni della normativa, si raccomanda alle stazioni appaltanti di porre particolare attenzione nell’operare la distinzione tra contratto di lavoro autonomo - la cui disciplina si rinviene nel citato decreto n. 165/2001 - e il contratto di appalto di servizi - disciplinato dal Codice dei contratti e soggetto alle regole di tracciabilità.”.

Stessa coerenza l’AVCP dimostra in merito in sede di FAQ: “C7. Sono sottoposti agli obblighi di tracciabilità gli incarichi di collaborazione ex articolo

7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165?

8 Recante: “ULTERIORI INDICAZIONI SULLA TRACCIABILITA’ DEI FLUSSI FINANZIARI (Art. 3, legge 13 agosto 2010, n. 136, come modificata dal decreto legge 12 novembre 2010, n. 187 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2010, n. 217)” Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 4 del 7 gennaio 2011.

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No, gli incarichi di collaborazione previsti dall’art. 7 comma 6 del decreto n. 165/2001 non sono sottoposti agli obblighi di tracciabilità (vedi determinazione n. 4/2011, par. 3.12).” [Nda: ma vedasi anche determinazione 10/2010 § 2.7]

Ma siffatto procedere della AVCP per la trattazione in esame è decisamente fuorviante:

perché fondata sul c.d. tradizionale distinguo sopra criticato e superato anche dalla Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo nella succitata Relazione 2013.

Risparmio al lettore le dissertazioni sul DURC in ordine ai professionisti formatori, con e

senza cassa INPS (recte: Gestione separata): servirebbe un trattato a sé! Sommessamente chi scrive precisa che il lavoro autonomo in Italia è civilisticamente

disciplinato dal 1942 in primis dal Codice Civile ed esattamente agli artt. 2222 ss. (come la stessa AVCP scrive sopra in apertura del § 2.7) e poi anche, di recente, dal D.Lgs. n. 165/2001 e ciò sia per alcuni aspetti contenutistici (tutti pacificamente rinvenibili anche agli artt. 2222 ss. c.c.) sia per alcuni aspetti pubblicisti quali: le condizioni di legittimità del ricorso a detti lavoratori autonomi/esterni e le procedure di individuazione del contraente, necessariamente solo e sempre comparative: senza deroghe, almeno in via generale9. Poi, a dirla tutta, all’art. 2222 c.c. si è affiancata la speciale previsione dell’appalto pubblico di servizio di cui al D.Lgs. 163/2006.

Ma attenzione è evidente, per ragioni storico-teleologiche, come quanto disposto dall’art. 7, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001 è nato non come valevole esattamente per tutti i rapporti di lavoro autonomo (contratti con “individui”) che possono intercorrere tra una PA ed un individuo (nella norma sta scritto invero “incarichi individuali”) ma solo per quelli di essi …che si sostanziano in beni intermedi (discrezionali) quali studi, consulenze, ricerche….. odiati dal Legislatore (perché lesivi dell’art. 97 Cost.) come dall’Erario pubblico, come in appresso si chiarirà.

E tale resta, cioè lavoro autonomo latu sensu, perché reso da persona fisica personalmente

ed autonomamente, sia che abbia ad oggetto uno studio-consulenza-ricerca (insomma quelle prestazioni focalizzate - ma per mere ragioni pubblicistiche - dall’art. 7, commi 6ss. del D.Lgs. n. 165/2001: meri beni intermedi rispetto al bene-provvedimento amm.vo finale cui la PA tende) sia che abbia ad oggetto, si sostanzi, per l’appunto in una giornata formativa residenziale, autentico servizio riconducibile tra quelli dell’allegato II B del D.Lgs. n. 163/2006. Nel primo caso però

9 Invero, come ottimamente ricorda CdC Veneto Sez. Controllo nella delibera collaborativa n. 358/2011, nel silenzio della citata specifica disposizione legislativa (le chiose tra [ ] sono di chi scrive): “L’affidamento diretto costituisce un’ipotesi eccezionale che si giustifica, ad esempio, [A] nel caso di precedenti selezioni andate deserte - purché in tale ipotesi le condizioni previste dall’avviso di selezione originario non siano sostanzialmente modificate dall’amministrazione -, o [B] nel caso di estrema urgenza - che però deve essere effettiva e non imputabile all’amministrazione stessa - o, infine, [C] nel caso in cui l’amministrazione dimostri di avere necessità di prestazioni professionali tali da non consentire forme di comparazione con riguardo alla natura dell’incarico, all’oggetto della prestazione ovvero alle abilità e qualificazioni dell’incaricato [Trattasi evidentemente, per il caso sub lett. C dell’applicazione della deroga di cui all’art. 57, comma 2 lett. b) del D.Lgs. n. 163/2006: c.d. infungibilità del prestatore, vuoi per circostante fisiche/genetiche (es. di Roberto Benigni attore al mondo ve n’è uno solo! Mentre di relatori del tipo di Arturo Bianco in Italia almeno una decina in materia di personale delle PPAA se ne trovano, no?!) vuoi per ragioni giuridiche (es. si pensi a beni/mezzi coperti da diritto di esclusiva: ce poco da fare ..!)] (omissis). - Anche in presenza di incarichi di importo esiguo, le esigenze di celerità, di semplificazione e di efficienza dell’azione amministrativa, che impongono anche di tener conto del dispendio di risorse umane e organizzative nell’espletamento delle selezioni, non costituiscono valido motivo di deroga al principio di selettività. Ne discende che anche in caso di importi modici, tali esigenze possono consentire di soprassedere rispetto ad alcuni adempimenti formali (quali, ad esempio, la predeterminazione dei criteri di aggiudicazione), ma rimane comunque imprescindibile la valutazione di più “curriculum” o di più proposte (in linea, peraltro, con i più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia).”

