L'arte moderna e contemporanea

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Tra Neoclassicismo e giorni nostri Chiara Ponti V A A.S. 2014 - 2015 Pag. 1 1750 – 1780: Fase di preparazione 1780 – 1796: Fase rivoluzionaria 1796 – 1814: Fase Napoleonica 1815 – 1830: Fase della Restaurazione Il Neoclassicismo si sviluppa in Europa tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento e si basa sulla concezione razionalista del pensiero illuminista che tende ad organizzare le conoscenze secondo principi classificatori. Si rifiutano l’enfasi e la sregolatezza formale del Barocco e del Rococò e si recuperano i valori e le forme dell’antichità classica greca e romana. La cultura e l’arte classica vengono studiate in modo metodico e catalogate. A stimolare tale orientamento fu la scoperta dei resti di Ercolano e Pompei con l’avvio di campagne archeologiche. L’Italia torna ad essere centro della vita artistica internazionale. Il Neoclassicismo si afferma in anni di profondi rivolgimenti storici: la Rivoluzione francese, l’ascesa di Napoleone, il suo potere imperiale e la sua rovina politica. molti artisti celebrano questi momenti, assumendo un ruolo di primo piano persino nelle istituzioni culturali. La grande fiducia riposta in Napoleone viene profondamente delusa dall’assolutismo che contraddistingue i primi anni dell’ ‘800. Napoleone è celebrato attraverso molti ritratti ufficiali e la sua immagine è divenuta una vera e propria icona dell’arte neoclassica. David lo immagina mentre valica le Alpi in un atteggiamento idealizzato, ben saldo sul cavallo impennato, mentre i nomi incisi sulle rocce (Annibale, Carlo

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Tra Neoclassicismo e giorni nostri

Chiara Ponti V A A.S. 2014 - 2015 Pag. 1

1750 – 1780: Fase di preparazione

1780 – 1796: Fase rivoluzionaria

1796 – 1814: Fase Napoleonica

1815 – 1830: Fase della Restaurazione

Il Neoclassicismo si sviluppa in Europa tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni

dell’Ottocento e si basa sulla concezione razionalista del pensiero illuminista che tende ad

organizzare le conoscenze secondo principi classificatori. Si rifiutano l’enfasi e la sregolatezza

formale del Barocco e del Rococò e si recuperano i valori e le forme dell’antichità classica greca e

romana. La cultura e l’arte classica vengono studiate in modo metodico e catalogate.

A stimolare tale orientamento fu la scoperta dei resti di Ercolano e Pompei con l’avvio di campagne

archeologiche. L’Italia torna ad essere centro della vita artistica internazionale.

Il Neoclassicismo si afferma in anni di profondi rivolgimenti storici: la Rivoluzione francese,

l’ascesa di Napoleone, il suo potere imperiale e la sua rovina politica. molti artisti celebrano questi

momenti, assumendo un ruolo di primo piano persino nelle istituzioni culturali.

La grande fiducia riposta in Napoleone viene profondamente delusa dall’assolutismo che

contraddistingue i primi anni dell’ ‘800.

Napoleone è celebrato attraverso molti ritratti ufficiali e la sua immagine è divenuta una vera e

propria icona dell’arte neoclassica. David lo immagina mentre valica le Alpi in un atteggiamento

idealizzato, ben saldo sul cavallo impennato, mentre i nomi incisi sulle rocce (Annibale, Carlo

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Magno, Bonaparte) enfatizzano il clima eroico della scena. Con questa grande tela David ha creato

un modello celebrativo.

Jacques Louis David (1748 – 1825) per 5 anni vive a Roma dove studia le architetture e le statue

antiche, Michelangelo, Raffaello e Caravaggio. Lo studio della scultura antica contribuisce al suo

sego nitido e alla costruzione di forme rigorose e plastiche, facendo di lui l’interprete esemplare

della pittura neoclassica. Prende dal passato eroico di Roma anche molti soggetti delle sue opere,

proposti come esempi di virtù morale e civile.

Jacques Louis David, Il giuramento degli Orazi, 1784, olio su

tela, 330 x 425 cm, Parigi, Museo del Louvre.

Questa tela si inserisce nel filone illuministico del bisogno di

coscienza civile e spinge a considerare l’estremo sacrificio

della vita come strumento per il cambiamento a beneficio dei

valori collettivi.

L’ambientazione architettonica, le fogge degli abiti e delle armi

testimoniano uno studio appassionato dell’antichità; l’impianto prospettico rigoroso attira

l’attenzione al centro della composizione, dove si concentrano gli sguardi e i gesti. Il pittore esalta

l’uomo eroe che assume l’impegno di lottare per il suo popolo, esprimendo il primato del dovere

civile sulle passioni individuali.

Jacques Louis David, La morte di Marat, 1793, olio su tela, 192 x 125

cm, Bruxelles, Museo Reale delle Belle Arti del Belgio.

Questa tela è un manifesto politico: il pittore infatti è stato eletto da un

anno deputato alla Convenzione e si è schierato con il partito giacobino.

Jean Paul Marat, eroe della rivoluzione francese, costretto a lunghi

bagni a causa di una malattia, è ucciso a tradimento da Charlotte

Corday. L’uomo è descritto senza enfasi ed ogni elemento è essenziale

per delinearne il ruolo: la penna, la supplica della donna che chiede

denari per la propria famiglia. Il fondo fa emergere in primo piano la figura i cui lineamenti sono

evidenziati da una luce radente di ispirazione caravaggesca. La dedica in primo piano esprime la

volontà di David di partecipare agli eventi della storia e di rendere omaggio al protagonista della

Rivoluzione.

Napoleone valica le alpi

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Francisco Goya (1746 – 1828) è un pittore preromantico che lavora a

Madrid, anche se compie viaggi in Italia dove apprende la tecnica

dell’affresco. Viene considerato preromantico perché tormentato e

credete nei valori della

Rivoluzione Francese, distrutti

dalla conquista della Spagna da

parte di Napoleone i cui soldati si lasciano andare allo “spirito

animale” e all’istinto omicida. Attraverso i dipinti Grande

omicidio! Con morti e Cosa si può fare di più? Egli mostra il

degrado dell’umanità che con la guerra cade di livello fino a diventare un animale.

COMMITTENTI Ritrattista ufficiale dell’alta società spagnola, tra cui la famiglia Altamira che aiuta

l’ascesa sociale di Goya.

SOGGETTI Inizialmente la pittura seguiva schemi convenzionali, successivamente manifesta una

sensibilità già romantica. Il pittore non segue più schemi ben

precisi, ma l’espressione viene lasciata all’istinto, rifiuta i modelli

assoluti di bellezza e manifesta una grande passione per l’ombra e il

colore. I suoi quadri, nella seconda fase della carriera, sono per lo

più soggetti storici, dipinti tragici visionari e ossessivi con soggetti

del mondo mitologico.

Le sue immagini sono disperate e crude e diventano presto analisi impietose del suo tempo infatti

Goya denuncia l’ipocrisia dell’alta società spagnola.

Nel quadro 3 maggio 1808:

la scena rappresentata avviene di notte, in cui l’unica luce è

quella della lanterna che illumina per lo più chi deve essere

ucciso o è già stato ucciso.

È presente un defilato rispetto per la scena rappresentata, per

cui i soldati in contro luce sono un tutt’uno;

Non vi è una simmetria ordinata, per cui la reazione di chi guarda la scena è quella di orrore;

L’obbiettivo dell’autore è di rappresentare la passione che si trasmette a chi lo osserva, dal piano

sentimentale;

È mostrata l’abilità dell’autore di dipingere senza alcun disegno preparatorio.

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Questi elementi sono presenti in tutti i suoi quadri nell’ultima fase della sua vita realizza le “pitture

nere”, opere ad olio su muro all’interno della sua casa; in esse domina il tema della distruzione

razionale e della vana lotta contro morte e destino.

Nato a Possagno, si forma a Venezia ed opera a Roma (1779), dove risiede per tutta la vita, nel 1802

diventa Ispettore Generale delle Belle Arti dello Stato Pontificio. È un artista internazionale, come

dimostrano le committenze di Napoleone , papi e nobili della corte Asburgo.

Antonio è il più importante scultore neoclassico italiano. L’artista sa conciliare la ricerca di

naturalezza e vitale spontaneità delle forme con i principi del “Bello ideale”, la cui idea si esprime

nella grazia composta degli atteggiamenti. L’opera d’arte deriva da un processo di selezione dei

modelli del mondo reale liberati dagli aspetti casuali e transitori, sintetizzati dall’artista in una

forma superiore.

Il marmo assume morbidezza, accentuata dal trattamento delle superficie con cera ambrata; la

materia assume sorprendenti effetti di luminosità e trasparenza che rende la forma quasi incorporea.

L’artista riesce a rendere armonioso il marmo creando figure che paiono avere un proprio

movimento; le sue opere sono sempre ben levigate, lucenti, dotate di

una pura bellezza nel rispetto dei canoni del classicismo.

Antonio Canova, Amore e Psiche, 1788 – 1793, marmo bianco, 155 x

168 cm Parigi Museo del Louvre

La storia inizia con un re e una regina che avevano tre figlie, una di

esse si chiama Psiche, di una bellezza rarissima, tutti l’adoravano

come se fosse una dea trascurando la dea Venere; quest’ultima

invidiosa e gelosa di Psiche, chiede aiuto al suo figlio prediletto, Amore. Amore rimane incantato

dalla bellezza della ragazza e si innamora perdutamente di lei; Psiche vien portata nel

meraviglioso palazzo d’Amore, dove ogni notte Amore va da Psiche senza mai farsi vedere in volto

nascondendosi per evitare le ire di Venere. Per questo dice alla sua amata che è il suo sposo e che

lei non deve chiedergli chi sia e nemmeno vederlo. Un giorno Psiche prende una lampada a olio,

raggiunge Amore mentre dorme e avvicina la lampada al suo volto, rimane incantata dalla sua

bellezza che se ne innamora. Risvegliato da una goccia d’olio caduta sulla spalla, Amore scappa e

Psiche, nel cercarlo, arriva al palazzo di Venere che la rende schiava e la sottopone a varie prove,

una di queste la porta nel regno degli Inferi, dove riceve l’ampolla dalla dea Proserpina con

l’obbligo di non aprirla, ma la curiosità della ragazza la porta a trasgredire ed ella cade svenuta.

Canova immortala il momento in cui Amore la ridesta e la bacia ponendo fine alle sue sofferenze,

rende eterno un attimo sospeso, che nella realtà sarebbe destinato a trascorrere, in questo modo si

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prefigura l’indeterminatezza dell’arte romantica; l’artista ricerca l’equilibrio attraverso la posa delle

figure che trova un armonico componimento nell’abbraccio. Le linee di forza si irradiano in tutte le

direzioni e le ali spiegate di Amore sembrano spingere verso l’alto il corpo dell’amata: la levigatura

fa scivolare ulteriormente la luce fluidamente e toglie peso alle forme, quasi sfuggenti apparizioni.

Nel 1802 Canova scrive che la forma plastica deve isolarsi nello spazio reale e, grazie a questo,

viene idealizzata. I corpi di Amore e Psiche sono bilanciati e il loro movimento spinge lo spettatore

a girare loro intorno; il chiaro scuro è sempre mutevole e permette diversi punti di vista.

Il gruppo scultoreo rappresenta la capacità di Canova di dare forma al principio del Bello: l’armonia

tra naturalismo e idealizzazione. Il dato naturale è trasfigurato in forme assolute; l’arte di Canova

supera i principi dell’arte classica: le linee di tensione interne e il ritmo crescente e avvolgente.

:

Il periodo napoleonico è per Canova molto fecondo dal punto di vista artistico, anche se non diventa

l'artista della corte dell'imperatore francese.

Antonio Canova Napoleone Bonaparte come Marte vincitore, 340 cm, 1803-

1806, Marmo bianco, Apsley House, Wellington Collection, Londra

Canova scelse di raffigurare il grande generale francese, idealizzato come un

colossale Marte vincitore: seguendo i costumi eroici antichi dell'antica Grecia,

l'imperatore appare nudo, ad eccezione della clamide militare, appoggiata

semplicemente alla spalla sinistra. L'eroe è in piedi, con il braccio sinistro

sollevato per sorreggere l'asta, mentre il braccio destro è proteso a reggere

un globo dorato, dominato da una Vittoria alata. L'intera figura è affiancata da un

tronco d'albero, che ha il compito di sorreggere l'intera composizione. Il corpo totalmente nudo

dell'imperatore ricorda quello di Ercole nella composizione dell'Ercole e Lica; sebbene sia di grandi

dimensioni, la figura non appare eccessivamente muscolosa, ma al contrario snella e agile come

un'atleta di Policleto

Paolina Bonaparte come Venere vincitrice, 1805-1808, marmo

bianco, 92 (160 con la base) x 200 cm, Galleria Borghese, Roma

Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, è seminuda e semisdraiata

su un triclinio romano, con una mela in mano, nell' allegoria di

"Venere vincitrice".

Canova ha caratterizzato in modo diverso le superfici delle diverse

parti dell'opera: la consistenza dei cuscini e del materasso che si piega sotto il peso del corpo, i

drappeggi del tessuto che ne avvolgono la figura, la delicatezza dell'epidermide, le ciocche dei

capelli. Per rendere più vero l'aspetto dell'epidermide vellutata, lo scultore ha steso uno strato di

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cera rosata sulle parti nude della statua. All'interno del letto di legno, su cui è appoggiata la statua,

vi è un meccanismo che permette di ruotare intorno a un asse verticale.

