L’architetto? Meglio corale - Carlo Ratti Associati · a Franco Bun cuga, con molta chia rezza,...

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2/2/2015 Open source in architettura http://ilmanifesto.info/larchitetto-meglio-corale/ 1/9 CULTURA (HTTP://ILMANIFESTO.INFO/SEZIONI/CULTURA/) L’architetto? Meglio corale Maurizio Giufrè, 9.12.2014 Open source & design. L'architettura può essere partecipata e mettere all'angolo i geni creatori. Nel nuovo modo di progettare, anche dal basso, sono complici le rivoluzioni digitali. In tre libri, un percorso di letture e qualche riflessione sull'abitare contemporaneo (http://ilmanifesto.info/wordpress/wpcontent/uploads/2014/12/08/jangehl pedonalizzazioneditimesquarenewyork.jpg) (/) Edizione del 1 febbraio 2015 aggiornata oggi alle 18:06

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CULTURA (HTTP://ILMANIFESTO.INFO/SEZIONI/CULTURA/)

L’architetto? Meglio corale—  Maurizio Giufrè, 9.12.2014

Open source & design. L'architettura può essere partecipata e mettere all'angolo i

geni creatori. Nel nuovo modo di progettare, anche dal basso, sono complici le

rivoluzioni digitali. In tre libri, un percorso di letture e qualche riflessione

sull'abitare contemporaneo

(http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-­content/uploads/2014/12/08/jan-­gehl-­pedonalizzazione-­di-­time-­square-­new-­york.jpg)

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Jan Gehl, Times Square pedonalizzata, New York

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Si deve a Came ron Sinclair, il fondatore di Architec ture for Humanity, l’avere per primoapplicato l’open source in architet tura. Era il 1999 quando, per rispondere all’emergenzaabitativa dei rifu giati del Kosovo, Sinclair pensò fosse neces sario l’uso del web per gestire lapro get tazione a distanza e coordinare così l’aiuto umanitario dei suoi nume rosi soste nitori.Si deve invece a Carlo Ratti, inge gnere, architetto e docente al Mit, l’avere da noi intro dottonel 2011, su invito della rivista Domus, i temi della «pro get tazione open source».

Le sue tesi sulle pagine online della rivista milanese e il confronto con quelle di altri parte -­cipanti hanno gene rato un dibat tito che è diventato l’oggetto del sag gio Archi tet tura OpenSource. Verso una pro get tazione aperta (Einaudi, pp. 142, euro 11). Scrive Ratti: l’«Osarc(acro nimo di Open Source Architec ture, n.d.r.) sostituisce l’architettura statica, fatta diforme geo me triche, con pro cessi dinamici e parte cipativi, net work e sistemi informatici». Loscopo è ambizioso: «trasformare l’architettura tramu tandola da un mec canismo pro dut tivoimmu tabile, dall’alto verso il basso, in un sistema eco lo gico trasparente, inclu sivo, dal bassoverso l’alto». Per intenderci, un diverso e nuovo modo di pro get tare, conse guenza della rivo -­lu zione delle applicazioni digitali. Attività svolte da desi gner rac colti in comu nità o gruppiconnessi in rete e che sono ormai una realtà dif fusa che genera sistemi di auto co stru zione.Con l’arrivo delle stampanti in 3D è semplice, infatti, otte nere oggetti di design.L’autoproduzione finisce così per estendersi dai mobili alle pic cole unità abitative, comedimo strano gli arredi di Fil son e Rohrbacher o il kit di costru zione per una casa di AlastairParvin. I creatori di que sti nuovi pro dotti, non solo condividono con altri l’ideazione, maguidano il completo «pro cesso gene rativo» per realizzarli: nuove forme di finanziamento(fundrai sing), solu zioni standardizzate di hard ware, stru menti e mezzi ido nei per orientarela partecipazione.

