L’Allamano e i famigliari dei...

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Inserto redazionale M.C., settembre 2011

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IInn ccooppeerr tt iinnaa - Il Beato Giuseppe Allamano in una foto dell’anzianità.

EDITORIALE 3

ATTUALITÀ 4

TESTIMONIANZEL’Allamano e i famigliari dei missionari 12

SULLA SCIALa “Venerabile” Sr. Irene Stefani 16

SPIRITUALITÀLa volontà di Dio 20La Consolata e i suoi santi 24

IN BREVE 26

PREGHIAMO 28

RICONOSCENZA 30

RREEDDAAZZIIOONNEE ee PPOOSSTTUULLAAZZIIOONNEEIstituto Missioni ConsolataViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMATel. 06/393821Fax 06/3938.2255E-mail: [email protected]

REDATTOREP. FRANCESCO PAVESE

Distribuzione gratuita.Il bollettino non ha quota d’abbonamento ma è sostenutocon offerte libere dei lettori

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GRAFICAP. SERGIO FRASSETTO

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Roma, 20/06/2011, festa della Consolata.

Carissimi amici, con gioia vi scrivo, per la prima volta, e

colgo l’occasione per presentarmi:Vengo dalle Marche, dove vive gente tran-

quilla, che lavora e senza troppi grilli per latesta; un legame, quello con la mia terra, chesempre mi ha accompagnato nella vita.

La mia famiglia è molto semplice e ha vissu-to momenti difficili, di cui sono grato a Dio;questa sofferenza mi ha insegnato a solidarizza-re con gli altri, soprattutto i più poveri e a capi-re meglio l’animo delle persone.

Ho sempre desiderato accompagnare e con-dividere la mia vita con i più poveri e quando,per la prima volta, mi sono incontrato con unMissionario della Consolata ho pensato chequesta fosse davvero la strada che Dio mimostrava per realizzare pienamente tale deside-rio. Ecco qui la mia vocazione!

Il Capitolo Generale dei Missionari dellaConsolata mi ha scelto come superiore generale,ma so che non è facile, nel nostro mondo attua-le, guidare un istituto internazionale e intercul-turale, saper leggere i segni dei tempi a livelloglobale ed essere profetici per il futuro.

Nell’Istituto ho conosciuto e amato il beatoAllamano come vero maestro e guida della miavita. Molti sono gli aspetti significativi del suoinsegnamento e della sua presenza tra noi.Vorrei qui elencarne alcuni che sono anche allabase della mia vocazione missionaria e della miaricerca in questo servizio:

1. «La missione nella testa, nel cuore e sullelabbra» (G. Allamano). Che tutto sia fatto in

nome della missione; in altre parole, che sipossa mettere la missione sempre e comunqueal primo posto.

2. «I quattro segni per conoscere se si haveramente la carità fraterna sono: godere deibeni e gioie altrui; soffrire con chi soffre; cor-reggere i propri difetti per amore del prossimo esopportare quelli degli altri; perdonare le offese,anzi prevenire chi ci ha offesi» (G. Allamano).Che ogni decisione, anche se dolorosa, sia presanel rispetto delle persone: sia dei missionari chedella gente locale.

3. «Bisogna avere tanta carità da dare lavita!» (G. Allamano). Che coloro che cammina-no con più fatica siano i nostri “preferiti”.

4. «Abbiate il cuore grande, altrimenti faretepiù niente. Non bisogna perdersi in tante picco-lezze, ma essere sciolti» (G. Allamano). Che siimpari ad essere più positivi che negativi, sem-pre e comunque portatori di speranza in mezzoa tanta disperazione.

Carissimi, a Torino, con tanti missionari emissionarie ci siamo ritrovati per terminare inostri Capitoli Generali e per festeggiare laConsolata. Presso il sepolcro del nostroFondatore, Giuseppe Allamano, ho deposto lesperanze, le attese e le difficoltà del nostroIstituto, dei nostri amici e benefattori.

Che la Consolazione invada anche la vostravita. Saluti a tutti e ad ognuno, fraternamente.Coraggio e avanti in Domino!

Padre Stefano Camerlengo

Il salutodi p. StefanoCamerlengo

nuovoPadre Generale

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Due gruppi di Laici Missionari dellaConsolata (LMC), collegati con l’Istitutodelle nostre Suore, hanno scelto di fare illoro ritiro annuale sul tema: “L’AnnoLiturgico sulle orme di Giuseppe Alla-mano”.

Il primo gruppo si è incontrato a Nepi(VT), presso la casa generalizia delle mis-sionarie, sabato 9 e domenica 10 aprile. Ilsecondo, a Caprie (TO), sabato 18 e dome-nica 19 giugno. Entrambi i gruppi hannovoluto meditare sullo stesso argomento, inmodo da compiere un percorso formativoanalogo.

Le meditazioni, dettate dal postulatore,hanno avuto come punto di partenza laconvinzione che l’Allamano anche oggi cicomunica la sua esperienza di vita, semprevalida. Sono poi proseguite nell’approfon-dimento di diversi aspetti del tema genera-le. Il primo e principale è stato un dato difede: nelle varie ricorrenze liturgiche, che sisvolgono lungo l’anno, l’Al-lamano sottoli-

nea la presenza di Cristo vivo e attuale. Lefeste, dunque, non sono commemorazionistoriche, ma una partecipazione attuale,personale e comunitaria, ai vari misteri diCristo. Tocca a noi rendercene conto elasciarci coinvolgere.

Per esempio, l’Avvento e il Natale sonoun incontro con Gesù che viene e nasce innoi attraverso la grazia. «Gesù vuole esseredesiderato - insisteva l’Allamano - e verrànelle nostre anime in proporzione ai nostridesideri». Così, la Quaresima, la passione emorte del Signore diventano un tempo nelquale noi possiamo realizzare un rinnova-mento interiore, liberandoci dalle nostredebolezze. L’Allamano insisteva anche sullanecessità di unire le nostre sofferenze aquelle di Cristo. Al riguardo valorizzava iltesto di Paolo: «Completo nella mia carnequello che manca ai patimenti di Cristo». Esi domandava: «Ma che cosa manca? Che lafacciamo nostra. Dobbiamo portare anchela nostra parte, che consiste nel soffrireanche noi qualche cosa; quindi i piccoli

ATTUALITÀ

L’ANNO LITURGICOSULLE ORME DI GIUSEPPE ALLAMANO

A sinistra e a destra i gruppi diLaici Missionari della Consolatache hanno partecipato ai ritirispirituali di Nepi e di Caprierispettivamente.

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ATTUALITÀsacrifici della giornata».

La Pasqua, poi, è uno scoppio di alle-gria, perché Gesù è risorto e vivo, e noi lopossiamo incontrare e sentire vicino ognivolta che lo vogliamo. Per questa ragione,l’Allamano voleva che i suoi giovani fosseroallegri, assicurando che «il Signore ama epredilige gli allegri». Questa capacità di evi-denziare la presenza attuale di Gesù nellacelebrazione dei suoi misteri è una caratte-ristica dell’Allamano, che si può ritrovare intutte le altre feste dell’Anno Liturgico.

Anche la presenza di Maria nelle cele-brazioni dell’Anno Liturgico era sempremessa in evidenza dall’Allamano. Non c’èmistero di Cristo in cui la Madonna nonpartecipi in modo speciale. Tocca a noiprenderne coscienza e saperla valorizzare.Per esempio, a Natale, “mistero tutto diamore”, l’Allamano incoraggiava a lasciarciprendere dal suo fascino: «E chi non sentein sé questo amore, lo chieda a GesùBambino per intercessione della SS.Vergine, che tutta divampava di amore nel-l’aspettazione del suo Gesù».

A Pentecoste non gli sfuggiva la presen-za di Maria nel cenacolo: «Gli apostolierano un cuore solo e un’anima sola. E poierano anche perseveranti nella preghiera eavevano la Madonnaassieme. Ella pregavaperché lo Spirito Santoscendesse su di loro inabbondanza. Fateanche voi così». E sipotrebbe continuare aevidenziare il significa-to della presenza diMaria per tutte le altrericorrenze.

Se poi esaminiamoquanto l’Allamanosuggeriva nelle solen-nità proprie dellaMadonna, non possia-

mo restare indifferenti. L’Imma-colata, perlui, «è una festa che va al cuore». L’Addolo-rata ha un richiamo speciale per noi “figlidella Consolata” e ci ricorda il «dovere diconsolare la nostra Madre, perché sia vera-mente consolata». L’Assunta «è una festache ci deve spingere a staccare il cuore dallecose della terra e attaccarlo alle cose delcielo». E la Consolata «sotto questo titolo èparticolarmente nostra Madre. Noi siamofigli prediletti della Consolata».

Anche la dimensione missionaria venivavolutamente messa in evidenza dall’Alla-mano praticamente in tutte le principalicelebrazioni liturgiche. Preparava missiona-ri e missionarie e non poteva non incorag-giarli a vivere i misteri di Cristo con spiritoe sensibilità missionaria. Era convinto che«il Signore si fa missionario col missiona-rio».

Questi due ritiri spirituali sono statiapprezzati da quanti vi hanno partecipato.In entrambi i gruppi, l’ultimo incontro èconsistito in uno scambio fraterno. La sen-sazione conclusiva è stata la seguente:«Ormai ci è connaturale continuare ilnostro cammino di cristiani seguendo leorme dell’Allamano».

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Da 21 anni, durante il mese di febbraio,un folto gruppo di amici portoghesi delnostro Istituto, che si denomina “FamigliaMissionaria della Consolata”, si incontra aFatima, per rendere omaggio alla Madonnae all’Allamano. Il 19 febbraio scorso, circanove mila persone hanno partecipato al 21°pellegrinaggio, provenendo dai centri doveoperano le comunità dei nostri missionari,quali: Fatima, Palmeira, Braga, ÁguasSantas, Figueira Foz, Lisbona e Cacém. Hapresieduto alle celebrazioni religiose mons.Francisco Lerma Martínez, missionariodella Consolata e vescovo di Gurué, inMozambico.