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subisce le ganasce pubbliche dell’art. 7, commi 6 e ss. del D.Lgs. 165/2001 a sua volta lex specialissima !!! Quando tale rapporto di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c. o anche appalto reso da prestatore di servizi ex D.Lgs. 163/2006 si sostanzia - in favore di una PA - in uno studio-consulenza-ricerca il sistema immunitario dello Stato centrale mette in circolo, preventivamente, gli anticorpi pubblicistici di cui all’art. 7, comma 6 ss. del D.Lgs. n. 165/2001. Serve allora ai fini del discrimine pro applicazione o esclusione dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi una bussola di orientamento, partendo da un punto di partenza fermo e chiaro. E allora: questione centrale e prioritaria in materia, sia dal punto di vista teorico che operativo, è lo stabilire, considerato il bene (la res: prestazione) che l’Ente deve acquisire (sta scritto nella c.d. determina a contrarre, che non dovrebbe mai mancare) e correlato contratto che si stipulerà all’uopo, quali siano in primis le norme pubblicistiche pertinenti (cioè da applicarsi) - se non si esce dalle sabbie mobili ordinamentali - ed esattamente:

a) quelle speciali dell’art. 7, commi 6 ss. del D.Lgs. 165/2001? b) o quelle generali del D.Lgs. n. 163/2006 ed in particolare:

- comunque quelle generiche dell’art. 27, trattandosi di “contratti esclusi” [si

evidenzia quanto dispone l’art. 19, comma 1 lett. e) del D.Lgs. n. 163/2006]? - specificatamente quelle dell’art. 125 (non senza trascurare gli artt. 57 e 221),

unitamente alle attuative norme regolamentari - per così dire – aziendali (c.d. Regolamenti per l’acquisizione dei….servizi in economia) tra cui anche il tanto gradito “affidamento diretto” (vero e proprio: trattativa riservata su di un solo preventivo e zac: affidamento diretto al singolo offerente interpellato per via della bassa spesa: unico in Italia?!?) ?

E’ di tutta evidenza, invero, come post D.Lgs. n. 163/2006, con buona pace dei civilisti, il

prestatore persona fisica (autentico “operatore economico” ut mero “prestatore di servizi” diverso dal “fornitore” e dall’ “imprenditore” ex art. 3, comma 19 dello stesso D.Lgs. n. 163/2006) ben può erogare alla PA-committente un prodotto finale (si pensi ad un parere pro veritate, ad uno studio, ad un progetto architettonico, una difesa in giudizio, una giornata formativa etc.) pienamente corrispondente (sotto il profilo oggettivo e soggettivo come innovativamente definiti dal citato Codice dei contratti pubblici) all’appalto “pubblico” “di servizi” come definiti dall’art. 3, commi 6 e 10 del D.Lgs. n. 163/2006. Ma non si può neppure sostenere, con buona pace degli appaltisti, che l’art. 7, comma 6 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001 non si applica mai ogni qual volta trattasi di appalto “pubblico” “di servizi”, anche se reso da mera persona fisica-operatore economico, quell’individuo insomma cui mira l’art. 7, comma 6 del Tupi.

Come scrivo da anni, i due oceani normativi creati successivamente, quello grande e

primordiale del D.Lgs. n. 163/2006, e quello piccolo ma periglioso dell’art. 7, comma 6 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001, devono convivere, ma senza confondere le rispettive acque ed i rispettivi pesci, se no si è nel caos più totale, sul piano giuridico e, per dirla tutta, difficilmente in caso di errore un ponderato collegio giudicante potrebbe riscontrare quel minimum di colpa grave su cui si fonda la responsabilità erariale: la rusticitas giuridico-normativa determinante ignoranza della legge amministrativa da applicare nel conseguire una data prestazione, indotta da un siffatto ordinamento caotico ed incomprensibile, dovrebbe mandare esenti i dipendenti pubblici rinviati a giudizio da responsabilità amministrativo-patrimoniale alla pari di quella (rusticitas) che la Corte Cost. ha

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riconosciuto sussistere in campo penale sull’art. 5 con la sentenza n. 364 del 24.3.1988 grazie all’opera dubitativa di un ottimo Pretore onorario marchigiano10, guarda caso Avvocato: tertium non datur!

La stessa citata Cdc Veneto Sez. Controllo delib. 146/2013 ammette la sussistenza

(passata?) di un campo minato che può sicuramente indurre in errore l’addetto ai lavori (v. ivi a pag. 129 della Relazione):

“L’errore di confondere l’affidamento di un incarico con l’aggiudicazione di un appalto di servizi nella maggior parte dei casi è, come si è visto, giustificato da interpretazioni giurisprudenziali discordanti, dovute a un faticoso processo di adattamento della normativa italiana a quella europea ed internazionale.

Purtuttavia i casi descritti nella prima parte dell’indagine dimostrano la ineluttabilità, che non lascia adito a dubbi di sorta, dell’applicazione della disciplina del codice degli appalti in casi che oramai sono stati ampiamente chiariti.” [Nda: lo sono veramente? Solo in Veneto o in tutt’Italia?]

