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SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE REGIONE ABRUZZO AZIENDA SANITARIA LOCALE DI CHIETI CORSO DI AGGIORNAMENTO PER MEDICI DELL’ASSISTENZA PRIMARIA E DELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE ANNO 2007 L’INTEGRAZIONE OSPEDALE-TERRITORIO 1

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SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE REGIONE ABRUZZO

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI CHIETI

CORSO DI AGGIORNAMENTO PERMEDICI DELL’ASSISTENZA PRIMARIA

E DELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALEANNO 2007

L’INTEGRAZIONE OSPEDALE-TERRITORIO

A CURA DEL TUTOR DI FORMAZIONE IN MEDICINA GENERALE

Dottor Franco Pagano

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Hanno collaborato:

dr. Glauco Appicciafuoco - Teramo dr. Domenico Barbati - Avezzano/Sulmona

dr. Giancarlo D’Innocente - L’Aquila dr.ssa Stefania Plessi- Pescara

dr. Lucio Zinni - Lanciano/Vasto

Un ringraziamento particolare al dr. Walter Palumbo

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OBIETTIVO GENERALE DEL CORSO

evidenziare le criticità attuali nel rapporto ospedale-territorio al fine di porre delle soluzioni condivise

OBIETTIVI SPECIFICI DEL CORSO

far conoscere le precedenti e attuali Norme Comportamentali sulla Regolamentazione dei rapporti ospedale-territorio

stimolare la discussione sulle attuali criticità, anche alla luce delle novità organizzative della Medicina Generale, apportate dal recente Accordo Integrativo Regionale

proporre suggerimenti ai Responsabili Amministrativi e Sindacali per soluzioni condivise

TIME TABLE

8.15 - 8.30 Pre-test

8.30 - 9.30 Relazione del DOCENTE TUTOR MMG “Elementi di criticità attuali nel rapporto ospedale-territorio e codifica di comportamenti (linee-guida)”

(abstract: esame dei punti della Determina Regionale 23 aprile 1997 prot.n°8898/4 del Servizio Assistenza Sanitaria di Base, della Delibera della AUSL di Teramo n° 307 del 20 aprile 2004 sulla regolamentazione dei rapporti ospedale-territorio, della Delibera di Giunta Regionale n° 1050 del 24 ottobre 2005 e della deliberazione del Direttore Generale della ASL di Chieti; criticità attuali nel rapporto ospedale-territorio)

9.30 - 9.45 Proiezione di DVD con intervista del DOCENTE TUTOR MMG al Direttore Generale dalla ASL

9.45- 11 Relazione del DOCENTE ISTITUZIONALE “Elementi di criticità attuali nel rapporto ospedale-territorio e codifica di comportamenti (linee-guida)” (abstract: il punto di vista dell’istituzione sulle problematiche suddette e possibili soluzioni di esse)

11-12.15 Presentazione di esempi di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi ospedale-territorio in via di definizione con discussione in plenaria DOCENTE ISTITUZIONALE e DOCENTE TUTOR MMG

12.15-12.30 Conclusioni DOCENTE ISTITUZIONALE e DOCENTE TUTOR MMG

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12.30-12.45 Post-test e schede ECM, entrambi firmati dai partecipanti

NORME COMPORTAMENTALI VIGENTI NELLA REGOLAMENTAZIONE DEI RAPPORTI TRA MEDICI DEL SSN ED ELEMENTI DI CRITICITÀ ATTUALI NELLA RELAZIONE OSPEDALE - TERRITORIO

dr.ssa Stefania Plessi e dr. Giancarlo D’Innocente

Premessa

Fino a pochi anni fa l’assistenza sanitaria in Italia era centrata su un modello ospedalocentrico. La legge n° 833/78 poneva l’ospedale al centro del servizio sanitario nazionale ed i distretti sanitari erano considerati propaggini territoriali dell’ospedale, i medici di medicina di generale ed i pediatri di libera scelta erano ai margini delle scelte organizzative. La medicina del territorio, pertanto, era erogatrice di servizi extra-ospedalieri. Tutto questo portava a:

- forte aumento dei costi- allungamento delle liste di attesa- spersonalizzazione dell’assistenza- ridotto controllo della domanda e della spesa- aumento indiscriminato dell’accesso al Pronto Soccorso ospedaliero- offerta induttrice di domanda.

In questa ottica il medico ospedaliero era il fulcro dell’assistenza sanitaria, invece il medico del territorio, sempre isolato nel proprio ambulatorio, era spesso relegato ad un ruolo subordinato e di semplice esecutore di scelte fatte dal primo. Quanto sopra era giustificato dal fatto che il Servizio Sanitario Nazionale era in grado di rispondere con appropriatezza ai bisogni della popolazione. Con il progressivo innalzamento dell’aspettativa di vita in Italia (seconda al mondo dopo il Giappone), la modifica della morbilità verso una maggiore prevalenza delle patologie croniche rispetto alle acute, il graduale e lento scivolamento da un modello patriarcale ad una famiglia spesso composta da uno o due componenti, la crescente multietnicità (con il riemergere di patologie considerate obsolete fino a poco tempo fa) ed il netto cambiamento dello stile di vita, si è avuta una radicale trasformazione delle caratteristiche ed intensità dei bisogni assistenziali. Alla luce di quanto sopra, le varie Regioni, sugli indirizzi del Servizio Sanitario Nazionale, hanno intrapreso un percorso evolutivo di progressivo cambiamento al fine di adeguarsi alle caratteristiche della variata domanda di salute, con coinvolgimento e ristrutturazione dei servizi socio-sanitari, soprattutto nell’ottica di ben allocare le limitate risorse finanziarie destinate a tale scopo. Di conseguenza le successive leggi e convenzioni hanno cercato gradatamente di spostare l’asse della centralità dell’assistenza dall’ospedale al territorio, grazie anche alle varie forme associative della medicina generale. In tal modo il MMG è stato messo in condizione di intercettare il bisogno della domanda: se possibile, soddisfacendolo al primo intervento e, se non possibile, governandolo nei

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percorsi successivi (specialista, ricovero in Ospedale. o RSA, ADI ….). Tutto questo porta a:

- controllo sulla domanda/offerta sanitaria- integrazione con specialisti ambulatoriali/ospedalieri- ottimizzazione del criterio dell’appropriatezza e della spesa sanitaria con

riduzione dell’accesso al Pronto Soccorso ospedaliero (codici bianchi) e dei ricoveri impropri.

In tal modo all’ospedale vanno riservate soprattutto le patologie acute e gli interventi di assistenza extra-territoriale. Il medico del territorio (sempre meglio informatizzato e sempre più collegato in rete con altri colleghi) assume un ruolo di protagonista nel percorso assistenziale e di pari dignità con il collega ospedaliero: oltre alla normale e consolidata attività professionale, è anche coinvolto, con ruolo di responsabilità, in strutture intermedie (RSA, hospice, ospedale di comunità, case della salute …). Condizione indispensabile affinché il riequilibrio ospedale-territorio possa realizzarsi con efficacia ed efficienza è che, oltre al perseguimento di una logica economica di mera riduzione dei costi e di appropriata allocazione delle risorse finanziarie, esso abbia come premessa una vera integrazione e comunicazione tra le parti, nella condivisione di percorsi diagnostico-terapeutici. Ma, come sempre accade in ogni processo di trasformazione, lo spostamento dell’asse nel rapporto ospedale-territorio non è pacificamente accettato da tutti, ma incontra numerose resistenze ed incomprensioni, che di fatto generano conflitti tra i protagonisti e disagio per l’utenza. Nostro scopo è, dopo aver illustrato gli attuali regolamenti regionali, contribuire ad evidenziare queste criticità, al fine di porre delle soluzioni per ottimizzare il rapporto tra medici ospedalieri e del territorio.

Norme comportamentali sulla regolamentazione dei rapporti ospedale-territorio

A) determina del Servizio Assistenza Sanitaria di Base Regionale del 23 aprile 1997 (prot. n°8898/4)

Risale al 1997 il primo provvedimento regionale sulla “regolamentazione dei rapporti nell’ambito del SSN tra medici della struttura pubblica, specialisti accreditati e medici di medicina convenzionati, al fine di snellire le procedure burocratiche, evitando disagi agli utenti e nello stesso tempo ridurre la spesa sanitaria”In essa si stabiliscono i seguenti punti:

1. l’accesso diretto negli ambulatori pubblici, senza la proposta del MMG o PLS che comunque dovrebbero ricevere una relazione finale, è ammesso solo nei seguenti casi (Circ. Min. Sanità 100/15 dell’08/02/94):

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a. situazioni di urgenza (la prima prescrizione di farmaci, strettamente connessa all’urgenza, deve essere compilata dai medici del P.S. o dai medici della struttura pubblica)

b. odontoiatria, ginecologia-ostetricia, pediatria e neuropsichiatria infantile, psichiatria, oculistica solo per la misurazione della vista (D. P. R. 484/96, art. 36, comma 7 e D. P. R. 500/96 art. 16)

c. uremia cronica in dialisi; leucemia, emofilia, morbo di Cooley; terapia del dolore nelle forme tumorali in fase terminale; tossicodipendenza; HIV; fibrosi cistica; diabete mellito

d. accertamenti diagnostici connessi a donazioni o trapianti per donatori e riceventi

2. la proposta di consulenza specialistica o di esame strumentale deve essere corredata dalla diagnosi o dal sospetto diagnostico nella maniera più esauriente e circostanziata (D. P. R. 484/96, art. 37, comma 2) e, se ritenuto opportuno dal MMG, essa può essere meglio specificata telefonicamente o con lettera

3. lo specialista deve refertare l’esame strumentale richiesto dal MMG e, in caso di rifiuto, motivarlo. Eventuali indagini, indispensabili e preliminari all’esame strumentale, devono essere richieste dal MMG richiedente

4. eventuali indagini diagnostiche, indispensabili e preliminari ad un esame strumentale ritenuto necessario dallo specialista per la risposta al quesito del MMG, devono essere richieste dallo specialista (D. P. R. 484/96, art. 37, comma 5 e D. P. R. 500/96, art. 15)

5. gli accertamenti, preliminari al ricovero programmato o successivi alla dimissione per il completamento dell’iter diagnostico o terapeutico relativo al D.R.G., devono essere prescritti dal medico della struttura di ricovero su propri modulari interni

6. lo specialista, al termine della visita, deve inviare al MMG, in busta chiusa, una relazione dell’esito della visita con suggerimento di eventuale terapia e di eventuali successivi controlli specialistici (D. P. R. 484/96, art. 37, comma 5 e D. P. R. 500/96, art. 15)

7. tale relazione deve obbligatoriamente riportare: data, nome e cognome del paziente, intestazione dell’Ente o dell’eventuale reparto, timbro per l’identificazione del medico e firma

8. il MMG, in caso di ricovero programmato, deve redigere una proposta motivata accompagnata da una scheda di accesso contenente notizie cliniche ed anamnestiche essenziali. In caso di ricovero urgente non richiesto dal MMG, la struttura pubblica è tenuta a dare tempestiva comunicazione per iscritto al medico curante

9. il MMG può richiedere il consulto con lo specialista da effettuarsi presso l’ambulatorio pubblico oppure, previa autorizzazione della ASL, anche a domicilio del paziente. Il MMG può avere accesso presso gli ambienti di ricovero, in fase di accettazione, di degenza o di dimissione del proprio paziente, concordando con il responsabile dei reparti tempi e modi. Quest’ultimo, qualora ritenga necessario acquisire ulteriori notizie relative al paziente ricoverato, può mettersi in contatto con il MMG che è tenuto a collaborare.

