Larocca 2008

8
 Grotta della Monaca. Una miniera  pre-protostorica di rame e ferro in Calabria. FELICE L  AROCCA 1,2 Riassunto La Grotta della Monaca, ubicata nella Calabria settentrionale tirrenica a poca distanza dall’importante valico montano detto “Passo dello Scalone” (740 metri s.l.m.), è una cavità naturale che si sviluppa nei calcari del Trias per 355 metri di lunghezza e 22 di profondità. Nota sin dall’Ottocento, essa è divenuta oggetto dall’anno 2000 di sistema- tiche campagne di scavo archeologico da parte della Sezione di Paletnologia dell’Università degli Studi di Bari. Le indagini condotte tanto nella pregrotta, quanto nei settori più profondi e discosti dalla superficie, hanno messo in evidenza una remota atti-  vità di coltivazione mineraria diretta allo sfruttamento di minerali di ferro (goethite) e rame (malachite e azzurrite). La prova che tali mineralizzazioni sono state oggetto di intenso sfruttamento è data dal rinvenimento di numerosi utensili di scavo (soprattutto mazzuoli e asce-martello in pietra levigata), dalle impronte dei loro colpi sulle pareti e dalla presenza di muretti a secco eretti negli ambienti più stretti con lo scopo di creare spazio praticabile all’uomo. Le evidenze estrattive si riferiscono ad un arco cronologico compreso tra l’Eneolitico iniziale e la media età del Bronzo, come attestano i reperti ceramici recuperati nel corso delle ricerche e una serie di datazioni radiocarboniche. Parole chiav e: Preistoria, miniere, rame, ferro.  bstr ct The Grotta della Monaca is located in northern Tyrrhenian Calabria near an important pass called “Passo dello Scalone” (740 metres above sea lev el). It is a natural cave 355 metres long and 22 metres deep which developed in the limestones of the Trias. Its existence well-known since the nineteenth-cen- tury, the cave has become the subject of systematic archaeological excavations conducted by the Catt edra di Pa letnol ogia of the Universi ty of Bari since th e year 2000. The inv estig ations ca rried out both in the so-called “Pregrotta” and in the deepest and farthest sectors from the surface confirm the existence of an ancient min e used for the explo itatio n of iron (goeth ite) and cop per (malac hite and azur ite) ore. The intense exploitation of these mineralizations is testified to by numerous lithic tools (in particular mallet s and hammer-a xe heads of dressed sto ne), the mark s of these to ols left on the wal ls and the  presence of dry walls built along the narr owest sections with the aim of creating a wider space for peo-  ple to work. The evidence of this mining exploitation seems to sug gest a c hronological timescale stretch- ing between the Early Chalcolithic and the Middle Bronze Age, as the pottery recovered during the excavations and a series of radiocarbon dating attest. Keyword s: Prehistory , mines , cop per, iron. 1 Università di Bari, Dipartimento di Beni Culturali e Scienze del Linguaggio, Sez. di Paletnologia - Palazzo Ateneo - P. Umberto I,1 - Bari. tel.: 333.3429008 - e-mail: [email protected] 2 Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici” - Via Lucania, 3 - C.P. 20, Roseto Capo Spulico Stazione (Cs) - www.enzodeimedici.it - tel.: 0981.913755  Atti del XX Congresso Nazionale di Speleologia, Iglesias 27-30 aprile 2007 – Memorie dell’Istituto Italiano di Speleologia, s.II, vol. XXI, 2008 27 3

Transcript of Larocca 2008

Page 1: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 1/8

 

Grotta della Monaca. Una miniera

 pre-protostorica di rame e ferro in Calabria.