Ci piace evidenziare la partecipazione alpellegrinaggio del gruppo più giovane della“Famiglia Missionaria della Consolata”, chesi denomina con la sigla GRA (Gruppo diRiflessione Allamano). Costituito il 13 otto-bre 2006, ha voluto scegliere il nome del

nostro Fondatore come “garante della pro-pria identità”. Scopo dei suoi incontri èriflettere sui temi più attuali della missione.Durante il 2011, l’obiettivo proposto è statoduplice: da un lato, maturare i contenutidella nota pastorale dell’episcopato porto-ghese sulla missione; dall’altro, progredirenella conoscenza dell’Allamano attraverso isuoi scritti.

Durante il pellegrinaggio del febbraioscorso, il gruppo ha ricevuto un granderegalo e riconoscimento: è toccato ai suoimembri portare i due stendardi dellaConsolata e dell’Allamano durante il corteodalla cappellina delle apparizioni alla nuovachiesa della SS. Trinità, dove è stata cele-brata l’eucaristia. Come ha sottolineatoNuno Pranzeres, animatore del gruppo,questo è stato un gesto simbolico «che ciimpegna», perché «è un riconoscimentoche, nella grande Famiglia Missionaria della

ATTUALITÀ

IN PORTOGALLOGRUPPO DI RIFLESSIONE “ALLAMANO”

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ATTUALITÀConsolata, c’è un posto anche per noi». Edha continuato: «Abbiamo bisogno di trova-re tempo e modo per la formazione deimembri del gruppo, a partire dal carismadell’Allamano». Per questo, oltre ai dueincontri mensili, con l’assistenza spiritualedel p. Elísio Assunçao, il gruppo valorizzaanche la piattaforma digitale per animarsispiritualmente. È pure obiettivo del gruppo

divulgare il contenuto delle proprie rifles-sioni, di modo che siano conosciute anchefuori. A questo scopo viene valorizzato ilsito della Consolata (www.fatimamissiona-ria.pt). Nel recente passato, sono stati rea-lizzati alcuni incontri, su temi di attualità,«per coinvolgere - come ha specificato l’a-nimatore - molta gente nelle nostre rifles-sioni».

Dalle Filippine abbiamo ricevuto una lettera tramite internet, di un giovane, certo JetBuenconsejo, il quale ci comunica le proprie reazioni dopo avere letto il profilo dell'Allamano sulnostro sito. La pubblichiamo volentieri, perché dimostra come i mezzi moderni di comunicazio-ne, sia pure a nostra insaputa, portano anche le notizie buone e positive in tutto il mondo facen-do del bene.

«Cari Missionari della Consolata,Sono Jet Buenconsejo dalle Filippine e

ho appena letto la vita del beato GiuseppeAllamano, vostro amato Fondatore. Sonostato ispirato dalla sua vita, soprattutto dalsuo grande zelo per le anime. Era convintodell’importanza di predicare il Vangelo atutte le genti, specialmente ai poveri. Perquesto, nonostante i problemi e le difficoltàche ha incontrato, ha fondato i Missionari ele Missionarie della Consolata.

Il beato Giuseppe Allamano è stato unfedele amministratore di Nostro Signore, eha usato le sue conoscenze, competenze eabilità per la maggior gloria di Dio e per lasalvezza delle anime. Ha seguito sempre lavolontà di Dio, affidando tutto alla DivinaProvvidenza. È un modello di fede, speran-za, e carità. La sua vita ci insegna ad amareDio sopra ogni cosa e ad amare il nostroprossimo come noi stessi. Il beato Allamanoha vissuto una vita di santità e di servizio.

Apprezzo e amo il beato Giuseppe

Allamano a motivo del suo grande ardoreapostolico. Ha capito le parole di Cristo nelVangelo: “Andate, dunque, e ammaestratetutte le nazioni, battezzandole nel nome delPadre e del Figlio e dello Spirito Santo,insegnando loro ad osservare tutto ciò cheho comandato”. Si è totalmente conformatoa Cristo, vivendo i voti di povertà, castità eobbedienza, con mitezza e umiltà. È statoun vero discepolo di Cristo, predicando ilVangelo con le parole e con i fatti. Ha vis-suto le Beatitudini: “Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia”.

Il beato Allamano è un modello non soloper i religiosi, uomini e donne, ma ancheper i laici e, in particolare, per i giovani.Desidero condividere la vita del beatoAllamano con tutti, soprattutto con la miafamiglia, gli amici e i compagni di scuola.Mi auguro che un maggior numero di filip-pini possa conoscere la sua santa vita, eauguro che la Chiesa, quando Dio vorrà, loproclami Santo».

UNA LETTERA DA LONTANO

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Il 9 maggio 2011, nella chiesa di S. Maria Maddalena, in Roma, con una solenne concele-brazione eucaristica, presieduta da p. Aquiléo Fiorentini, superiore generale IMC, sono iniziatiufficialmente insieme il X Capitolo Generale delle Missionarie e il XII dei Missionari dellaConsolata. Ai due gruppi di capitolari erano spiritualmente uniti tutti i figli e le figliedell’Allamano, sparsi per il mondo, i Laici Missionari della Consolata e quanti sono vicini ai dueIstituti. Qui vogliamo spiegare il perché della scelta di questa chiesa, mentre altre in Roma sonopiù famose e conosciute. Ecco quanto ha detto p. Francesco Pavese, postulatore generale, all’ini-zio della celebrazione.

Non è per ragioni storiche o artistiche,pur di grande interesse, che la “Chiesa dellaMaddalena”, come è chiamata a Roma, èstata scelta per iniziare i due CapitoliGenerali. La scelta è stata suggerita da que-sta semplice ragione: qui il nostroFondatore ha ritrovato la sua Consolata.Ricaviamo questa notizia da due lettere delsig. Bianchi Cagliesi Giuseppe, conoscente

del Fondatore, che conserviamo nel nostroarchivio, scritte da Roma a p. Lorenzo Sales.In queste due lettere egli ricorda un viaggiodel Fondatore a Roma, assieme al can. LuigiBoccardo, ora “beato”, fatto nel mese diaprile del 1899.

Nella prima lettera, datata 17 giugno1933, si legge: «Ebbi la fortuna di conosce-re, circa trent’anni fa, il venerato Can.Giuseppe Allamano; e da quell’ora in poi,rimanemmo in costanti relazioni, per cosìdire, di amicizia e di simpatia reciproca.Egli non trascurava mai di informarmi dellesue visite a Roma, perché io lo assistessi,specialmente negli ultimi anni, quando l’a-mabile Sacerdote veniva di frequente, per ilprocesso dello zio, il Beato Cafasso.

Ricordo ancora, che le prime volte chevenne in Roma gli fui di guida per ricercaretutte quelle immagini della Madonna, cheportavano il titolo di Consolata o Salutedegli infermi. Trovammo così un famosoquadro che rappresentava S. Pio V in atto dipreghiera all’immagine della VergineConsolata, quando il Santo Pontefice ebbela visione della sconfitta dei Turchi nelleacque di Lepanto».

ATTUALITÀNELLA CHIESA DI S. MARIA MADDALENA

INIZIO DEI DUE CAPITOLI GENERALI

Roma: facciata della Chiesa della Maddalena. Nella pagina a destra,effigie di Nostra Sig.ra della Salute che l’Allamano ha ammirato per laforte rassomiglianza con la Vergine Consolata.

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ATTUALITÀQuesta prima lettera contiene qual-

che piccola imprecisione storica ed èun po’ generica, mentre la seconda, diquattro anni più tardi, datata 06dicembre 1937, sembra più precisa eriporta maggiori dettagli. Dopo averefatto i complimenti a p. Sales per labiografia del Fondatore, il sig. BianchiCagliesi ricorda ancora le visite allechiese di Roma: «Quando il CanonicoAllamano prese le redini del Santuariodella Consolata e venne a Roma incompagnia del Rev.mo TeologoBoccardo per le pratiche preliminaridella causa di Don Cafasso, girai conloro tutto il giorno per visitare leimmagini della Vergine più rinomatedell’Urbe e specialmente quelle cheerano venerate sotto il titolo dellaConsolata, degli infermi, della Salute.

Ponemmo, infatti, la nostra atten-zione sulla Madonna della Salute che sivenera nella Chiesa della Maddalena,officiata dai Rev.mi Padri Ministri degliinfermi, che ha delle somiglianze conla Consolata di Torino. Ricordo che,informandoci sulla storia di questaimmagine, potemmo accertarci che S.Pio V ebbe la visione della vittoria dellearmi cristiane, mentre ardentemente prega-va la Vergine della Salute. Una grandiosatela, che si conserva nella casa generaliziadei Camilliani presso la predetta chiesadella Maddalena, riproducente questamistica scena, rimase tanto a cuoreall’Allamano, che la famosa pittura venneillustrata e pubblicata sul bollettino dellaConsolata di quell’epoca».

Davvero, nella rivista “La Consolata”, N.10, 1901, pp. 149-157, il Fondatore hafatto ospitare due articoli, illustrati dallefotografie del quadro con S. Pio V inginoc-chiato davanti all’effige della Madonna edallo stesso quadro della Vergine dellaSalute. Il primo articolo ha come titolo: “La

vittoria di Lepanto e la Consolata”; il secon-do: “La Madonna della Salute o la Consolatain Roma”. Ad un certo punto, l’articolistaspiega ai lettori perché si parla di questaeffige della Madonna, e scrive: «Un’occhiataalla fotografia, qui riprodotta, del celebrequadro dirà meglio di ogni altra prova: “LaMadonna di S. Pio V è la Consolata, lanostra Consolata!”. Così è infatti. LaMadonna di S. Pio V ha gli stessi lineamen-ti soavi, lo stesso sguardo materno dellaConsolata; lo stesso atteggiamento del capo,delle mani, di tutta la sacra persona; e cosìè della stella sulla spalla, della foggia e deifregi del panneggiamento. Lo stesso dicasidel Bambino».