10. la lettera di dimissione deve essere consegnata, salvo casi eccezionali, all’atto della dimissione. In caso essa avvenga in giorno festivo o pre-festivo, il medico della struttura ospedaliera dovrà effettuare la

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prescrizione dei farmaci necessari per le 48-72 ore successive sul ricettario regionale

11. gli specialisti della struttura pubblica ed accreditata sono tenuti a rilasciare certificazioni relative alle prestazioni effettuate ed alla prognosi prevista all’atto della dimissione

12. la struttura pubblica rilascia direttamente all’utente gli attestati necessari per giustificare le assenze dal lavoro per prestazioni erogate all’interno del presidio ospedaliero.

B) allegato alla deliberazione della AUSL di Teramo n°307 del 20 aprile 2004

La determina del 1997 viene rielaborata nell’aprile del 2004 dalla AUSL di Teramo (unico esempio conosciuto), per regolamentare i rapporti tra i dirigenti medici della struttura pubblica e delle strutture private accreditate e i medici convenzionati (assistenza primaria, continuità assistenziale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali), al fine di snellire le procedure burocratiche, migliorare il servizio agli utenti e nello stesso tempo ottimizzare la spesa sanitaria. In tale delibera aziendale esistono norme invariate rispetto a quelle della precedente del 1997, norme modificate in parte e norme totalmente innovative: verranno esaminate soprattutto le ultime due.1. Modulario del SSN (ricettario regionale)

Tale punto, non contemplato nella precedente delibera del 1997, stabilisce che ogni medico del SSN è tenuto a compilare la prescrizione-proposta in ogni sua parte sul proprio ricettario apponendo firma e timbro con nome e codice (D. P. R. 28/7/2000 n. 270-271-272)

2. Accesso diretto (rielaborazione del punto 1 della delibera del 1997 in base al prot. 8898/4 - 23.04.1997 G. R. L’Aquila, punto 1):

- contrariamente a quanto stabilito prima, l’accesso diretto è riservato solamente ai diabetici per il servizio di diabetologia (punto c delle precedenti L.G.). Il Medico di Medicina Generale, pur non dovendo richiedere l’accesso, riceve una relazione clinica (D. P. R. 28/07/2000 n. 271, art. 15, comma 4, lettera L)

- tale punto, completamente variato, prevede l’accesso presso il C. U. P. senza richiesta su ricettario quando l’assistito debba:o effettuare a proprie spese prestazioni erogabili a carico del

S. S. N.o eseguire prestazioni non erogabili a carico del S. S. N.o effettuare a proprie spese indagini prescritte per compiti diversi

3. Proposta di consulenza specialistica e di esame strumentale (rielaborazione e/o riconferma dei punti 2, 3, 4, 6, 7, 9, 11 e 12 della delibera regionale del 1997)

- Il medico Specialista deve compilare, alla prima visita, una scheda da conservare in ambulatorio e da aggiornare ad ogni eventuale visita successiva

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- Eventuali esami preliminari ad un esame strumentale richiesto dal MMG devono essere richiesti dal medico specialista sul proprio ricettario regionale

- Qualora il medico prescrittore ritenga che l’esame strumentale o la visita specialistica debbano essere eseguiti in tempi brevi, dovrà accordarsi con la struttura di riferimento

- I MMG ed i PLS possono rifiutarsi di trascrivere indagini, prestazioni e visite specialistiche, richieste da specialisti privati, qualora non concordino per la loro opportunità (ovviamente le richieste proposte dagli specialisti delle strutture pubbliche devono essere da essi redatte).

3a. Esenzioni ticketSulla base del D. M. 28/05/1999 n° 329:

- il medico ospedaliero, all’atto della dimissione ospedaliera, deve rilasciare una certificazione attestante l’eventuale esenzione ticket per patologia (prevista dal D.M. 329/99), qualora ne ravvisi l’esistenza

- lo specialista, al termine della visita, deve avere lo stesso comportamento; qualora ravvisi solo i presupposti della patologia esentabile, è tenuto alla prescrizione contestuale delle indagini per la valutazione del caso

- per le esenzioni soggette a rinnovo annuale, entrambi procederanno alla richiesta di visita specialistica su ricettario SSN, apponendo la seguente dicitura “valida un anno per rinnovo esenzione ticket”

- il medico curante è tenuto a collaborare con lo specialista fornendo la documentazione necessaria per la certificazione della malattia esentabile dal ticket.

3b. Erogazione di presidi - Il MMG ed il pediatra richiedono annualmente ausili e prodotti

dietetici per i loro assistiti, specificando sulla proposta la relativa patologia, onde consentire all’Azienda l’individuazione dello specialista competente per la prescrizione. In particolare (come riportato nell’allegato n° 1) l’erogazione dei prodotti dietetici per i pazienti affetti da morbo celiaco avviene tramite la certificazione, su richiesta del MMG o PLS, della patologia da parte dello specialista gastroenterologo e/o pediatra. Lo specialista individua contestualmente il fabbisogno mensile e rilascia all’assistito l’impegnativa su ricettario SSN per la successiva visita di controllo prevista alla scadenza annuale dell’autorizzazione, apponendo sulla stessa dicitura controfirmata “rinnovo di autorizzazione di prodotti dietetici – validità un anno”

- Lo specialista al termine della visita o il medico ospedaliero all’atto della dimissione debbono prescrivere direttamente i presidi qualora ne valutassero la necessità.

3c. PrenotazioniLa prenotazione dell’indagine o della visita in regime di convenzione con il SSN non può avvenire senza la proposta preventiva del medico.

3d. Appropriatezza- Tutti i medici operanti nel SSN hanno l’obbligo di:

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o assicurare l’appropriatezza clinica ed organizzativa nell’utilizzo delle risorse messe a disposizione dall’Azienda per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza ed in attesa della definizione di linee-guida consensuali, come previsto dal P. S. N. 1998-2000 e in particolare dall’art. 14, comma 2, lettera i

o adottare principi di qualità e di EBM al fine di ridurre gli sprechi nell’uso delle risorse disponibili

o non usare il ricettario regionale per la prescrizione di farmaci non rimborsabili dal SSN e per la richiesta di prestazioni non incluse nei L.E.A.

o attenersi alle limitazioni previste dalle note A.I.F.A.- Gli specialisti, in occasione della visita, ed i medici ospedalieri,

all’atto della dimissione, sono tenuti a informare gli assistiti sulla eventuale non erogabilità a carico del SSN di farmaci e/o prestazioni ad essi proposti.

3e. Nomenclatore tariffario- La richiesta di visita specialistica di controllo, detta anche

successiva alla prima, non può essere redatta dal MMG o dal PLS, bensì redatta dallo specialista che la propone al termine della visita o dal medico ospedaliero all’atto della dimissione.

- Ogni medico operante nel SSN deve adottare la terminologia prevista nel nomenclatore tariffario (ad eccezione di precise indicazioni regionali) e non può richiedere prestazioni “obsolete” (elencate nell’allegato n° 4 parte A del Nomenclatore - D. M: 22/07/1996 n. 150).

3f. Protocolli Il medico richiedente, nel proporre alcuni accertamenti, deve attenersi ai relativi protocolli previsti dalla legge (ad es: esami preliminari al test da sforzo o alla somministrazione del mezzo di contrasto nella diagnostica per immagini).

3g. SperimentazioniIl medico sperimentatore ha l’obbligo di richiedere direttamente indagini o visite o farmaci agli assistiti arruolati in una sperimentazione e contestualmente di informare il MMG.

3h. Medicina Legale Le prestazioni necessarie per ottenere:

- rilascio o rinnovo di patente- licenze- porto d’armi- richieste per partecipazione a concorsi- certificazioni

sono a totale carico del cittadino utente e vengono direttamente prescritte dal servizio di medicina legale.

3i. Terapia fisica e riabilitativa Il MMG e il PLS devono attenersi ai previsti protocolli.3l. Certificazioni

I medici ospedalieri e gli specialisti accreditati sono tenuti, su richiesta, a rilasciare all’utente la certificazione relativa alla prestazione effettuata, anche ai fini della giustificazione dell’assenza dal lavoro.

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4. Ricovero (rielaborazione e/o riconferma dei punti 5, 8, 9 e 10 della delibera regionale del 1997)

4a. Ricovero in urgenza o emergenzaSi ribadisce il dovere della struttura pubblica di avvisare tempestivamente il medico curante dell’assistito ricoverato in modo urgente e si introduce il dovere di invitare il medico curante (MMG o PLS) a far pervenire entro tre giorni al reparto la scheda di accesso (allegato E D. P. R. 270/2000).

4b. Ricovero ordinario Rispetto alle linee-guida del 1997 si aggiunge:

- la possibilità per il MMG ed il PLS di far pervenire la scheda di accesso entro il terzo giorno dal ricovero

- il dovere della struttura pubblica di comunicare al medico curante l’avvenuto ricovero proposto da altri e di richiedergli la relativa scheda di accesso

- il dovere dello specialista convenzionato, così come richiesto al MMG ed al PLS, di allegare alla proposta motivata di ricovero gli accertamenti eseguiti e quelli in possesso del paziente di cui abbia preso visione

- la possibilità, in caso di ricovero frequente nella stessa struttura, di inviare come scheda di accesso un semplice aggiornamento della precedente.

4c. Rapporti tra MMG e ospedale o struttura accreditataOltre a quanto stabilito nella precedente delibera del 1997, nelle attuali linee-guida si aggiunge:- la possibilità per il MMG ed il PLS di accedere nel reparto pubblico,

previa richiesta al responsabile su tempi e modi, anche ai fini di evitare dimissioni improprie

- l’impegno della direzione sanitaria di favorire il flusso reciproco di informazioni, facilitando l’accesso del MMG e PLS ai luoghi di ricovero mediante apposito tesserino di identificazione e fornendo al centralino dell’ospedale i recapiti telefonici e fax dei medici curanti ed a questi ultimi i recapiti telefonici dei vari reparti

4d. Prescrizioni farmaceuticheNon è consentito ricorrere al ricettario regionale per acquisire, presso le farmacie territoriali, medicinali che verranno utilizzati in ambito nosocomiale.

4e. Dimissioni da strutture ospedaliereDiversamente da quanto stabilito nel punto 10 della precedente delibera del 1997, le attuali linee-guida obbligano il medico ospedaliero:- alla dispensazione diretta, tramite la farmacia ospedaliera, dei

medicinali necessari almeno per i quattro giorni successivi alla dimissione dal reparto

- all’atto della dimissione (analogamente al medico specialista, al momento della visita) a non variare la terapia farmacologica del paziente cronico, salvo comprovate esigenze cliniche da documentarsi con relazione scritta

- a rispettare, in caso di prescrizione di farmaci, le note A.I.F.A. previste e ad apporre le esenzioni ticket per patologia

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- in caso di dimissione protetta, ad avvisare il medico curante, concordando con lui eventuali interventi di supporto alla degenza domiciliare, anche nella prospettiva di valutare il passaggio verso altre forme (A.D.I….).