FELICE L AROCCA1,2

Riassunto

La Grotta della Monaca, ubicata nella Calabria settentrionale tirrenica a poca distanza

dall’importante valico montano detto “Passo dello Scalone” (740 metri s.l.m.), è una

cavità naturale che si sviluppa nei calcari del Trias per 355 metri di lunghezza e 22 di

profondità. Nota sin dall’Ottocento, essa è divenuta oggetto dall’anno 2000 di sistema-

tiche campagne di scavo archeologico da parte della Sezione di Paletnologia

dell’Università degli Studi di Bari. Le indagini condotte tanto nella pregrotta, quanto nei

settori più profondi e discosti dalla superficie, hanno messo in evidenza una remota atti-

 vità di coltivazione mineraria diretta allo sfruttamento di minerali di ferro (goethite) erame (malachite e azzurrite). La prova che tali mineralizzazioni sono state oggetto di

intenso sfruttamento è data dal rinvenimento di numerosi utensili di scavo (soprattutto

mazzuoli e asce-martello in pietra levigata), dalle impronte dei loro colpi sulle pareti e

dalla presenza di muretti a secco eretti negli ambienti più stretti con lo scopo di creare

spazio praticabile all’uomo. Le evidenze estrattive si riferiscono ad un arco cronologico

compreso tra l’Eneolitico iniziale e la media età del Bronzo, come attestano i reperti

ceramici recuperati nel corso delle ricerche e una serie di datazioni radiocarboniche.

Parole chiave: Preistoria, miniere, rame, ferro.

Abstract

The Grotta della Monaca is located in northern Tyrrhenian Calabria near an important pass called 

“Passo dello Scalone” (740 metres above sea level). It is a natural cave 355 metres long and 22 metres 

deep which developed in the limestones of the Trias. Its existence well-known since the nineteenth-cen- 

tury, the cave has become the subject of systematic archaeological excavations conducted by the Cattedra 

di Paletnologia of the University of Bari since the year 2000. The investigations carried out both in 

the so-called “Pregrotta” and in the deepest and farthest sectors from the surface confirm the existence 

of an ancient mine used for the exploitation of iron (goethite) and copper (malachite and azurite) ore.

The intense exploitation of these mineralizations is testified to by numerous lithic tools (in particular 

mallets and hammer-axe heads of dressed stone), the marks of these tools left on the walls and the 

 presence of dry walls built along the narrowest sections with the aim of creating a wider space for peo- 

 ple to work. The evidence of this mining exploitation seems to suggest a chronological timescale stretch- 

ing between the Early Chalcolithic and the Middle Bronze Age, as the pottery recovered during the 

excavations and a series of radiocarbon dating attest.

Keywords: Prehistory, mines, copper, iron.

1 Università di Bari, Dipartimento di Beni Culturali e Scienze del Linguaggio, Sez. di Paletnologia - Palazzo Ateneo - P. Umberto I,1 - Bari.

tel.: 333.3429008 - e-mail: [email protected] Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici” - Via Lucania, 3 - C.P. 20, Roseto Capo Spulico Stazione (Cs) - www.enzodeimedici.it -

tel.: 0981.913755

 Atti del XX Congresso Nazionale di Speleologia, Iglesias 27-30 aprile 2007 – Memorie dell’Istituto Italiano di Speleologia, s.II, vol. XXI, 2008

273

Page 2: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 2/8

 

Inquadramento geografico e storia delle

esplorazioniLa Grotta della Monaca, ubicata nel territoriocomunale di Sant’Agata di Esaro (provincia diCosenza), si apre con un maestoso ingresso a600 metri di altitudine s.l.m. e domina, dallasommità di un imponente bastione roccioso,l’alta valle del Fiume Esaro. Da un punto di vistageografico, il luogo è situato nella parte setten-trionale della Calabria, quasi a ridosso del Mar

 Tirreno, da cui il territorio di Sant’Agata è sepa-rato dall’estrema propaggine meridionale di unaformidabile barriera di rilievi montuosi che sfio-ra i 2000 metri di altezza: il Cozzo del Pellegrino,la Mula e Montea ne rappresentano le cime piùelevate e si lasciano valicare a bassa quota solo inun punto, il cosiddetto “Passo dello Scalone”(740 metri s.l.m.) (Figg. 1-2).La prima esplorazione accertata della cavità risa-le alla seconda metà dell’Ottocento ed è dettatada semplice curiosità, stimolata dall’imponenzadel fenomeno sotterraneo. Ne è artefice Enrico

Giovanni Pirongelli, originario di Sant’Agata,che visita la grotta il 27 ottobre 1878 fornendo-ne in seguito una puntuale cronaca sulle paginede “Il Calabrese”, un giornale dell’epoca(Pirongelli, 1879a-b, 1880a-b). Benché la cavitàdiventi col tempo meta occasionale di diverse

 visite, bisogna attendere il novembre del 1939perché si registri la prima vera esplorazione chepotremmo definire “scientifica” per le sue fina-lità documentarie. Ne è artefice Enzo dei