Il ritratto marmoreo di Paolina che posa in levigatissime forme, viene considerato un apice dello

stile neoclassico. Il pomo che Paolina Borghese regge con gesto artificioso evoca la Venere

Vincitrice del giudizio di Paride che avrebbe potuto scegliere tra Giunone (potere), Minerva (arti e

scienza) e Venere (amore). Antonio Canova creò tra il 1805 e il 1808 questo ritratto senza veli di

una persona di rango, fatto eccezionale per l'epoca, realizzando così la metamorfosi della persona

storica in divinità antica in un atteggiamento di classica quiete e nobile semplicità.

Il Romanticismo si diffonde in Europa, precisamente in:

Germania, con Caspar David Friedrich (1774 - 1840);

Inghilterra, con Johann Heinrich Fussli (1741 - 1825) e William Turner (1775 - 1851);

Francia, con Theodore Géricault (1791 - 1824) e Eugène Delacroix (1798 - 1863).

Caspar David Friedrich (1774 - 1840) è un grande pittore di paesaggi che nelle sue tele trasfigura

la natura: gli alberi assumono forme astratte e contorte, e i cieli e il mare colori diafani, quasi

incorporei. Secondo lui il dipinto non deve porsi il fine di

rappresentare la natura, ma solo evocarla perché la natura esprime il

divino sotto forma di infinito e l’arte diventa elemento di mediazione

tra il suo mistero e lo spirito.

Caspar David Friedrich Viandante sul mare di nebbia, 1818, olio su

tela 95 x 75 cm, Kunsthalle,Amburgo

Un uomo, intento ad osservare l’ampio paesaggio dall’alto di un picco

roccioso, funge da asse compositivo. Il paesaggio è scandito da diversi

piani di profondità e il progressivo sfocarsi dei colori e dei contorni aumenta la percezione della

distanza. La figura domina la scena staccandosi dal paesaggio; per Friedrich, l’uomo non domina la

natura, ma si perde di fronte alla sua stupefacente grandiosità, in atteggiamento contemplativo e di

fronte alla natura immensa e sconosciuta l’uomo può solo meditare sulla solitudine e fragilità della

propria condizione.

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Caspar David Friedrich Il mare di ghiaccio 1823-1824, olio su

tela 98 x 128, Kunsthalle,Amburgo

Il dipinto rappresenta un naufragio nel bel mezzo di un mare di

ghiaccio rotto in una miriade infinita di pezzi, le cui schegge si

sono accumulate dopo l'impatto, ammassandosi l’una sopra

l’altra a formare una montagna. Il ghiaccio è diventato come

un dolmen, i cui bordi sporgenti e aguzzi sembrano anelare verso il cielo. Le spesse lastre di

ghiaccio si innalzano monumentalmente e la direzione diagonale di tali ammassi, insieme ai

frammenti di nave che si scorgono a malapena in basso a destra del dipinto, determinano una sorta

di inquietante movimento a spirale intorno alle rovine centrali. Lo sguardo dell’osservatore è quindi

focalizzato quasi esclusivamente nella parte centrale del dipinto, dimenticando tutto ciò che sta

intorno. Un contorno caratterizzato da colori freddi e cupi, che suscitano nello spettatore un senso

d’ansia e di sgomento.

Come confermato da un’iscrizione sul relitto, la nave rappresentata nel dipinto è la HMS Griper,

una delle due navi che parteciparono alle prime spedizioni al Polo Nord, di William Edward Parry.

Theodore Géricault (1791 - 1824) ed Eugène Delacroix (1798 - 1863) Donne di Algeri nei loro

appartamenti

Theodore Géricault, La zattera della medusa, 1818, olio su

tela, 491 x 716 cm, Parigi, Louvre.

Nel 1816 una fregata francese, la “Medusa” naufraga al largo

delle coste del Senegal. Solo dopo molti giorni un drappello di

naufraghi viene tratto in salvo. L’episodio determina uno

scandalo politico, per le accuse fatte dal governo di aver protetto i responsabili del disastro. Il

quadro, esposto al Salon nel 1819, scatena proteste per la durezza dell’accaduto. Gericault vuole

mostrare tutte le sfumature del dolore fisico e dell’angoscia morale dell’uomo e dare alla sua opera

un profondo senso di verità, attraverso lo studio dei cadaveri. Il dipinto è caratterizzato

dall’equilibrio tra andamenti pluridirezionali e la solidità dell’impianto piramidale, che culminano

nella vela e nell’uomo che fa segnali alla nave che li porterà in salvo. Il dipinto ha:

due forze opposte che:

1. spingono i corpi verso l’alto in andamento ascensionale

2. la zattera è spinta verso l’osservatore.

Due fonti di luce

1. da sinistra che investe i corpi con un tagli radente;

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2. all’orizzonte che fa spiccare per contrasto le figure dall’alto.

La gamma di colori è limitata: pre

valgono i toni terrosi, accentuati da qualche tocco di rosso e resi irreali dalle cupe luminescenze.

Ogni elemento del quadro crea effetti di moto: la zattera si solleva sulle onde, mostrando quanto

l’uomo sia piccolo rispetto alla forza della natura. Le linee variamente direzionate determinano un

percorso visivo ascendente che culmina nell’uomo in piedi. La sagoma della nave all’orizzonte

esprime disperazione e speranza, un contrasto emotivo centrale nella poetica romantica. Il

modellato potente dei corpi e gli studi anatomici perfetti testimoniano la formazione classicista del

pittore. L’opera è stata interpretata anche come un’allegoria della deriva della Francia negli anni

della Restaurazione: dall’alto al basso essa rappresenterebbe il degenerare della speranza in follia e

della follia in morte.

Eugène Delacroix, La libertà guida il popolo, 1830, olio su tela,

260 x 325 cm Parigi, Louvre

L’autore si ispira alle barricate erette dal popolo parigino

contro il governo assolutista di Carlo X, anche se ha idee

politiche conservatrici. Egli comunque condivide l’idealità

dell’artista romantico che sente di dover essere protagonista

degli eventi in nome della libertà. Il dipinto è considerato uno

dei manifesti della pittura romantica: in esso si fondono realismo e idealismo, cronaca e allegoria

(es. il richiamo alla Nike). L’opera presenta analogie con la zattera della medusa per il trattamento

classicheggiante dei nudi e la struttura piramidale del dipinto.

Johann Friedrich Fussli (1741 - 1825) e William Turner (1775 - 1851)

Johann Friedrich Fussli, L’Incubo, 1781, olio su tela, 101 x 127,

Detroit, Istitue of Arts

Approfondisce i temi di una pittura fantastica e visionaria dove i

riferimenti letterari si uniscono e alle superstizioni nordiche, in un

immaginario popolato da figure spesso inquietanti dal carattere

onirico ed evanescente reso attraverso una pittura di sfocate

trasparenza.

È rappresentato un ambiente interno borghese contemporaneo al pittore. Lo spazio è intimo e

privato: la camera da letto, buia e indefinita, di una giovane fanciulla dormiente, la cui posizione è

visibilmente innaturale e scomposta a causa del suo travaglio interiore; il volto appare sofferente, le

braccia e la testa abbandonate alla forza di gravità. Sullo stomaco appare un mostro grottesco,

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personificazione dell’incubo e in secondo piano si apre una tenda come sipario da cui spunta una

cavalla spettrale, portatrice dei sogni (nigh-mare incubo). La luce è completamente innaturale,

usata per amplificare l’effetto emozionale. La composizione è una piramide con un vertice molto

acuto. Le forme sono essenziali e chiare, chiuse nei contorni e basate su un disegno ben delineato,

come nello spirito neoclassico.

William Turner Pioggia, vapore e velocità 1844 olio su tela 91

cm × 122 cm National Gallery, Londra

Turner dipinge un treno che corre lungo i binari di un ponte - tra

Taplow e Maidenhead. a veduta è rivolta verso Londra; quello

che si intravede sulla sinistra è il ponte di Taylor (iniziato nel

1772). Sul fiume si scorge una piccola barca; in lontananza, un

contadino solca con l'aratro la terra del suo campo. Davanti alla locomotiva ed al suo faro

abbagliante, una lepre - il più veloce tra gli animali - di esagerate proporzioni balza tra le rotaie. Ad

un primo sguardo, l'immagine appare sfocata e nascosta dalla nebbia e la sagoma del treno, una

massa nera con macchie luminose, è appena accennata, e non di immediata riconoscibilità. Metà del

dipinto è occupata da n cielo di varie tonalità (rosa, azzurro, bianco); l'altra metà mostra un

paesaggio sui toni del giallo, del verde e del marrone. L'assenza di particolari e le forme sfatte

danno l'impressione della velocità a cui sta viaggiando il treno.

Francesco Hayez (1791 - 1882)

Francesco Hayez, Il Bacio, 1859, olio su tela, 112 x 88, Pinacoteca di

Brera

L'autore riunisce le principali caratteristiche del romanticismo storico

italiano, ovvero un'assoluta attenzione verso i concetti di naturalezza e

sentimento puro (l'amore individuale verso gli ideali risorgimentali). Ciò

che colpisce immediatamente l'osservatore è la carica di sensualità che

scaturisce dall'abbraccio dei due amanti. L'intera scena, a giudicare dagli

abiti e dall'architettura, si svolge in un'ambientazione medioevale, ma in realtà è del tutto immersa

nel presente a causa del significato e del soggetto iconografico (il bacio)

del tutto nuovo. La stessa ambientazione

medioevale fu spesso usata nel romanticismo

risorgimentale come scenario e pretesto per

rappresentare le pulsioni risorgimentali di lotta

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allo straniero. Questo legame è tanto forte che riesce ad annullare ogni contrasto, come quello del

freddo celeste della veste della donna e del colore caldo dell'abito dell'uomo.

L'uomo, mentre bacia la sua amata, appoggia la gamba sul gradino: Hayez comunica, con questo

particolare, l'impressione che egli se ne stia andando, e dà più enfasi al bacio. La scelta dell'artista

di celare i volti dei giovani dà importanza più all’azione che agli esecutori e le ombre che si

possono scorgere dietro al muro, nella parte sinistra del quadro, indicano un eventuale pericolo.

Non deve essere comunque dimenticato il reale significato storico dell'opera: infatti Hayez

attraverso i colori (il bianco della veste, il rosso della calzamaglia, il verde del cappello e del

risvolto del mantello e infine l'azzurro dell'abito della donna) vuole rappresentare l'alleanza tra Italia

e Francia (accordi di Plombières). Bisogna ricordare che questo quadro venne presentato

all'Esposizione di Brera del 1859, a soli tre mesi dall'ingresso di Vittorio Emanuele II e Napoleone

III in Milano. Nella versione del 1861 l'abito della donna è bianco, forse il pitture ha voluto rimuove

il colore che abbinato dava il tricolore francese causa il risentimento dei patrioti italiani verso

Napoleone III per l’armistizio di Villafranca, senza la liberazione del Veneto e Venezia.

Honoré Daumier (1808 - 1879)

Jean – François Millet (1814 - 1875)

Gustave Courbet (1818 - 1877)

Il Realismo nasce in Francia negli anni ’30 e si diffonde nella metà del secolo in tutta Europa,

interessando sia l’arte che la letteratura. Gli artisti di questa corrente sono accomunati dalla presa d

coscienza civile e dalla conseguente denuncia del nuovo sistema politico e sociale. Non si limitano

ad essere artisti ed ad esercitarne la professione, ma operano per la trasformazione della realtà,

partecipando anche alla vita politica, giungendo anche a scelte radicali, anche con conseguenze

come il carcere o l’esilio.

I soggetti storici e letterali lasciano il posto, nelle tele dei pittori, a temi inerenti la realtà: nei quadri

vengono collocati contadini, operai, avvenimenti politici e sociali del tempo (romanzi di Zola e

Goncourt).

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Lo scopo è di applicare alla rappresentazione della realtà un metodo di indagine oggettiva e

documentaria, con profondo rigore scientifico; la natura non è più lo sfondo di episodi storici,

letterari e mitologici, ma osservata rigo rigorosamente dal vero, nei suoi caratteri più autentici.

Honoré Daumier (1808 - 1879) inizia i suoi studi d’arte attraverso i dipinti di Tiziano e Rubens e

copia gli originali greci da autodidatta al Louvre. Critica gli Stati

Reazionari, in particolare quello francese, impegnandosi per tutta la

vita come disegnatore satirico e caricaturista. Collabora con il giornale

“Chiarivari” pubblicando vignette legate alla repressione della libertà

di stampa; realizza inoltre vignette satiriche di carattere politico –

sociale che ironizzano sulle condotte e vizi sociali del tempo. Il 15

dicembre 1831 compare una caricatura del re Luigi Filippo che, con il nome di Gargantua, divora le

risorse del popolo e corrompe i deputati dell'Assemblea Nazionale.