Ancora sempre dalla stessa cit. Relazione e proprio sul caso della giornata formativa, ma data ad uno

studio (qui la soluzione è piana ed agevole !): “Ad esempio il Comune di (omissis) si trova ad affidare un incarico di duplice natura (sia formazione professionale, che consulenza in materia fiscale) a uno studio professionale, cioè a un soggetto che non si configura come persona fisica. Sia la natura giuridica della controparte, che l’oggetto del contratto (in entrambi i casi si tratta di servizi inseriti nella tabella IIA la consulenza, e IIB la formazione professionale), inducono a configurare la prestazione quale un appalto di servizi.” E per far convivere detti due oceani normativi suddetti ed applicarli senza errore v’è un solo modo: capire perché in un secondo momento il Legislatore ha sentito il bisogno di elaborare il testo di cui all’art. 7, comma 6 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001 nonostante la pregressa esistenza e pacifica applicabilità del D.Lgs. n. 163/2006 praticamente ad ogni pubblica acquisizione di beni/servizi. La mera interpretazione ed applicazione letterale delle norme dei due oceani “fa uscir pazzi”! Capito bene il perché (anche al di là dell’infelice testo normativo: la mera interpretazione letterale porta ad una applicazione monca o contro la ratio legis!) si comprenderà bene agevolmente a quali contratti si applica e quindi a quali contratti invece si applica solo il D.Lgs. n. 163/2006.

10 Di cui si riporta l’incipit del RITENUTO IN FATTO per dar conto della raffinatezza ed al contempo sobrietà giuridica di siffatto giudice remittente: “1. - Nel corso d'un giudizio penale a carico di Marchegiani Mario e altri, imputati della contravvenzione di cui all'art. 17, lett. b), legge 28 gennaio 1977, n. 10, per avere eseguito senza concessione edilizia notevoli opere di bonifica di un terreno agricolo e per finalità agricole, con esclusione d'ogni intento edificatorio, il Pretore di Cingoli - ritenendo gli imputati meritevoli di proscioglimento perché avevano creduto in buona fede, sulla base della giurisprudenza del Consiglio di Stato, di poter eseguire i lavori senza licenza - con ordinanza del 22 luglio 1980 ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 27, primo comma, 54, 73, 111 e 113 Cost., degli artt. 5, 42, quarto comma, 43, 47 cod. pen. e 17, lett. b), legge 28 gennaio 1977, n. 10, nella parte in cui non prevedono la rilevanza della precitata "buona fede", determinata da interpretazioni della giurisprudenza del supremo consesso di giustizia amministrativa. Il giudice a quo osserva che le norme impugnate contrastano: con l'art. 2 Cost., perché la libertà dell'uomo viene ad essere lesa proprio da una situazione anormale creata dallo stesso ordinamento; con l'art. 3 Cost., in quanto le norme impugnate escludono ogni rilievo della carenza di coscienza dell'antigiuridicità della condotta e dell'errore sulle leggi amministrative richiamate nel precetto penale; nonché con gli artt. 24, 111 e 113 Cost., nei quali è contenuto il principio dell'unitarietà dell'ordinamento nel campo della difesa degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi. Il Pretore di Cingoli ritiene sussista altresì contrasto delle norme impugnate con gli artt. 54 e 73 Cost., che stabiliscono l'obbligo del rispetto delle leggi, in quanto, nell'ipotesi che l'errore sia dipeso da difformi interpretazioni giurisprudenziali, il cittadino che rispetti l'interpretazione d'un giudice non si ribella all'autorità dello Stato ma si adegua all'obbligo di cui agli stessi articoli. Lo stesso Pretore rileva, infine, il contrasto delle norme impugnate con il primo comma dell'art. 27 Cost., che impone la possibilità della conoscenza della legge penale.”

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Ora, la ratio dell’art. 7, commi 6 e ss. la si è già sopra espressa/individuata chiaramente, mentre quanto all’individuazione dei contratti cui esso si applica, lungi dal muoverci sul piano del genus del contratto (la gr. e la dottr. sintetizza in modo gergale” incarichi o appalti: ma trattasi di un gergo fallace e fuorviante, maxime post D.Lgs. 163/2006) ci si deve muovere solo piano del “a che cosa serve detto contratto” o meglio “che cosa ci fa la PA con la prestazione che acquisisce con detto contratto”. Ebbene, come ho già avuto modo di scrivere, a commento critico di una deliberazione della Cdc CTR Lombardia del 201311, la soluzione da me ipotizzata passa attraverso quanto espresso nella sotto riportata disposizione regolamentare che, finalizzata a mantenere in vita l’operatività del D.Lgs. n. 163/2006, va a tracciare l’esatto confine tra i due suddetti oceani e ciò massimamente post art. 3, commi 55 e 56 della L. n. 244/2007, in cui il Legislatore, conscio della fallacità del criterio dell’oggetto della prestazione non a caso ripete per ben 2 volte quanto segue (vedi il nerettato e sottolineato):

- 3/55. Gli enti locali possono stipulare contratti di collaborazione autonoma, indipendentemente dall'oggetto della prestazione, solo con riferimento alle attività istituzionali …

- 3/56. Con il regolamento di cui all'articolo 89 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono fissati, in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e le modalità per l'affidamento di incarichi di collaborazione autonoma, che si applicano a tutte le tipologie di prestazioni. … Opinandosi diversamente equivarrebbe a sostenere che l’art. 7, comma 6 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001, prima, e poi da ultimo la L. 244/2007 art. 3, commi 55 e 56, avrebbero statuito la assoluta inapplicabilità (inefficacia) del D.Lgs. n. 163/2006 al prestatore persona fisica: cioè esattamente a quell’operatore “operatore economico” innovativamente - nell’ordinamento italiano - valorizzato e quindi tutelato dal D.Lgs. n. 163/2006 in recepimento di precisa direttiva europea. E quindi la prevalenza su tutto dell’aziendale regolamento della singola PA committente. Questa conclusione abrogante pare decisamente eccessiva ! Bisogna allora, lo si ripete, trovare la via per far convivere dette due normazioni pubblicistiche. La risposta al dilemma teorico-operativo iniziale sopra posto sta, a giudizio di chi scrive, evidentemente fuori dal Codice Civile come anche fuori dallo stesso D.Lgs. 163/2006 e quindi non si basa su:

a) l’esatta natura giuridica del prestatore (imprenditore o non imprenditore/professionista, con o senza P.IVA in questo secondo caso); [c.d. criterio soggettivo]

b) l’esatto oggetto (o contenuto) della prestazione (se studio, se consulenza, se ricerca, se

giornata formativa, se accatastamento, etc.) [c.d. criterio della natura della prestazione]

c) il nomen iuris dato al contratto stipulato: contratto di lavoro autonomo ex artt. 2222ss. c.c. o appalto di servizi ex art. 1655 c.c. (ove lo status di “imprenditore” non può mancare!) o “appalto pubblico” di servizi ex art. 3, comma 6 D.Lgs. n. 163/2006 (ove al posto dell’imprenditore classico ex c.c. ben può starci anche un puro e mero “operatore economico” : al di là degli artt. 39 e 41 ciò è confermato inequivocabilmente dall’art 221 comma 1 lett. f) dello stesso D.Lgs. n. 163/2006: “ …, purché questo sia

11 V. sub nota 1.

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aggiudicato all’imprenditore o al prestatore di servizi che esegue l’appalto iniziale” appalto iniziale che può concernere qualsiasi tipologia!);

d) e tanto meno al modo in cui la prestazione viene resa: discrimine erroneamente posto a

fondamento del decisum dal Consiglio di Stato Sez. V nella sentenza n. 2730 dell’11.5.2012 (vedasi infra la critica puntuale di siffatto argomentare che aprirebbe alle PP.AA. italiane un varco elusivo mostruosamente ampio dell’art. 7, comma 6 e ss. Tupi);

ma si rinviene e si fonda solo sulla ratio legis che ha portato il Legislatore italiano a produrre le regole procedural-sostanziali stabilite con l’art. 7, commi 6 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001. Perché le ha scritte? Per quale tipo di prestazioni (acquisizioni) le ha volute fissare? Ebbene: la ratio dell’art. 7, comma 6 cit. stava e sta tutt’ora evidentemente, dietro l’incalzare di decine di pronunce di condanna della magistratura contabile per danno erariale (la cui impalcatura praticamente è stata interamente recepita e codificata dal Legislatore!), ad evitare la spreco di denaro pubblico per l’acquisizione di beni/servizi a mezzo prestazioni lavorative autonome (anche Co.Co.Co), acquisizioni/produzioni che ben potevano e possono essere acquisite/prodotte (in economia) tramite le stabile truppa rotazionale (Segretario/Dirigenti e Personale delle categorie, magari anche assunti a termine!) o con le c.d. truppe aggiuntive semi-reclutate mediante contratti di appalto (si pensi al contratto di somministrazione di manodopera). Ora, sia chiaro come l’art. 97 Cost. (principio di autosufficienza delle PP.AA.) non muta valenza/operatività a seconda del contratto che la PA decide di stipulare all’uopo e ciò è stato ben posto in evidenza ottimamente dalla deliberazione n. 143/2013/GEST della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo (INDAGINE CAMPIONARIA INCARICHI ESTERNI AFFIDATI DAGLI ENTI LOCALI VENETI NEL TRIENNIO 2009–2011 ) ove afferma a pag. 24 che: “Le due fattispecie [Nda: “incarichi” e gli “appalti”] vengono accomunate, tuttavia, dalla considerazione tratta dalla costante giurisprudenza (22) che, per affidare all’ esterno una attività, occorre prima effettuare una attenta e puntuale verifica delle esistenza di risorse umane interne, onde evitare duplicazioni indebite di spesa.” ------ (22) Ex multis cfr. Sezione Piemonte Delibera n. 123/2011/SRCPIE/VSG che sottolinea testualmente che A tal proposito si rammenta che le pubbliche amministrazioni devono perseguire i loro fini istituzionali utilizzando il proprio personale, e che il ricorso a figure esterne è consentito solo qualora sia necessaria una specifica professionalità non presente all’interno dell’Ente; in ogni caso l’utilizzo di detta tipologia di personale non deve rappresentare una duplicazione delle risorse umane già presenti.

Ebbene, invero, detto denaro pubblico una volta che è uscito malamente dalla PA-Erario (una volta così sprecato in affidamenti ab origine inutili perché ontologicamente non utili a monte!) è sempre produttivo di danno erariale e a rigore poco conta all’uopo che il prestatore percettore del compenso/corrispettivo sia una persona fisica o una società: ma il Legislatore che a più riprese ha rimaneggiato l’art. 7, comma 6 del Tupi, preso dalla pressione mediatica suscitata da certe sentenze e certe indagini su “incarichi” dati a certi “individui”, ha finito col dire meno di quello che avrebbe dovuto scrivere, insomma minus dixit quam voluit, e all’art. 7, comma 6 sta ancora scritto, malamente, solo “incarichi individuali”, cioè quelli dati a “individui” ! Eppure in caso di, ad es., consulenza inutile il danno erariale c’è anche se l’erogatore della consulenza è una SpA o no? Ben più agevole è stato allora individuare sul piano regolamentare nel seguente esatto modo il suddetto discrimine sul piano della tipologia della prestazione (che è piano ben diverso da quello - fallace - dell’oggetto della prestazione):

“Art. 3

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Condizioni/Ambiti di applicazione del Codice sugli Appalti e del Regolamento per l’acquisizione dei servizi in economia con prevalenza sul presente Regolamento.