Ecco, dunque, la ragione che ha sugge-

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rito di iniziare qui i due Capitoli Generali.Siamo in una chiesa dove il Fondatore, lon-tano dal santuario di Torino, in certo sensoha ritrovato la “sua” Madonna. In questadelicata effige di Nostra Signora della Saluteegli intravedeva la Consolata e in S. Pio V,inginocchiato davanti alla sacra effige, forsegli pareva di scorgere se stesso inginocchia-to nel famoso coretto, dove passava lungheore a pregare. I due Capitoli, che hannoincominciato i loro lavori ai piedi della“Consolata a Roma”, lo termineranno il 20giugno ancora ai piedi di Lei, non qui, manel santuario di Torino, nel quale l’Alla-mano e i suoi figli e figlie sono di casa.

Si è detto che questa zona era frequenta-ta dal Fondatore, che certamente è andatonella chiesa della Maddalena a piedi, facen-do un breve percorso, partendo dalla Piazza

della Minerva e attraversando quella delPanteon. Poco lontano, infatti, appuntonella piazza della Minerva, c’è il “GrandHotel de la Minerve”, dove egli abitual-mente soggiornava durante i suoi viaggia Roma. Padre Domenico Ferrero, che loaccompagnava essendo Procuratoredell’Istituto presso la Santa Sede, ha rila-sciato una testimonianza indicativa dellapersonalità del Fondatore: «All’albergoprima di pranzo e di cena l’Allamanonon mancava mai di raccogliersi unmomentino, fare il segno di croce e direuna breve preghiera».

Nella stessa piazza c’è un’altra chiesa,nella quale l’Allamano celebrava abitual-mente la S. Messa, essendo a due passidall’hotel. È la chiesa di S. Maria sopraMinerva. Di queste celebrazioni abbia-mo un’altra bella testimonianza di p. D.Ferrero: «L’Allamano - egli scrive - cele-brava la S. Messa a S. Maria sopraMinerva, e il ringraziamento lo facevaquivi, o si recava a S. Ignazio o al Gesù.Nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva

gli servii due volte la S. Messa, dopo laquale insieme andavamo a fare il ringrazia-mento all’altare della Madonna ove si con-servava il SS. Sacramento. Tale ringrazia-mento non era né troppo lungo né troppobreve: teneva il giusto mezzo che facevapiacere. Una di queste volte egli celebrò, eio lo servii, all’altare di S. Caterina da Siena,nella camera ove morì la Santa, ridotta acappella. E mi disse poi che a questa Santaraccomandò tanto le Suore Missionarie».

I due Capitoli sono incominciati, dun-que in un ambiente familiare al Fondatore,davanti ad un quadro che gli era caro. Lapresenza della Consolata, da lui ritrovataproprio qui, immaginiamo con stupore egioia, abbraccia tutto lo svolgimento deilavori capitolari ed è una garanzia per laloro buona riuscita. �

San Pio V in preghiera davanti al quadro di N. S. della Salute. L’Allamano lo ha fatto pubblicare sulla rivista “La Consolata” nel 1901.

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ATTUALITÀ

Nel pomeriggio del 18 maggio 2011,nella casa generalizia delle Missionarie dellaConsolata a Nepi (VT), si è svolta unasolenne celebrazione in ringraziamento aDio per la dichiarazione da parte dellaSanta Sede delle virtù eroiche di sr. IreneStefani, Missionaria della Consolata.

Erano presenti, oltre alle DirezioniGenerali delle Missionarie e dei Missionaridella Consolata, anche i membri dei dueCapitoli Generali in corso, assieme a con-fratelli, consorelle e amici. Il card. AngeloAmato SDB, Prefetto del Dicastero delleCause dei Santi, ha presieduto la concele-brazione eucaristica.

Prima dell’omelia, il p. GottardoPasqualetti, postulatore della causa, ha lettoil relativo decreto della Santa Sede. Dopouna breve sintesi della vita di sr. Irene, hapronunciato le parole centrali del decreto:«Consta che la Serva di Dio Irene Stefani haesercitato in modo eroico le virtù teologalidella fede, speranza e carità verso Dio everso il prossimo, nonché le virtù cardinalidella prudenza, giustizia, temperanza, for-tezza e le virtù ad esse connesse». Questoriconoscimento ufficiale, accolto da unlungo applauso, consente di attribuire a sr.Irene il titolo di “Venerabile”.

Dopo la proclamazione del Vangelo, ilcard. A. Amato ha pronunciato una bellaomelia, evidenziando la necessità di conti-nuare la missione che il Signore risorto ciha affidato, non solo verso i non cristianiche vivono nei loro paesi, ma anche versoquanti, per ragioni diverse, sono obbligatiad emigrare e vengono a rifugiarsi da noi. È

possibile trovare l’omelia integrale nel Sitodelle missionarie: www.consolazione.org.

Qui riportiamo solo poche espressioni,scegliendo tra quelle che si riferisconodirettamente a sr. Irene: «Il 2 aprile 2011 ilSanto Padre ha riconosciuto le virtù eroichedella vostra consorella missionaria suorIrene Stefani. È stato un dono che mostra lavalidità del vostro carisma in ordine sia allavostra santificazione sia alla vostra missio-ne.

Alla scuola del beato Allamano, sr. Ireneapprese a essere straordinaria nell’ordinarioe a fare bene il bene. I testimoni la defini-scono vivace e coraggiosa, dolce e delicata,gioiosa e serena, tutta di Dio. Una caratteri-stica saliente della sua personalità fu pro-prio la gioia.

Alla sua morte tutti la rimpiansero.Iniziando il suo necrologio, la Superiora diallora, Suor Ferdinanda Gatti, scriveva: «Èmorta una santa. Chi l’ha conosciuta postu-lante, novizia, professa e sul campo di apo-stolato, non può fare a meno di ripetere: èuna santa».

Nei vostri lavori capitolari tenete contodi questa vostra santa consorella. Come glianziani, gli adulti e i giovani di Ghekondi[dove ella visse gli ultimi anni e contrasse lamalattia che l’ha portata alla morte ancoragiovane], anche voi consideratela presentein mezzo a voi e seguitene l’esempio. Einvocatene l’intercessione, affinché possia-mo celebrarla al più presto come Beata».

Sulla Venerabile Serva di Dio Sr. IreneStefani, in questa rivista alle pp. 16-19,pubblichiamo un interessante articolo scrit-to da sr. Angeles Mantineo, Missionariadella Consolata. �

SOLENNE CELEBRAZIONE IN ONOREDELLA “VENERABILE” SR. IRENE STEFANI

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Il rapporto dell’Allamano con i parenti dei missionari e delle missionarie è sempre statoimprontato a rispetto e stima, e soprattutto ad uno spontaneo senso di affetto. Parlando diquanti aiutavano l’Istituto e le missioni, l’Allamano indicava i genitori come i “primi benefat-tori”, verso i quali si sentiva profondamente riconoscente. Tra le numerose testimonianze“extra-processuali” che conserviamo nel nostro archivio, ne abbiamo scelte alcune, che spiega-no quale tipo di vicinanza l’Allamano sapeva instaurare con le famiglie dei suoi giovani. Leriportiamo così come sono, senza ritoccare la forma dell’italiano, non sempre forbita.Abitualmente si trattava di situazioni semplici, ma significative di una mentalità e di uno spi-rito. In sintesi, è evidente che l’Allamano apprezzava e voleva bene ai famigliari, in particola-re ai genitori dei suoi missionari ed era da essi sinceramente ricambiato.

P. Michele Bruno IMC, narra l’incontro con suopadre, il giorno in cui entrò nell’Istituto, il 1° agosto1911: «Era venuto ad accompagnarmi mio babbo. Dal-l’Istituto siamo stati mandati alla Consolata ove si tro-vava il Signor Canonico. Ci ricevette con simpaticaaffabilità; si interessò dell’età di mio babbo e, saputoche era coetaneo, rise di cuore, complimentandolo edicendogli: “Allora siamo coscritti; chissà chi di noidue andrà prima in Paradiso”.

Non è a dire quanto sia stato impressionato miobabbo da quei tratti così cordiali, e dal contegno cosìdevoto del Canonico. So che mi diceva di essere oracontento di avermi dato il permesso di venire in unIstituto dove c’è un Padre così santo».

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TESTIMONIANZE

P. Giuseppe Prina IMC, racconta il modo delica-to e amichevole con il quale l’Allamano trattava suopadre, tanto più quando rimase vedovo. Il Fondatoregli concedeva di passare da casa a trovarlo e permet-teva al papà di andare in Casa Madre a trovare ilfiglio anche ogni domenica. «Quando poi traslocam-mo alla Casa Madre (di corso Ferrucci), allora lofaceva fermare pure alla conferenza e se lo facevasedere vicino, ed anche a qualche accademia, “tanto- diceva - sei di casa”». Quando p. Prina partì per lemissioni, l’Allamano promise di non abbandonare ilpapà: «“Sta tranquillo, parti di buon animo; a tuopadre ci penserò sempre io, se avrà bisogno di assi-stenza”. Così per tutti gli anni che visse lo invitavasempre all’Istituto».

L'ALLAMANO E I FAMIGLIARI DEI MISSIONARI

GENITORI CONVINTI E CONTENTI

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P. Angelo Bellani IMC, bresciano, il primo sacer-dote non piemontese entrato nell’Istituto già nel1904, lascia scritto: «Posso assicurare che il Ven.Fondatore non venne mai alla Consolatina senza chesubito mi volesse vicino per assicurarsi come stavo emeglio se mi trovavo bene e se ero contento e seavevo notizie di casa. Tutto questo interessamentoper i miei era tanto cordiale che quando mio padre emia madre vennero per la consegna dei Crocifissi edella veste (bianca) ebbe per loro tanta paternità cheli vidi partire più rassegnati, contenti che io fossi mis-sionario».

P. Domenico Ferrero IMC, riferisce che il Fondatoremise il nome di Anastasia ad una suora. Il padre dellasuora, al quale quel nome non piaceva, lo fece nota-re al Fondatore, il quale «con le sue tanto amabilimaniere, gli narrò che aveva fatto voto di imporrequesto nome alla prima suora che avesse vestito l’a-bito religioso se Dio gli concedeva di fargli ritornaretutti i suoi figli missionari dal fronte - guerra mon-diale 1915-1919 -. “Avendo ottenuta la grazia, con-cludeva, debbo mantenere il voto”. Il buon papà dellasuora non ribatté parola, ma anzi si sentì onorato».