4f. Certificazioni La struttura pubblica o accreditata rilascerà direttamente le certificazioni relative a prestazioni effettuate nel presidio e/o in regime di ricovero, ivi comprese quelle relative alla prognosi al termine del periodo di degenza.

5. Prescrizioni farmaceutiche: come da successive integrazioni6. Procedura A.D.I. La procedura per la gestione dell’A.D.I. è esplicata

nell’allegato n° 2 delle linee-guida in oggetto:a. segnalazione del caso al DSB di riferimento da parte di:

o MMGo famigliao operatori socialio U. O. (modello n° 1)o altro (Comune, associazioni, ecc.)

b. richiesta di attivazione da parte del MMG (modello n° 2)c. valutazione, entro 24/48 ore dalla segnalazione, presso il domicilio

del paziente o presso la struttura di ricovero, da parte del Dirigente Medico del DSB e del MMG dei casi semplici, da parte della Unità di Valutazione Multidimensionale nei casi complessi

d. predisposizione congiunta del MMG e del Dirigente Medico DSB della cartella clinica A.D.I. (modello n° 3) con relativo piano assistenziale

e. recapito presso il domicilio dell’assistito della cartella A.D.I.; nella medesima ogni operatore registrerà sull’apposito foglio previsto l’intervento effettuato, apponendovi la data e la firma

f. attivazione degli interventi programmati:o le analisi di laboratorio vengono eseguite, su richiesta

del MMG (modello n° 4), senza necessità di prenotazione, presso il laboratorio analisi del Presidio Ospedaliero competente per territorio

o le visite e le prestazioni domiciliari specialistiche (modello n° 4) devono essere dallo stesso inoltrate al DSB di riferimento che ne organizzerà l’effettuazione

o le prestazioni specialistiche non eseguibili a domicilio (TAC, RMN, RX, DOPPLER, ecc.,) richieste dal MMG (modello n° 4) verranno effettuate presso gli ambulatori del Presidio Ospedaliero di competenza. La richiesta di trasporto in ambulanza (modello n° 5), redatta dal MMG, dovrà pervenire al DSB che predisporrà il trasporto e l’effettuazione delle prestazioni richieste

o la prescrizione di farmaci e presidi previsti nella cartella per la terapia A.D.I. deve essere effettuata dal MMG su apposito stampato (modello n° 6). Il ritiro degli stessi presso la farmacia ospedaliera è a cura del DSB

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g. la proroga dell’assistenza deve essere fatta pervenire, in tempo utile, dal MMG al DSB su apposito stampato (modello n° 7). e la valutazione avverrà con le stesse modalità già previste per l’attivazione

h. le variazioni del piano assistenziale devono essere richieste dal MMG con lo stesso stampato (modello n° 7) al DSB che provvederà all’esame ed all’eventuale autorizzazione. In caso di non accoglienza, la risoluzione verrà partecipata al MMG

i. riscontri periodici vengono effettuati, con cadenza di norma mensile, dal Dirigente Medico del DSB presso il domicilio del paziente per la verifica dell’attuazione del piano assistenziale, nonché della regolarità degli accessi

j. comunicazione riepilogativa sarà effettua al DSB su apposito stampato (modello n° 8) da parte del MMG entro il giorno 10 del mese successivo a quello dell’effettuazione degli accessi per la liquidazione delle spettanze

7. Procedura A.D.P. La procedura per la gestione dell’A.D.P. è esplicata nell’allegato n° 3 delle linee-guida in oggetto:

a. proposta del MMG al DSB di riferimento su apposito stampato (modello n° 1)

b. richiesta del MMG al DSB di assistenza infermieristica (modello n° 2)

c. verifica clinica domiciliare del Dirigente Medico del DSBd. valutazione congiunta del caso tra MMG e Dirigente Medico del

DSB. L’autorizzazione sarà di norma con scadenza trimestrale, semestrale e annuale, in relazione alla patologia e alla necessità di prestazioni sanitarie domiciliari; comunque la scadenza ultima sarà il 31/12 dell’anno di riferimento

e. attivazione del piano assistenziale concordato, con annotazione debitamente firmata di tutti gli accessi del MMG e degli altri Operatori Sanitari sulla scheda sanitaria domiciliare (modello n° 3). Il MMG ritira la scheda sanitaria suddetta presso il DSB, è responsabile della sua tenuta e provvede alla riconsegna della stessa al DSB nel momento di interruzione dell’A.D.P. e comunque alla scadenza ultima del 31/12 dell’anno di riferimento

f. riscontri periodici presso il domicilio del paziente da parte del Dirigente Medico del DSB per la verifica dell’attuazione del piano assistenziale nonché della regolarità degli accessi

g. proposta motivata di proroga alla scadenza dell’A.D.P. da richiedersi con apposito stampato (modello n° 4). L’attivazione sarà autorizzata dopo la valutazione congiunta del caso tra MMG e Dirigente Medico del DSB. Variazioni eventuali al piano A.D.P. in atto vanno proposte dal MMG al DSB, utilizzando lo stampato apposito; in caso di non accoglienza la risoluzione verrà partecipata al MMG

h. comunicazione riepilogativa al DSB, su apposito stampato (modello n° 5) da parte del MMG entro il giorno 10 del mese successivo a quello di effettuazione degli accessi, per la liquidazione della spettanza.

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C) Percorsi diagnostici inclusi nella deliberazione di Giunta Regione Abruzzo n°1050 del 24 ottobre 2005

Tale delibera ha per oggetto “provvedimenti in materia di liste di attesa per le prestazioni ambulatoriali (esami diagnostici e visite)”, è consecutiva al recepimento con delibera n°496 del 31 maggio 2005 del “Progetto Mattone: Tempi di attesa” predisposto dall’Agenzia per i servizi Sanitari Regionali (ASSR) ed, in accordo con la Conferenza Stato-Regioni dell’11 luglio 2002, indica i criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni ambulatoriali sulla base di valutazioni di appropriatezza e urgenza e istituisce il day-service (da regolamentare con successivo atto). Allegati come parte integrante della delibera (oltre alle linee-guida nazionali relative alla diagnostica per immagini) sono presenti i seguenti percorsi diagnostici, proposti dagli specialisti della materia, coordinati dal gruppo di lavoro regionale e finalizzati ad una maggiore appropriatezza della domanda di prestazioni sanitarie:

- Urologia- Otorinolaringoiatria- Endoscopia- Allergologia- Ematologia (anemia)- Oculistica- Cardiologia- Senologia- Ortopedia (lombalgia)- Chirurgia vascolare

Essi rappresentano una realizzazione di percorsi integrati condivisi tra Ospedale e Territorio.

D) Deliberazione del Direttore Generale dalla A.S.L. di Chieti dell’8 agosto 2006

Tale deliberazione ha preso atto formalmente del documento “Regolamento dei rapporti tra i Distretti Sanitari di Base (Dsb), i Medici di Medicina Generale (MMG), i Pediatri di Libera Scelta (MPLS), i Medici Ospedalieri (MO) ed i Medici Specialisti Ambulatoriali (MSA)”, formulato dal coordinatore del tavolo tecnico del progetto aziendale IGEA, inerente modelli di gestione integrata della BPCO e del diabete (allegati al pacchetto), realizzati nella ASL di Chieti e coinvolgenti il MMG, il Dsb ed i relativi MO e MSA di riferimento (pneumologi e diabetologi). Tali modelli organizzativi potrebbero essere esempi di percorsi

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condivisi di due importanti patologie realizzanti una effettiva integrazione tra Ospedale e Territorio. Il documento suddetto, di seguito allegato, rappresenta invece un protocollo d’intesa aziendale da sottoporre a concertazione sindacale.

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E. Accordo Collettivo Nazionale del 23 marzo 2005 Non viene esaminato perché già noto e/o trattato altrove.

F. Accordo Integrativo Regione Abruzzo del 7 agosto 2006 Non viene esaminato perché già noto e/o trattato altrove.

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Alcune criticità attuali nei rapporti ospedale-territorio

Gli scopi dei provvedimenti illustrati sono soprattutto:- togliere parte del lavoro burocratico prescrittivo al medico del territorio- responsabilizzare il medico prescrittore, delineandone la tracciabilità - offrire all’utente uno snellimento procedurale.

Purtroppo nella pratica quotidiana molte regole codificate non vengono rispettate. Di seguito sono elencate alcune criticità.

1. Scheda-diario del Medico Ospedaliero (MO) e Medico Specialista Ambulatoriale (MSA). Il MO e il MSA compilano raramente, alla prima visita, una scheda (con i problemi rilevanti e gli accertamenti congrui al caso) che, se cartacea, è da conservare in ambulatorio e da aggiornare ad ogni eventuale visita successiva e, se informatizzata, consente inoltre una rapida comunicazione con gli altri colleghi. In mancanza di essa, si creano i presupposti per una discontinuità ed inefficienza dell’assistenza, in quanto il paziente può essere visitato da Specialisti differenti, pur se appartenenti alla stessa struttura.

2. Uso del ricettario. È ancora consuetudine, da parte di diversi MO e MSA, adoperare il ricettario “bianco” di reparto per la prescrizione di farmaci urgenti, costringendo:

a. il paziente, soprattutto nei giorni festivi e nelle ore notturne, a ritardare l’inizio della terapia

b. i colleghi di C.A. a sottoporsi a spiacevoli rifiuti nei confronti del paziente richiedente la impropria trascrizione della ricetta

c. il MMG o il PLS, qualora accetti di trascrivere, ad una prescrizione non dovuta che carica il proprio budget.

3. Prestazioni a pagamento. È dovere del MMG e del PLS rifiutarsi di prescrivere sul ricettario regionale eventuali richieste che devono essere erogate in regime di pagamento. Non sempre esiste una chiara informativa di ciò al paziente da parte del personale addetto alle prenotazioni, che si meraviglia della richiesta formulata su foglio bianco e invita il paziente a tornare dal MMG affinché questo prescriva sul ricettario ASL: questo causa spiacevoli ed imbarazzanti rifiuti da parte del medico curante.

4. Richieste di visite specialistiche ed esami strumentali. Il MMG ed il PLS nel richiedere visite specialistiche e/o esami strumentali spesso omettono di formulare la diagnosi o il sospetto diagnostico in modo chiaro e di allegare alla richiesta, coinvolgendo il paziente, la documentazione idonea ad aiutare lo specialista nel processo diagnostico, evitando anche la duplicazione di accertamenti.