Honoré Daumier, Il vagone di terza classe, 1862, olio su tela,

65 x 90, National Gallery of Canada, Ottawa

Realizza molti studi preliminari e dipinti di quest’opera;

utilizza il treno per descrivere la situazione dei pendolari

pigiati nelle carrozze e il divario sempre maggiore della qualità

di vita delle classi sociali. In questo dipinto rappresenta

l’interno di uno scompartimento popolare, poco illuminato da

una luce laterale; i viaggiatori, in uno spazio compresso, sono distribuiti su più fasce: in primo

piano ci sono una giovane che sta allattando il bambino, un’anziana donna e un ragazzino

addormentato. Queste immagini danno rigore alla composizione e descrivono la dignità della gente

povera, non rassegnata. La pennellata è rapida, i colori sono cupi e i segni accostati in modo

nervoso. Nella suddivisione in macchie di colori l’artista sembra anticipare gli studi sulle vibrazioni

cromatiche della pittura di fine secolo.

Jean – François Millet (1814 - 1875) figlio di contadini e originario di un paese della Normandia.

S’interessa dei problemi sociali, ma non segue le idee socialiste, al contrario esalta della pace,

dell’idea dell’assenza di contrasti, dell’accettazione cristiana. Descrive e celebra il mondo

contadino: il duro lavoro dei campi, scene di vita domestica, il raccoglimento in preghiera. L’artista

raffigura i lenti rituali quotidiani dando nobiltà anche ai soggetti più umili, con tono intimista e

solenne. Attraverso la luce, soffusa e vibrante, Millet esprime un rapporto quasi mistico con il

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paesaggio. I suoi quadri sono privi della lotta tra le opposte classi sociali, piacquero ai borghesi del

tempo. Sono apprezzati i disegni e le incisioni di Millet.

Jean-François Millet L’angelus, 55 x 66 cm, 1858-1859, Parigi,

Museo del Louvre.

Trova ispirazione nella pratica e nell’ideale cristiani; due contadini

interrompono il lavoro dei campi per pregare; sotto un cielo chiaro

si staglia la sagoma del villaggio con il campanile della chiesa, da

cui partono i rintocchi che chiamano alla preghiera. I due

protagonisti prevalgono sull’insieme, ritti come eroi; la luce che

proviene dall’orizzonte, illuminando il cielo e il terreno, pone in penombra i due, perché appaiano

ancora più concentrati nel loro gesto di fede. Il tema dell’unione tra l’uomo e la natura, che ispira

l’opera, ha una matrice romantica.

Jean-François Millet Le spigolatrici, 83,5x111, 1857, Musée

d'Orsay di Parigi.

Il dipinto fonde la pittura di genere a quella di paesaggio,

tipica del realismo; vengono ritratte in primo piano tre

donne, curve nei campi, che raccolgono le spighe sfuggite

alla mietitura, mentre alle loro spalle la luce del sole illumina

il campo dietro di loro, sotto un cielo terso. Millet

rappresenta uno dei lavori più umili della società, il quadro viene inizialmente criticato, soprattutto

per la scelta dei soggetti. Vengono rappresentati i soggetti mentre svolgono il lavoro, dandogli una

dimensione eroica.

Gustave Courbet è considerato l’iniziatore del realismo pittorico ottocentesco. Autodidatta, imposta

il suo percorso sul realismo settecentesco e giunge presto all’aperta denuncia sociale. Rifiuta gli

insegnamenti della pittura accademica, che trova fredda e priva di contenuti morali, ma dà alle sue

figure particolare consistenza plastica attraverso l’uso della spatola.

Dalla metà del secolo, Courbet dedica un’arte concepita in stretto rapporto con l’impegno

ideologico e politico che si concretizza nel rifiuto della Legion d’Onore offertagli da Napoleone III

e nella nomina di responsabile delle Belle Arti. Ma il suo diretto impegno gli causa problemi di

natura politica: condannato perché ritenuto responsabile dell’abbattimento della Colonna della

Grande Armée in Place Vendome, fugge in Svizzera dove muore.

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Gustave Courbet Gli spaccapietre, ---, 1849, Dresda

(andato perduto durante la seconda guerra mondiale).

Questa tela, già esposta al museo di Dresda, è andata

distrutta durante la Seconda Guerra mondiale. Essa

sintetizza meglio la scelta sia poetica sia stilistica di

Courbet. I due personaggi raffigurati sono due lavoratori

dediti al lavoro nella cava di pietra, un lavoro rude e pesante. Lavorano in una cava di spaccando la

roccia con la sola forza fisica. Dei due uno è più anziano, è piegato su un ginocchio per spaccare i

massi e Courbet lo raffigura di profilo. L’altro, più giovane, è intento a trasportare le pietre e viene

raffigurato di spalle. Fa da sfondo alla scena il fianco di una montagna che occupa tutto l’orizzonte.

Si intravede solo un po’ di cielo in alto a destra. Le due figure sembrano inserite quasi nel fianco del

monte. Il lavoro impone loro di vedere solo le pietre senza neppur poter alzare lo sguardo al cielo.

Hanno volti inespressivi. Il lavoro che fanno è povero ed è una povertà non solo materiale ma anche

interiore. Tutta la scena esprime una condizione di abbrutimento psicologico oltre che materiale.

Courbet è cinico e crudo nel rappresentare questa scena. Non gli dà alcuna intonazione lirica per

esprimere la nobiltà di un lavoro che, seppure modesto, è comunque un momento di nobilitazione.

Denuncia, invece, con un linguaggio obiettivo la reale situazione sociale dei lavoratori. Questo

contenuto di polemica sociale era ovviamente poco accettabile dall’ordinario pubblico dell’arte,

fatta soprattutto di persone ricche che, quindi, mal sopportavano la rappresentazione della povertà

che era, implicitamente, un atto di accusa nei loro confronti. I poveri sono tali per consentire ai

ricchi di essere ricchi: questo, in sintesi, l’atto di accusa dei quadri di Courbet.

In questa tela oltre al soggetto, dal contenuto evidentemente polemico, anche la composizione

risulta inaccettabile per i canoni estetici del tempo. Manca un equilibrio compositivo preciso. Un

asse orizzontale non c’è, dato che manca la linea di orizzonte. L’asse verticale risulta troppo

decentrato a destra: esso, infatti, passa chiaramente per il punto in cui l’uomo inginocchiato sta per

colpire il masso con il suo arnese di lavoro. Non c’è neppure una simmetria tra le due figure. Esse,

infatti, sono collocate ed orientate in maniera del tutto casuale, senza equilibrare con le loro masse

la composizione del quadro.

Questa mancanza di esteticità canonica finiva per accentuare ulteriormente l’intento di Courbet: egli

non vuole assolutamente proporre un’arte che trova nella bellezza una facile funzione consolatoria

ma vuole proporre documenti visivi che creano lo shock della verità. La sua pittura è tutta giocata

su questa funzione: i suoi quadri sono essenzialmente dei documenti etnografici. Ma ciò che

costituisce lo scandalo della sua pittura è che lui propone questi documenti etnografici nel campo

dell’arte. Nel campo di un’attività che, secondo la mentalità ufficiale e borghese dell’Ottocento, era

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destinata solo alla bellezza, alla grandezza, ai fatti eroici ed aulici, ai grandi avvenimenti storici, ai

grandi personaggi del passato e del presente. Courbet pretende invece di imporre la sua povera

gente a persone che certo non trovavano valido vedere immortalati uomini e donne considerate a

loro inferiori: lavoratori, servi, prostitute, emarginati e reietti della società.

Gustave Courbet Un funerale a Ornans, 315

x 668 cm, 1849, Parigi, Musée d’Orsay.

La grande tela descrive un rito di sepoltura,

esposta al Salon di Parigi del 1850 – 1851,

rifiutata, insieme allo Studio dell’artista,

all’Esposizione universale del 1855, trova

collocazione temporanea nel Pavillon du Réalisme, una struttura fatta realizzare da Courbet stesso

sugli Champs Elisées.

L’opera presenta un insolito sviluppo orizzontale, accentuato dal profilo netto delle colline;

contrariamente a quanto era considerato d’obbligo nella pittura accademica, la tela non ospita in

modo ordinario tutte le figure, rifiutando la disposizione gerarchica tra le varie parti. Courbet unisce

l’ampio respiro delle tele classiciste viste al Louvre alle stampe popolari, dal carattere più diretto e

semplificato. Di fatto, sotto la rappresentazione di una funzione religiosa si cela la documentazione

di un evento sociale e un’interazione critica. Le dimensioni del dipinto consentono allo spettatore di

misurarsi con figure di grandezza naturale, ciascuna individuata con un realismo schietto da

sembrare, in alcuni casi, impietoso. Il formato della tela suggerisce l’idea di un quadro di storia, per

la prima volta, però, affrontato con linguaggio antiaccademico, ma fino a quel momento non era

mai stata affidata ad una grande tela il compito di raffigurare comune, borghesi, piccoli possidenti,

contadini, caratterizzati in modo da comporre una galleria di caratteri degna della Coméde Humaine

di Balzac.

Agli inizi degli anni ’70 il pittore parigino Edouard Manet (1832 - 1883), nato in una famiglia

borghese e benestante è schivo e non ama esporsi a critiche; è conoscitore del clima culturale

parigino, scandalizza il pubblico e la critica con grandi tele che mettono in discussione i principi

della pittura.

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Ha la sua prima formazione presso Thomas Couture; prova a esporre le sue opere al Salon, ma

vengono rifiutate fino al 1861 quando espone Il chitarrista spagnolo (1860) innovativa per la

rinuncia delle mezze tinte e la valorizzazione dei contrasti del colore.

Concentra la sua attenzione sui rapporti compositivi e sullo studio degli effetti cromatici.

Edouard Manet, La colazione sull’erba, 1863, olio su tela, 208 x

264 cm, Parigi, Musèe d’Orsay.

Il quadro di Edouard Manet venne presentato al Salon del 1863.

La giuria lo rifiutò. Proprio quell’anno gli artisti rifiutati al Salon

furono ben 300. Napoleone III, per contenere le loro proteste,

fece aprire un altro salone: il Salon dés Refusée. Dove è esposto

anche La colazione sull’erba, ma le sue accoglienze sono negative in quanto scandalizzava sia per il

soggetto, sia per lo stile. Nel quadro sono raffigurati una donna completamente nuda (che non

scandalizza, ma scandalizza la rappresentazione troppo realistica) che conversa con due uomini

completamente vestiti, in secondo piano vi è una seconda donna che si sta bagnando in uno stagno.

Il quadro è una rilettura del Concerto campestre di Tiziano dove le figure hanno un preciso

significato allegorico.

Nel quadro di Manet il soggetto non ha un messaggio così preciso da comunicare, ma è solo un

pretesto per evidenziare la modernità della sua pittura rispetto a quella del passato. Il contenuto del

quadro di Manet è solo la novità tecnica della sua pittura, ma ciò determina un ulteriore sconcerto

da parte del pubblico e della critica.

La tecnica pittorica di Manet apparve decisamente poco elaborata e quasi rozza rispetto ai canoni

della pittura accademica di quegli anni; il suo quadro vuole cercare il più possibile la sensazione

luminosa della visione dal vero, e per fare ciò Manet evita il più possibile la sintesi sottrattiva dei

colori.

Accosta solo colori puri, stesi senza alcuna diluizione o velatura per dar loro l’effetto chiaroscurale;

ad una visione ravvicinata il quadro si presenta come una somma di macchie, acquista maggior

suggestione, e senso di verità, solo ad una visione distanziata.

Il pubblico del tempo non era, in realtà, abituata a considerare i quadri in questo modo. Per loro uno

dei parametri per giudicare la bravura di un pittore era proprio la verifica a distanza ravvicinata che

consentiva di apprezzare il livello di definizione e perfezione della stesura pittorica. Tutto ciò era

negato nel quadro di Manet che, al contrario, a distanza ravvicinata rendeva manifesto come

l’occhio riesce a percepire un’immagine anche tra colori che non definiscono una forma precisa.

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Fu questo che, in realtà, suscitò notevole entusiasmo tra i giovani pittori che presero insegnamento

da Manet: la possibilità di usare i colori in totale libertà, svincolandosi dal problema di creare prima

una forma e poi attribuirgli un colore.

Edouard Manet, Il bar delle Folies-Bergère (Un bar aux

Folies Bergère), 1881 - 1882, olio su tela, 96x130 cm,

Londra, la Courtauld Gallery.

Rappresenta il testamento spirituale dell'artista:

dall'amore realistico per il quotidiano, al gusto per la

natura morta; dall'uso di colori piatti e senza chiaroscuro

alla suggestione delle luci riflesse nello specchio dietro

al bancone. È proprio grazie allo specchio, realizzato

mediante la sapiente giustapposizione di colori, che riusciamo a vedere l'ambiente in cui è immersa

la cameriera dagli occhi mesti. Un ambiente alla moda tra la borghesia parigina del tempo, il vasto

salone delle Folies-Bergères. I tocchi di colore, che visti da vicino sembrano frantumati e senza

senso, riescono a dare, osservati dalla giusta distanza, non solo un'esatta descrizione della sala, ma

anche l'impressione della folla e del chiasso che dame e gentiluomini producono. La luce penetra,

alla maniera impressionista, attraverso i grandi lampadari che si riflettono nello specchio, con

l'utilizzo di colori puri, vivi, che animano la tela. In definitiva il quadro, per l'immediatezza della

visione, la luminosità, la semplicità disincantata del soggetto diventerà vero e proprio punto di

riferimento per l'intera generazione impressionista, aprendo definitivamente la strada alla pittura

delle emozioni e alla libertà espressiva.

n realtà Manet non dipinge questo quadro sul luogo in cui sembra immersa la barista ma lo dipinge

nel suo studio. La barista è comunque una vera barista. Il quadro inoltre va analizzato

suddividendolo in quattro fasce (bancone del bar, bancone riflesso, platea e infine la parte

superiore), e interpretando queste. Difatti ciò che si vede non è ciò che sembra. Questo è visibile

dapprima nello "specchio non specchio", teoria che trova le sue radici nel guardare l'immagine

attentamente; basta infatti notare che alle sue spalle vi è un cornicione di legno (e non un palco

come può apparentemente sembrare) che non divide la figura della donna di spalle.