Sr. Romana MC, ricorda quando si presentò dalFondatore per essere accettata accompagnata daigenitori. «Siccome il papà si lamentava perché mifacevo suora, il nostro Ven.mo Padre gli posò la manosulla spalla dicendogli: “Papà, papà, vi fate un gene-ro che non verrà mai più a lamentarsi da voi”».

Fr. Benedetto Falda IMC, il primo fratellocoadiutore dell’Istituto assicura che l’Allamano «eratanto affettuoso verso tutti, anche verso i parenti deimissionari e, scrivendomi, accennava sovente alricordo che dovevo tenere dei miei congiunti che siinteressavano di nostre notizie. Le comunicava luistesso quelle notizie che potevano interessarciaggiungendo qualche dolce rimprovero se trascura-vamo la corrispondenza (quella necessaria) tantodesiderata da quei cari, che avevamo in patria».

CORDIALE VERSO I GENITORI

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TESTIMONIANZE

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ALL’OCCORRENZA AIUTAVA I GENITORIP. Giuseppe Gallea IMC, scrive che sua mamma,

assieme al parroco, aveva voluto accompagnarlo allaConsolata, con il proposito di convincere l’Allamanoa non accettarlo, perché era troppo giovane.Ovviamente non vi riuscì: «Quando ella vide che nonc’era più nulla da fare, si rivolse al figlio, un po’ stiz-zita: “Ma allora, se questa era la tua idea, potevi dirloprima, e non adesso che abbiamo fatto dei debiti”.L’Allamano intervenne subito: “Avete fatto dei debiti?E quanto? Ci penserò io”. La mamma non sapeva piùche cosa dire e cominciarono a piovere le lacrime.All’Allamano non rimase che consolarla: “Là, si facciacoraggio, vedrà che si troverà contenta”. Giunti acasa, mio padre l’interrogò sull’esito del suo tentati-vo. Ed essa: “Che vuoi? Rispondeva in modo che nonsi poteva più dire niente. Tra gli altri sacerdoti e quel-lo lì c’è una differenza grande”».

Don Gioachino Cravero, missionario dei primi tempi in Kenya e poi ritiratosi alCottolengo, narra un particolare interessante: «La carità portò l’Allamano ad aiutare ilmio caro babbo. Vedendo che la pensione che mio papà riceveva dallo stabilimento oveaveva lavorato non era troppo alta, il can. Allamano volle di propria iniziativa raddop-piarla del suo, di modo che il babbo potesse agiatamente trascorrere la sua vecchiaia.Ciò impressionò bene il mio papà e me stesso nel vedere come avesse pensato lui stes-so a venirgli incontro con il suo aiuto provvidenziale. Quando morì mio papà, ilCanonico mi scrisse in Africa parole di conforto, aggiungendo che aveva lui stesso fattosubito dei suffragi e fatto celebrare delle SS. Messe per il caro defunto, perché, perquanto cercasse di avvicinarci al più presto in queste circostanze, data la lontananza ela difficoltà di comunicazione, passava un bel po’ di tempo (prima che noi fossimoinformati). E così dispose che i missionari, alla morte dei genitori, avessero la facoltàdi celebrare un dato numero di SS. Messe in loro suffragio».

Sr. Cherubina MC, racconta di essere andata, il giorno della sua vestizione - 27 set-tembre 1925 - ad ossequiare l’Allamano alla Consolata, assieme a papà e mamma. «Siintrattenne a lungo con i miei genitori, i quali semplicemente gli raccontarono tutte leloro vicende prospere e avverse, ed anche il sacrificio che si erano imposti per venire aTorino, essendo noi veneti, con un viaggio molto costoso e con situazioni economicheassai critiche». Dopo avere detto che il Fondatore tirò fuori dalla tasca 50 lire e che ilbabbo rimase confuso, continua: «È stata tanto grande la buona impressione avuta daimiei genitori, nel trattare così alla buona col Servo di Dio, il Ven.mo Padre, che primadi lasciarmi mi dissero che erano soddisfatti e contenti perché mi lasciavano in buonemani, e che, anche subito avrebbero dato il loro consenso, se il Signore avesse chiamatoaltre delle mie sorelle, e non avrebbero più resistito come avevano fatto con me, cheassolutamente non ne volevano sapere».

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TESTIMONIANZE

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PARTECIPAVA ALLE VICENDE FAMILIARI

P. Domenico Ferrero IMC, scrive che un missionario aveva chiesto il permesso diandare a casa perché il fratello si era sposato da poco: «Il parere fu affermativo, anzitrovò che era bene soprattutto nell’intimità della famiglia, e volle in qualche modo con-correre egli stesso alla festicciola, dando una bottiglia di vino qualificato che avevanoregalato a lui».

Poi continua riferendo la sua esperienza personale: l’Allamano non solo gli permise,ma gli propose di andare a benedire le nozze del fratello: «Di ritorno, un dì gli doman-dai, un po’ confuso, se mi avrebbe permesso di presentargli mio fratello con la sposaperché li benedicesse. Accondiscese molto benevolmente; anzi concertò di far loro undono di ricordo; e scelse due artistiche medaglie della SS.ma Consolata, a tergo dellequali fece incidere la data del loro matrimonio».

Sr. Armida Quaglia MC, descrive la vestizione di suore in Casa Madre, celebranteil card. Bonzano, presente il Fondatore. «Finita la funzione il Ven. Padre venne tra lenovelle suore fermandosi a salutare i diversi gruppi di parenti, rivolgendo ad ognunaqualche buona parola». Poi parla dell’incontro con il gruppo dei suoi fratelli e sorelle.Saputo che erano orfani e che già tre sorelle erano nell’Istituto, esclamò: «Oh! Li rubia-mo tutti noi», e così dicendo le pose la mano sul capo. Più tardi entrò anche lei, che inquel momento non ci pensava.

SI COMPIACEVA DELLA GENEROSITÀ DEI GENITORI

Quando un loro figlio partiva per le missioni, l’Allamano si complimentava: «E voi,o genitori, che non badando ai sacrifici fatti per il figlio, gli concedeste di seguire la vocedi Dio che lo chiamava a Missionario della Consolata, abbiate l’abbondanza delle bene-dizioni celesti. Dio vi farà partecipare ai meriti ed al premio promesso a chi si sarà vota-to e sacrificato nella conversione delle anime».

C’è anche una sua confidenza molto bella fatta durante una conferenza ai ragazzi:«Ogni volta che si rinnovano questi giorni delle partenze, lasciano sempre il cuorepieno di pena e specialmente il mio. Ho da dirvi, però, che quest’oggi ho ricevuto unagrande consolazione: mi ha consolato molto il vedere una madre veramente cristiana:sono andato per consolarla, perché partiva il figlio per le missioni, ma non ne avevabisogno. È la madre del nostro p. Benedetto. Ella disse: “Sono contenta che vada, pro-ceda bene, se il Signore lo chiama!”. Ah! non è facile trovare delle madri così! Questesono madri che capiscono!».

Si potrebbe continuare a riferire testimonianze analoghe. Bastino queste per capirequanto l’Allamano voleva bene ai famigliari dei missionari e delle missionarie e come litrattava con spontaneità e simpatia, apprezzando e condividendo la loro generosità dioffrire un figlio o una figlia per sempre alla missione.

A cura della Postulazione Generale

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TESTIMONIANZE

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Com’è stato riferito nella rubrica “attualità”, il 02 aprile 2011, sr. Irene Stefani, Missionariadella Consolata, è stata dichiarata “Venerabile” dal Sommo Pontefice Benedetto XVI. Con questotitolo la Chiesa riconosce ufficialmente che questa figlia dell’Allamano ha vissuto in modo “eroi-co” tutte le virtù cristiane.

Abbiamo chiesto a sr. Angeles, MC, di svelarci qualcosa della profonda comunione di spiritomaturata tra questa privilegiata figlia e il Padre della sua vocazione missionaria, soprattutto alivello della santità di vita. Pubblichiamo volentieri quanto ci è stato inviato, perché sottolinea inmodo egregio come la santità di sr. Irene dipenda dalla santità dell’Allamano.

La lucePoche righe, apparse sul

sito del Vaticano il 2 aprile2011. Un’informazione suc-cinta, discreta, essenzialeche custodisce un gioiello dibuona notizia: «la Chiesariconosce ufficialmente chesr. Irene Stefani, MC, ha vis-suto il Vangelo con amoreed eroicità!».

«La missionaria - avevascritto sr. Irene, ascoltandola conferenza del beatoGiuseppe Allamano, nellontano 7 dicembre 1913 -deve essere santa: prima di tutto sia santainternamente, ma poi deve manifestare lasantità esternamente». E Il 25 gennaio1914: «Quando un cuore ama davvero ilSignore è forte, eroico...».

Il Cristo aveva acceso nel cuore di Irenela luce della fede e lei, fedele e gioiosa, l’a-veva custodita con amore, lasciandosi gui-dare sulla strada della santità eroica e quo-tidiana. E tutti se n’erano accorti, perché laLuce è fatta per lacerare le tenebre, per farela differenza fra lo sterile piagnucolio perun mondo che va in frantumi, e chi si“cinge i fianchi” per permettersi di cammi-nare, sognare, inseguire la speranza, crede-re l’impossibile e… fare ritorno a Gerusa-

lemme senza indugio,anche quando si “fa sera e ilgiorno è ormai al tramonto”(cf Lc 24, 29; 33) per darela Buona Notizia dellaRisurrezione.

Le tenebre Suor Irene si è fatta

santa in tempi di oscurità,giorni di tenebre non trop-po diversi da quelli dioggi… La nostra epoca,infatti, sembra sommersanella nebbia fitta dell’insi-

curezza e i giovani particolarmente (ma nonsolo!) appaiono smarriti, spersi, senza basisu cui poggiare o appigli a cui aggrapparsi:leaders, istituzioni (sociali, politiche, reli-giose…), valori umani e morali, concetticome “famiglia”, “genere”, fedeltà, fiducia,onestà, altruismo…, sembrano naufragarenel mare caotico e confuso dell’oggi, senzala possibilità di “far presa” su qualcosa oqualcuno per elaborare sogni di umanità eimpiegarci la vita per raggiungerli. È iltempo dei dubbi, delle “certezze” andate infumo (non ultima quella del nucleare),della precarietà (e non solo del lavoro),della scarsità di personaggi - credibili - perla parola - e la vita!