Medici, pioniere della speleologia calabrese cheper primo iniziò a documentare e censire siste-

maticamente le cavità naturali della provincia di

Cosenza. Egli, realizzando nell’occasione unrilevamento topografico speditivo degli ambien-ti ipogei, osserva nei settori più lontani dallasuperficie alcuni curiosi “muretti a secco”, crea-ti ad arte dalla mano dell’uomo; quindi denomi-na “budello delle pietre murate” il cunicolo incui ha modo di esaminare queste strutture e, purnon ascrivendone la costruzione ad età preisto-rica, osserva argutamente: “Io penso che i primi che 

a suo tempo hanno percorso quella galleria abbiano ese- 

 guito il lavoro per sgomberare il passaggio e procedere più 

agevolmente ” (dei Medici, 2003, p. 109) (Fig. 3). Trentasei anni più tardi, nel 1975, la cavità tornanuovamente a far parlare di sé, divenendol’obiettivo principale di una campagna di ricercaspeleologica organizzata nel territorio diSant’Agata da un gruppo di esploratori del Club“Spéléologues du Triangle Rouge”, più tardi

Fig. 1 - Tavola di inquadramento geografico del territorio in cuiè ubicata Grotta della Monaca (disegno di F. Larocca).

Fig. 2 - L'ampio imbocco della cavità visto dall'interno (foto diD. Lorusso).

Fig. 3 - Muretto a secco eretto in uno dei Cunicoli terminali, nelsettore ipogeo più lontano dalla superficie. Manufatti come

questo furono osservati nel 1939 da Enzo dei Medici, che chi-amò la condotta interessata dalla loro presenza “Budello dellepietre murate” (foto di F. Larocca).

274

Page 3: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 3/8

 

275

diventato una sezione della Società Svizzera diSpeleologia. È nel corso di questa campagna diindagini che emerge per la prima volta, chiara-mente, l’interesse della cavità dal punto di vistapaletnologico. Nel resoconto conclusivo stilatodagli speleologi svizzeri si segnala il rinvenimen-

to di “  frammenti di vasi di terracotta come pure ossa indeterminate ed un dente probabilmente umano”; quin-di si aggiunge: “sarebbe assolutamente necessario che 

s’interessasse uno specialista in archeologia, a via di poter 

determinare con certezza se la Grotta della Monaca fu 

abitata dall’uomo preistorico” (Piaget, 1975, p. 3).Il sicuro riconoscimento della cavità come sededi remota frequentazione antropica è un fattorelativamente recente e risale al maggio del1997, allorché essa diviene oggetto di diverse

ricognizioni da parte di un’équipe speleo-archeologica connessa alla Cattedra diPaletnologia dell’Università degli Studi di Bari eal Centro Regionale di Speleologia “Enzo deiMedici” (Roseto Capo Spulico - Cosenza). Iricercatori, operando negli ambienti più profon-di del sistema sotterraneo, confermano le osser-

 vazioni del dei Medici circa l’esistenza di muret-ti a secco, quindi rinvengono tra i massi di crol-lo alcuni singolari manufatti litici subito ricono-sciuti come utensili preistorici. La segnalazionedegli speleologi svizzeri circa l’interesse archeo-logico della grotta era dunque giusta.Considerata l’importanza della scoperta, sin dal-l’anno 2000 sono state organizzate nel sito rego-lari campagne di ricerca e scavo archeologico,condotte su concessione del Ministero per iBeni e le Attività Culturali e in piena collabora-zione con la Soprintendenza per i Beni

 Archeologici della Calabria.