Claude Monet (1840 - 1926) inizia a dipingere temi paesaggistici a Le Havre dove si trasferisce da

Parigi all’età di 5 anni. Torna a Parigi dove frequenta i pittori impressionisti (Pissarro). Avvia o

studio sistematico en plein air dei soggetti naturali, decretando l’avvio dell’Impressionismo. Studia:

1. gli effetti dell’accostamento dei colori puri separati, per ottenere un’accentuazione di

luminosità;

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2. l’effetto percettivo di dilatazione dei colori caldi su sfondi freddi;

3. rende i rapporti reciproci tra forme e paesaggio conferendo mobilità all’insieme;

Nulla è immobile e nulla può essere fissato sulla tela: della realtà si colgono solo immagini

cristallizzate, che si succedono e accavallano nella nostra memoria.

Nel 1890 Monet si trasferisce a Giverny dove realizza un giardino acquatico.

Claude Monet, La serie delle Cattedrali di Rouen, 1894, 107 x 73 cm, olio su

tela, Parigi Musée d’Osay

È un ciclo di 31 dipinti composto dal 1892 al 1894. Monet dipinse la facciata

della cattedrale di Rouen nei diversi orari della giornata e dell’anno (diverse

luci, diversi colori, diverse stagioni rappresentate), sottolineando le differenze

cromatiche tra le singole condizioni atmosferiche. Il soggetto, quindi la

cattedrale, divenne tanto importante quanto la luce stessa: Monet illustra

l’importanza della luce in base alla soggettiva impressione e percezione del contemplatore. La luce

è qualcosa di impossibile da catturare, in quanto essa è in costante mutamento dalla natura. Ma

l’abilità impressionistica di Monet, e la memoria stessa, lo assiste nella sua pittura e nel suo

rappresentare la luce. L'intreccio sottile dei colori, l'acuta percezione dell'artista e l'uso brillante di

tutte le texture servono a creare una serie di immagini cangianti di luce e colore, capolavori degni

della grandezza del loro oggetto.

Regate ad Argenteuil

Impressione levar del sole

Dopo l’ultima mostra dei pittori impressionisti, emerge l’esigenza di dare spazio ai valori

soggettivi, di guardare dentro di sé: in tal modo la forma e il colore non sono strumenti per

descrivere la natura, ma anche per comunicare il proprio stato d’animo.

L’arte, inoltre, si apre alla rappresentazione del mondo contemporaneo del mondo contemporaneo,

temi e argomenti di impegno sociale, fino a divenire strumento di reazione ai valori della società

borghese di fine secolo.

Però molti artisti di richiudono nel proprio mondo, altri fuggono dal proprio paese verso luoghi

lontani, alla scoperta di dimensioni inesplorate e mondi non ancora corrotti dalla modernità (es.

Paul Gaugin).

La produzione artistica degli ultimi vent’anni dell’ ‘800 si apre in tre direzioni:

Simbolica, le immagini assumono valore per la loro capacità evocativa; ricompaiono temi

mitologici o fantastici e volume, spazio e colore sono utilizzati in modo non naturalistico;

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Espressiva, l’arte è un mezzo per mostrare il rapporto dell’individuo con il proprio tempo.

Gli elementi del linguaggio visivo vengono usati in base al loro impatto espressivo;

Analitica, si manifesta attraverso un approccio di tipo scientifico (introdotto dal Pointilisme),

o privilegiando il metodo e, dunque, una interpretazione concettuale della realtà.

Il Pointlisme nasce in Francia dall’esperienza degli Impressionisti dopo il 1880; i giovani pittori

puntinisti vogliono sperimentare la mescolanza delle tinte in modo rigorosissimo. Il Pointilisme si

fonda sull’applicazione delle teorie del colore tenendo conto delle recenti scoperte in campo

ottico e degli studi sulla percezione visiva, secondo cui i pigmenti non devono essere mescolati

sulla tavolozza, ma disposti sulla tela puri, sotto forma di punti o di piccole macchie. La forma e

il colore si ricompongono a distanza, sulla retina dell’occhio di chi guarda.

1. La predilezione per la pittura di passaggio; 1. La struttura geometrica delle composizioni

puntiniste;

2. L’attenzione alla vita contemporanea; 2. La scelta di lavorare n studio anche nelle ore

serali.

3. A cura nello studio degli effetti luce-ombra.

La tecnica puntinista scompone rigorosamente i colori e utilizza un procedimento che consente:

effetti di luminosità e di intensità cromatici maggiori rispetto a quelli ottenuti attraverso la

mescolanza sulla tavolozza. (arancio = puntini gialli + rossi);

effetti di brillantezza o toni più smorzati attraverso le leggi dei colori complementari che

producono un effetto di grande luminosità (contrasto simultaneo);

I principali interpreti del Poitilisme sono: Georges-Pierre Seurat e Paul Signac.

Georges-Pierre Seurat, Una domenica pomeriggio,

1883-85, olio su tela 207,6×308 cm, The Art

Institute, Chicago

Il quadro descrive la passeggiata e il riposo lungo le

rive della Senna, esposta all’ultima mostra degli

impressionisti del 1886, dove gode di un certo

successo tra gli artisti, nonostante le critiche per

l’immobilità delle figure. La tela si allontana dal

linguaggio impressionista:

1. per il formato di grandi dimensioni, non adattabile ad un lavoro en plein air;

2. per i numerosi bozzetti e studi preparatori;

3. per la tecnica rigorosissima e paziente (l’opera impiegò due anni).

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Da vicino il quadro mostra una superficie densa, piena di piccoli punti, mentre ad una certa distanza

l’immagine è uniforme. Vi sono applicati i principi delle ombre colorate, attraverso l’uso dei colori

complementari dall’esempio di Delacroix. L’accostamento di punti delinea con precisione i colori

delle figure, mentre il netto stacco tra zone di colore adiacenti permette una rigorosa definizione

delle forme. Per ottenere diversi effetti percettivi, Seurat dispone segni paralleli sulla superficie

dell’acqua p brevi tratti incrociati nelle zone d’erba.

Il dipinto è impostato secondo precise regole

UNA “GIOIA DI VIVERE” MALINCONICA

Toulouse Lautrec Toilette 1896 67 x 54 cm, olio su cartone, Museo di

Orsay

È un dipinto realizzato dal vero, proprio in una di quelle case

d'appuntamento nelle quali l'artista passava molte ore della sua giornata.

Il taglio è fotografico, con evidente accentuazione del punto di vista

dall'alto verso il basso. Il soggetto, i poveri oggetti dell'ambientazione

rimandano a Degas, del quale Lautrec si considerava ideale prosecutore.

I colori sono utilizzati con parsimonia, in alcuni punti affiora persino il

colore del cartone che funge da sfondo esso stesso. Le intuizioni impressioniste sono raccolte e

superate, grazie anche a suggestioni realistiche vicine a Van Gogh.

Quella del pittore è un’inquadratura moderna, simbolo dell’attrazione sessuale. Quello che viene

dipinto è un corpo che nella realtà sono utilizzati per il piacere sessuale altrui. Rappresenta i

problemi quotidiani e un corpo che soffre; la donna viene vista di spalle presentandosi in un aspetto

di fragilità quasi commovente. Le spalle hanno una linea molto armoniosa. Su di esse la testa ha una

positura molto diritta e serena. I capelli sono di un rosso molto delicato, raccolti in modo seducente.

Le braccia e le gambe sono magre e delicate.

Toulouse Lautrec, Visita medica 1894 olio su cartone

Le immagini sono ricche di umanità.

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Toulouse Lautrec, Sola, 1896

Esempio di intimità presenti in quei luoghi. Il sola della ragazza è

riferito anche a se stesso. Egli ammette di essere in questo circolo

vizioso e racconta non in modo moralista

Henri de Toulouse-Lautrec, Ballo al Moulin Rouge, 1889 – 1890, olio

su tela, 115 x 150 cm, Museum of Art Filadelfia

L'allora appena fondato Moulin Rouge è visto dal pittore Lautrec in

chiave quasi caricaturale, colto in un momento di frequentazione da

parte della società parigina. Diversi personaggi interagiscono tra loro,

si affollano al bancone del bar, discutono e osservano le ballerine.

Grazie alla linea pittorica che guida l'occhio verso i personaggi in secondo piano tramite un'abile

disposizione degli elementi sulla tela, si intravedono un uomo con la faccia da teschio e la ballerina

Jane Avril. Dinanzi a loro, Valentin-le-Désossé, famoso viveur dell'epoca, si cimenta in una danza

con un'altra anonima ballerina.

Henri de Toulouse-Lautrec, Nella sala di rue des moulins, 1894 –

1895, pastello su carta, 111,5 x 132,5 cm, Musée Toulouse-Lautrec,

Albi

Sono rappresentate sei prostitute in attesa dei loro clienti: tutte

completamente vestite. Lautrec, come al solito è più interessato ai

visi delle "filles" che ai loro corpi, molto generalizzati e per la

maggior parte coperti senza tratti di perversione o seduzione, le linee sinuose, ottenute con un tratto

molto sicuro e continuo, interpretano il gusto dell’Art Nouveau dell'epoca.

L'ambiente rappresentato nell'opera appartiene a quelle case dette di quartiere, più modeste con un

unico grande salone tappezzato di specchi, forse Lautrec in questo modo tenta di banalizzare gli

scenari di queste case di basso ceto ed è ben lontano dalla rappresentazione dei "lupanari"

aristocratici dell'epoca. I disegni di Lautrec avevano quotazioni interessanti; la visione della società

del suo tempo è decadente.

Henri de Toulouse-Lautrec, Al Moulin Rouge 1892-1895, olio su tela,

123×140 cm, Art Institute, Chicago

Come altri dipinti di Lautrec, la scena raffigura momenti di vita

notturna della Parigi della bella vita: in particolare, gli interni del

Moulin Rouge di Montmartre sono il soggetto della raffigurazione.

Al centro della tela, sullo sfondo, si vede lo stesso Lautrec,

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riconoscibile dalla bassa statura, in compagnia del cugino Gabriel Tapié de Céleyran. Al tavolo che

li copre parzialmente, sono seduti il critico d'arte Édouard Dujardin, la ballerina spagnola detta La

Macarona, la ballerina Jane Avril, con i suoi capelli rosso fiammante, e Guibert e Paul Sescau,

amici del pittore.

Sullo sfondo, la donna che si sistema la capigliatura conversando con un'altra dama è la famosa

ballerina La Goulue.

Nei primi anni del Novecento ci sono in Europa fermenti nuovi nella cultura e nell’arte che si

oppongono al passato.

Già nel corso dell’ottocento il quadro di storia viene sostituito dalla fotografia: i temi mitologici,

allegorici e religiosi non rappresentano più identità e valori di una società nuova. Gli Impressionisti,

studiano il paesaggio, gli spazi urbani, gli interni borghesi, concentrandosi sulla dimensione

quotidiana e sull’immagine della città, luogo della modernità e della trasformazione; essi mostrano

un presente mutevole e mai definitivo.

Il punto di partenza di molte esperienze del primo Novecento è l’abbandono del concetto di arte

come mimesi cioè come copia della realtà (Gaugin, Van Gogh, Cèzanne). Vengono scardinati

definitivamente i principi di ordine proporzione, simmetria la concezione del bello e gli stessi

concetti di spazio e di tempo. L’urgenza di rinnovamento radicale delle arti è sostenuta anche in

ambito filosofico e scientifico da:

Friedrich Nietzsche,

Henri Bergson,

Sigmund Freud,

Albert Einstein.

Le loro elaborazioni esprimono la consapevolezza della perdita di riferimenti assoluti e condivisi e

aprono al frammento e all’individualità. Il mondo stabile e armonico, regolato dalle coordinate

spazio-temporali lascia il posto a una realtà dominata dalla velocità e dal consumo di esperienze e

valori.

Nei primi tre decenni del Novecento si formano i movimenti artistici noti come Avanguardie

storiche che vogliono interpretare lo spirito del nuovo tempo, elaborando manifesti o scritti teorici e

talvolta riunendosi in gruppi con un vero e proprio statuto.

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I movimenti d’avanguardia esasperano il principio della libertà espressiva, ritenendo che l’arte deve

essere svincolata da qualsiasi forma prestabilita. L’artista deve agire anche sul piano etico, nella

consapevolezza del valore speciale delle arti delle arti e della loro capacità di interpretare la società

e i problemi dell’individuo.

I movimenti artistici di questa stagione del Novecento pur di breve durata rivestono un ruolo

fondamentale per tutte le elaborazioni successive. Nel 1905 prendono vita due gruppi espressionisti:

I Fauves in Francia;

Die Brucke in Germania.

Nel 1907 nasce il Cubismo, nel 1909 il Futurismo seguito in Russia dal Suprematismo e dal

Costruttivismo; nel 1916 prende avvio la fondamentale esperienza del Dadaismo, dal 1910 vengono

avviate le prime ricerche astratte che sfociano in pochi anni nel Neopplasticismo (1917) e nel

Bauhas (1919). Il 1924 è l’anno della nascita del Surrealismo (1924), anticipato, nel 1917, dalla

Metafisica.