1. Ai fini del contemperamento della disciplina recata dalle speciali fonti normative elencate all’art. 1 comma 2 del presente Regolamento con la disciplina generale recata dal D.Lgs. 163/2006 e delle Direttive dettate dalla Comunità Europea in materia di appalti di servizi resi da persona fisica, si procede in conformità della generale e prevalente12 normazione recata dal cit. D.Lgs. 163/2006 e del Regolamento per l’acquisizione dei servizi in economia eventualmente adottato dall’Ente ai sensi dell’art. 125 dello stesso D.Lgs. 163/2006, allorché ricorrano contestualmente le seguenti condizioni: a) riconducibilità dello status giuridico della persona fisica da incaricarsi per la prestazione d’opera alla specie dell’imprenditore individuale ai sensi dell’art. 2083 c.c. o comunque di operatore economico ai sensi del D.Lgs. 163/2006, da intendersi quest’ultima ricorrente esclusivamente nel soggetto che agisce ordinariamente*** sul mercato ponendosi in competizione con altri operatori tentando di acquisire più clienti, ***a prescindere dal possesso della partita IVA: è comunque esclusa la natura giuridica di operatore economico in capo al dipendente di P.A. che, in regime di Full-Time o Part-Time superiore al 50%, presti occasionalmente attività lavorative in favore di PP.AA.13, esercente in regime autorizzatorio o meno ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 165/2001; b) ravvisabilità nel risultato/oggetto finale della prestazione chiesta al soggetto incaricato delle caratteristiche di un’opera, un servizio/prodotto finito in quanto idonea/o a realizzare direttamente e definitivamente ex sé il pubblico interesse perseguito dalla P.A.: a tal fine il risultato/prodotto finale deve avere una rilevanza esterna alla P.A.14 immediatamente e totalmente15 integrante l’azione amministrativa della P.A.16 ovvero anche una rilevanza solo interna, endoprocedimentale, rispetto alla finale azione amministrativa della P.A., ma esclusivamente nei casi ed alle condizioni espressamente previsti dalla legge e dai regolamenti17; 12 La prevalenza della normazione nazionale ex D.Lgs. 163/2006, applicativa della Direttiva comunitaria ……, sulla parimenti normazione nazionale ex art. 7, comma 6 e ss., del D.Lgs. 165/2001 è cosa scontata ed ovvia in base al sistema della gerarchia delle fonti a livello di U.E.! 13 Si pensi ai seguenti due diversi casi: a) del pubblico dipendente che in regime di Full-Time svolga in favore di una PA una giornata formativa; b) al pubblico dipendente che in regime di Part-Time 50% o meno eserciti frequentemente e/o abitualmente (in questo caso è raccomandabile la titolarità di P.IVA!) attività di formatore. Nel primo caso non ricorre l’ipotesi di operatore economico; nel secondo caso ricorre certamente! Invero nel primo caso il provento che ne deriva al prestatore è puramente occasionale e va ad aggiungersi ad un reddito stipendiale pieno sicuro riconosciuto dalla PA datoriale; mentre nel secondo caso trattasi di ordinario reddito da espletamento di una legittima attività svolta in via abituale da dipendente pubblico che per ciò ha rinunciato al 50% del suo sicuro reddito annuo. 14 Cioè: per il fruitore/destinatario finale: la PA stessa (un’opera d’arte per la PA / il dipendente della PA (una giornata formativa) / il cittadino amministrato dalla PA (un corso sull’educazione ambientale e raccolta differenziata rifiuti). 15 Nel senso di “finalmente”! 16 Si pensi ad una giornata formativo-seminariale; ad un progetto ingegneristico; ad una statua da apporre nel cortile della sede del Comune; etc. 17 Si pensi alla perizia geologica che una PA, priva della firgua professionale di Geologo deve necessariamente acquisire, ai sensi della legislazione in materia edile, per poter realizzare, anche internamente tramite la firma del suo Ingegnere Capo, un progetto relativo ad un immobile comunale/ad un ponte; allo studio delle essenze botaniche di un clinale imposto da una Legge Regionale come studio preventivo che deve essere fatto e deve accompagnare il finale progetto del Piano Regolatore Generale, ai fini dell’esatta destinazione urbanistica di una o più zone del territorio comunale; etc. Chi scrive è anche dell’avviso che gli incarichi per siffatti studi/ricerche anche ove non dovessero ricadere nell’alveo del Codice Appalti + Reg. Serv. in economia bensì ricadere nell’ambito dello speciale Regolamento sugli incarichi esterni, a rigore non dovrebbero essere comunque (per ciò solo!) inviati alla Corte dei Conti Sez. Controllo ex art. 1 comma 173 LF 2006 (L. 266/2005) in quanto atti necessitati e non discrezionali: evidentemente la ratio del comma 173 cit. è monitorare gli studi, le consulenze discrezionali e non quelli necessitati in quanto imposti dalla legge !!!

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c) riconducibilità della prestazione eroganda ad una delle tipologie di cui agli allegati IIA e IIB del D.Lgs. 163/200618 integralmente riportati sub allegato n. 1 al presente Regolamento.

2. Verificata preventivamente in sede istruttoria la ricorrenza dei requisiti di cui alle lettere b) e c) del periodo precedente il Dirigente procedente ai fini dell’applicazione esclusiva e rispetto della prevalente normazione recata dal D.Lgs. 163/2006 e dall’attuativo Regolamento per l’acquisizione dei servizi in economia eventualmente adottato dall’Ente ai sensi dell’art. 125 del D.Lgs. 163/2006, in sede di bando/avviso pubblico può escludere espressamente l’ammissibilità di offerte provenienti da dipendente di P.A. che in regime di Full-Time o Part-Time superiore al 50% presta occasionalmente attività lavorative specialistiche (non operatore economico). Nel caso in cui detta esclusione non dovesse essere disposta dal bando, l’eventuale affidamento del servizio a soggetto offerente dipendente di P.A., che in regime di Full-Time o Part-Time superiore al 50% presta occasionalmente attività lavorative specialistiche, non determina alcun effetto rispetto alla legittimità della procedura scelta in applicazione della formazione di cui al primo periodo, fermo restando che in tal caso la PA aggiudicatrice deve applicare quanto previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 al fine di non incorrere nelle responsabilità amministrative ivi previste.”