5. Relazione dello Specialista. Spesso nella refertazione dello Specialista, in risposta al quesito posto dal MMG o dal PLS, si evidenziano le seguenti carenze:

a. mancanza dell’intestazione del reparto o dell’Ente, della firma e timbro del medico, della data, del nome del paziente e a volte addirittura mancanza della stessa refertazione

b. illeggibilità del referto scritto a mano

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c. mancanza della richiesta di visita specialistica di controllo (entro 30 giorni) da parte del MO o MSA

Riguardo l’ultimo punto si ricorda che solo se compilata dallo Specialista, la richiesta di visita di controllo dà diritto al pagamento di un ticket ridotto.

6. Mancata richiesta da parte del MO o MSA di ulteriori accertamenti diagnostici necessari per il quesito. Tale comportamento determina una perdita di tempo per il paziente e per il MMG, costretto a supplire tale mancanza.

7. Proposte di ricovero e scheda di accesso da parte del medico curante. Lo scopo della scheda di accesso è di facilitare il medico ospedaliero nella anamnesi del paziente e del percorso diagnostico relativo al motivo del ricovero. Per tale punto si individuano le seguenti criticità:

a. proposte improprie e/o indotte di ricovero da parte del MMG o PLSb. mancata redazione della scheda di accessoc. scheda di accesso illeggibile, prolissa e/o incompleta.

La mancanza di una adeguata scheda di accesso comporta spesso una duplicazione di accertamenti già eseguiti, con allungamento dei tempi di degenza e spreco di risorse finanziarie, con conseguente disagio del paziente. Grazie all’attuale informatizzazione dei MMG ed al futuro (speriamo prossimo) raggiungimento della informatizzazione dei Medici dei distretti e dell’ospedalità pubblica e privata e grazie alla dotazione di tutti i suddetti di ricettari ASL, si presume di realizzare le seguenti opportunità:

a. l’assunzione di responsabilità del proponente il ricovero (MMG, Specialista del distretto, Medico dell’ospedalità pubblica e privata) mediante la “tracciabilità” di ogni proposta, in modo da evitare al solo MMG di avere in carico sul proprio budget proposte indotte

b. le informazioni sul paziente, congrue al ricovero, potranno essere visionate dal collega della struttura di accettazione direttamente mediante accesso in rete alla cartella clinica informatizzata del MMG, al quale comunque compete la responsabilità di organizzare la visione dei dati, selezionandoli da quelli che ha registrato.

8. Mancanza di informazione sulla erogabilità di farmaci e/o prestazioni da parte di medici Specialisti e/o Convenzionati. Anche se in misura decrescente, alcuni di essi continuano a non fornire informazioni corrette al paziente in tal senso. Tale comportamento genera conflittualità tra il paziente ed il proprio medico curante, visto come responsabile della negazione di quanto “dovuto” perché consigliato dallo Specialista.

9. Refertazione incompleta o scorretta da parte del MO o MSA. a. A volte sul referto di un esame strumentale di controllo manca la

comparazione con esami simili portati in visione dal paziente.b. A volte il referto rilasciato dal MO o MSA manca di una conclusione e

di una eventuale indicazione al monitoraggio nel tempo. Tali comportamenti portano ad una incompletezza della risposta al quesito clinico del MMG.

c. A volte, invece, il referto di un esame strumentale contiene prescrizioni e consigli terapeutici non dovuti in quanto la richiesta in oggetto non è accompagnata da una contestuale richiesta di visita specialistica.

In tal modo si scavalca la professionalità del MMG creando i presupposti per un eventuale contrasto tra questo ultimo ed il proprio paziente.

10. Avviso al medico curante di ricovero urgente o ordinario di un paziente. È prassi consolidata non ricevere alcun avviso (che andrebbe indirizzato anche ai

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Dsb) da parte della Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero o della Casa di Cura convenzionata, sia di ricoveri urgenti , sia addirittura di ricoveri concertati con lo Specialista ed effettuati in assenza di urgenza.

Conseguentemente il medico curante è messo nell’impossibilità di adempiere al suo obbligo di redigere entro due-tre giorni la scheda di accesso e viene di fatto escluso da ogni tipo di collaborazione.

11. Lettera di dimissione. Spesso il paziente viene dimesso da un reparto ospedaliero o di una casa di cura privata con una lettera di dimissione non contenente, anche se sinteticamente, tutte le informazioni utili al MMG relative al ricovero ed alla successiva gestione del paziente. Ciò comporta la richiesta della copia della cartella clinica da parte del paziente, con perdita di tempo e costi.

12. Prescrizione di farmaci alla dimissione o alla fine di visita specialistica o del Medico del Pronto Soccorso. Contrariamente a quanto stabilito dalle varie delibere ASL, spesso il paziente, nelle situazioni di cui sopra, non riceve la consegna di farmaci dalla farmacia ospedaliera, sufficienti per la terapia dei primi 4-5 giorni. o la relativa prescrizione su ricettario ASL in caso di dimissione in giorni festivi. Ciò comporta:

a. un ritardo nell’effettuazione della terapia qualora la dimissione e/o la visita, avvenuta in un giorno festivo o pre-festivo, non permette al paziente di farsela prescrivere dal proprio Medico curante

b. un indebito carico sul budget di quest’ultimo di una terapia di cui non è il “primo prescrittore”

Invece il rispetto di quanto sopra serve anche a delineare una “tracciabilità prescrittiva” del farmaco con assunzione di responsabilità del primo prescrittore.

13. Richiesta verbale ed impropria, da parte dei Medici della struttura, al MMG di prescrizione di farmaci per pazienti ricoverati in ospedale pubblico e/o casa di cura convenzionata, mediante i parenti e/o assistenti dei ricoverati. Tale situazione, vietata da note ministeriali, crea imbarazzo:

a. nel collega Ospedaliero e/o della casa di cura convenzionata che si trova, comunque, nella necessità di effettuare una corretta terapia farmacologica, in assenza della disponibilità di essa (di cui non ha certo colpa)

b. nel MMG che, pur conscio della necessità del proprio paziente di proseguire una terapia condivisa con il collega Ospedaliero e/o della casa di cura convenzionata, sa che gli è vietato prescrivere

c. nei parenti e/o negli assistenti del paziente ricoverato che percepiscono il disagio scaturente da tale situazione.

E’ auspicabile che l’Assessorato alla Sanità imponga alla Direzione Sanitaria delle strutture ospedaliere e/o delle case di cura convenzionate di farsi carico del problema.

14. Variazione della terapia di base da parte di MO e MSA. Spesso la terapia di base di un assistito viene modificata, dallo Specialista alla fine di una visita o dal collega Ospedaliero all’atto della dimissione, senza una motivata relazione scritta al curante, come invece codificato nelle ultime delibere di Giunta Regionale in materia di contenimento della spesa farmaceutica dal 2003 ad oggi.

a. Talvolta ciò avviene perchè il MMG e/o il PLS omettono di specificare la terapia di base nella scheda di accesso al ricovero.

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b. Altre volte il paziente, pur se istruito dal proprio medico curante, non riferisce in modo chiaro durante la visita la sua terapia domiciliare: occorrerebbe una breve nota del MMG o PLS.

c. Altre volte ancora il medico ospedaliero non legge la scheda di accesso o non ne tiene conto.

Tali comportamenti determinano un aumento della spesa farmaceutica, una difficoltà dei pazienti ad aderire alla nuova terapia, una perdita di tempo dei medici curanti e degli stessi pazienti, una gratuita alimentazione di sfiducia nel proprio medico per l’immotivata variazione della terapia.

15. Non apposizione di codici di esenzione per patologie su ricette e/o richieste. Spesso il MO ed il MSA, nelle situazioni di cui sopra, omettono di apporre il codice di esenzione per patologie sulle ricette e/o sulle richieste, determinando un maggior carico di lavoro per il MMG ed il PLS che sono “costretti” alla ripetizione, una perdita di tempo per i pazienti e per i medici curanti, un aggravio economico qualora il paziente, per non tornare dal medico prescrittore e/o per non andare dal medico curante, decide comunque di spedire la ricetta accollandosi una spesa, anche se minima, non dovuta.

16. Non compilazione corretta di ricette. Sempre nelle situazioni sopra menzionate, spesso le ricette non vengono ben compilate per la mancanza del timbro, la correzione, la non apposizione di note, l’apposizione di note non congrue. Tutto ciò determina una perdita di tempo del paziente che a volte, come nel caso di note non legittime, entra in conflitto con il proprio medico che, facendogli notare l’incongruenza, lo porta a pagare il farmaco.

17. Alla dimissione protetta, il medico Ospedaliero non coordina con il MMG gli interventi a domicilio del paziente. Contrariamente a quanto stabilito nelle varie disposizioni Regionali, accade a volte che il medico ospedaliero visita il paziente a domicilio in regime di dimissione protetta, senza interpellare, per condividere un percorso diagnostico-terapeutico, il suo medico curante. Di norma tale situazione pone psicologicamente il medico curante, agli occhi del paziente, in regime di umiliante subordinazione rispetto al collega ospedaliero. Cosa ben diversa sarebbe se i due medici potessero programmare in modo condiviso i futuri interventi sul paziente.

18. Rapporto con i Responsabili del distretto sanitario e con gli Specialisti per la gestione dei pazienti in A.D.I. (Assistenza Domiciliare Integrata).

a. La predisposizione della cartella clinica e del relativo piano assistenziale non viene di norma, negli ultimi anni, eseguita congiuntamente nell’ambito della UVM (Unità di Valutazione Multidimensionale) dal MMG e dal Dirigente Medico del Dsb, ma solo da quest’ultimo che decide, a partire dalle esigenze evidenziate dal MMG, in base alle risorse del Dsb disponibili. Ciò comporta l’esclusione, di fatto, della partecipazione del MMG alla gestione dell’A.D.I.

b. Talvolta l’Operatore Sanitario dell’A.D.I. non riporta sull’apposito foglio della cartella clinica la prestazione effettuata, determinando una mancanza di coordinazione delle attività e, conseguentemente, svantaggio per il paziente

c. Le richieste di analisi di laboratorio per i pazienti in A.D.I. non hanno, in alcune realtà e negli ultimi tempi, una corsia diretta preferenziale, essendo poste sullo stesso piano delle comuni richieste di prelievo a domicilio per i pazienti non in A.D.I. ma ugualmente non trasportabili con i comuni mezzi di locomozione

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d. Per i farmaci ed i presidi richiesti in A.D.I., si rilevano le seguenti criticità:

- il MMG non viene fornito di un aggiornamento periodico del Prontuario Terapeutico Ospedaliero, ricevuto solamente all’attivazione del servizio A.D.I., rendendo problematica la prescrizione

- a volte, in alcune realtà, senza alcuna spiegazione non vengono consegnati farmaci e/o presidi, richiesti ed inseriti nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero

- negli ultimi tempi e in alcune realtà, il Dirigente del DSB richiede verbalmente al MMG la prescrizione dei farmaci per il proprio paziente in A.D.I. su ricettario ASL da spedire in farmacie territoriali, con incremento del budget farmaceutico del MMG.

19. Rapporto con Operatori del distretto sanitario e con Specialisti per la gestione dei pazienti in A.D.P. (Assistenza Domiciliare Programmata).

a. impossibilità di richiesta di assistenza infermieristica per i pazienti in A.D.P. con conseguente mancata corsia preferenziale per esse da parte dell’utente

b. idem per la richiesta di visita specialistica.