Il pittore norvegese Edvard Munch rappresenta le angosce e il senso di incomunicabilità umani. La sua

biografia, i soggetti e il linguaggio delle sue opere lo fanno uno dei riferimenti fondamentali della cultura

espressionista tedesca e austriaca. Munch affronta temi profondamente terreni come la solitudine, la malattia

e la morte, l’annullamento dell’identità individuale, la crisi dei valori morali e della religione.

La sua pittura è influenzata dall’esistenzialismo del filosofo danese S.A. Kierkegaard, o ai drammi teatrali di

Heirik Ibsen, dalle opere di J. August Strindberg. L’artista è segnato fin dall’infanzia delle tragedie della

vicenda familiare (la morte per tubercolosi della madre e della sorella maggiore). Di natura introversa, non si

sposa per non trasmettere ai figli le stesse malattie della sua famiglia d’origine.

Abbandona gli studi d’ingegneria e nel 1880 si iscrive alla Scuola Reale di Disegno ad Oslo. Per qualche

anno segue il tocco e la luce impressionista mostrando attenzione al carattere psicologico dei soggetti

raffigurati. Rimasto solo a 18 anni, alla morte del padre, comincia viaggiare per l’Europa.

Nel 1885, a Parigi, conosce i Postimpressionismo e il simbolismo, apprezza la linea curva dell’Art Nouveau

e la cultura Maya.

Dal 1892 al 1908 Munch vive a Berlino dove viene organizzata, nel 1892, la sua prima mostra pubblica, un

fallimento di critica e di pubblico per la drammaticità dei soggetti, la durezza del segno, l’asprezza dei colori.

Tuttavia l’evento gli assicura notorietà e ammirazione nei giovani pittori che fonderanno la Secessione

Berlinese.

La vita sregolata e insonne porta Munch, nel 1908, a una crisi nervosa, in seguito alla quale è ricoverato per

8 mesi in una clinica di Copenaghen. Vive il resto della sua vita a Oslo, che conserva nel Munch-museet, un

migliaio di quadri, sculture e opere grafiche che rappresentano l’ultima fase di lavoro dell’artista nella

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capitale norvegese. L’eredità artistica di Munch verrà colta dall’Espressionismo, movimento che

approfondirà la capacità di trasfigurare il dolore in immagini deformate fatte di colori ardenti, contrastanti

puri con paesaggi inquieti con paesaggi inquieti, privi di precisi riferimenti prospettici.

MUNCH: IL PURITANESIMO1 RINNEGATO

Edvard Munch, Madonna, 1894, 90 x 68 cm, Munch Museum, Oslo.

Il dipinto raffigura una donna nuda, raffigurata fino alla cintola, si

impone allo sguardo dell'osservatore. Le braccia sono piegate

dietro il corpo, con l'effetto di spingerlo ulteriormente verso il

primo piano, i capelli neri sono sparsi sulle spalle e il volto

reclinato all'indietro è colto nel momento dell'estasi. La testa della

donna è incorniciata da un'aureola profana, il cui colore rosso si

carica di riferimenti simbolici (la passione amorosa e il sangue).

Il pittore realizzò quattro versioni a olio del soggetto oltre a numerose derivazioni grafiche. In alcune

litografie inserisce una cornice disegnata percorsa da spermatozoi; in un angolo inoltre compare un

embrione, che leva occhi impauriti e già dolenti sulla madre. L'artista attribuisce ad ogni essere umano un

destino di infelicità.

Edvard Munch, Pubertà, 1894 – 1895, olio su tela, 151,5 x 110 cm, Galleria

Nazionale, Oslo

Il soggetto è una adolescente, nuda, seduta che con le mani copre la zona pubica.

Come in altri quadri di Munch, i colori sono piuttosto scuri e vi è un uso efficace

del rosso (il colore dei capelli della ragazza, che richiama quello del sangue, con

un evidente rimando alla pubescenza nonché al trauma vissuto dall'autore a causa

dell'agonia della madre e della sorella, entrambe malate di tubercolosi). C'è

soltanto l'essenziale: la ragazza, il letto, l'ombra della ragazza sulla parete. La

figura è realistica, il volto incerto e spaurito dice il turbamento della ragazza per il mutamento che sente

compiersi nel proprio essere. Il trapasso dallo stato di fanciulla a quello di donna, il cui destino forzato è di

amare, procreare, morire, non è per Munch un evento fisico-psicologico, ma un problema sociale (condizione

sociale della donna in quell'epoca). Il fatto veramente importante non è la descrizione di una situazione

psicologica, ma la nuova concezione del valore, della funzione del simbolo, che è sempre il segno di un

divieto, di un tabù sociale.

1Puritanesimo: corrente del protestantesimo prevalente tra i borghesi di Oslo. Questa corrente rinuncia ai piaceri in

quanto fonte e origine di peccato.

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Edvard Munch, La danza della vita, 1899, Olio su tela, 125 x 191

cm.

È un dipinto simbolico non realistico in cui emerge il pessimismo di

un uomo che è critico, con sentimenti negativi nei confronti società.

Aspirazioni, passioni, libertà di amare sono bandite, chi le pratica è

ai margini. La danza è un continuo entrare in relazione con altri. Il

tema di Munch qui è la danza dell' amore di una donna attraverso la vita. Un fiore cresce accanto alla

giovane donna in bianco: con le guance rosse, giovane e bellissima cammina verso l' osservatore. La donna

in nero, sulla destra, sta in piedi immobile come una statua con le mani giunte di fronte a lei e con un

espressione avvizzita e terribile sulla faccia. Al centro del quadro danza la coppia innamorata, assorbita l' uno

nell' altra. Il vestito rosso della donna avvolge lui, e i loro corpi si combinano in una forma ondulata. Altre

coppie sono dipinte mentre danzano estatiche.

Al confine tra rappresentazione naturalistica e simbolismo, quest' opera è tipica del suo tempo. L' ambiguità

dei temi dà credito ad associazioni entrambi con la moderna vita libera che con i riti primitivi delle stagioni.

Ma in questo dipinto Munch sta trattando prima di tutto un soggetto ricorrente nella sua arte - i tre stadi della

vita di una donna: giovinezza e innocenza, amore e passione e, finalmente, l' inesorabile insorgere della

vecchiaia.

Dal punto di vista stilistico, colori e forme sono stati più semplificati qui che in Ceneri. Questa evoluzione è

spesso considerata in relazione al lavoro di Munch su litografie e incisioni nella seconda metà degli anni '90

dell' ottocento.

Il colore è steso:

con linee marcate che non tengono conto delle forme reali degli oggetti.

in maniera nevrotica, attraverso la stesura di contorni netti, che danno senso di staticità, come un

tutto arrotondato. Il colore sentito rende l’idea del contrasto, con colori scuri come quelli della

coppia (nero e rosso).

Le due figure opposte nei colori ma identiche rappresentano la solitudine e la rassegnazione, entrambe

attendono il momento del ballo.

Edvard Munch, Sera sul viale Karl Johan, 85,5x121 cm 1892, tela con olio,

Commune Rasmus Meters Collection.

Il dipinto rappresenta una grande via di una città popolata da figure umane

che passeggiano al calar della sera. In primo piano sono rappresentate delle

figure umane i cui volti appaiono simili ai teschi. Gli occhi sono spalancati,

l’espressione del viso è fissa, il colore dell’incarnato è giallastro. Alcuni volti non hanno né occhi, né bocca e

né naso. Sia le figure femminili che le figure maschili indossano abiti di colore scuro, che spaziano dal

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

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marrone scuro al nero. I personaggi maschili portano dei cilindri scuri, mentre le figure femminili indossano

dei cappelli di colore chiaro su cui si individuano dei nastri scuri e delle macchie di color giallo. Alla sinistra

delle figure in primo piano troviamo una serie di edifici, il primo edificio ha le finestre scure, degli altri

edifici, invece, le finestre sembrano non esserci. Altri edifici si trovano sullo sfondo, al centro del dipinto e

sulla destra; questi ultimi presentano finestre di colore giallo, immersi nella livida luce della sera, e le

finestre illuminate diventano bagliori. Sempre a destra si eleva una macchia scura e alta dai contorni non

identificabili. Il viale è rappresentato con colori dal viola chiaro al viola scuro. Il cielo è rappresentato con

macchie di blu e grigio. Le linee sono sinuose e continue.

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Il termine Espressionismo, deriva dal latino, ex-primere, buttar fuori, indicando le esperienze artistiche che

privilegiano la comunicazione interiore alla rappresentazione verosimile della realtà e in particolare i

movimenti artistici formatisi in Europa all’inizio del Novecento, in particolare in Germania, Austria e

Francia.

I movimenti espressionisti non presentano un’origine omogenea e non elaborano linguaggi, poetiche e

percorsi assimilabili tra loro: sono una costellazione variegata e frammentata; si basano sulla convinzione

che l’arte possieda un potere di rigenerazione attraverso il quale l’uomo può recuperare la propria

dimensione più autentica e purificare il proprio spirito dai meccanismi di una società corruttrice.

Lo slancio rivoluzionario e l’idealismo di questa generazione è anche una reazione alla consapevolezza di

vivere una fase storica di profonda rottura rispetto al passato, con una conseguente perdita di valori e

identità.

I diversi gruppi espressionisti sono uniti all’esigenza di esprimere stati d’animo e di denunciare la condizione

di “perdita” e di solitudine dell’uomo all’inizio del Novecento si oppongono dichiaratamente

all’Impressionismo concentrato sui fenomeni della visione e sulla percezione, effimera e transitoria della

realtà esterna. Pongono al centro dell’attenzione la sensibilità individuale che interpreta e trasforma il

mondo. Alla radice di queste esperienze ci sono la pittura gestuale di Van Gogh, le deformazioni innaturali di

Munch e le maschere inquietanti di Ensor.

I gruppi espressionisti d’inizio Novecento sono accomunati da alcuni caratteri trasversali:

liberazione della forza del colore, scelto in base alla sua capacità di esprimere e suscitare emozioni;

distorsione ed esagerazione dei tratti figurativi fino alla deformazione delle figure;

eliminazione della rappresentazione dei volumi e dello spazio (rifiuto dell’illuminismo prospettico);

rappresentazione della natura

Le premesse

Gaugin

Signac

Van Gogh

I fauves, vengono influenzati da:

TECNICA PUNTINISTA: sono i continuatori di quella che è ormai diventata la tecnica pittorica più

diffusa: la tecnica puntinista (es. Paul Signac, Il porto di Marsiglia, 1895)

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PITTORI COME GAUGIN: pittori come Gaugin, dipingono a memoria, mescolano una cosa realistica

(autoritratto) con uno sfondo che può anche non corrispondere a ciò che stanno vedendo in quel

momento. L’autoritratto Gaugin l’avrebbe regalato al critico, è posto su uno sfondo di carta da parati

giapponese, (il gusto emergente del momento); in tal modo si dichiara dalla parte di chi apprezza la

cultura giapponese con tutto quello che ne consegue (artisti giapponesi = esempio perfetto di armonia e di

totale fusione con la natura, che conosce la natura in modo tale da riprodurla in maniera del tutto naturale:

la natura sta nelle sue dita). Nei dipinti di Gaugin non si sa mai quale sia la realtà osservata, il che

aumenta il significato complessivo dell’opera.

VAN GOGH: campo di grano con volo di corvi, 1890 (ultima opera finita) egli dipinge utilizzando il

suo modo di trasmettere senza alcun tipo di esitazioni, quasi con l’urgenza della creatura animale

affamata, impaurita che non puoi trattenere.

Maurice de Vlamlk

Andrè Derain

Matisse

La solidarietà e la comunanza di intenzioni è tale per cui nel 1905 Derain e Matisse hanno passato l’estate

dipingendo in continuazione gli stessi soggetti.

Maurice de Vlamlck, ritratto di Andrè Derain, 1906, olio su cartone, 27x22.

Rappresenta il bisogno di lavorare mantenendosi costantemente in contatto con gli

altri artisti del gruppo.

Questi pittori cercano di non accomunarsi con il pittore Romantico, distaccato dalla

società ed isolato, non separando più la vicenda individuale da quella artistica. In

questo ritratto non si preoccupa del raggiungimento dell’effetto finale e neanche

del rispetto delle regole artistiche. Impiega il colore come se fosse un elemento

autonomo, che può descrivere al meglio la persona lì ritratta. Il dipinto è eseguito di getto, largamente

incompiuto, non impressionista in quanto non vi è la trascrizione ottica dei contesti, ma un’esasperazione dei

contrasti.

Maurice de Vlamlck La Senna a Chatou 1906, olio su tela 83x102

Si misura con il metodo puntinista, che utilizza per rendere l’idea dell’aria e

dell’acqua più difficili da fissare perché ne deve rendere la consistenza. Con

questo metodo si intrecciano più tecniche pittoriche, tipiche dell’esagitato Van

Gogh (alberi, tronchi …).

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Andrè Derain, Donna in camicia, 1906, olio su tela, 100x81 cm

Non finito, stando alle regole della pittura perché nella massa di capelli non vi

sono sfumature. L’opera è “lasciata in un punto che maggiormente rappresenta la

massima soddisfazione da parte dell’autore stesso”;

Non curato nei dettagli;

Senza mai staccare la matita dal foglio, in prima battuta sbagliate le

proporzioni.