Solo così si può dare all’art. 7, comma 6 ss. del Tupi una sana e chiara applicazione. Ove

manchi anche solo una delle 3 condizioni elencate alle lett. a), b) e c) si è dentro l’alveo operativo e responsabilizzante dell’art. 7, comma 6 del Tupi. Mentre ove le 3 condizioni siano tutte e 3 soddisfatte contestualmente si è sicuramente fuori dall’art. 7, comma 6 ss. del Tupi e relative procedure + speciali responsabilità e quindi dentro il Codice dei contratti pubblici: tertium non datur !!!

E ciò non solo per la questione specifica della valenza di una giornata formativa resa

direttamente e personalmente dal prestatore-persona fisica, ma anche per molte consimili prestazioni professionali rese a PP.AA. da mere persone fisiche. Concludendo, quindi, una giornata formativa resa direttamente da Relatore-persona fisica alla P.A.-committente (eccettuato il caso del Formatore dipendente pubblico Full-Time sul qual caso particolarissimo si può discutere, ma chi scrive ha molti dubbi sulla sua qualificabilità quale “operatore economico” ex D.Lgs. n. 163/2006, anche nel caso in cui non necessitasse di alcuna autorizzazione da parte della PA datoriale !!!) è, per la sua intrinseca sostanza e funzione, a tutti gli effetti un qualche cosa che:

a) sta sicuramente fuori dalle ganasce pubblicistiche dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi e correlata Regolamentazione anche locale (v. art. 3 commi 55 ss. della L. 244/2007);

b) è sicuramente una prestazione di servizio che rientra nell’Allegato IIB del D.Lgs. n. 163/2006;

c) è un appalto pubblico di servizio. d) tanto per attualizzare la discussione: un incarico pro giornata formativa suddetta non sta dentro l’art. 15 del D.Lgs. 33/2013 in quanto non incarico di “collaborazione e consulenza” (e quindi da pubblicizzare non alla sotto sezione standard n.15 della Sezione Amministrazione trasparente), ma esattamente sta dentro l’art. 37 del medesimo D.Lgs. in quanto evidentemente “appalto di…servizi” nonostante il prestatore sia persona fisica (e

Comunque, poiché massimamente per tali atti necessitati nessuna PA ha nulla da nascondere agli organi di controllo sarà bene inviare anche gli atti amministrativi relativi al conferimento anche di tali incarichi, ingolfando così un organo giudiziario già oberato di incombenze e palesemente sotto organico! 18 Invero, ricorrendo i presupposti di cui alle lett. a) e b) è quasi impossibile che la prestazione non rientri in una delle centinaia previste dai citati allegati: tuttavia può accedere!

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quindi da pubblicizzare nella sotto sezione standard n. 11) : è poca cosa questa implicazione operativa?

In buona sostanza la suddetta chiara bussola regolamentare da me ipotizzata, tutta incentrata si sull’oggetto della prestazione, ma non in sé quanto più precisamente sul suo scopo/funzione di esso (c.d. approccio teleologico) rispetto all’interesse pubblico sotteso alla spendita di denaro pubblico, consente di approcciare ogni singolo caso concreto esattamente partendo dall’oggetto della prestazione nei termini appena detti e non dalla qui sterile ed arcaica summa divisio tra incarichi e appalti ed in ciò esattamente detta mia metodologia teleologica applica quanto la Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo dice a pagg. 130 ss della suddetta Relazione sugli incarichi esterni del 2013:

“Spesso un’attenta ricognizione dell’oggetto del contratto diviene l’unico parametro di verifica. Le tipologie sono le più svariate, ma un’attenta ricognizione dell’oggetto del contratto può fungere da utile indice di verifica. Ad esempio, il Comune di (….) affida un incarico di consulenza in materia di adempimenti per la riservatezza dei dati ad una ditta impresa; ad una più attenta lettura la natura giuridica della controparte, ed il reale oggetto del contratto che non consiste in una mera consulenza, ma in uno studio della reale situazione dell’ente e nella realizzazione degli adeguamenti necessari, troverebbe una migliore configurazione come un contratto di appalto di servizi. [Nda: esattamente nella c.d. “consulenza gestionale” di cui all’Allegato II B del D.Lgs. n. 163/2006] Una valutazione analoga [Nda: ergo: contratto di appalto] può farsi per l’incarico di ideazione e stampa opuscoli, da parte della Provincia di Rovigo ad uno studio grafico; la stessa Provincia affida un incarico di formazione indirizzato ad insegnanti ed alunni delle scuole in materia di sicurezza ad una associazione di promozione sociale.”