La cavità naturale. Note descrittiveDa un punto di vista morfologico, la cavità risul-ta caratterizzata nel suo complesso da tre setto-ri a sé stanti: 1) una vasta condotta d’ingresso,denominata “Pregrotta”; 2) un enorme ambien-te in posizione mediana, la cosiddetta “Sala deipipistrelli”; 3) una serie di bassi e stretti budellifinali, i “Cunicoli terminali” (Larocca &Lorusso, 1998).Il primo settore, quello di Pregrotta, è costituito

da un’ampia galleria in leggera salita, col piano dicalpestio completamente invaso da un accumu-

lo caotico di poderosi macigni di crollo. Sotto diessi si è riscontrata la frequente presenza dimuretti a secco, soprattutto laddove gli interstiziin frana risultano maggiormente praticabili.Sono state individuate, inoltre, ampie porzionidi cavità scavate artificialmente, come testimo-

niano le impronte di colpi di piccone metallicoben evidenti specialmente sulle pareti (Fig. 9, d).

 Tali tracce di escavazione si osservano in corri-spondenza di alcuni possenti filoni di idrossidiferrosi presenti tra le stratificazioni calcaree: èquel che resta di una vecchia miniera, apertasotto il naturale piano di calpestio della grotta ecollocabile cronologicamente tra il XVI ed ilXVIII secolo d.C.La Sala dei pipistrelli costituisce il secondo set-

tore morfologico da cui è formata la cavità: sitratta di un vasto ambiente sotterraneo (60 metridi lunghezza massima per 30 di larghezza) chedeve la propria denominazione alla presenza dinumerosissimi chirotteri. Il suolo, completa-mente ricoperto da spessi e viscidi depositi diguano, dapprima si mostra al visitatore con unandamento sub-pianeggiante, quindi degradacon forte inclinazione verso il basso, seguendol’immersione delle bancate calcaree. Varie formedi concrezionamento, in gran parte fossili (grup-pi stalagmitici e, in misura minore, colate calciti-che e stalattiti) adornano l’ampia sala, soprattut-to nel suo settore iniziale e lungo le pareti. Eproprio all’aspetto di una singolare colata calci-tica presente in questo enorme vuoto sotterra-neo, che la fantasia popolare ha voluto simile aduna monaca, si deve la denominazione dellagrotta. La tradizione asserisce che tale figura siascolpita da mano umana: essa è tuttavia chiara-mente di origine naturale, forse solo lievemente

ritoccata in alcuni punti del volto presunto,all’altezza degli occhi e della bocca (Fig. 4).Discesi nella parte più depressa della Sala deipipistrelli si raggiungono i Cunicoli terminali,estesi budelli naturali progressivamente semprepiù stretti fino a divenire del tutto impraticabili.Sono, questi, tre cunicoli, il più lungo dei quali siaddentra per oltre 60 metri nelle masse rocciose:essi costringono i visitatori ad avanzare stri-sciando per la maggior parte del percorso, fin-

ché diventano così angusti da precludere deltutto ogni ulteriore tentativo di progressione.

Page 4: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 4/8

 

Le mineralizzazioni e il loro sfruttamento

 pre-protostorico

La Grotta della Monaca contiene al suo internoconsistenti depositi di minerali metallici. Sisegnalano in particolare minerali di ferro e rame:i primi sono praticamente ubiquitari; i secondi,invece, affiorano solo nel settore finale della Saladei pipistrelli e soprattutto lungo i Cunicoli ter-minali. Il minerale di ferro più diffuso è unidrossido, la goethite [FeO(OH)], di cui la cavità

è ampiamente ricolma. Cospicui depositi di goe-thite compaiono specialmente in corrisponden-za di fratture nella roccia e superfici di strato(Fig. 5). La sua colorazione è piuttosto variabile:si passa dal giallo vivo delle varietà più terrose eincoerenti, fortemente idratate, al rosso scurodelle varietà criptocristalline, poco compatte efriabili. Tra le mineralizzazioni cuprifere le spe-cie più frequenti sono i carbonati, cioè la mala-chite e l’azzurrite (Fig. 6). La malachite

[Cu2CO3(OH)2  ], di colore verde intenso, simostra in diverse morfologie: sotto forma di

minuscole concrezioni ma soprattutto di veli espalmature sulla roccia carbonatica. Oltre allamalachite è presente nella grotta anche l’azzurri-te [Cu3(CO3 )2(OH)2 ], di colore azzurro intenso.L’azzurrite è un minerale di rame molto più rarodella malachite, con cui spesso si trova in intimaassociazione (Dimuccio et al., 2005).  A partire dal settore finale della Sala dei pipi-strelli e per buona parte dello sviluppo dei

Fig. 4 - Il volto della cosiddetta “Monaca”, la concrezione calcit-ica da cui prende nome la cavità (foto di F. Larocca).