Andè Derain, veduta di Collioure, 1905, olio su tela, 66x83 cm

Tipico contrasto di colori che ci ricorda il paesaggio marino;

Superficie dell’acqua resa con una tecnica che ricorda quella dei puntinisti;

Pennellate molto cariche di colore, non precise nel dettaglio ma che rendono

bene, l’ombra della luce sui tetti delle case, le ombre del tetto su quello successivo.

Henri Matisse, La danza, 1909, olio su tela, 260 x 390 cm.

Possiamo chiaramente capire che si tratta di un dipinto

affrontato dall’autore, senza esecuzione di bozzetti preliminari,

solo per il piacere di farlo, visibile dal fatto che non ci sono

esitazioni e problemi nll’eseguire problemi incertezze e lacune.

Il cantare come il dipingere esprime il modo di essere e

l’eccessiva attenzione alla forma e al colore, l’autenticità passa

attraverso un’attenzione formale, cioè un’attenzione primitiva, tornare al primitivo per Matisse significa

tornare all’origine dell’umanità, raccontando del piacere di essere al mondo. La Danza, alle origini

dell’umanità (nudità e spazi incontaminati). Ricerca armonia ed equilibrio, quando dipinge. Il tema del

cerchio si ritrova sia nelle singole parti delle figure sia nel movimento. Così come le forme anche i colori, e

la loro stesura, è tutt’altro che realistica.

Henri Matisse, la tavola imbandita (armonia in rosso), 1897 e

1908 olio su tela 120 x 220 cm.

Il ‘900 è il secolo in cui

singoli artisti vanno

incontro ad una

rivoluzione rapida, in cui

cambiano velocemente

linguaggi e nel giro di pochi anni a risultati inattesi persino a loro

stessi

Il primo dipinto è tardo impressionista in cui c’è attenzione per il

gioco di luce sulla superficie (LUCE E VARIAZIONI).

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Il secondo dipinto richiama ad un concetto astratto “armonia” (cioè combinazione diversa di elementi che si

fondono in un rapporto equilibrato). Lo stesso colore cerca l’armonia, cioè la combinazione tra due elementi

differenti. In questo caso sono presenti due colori complementari il verde e il rosso tra di essi l’arancione,

combinazione di giallo e rosso e verde e blu.

In Germania il dibattito si concentra sulla nuova arte espressionista, spesso fonti di opere che non hanno

niente a che vedere con il neoclassicismo e romanticismo in quanto eseguite con irruenza e scarsissima cura.

La Germania era agitata fin dall’Ottocento da squilibri sociali e profonde tensioni politiche: Guglielmo II è

promotore di una politica a favore delle classi militari e nobiliari, esercita un controllo ossessivo sulla

popolazione con un’organizzata centralizzata e burocratizzata dello Stato.

La Germania è caratterizzata dal policentrismo culturale con Berlino, Monaco e Dresda a capo della

ribellione intellettuale artistica che denuncia la mancanza di valori spirituali della società e rappresentano la

sofferenza esistenziale dell’uomo moderno.

In queste città si forma nel 1905 il movimento Die Brucke (ponte), il cui nome è scelto autonomamente

dagli artisti che si riconoscono in questo gruppo, suggerito in particolare da Heckel che cita un passo Così

parò Zarathusca di Nietzsche “L’uomo è una corda tesa fra l’animalesco e il divino”. Il ponte (buone letture

e amicizie) rappresenta l’aspirazione di un futuro di cambiamento, la bellezza dell’uomo è quella di essere

tramite, la possibilità di andare via dal presente; si riconosce l’aspirazione ad un futuro di cambiamento, la

volontà di rivolta contro i principi e valori superati nella società come nell’arte. L’atteggiamento nei

confronti della società è completamente diverso dagli intellettuali romantici:

gli intellettuali romantici soffrono della “sindrome dell’incompreso”

gli artisti espressionisti tedeschi sono artisti che credono nella continua discussione fra gli artisti,

cioè non si disperano per le incomprensioni che li riguardano, ma hanno una via in cui convenzioni,

regole e occupazioni tradizionali vengono abbandonati, si dedicano esclusivamente alla pittura, ed è

fortissimo il senso della comunità. La vita non è regolata dalla scansione del tempo, ma le relazioni

sono intrecciate anche nella vita relazionale.

Ernst Kirchner La casa verde1907 olio su tela 70x59

Egli riesce a trasformare un paesaggio tranquillo in uno stato d’animo

assolutamente irrequieto giocando con i contrasti di colori, il rosso e il verde.

Abbiamo la dimostrazione di così significhi espressionista: un linguaggio che si

oppone alle regole del realismo e della pittura naturalistica; raccontandoti come

sono ti indico una strada. L’espressionismo non è un elenco di norme, ma un

atteggiamento.

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Ernst Kirchner Marcella 1910 olio su tela 72x61 cm

Richiama maggiormente pubertà di Munch, Kirchner riesce a:

Dipingere un corpo turbandoci con un contrasto nettamente evidente tra

i colori e la sua nudità oltre che un trucco pesantissimo che risalta il pallore

del viso e il rossore delle gambe;

Farci venire in mente caratteri contrastanti; gli espressionisti si

contraddistinguono per la capacità di proporci soggetti forti, attraverso il

modo di dipingere che va contro con secoli e tradizioni di arte, una gabbia

che costringe a mentire, e a limitare l’essere se stessi.

Usa i colori in combinazioni stridenti: c’è il tentativo di urtare i nostri sensi per non lasciarci indifferenti,

evidenziando l’elemento di contrasto.

Ernst Kirchner cinque donne nella strada 1913 olio su tela 121x91

Il degrado morale verso la società tedesca e che le spinte verso la guerra sia una

forza di profitto. Questa società che pensa a trovare soluzioni di problemi

immediati, rappresentando le “cocottes”, prostitute, rumorose e chiassose anche nel

quadro (piume maschere) emblema di una città, Berlino, in cui milioni di persone

vivono senza badare e sapere quello che li attende.

Nei suoi scritti Ernst Kirchner indica gli artisti nello stesso atteggiamento di

inconsapevolezza senza sapere che quello che li attende è qualcosa di grave e

minaccioso.

Ernst Kirchner Autoritratto in divisa 1915, olio su tela

È la dimostrazione di come la guerra, la storia e le vicende umane entrino nella

guerra e la trasformino, ne esce completamente turbato, che si aggiunge alla sua

“debolezza” naturale; il giovane uomo si trasforma da bambino con crisi di panico,

e successivamente giovane che viene a contatto con oppio alcool e morfina a un

uomo ancora più provato e ipersensibile.

Mancano totalmente le regole prospettiche e una trattazione simbolica, sintesi

della sua presenza in guerra, veste di un militare mutilato non fisicamente, ma psicologicamente che non gli

dà più possibilità di trovare la stessa purezza con cui dipingere, l’uomo sembra essere una maschera

nonostante sia molto simile alla realtà. Tutto quello che mi ha tolto la guerra o che meglio mi ha lasciato.

L’esistenza è ridotta a istinti animaleschi.

Negli anni successivi che lo separano dal suicidio entra in un baratro caratterizzato da depressione. Muore

suicida 1933, significativamente con l’ascesa del nazismo; postume le sue opere saranno maggiormente

messe all’indice, in quanto arte degenerata.

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Quattro bagnati sulla spiaggia 1915

Il primitivo è considerato come utopia, condizione ideale perché si

trovano a vivere in una condizione, contraria alla loro idea di primitivo.

Una società in cui l’uomo è sempre più distaccato dalla natura: l’artista

fonde l’uomo con la natura, in modo primitivo:

nudità, condizione perché l’essere umano possa essere riconosciuto

in quanto tale;

il modo di dipingere è la stessa foga animalesca che, introdotta dai Fauves influenza lo stile e il gusto

di questi pittori

elementi fuse e confuse con il paesaggio

Giornata cristallina 19132 olio su tela, 138 x 114 cm

Il cubismo sono noti attraverso riviste anche agli artisti tedeschi. L’eco del cubismo

è evidente, perché giocando sul riflesso abbiamo un tipico esempio di annullamento

delle regole prospettiche e volumi. Le distinzioni fra le correnti sono convenzionali

non sono rigide barriere, ma si risentono echi in molte opere di correnti

“convenzionalmente” diverse.

Sole tropicale 1914, olio su tela, 71x105

L’artista semplifica al massimo le forme naturali, deformandole e

stendendo il colore a grandi pennellate indipendentemente dal disegno

preliminare. La ricerca di purificazione e ritorno alle origini lo porta a

viaggiare fino alle isole del Pacifico: non esistono più le cose, ma

vengono accostati i colori.

Nato nella Russia zarista conosce il patrimonio culturale e artistico della propria cultura, ma trasferitosi in

Germania si innamora della tradizione tedesca medievale, quasi favolistico che si ritrova nei suoi dipinti e ci

fanno capire che alla base della pittura c’è la fantasia che viene sollecitata.

Non a caso viene inserito nelle correnti espressioniste perché ciò che dipinge è sintomo di uno stato di grazia

armonia e piacevolezza. Lo interessa di più lo spirito lo spirito dell’arte tra le affermazioni c’è una accusa

alla filosofia positivista, in quanto secondo questa filosofia mostra è la storia e il vero. Nel momento in cui

l’artista ti costringe ad approcciarti alle sue opere senza cercare di capire la rappresentazione e la

somiglianza con il vero, ma ne richiede attenzione e concentrazione perché un’opera astratta è difficile da

capire e ti costringe a comprendere, traforandoti in un interlocutore. Quindi l’arte astratte non va intesa come

una presa in giro o una cosa buttata lì l’arte richiede una capacità di ascolto costringe ad essere molto più

attento e scavare nella propria memoria, proponendoci dei soggetti (impressionismo apparentemente più

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 32

rassicuranti) che ti costringe a capire il motivo delle forme colori e segni che non facciamo quando si è

dinnanzi di fronte alla realtà; nelle opere astratte le domande diventano necessarie.

Primo acquarello astratto, 1910, 50x65

1. Pablo Picasso “tutti noi al massimo potremmo

rifarlo”;

2. L’autore aveva già passato i 45 anni quindi i gesti e le

scelte che ha compiuto per dipingerlo vanno interpretati

come una scelta volontaria:

Non si tratta di un esito improvviso;

Torna a dare all’esperienza del gesto, del

segno e del colore il valore principale (elimina le figure riconoscibili, attraverso l’esperienza

del suono);

3. Rappresenta l’esplorazione il viaggio e la scoperta

4. È fra i primi che impiegano il metodo dell’improvvisazione, il più grosso colpo alla scienza e

alla fisica. Il metodo si sgancia completamente da questa logica: non c’è riferimento alla realtà

visibile, ma all’esperienza percettibile perché la svicola totalmente dal riferimento alla realtà.

Confine fra una tradizione millenaria dell’arte occidentale e una nuova strada indicata; la tradizione è

fondamentalmente figurativa, ce fa riferimento al mondo delle cose concrete e visibili. Con questo quadro

non ci si occupa più del mondo visibile, cominciata un secolo fa.

DALL’IMPRESSIONISMO ALL’ASTRATTISMO

Il procedimento di Kandiskij (1903 - 1913), nonostante 45 anni e di salda e solida cultura occidentale, prende

una strada che lo porta a “regredire” compiuta consapevolmente e ce lui stesso chiama “gioiosa rivelazione”.

Kandiskij arriva a risultati astratti partendo dalla visione del reale. L’esempio che lui stesso fa in un suo

diario: durante un trasloco si è accorto di un bellissimo dipinto che hanno colpito i colori. Perdendo il

riferimento e le coordinate, non riconosco le singole forma, ma masse e forme e colori; il pittore comincia

camminare verso questi risultati con:

Il cavaliere azzurro olio su tela 1903, soggetti che interessano l’artista. Egli

collezione e si interessa dell’arte popolare. Un dipinto come questo associa

una mente che divaga e fantastica; “il cavaliere azzurro” nome della sua

corrente, che senza macchia e senza paura libera innocenti fanciulle dai

pericoli, risolve i problemi del mondo a cui K. estremamente legato. Il

cavaliere che si muove nel paesaggio campestre è un progressivo

allontanamento dalla realtà. L’uso del colore comincia dall’allontanarsi dallo

scopo realistico:

1. Immagine fantasiosa

2. Piacere per le combinazioni di colori che diventeranno protagoniste.

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La montagna azzurra 1909 olio su tela 105 x 96

Sono ancora distinguibili le forme che stanno diventando macchie di colore non

nel modo diretto per rappresentare la realtà, ma nel modo che è più armonioso

per K. distingue tra il suono di uno strumento e colore, stabilendo una relazione

tra pittura e musica.

Piccole gioie 1910 pittura sotto vetro 40x30cm

Improvvisare = camminare con molta prudenza facendoti influenzare.

Artista di vasta cultura, conosce e ama l’arte rinascimentale italiana, apprezza Cézanne e Van Gogh. Si forma

a Monaco, si applica nella musica e nella scrittura (opera autobiografica 1897 - 1918). Non si riconosce

appieno in alcun movimento nonostante la sua produzione sia stata avvicinata a Astrattismo, Surrealismo e

Dadaismo. Per l’artista l’arte, per quanto astratta, non può essere separata dalla realtà. Al contrario, è il

ricordo che deve guidare la ricerca del pittore per portarlo a generare una forma libera, con qualche

collegamento alla realtà.