SULLA SCIA

LA “VENERABILE” SR. IRENE STEFANISULLA SCIA DELL'ALLAMANO

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Le tenebre, però, scendono da sempresulle terra e i figli degli uomini, “abbagliati”dal loro potere, di generazione in genera-zione sanno trovare i mezzi per renderle piùfitte e impermeabili alla Luce. Situazioni dimiseria e sofferenza sono state create, tantevolte, dalla sconfinata stoltezza umana! E ilCristo continua a morire sotto il peso dellacroce in ogni angolo del mondo.

Suor Irene visse in Kenya, durante il“buio” della prima guerra mondiale dove glioltre trecentomila kenioti arruolati dagliinglesi non conoscevano che cosa volessedire vita militare: senza disciplina, privi diun minimo addestramento, finivano peravere la peggio durante le rapide incursionidei “tedeschi”. A fare le spese della situazio-ne erano soprattutto i carrier, i portatori.Molti, per paura, disertavano scomparendonella foresta; molti morivano per sfinimen-to e per malattia. Il servizio sanitarioapprossimativo e insufficiente faceva ilresto.

Guerra, carestie, pestilenza… sr. Irene,chiamata a donare la vita in un’epoca digrande angoscia, giunse nella zona di Voi(ospedale di guerra)… per servire Cristosofferente nei poveri, negli infelici…Pensava alle anime che splendono sotto lacancrena e che non avrebbe avuto paura dinulla. Non s’immaginava certo che l’incon-tro con l’umanità sofferente sarebbe statotanto crudo e nauseabondo.

Di fronte all’orrore e al rischio, lei perònon si tira indietro: aveva compreso che le“opportunità” per vivere in pienezza la vitasono uniche. Una “pienezza” che significa -secondo lo stile del Crocifisso - svuotamen-to di sé, coraggio, mitezza, perdono, mise-ricordia, consegna della propria vita aglialtri, con la gioia nel cuore, per amore diDio.

L’appiglioSeguendo il percorso di vita di sr. Irene

si ha l’impressione di aver a che fare con

una persona che procede a passo sicuro,non curante dell’apparente foschia dell’in-torno. Irene, infatti, aveva intravisto la Lucelungo il suo percorso umano, e si era affer-rata alla mano di un santo per non smarrireil sentiero che ve la conduceva, per insegui-re con sicurezza, cioè, il suo sogno di santi-tà. Si era affidata al beato GiuseppeAllamano, Padre e Fondatore dell’Istituto.

Mentre, durante la guerra, si trova a«prestar assistenza ai poveri ammalati …»,scrive all’Allamano assicurandolo della sua«viva riconoscenza, per tutto quanto fece efa ognora per me». E gli assicura che «spon-taneo, anzi vivissimo, sgorga il sentitissimograzie, a Lei Veneratissimo Padre, per il suopaterno amore che, anche se lontano dicontinuo efficacemente ci assiste».

Egli è un padre lontano ma presente, e lasua è una presenza efficace: la memoria delsuo amore e della sua parola è l’appoggiosicuro per farsi un varco in mezzo alle tene-bre. Di fronte alla sofferenza fisica e morale

SULLA SCIA

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SULLA SCIA

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dei “poveri derelitti” Irene scrive: «In questifrangenti [sono] giunte per me le ore nereche lei Veneratissimo Padre ci prediceva». Eriporta, nella stessa lettera, il consiglio di unmissionario che, insieme alle suore, lavora-va nell’ospedale di campagna: «Ricordia-moci sempre che il nostro VeneratissimoPadre Fondatore a Torino, è un veroMissionario di tutto il mondo, e non dellasola Africa, com’Egli diceva, non dimenti-chiamoci dunque d’unire la nostra intenzio-ne ed opera, all’intensa ed efficace intenzio-ne ed opera Sua, e vi troveremo un aiutopotente».

Unione di “intenzione ed opera” perritrovare aiuto potente! Sr. Irene, a guerrafinita, si fa una domanda: «A chi se non aLei o Padre carissimo debbo la grazia gran-de d’essere rimasta immune da sì pestilen-ziali malattie che ovunque fecero numero-sissime vittime in questo angoscioso tempodi guerra?». Infatti, lei era consapevole cheall’ospedale, «i pericoli non mancano», equindi aveva richiesto da lui, dal Padre, unapaterna benedizione per «poter affrontarlitutti bene». Benedizione che aveva doman-

dato «umilmente prostrata ai suoipiedi».

Irene crede a questo “aiuto poten-te”, sa di non essere sola, sa che il suoPadre gli è accanto oltre la distanza eil tempo, e non si stanca di professa-re la sua gratitudine: «In ogni istantedi questa mia vita dovrei pure rende-re a Lei inni di riconoscenza per tuttociò che con amore più che paterno faincessantemente per me benchéminima delle Sue figliole».

A questo punto sorgono sponta-nee alcune domande: che cosa inrealtà l’Allamano fa incessantementeper lei? Come fa ad essere presente inmodo così costante da spingerla adinnalzare inni di riconoscenza? Checosa rappresenta l’Allamano per lei,

giovane missionaria piena di vita, che vivela sua (breve) parabola temporale in un lon-tano luogo segnato dalla sofferenza?

Senz’altro questa non è una vicinanzaimprovvisata, né per lei, né per i missionarie le missionarie che considerano il Padre unpotente aiuto, anche se fra di loro si frap-pone l’oceano. All’Allamano hanno credutoe hanno rischiato sulla sua parola e, soprat-tutto sull’autorità della sua vita santa. Ailoro occhi quell’uomo, che a Torino li segui-va con lo sguardo attento di un Padre, eradiventato l’appiglio sicuro per dare unsenso alla loro spinta apostolica.

Il 16 novembre 1913, mentre il Fonda-tore consegnava alle sue figlie le Costi-tuzioni, Irene annota queste parole delPadre: «Vi esorto di figurarvi che quanto dame udiste sia lo stesso N. Signore che ve lodica…».

È un’esortazione non da poco! E le suefiglie vi hanno creduto! Prima della parten-za per il Kenya, sr. Irene ascolta le paroledell’anziano Padre che, come ogni domeni-ca, si recava alla Casa Madre delle suore per

Sopra: sr Irene nel campo di Voi mentre aiuta il medico che visita gli ammalati.Pagina accanto: foto ufficiale con le altre consorelle e le autorità del campo.

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la conferenza settimanale. Ireneascolta e trascrive con uno stile tuttosuo, mantenendo il contenuto delmessaggio ascoltato, ma imprimendola forza della sua personalità.

Ecco alcune sue espressioni:«Prendiamo tutto dalle mani di Dio enoi lo vedremo dappertutto, lo rice-veremo sempre… le ombre spariran-no e vivremo alfine in una luce libe-ra, di fede, che è un raggio di cieloche ci fa vedere tutto in Dio e Dio intutte le cose». «Parli, predichi pure lamissionaria, ma la sua parola sia sem-plice come la parola di Dio, Eternacome la verità, breve come vien dal-l’alto e che duri come l’eternità».

«Bisogna farsi sante; pazienza nonriuscire ad altro... ma sante tutte, tuttedovete riuscire. Ricordate perciò che chi siferma non sta, ma cade, e tanto più siete inalto per altezza della vostra vocazione, tantopiù scenderete, cadrete, precipiterete inbasso. Mirate in alto, in su, su, se voleteriuscire almeno quanto conviene alla vostravocazione. Ricordatevi che Dio si comunicaalle anime che lo cercano nella solitudine,nel silenzio del proprio cuore».

La parola creduta: ecco il sostegno diIrene. Le parole dell’Allamano si incidonoin lei con la forza del fuoco sull’incudine;per questo anche a distanza le anela come lamanna. Infatti, nella lettera del 1919 glicomunica la sua gioia quando le consorelledi Casa Madre le inviano i sunti delle “pre-ziose conferenze” tenute dal Fondatore aTorino.

Dice: «Da vere e buone consorelle parte-cipano pure a noi che tanto ne siamo ansio-se, sì preziosa manna… Mi sembra di ritor-nare ai tempi beati che trascorsi costì, agodere della preziosa sua compagnia e misento come infondere nuova energia a benpraticare quanto ci va additando».

E come conclusione si legge: «Per poteressere una vera e santa missionaria quale leimi desidera… prostrata in spirito ai suoipiedi … la prego della carità di una santabenedizione».

Si noti: «Santa missionaria quale lei midesidera!». Parola del Beato Allamano, cre-duta e attuata! Desiderio suo che diventasfida e spinta! Perché egli è un santo “visi-bile” anche per i suoi figli e figlie.

Nella vita di Irene l’Allamano conta, anzidiventa l’appoggio sicuro per permettersi disognare in grande e raggiungere la meta. Èimpossibile pensare alla santità di sr. IreneStefani senza la santità di Giuseppe Allama-no! “Buon sangue non mente”, dice il pro-verbio popolare… Neppure in questo caso!

Forse anche per noi, viandanti perplessinella realtà caotica odierna resta, quasicome fluttuando in aria, una domanda o, sevogliamo, una sfida: la santità dell’Allama-no, di sr. Irene e dei tanti confratelli e con-sorelle, santi “non ufficiali”… ha qualcosada dirci? Può diventare un appiglio per rag-giungere i nostri “sogni”? Ad ognuno di noila risposta. E l’impegno!

Sr. Angeles Mantineo MC

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Trovo pertinente questa affermazionedel p. Igino Tubaldo, IMC, circa la persona-lità spirituale dell’Allamano: «C’è un aspet-to, che come fu la caratteristica di tutta lasua vita, lo è anche negli ultimi giorni: “lavolontà di Dio”. Gli fu costantemente pre-sente, ne parlò con quanti l’avvicinarono,tutti invitando a pregare perché nei suoiriguardi si compisse soltanto la volontà diDio». Non c’è dubbio che la spiritualitàdell’Allamano era sostenuta da questa con-vinzione: “fare la volontà di Dio, conosciu-ta attraverso le disposizioni dei superiori”.