20. Rapporto con i Responsabili del distretto sanitario e con gli Specialisti per la gestione dei pazienti in R.S.A. (Residenza Sanitaria Assistenziale). Stessi problemi dell’A.D.I. di non coinvolgimento del MMG o PLS nell’UVM.

È da augurarsi che le criticità sopra menzionate possano essere recepite in positivo per migliorare il rapporto tra i Medici del Territorio ed i colleghi Ospedalieri e Specialisti Ambulatoriali, nell’interesse dei singoli pazienti e della società.

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UNO SGUARDO SULL’ATTUALE NELL’OTTICA DELL’INTEGRAZIONE

OSPEDALE-TERRITORIO

dr. Franco Pagano

Riorganizzazione delle cure primarie

Integrazione del sistema

Alla luce dei cambiamenti in atto, e in particolare al trend epidemiologico caratterizzato da una elevata cronicità (ved. Fig. 4) e disabilità, i nuovi bisogni di salute richiedono un processo di razionalizzazione e in alcuni casi di innovazione dei servizi presenti sul territorio, con la creazione di strutture dedicate alle cure intermedie, che rispondono alle esigenze di continuità assistenziale.

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A fronte di una organizzazione delle cure primarie non più adeguata a rispondere pienamente alle esigenze di salute e garantire la continuità assistenziale, i cittadini si rivolgono spesso agli ospedali per bisogni che dovrebbero invece essere soddisfatti da altre tipologie di strutture, con conseguenze a livello di liste di attesa, ricoveri impropri e aumento dei costi sanitari. Negli ultimi anni è stato dibattuto a lungo il tema del riequilibrio ospedale-territorio, prevalentemente secondo una logica economica di riduzione dei costi, senza tener conto degli aspetti organizzativi e di funzionamento. Le Regioni, che hanno il compito di governare la spesa, hanno realizzato politiche di contenimento di essa, a fronte dei vincoli ben definiti, che si sono sostanziate ad esempio nella riorganizzazione delle ASL o nella chiusura dei piccoli ospedali. Tali azioni hanno portato alla perdita di circa 100.000 posti letto pubblici in quasi 10 anni, alla diminuzione del numero di ospedali presenti sul territorio (spesso riconvertiti in strutture ambulatoriali o di pronto soccorso) e all’incremento di strutture ambulatoriali e residenziali, senza tuttavia ottenere di fatto una reale e significativa riduzione della spesa sanitaria. A ciò si aggiunge che comunque si rendono necessari nel tempo anche nuovi investimenti sulle strutture ospedaliere, soprattutto se si considera che circa il 70% degli ospedali è stato costruito oltre trent’anni fa e il 15% addirittura ancor prima del secolo scorso, con differenze inaccettabili sulla dotazione di strutture delle diverse Regioni. La riorganizzazione delle cure primarie e il riequilibrio ospedale-territorio sono indispensabili per rendere più efficiente la spesa, nel medio-lungo termine, poiché consentono di rispondere in modo più efficace ed appropriato alle mutate esigenze della domanda. Affinché il modello organizzativo delle cure primarie possa funzionare bene e in modo integrato la rete ospedaliera è indispensabile:

Valorizzare il ruolo del Medico di Medicina Generale (MMG) quale attore principale del processo di erogazione delle cure primarie (assistenza domiciliare, presa in carico dei malati cronici, adozione di strumenti per il governo clinico quali le linee guida e la cartella clinica integrata)

Promuovere la nascita di esperienze di associazionismo e di lavoro in equipe (MMG, Medici di Continuità Assistenziale, infermieri, medici specialisti, ecc.), che, grazie all’uso delle tecnologie, possono disporre e condividere informazioni sulle condizioni cliniche del paziente. Ciò permette la presa in carico di quest’ultimo assicurando anche a domicilio la continuità della cura

Razionalizzare e ammodernare la rete ospedaliera: - effettuare investimenti strutturali e tecnologici negli ospedali- riorganizzare gli ospedali in reti integrate per evitare duplicazioni e

sprechi di risorse - riconvertire i piccoli ospedali, che non sono in grado attualmente di

affrontare patologie acute di medio-alta complessità, in strutture dedicate alle cure intermedie

- rafforzare la rete dell’ emergenza-urgenza.

Di sicuro, la disponibilità e l’utilizzo delle tecnologie rappresentano un fattore abilitante per la realizzazione di un processo di integrazione economicamente sostenibile. Ad es.la disponibilità dei referti presso lo studio medico (ed eventualmente direttamente all’utente via internet), consente un significativo risparmio di tempo e spostamenti, una maggiore tempestività nell’effettuare le diagnosi e attuare trattamenti terapeutici da parte del MMG.

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Integrazione con l’Ospedale

Il sistema attuale si caratterizza ancora per una sorta di “ospedale-centrismo”. La nuova domanda di salute, che a causa dell’aumento delle cronicità e delle disabilità necessita di maggior integrazione socio-sanitaria, richiede un nuovo equilibrio fra ospedale e territorio. Tale riequilibrio dovrebbe sostanziarsi nella progressiva trasformazione degli ospedali in strutture per il trattamento degli acuti e nel trasferimento a strutture di cure intermedie, più leggere e diffuse sul territorio, delle prestazioni meno complesse e dei servizi più legati ai bisogni di assistenza (cronicità e disabilità). Tuttavia non si può parlare di riequilibrio ospedale-territorio se prima di tutto non si realizza una vera integrazione tra le parti. L’integrazione si realizza concretamente nel momento in cui le varie figure che fanno parte di una rete comunicano in modo ottimale rispetto all’intero percorso di cura di un paziente (ad esempio in casi di non urgenza o cronicità), dall’accesso alla dimissione dalle strutture sanitarie, al fine di erogare un servizio socio-sanitario adeguato, in modo efficace ed efficiente, senza generare duplicazioni, ridondanze, ecc.. In caso contrario non si parlerebbe di vera integrazione, ma si tratterebbe solo di alleggerire i servizi erogati dagli ospedali delocalizzandoli al distretto territoriale, con il rischio concreto di una duplicazione dei costi sul territorio o, quanto meno, di un impiego non ottimale delle risorse disponibili. Le difficoltà legate alla realizzazione di un’efficace integrazione tra ospedale e territorio sono dovute anche alle forti criticità e problematiche riscontrate in particolare nel presidio e nella mancanza di gestione unitaria delle molteplici strutture extra-ospedaliere, a causa di lacune spesso gravi in termini di mancanza di obiettivi e piani di sviluppo, di sistemi informativi, di disponibilità di dati/indicatori, di coordinamento, di rendicontazione adeguata, di impossibilità di istituire percorsi di carriera incentivanti, ecc.. Nel panorama nazionale si registrano alcune esperienze positive di riorganizzazione delle cure primarie ed integrazione con l’ospedale. Il limite maggiore di tali esperienze è che si tratta di iniziative per lo più sporadiche, a macchia di leopardo, che non riescono ad acquisire una diffusione significativa a livello nazionale.

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Utilizzo inappropriato dei servizi sanitari

Un primo elemento di attenzione che grava sulla sostenibilità a tendere del S.S.N. è legato ad un utilizzo spesso inappropriato dei servizi sanitari da parte del cittadino/paziente, manifestazione della non totale adeguatezza delle risposte attualmente fornite sul territorio alle esigenze socio-sanitarie. Un esempio in tal senso è rappresentato dal fenomeno dell’accesso al Pronto Soccorso per “codici bianchi” (che riguardano i casi non gravi e non urgenti per cui non c’è nessun pericolo di vita), che sta raggiungendo dimensioni significative, con effetti negativi in termini sia di assorbimento improprio di risorse che potrebbero essere impiegate diversamente per il trattamento dei pazienti gravi e dei casi davvero urgenti, sia di cattiva percezione del servizio erogato dal S.S.N. da parte del cittadino (lunghe attese, ecc.). E’ un numero che tende a crescere costantemente, determinando spesso situazioni di sovraffollamento delle strutture e disagi per gli utenti. Tuttavia solo il 19% degli accessi è seguito da un ricovero e tra il 30 e il 50% dei casi viene classificato come non urgente (codice bianco). In altre parole, queste persone potrebbero essere adeguatamente assistite dal Medico di famiglia, dal Pediatra di Libera Scelta o dal Medico di Continuità Assistenziale. Le conseguenze sono prevedibili: il Pronto Soccorso viene sottoposto ad una pressione elevatissima che va a discapito della necessità di concentrare tutte le proprie risorse per il trattamento dei pazienti gravi e dei casi davvero urgenti; inoltre il sovraffollamento determina lunghe attese per i cittadini. Il bisogno del cittadino di ottenere dal servizio pubblico una risposta ad esigenze urgenti o comunque percepite come tali, risente certamente di una risposta non ottimale della medicina territoriale, in quanto non aderente alle esigenze di parte della cittadinanza per la limitata presenza giornaliera del medico, per il numero non adeguato di risorse umane qualificate (ad es. infermieri professionali, ecc.) e la scarsità di tecnologie di base prontamente utilizzabili. Alla luce dello scenario delineato, il rafforzamento della componente territoriale del S.S.N. appare di assoluta importanza per incrementare il generale livello di efficienza ed adeguatezza del sistema, che deve essere in grado di intercettare e soddisfare sul territorio le esigenze socio-sanitarie dei pazienti. La crescente incidenza delle malattie croniche impone infatti di ripensare al modello di cura del malato, spostandolo verso il territorio. Va tuttavia sottolineata la necessità di interpretare in modo ampio il riequilibrio verso il territorio, ragionando anche su una possibile miglior distribuzione non solo delle prestazioni erogate a favore dei malati cronici, ma anche con riferimento alle acuzie. Alla luce dell’evoluzione della domanda di salute, si evidenzia tra l’altro la necessità di un potenziamento e di una revisione del modello di assistenza domiciliare integrata (ADI). Spesso oggi si tende a considerare prevalentemente la componente “medica” dell’ADI, trascurando altre componenti fondamentali di tale assistenza, quali l’azione del dipartimento di salute mentale, la fisioterapia, l’assistenza sociale, ecc.. Lo stesso avviene quando si guarda alla situazione delle strutture residenziali. In Italia solo l’1% circa della popolazione over 65 ha accesso a forme di ADI, contro una media del 7-8% a livello europeo e punte del 20% nei Paesi scandinavi.