Fig. 5 - Filone di goethite in una frattura sulla volta dei Cunicoliterminali (foto di F. Larocca).

Fig. 6 - Associazione di carbonati di rame: malachite e azzurrite(foto di F. Larocca).

276

Page 5: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 5/8

 

Cunicoli terminali, si concentrano macroscopi-che testimonianze di coltivazioni minerarie rife-ribili ad età pre-protostorica. Esse si definisconoin base a tre ordini di evidenze: 1) presenza dimuretti a secco; 2) dispersione al suolo di uten-sili litici da miniera; 3) esistenza di impronte discavo sulle pareti della grotta (Fig. 7).I muretti a secco risultano eretti soprattuttonegli ambienti più stretti, spesso al limite dellapraticabilità umana: essi avevano lo scopo dicreare maggiore spazio utile al movimentoumano mediante l’accantonamento di detriti emateriali di scarto in pile ordinate. Sono costitui-ti da clasti calcarei, da concrezioni calciticherotte e da una qualità di goethite piuttosto ferru-ginosa, evidentemente considerata un mineraleinutile e dunque smaltita all’interno dei murettistessi.Gli utensili litici da miniera appartengono tuttiad una medesima categoria tipologica, quelladegli strumenti dotati di scanalatura mediana

atta all’immanicatura, che trova confronti innumerosi altri siti estrattivi dell’area circumme-diterranea e dell’Europa settentrionale. Talimanufatti mostrano una marcata variabilitàquanto a dimensione, peso e natura litologica.La scanalatura può essere affiancata o sostituitada semplici tacche, posizionate soprattutto sulleparti a spigolo dei corpi litici. Le estremitàopposte degli strumenti presentano margini piùo meno arrotondati o appuntiti, cosicché risulta-

no riconoscibili con sicurezza tre subcategorietipologiche, definite delle “asce-martello”, dei

“mazzuoli” e dei “picco-ni” (Fig. 8). Sono statifinora recuperati venti-due utensili da scavopressoché integri, conpeso variabile da 600

grammi fino ad oltre 3chili, ma anche numero-se schegge e grossi fram-menti, che comprovanol’impiego intensivo di taliattrezzi nel corso delleattività estrattive susse-guitesi nella grotta. Leanalisi petrografichecondotte su questi

manufatti hanno permesso di riconoscere laloro derivazione da litotipi rintracciabili in areepiuttosto prossime al sito (Acquafredda &Piccarreta, 2005).Per quanto concerne le impronte di scavo, quel-le più evidenti si scorgono soprattutto su una

  varietà di goethite fortemente idratata e allostato semicolloidale, presente nella Sala deiPipistrelli e più abbondantemente sulla volta diuno dei Cunicoli terminali. Sono noti ancheblocchi mobili dello stesso idrossido ferroso,rinvenuti al suolo e recanti evidenti tracce dicolpi inferti sulle superfici. Questa goethite,risultando assai tenera e dunque facilmente pla-smabile, ha conservato sui fronti di coltivazione,proprio a causa della sua plasticità, tutta una

Fig. 7 - Schema planimetrico della cavità con distribuzione delle testimonianze di caratterearcheominerario di età pre-protostorica (disegno di F. Larocca).

Fig. 8 - Differenti tipologie di utensili litici da miniera rinvenutinei settori più profondi di Grotta della Monaca: a-c) asce-martel-lo; d-f) mazzuoli; g-i) picconi (foto di F. Larocca).