Riguardo a questo tema, più che rifles-sioni mie, ritengo utile presentare una sorta

di antologia di espressioni dell’Allamano.Leggendole, ognuno può confrontare l’e-sperienza dell’Allamano con la propria etrarne le conseguenze.

Due confidenze in occasione del com-pleanno. L’Allamano ha parlato tante voltedi sé in modo confidenziale, soprattutto aisuoi figli e figlie. Generalmente erano confi-denze fatte in momenti speciali. Ne presentodue, in occasione del suo compleanno.

La prima è una risposta agli auguri, anti-cipati di due giorni, il 19 gennaio 1913:«Domani compirò 62 anni; ed in questigiorni il mio pensiero è rivolto a considera-

re tutta la catena di grazie di cuiil Signore mi fu generoso donato-re, sia nell’ordine naturale comenel soprannaturale.

Una cosa mi consola quandopenso alla mia poca corrispon-denza a tante grazie; e si è diavere sempre coll’aiuto di Dioseguito la via che Dio mi avevafissata da tutta l’eternità. Vedetequindi come io ora, dando unosguardo al passato, possa consanta compiacenza rallegrarmi di

SPIRITUALITÀ

LA VOLONTÀ DI DIO CONFIDENZE PERSONALI DELL'ALLAMANO

I disegni che illustrano questo articolo sono di PieroDalle Ceste, Torino 1938. Raffigurano scene chedimostrano come l’Allamano ha sempre fatto lavolontà di Dio attraverso l’obbedienza: entrandosubito in seminario, nonostante il consiglio contra-rio dei fratelli (p. 20); fondando l’Istituto missio-nario in obbedienza al suo vescovo, card. A.Richelmy (p. 21); formando e inviando i suoi figliin missione (p. 22); aderendo al suggerimento diPapa Pio X per la fondazione delle SuoreMissionarie (p. 23).

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SPIRITUALITÀavere ubbidito alla volontà di Diomanifestatami dai superiori; edora godo della certezza di aversempre camminato per la via daDio assegnatami. Perciò usaidelle grazie sparse nel camminoa mio ed altrui bene. Mi consolapure che avendo così fatta lavolontà di Dio, Egli avrà ancheaggiustato le mie deficienze eperdonato alle mie mancanze perme e per gli altri».

La seconda confidenza, fattadurante un incontro, è di quattroanni dopo, il 21 gennaio 1917,giorno del suo compleanno. Iltema che si era proposto di trat-tare in quell’incontro aveva cometitolo: “Gesù modello di pover-tà”. Prima di iniziarlo si è conces-sa questa simpatica digressione:«So che quest’oggi avete pregatoper me, ve ne ringrazio.Quest’oggi è il mio anniversariodi nascita, proprio adesso, alle seidi sera di quest’oggi. Quando eroancora piccolino avrei mai cre-duto che il Signore volesse con-servarmi fino a questa età, pertanti anni; sono 66 anni sapete.

Quest’oggi ho fatto il ritiro mensile,naturalmente e ho ringraziato il Signore, edho supplicato il Signore a perdonarmiquando dovrò rendere conto di tutte le gra-zie che ho ricevuto. Ne avrò tanti rendicon-ti da rendere io, sapete! Tuttavia non miaffliggo per questi rendiconti. Ho semprefatto la volontà di Dio, di questo non nedubito; dunque Signore, supplite voi! Diquesto sono certo che ho sempre cercato difare la volontà di Dio in tutto, senza guar-dare in faccia a nessuno… Ma ad ognimodo non tocca a me fare il mio elogio; nonc’è che da ringraziare il Signore».

La volontà di Dio: un chiodo fisso.

Merita ascoltare ancora l’Allamano su que-sto tema centrale della sua spiritualità.Sarebbe piacevole e utile riportare la suadottrina molto ricca, che si riferisce conti-nuamente al modello per eccellenza, Gesù,il cui cibo era appunto di compiere lavolontà del Padre (cf. Gv 4,34). Riportopiuttosto qualcosa della sua vita, così comelui stesso la racconta.

Ecco come si è espresso con le missiona-rie nel 45° anniversario della sua ordinazio-ne sacerdotale, il 20 settembre 1918:«Sapete cosa voglio dirvi stasera? Vogliofarvi il mio panegirico. Sapete che cosa vuoldire lodarsi, ma a gloria del Signore si può

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fare anche questo. Cosa è per me quest’og-gi? Sono 45 anni che sono ordinato sacer-dote! Voi allora non c’eravate. Nessuno allo-ra pensava a voi, neppure vostro padre evostra madre, uno solo pensava a voi, Dio.Credetemi, c’è niente di più consolante etranquillo che aver fatta la volontà di Dio,manifestata dai superiori. Sono così persua-so di aver sempre fatta la volontà di Dio,perché nei miei superiori ho sempre avutoconfidenza, e fatto quello che mi dicevano,cominciando dai nostri Arcivescovi.Dunque il mio panegirico è finito: pregate ilSignore per me, e preparatevi quando toc-cherà a voi».

Dopo una breve festicciola di auguri perla festa di S. Giuseppe, vigilia del suo ono-mastico, il 18 marzo 1923, ha confidato:«Vedete, il Signore ha creduto di provarmi

un po’ ma la mia malattia erauna malattia comoda. Sono vec-chio ed ho bisogno, secondo ilmedico, di riposo e di dormire.Se andiamo ai particolari, dice-va, il cuore è buono, i polmonisono sani, ma deboli. Eh!… checosa facciamo allora?… cerche-rò di dare loro un po’ di vita…Che cosa volete, quello che sideve fare si fa: è un obbligoanche quello. Il cattivo tempoesigeva delle cure ed ho dovutofarle, ma con tutto questo sem-pre soggetto alla volontà di Dio.Si faccia sempre la sua santavolontà!».

Enumerando le moltepliciresponsabilità che gravaronosulle sue spalle, nella lettera cir-colare ai missionari e missiona-rie del 1° ottobre 1923, con laquale li ringraziava per la loropartecipazione al suo 50° disacerdozio, ha confessato con

semplicità: «Se al mio posto fosse stato unsanto quanto maggior bene avrebbe opera-to, ed acquistatisi più meriti! Mi consolaperò che cercai sempre di fare la volontà diDio riconosciuta nella voce dei Superiori.

Se il Signore benedì molte opere cui posimano, da eccitare talora ammirazione, ilsegreto mio fu di cercare Dio solo e la SuaSanta Volontà, manifestatami dai mieiSuperiori. Questa fu ed è la mia consolazio-ne in vita e la mia confidenza al tribunale diDio». Continuate a pregare perché in me edin voi si compia sempre la S. Volontà diDio».

Un “sì” non facile. C’è stato un momen-to particolare in cui per l’Allamano non èstato semplice aderire alla volontà di Dio.Ma anche allora non ha deviato dal suo pro-posito di vita. In occasione del primo

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Capitolo Generale, durante il mesedi novembre 1922, egli intendevaritirarsi e lo aveva detto espressa-mente sia a Propaganda Fide che aimissionari. La decisione di ritirar-si, assistendo dal di fuori l’Istituto,era stata programmata, assieme alsuo collaboratore il Can. G. Cami-sassa, quando era ancora in vita.Ovviamente i missionari nonavrebbero mai accettato di perdereil loro Padre.

Ecco come il verbale, inviato aPropaganda Fide, descrive la sedu-ta per l’elezione del SuperioreGenerale: «Prima di passare all’ele-zione del Superiore Generale esuoi Consiglieri, il Rev.mo Canoni-co G. Allamano fa alcune dichiara-zioni. Espone il desiderio che, peril maggior bene della comunità, sifacciano le cose stabili, eleggendoa Superiore Generale un altro chenon sia lui. Egli non può più reg-gere. L’età avanzata, le forze che glivengono meno, lo rendono fisica-mente e moralmente incapace asostenere un tanto peso. È questione diresponsabilità. Egli non si sente più di assu-merla. Supplica quindi, con le lacrime agliocchi, di aver pietà di lui e di non elegger-lo».

Dopo una prima votazione plebiscitariain suo favore, l’Allamano , «pur ringrazian-do i Padri Capitolari della dimostrazione diaffetto datagli, li scongiura a rifare la vota-zione, dando questa volta il voto ad unaltro». Allora il p. Tommaso Gays, a nomedi tutti, è intervenuto con decisione:«Inutile sarebbe ripetere l’elezione, perchése cento volte la si ripetesse per cento voltesulle schede non si leggerebbe che questonome: Allamano Can. Giuseppe». Il verbaleconclude: «Allora l’eletto, pur facendo qual-che riserva ancora, piega il suo capo e pro-nunzia il “fiat” alla volontà santa di Dio».

Sino alla fine. Avvicinandosi al terminedella vita, l’Allamano, in certo senso, si èaddirittura raffinato su questo suo proposi-to di vivere sempre e solo la volontà di Dio.Se da una parte le sue forze fisiche si affie-volivano sempre più, dall’altra la sua ener-gia interiore maturava progressivamente,fino alla donazione totale di sé.

Per concludere, ascoltiamo le parole chel’Allamano ha pronunciato sul letto dimorte, che possiamo ritenere il suo testa-mento. Secondo il diario di sr. Paola Rossi,che lo ha assistito nell’ultima malattia, allasuora che si congratulava per la ripresanella salute, ha ripetuto ben tre volte: «Nonquesto dovete chiedere, non questo voglio,ma solo il compimento della volontà diDio». E alla superiora, Sr. Agnese Gallo,mentre gli ricordava che stava per iniziare il

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mese di S. Giuseppe, rassicurandolo che lesuore avrebbero messo l’intenzione per lasua guarigione, il Fondatore «alzando gliocchi al cielo, ed allargando un poco lebraccia: “La volontà di Dio, la volontà diDio”». Ecco il commento di Sr. Agnese:«sembra che non abbia altro da dire».