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Al fine di fornire una risposta adeguata sul territorio ai crescenti bisogni socio-sanitari, garantendo tra l’altro la continuità assistenziale del paziente e la sua presa in carico, si avverte in primis la necessità di un potenziamento delle strutture intermedie sul territorio (ospedali di comunità, Residenze Sanitarie Assistenziali - RSA, ecc.), che soprattutto al Sud lamentano ancora una scarsa diffusione. Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), definite dalle norme nazionali come “presidi che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti di patologie, fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello “alto” di assistenza tutelare e alberghiera” (DPR 14 GENNAIO 1997) Un altro esempio di riorganizzazione dei servizi territoriali è costituito dagli “ospedali di comunità”. Si tratta di strutture che perseguono il consolidamento dello stato clinico generale del paziente e dei risultati terapeutici ottenuti nel reparto ospedaliero per acuti, la prevenzione delle complicanze e il recupero dell’autonomia in un’ottica di rientro a domicilio, o di ricorso a forme assistenziali territoriali. Gli “ospedali di comunità” sono strutture sanitarie territoriali inserite nella rete dei servizi distrettuali, in grado di rispondere anche ad alcune esigenze sociali. Prevedono la gestione diretta di posti letto da parte dei MMG, destinata a persone residenti e quindi loro assistiti, prevalentemente anziane non autosufficienti, che non necessitano del ricovero ospedaliero, ma che non possono essere assistite a domicilio. Gli “ospedali di comunità” rappresentano dunque una possibile soluzione per una miglior tutela del territorio, specialmente in aree disagiate (isole o comunità montane) - ove la distanza dai presidi ospedalieri o dai mezzi di soccorso non permetta un intervento adeguato - dell’ottica di soddisfare le esigenze di salute, secondo un modello da adeguare alle nuove esigenze del cittadino/paziente e reso coerente al sistema complessivo. La crescente incidenza delle malattie croniche impone inoltre di ripensare al modello di cura del malato, spostandolo verso il territorio, nel quale il MMG è oggi chiamato a svolgere un ruolo importante e più ampio, anche al fine di limitare il ricorso eccessivo al sistema di emergenza-urgenza da parte dei “codici bianchi” e di risolvere il problema delle liste d’attesa per prestazioni diagnostiche inappropriate, come da recente accordo della Conferenza Stato-Regioni del 28 marzo 2006. È necessario tuttavia che il MMG sia messo nell’effettiva condizione di poter ricoprire questo ruolo centrale, potendo contare su una dotazione adeguata di risorse (umane, strumentali e finanziarie).

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Alla luce del quadro delineato, la realizzazione di forme di associazionismo tra MMG, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti, Medici della Continuità Assistenziale, ecc. sembra essere una scelta obbligata al fine di raggiungere una massa critica a livello locale in grado di ottimizzare il proprio servizio alla comunità, favorendo una reale “integrazione a rete” tra i diversi operatori del sistema. Questo tema, tuttavia, è sotto i riflettori da lungo tempo, ma ad oggi, fatte salve alcune esperienze di successo a livello locale, continua a rappresentare l’eccezione piuttosto che la regola. Si avverte pertanto la necessità di agevolare, attraverso strumenti incentivanti ed organizzativi, l’evoluzione dell’organizzazione della medicina generale in forme di medicina di gruppo, fino alle vere e proprie UTAP (Unità Territoriali di Assistenza Primaria) e altre strutture polivalenti. Nell’ambito del riequilibrio ospedale-territorio e della realizzazione di nuove forme di associazionismo, uno degli elementi caratterizzanti potrebbe infatti essere rappresentato dalla attivazione di Unità Territoriali di Assistenza Primaria - UTAP o altri modelli organizzativi della medicina convenzionata (es. Unità di Cure Primarie – UCP, Nuclei di Cure Primarie – NCP), in cui la presenza continuativa di MMG, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti e Medici della Continuità Assistenziale, rappresenta un punto di riferimento territoriale in grado di garantire un’offerta adeguata ai bisogni socio-sanitari dei cittadini e una risposta qualificata medico-infermieristica e specialistica h 24. L’obiettivo è quello di un’ottimale presa in carico del paziente, che rende necessario un reale “gioco di squadra” sinergico tra i diversi attori del sistema. Le Unità Territoriali di Assistenza Primaria (UTAP) sono infatti strutture territoriali ad alta integrazione multidisciplinare ed interprofessionale, in grado di dare risposte complesse ai bisogni di salute delle persone, prevedono l’associazione di più medici convenzionati, e rappresentano un passaggio sperimentale verso modelli ottimali e più moderni di gestione del territorio. Ad oggi tuttavia l’UTAP non ha trovato applicazione se non in alcuni sporadici casi.

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La risposta sul territorio: attori, strutture ed organizzazione a rete

L’evoluzione scientifica e tecnologica ha modificato nel tempo le caratteristiche dell’intervento sanitario, determinando un’estrema specializzazione e diversificazione dell’offerta alla quale non ha risposto una sufficiente integrazione organizzativa. Da un lato, la specializzazione sulla malattia ha permesso notevoli progressi in termini di appropriatezza della risposta sanitaria, ma dall’altro ha aumentato il livello di integrazione e collegamento in rete richiesto ai diversi attori del sistema per fornire una risposta completa ai bisogni socio-sanitari della persona. L’esigenza di un riequilibrio verso il territorio spinge ad un ripensamento dei ruoli degli attori esistenti (in primis del MMG) e a valutare l’opportunità dell’istituzione di nuove figure, unità o strutture per meglio rispondere ai bisogni della popolazione: l’organizzazione a rete tra tali soggetti appare una pre-condizione al corretto funzionamento di un S.S.N. in evoluzione, in cui l’integrazione tra l’aspetto meramente sanitario dell’assistenza e quello a carattere sociale assume un ruolo centrale. Per gestire le complesse problematiche legate alle cronicità e alla “fragilità”, si evidenzia la necessità della presenza sul territorio - nell’ambito delle strutture distrettuali - di precise figure professionali, quali il Care Manager e il Case Manager. Si tratta di fatto di due figure, oggi quasi completamente assenti dal sistema sanitario italiano, nate nel mondo americano per far fronte alle esigenze di assistenza dei malati cronici e degli anziani. Il ruolo del Care Manager consiste nell’assicurare la continuità assistenziale al paziente e la necessaria integrazione socio-sanitaria dei servizi mediante l’organizzazione, il coordinamento e una stretta integrazione “a rete” tra i MMG, i Case Manager e le varie strutture presenti sul territorio (ADI, RSA, Ospedali, ecc.). Il Case Manager, in genere il caposala o infermiere referente, deve essere un professionista della valutazione, con una adeguata formazione socio-sanitaria, in grado, nell’ambito dell’Unità di Valutazione Multidimensionale, di valutare (e soddisfare) da un punto di vista sistemico i bisogni socio-sanitari del paziente nel tempo, al fine di permettere l’attivazione dei percorsi assistenziali più appropriati in riferimento ad ogni caso specifico. Il Case Manager, in collaborazione con il medico e lo specialista, garantisce il percorso assistenziale secondo il piano condiviso con l’Unità di Valutazione Multidimensionale, anche responsabilizzando ed educando il paziente per ottenere la compliance alle terapie prescritte e il cambiamento dello stile di vita necessario per la malattia di cui è affetto.

Nell’ambito di un modello organizzativo maggiormente basato su una capillare presenza sul territorio e sulla cura continuativa dei pazienti cronici, il distretto è chiamato a giocare un ruolo di primo piano, assicurando la “cornice organizzativa” e il coordinamento dei servizi socio-sanitari (erogati dal distretto) e sociali (erogati dai Comuni) e delle diverse strutture, rispetto alle quali è importante definire sistemi di monitoraggio e valutazione dei risultati, attraverso indicatori di outcome appropriati. Il distretto rappresenta la sede principale dell’integrazione dei servizi socio-sanitari sul territorio, come prevede la Legge n. 328/2000: “nella determinazione degli ambiti territoriali, le Regioni prevedono incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le prestazioni sanitarie”. Il distretto, a livello strategico e secondo la previsione regionale, può svolgere tra l’altro un proprio ruolo determinante nella elaborazione dei Piani di zona, nel rispetto degli obiettivi e dei contenuti dei Programmi

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delle attività territoriali, partecipando alle scelte di programmazione concertata tra i diversi centri di responsabilità (diverse articolazioni strutturali dell’Azienda Sanitaria), con i Comuni, gli interlocutori non profit e profit presenti nella scena dei servizi, con i soggetti solidaristici e di volontariato della Comunità locale. Il distretto è il “soggetto” che coordina i rapporti relazionali con le diverse professionalità, coinvolte nella gestione unitaria di iniziative ed interventi a carattere sanitario e socio-assistenziale.

Va anche sottolineata l’importanza di agire nella consapevolezza che, nel momento in cui si intraprende un percorso di riorganizzazione, è cruciale affrontare in modo coordinato tutte le componenti del sistema. Occorre inoltre agire nella consapevolezza che la principale priorità del processo di cambiamento deve essere non tanto la predisposizione della miglior risposta al singolo bisogno, ma soprattutto il raggiungimento dell’efficacia, dell’efficienza e dell’appropriatezza del servizio complessivo reso al cittadino, in risposta alle sue molteplici necessità socio-sanitarie. La gran parte delle necessità che si originano sul territorio sono di tipo assistenziale e fanno riferimento a soggetti, spesso non autosufficienti, con bisogni variabili nel tempo. La presenza di professionisti e strutture che assicurino un corretto ed efficace processo valutativo e decisionale dell’erogazione di servizi assistenziali sul territorio, rappresenta una condizione alla continuità assistenziale ed al soddisfacimento dinamico dei bisogni della singola persona, indirizzata e guidata in modo chiaro all’interno del sistema.

Creare le condizioni per un effettivo collegamento in rete dei diversi attori protagonisti dell’assistenza socio-sanitaria rappresenta dunque un fattore centrale nell’ambito del riequilibrio verso il territorio. Condizione necessaria (ma non sufficiente) affinchè ciò sia reso possibile è la creazione dei presupposti che consentano a tutti gli attori e alle strutture del sistema, nell’ambito dei ruoli e delle responsabilità di competenza, di esercitare il giusto livello di autonomia e d’azione nel complesso processo assistenziale. Un’altra condizione imprescindibile per il successo di un’integrazione a rete è rappresentata dal potenziamento del livello di informatizzazione e dall’adozione di modalità nuove di gestione dei dati e comunicazione elettronica all’interno delle strutture del S.S.N..

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SOLUZIONE AUSPICATA

Potenziare il distretto, anche nell’ottica di una reingegnerizzazione dei processi per la cura continuativa dei pazienti cronici e rafforzarne il ruolo di unità organizzativa in grado di coordinare gli interventi e i percorsi di cura (a carattere sanitario e sociale) sul territorio, assicurando un’adeguata cornice organizzativa e l’effettivo coinvolgimento / coordinamento delle diverse strutture e dei servizi socio-sanitari (erogati dal distretto) e sociali (erogati dai Comuni).

Sviluppare un adeguato sistema di indicatori di outcome all’interno delle strutture del territorio (analogamente a quanto realizzato in ambito ospedaliero).

Facilitare l’inserimento attivo nell’organizzazione a rete da parte del MMG, principalmente attraverso: - l’inserimento in unità strutturate di prima risposta ai bisogni del cittadino - lo stimolo all’informatizzazione e l’incentivo ad adottare moderne forme di

gestione dei dati e comunicazione elettronica - lo stimolo verso un cambiamento culturale rivolto allo sviluppo della cultura del

lavoro in team.

Potenziare e presidiare l’efficacia dell’aspetto decisionale inerente l’erogazione di servizi assistenziali sul territorio, istituendo opportune unità organizzative a questo preposte.