277

Page 6: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 6/8

 

serie di impronte di differente tipologia (striatu-re ondulate, vacui di forma irregolarmente ovoi-dale o circolare, larghi tagli a sezione arcuata,etc.), che rimandano a percussioni effettuate construmenti ricavati da palchi di cervidi ma ancheda osso, corno e forse materiale deperibile comeil legno. Le impronte su goethite individuatenella Sala dei pipistrelli e nei Cunicoli terminali,molto irregolari, si diversificano nettamente daquelle presenti sullo stesso minerale inPregrotta, con contorni regolari certamenteconnessi all’uso di strumenti metallici impiegatiin periodi più recenti (dunque nella fase storicadi sfruttamento minerario, a cui si è già fattocenno) (Fig. 9). Peggio conservate – e in generemeno facilmente distinguibili – risultano leimpronte di scavo connesse alle mineralizzazio-

ni cuprifere, queste ultime presenti sotto formadi sottili e tenaci spalmature dal cromatismo

 verde-bluastro sulla roccia calcareo-dolomitica.Esse si riconoscono soprattutto sui depositi dimalachite, sulla cui superficie si notano spessoscalfitture isorientate che rimandano ad inter-

 venti artificiali di raschiatura tesi al distacco delcarbonato. La tipologia di tali impronte porta adipotizzare delle percussioni indirette sul minera-le, con l’impiego di probabili scalpelli in osso

(Fig. 10).Di grande interesse risulta il riconoscimento e la

ricostruzione di una par-ticolare tecnica estrattivautilizzata per l’acquisi-zione dei minerali dirame, che non trovafinora alcun confronto

negli altri antichi sitiminerari noti (certamen-te a causa della peculiari-tà del contesto di Grottadella Monaca, dove laminiera è ospitata all’in-terno di un sistema ipo-geo naturale). È statoappurato che i minatoriaggredivano, mediante

energiche opere di sban-camento, i pavimenti sta-lagmitici e le croste con-crezionate che da questi

risalivano lateralmente verso le pareti. Scavandonei depositi sedimentari sottostanti, essi si pro-cacciavano una grande quantità di carbonati dirame fissati su numerosi minuscoli clasti roccio-si interrati. Il recupero di queste mineralizzazio-ni, prelevandole dai depositi di riempimentoaccumulati al suolo anziché dalle pareti rocciose,risultava molto più agevole e quindi più vantag-gioso in termini di risparmio di tempo e diquantità di minerale potenzialmente acquisibile.

 Tale procedura ha naturalmente lasciato, qualetraccia più macroscopica, un generale sconvolgi-mento dei piani di calpestio. Gli interventi discavo condotti in alcuni specifici settori ipogeihanno confermato l’uso di questa tecnica grazie

Fig. 9 - Impronte di colpi di differente tipologia su goethite: a) dalla Sala dei pipistrelli; b-c) dalCunicolo terminale di destra; d) dalla Pregrotta (foto di F. Larocca).

Fig. 10 - Impronte di scavo su malachite, dovute probabilmenteall'uso di uno scalpello in osso (foto di F. Larocca).

278

Page 7: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 7/8

 

279

al rinvenimento, negli accumuli sedimentariindagati, di numerose colate calcitiche e concre-zioni stalatto-stalagmitiche rotte, associate adutensili litici frammentari e ad una miriade diresidui carboniosi. Questi ultimi, peraltro, hannoofferto anche una chiara indicazione sulla tipo-

logia dei sistemi d’illuminazione impiegati sotto-terra. Poiché nella cavità non è stata recuperataalcuna lucerna e, invece, tutte le aree estrattivehanno palesato la presenza di abbondanti resi-dui carboniosi (dispersi sia alla superficie delsuolo, sia all’interno degli stessi sedimenti), è

 verosimile che le fonti di luce utilizzate vadanoricercate in torce resinose, particolarmente resi-stenti allo spegnimento in luoghi umidi comequelli sotterranei.

L’orizzonte cronologico delle coltivazioni mine-rarie pre-protostoriche è compreso tral’Eneolitico iniziale e la media Età del Bronzo. Atutt’oggi nessun materiale più antico di quellieneolitici è stato rinvenuto nell’area dei Cunicoliterminali. La prima fase di sfruttamento minera-rio, avvenuta agli inizi del III millennio a.C., èattestata soprattutto dalla presenza di ceramicadel tipo “Piano Conte”. In seguito, nella fase ini-ziale del Bronzo medio, la cavità è stata utilizza-ta per motivi sepolcrali, come ci testimonianotanto le ceramiche associate ad alcune sepolturequanto recenti datazioni radiocarboniche.Esauritosi l’uso funerario, si registra, forse in unmomento più avanzato del Bronzo medio, unanuova fase di sfruttamento minerario che, ope-rando veri e propri sbancamenti, ha determina-to il completo sconvolgimento del sepolcretoipogeo (Geniola & Larocca, 2005).