La scelta integrale della volontà di Dioha avuto, come effetto, di renderlo semprepiù indifferente a qualsiasi cosa. Sr.Emerenziana Tealdi ha confidato: «Nonpotei mai sapere se quello che gli porgevoera di suo gradimento o gusto; ringraziava

sempre per ogni servizio; era quasi semprein preghiera e raccolto». Sr. Emerenziana,che lo trovò peggiorato, dopo essersi breve-mente assentata per il pranzo, ha racconta-to: «Nella mia semplicità, col cuore ango-sciato, capii che si avviava al termine, e glidissi: “Oh, Padre. Ci siamo. Lei mi muore”,ed egli mi rispose con un fil di voce: “E tuprega perché si compia la volontà di Dio”».

Ecco il consiglio conclusivo del-l’Allamano: «Prendiamo come nostra giacu-latoria: Fiat voluntas tua (sia fatta la tuavolontà)».

P. Francesco Pavese IMC

Ci è stato inviato un articolo intitolato “Cenni sulla breve vita di Chiara Badano”. Si tratta diuna giovane nata il 29 ottobre 1971 a Sassello (SV), morta il 7 ottobre 1990 e beatificata il 25settembre 2010. Pubblichiamo volentieri la parte che tratta del suo rapporto con il santuario dellaConsolata e, indirettamente, con l’Allamano.

Dal Santuario della Consolata, a Torino,tempio plurisecolare dedicato alla “SS.Vergine della Consolazione”, passarononon solo i grandi santi torinesi, ma anchealtri santi e beati, vecchi e nuovi, che hannosentito il bisogno di confidarsi con Mariaed ottenerne il conforto.

È certo e documentato che frequentaro-no questo celebre centro di spiritualitàeccelsi personaggi, quali: il grande vescovoFrancesco di Sales, il Cottolengo, ilCafasso, don Bosco, Michele Rua, i fratelliGiovanni Maria e Luigi Boccardo, donOrione, Maria Teresa Ledochowska,l’Alberione, Filippo Rinaldi, DomenicoSavio, Angelo Roncalli, Ildefonso Shuster, echissà quanti altri!

Stabile e familiare fu la presenzadell’Allamano e filiale il suo rapporto con laConsolata, di cui custodì il santuario e nepromosse la vita per ben 42 anni.

Il 7 febbraio 1989, martedì grasso,

SPIRITUALITÀ

LA CONSOLATA E I SUOI SANTI

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SPIRITUALITÀpassò dal santuario dellaConsolata una ragazza ligure,appartenente alla diocesi diAcqui Terme, di diciassette anni.Era gravemente ammalata(osteosarcoma in metastasi).Prima di essere ricoverata all’o-spedale delle Molinette per ulte-riori esami e intervento chirurgi-co, volle andare a trovare laConsolata. Pregò dinnanzi allasua delicata immagine, si con-fessò e ricevette l’Eucaristia.

Che cosa chiese Chiara allaMadonna? «Mamma Celeste -sono state le sue parole - ti chie-do il miracolo della mia guari-gione; se ciò non rientra nellavolontà di Dio, ti chiedo la forzadi non mollare mai!».

Non sappiamo se in quelmomento si rivolse ancheall’Allamano. Certo è che nonmollò mai! Il Signore non leconcesse la grazia della guarigio-ne, perché non era nei suoiimperscrutabili e amorosi dise-gni, ma, attraverso Maria, l’ar-ricchì dello spirito di accettazio-ne della malattia. Dirà: «Nonchiedo più a Gesù di venire aprendermi per portarmi inParadiso, perché voglio ancoraoffrirgli il mio dolore, per dividere con luiancora per un po’ la croce».

Operata più volte, soggetta a diversi ciclidi chemioterapia e radioterapia, trascorsegli ultimi mesi della sua giovane vita para-lizzata a letto. Rinunciò persino alla morfi-na, perché l’assopiva e le toglieva la lucidi-tà. Ripeteva spesso: «Gesù, se lo vuoi tu, lovoglio anch’io».

Le sue sofferenze furono come un’inces-sante preghiera per gli atei, i lontani da Dio,le missioni, il Movimento dei Focolarini al

quale apparteneva fin dall’età di 9 anni.

Poggiando il capo sulla spalla dellaMadonna, come riferì la mamma che l’assi-stette fino all’ultimo, morì il 7 ottobre1990, domenica, festa della Madonna delRosario, nello stesso giorno in cui, alcuneore dopo, Giovanni Paolo II dichiarava“Beato” il Venerabile Giuseppe Allamano,“Segretario e Tesoriere” della Consolata, allaquale, otto mesi prima, lei si era rivolta perottenere la forza di vivere con fede e sereni-tà il proprio calvario.

Francesco Mesuraca

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L’Allamano, forte della propria esperienza di educatore, ha insistito su certi punti particolariper preparare in modo adeguato i suoi missionari e missionarie. Anzitutto ha valorizzato alcuniprincipi che possiamo definire “idee forza”; ha poi proposto dei criteri operativi per la missione;ha pure pensato ad alcuni progetti, purtroppo non sempre andati in porto. Qui riportiamo soloqualche curiosità su questi aspetti, per far notare quanto l’Allamano sia stato “vivace” e “incisi-vo” nella sua opera di educatore di missionari.

Aria buona solo per essere missionari.Ecco un simpatico benvenuto ai nuovientrati nell’Istituto: «E perché siete venuti?Perché siete qui?... Perché tu stai qui? Tuttirispondete: per farmi Missionario. E sequalcuno avesse altro scopo, sbaglierebbe:l’aria qui è buona solo per quelli che voglio-no farsi Missionari, se no non è buona per ivostri polmoni. Ma perciò bisogna farsisanti. Se no il Signore non si serve di rego-la, per convertire, che di quelli che sonosanti: prima cosa dunque santificare noistessi, se no andremo là e invece di conver-tire pervertiremo. Dunque farci santi». Piùche un benvenuto queste parole sono unachiara proposta, che quei giovani si sonopoi sentiti ripetere mille volte, quasi unritornello: “Missionari santi”.

Nessuna fretta di partire. Dall’Africa chiedevano rinforzi in conti-

nuazione. Ma, più missionari arrivavano epiù opere si sviluppavano. Più opere si svi-luppavano e più cresceva la necessità diavere altri missionari. Così diventava unaspecie di circolo vizioso. L’Allamano avevale idee chiare: «Non è il numero che faquando sono laggiù [in missione], è lo spi-rito che fa; e per quanto in Africa ne abbia-mo bisogno, non si mandano giù individuisenza che prima non abbiano compiuta laloro preparazione. Di preti non ne hannomai abbastanza, così di suore e di coadiuto-ri… Come [i non cristiani] sono stati tantisecoli senza nessuno, ed il Signore non ha

perduto la sua pace in Paradiso, così siaspetta ancora. Già: mandiamo giù “oves etboves” [pecore e buoi, cioè ogni sorta diindividui] e poi? Se mandiamo giù la gentesenza santità, che cosa si fa dopo? Ah!Questo no! Finché non ha fatto la prepara-zione sufficiente, non si manda».

Lavorare insieme. Uno dei motivi che hanno convinto

l’Allamano a fondare un Istituto missionarioè stata l’esperienza piuttosto negativa dialcuni sacerdoti partiti da Torino per le mis-sioni in America, senza legami con qualcheistituzione. La sua idea era che gli apostolidevono lavorare insieme e sostenersi avicenda, e non essere lasciati a se stessi. UnIstituto missionario diventa quindi unagaranzia per le persone e per la loro attivi-tà. Ecco perché insisteva sullo “spirito dicorpo”.

Così scriveva ai missionari in Kenya nel1910: «Un carattere del lavoro di missioneè la concordia. L’unione di mente e di cuorementre rende leggera la fatica, fa la forza edottiene la vittoria. Guai al missionario chetenace del proprio giudizio non sa rinun-ziare alle proprie viste per accettare cordial-mente quelle della maggioranza dei compa-gni e più ancora quelle dei superiori».

Santità del missionario. Non sorprende che l’Allamano abbia

insistito sulla necessità di essere “primasanti e poi missionari”. Era la sua convin-

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IN BREVE

L'ALLAMANO IN BREVEPAROLE E FATTI INTERESSANTI

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zione di base,alla quale nonha mai rinun-ciato, perché sifondava sullapropria espe-rienza perso-nale. È curio-so, invece, cheabbia sottoli-neato gli stessiaggettivi chequalificano lasantità missio-naria.

In due con-ferenze diverse, una del 16 novembre 1913e l’altra dell’8 settembre 1918 (5 anni tral’una e l’altra), ha ripetuto le stesse parole: esottolineato gli stessi aggettivi. Il secondobrano sembra la fotocopia del primo, manon lo è. È la sua convinzione: «la santitàdei missionari dev’essere speciale, ancheeroica ed all’occasione straordinaria». Le tresottolineature dicono molto e svelano comel’Allamano immaginava i suoi apostoli.Forse perché lui era così?

Anno sabbatico per i missionari. Oggi è comune parlare di un periodo

sabbatico per chi esercita una professione,perché è necessario riqualificarsi in conti-nuazione. Una sosta non solo riposa, maoffre la possibilità di rivedere da capo leproprie posizioni. Se poi si parla di missio-nari, la riqualificazione tocca non solo illavoro, ma anche e soprattutto l’identitàdella persona. L’Allamano sognava anche suquesto versante, ma senza poter realizzareuna iniziativa concreta, forse perché vedevatroppo lontano. E gli è dispiaciuto.

Secondo la testimonianza di mons.Giuseppe Nepote IMC, l’Allamano deside-rava che i missionari, dopo un quinquenniodi lavoro in Africa, passassero un lungoperiodo in Italia, per riprendersi soprattut-

to spiritual-mente.

Ecco le sueparole pronun-ciate durante ilprocesso cano-nico: «Agli inizila preparazionedei missionarifu alquanto breve,per la necessitàdelle spedizionidel personale nel-le missioni nelKenya. Il Servodi Dio a malin-

cuore si adattò alla necessità, ma era suaintenzione che i missionari, i quali tornava-no in Patria dopo un quinquennio di lavo-ro in Missione, - come disposto dalRegolamento di allora - passassero circa unanno in Casa Madre, come in una specie diNoviziato, per rifarsi nello spirito.