Potenziare la fase valutativa e decisionale dell’erogazione di servizi sul territorio:

- Punti Unici di Accesso ai servizi socio-sanitari, in grado di fornire un’attivazione pronta del territorio a fronte di qualsiasi richiesta, diretta o mediata (dal MMG, dall’ospedale, dai servizi sociali, ecc.) di servizi socio-sanitari, al fine di indirizzare in modo chiaro il cittadino all’interno del sistema

- Unità di Valutazione Multidimensionali (UVM), aventi il compito di valutare i bisogni del paziente, predisporre/monitorare un adeguato percorso di cura e definire i relativi Piani di Assistenza Individuali (PAI). L’UVM dovrebbe essere composta da MMG, assistente sociale e supporto infermieristico, nonché da specialisti attivati ad hoc in base ai specifici bisogni. Eventualmente, l’UVM potrebbe inoltre occuparsi della presa in carico del paziente all’interno dei dipartimenti.

Istituire entità organizzative, accessibili dal paziente H 24 e composte dai vari attori dell’assistenza socio-sanitaria (in particolare MMG, assistente sociale e supporto infermieristico), che, a seguito di un primo screening della domanda, siano in grado di provvedere all’attivazione di servizi:

- Semplici (come ad esempio fornire informazioni, intervenire in relazione a piccoli disturbi o ferite, ecc.), erogati direttamente attraverso i presidi di competenza- Complessi, erogati a partire dalla indicazioni fornite dall’UVM e sulla base dei PAI.

Supportare lo sviluppo e il riconoscimento formale delle altre figure chiave per la continuità assistenziale e l’assistenza sul territorio, in particolare il Care Manager. Sulla base di esperienze già effettuate in alcune Regioni il Care Manager è la figura professionale che assicura la continuità assistenziale al paziente e la necessaria integrazione socio-sanitaria dei servizi mediante l’organizzazione, il coordinamento e una stretta integrazione “a rete” tra i MMG, i Case Manager e le varie strutture presenti sul territorio (ADI, RSA, Ospedali, ecc.).

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La riorganizzazione del territorio Il ruolo del MMG e l’associazionismo

Il MMG è oggi chiamato a svolgere un ruolo importante e più ampio. Il cittadino, infatti, avverte fortemente la necessità di interloquire in modo preferenziale con un soggetto in grado di seguirlo in tutto il percorso di cura, senza “salti” ed interruzioni. Il MMG rappresenta il soggetto adatto a ricoprire questo ruolo.

L’attività del MMG costituisce il primo anello della graduazione della risposta nell’ambito della medicina di emergenza-urgenza, ovvero all’interno di modelli gestionali sperimentali che interessino ed integrino tutti i soggetti coinvolti nell’ambito dell’emergenza. È il caso ad esempio dell’attivazione delle Unità Territoriali di Assistenza Primaria (UTAP), o altri modelli organizzativi della medicina convenzionata (es. Unità di Cure Primarie - UCP), in cui la presenza continuativa dei MMG, di Medici della Continuità Assistenziale, di Pediatri e di Specialisti viene a rappresentare un punto di riferimento territoriale, in grado di affrontare situazioni di urgenza ovvero iniziare un primo soccorso. La figura del MMG deve rappresentare un punto di riferimento nell’ambito del sistema di emergenza-urgenza tramite alcune attività, quali ad esempio:

attività di prevenzione sulle patologie a rischio; prolungamento dell’orario di attività (anche tramite l’associazionismo); attività di filtro per evitare gli accessi impropri in ospedale.

Il MMG deve essere in grado, in caso di emergenza sanitaria, di fornire informazioni sulle modalità di accesso al 118 e di intervenire personalmente per affrontare la patologia in atto, in attesa dell’arrivo del personale qualificato al soccorso avanzato. Tale attività diviene fondamentale per garantire l’equanimità delle cure; in particolare in aree disagiate (isole o comunità montane), ove la distanza dai presidi ospedalieri o dai mezzi di soccorso non permetta un intervento adeguato, nei tempi previsti dalla normativa (20’ minuti nell’area extraurbana) ovvero metta in pericolo la sopravvivenza del paziente. Il ruolo dei Medici della Continuità Assistenziale, in particolare, deve essere rivisto alla luce dell’attivazione dei nuovi modelli organizzativi della medicina territoriale che si prefiggono di incentivare l’aspetto quantitativo e qualitativo dell’assistenza sanitaria nell’ottica di un miglioramento complessivo della tutela della salute dei cittadini. Il Servizio di continuità assistenziale verrebbe ad assumere una funzione di integrazione con l’assistenza primaria e quindi, nell’ambito del Sistema 118, rappresenterebbe un ulteriore supporto sul territorio necessario sia per garantire una maggiore assistenza sul territorio, sia per evitare gli accessi impropri alla rete ospedaliera, ovvero richieste di soccorso improprie alle Centrali 118. Va evidenziato, tra l’altro, che nell’ambito del Contratto Nazionale per la Medicina Generale, per quanto riguarda la Continuità Assistenziale, all’art. 62 comma 7 viene riportato: “Nell’ambito degli accordi regionale, per garantire al massima efficienza della rete territoriale e la integrazione con quella ospedaliera, limitando le soluzioni di continuità nei percorsi di assistenza al cittadino, si possono prevedere meccanismi di operatività sinergica tra il servizio di continuità assistenziale e quello di emergenza sanitaria territoriale al fine di arricchire il circuito professionale dell’emergenza e della medicina di famiglia”.

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Sia i MMG sia i Medici della Continuità Assistenziale debbono contare su una formazione dedicata, su supporti tecnologici adeguati, su una rete informativa condivisa, su protocolli operativi concordati, su di un sistema di comunicazione efficiente al fine di permettere la massima collaborazione possibile con i servizi dedicati all’emergenza. È necessario, in altre parole, che il MMG sia messo nell’effettiva condizione di poter ricoprire questo ruolo centrale, potendo contare su una dotazione adeguata di risorse (umane, strumentali e finanziarie). La sottodotazione di risorse del MMG permettono quindi di spiegare in parte il fenomeno del crescente numero di “codici bianchi” in ospedale: il cittadino vede l’ospedale, e nella fattispecie il pronto soccorso, quale proprio punto di riferimento 24 ore su 24, non il MMG singolo che appare difficile da reperire al bisogno (e che non è tenuto ad esserlo) né tanto meno la guardia medica, che è oggettivamente molto sottodimensionata per poter rispondere appropriatamente alle esigenze del grande bacino di utenza che si trova a servire. Un ulteriore vincolo alla possibilità del MMG di giocare un ruolo più attivo sul territorio è costituito dalla difficoltà di reperire personale infermieristico qualificato di supporto all’attività ambulatoriale, nonché alla non convenienza economica di essere da questi affiancati nell’esercizio delle proprie funzioni Alla luce del quadro delineato, affinché il MMG possa effettivamente assumere il ruolo di principale riferimento sul territorio per il cittadino, l’associazionismo sembra essere una scelta obbligata al fine di raggiungere quella massa critica a livello locale in grado di ottimizzare il proprio servizio alla comunità. Questo tema, tuttavia, è sotto i riflettori da lungo tempo, ma ad oggi, fatte salve alcune esperienze di successo a livello locale, continua a rappresentare l’eccezione piuttosto che la regola. Si avverte in particolare la necessità di prevedere incentivi utili a favorire un associazionismo evoluto tra i MMG, in altre parole occorrono finanziamenti in conto capitale che permettano uno sviluppo reale delle forme associative e la creazione/gestione ottimale delle infrastrutture di supporto (es. ambulatorio) per il corretto svolgimento delle proprie attività.

Semplificando, è dunque possibile individuare due principali ordini di fattori ostativi all’associazionismo tra MMG:

problematiche di ordine culturale: il MMG è stato abituato ad agire da “solista”, non all’interno di un team strutturato. Vi sono inoltre oggettive problematiche nel lavoro in team strutturato e in termini di codifica e diffusione dell’informazione, principalmente a causa di livelli di informatizzazione ancora bassi e tali da non permettere quello scambio di informazioni rilevanti fondamentale per il successo di iniziative di questo tipo;

problematiche di ordine ambientale: legate al costo di accesso a strutture idonee all’esercizio dell’attività (costi di affitto, difficoltà di trovare spazi adeguati personale infermieristico ed alla sostanziale inesistenza/inadeguatezza di incentivi monetari/finanziari ad un associazionismo evoluto)

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SOLUZIONE AUSPICATA

Ipotizzare una modifica dei principali contenuti del contratto del MMG, che nella sua attuale formulazione non appare del tutto coerente con l’esigenza di un adeguato presidio sul territorio, soprattutto in termini temporali. Le modalità con cui tali modifiche possono essere implementate, sono tipicamente proprie delle trattative regionali.

Facilitare forme di accesso a personale infermieristico qualificato da parte dei MMG (sgravi fiscali, ecc.).

Prevedere finanziamenti in conto capitale al fine di incentivare forme di associazionismo evoluto tra i MMG e finanziare la creazione/gestione ottimale delle infrastrutture di supporto (es. ambulatorio) per il corretto svolgimento delle proprie attività.

Incentivare il MMG, n caso di emergenza sanitaria, a fornire informazioni sulle modalità di accesso al 118 ed intervenire personalmente per affrontare la patologia in attesa dell’arrivo del personale qualificato al soccorso avanzato. Garantire ai MMG e ai Medici della Continuità Assistenziale, al fine di permettere la massima collaborazione possibile con i servizi dedicati all’emergenza, l’accesso ad una rete informativa condivisa, a protocolli operativi concordati ad un sistema di comunicazione efficiente (medicina in rete).

Incentivare forme di associazionismo evoluto tra MMG, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti, Medici della Continuità Assistenziale e di Guardia Medica (Unità Territoriali di Assistenza Primaria - UTAP, Unità di Cure Primarie - UCP Nuclei di Cure Primarie - NCP ecc.).

Dotare le strutture intermedie sul territorio e le forme di associazionismo sopra citate di adeguate risorse umane (infermieri professionali, specialisti, ecc.) e tecniche (piccola strumentazione di base, ecc.). Affinché tali strutture siano effettivamente in grado di contribuire con efficacia alla soddisfazione dei bisogni del cittadino, appare necessario un loro sviluppo in termini di: Adozione dei percorsi assistenziali

Disponibilità a rispondere ad un certo grado di urgenza

Garanzia/contributo alla continuità assistenziale del paziente ed alla sua presa in carico

Raggiungimento di una maggiore efficienza diagnostica attraverso supporti specializzati (sistema informativo, telemedicina, ecc.)