A quanti non gradissero o non condividessero siffatte ferree, ponderate e motivate conclusioni giuridico sistematiche (eccettuata la questione del Formatore dipendente pubblico Full-Time, ovviamente, sulla quale sono disposto a discutere!) dello scrivente, ma anche - par di capire - della Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo deliberazione n.146/2013, suggerisco la lettura integrale della seguente illuminante deliberazione della Corte dei Conti Deliberazione n. SCCLEG/ 26 /2011/PREV (Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato) che ….. non fa una piega tanto è …. piana e comprensibile :

“Il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull’assoggettabilità al controllo preventivo di

legittimità di due contratti di conferimento di docenza, stipulati dall’Istituto superiore per la ricerca ambientale (ISPRA) rispettivamente con l’Avv. Rosa BERTUZZI e con il Prof. Avv. Paolo DELL’ANNO. Al riguardo la Sezione ritiene opportuno richiamare, preliminarmente, i principi contenuti nelle proprie deliberazioni n. 20 del 2009 e n. 12 del 2011. In particolare, con la prima delibera è stato affermato che “il legislatore”, con l’introduzione delle lettere f-bis e f-ter nell’ambito del comma 1 dell’articolo 3 della legge n. 20 del 1994, “ha evidentemente ritenuto che uno degli elementi che incidono in maniera rilevante su detti bilanci sia costituito dalle forme sempre più diffuse di affidamento ad estranei alla pubblica amministrazione di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero di consulenze per studi e ricerche; di conseguenza, il legislatore è intervenuto per limitare detti incarichi, affidando alla Corte dei conti il compito di verificarne la legittimità”. Inoltre, per quanto attiene alla identificazione dell’oggetto del controllo, è stato precisato che “l’interpretazione non può che essere il più possibile aderente al testo normativo (in cui si è obiettivizzata la volontà del legislatore), il quale - attraverso i richiami operati ad altre disposizioni - si riferisce

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espressamente, sia alle collaborazioni coordinate e continuative, che agli incarichi di consulenza, studio e ricerca”.

Nda: memento: testo art. 3 commi 1 lett. f-bis) e f-ter) della L. n. 20/1994 “1. Il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti si esercita esclusivamente sui

seguenti atti non aventi forza di legge: (omissis)

f-bis) atti e contratti di cui all' articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , e successive modificazioni (3);

f-ter) atti e contratti concernenti studi e consulenze di cui all' articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (4);

(omissis)” “La Sezione del controllo ha, nella medesima delibera, ritenuto, inoltre, che fattispecie che

possono comunque essere considerate estranee alla previsione normativa riguardano, tra l’altro, gli “incarichi di docenza”.

(omissis) Gli atti all’esame dell’odierna adunanza sono due contratti, con i quali viene conferito

l’incarico occasionale per lo svolgimento di attività di docenza nel “Corsi di Formazione ambientale sulla normativa ambientale e per ispettori ambientali presso l’ISPRA”. Il Collegio ritiene che, al di là della forma con la quale si provvede al conferimento dell’incarico per lo svolgimento di attività di docenza (nel caso di specie, un contratto) e della qualificazione giuridica dell’amministrazione che dispone il conferimento stesso, si debba ribadire in via generale l’esclusione dal novero delle fattispecie riconducibili alle citate lettere f-bis e f-ter del comma 1 dell’art. 3 della legge n. 20 del 1994 degli “incarichi di docenza”, già stabilita con la delibera n. 20 del 2009. Ed invero, la ratio delle citate norme contenute nelle lettere f-bis) e f-ter) del comma 1 dell’art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è quella di sottoporre al rigoroso scrutinio del controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti gli incarichi conferiti ad estranei all’amministrazione, di natura occasionale o continuativa, che siano volti ad integrare le professionalità già esistenti nelle pubbliche amministrazioni, nei soli casi nei quali non ci siano adeguate risorse interne necessarie per lo svolgimento di attività istituzionali. Ciò, al dichiarato fine del contenimento della spesa pubblica. Nel caso degli incarichi di docenza, invece, l’Amministrazione non intende sopperire a momentanee esigenze di natura occasionale, né tanto meno conseguire utilità derivanti da collaborazioni di carattere continuativo, né, infine, acquisire risultati di studi o ricerche, ovvero di apporti consulenziali. Con tali incarichi, invece, in relazione ad esigenze di istruzione o di formazione, si richiede a docenti universitari o a esperti particolarmente qualificati in specifiche materie, di svolgere una mera attività di insegnamento (di carattere universitario ovvero, più in generale, di natura formativa a favore di personale dipendente da pubbliche amministrazioni), che si conclude nell’ambito dei corsi all’uopo previsti e che non è riconducibile, né sotto il profilo letterale, né sotto il profilo logico-sistematico, alle citate lettere f-bis) e f-ter) del comma 1 dell’art. 3 della legge n. 20 del 1994.

P.Q.M. La Sezione centrale di controllo di legittimità dichiara non esservi luogo a deliberare sui provvedimenti dell’ISPRA citati in epigrafe, in quanto non assoggettabili al controllo preventivo di legittimità.”

Credo che ciò che vale in punto di diritto ed ontologicamente per l’Ente Stato centrale circa

la fattispecie dell’acquisizione di una giornata formativa direttamente da persona fisica valga anche

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per gli Enti Locali e le innumerevoli restanti PP.AA. italiane: o no ?! Oppure per il solo Stato centrale l’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi ha un significato/valenza particolare e diverso rispetto a quello (più ampio?!) che detto art. 7 ha per le restanti PP.AA. italiane?

Ne consegue che la Circolare n. 2/2008 del DFP (e con essa forse anche qualche traviato

Regolamento locale !!!) debba essere immediatamente rettificata in quanto totalmente erronea e fuorviante esattamente nella parte sopra riportata in cui l’attività formativa di tipo seminariale viene:

a) erroneamente inserita nel genus degli incarichi professionali di cui all’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi;

b) addirittura erroneamente esclusa dall’obbligo di comparazione di cui al comma 6bis del cit. art. 7 del Tupi senza alcuna motivazione legittima (già l’invocazione del caso della infungibilità della prestazione avrebbe fatto meno scalpore!!!).