  Testimonianze di frequentazioni antropicheancora più remote provengono dalla Pregrotta e

sono inquadrabili nel Neolitico medio (metà V -inizi IV millennio a.C.). Sono indicative in talsenso le ceramiche figuline depurate, talunedecorate con larghe bande rosse, e i numerosistrumenti in ossidiana rinvenuti (Geniola &Nicoletti, 2005). È bene sottolineare, tuttavia,che allo stato attuale delle ricerche non esistonoelementi certi che mettano in relazione la pre-senza neolitica con le risorse minerarie di cui lagrotta era ed è tuttora naturalmente provvista.

Nel quadro delle attuali conoscenze sulle piùremote miniere di minerali metallici emerge una

differenza fondamentale tra Grotta dellaMonaca e la maggior parte degli altri siti noti,come ad esempio – per citare solo i maggiori inarea mediterranea – Saint-Véran-les Clausis inFrancia, Monte Loreto in Liguria, Rudna Glavain Serbia, Aibunar in Bulgaria, Timna in Israele.

Questi ultimi siti, infatti, sono caratterizzati dastrutture estrattive di tipo artificiale: siano essetrincee, pozzi o gallerie sotterranee, la loro for-mazione è comunque sempre da ascrivere all’in-tervento dell’uomo che le ha create progressiva-mente nel corso delle sue attività di scavo.Grotta della Monaca, invece, è una “minieranaturale” e rappresenta da questo punto di vistaun’eccezione: nessuna escavazione artificiale l’haoriginata in base ad un progetto pianificato di

sfruttamento delle sue risorse minerarie, le qualisono state direttamente acquisite penetrando in vuoti sotterranei prodotti da precedenti proces-si speleogenetici. Il dato di grande novità che sievince dall’analisi di tale contesto è che in alcu-ni casi le cavità carsiche, soprattutto quandosono ubicate in territori caratterizzati da forte

 vocazione mineraria, possono offrire una chiaved’accesso particolarmente vantaggiosa per avvi-cinare senza eccessive difficoltà preziose risorsecustodite nel sottosuolo. Creare artificialmenteuna struttura estrattiva di profondità non è maistato un lavoro facile prima dell’avvento e del-l’utilizzo degli esplosivi. L’impresa, già alquantocomplessa nell’antichità classica o durante ilMedioevo, doveva risultare ancora più arduaprima della diffusione degli strumenti metallicida scavo, cioè in età preistorica. Raggiungere ecoltivare depositi di minerali di ferro e rame evi-tando di scavare gallerie, trincee o pozzi, comenel caso di Grotta della Monaca, permetteva di

risparmiare tempo ed energie lavorative. Nellacavità calabrese gli antichi minatori si sono spin-ti con relativa facilità fino ad oltre 200 metri didistanza dalla superficie, approvvigionandosi dimineralizzazioni di ottima qualità, ugualmenteaffioranti nel territorio circostante ma in formepiù alterate e in quantità meno consistenti.La singolarità del contesto estrattivo calabreseapre interessanti prospettive alle future ricerchearcheominerarie fondamentalmente per due

ragioni. In primo luogo perché dimostra che igiacimenti cupriferi e ferrosi di importanza

Page 8: Larocca 2008

5/8/2018 Larocca 2008 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/larocca-2008 8/8

 

280

secondaria (come sono appunto quelli di Grottadella Monaca), non particolarmente ricchi dellerelative mineralizzazioni, paradossalmente risul-tano essere oggi i luoghi più favorevoli per laricostruzione delle dinamiche di approvvigiona-mento antico dei minerali. I depositi di maggio-

re consistenza, infatti, si presentano quasi sem-pre molto disturbati da attività estrattive succe-dutesi nel corso del tempo, che hanno perlopiùcompletamente distrutto le tracce delle coltiva-zioni precedenti. La seconda ragione risiedenella considerazione che, a parte isolati e pocoapprofonditi casi in area francese, non è maistato attivo un filone di indagini che abbia inter-pretato le cavità carsiche come possibili “minie-re naturali”. Le potenzialità di questo approccio

di ricerca sono invece ampie e confermate, adesempio, dal fatto che solo nel territorio diSant’Agata di Esaro sono state già individuatealmeno altre tre cavità naturali provviste didepositi mineralizzati, contenenti, al pari diGrotta della Monaca, tracce di remote attivitàestrattive (attestate da impronte di scavo edispersione di materiale ceramico).