Dopo PrometeoÈ ancora pre sto per vedere come il nostro ambiente urbano e dome stico sarà trasformatodalle applicazioni dei pro cessi open source. Un fatto è certo: sarà soprat tutto il ruolo cen-­trale che avranno i «paradigmi parte cipativi» a stabilire un miglio ramento della soste nibilitànelle nostre città. Purtroppo anche se abbiamo le tec no lo gie e sono già una realtà le praticheopen source in molti set tori dell’industria, l’architettura resiste «erme ticamente chiusa».È que sto un aspetto che inte ressa in modo partico lare il sistema dell’informazione.L’architettura parte cipata, scrive Ratti, «è tenuta ai margini da un mondo che ancora si

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aggrappa ai nomi e alle firme dei suoi geni creatori». I media sostengono l’archi tetto pro me-­teico, quindi la qualità auto riale, a discapito dell’archi tetto corale, quello che sa imple men-­tare modelli aperti di pro get tazione. Sembra non esserci alternativa a que sta rap pre senta-­zione che vede inconciliabili i due ruoli.

È natu rale però che la realtà sia più artico lata e complessa di quella illu strata da Ratti,come dimo strano alcune vicende di pro get tazione parte cipata del pas sato. Non tutti i pro -­grammi d’inclusione prima delle pos sibilità offerte dalla rete hanno utilizzato «stru mentirozzi», così come non neces sariamente la rispo sta al formalismo di molta architet tura con-­tempo ranea sta nell’architettura senza architetti.Due saggi appena rie diti da Elèu thera, assenti da circa un decennio dalle libre rie, pos sonoaiu tarci ad appro fondire meglio que sto intrec cio di temi che riguardano la dimensionesociale e civile del fare architet tura. Marianella Sclavi, etno grafa urbana al Politec nico diMilano, ha rac colto sotto forma di conversazioni la sto ria di Avventura Urbana, la forma-­zione di architetti e urbanisti che dagli anni ’90 hanno condotto dal basso il dialogo tra cit ta-­dini e istitu zioni per la realizzazione di spazi pub blici nella perife ria di Torino. Avventureurbane. Pro get tare la città con gli abi tanti (pp.246, euro 16) è il dialogo serrato nella con-­creta realtà dei pro blemi delle frange periurbane di un manipolo di convinti pro fes sio nistialle prese con i conflitti gene rati da disu guaglianze e gene rali incompe tenze.Iolanda Romano, fondatrice del gruppo, Sergio Guercio, Andrea Pil lon, Mat teo Robiglioe Isabelle Tous saint sono i pro tago nisti che con tenacia hanno svolto, e ancora svol gono, ilcompito di coinvol gere i cit tadini nella pro get tazione del pro prio territo rio. L’elenco dei lorointerventi va dalla «nego ziazione creativa» per due centri commerciali nella perife ria ovestalla riqualificazione dell’area indu striale Venchi Unica;; dal recu pero del quartiere di ediliziapopo lare di via Arquata al «Pro gramma di Recu pero Urbano» (Pru) di Corso Gros seto finoalla «concertazione parte cipata» per un ince ne ritore di rifiuti.

Espe rienze dif ficili dove si è cercato di applicare gli stru menti del Planning for Real adot -­tati dagli anni set tanta nell’urbanistica nordeu ro pea, che poi si sono dif fusi in Spagna e inFrancia. Stru menti da noi del tutto estranei a causa dello scarso inte resse delle istitu zioni,pas sive nel comprendere l’importanza del dialogo con i cit tadini per una mol te plicità diragioni che il libro spiega molto bene nei partico lari. Alla base c’è il nostro diverso sistemagiu ridico che a dif fe renza di quello anglo sas sone non permette alla pub blica amministra-­zione quell’autonomia nella riso lu zione dei conflitti per come essa è «imbrigliata» da normee leggi.