SUGGERIMENTI PER RICONOSCERE LE OPERE

Hammamet e la sua moschea 1914 acquarello cm

19x21

Cupole rosse e Bianche

Nel deserto

Strade principali e

secondarie olio su tela

1929

Con questi dipinti l’artista:

esprime la stagione particolarmente importante perché evidenzia l’allontanamento dalla Svizzera

(Zurigo) e contatto con sensazioni visive completamente diverse. Questo viaggio tocca il nord Africa

e in particolare la Tunisia “ho scoperto il colore finalmente sono pittore”. Perché:

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a. in un’epoca molto meno aperta;

b. i rapporti con il colore in quanto il pittore entra in contatto con paesaggi senza

precedenti

ci dimostra che pur essendo una pittura tendente alla semplificazione e all’utilizzo di forme

geometriche non abbandonerà mai il collegamento con la realtà, cioè la disposizione non naturalistica

delle tonalità del deserto, ma nello stesso tempo non si occupa di riprodurla in modo fedele. Indaga sulle

leggi fondamentali che generano le forme estendendole anche ai paesaggi umani (infinite variazioni),

raccontandola nelle sue forme fondamentali e ricorrenti; cercando di scoprire la regola che genera la

forma creando una forma nuova, variazione rispetto a quelle osservati.

Da considerare come il vero inizio delle cosiddette avanguardie artistiche del ‘900, Raccontati attraverso due

artisti: Pablo Picasso, spagnolo e George Braque, francese. Il termine viene adottato dagli stessi artisti e

nasce da un commento ironico di Matisse che li definì “quelle composizioni piene di tanti piccoli cubi”.

Braque scrive il Manifesto della pittura cubista anche il cubismo descrive un arco di un decennio. Nel ‘900

tutto accelera: la distinzione tra

cubismo analitico, dal 1907, data in cui verrà realizzato il Demoiselles d’Avignone di Picasso, al 1911

cubismo sintetico, dal 1911 al 1914.

Demoiselles d’Avignone

Il dipinto considerato come la svolta in realtà resterà a lungo in

disparte, troverà una collocazione definitiva solo nel 1937, quindi

paradossalmente l’opera guida sarà pubblicizzata alla fine del cubismo.

A contribuire sono le centinaia di piccoli quadri realizzati con la stessa

logica. Il titolo appartiene ad un quadro che Picasso progetta nel 1906 e

che non ha nulla a che vedere con l’esito finale. Picasso quando si

mette a dipingere rappresenta l’interno di un bordello nel calle

d’Avignone a Barcellona: l’intenzione iniziale è quella di fare del

contenuto la metafora della condizione umana. Nei bozzetti rappresenta due clienti, un marinaio e uno

studente, che diventano simboli:

- il marinaio di colui che non ha famiglia;

- lo studente colui che ricerca e studia il suo futuro ma che non lo conosce ancora.

Il dipinto va considerato come dipinto di svolta, come un dipinto che segna la fine di un’epoca, o meglio

rappresenta il primo tentativo compiuto e finito di abbandonare la prospettiva rinascimentale,

consapevolmente. Sono passati 5 secoli da Masaccio, in 5 secoli la prospettiva ha prodotto diversi effetti e

all’inizio del ‘900 Picasso e Braque si dichiarano insoddisfatti di un metodo prospettico, grazie anche alle

opere di 7/8 anni prima di Cézanne. La prospettiva è insufficiente perché non rende conto in maniera

completa della complessità della realtà: la prospettiva è parziale, perché non fornisce una visione

consapevole delle diverse prospettive: il concetto fondamentale della prospettiva dei 5 secoli precedenti

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

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diventa un limite perché nella rappresentazione della realtà non rendo conto del fatto che la realtà e un

fenomeno CAMBIA ASPETTO A SECONDA DEL PUNTO DI VISTA CHE SI ASSUME PER

OSSERVARLO (Pirandello e Einstein) perché devo fare in modo che essa sia sempre più completa:

INTRODUCONO LA QUARTA DIMENSIONE CHE PUO’ ESSERE DEFINITA COME DIMENSIONE

DEL TEMPO. LA DIFFICOLTA’ E’ IL “CAOS” APPARENTE DEL CUBISMO IN QUANTO ESSO CI

MOSTRA UNA VISIONE CONSUETA CHE E’ PER FORZA RELATIVA, MA ANCHE SIMULTANEA.

Arte preclassica e africana: secondo il linguaggio primitivo agli occhi degli occidentali, ma importanti agli

occhi di Picasso per la loro capacità di rendere la forma del corpo umano attraverso poche figure

geometriche.

George Braque viadotto all’estaque olio su tela 73x59

Estaque, Marsiglia, la presenza di strutture umane che si adattano e trasformano

il paesaggio facilitano quel lavoro di sintesi da più punti di vista che fa

apprezzare la visuale. La valle o l’abitato facilitano i pittori a lavorare sulle

pitture geometriche essenziali, dipinto con tendenze a pennellate come quelle di

Cèzanne e anche nel modo di dipingere esse hanno un nuovo volume e una

nuova consistenza, consistenti e solide sono anche le nuvole come i cespugli e le

arcate. È ancora limitata anche se presente l’assunzione di più punti di vista.

Immagine meno tranquilla e rassicurante. Stesso soggetto e dimensioni e stesso

anno 1908, a distanza di pochi mesi il dipinto si dimostra sempre più cubista

perché rappresenta la ricostruzione mentale dell’esperienza visiva condotta da

punti di vista diversi. Lo scopo del cubismo non è la rappresentazione naturale

e tranquillizzante, ma il tentativo di conoscere il più possibile la realtà

mostrando più visioni. Questa complessità si apprezza quando si passa

dall’arte rappresenta ciò che vede a ciò che si conosce.

La pittura ha una forte componente mentale e intellettuale non c’è nessuno

sfogo di istinti o gioia di vivere, di un malessere interiore e di uno stato di disagio nel vivere nelle stessa

società. Le opere non sono di denuncia, ma la rivoluzione nel modo di approcciare e conoscere la realtà;

l’aspetto più rivoluzionario è quello che entra in crisi, non viene più considerata come indispensabile e

centrale la visione che l’uomo ha della realtà.

Il ‘900 è il secolo in cui il soggetto entra in crisi: entra in crisi quella visione per cui la certezza dell’uomo è

quella di poter dominare l’umanità e l’universo: la pittura cubista insinua questo dubbio. La visione umana

non è sufficiente a descrivere il reale: gli stessi dubbi che avevano i pittori cubisti, gli aveva anche Pirandello

(identità mutevoli, personalità composite ecc) questo moltiplicarsi delle visioni fa si che non siano più

sufficienti argomenti che fino a quel momento gli aveva regolati.

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Pablo Picasso ritratto di Ambroise Vollard 1910 81x60 olio su tela

Progressivamente l’interesse della realtà da riprodurre fedelmente (il colore) tende

ad essere trascurato. I colori sono giocati su colori di diverse gradazioni: nel

momento in cui l’artista si occupa dei volumi il modo migliore è vedere in che modo

il chiaro-scuro li determina. Picasso ci propone una realtà sempre più frammentata,

con tanti minuscoli frammenti presi o ricordati da posizioni differenti e finisse per

integrarli disponendoli su un unico piano, non ci sono, se non casualmente forme o

dettagli definiti in maniera chiara e precisa, la moltiplicazione dei punti divista

Braque Bicchiere, bottiglia, giornale 48x62 1912 carboncino e carta da

parati su carta.

La preoccupazione principale riguarda le forma delle figure piane che

determinano sia i ritagli di carta da parati, con una tendenza alla

bidimensionalità.

Carrà

Umberto Boccioni

Il 20 febbraio 1909 il poeta Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del Futurismo sulle pagine del

quotidiano francese Le Figaro. Nasce così l’esperienza artistica più importante del primo ‘900 in Italia che

interessa tutte le forme espressive, dalle arti figurative all’architettura, al teatro, alla musica, alla danza.

Marinetti esalta la libertà dei

Caratteristica nelle arti visive: si sviluppa principalmente in due paesi l’Italia giolittiana e la Russia zarista in

cui i segni del progresso non ci sono in quanto non si è ancora manifestato: è un sogno e un desiderio che

qualcosa si realizza, evocata e teorizzata. Troncare i ponti con il passato, antipassatista. Il futurismo esalta la

macchina, la velocità, il dinamismo.

(il movimento futurista e le correnti di pensiero politico nell’Italia pre-guerra “noi canteremo le folle agitate

dal movimento e dalle sommesse”, cit. Manifesto futurista. L’ondata enorme spazza via qualsiasi cosa. Ben

presto il futurismo diventa lo strumento impiegato molto lontano dai movimenti lontani che si avvicina al

movimento fascista. Successivamente diventa un semplice linguaggio artistico, mentre il fascismo passa da

movimento a regime e si affida ad una forma d’arte molto più rassicurante: l’arte classica e imperiale).

Officine a porta romana di Umberto Boccioni (olio su

tela 1908 Gallerie d’Italia a Milano 75 x 145) è solo in

parte futurista:

Periferia urbana, ciminiere sullo sfondo, presenza

di macchine, un via vai di gente che popola le periferie

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operaie futurismo

La costruzione dell’immagine e la visione della realtà è ancora legata alla formazione di Boccioni

che frequenta la pinacoteca di Brera perché in questo dipinto la stesura del colore avviene attraverso

il procedimento divisionista, sottili filamenti di colore puro che accostati vengono visti dall’occhio

come un unico colore, il procedimento divisionista è la reinterpretazione del puntinismo (confine tra

futurismo). I colori anche molto contrastanti tra loro. Non è ancora presente minimamente la

caratteristica principale del futurismo, riconosciamo infatti le singole figure perché la visuale è

distanziale e le figure sono distinguibili, non ci sono ancora figure che si spezzano e compenetrano.

Umberto Boccioni, La città che sale 1910-1911 199,3×301 cm

Museum of Modern Art, New York

Boccioni per dipingere quest' opera prende spunto dalla vista di

Milano che si vedeva dal balcone della casa dove abitava. Il titolo

originale era Il lavoro così come apparve alla Mostra d'arte libera

di Milano del 1911. Nonostante la presenza degli elementi realistici come il cantiere o la costruzione, o

ancora la resa dello spazio in maniera prospettica, il dipinto viene considerato la prima opera

veramente futurista del pittore reggino, pur non discostandosi molto dai quadri analoghi degli anni

precedenti, nei quali le periferie urbane erano il soggetto principale. In questo dipinto viene parzialmente

abbandonata la visione naturalistica dei quadri precedenti, per lasciare il posto ad una visione più

movimentata e dinamica.

Si coglie la visione di palazzi in costruzione in una periferia urbana, mentre compaiono ciminiere e

impalcature solo nella parte superiore. Gran parte dello spazio è invece occupato da uomini e da cavalli, fusi

esasperatamente insieme in uno sforzo dinamico. In tal modo Boccioni mette in risalto alcuni tra gli elementi

più tipici del futurismo, quali l'esaltazione del lavoro dell'uomo e l'importanza della città moderna plasmata

sulle esigenze del nuovo concetto di uomo del futuro.

Ciò che mette il quadro perfettamente in linea con lo spirito futurista è però l'esaltazione visiva della forza e

del movimento, della quale sono protagonisti uomini e cavalli e non macchine. Questo è ritenuto un

particolare che attesta come Boccioni si muova ancora nel simbolismo, rendendo visibile il mito attraverso

l'immagine. Ed è proprio il "mito" ciò che l'artista modifica, dunque non più arcaico legato all'esplorazione

del mondo psicologico dell'uomo, ma mito dell'uomo moderno, artefice di un nuovo mondo. In parole povere

l'intento dell'artista è di dipingere il frutto del nostro tempo industriale.

Il soggetto dunque, da raffigurazione di un normale momento di lavoro in un qualunque cantiere, si

trasforma nella celebrazione dell'idea del progresso industriale con la sua inarrestabile avanzata. Sintesi di

ciò ne è il cavallo inutilmente trattenuto dagli uomini attaccati alle sue briglie.

La composizione del quadro conserva tuttavia ancora un impianto abbastanza tradizionale. Le figure

sono scandite su precisi piani di profondità dove in basso si vedono le figure in primo piano, mentre in

alto quelle sui piani più profondi.

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 38

La composizione può essere divisa in tre fasce orizzontali che corrispondono ad altrettanti piani:

1. in basso Boccioni colloca le figure umane realizzate secondo linee oblique che ne evidenziano lo

sforzo dinamico.

2. al centro dominano delle figure di cavalli, tra le quali ne risaltano tre, gli ultimi due hanno una

colorazione rossa e dei profili di colore blu che rappresentano i cavalieri sulla groppa:

1. uno bianco a sinistra che rivolge lo sguardo verso destra,

2. uno al centro che domina il centro del quadro,

3. uno sulla destra,

3. nel terzo piano appare lo sfondo di una periferia urbana, che probabilmente andrebbe identificata con

un quartiere di Milano in costruzione.

Carlo Carrà I funerali di Carlo Galli (sindacalista anarchico) 1910 – 1911 200 x 260 cm Moma New York

Questo dipinto richiama il rapporto tra i movimenti sociali e politici dell’Italia giolittiana. Protesta

intervento folla agitata dalla sommossa. Disegni preparatori : romantici dipinto reale: oscuramento del

cielo stesso. Non distinguiamo le piccole parti della realtà, ma vediamo scie e corpi. Non si possono

distinguere i corpi = compenetrazioni, completamente diversa da quelle del cubismo.