Bibliografia ACQUAFREDDA P., PICCARRETA G. (2005) -Caratterizzazione petrografica dei manufatti litici . In:Larocca F. (ed.). La miniera pre-protostorica di Grotta 

della Monaca (Sant’Agata di Esaro - Cosenza). C.R.S.“Enzo dei Medici”, Roseto Capo Spulico: 61-65.DEI MEDICI E. (2003) - Le grotte della Provincia di 

Cosenza. Tipi di cavità e zone speleologiche (genesi e descri- 

zione del fenomeno). Larocca F. (ed.). C.R.S. “Enzo deiMedici”, Roseto Capo Spulico: 123 pp.DIMUCCIO L.A., G ARAVELLI A., PINTO D., V URRO F.(2005) - Le risorse minerarie . In: Larocca F. (ed.). La 

miniera pre-protostorica di Grotta della Monaca 

(Sant’Agata di Esaro - Cosenza). C.R.S. “Enzo deiMedici”, Roseto Capo Spulico: 37-41.DIMUCCIO L.A., G ARAVELLI   A., V URRO F. (1999) -  Minerali metallici di interesse archeometrico della “Grotta 

della Monaca” (S. Agata d’Esaro - Cs). Plinius, 22: 156-157.GENIOLA A., L AROCCA F. (2005) - Le ricerche archeolo- 

  giche: l’area dei Cunicoli terminali . In: Larocca F. (ed.),La miniera pre-protostorica di Grotta della Monaca 

(Sant’Agata di Esaro - Cosenza). C.R.S. “Enzo deiMedici”, Roseto Capo Spulico: 43-47.

GENIOLA A., NICOLETTI G. (2005) - Le ricerche archeo- logiche: l’area di Pregrotta presso l’ingresso. In: Larocca F.

(ed.), La miniera pre-protostorica di Grotta della Monaca 

(Sant’Agata di Esaro - Cosenza). C.R.S. “Enzo deiMedici”, Roseto Capo Spulico: 55-59.GENIOLA   A., L AROCCA F., V URRO F. (2006) - Approvvigionamento di risorse minerarie nella Grotta della 

  Monaca (Sant’Agata di Esaro - Cosenza). In: A A.V  V ., Materie prime e scambi nella Preistoria italiana . Atti dellaXXXIX Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano diPreistoria e Protostoria (Firenze, 25-27 novembre2004), Firenze: 1349-1359.L AROCCA F. (2001) - Una miniera di età protostorica in 

Calabria. La grotta della Monaca di Sant’Agata d’Esaro

(Cosenza). L’Universo, LXXXI, 1, gennaio-febbraio2001: 59-73.L AROCCA F., DIMUCCIO L.A. (1997) - Importanti scoper- 

te nella Grotta della Monaca . Speleologia, XVIII, 37:129-130.L AROCCA F., LORUSSO D. (1998) - La Grotta della 

  Monaca a Sant’Agata d’Esaro (Cosenza). Speleologia,XIX, 38: 5-12.PIAGET S. (1975) - La nostra campagna speleologica in 

Calabria . Artemisia, 4-5: 2-3.PIRONGELLI E.G. (1879a) - La Monaca e Thesauro.

Caverne esplorate il 27 ottobre 1878 . Il Calabrese, 19:145-146.PIRONGELLI E.G. (1879b) - La Monaca e Thesauro.

Caverne esplorate il 27 ottobre 1878 . Il Calabrese, 20:153-154.PIRONGELLI E.G. (1880a) - La Monaca e Tesauro.

Caverne esplorate il 27 ottobre 1878 . Il Calabrese, 12: 91-92.PIRONGELLI E.G. (1880b) - La Monaca e Tesauro.

Caverne esplorate nel 1878 . Il Calabrese, 15: 116-118.