Ciò in termini di sostanza della fattispecie di acquisto esaminata, quanto invece alle

procedure da applicarsi per l’individuazione del Relatore-persona fisica/contraente, non essendo un esperto e/o cultore appaltista ed avendo da sempre dubbi ancestrali su quando è veramente lecito affidare d-i-r-e-t-t-a-m-e-n-t-e l’incarico per detta giornata formativa - sicuramente appalto di servizio - ed essendo un estimatore dell’art. 97 Cost., credo sia saggio seguire il consiglio che dà la Corte dei Conti Veneto Sez. Controllo alla fine della Relazione di cui alla succitata deliberazione n. 146/2013, al § 17 ove sta scritto:

§17. L’applicazione necessaria del principio di concorsualità La seconda criticità è diretta conseguenza di quanto sopra enunciato, nella concreta applicazione delle regole, in una non corretta distinzione tra i singoli istituti: sono stati riscontrati rapporti di lavoro subordinato e contratti di appalto configurati come consulenze o collaborazioni. Spesso le due fattispecie vengono ad essere sovrapposte come disciplina, ritenendole tra loro fungibili, e considerando adempiuti gli obblighi indifferentemente dell’una e dell’altra, mentre invece per quanto attiene il contratto di appalto, ed in particolare di appalto di servizi, si rammenta che è fattispecie ben distinta e diversamente regolamentata dagli incarichi e dalle collaborazioni. In ogni caso, il principio di concorsualità insito nei principi più sopra enunciati dimostra che non si può dare luogo senza adeguata motivazione all’affidamento di incarichi, né tantomeno affidare questi – sia che essi siano riconducibili alla disciplina degli appalti, sia a quella più propriamente degli incarichi – con criteri fiduciari, nascondendo spesso, nella loro opacità, un vulnus a criteri di scelta basati sul merito e la convenienza tecnico-economica.

Sul punto certo sarebbe estremamente gradito un intervento dottrinario finalmente

chiarificatore e sincero dei colleghi appaltisti, massimamente di quelli che posso chiamare “amici” e che avranno modo di leggere queste dissertazioni che, credo, li solleciteranno non poco.

Comunque una cosa è certa, qualunque sia la strada (via) che una PA percorre per acquistare

un bene/una prestazione di cui ha bisogno, è indubbio che deve prima vedere e verificare se in casa sua già tale bene ce l’ha e/o comunque è in grado di produrlo appositamente: se tale indagine non viene fatta e se di essa non si dà conto nella determina a contrarre, sia per il caso dell’appalto sia per il caso dell’incarico nell’ipotesi specialissima dell’art. 7, comma 6 e ss. del Tupi, sono dolori sempre e comunque, perché secondo l’art. 97 Cost. in entrambi i casi il rischio dello sperpero di denaro pubblico è molto concreto: anzi quasi certo. Ciò, a mò di utile monito, sta scritto in gran

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parte delle delibere collaborative della Corte dei Conti Sezioni controllo e mi pare cosa giustissima e saggia. Perché un Ente Locale deve appaltare la realizzazione di 100mt di pubblico marciapiede spendendo 10.000€. quando in casa ha mezzi, materiali e maestranze per farlo, spendendo 5.000€ e con sicura maggior resa e riuscita dell’opera? Non basta avere i soldi in Bilancio, allocati nel giusto Capitolo di Bilancio/PEG per spenderli legittimamente e … senza danno erariale (che è altro separato aspetto della stessa medaglia: l’agire pubblico della PA)!

Quanto al caso specifico della necessità di una giornata formativa (sia essa obbligatoria in

senso stretto e puntuale ope legis o semplicemente dovuta ex art. 7bis Tupi), sia l’assenza di dipendenti aventi il profilo professionale di Formatori sia lo stesso argomentare della Corte dei Conti nella succitata Deliberazione n. SCCLEG/ 26 /2011/PREV (Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato) che non pare gravare la classe dirigente o funzionariale anche di obblighi formativi in senso professionale verso i propri stessi colleghi, parrebbero legittimare le PP.AA. ad andare all’esterno19 a tal fine. Ciò ovviamente non esime i Dirigenti ed i Funzionati dall’impartire e - ora ex D.Lgs.33/2013 – anche pubblicare proprie direttive operativo-interpretative s-c-r-i-t-t-e (un noto adagio anconetano dice “A discore n’è fadiga!” e chi scrive aggiunge: e si rischia anche poco, in caso di errore altrui!): ma esse, direttive, non sono e non costituiscono Formazione: sono altro, per l’appunto “Direttive” !!! La vera Formazione a rigore è quella che, una volta erogata, consenta al dipendente pubblico discente di valutare e giudicare in modo critico l’operato proprio ed anche del suo stesso Dirigente e magari anche di porre in essere le dovute segnalazioni. O no?

Buone riflessioni a tutti, massimamente agli addetti ai lavori ed ai giuristi di buona e sana

volontà, e davvero buone e rigeneranti ferie agostane 2013.

19 Risulta allo scrivente, dalla lettura di diversi CCAL, che alcune PP.AA. invitano (su base volontaria) alcuni propri dipendenti a svolgere attività formativa in favore di propri stessi dipendenti (colleghi) Funzionari (Cat. D1 o D3) e remunerano tale disponibilità lavorativa extra (?) con le risorse del Fondo di produttività: al di là del dubbio se così esse PP.AA. paghino (illegittimamente) degli straordinari lavorativi o (legittimamente) autentica produttività (performance) resa intra orario d’obbligo, chi scrive si chiede: a) ma questa è vera Formazione? b) ma allora perché non esigerla tutte dai Dirigenti e non pagarli invocando l’art. 24 del Tupi? Sulla vicenda è bene riflettere e massimamente non fare i furbi!