Giacomo Balla Ragazza che corre sul balcone 1912 olio su tela 105 x

125 cm Milano Museo del Novecento.

L’artista mette in pratica una serie di conoscenze che dimostrano come

con il futurismo si possa parlare di estetica della macchina in due

sensi:

La macchina modellato dalla velocità stessa;

Si sfruttano al meglio le strutture di cinema e fotografia,

impossibile come un insieme ma unico come movimento, con piccole

differenze

Umberto Boccioni forme uniche della continuità dello spazio 1912

In realtà Boccioni in quest’opera del 1913 affronta il tema per eccellenza

dell’arte occidentale: la rappresentazione del corpo umano, che

interpretato in chiave futurista ci porta alla dissoluzione dell’armonia

classica e alla trasformazione dell’anatomia umana perché l’anatomia

umana secondo i futuristi

deve richiamare l’idea del movimento, per cui deve risultare non

perfettamente afferrabile, come non è afferrabile dall’occhio la corsa di una

persona (non è possibile distinguere i singoli dettagli);

sarà la velocità stessa a plasmare e rimodellare l’anatomia umana.

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 39

I valori su cui si fonda la visione del mondo futurista sono la velocità, il dinamismo, lo sfrenato

attivismo che sono tipici della moderna realtà industriale. Il culto dell'azione violenta ed

esasperata respinge ogni forma di organizzazione politica e sindacale, il parlamentarismo, il

socialismo e il femminismo, nel nome di un individualismo assoluto e gratuito. Il movimento aderisce

all'ideologia nazionalista e militarista, che celebra la guerra come “sola igiene del mondo”. L'uomo

diventa un essere meccanico e dinamico senza dimensione psicologica, i futuristi disprezzano i

comuni atteggiamenti spirituali e sentimentali nei confronti della donna e dell'amore .

Sono autori di un gruppo di giovani pittori e scrittori che in modo quasi ironico vengono definiti “scuola di

Parigi”. Sono coetanei di quelli che come Picasso, Braque impegnati nel trasformare la pittura e l’arte del

Novecento. Pur essendo contemporanei e amici negli anni ’10 e ’20 fanno una vita pessima; questa “scuola”

è formata da stranieri; come scuola internazionale Parigi attirava visitatori e artisti come cuore culturale e

mondiale del primo ‘900. Questo gruppo può essere distinto e interpretato come l’ennesima affermazione

dell’espressionismo.

Amedeo Modigliani dedito all’uso di variate sostanze psicoattive (oppio, materia prima per

produrre medicinali, fumato produce un sonno tombale). È la sostanza chiamata da Marx “oppio dei

poveri”. Muore 37enne nel 1920. Parte da Livorno, con una partenza “fortunata”, figlio di una donna

ebrea. Portato per il disegno viene mandato a studiare dai macchiaioli. Subisce il fascino di Parigi e si

trasferisce in città nel 1910. Mostra il talento artistico nella scultura, ma la debolezza cronica ai polmoni

dovuta alla tubercolosi da bambino, lo costringe a smettere di scolpire.

Testa 65cm pietra calcarea 1912 (?)

M. si forma in modo particolare sull’esempio dell’arte africana, degli autori come

Picasso, Brancusi, suo maestro. L’arte africana suggeriscono forme sostanzialmente

essenziali, pure e perfette. C’è contrasti tra disegni preparatori fatto impiegando materia

prima, e con una linea semplice e pura con una forma semplice e pura. Che suggeriscono

influenze dell’arte mediterranea e preclassica, le prime steli dell’età del rame rinvenute in

Liguria. Questa attenzione ad una bellezza moderna e nello stesso tempo antichissima,

cerca il bello proponendo un nuovo modello di bellezza; essa contrasta con la vita

dell’artista che passa la maggior parte dei suoi anni a Parigi in stato di ebbrezza. Una contraddizione

tra una tendenza dissoluta che si rivela anche nelle sue vicende personali (la sua ultima compagna)

Cariatide (colonna antropomorfa) matita su carta 56 x 55 Pinacoteca di Parigi 1913

L’obiettivo della bellezza moderna con radici antichissime. La ricerca formale ha al centro l’armonia

la forza espressiva

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 40

Mademoiselle grain de cafè 1912 olio su tela 73x50 antiaccademico propone un modello

di bellezza. Riflessione unica e continua la condizione umana fatta di passioni, sofferenze

Il nudo rosso o grande nudo 1918 69x92

Rappresenta il punto di equilibrio, essendo oltraggioso. Le spiegazioni sono:

a. Questo dipinto raffigura:

1. Il corpo si concede senza alcun tipo di ritegno; Con forme

assolutamente semplificate e stilizzate (le sue parti sono definite

con la forma di un solido geometrico) insieme di tante superfici

delle linee curve.

MODERNO INTERPRETE DEL MODERNO DESIDERIO DELL’UOMO DI GODERE DELLA

BELLEZZA

Marc Chagall

Autoritratto con 7 dita si richiama alla tradizione popolare

degli ebrei russi che elogiano un lavoro fatto in modo perfetto “sembra fatto con

7 dita”. Il numero 7 richiama la tradizione culturale ebraica.

Per tutta la sua vita avrà sempre e comunque un richiamo alla cultura di origine,

fatta di racconto e personaggi, di fantasia e realtà.

CHAGALL è UN BAMBINO ADULTO, SPONTANEO FRESCO E

DISINIMITO

Autentico manifesto della felicità trovata accanto alla moglie Bella, questo

dipinto è l' espressione per Chagall di una sconfinata gioia e di una visione,

dominata dal potere della fantasia e della creatività accoppiate all' amore. Il

soggetto è una inverosimile passeggiata romantica dei due innamorati nel verde

delle campagne di Vitebsk, durante un picnic. Al centro della composizione

spicca la figura di Chagall, elegantemente vestito con un completo nero e con

una camica bianca dall' ampio colletto, che con la sinistra, lato del cuore, tiene

per mano Bella, mentre con la destra regge delicatamente un uccellino; il suo volto è aperto in un radioso

sorriso.

l dipinto ha al centro della scena il pittore che tiene per mano la moglie Bella mentre vola tranquillamente

per aria. Nell'altra mano ha un uccellino che simboleggia il loro accordo con la natura.

Alle loro spalle c’è la città dove i due sono nati e dove vivevano all’epoca (siamo nel 1917): Vitebsk. In terra

ai piedi del pittore c’è la classica tovaglia da picnic con una bottiglia di vino e un bicchiere. Essa, decorata

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 41

con fiori, ha un colore rosso vivo che spicca ancora di più essendo complementare al verde del prato e del

paesaggio tutto intorno.

L’artista guarda verso di noi con un largo sorriso che esprime tutta la sua felicità: è una splendida giornata,

sta facendo un picnic con la sua amata moglie, alle loro spalle c’è la loro città, il luogo dove sono nati. La

loro felicità è perfetta: Bella si alza in volo e Chagall la trattiene con la mano, ma a sua volta sembra

sollevato da terra grazie all'amore che lo lega alla donna. È un po' come se i due si muovessero su piani

diversi, lui cammina sulla terra, lei è una specie di angelo e si libera nell'aria.

Il senso di questa immagine è che l’amore che lega profondamente due persone, va oltre i limiti imposti dalla

natura, ha qualcosa di trascendente.

Lo stile del dipinto risente delle scomposizioni tipiche della scuola cubista con cui Chagall entrò in contatto

a Parigi e tutto sommato questo rafforza l’atmosfera irreale e fiabesca di questo paesaggio placido e

tranquillo, come sottolinea il cavallo che pascola indisturbato sullo sfondo.

L’unica nota diversa è la sagoma della chiesa, che ha una tonalità rosata, molto più delicata rispetto al verde

delle case: la sua struttura evanescente ci mostra che ha una funzione diversa, spirituale, rispetto a quella

molto più concreta degli altri edifici della città.

Chaim Soutine

CHAIM SOUTINE (dall’ebraico vita) la vita, intesa come processo biologico, sarà una delle principali

preoccupazioni del pittore. Dalla Lituania si trasferisce, poco più che 20enne, a Parigi; è in una posizione

intermedie, scappa dalla Lituania perché (il tema della fuga e dell’Esodo) nel suo villaggio natale l’artista

disegna tutti i personaggi che vede, ma quando disegna il macellaio viene picchiato dal figlio di questo; si

trasferisce da parenti e amici che hanno intenzione di trasferirsi a Parigi, con una vita assolutamente

randagia. Le 25 opere che aveva dipinto vengono acquistate da un mercante statunitense.

Biografia personale perché mai come in questi casi la biografia è stata così importante.

Morirà nella città nel 1944 (nazisti) in quanto riuscendo a sottrarsi per 4 anni da relazioni e intercettazioni, di

ulcera. Soutine riceve decine di inviti da parte dei mecenati statunitensi, una via di mezzo tra la

rassegnazione e la certezza di essere immune.

Bue squartato assiste alla decomposizione del bue, la pittura di questi soggetti,

ricca di significati con forti colori e odori, ostinandosi, nonostante gli odori,

dipinge la vita e la esalta come processo biologico attraverso il soggetto che per

definizione è la morte, esplosione della vita, come flusso continuo e inarrestabile.

Proprio per questo motivo non sono immagini tetre.

Paesaggio con case rosse per rendere l’idea dell’organismo in decomposizione e

della città che si trasforma utilizza colori non diluiti, ma grumosi.

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 42

Il movimento dada nasce da un gruppo di giovani a Zurigo, nel 1916, in cui si incontrano persone accolte sia

perché

- perseguitati prima della guerra (anarchico condannato per tentativi politici), disertori o rivoluzionari

che giudicano lo stato di cose presenti totalmente negative: NEL NOME DEL PROGRESSO,

DELLA PROSPERITA’, DELLA RAZIONALITA’ E DELL’AFFERMAZIONE SI STA

COMPIENDO UN PROGRESSO CHE NEGA QUESTI IDEALI. NON SONO SEMPLICEMENTE

CONTRO LA GUERRA, MA ANCHE RAZIONALISTI E COMUNISTI, MODO PER ESSERE

ANTIBORGHESI.

la Svizzera, territorio neutrale, è, in quegli anni, il rifugio di intellettuali dissidenti, di esiliati politici, uniti

nella rivolta e nella denuncia. Il loro disgusto nei confronti della guerra mondiale si estende alla civiltà che

l’ha provocata, ai suoi valori filosofici, morali, politici.

Violenta negazione dell’esistenza dell’arte

John Heartfield (Hermand Hersfeld), Adolfo il supeuomo ingoia oro e suona falso,

fotomontaggio, 1932

OLTRAGGIO operazione per cui viene associato. Non occoorre essere grandi esteti,

un’mmagine che non ha alcun tipo di qualità estetica

La manipolazione e la deontestualizzazione sono due delle colonne fondamentali del

dadaismo

Le cosiddette avanguardie

artistiche vanno

considerate come

un’esperienza minoritaria,

nonostante siano molto

importanti. Coetanei e

contemporanei erano immuni e poco interessati alla poetica

futurista, come nel caso di Mario Sironi Paesaggio urbano 1920, che parla anch’essa della città ma in cui

abbiamo un istante che sembra eterno, sembra che qualche forza misteriosa abbia spopolato la città e resa

immobile. Questa visione è l’esatto opposto delle visioni futuriste: solitudine, silenzio, desolazione,

nonostante la coetaneità. Nel ‘900 convivono esperienze di avanguardia radicale, che sconvolge il senso

stesso dell’arte e momenti in cui alcuni artisti sembrano voler tornare al passato. Sironi rappresenta l’arte

sociale e civile, la vita solitaria. La pittura coincide con l’architettura perché tutto è forma. Sono assenti

elementi leggeri, tutto è molto solido e stabile; sembra muoversi da sinistra verso destra. Anche il tram

sembra fermo in quanto non sono presenti i binari davanti a sé. Il messaggio è quello che il tempo che gioca

Dal Romanticismo all’arte contemporanea

Chiara Ponti V A A.S. 2014 -2015 Pag. 43

con la memoria. Anche la luce sembra che non muti. Mario Sironi alterna una pittura intimista, con una

pittura fascista; Sironi guarda al passato

Giorgio de Chirico Le muse inquietanti 1918 olio su tela

La critica riguarda le avanguardie che rappresentavano la società, l’artista si ispira a diverse culture

passate, riferendosi alla cultura classica per le muse, alla pittura fiamminga per la prospettiva. La

forma rivelano oggetti accumulate nella memoria dell’artista, come nel sogno. Tutti i materiali sono

forme vuote solo perché sono state rievocate. Il tempo lascia i segni, involucri vuoti. Il dipinto è

generato dalla prima guerra mondiale, in quanto strettamente legato alle sue vicende. De Chirico in

quegli anni si trova a Ferrara che rappresenta la retrovia del fronte, in un ospedale psichiatrico per

depressione nella lenta ripresa (forzata inattività) nasce la pittura metafisica, il materiale sconvolto e

distrutto dall’esperienza in trincea riemerge: un dipinto così ordinato nasce dall’esigenza di De

Chirico di tornare ad avere riferimenti certi.

Salvador Dalì La persistenza della memoria 1931 olio su tela 23x32

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-edf6aa64-c454-491c-b3e6-

6915e2d1b6ba.html