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Soluzioni condivisePertanto, nella sua «imparzialità», que sta è incapace di ponde rare e mediare gli inte ressialtrui, mal difesi e rap pre sentati purtroppo anche dai partiti. In contrasto con l’astrattezzadell’amministrazione, l’esperienza torinese ha dimo strato come — con la capacità di ascoltoe l’interpretazione dei biso gni e delle emo zioni delle persone — si pos sano individuare solu -­zioni condivise, «mondi pos sibili», anche nelle situazioni più dif ficili e complesse. Nonoccorrono tec niche ecce zio nali perché la pro get tazione parte cipata ottenga validi risultati.

Piut to sto, occorre ricercare quei «mec canismi grazie ai quali la pro get tazione asso miglisempre meno a un pro gramma pre stabilito» (Sclavi) e poi biso gna mol tiplicare i pro tago ni-­sti da met tere in rete (auto-­organizzazione) perché solo dalla «polifo nia di inte ressi» pos -­sono scatu rire solu zioni intel ligenti.Di ciò ne era pie namente convinto anche Giancarlo De Carlo che, nella post fazione al sag gio,così scrive: «La parte cipazione impone di supe rare dif fidenze recipro che, rico no scere con-­flitti e posizioni antago niste». Fidu cia e confidenza sono gli ingre dienti per un’efficacecomu nicazione. Solo quando si rag giunge que sto livello di socialità «l’ambiente si scalda e‘accade’ la parte cipazione, che è un evento non solo intel let tuale o mentale, ma anche fisico,alimentato da calore umano». De Carlo può essere conside rato un pre cursore dell’architettocorale, anzi un suo «ante nato», al pari di coloro che, dopo l’estinzione dei Congressi Inter-­nazio nali di Architet tura Moderna, die dero vita al Team X.Gli anni vis suti da De Carlo sono, però, quelli dei «pro cessi analo gici» e non di quelli digitalinei quali «lo spazio si è ampliato»-­ come evidenzia Ratti – e «il tempo è col las sato». Eppurei risul tati di quella parte cipazione attiva, fatta di «calore umano», ha pro dotto risul tati indi-­scussi a Terni e a Urbino, mentre l’odierna «co-­creazione», affidata allo scambio in Internet,deve ancora conquistarli.In Conver sazioni su archi tet tura e libertà (Elèu thera, pp.255, euro 15) De Carlo spiegaa Franco Buncuga, con molta chiarezza, gli sforzi compiuti sulla neces sità non solo di coin-­vol gere gli abitanti nel pro cesso parte cipativo, ma anche su come cambiare l’architetturaaffinché possa essere parte cipata. Le pagine nelle quali De Carlo rac conta dell’involuzionedei principi del Movimento Moderno potreb bero funzio nare da monito su quanti confidanooggi nell’esclusiva «inte grità dei mezzi», senza pre oc cu parsi che gli inte ressi eco no micie politici sono sempre scal fiti quando il cambiamento inte ressa la città e il territorio.

Compromessi mondaniLéger negli anni cinquanta — ricorda De Carlo — avvertiva gli architetti dei rischi ai qualiandavano incontro perché «stavano oltre pas sando i limiti dell’architettura leg gera, quelladelle case per gli amici, delle mostre e dei concorsi». Si annunciava il «nuovo», ma covavano

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«i germi della compro mis sione e del pro tago nismo». La sto ria a volte subisce una strana cir-­co larità e appare ripre sentarsi con gli stessi dispo sitivi. La scena dell’architettura contempo -­ranea non sembra così cambiata dagli anni narrati da De Carlo: siamo sempre più immersiin ogni genere di eclet tismo in un «vortice di fatuità e mondanità molto simile a quello cheagita il campo della moda».

Quanto l’architettura open source saprà invertire una tendenza lo vedremo negli annia venire verificando le concrete trasformazioni che avranno le nostre perife rie, i nostri centristo rici, il nostro pae sag gio. Sap piamo, però, fin da ora che occorrerà «molto talento nellapro get tazione parte cipata», essere «ricet tivi, prensili, agili, rapidi nell’immaginare, ful mineinel trasformare un sintomo», come rac co mandava l’architetto geno vese. Tutte doti che agliarchitetti non mancano e che neces sitano solo di ascolto.

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