I primi missionari ritornati in patria nonvollero assoggettarsi. Il Servo di Dio trovòtali difficoltà ed opposizioni, rese più gravidall’asserzione che le missioni avrebberoavuto danno dalla lunga assenza dei missio-nari, che finì per adattarsi a rinunziare aquesto giusto provvedimento che gli stava acuore. Fu questa a mio parere la primadelusione dolorosa che il Servo di Dio ebbenell’Istituto”».

La saggezza in una frase in piemontese.Termino riportando una frase in dialettopiemontese che l’Allamano avrebbe dettoconversando con un suo cugino, il france-scano p. Agostino Allamano, il quale l’hapoi riferita agli studenti del seminario filo-sofico il 16 febbraio 1969: «Guarda: lè maian bun paisan che ‘n preive mac lì parei[guarda, è meglio un buon contadino cheun sacerdote solo così così]». Questa è sag-gezza!

P. Francesco Pavese IMC

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IN BREVE

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Un argo-mento che in-duce a confida-re in Dio è la suaProvvidenza che rag-giunge tutti, persino gliuccelli del cielo, i quali, senza lavorare,trovano pronto il loro cibo nei campi.

Appena prima di pronunciare questeparole, Gesù aveva raccomandato: «Nonaffannatevi per la vostra vita, di ciò chemangerete o berrete, né per il vostro corpo,di ciò che vestirete» (Mt 6,25). L’ansietà perle cose di cui abbiamo bisogno, infatti,nasce da una inconfessata sfiducia nellaProvvidenza. È evidente, tuttavia, che quiGesù intende biasimare la preoccupazioneeccessiva che ci venga a mancare il necessa-rio, non certamente il nostro onesto impe-

gno per pro-curarci ciò di

cui abbiamo bi-sogno.

Ancora un elemento:Gesù esorta alla fiducia che si esprime

nella preghiera. Basta ascoltarlo quandoesorta: «Chiedete e vi sarà dato» (Mt 7,7).Oppure quando insegna a rivolgerci consemplicità al “Padre”: «Dacci oggi il nostropane quotidiano» (Mt 6,11).

Gesù vuole che i suoi discepoli sianofiduciosi e liberi. La ragione profonda diqueste disposizioni interiori è ancora Lui adindicarcela: «Pregando poi non sprecateparole come i pagani, perché il Padre vostrosa di quali cose avete bisogno ancor primache gliele chiediate» (Mt 6,7-8).

LAPAROLA DI DIO

«Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi

forse più di loro?» (Mt 6,26).

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PREGHIAMO

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Nelle mani del-l’Allamano è tran-sitato molto denaro.Ha potuto disporre, oltreche del patrimonio abbastanzacospicuo di famiglia, di molte offerte rice-vute da benefattori, spesso anonimi. Lagente si fidava di lui. Tutti i suoi averi sonofiniti, spesso segretamente, nelle mani deipoveri, e soprattutto nelle missioni. Converità, alla fine della vita, ha potuto attesta-re ai suoi missionari: «Vi ho dato tutto».

Questa generosità partiva da una suaprofonda convinzione: la Provvidenza, sesiamo fiduciosi e onesti, non tradisce.

Il p. Giovanni Piovano narra che l’eco-nomo, p. G. Gallea, doveva pagare una fat-tura, ma l’Allamano non aveva denaro.Entrambi sono andati nel santuario e, dopoavere pregato, hanno aperto una per unatutte le cassette dell’elemosina. Nulla. Sonotornati a pregare. Ed ecco quanto ha rac-contato p. Gallea: «Terminata la preghiera,l’Allamano si riporta deciso alla cassettavisitata poco prima. L’apre e vi trova uninvolto. In esso vi erano tutti i soldi neces-

sari per pagare la fat-tura; nessuno in più

e nessuno in meno.Commentando il fatto,

l’Allamano ha detto che la SS.Vergine non ci lascerà mai mancare il panese noi compiremo il nostro dovere, e che semancherà la farina ci avrebbe mandato ilpane già fatto».

L’Allamano era convinto che la Madonnanon lo avrebbe mai abbandonato nelle suenecessità anche materiali. In lei aveva unafiducia illimitata. Diceva: «Chi è la Con-solata per noi? - È lei che ha fondatol’Istituto, che lo dirige, che ci manda il panequotidiano. Ce la porge di sua mano lapagnotta, la pietanza...

Alle volte capita che non c’è del denaroper una nota che si deve pagare al domani.Si arriva fino alla sera che i denari manca-no; però vi assicuro che non ho mai lascia-to di dormire un sonno grosso così perfastidio di denaro; ebbene al domani i soldiarrivano, ed il debito viene soddisfatto. Sela Madonna si occupa tanto di queste mate-rialità, che cosa sarà per le cose spirituali?».

LA SUA ESPERIENZA

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PREGHIAMO

L’insegnamento dell’Allamano sulla fidu-cia nella Provvidenza è abbondante. Egli,

però, non si limitava a proporre una dottrina, ma trasmetteva un’esperienza di vita.Bastino poche espressioni per comprendere il suo messaggio. Parlando di S. FrancescoSaverio, che avrebbe voluto percorrere tutte le vie del mondo per predicare il vangelo, hacosì concluso: «Non si spera mai troppo, perché la confidenza in Dio non toglie, anziaumenta il bene che si fa. E quindi perché non confidare in Dio? Dio può e vuole aiutar-ci, ma vuole che siamo spogli di noi».

L’Allamano si è ricollegato più di una volta all’insegnamento di Gesù sulla cura delPadre per gli uccelli del cielo: «Quest’oggi - ha raccontato in una conferenza - vedevo gliuccelli che venivano a beccare le briciole: vedete, il Signore non li lascia morire di fame,se ne muore qualcuno di freddo, ma non di fame. Siamo solo fedeli ai nostri doveri ed ilSignore non ci lascerà mancare niente». Quando molti dei suoi giovani erano stati chia-mati sotto le armi, l’Allamano si è limitato a questo commento: «Stiamo nelle mani di Dio:Dominus sollicitus est nostri [il Signore ha cura di noi]. Pensa agli uccelli, pensa a tutti, enon pensa a noi? Il Signore sa che abbiamo bisogno di gente! Pretendiamo certo un mira-colo... e se non un miracolo, almeno, grazie, grazie, grazie!».

LL’’IINNSSEEGGNNAAMMEENNTTOODDEELLLL’’AALLLLAAMMAANNOO

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Nella deposizione al processo per la beatificazionedell’Allamano, sr. Chiara Strapazzon, Missionaria dellaConsolata, ha dichiarato: «Il nostro Venerato Padre aveva com-posto una preghiera che lui stesso ci fece conoscere in una con-ferenza per spronarci alla riconoscenza verso il Signore. Talepreghiera è del seguente tenore: “Vi ringrazio, mio Dio, di aver-mi creato, fatto nascere da parenti buoni e cristiani, di avermifatto ricevere il Battesimo ed una buona educazione. Vi ringra-zio di avermi lasciato passare l’infanzia in questi tempi burra-scosi senza vedere tanto male; vi ringrazio dei Sacramenti, delletante grazie ricevute, dell’ordinazione sacerdotale».

Poi con l’ardimento del figlio che quasi scherza affettuosa-mente con la Madonna, soggiunge: “Ringrazio più voi, o Maria,che il Signore, di essere già da 35 anni il vostro custode. Checosa ho fatto in questi 35 anni? Un altro, al mio posto, che cosaavrebbe fatto? Ma non voglio indagare; se fossi tanto cattivo,non mi avreste tenuto tanti anni; è questo certamente un segnodi predilezione. Se ho fatto male, pensateci, aggiustate voi, eche sia finita. Accettate tutto come se l’avessi fatto perfetta-mente; ma non voglio sofisticare; prendete le cose come sono;mi avete tenuto, dunque dovete essere contenta”. - E mi pareche la Madonna abbia sorriso».

Una signora chevuole bene al nostro Fondatore,visita la sua tomba e lo prega con fiducia, ciha scritto: «Desidero segnalare una graziache ho ricevuto per intercessione del beatoGiuseppe Allamano. Soffrivo di un abbassa-mento della vista, e dato che tempo fa erostata operata per un adenoma ipofisano chedanneggiava il mio nervo ottico, sia i medi-ci che gli oculisti, con mia grande preoccu-pazione, prevedevano di dover ripetere ladelicatissima operazione.

La risonanza magneti-ca mi è stata fissata, “per combina-

zione”, il 16 febbraio, giorno dedicato alBeato, ed io mi sono completamente affida-ta alla sua protezione. Mi sono fidata di Lui.La risposta della risonanza è stata del tuttonegativa, con mio grande sollievo.

Continuerò ad affidarmi a Lui, comeanche allo “zio” S. Giuseppe Cafasso, peraltre grazie che mi sono estremamentenecessarie».

Una devota del beato Allamano

LA SUA PREGHIERA

RICONOSCENZA

PREGHIAMO

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PREGHIAMO

Padre nostro, il beato Giuseppe Allamano, compreso della tua paterna sollecitudine pertutti i tuoi figli e figlie, specialmente se si trovano in difficoltà, ci garantisce «che non restamai confuso chi confida in te», perché «tu puoi, sai e vuoi aiutarci».

Incoraggiati da queste parole, ci rivolgiamo con piena fiducia alla tua bontà senza limi-ti e, per intercessione del tuo Servo fedele, ti chiediamo la grazia di...

Anche a nome di quanti credono in te, ti preghiamo di estendere il tuo Regno di amoree di pace in tutto il mondo (cf. Mt 26,14).

Padre Nostro, Ave Maria, Gloria al Padre.SS. Vergine Consolata, prega per noi.

Illuminati dalla Parola di Dio e animati dallo spirito del beato Allamano, innalziamo a Dio la nostra preghiera:

Chi riceve una grazia per intercessione del beato Giuseppe Allamano

è pregato di notificarlo al seguente indirizzo:Postulazione Generale

Viale Mura Aurelie 11/13 - 00165 Roma, indicando se concede la pubblicazione.

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