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Alcune possibili risposte (UTAP/UCP)

Nell’ambito del riequilibrio ospedale-territorio, uno degli elementi caratterizzanti potrebbe essere rappresentato dal potenziamento di figure professionali (Care Manager) e dalla attivazione di UTAP o altri modelli organizzativi della medicina convenzionata (es. Unità di Cure Primarie - UCP), in cui la presenza continuativa dei MMG, di Medici della Continuità Assistenziale, di Pediatri e di Specialisti rappresenta un punto di riferimento territoriale, in grado di garantire un’offerta adeguata ai bisogni socio-sanitari dei cittadini e una risposta qualificata medico-infermieristica e specialistica h 24. L’obiettivo è quello di un’ottimale presa in carico del paziente, che rende necessario un reale “gioco di squadra” tra i diversi attori del sistema: la Medicina Generale, la Medicina Specialistica, l’Assistenza di tipo sociale, ecc.. Tali modelli organizzativi della medicina generale convenzionata potrebbero perseguire un modello multifunzionale, in cui uno stesso MMG nell’arco di una giornata ripartisce il proprio tempo svolgendo più attività: l’ambulatorio tradizionale, la specializzazione (sempre nell’ambito della medicina generale), la guardia medica. Questo consentirebbe tra l’altro il recupero e la valorizzazione all’interno di tali strutture del lavoro dei medici di guardia medica, il cui contributo risulterebbe di grande utilità per il funzionamento dell’intero sistema.

Le Unità Territoriali di Assistenza Primaria (UTAP) sono strutture territoriali ad alta integrazione multidisciplinare ed interprofessionale, in grado di dare risposte complesse ai bisogni di salute delle persone, prevedono l’associazione di più medici convenzionati, e rappresentano un passaggio sperimentale verso modelli ottimali e più moderni di gestione del territorio. Previste dalla Conferenza Stato Regioni il 29 luglio 2004, le UTAP sono infatti definite come: “processo che, attraverso l’operato in gruppo dei medici convenzionati (MMG, Pediatri di libera scelta, specialisti, medici della continuità assistenziale e di Guardia Medica), consente la possibilità di erogare una serie di cure primarie ininterrottamente, corresponsabilizzando tutti i soggetti coinvolti circa la spesa all’interno di una quantità di risorse programmate, sottoponendosi a verifica su indicatori di quantità e qualità. Compito dei nuovi modelli organizzativi sarà anche quello di farsi carico della cura della cronicità, riducendo in tal modo il ruolo dell’ospedale per acuti che, in quanto tale, non è adatto alla cura del cronico; questo può essere curato meglio e a minor costo nella struttura ambulatoriale vicino a casa”. Nelle UTAP gruppi di medici associati dovrebbero di fatto garantire un'assistenza sul territorio capace di ridurre l'uso del pronto intervento (118 e Pronto Soccorso) da parte dei “codici bianchi”. Le UTAP possono prevedere l’eventuale istituzione di ambulatori tenuti da MMG che garantiscono una risposta sanitaria per problematiche non di urgenza-emergenza, possibilmente 24 ore su 24, con la possibilità da parte del cittadino-paziente di usufruire in tempo reale delle consulenze specialistiche. Si ritiene tuttavia necessario definire anche quali siano i confini dell’attività svolta dalle UTAP in modo tale da non creare sovrapposizioni e confusione di ruoli con altre strutture sanitarie ed in particolare con il distretto. Ad oggi, l’UTAP non ha trovato applicazione se non in alcuni sporadici casi (talvolta derivati da altre esperienze di successo a livello internazionale), è il caso ad esempio di Toscana, Emilia Romagna e Veneto, che hanno attivato iniziative sperimentali in tal senso.

Il PRS 2005-2007 della Toscana, in particolare, ha inserito 12 progetti speciali, come “priorità” da conseguire nel triennio, tra cui le Unità di Cure Primarie (UCP).

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Per la realizzazione di questo progetto speciale, si prevede l’attivazione graduale e sperimentale, nel triennio di valenza del Piano, di Unità di Cure Primarie, con l’obiettivo di raggiungere, a partire dal 2005 ed entro la fine del 2007, il 30% della popolazione toscana (circa 1 milione di abitanti), prevedendo il coinvolgimento annuale del 10% della popolazione. Tale modello, secondo il PSR, rappresenta il futuro assistenziale in termini aggregativi e di riappropriazione da parte del territorio del ruolo fondamentale di intercettazione del fabbisogno sanitario; non dovrà essere disgiunto dall’assunzione di altre determinazioni comunque rivolte a sollecitare e premiare l’associazionismo fra medici, con forme che comunque garantiscano uniformi livelli di assistenza, e ad iniziative territoriali rivolte nella stessa direzione assistenziale. Lo scopo della sperimentazione consiste nel garantire, anche in tempi differenziati:

l’erogazione di una effettiva continuità assistenziale nell’arco delle 24 ore (LEA) per 7 giorni alla settimana, con la presa in carico del paziente;

risposte sanitarie e socio-sanitarie organizzate di livello complesso, anche con utilizzo di adeguata strumentazione tecnica ed inserimento di altre professionalità a valenza territoriale.

La nuova modalità organizzativa sperimentale (UCP) si pone come obiettivo prioritario la riconduzione della medicina territoriale al proprio originario, attraverso l’intercettazione del fabbisogno sanitario, oggi impropriamente attribuito al livello ospedaliero, grazie ad:

un miglioramento continuo del processo e del percorso assistenziale; l’integrazione operativa e/o funzionale delle varie risorse professionali; la semplificazione per l’utente dei percorsi di accesso alle prestazioni; l’appropriatezza delle prestazioni erogate; l’educazione sanitaria e la promozione della salute.

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SOLUZIONE AUSPICATA

Sviluppare modelli organizzativi della medicina generale convenzionata (es. Unità di Cure Primarie - UCP), che originariamente scaturiscono dalla progettualità delle UTAP, e che devono assicurare, in un ambito territoriale di riferimento, l’intersettorialità e l’integrazione degli interventi socio-sanitari da parte della medicina generale, della pediatria di famiglia, della continuità assistenziale, della specialistica ambulatoriale interna e di altre professionalità presenti nel territorio individuato appartenenti ai servizi sanitari distrettuali e ai servizi sociali. È inoltre necessario potenziare la figura del Care Manager che, in a collaborazione con il MMG, svolge il ruolo di coordinatore tra i diversi attori degli interventi socio-sanitari sul paziente. Garantire, attraverso modelli organizzativi della medicina generale convenzionata (es. Unità di Cure Primarie - UCP), una risposta medico-infermieristica e specialistica h 24 e un’offerta adeguata di servizi, quali ad esempio: - presa in carico da parte del medico presente nella sede dell’UCP, per la risoluzione di tutte le problematiche non differibili;

- attività di primo soccorso anche con l’intervento dell’infermiere inserito nell’UCP;

- prenotazione delle prestazioni specialistiche e indagini diagnostiche necessarie;

- prestazioni specialistiche in funzione dei medici specialisti coinvolti;

- gestione delle patologie croniche;

- erogazione di prestazioni diagnostiche di 1° livello nelle sedi in cui è presente la strumentazione necessaria.

Potenziare il modello distrettuale che, una volta superati i problemi e limiti di efficienza attuali, può garantire l’ottimale integrazione tra le diverse strutture presenti sul territorio, volte al soddisfacimento delle esigenze socio-sanitarie dei cittadini;

- È importante che la gestione del distretto sia affidata a soggetti, anche medici, che siano in possesso delle necessarie competenze di tipo economico-manageriale, al fine di assicurare un’efficiente ed efficace allocazione delle risorse.

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Utilizzo delle nuove tecnologie a supporto del Sistema

Il tema delle nuove tecnologie a supporto del sistema può essere affrontato secondo una duplice chiave di lettura:

utilizzo delle tecnologie digitali per la gestione dei dati, per la comunicazione tra gli attori del sistema (adeguato sistema informativo, telemedicina, ecc.) e per la rilevazione dei bisogni socio-sanitari della popolazione;

utilizzo di sempre più moderne apparecchiature diagnostiche e di intervento.

L’applicazione delle tecnologie digitali a supporto del S.S.N. rappresenta una fondamentale pre-condizione al funzionamento di un sistema che vuole efficacemente evolvere verso un modello a rete. L’integrazione in rete sottintende infatti un’organizzazione tra le strutture socio-sanitarie eroganti i diversi livelli di assistenza che non può prescindere dalla presenza di un’adeguata infrastrutturazione tecnologica di supporto, ovvero dalla disponibilità di efficaci mezzi di comunicazione tra gli attori del sistema tale da permettere un efficace e tempestivo scambio di informazioni (ed immagini) sulla base di protocolli comunicazionali condivisi. In particolare, occorre rafforzare il canale comunicativo tra MMG e Specialisti, al fine di garantire un facile e tempestivo scambio di informazioni utili a definire e monitorare un appropriato percorso di cura e ad assicurare la continuità assistenziale al paziente. È necessario dunque che il MMG sia messo nell’effettiva condizione di svolgere al meglio il proprio ruolo centrale nel territorio. Questo si traduce di fatto nella possibilità di:

disporre di efficaci mezzi di comunicazione con gli altri attori del percorso di cura, con particolare riferimento alla medicina specialistica – l’informatizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e la diffusione della cartella clinica telematica rappresentano pre-condizioni per una efficace continuità assistenziale erogata dal MMG;

ancora una volta, poter contare su una dotazione di risorse adeguata e sviluppare una cultura del lavoro in team finalizzata alla miglior gestione possibile del paziente.

L’utilizzo pervasivo delle tecnologie digitali, inoltre, permetterebbe l’implementazione di sistemi informatico-informativi per la rilevazione dei bisogni socio-sanitari della popolazione, finalizzati all’arricchimento della base informativa grazie alla quale vengono formulate le decisioni di allocazione dei fondi e di erogazione dei servizi. Un tale sistema permetterebbe inoltre l’ottenimento di flussi informativi omogenei riguardanti le attività svolte (ad esempio: prestazioni ambulatoriali, assistenza domiciliare, assistenza primaria, ecc.) ed i loro risultati anche in termini di appropriatezza, la mancanza dei quali rappresenta oggi uno dei principali fattori ostativi all’efficienza complessiva del sistema. In riferimento al ricorso alle più moderne apparecchiature diagnostiche e di intervento all’interno delle strutture socio-sanitarie, invece, l’analisi si presenta più complessa. Da un lato, infatti, sistemi diagnostici e di intervento sempre più sofisticati permettono teoricamente una maggior efficacia dei servizi resi al cittadino/paziente dal S.S.N..

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Dall’altro, tuttavia, si rileva come il rapporto costo-beneficio dell’utilizzo di tali sistemi stia crescendo sempre più velocemente: nella grande maggioranza dei casi, il contributo marginale di ogni ulteriore innovazione è, a fronte di costi crescenti, via via più limitato. In una tale situazione, l’appropriatezza della cura, in senso lato, ed un’attenta valutazione degli effettivi bisogni della popolazione dovrebbero rappresentare i principali driver nell’ambito delle decisioni di investimento in apparecchiature e sistemi complessi. In aggiunta, si segnala l’opportunità di favorire lo sviluppo di centri di eccellenza sulla singola patologia nei quali concentrare gli investimenti in tecnologia più onerosi. In tal modo sarebbe infatti possibile prevenire le potenziali duplicazioni di investimenti in apparecchiature costose, permettendo il raggiungimento di quella massa critica di potenziali pazienti in grado di prevenire situazioni di sottoutilizzazione.

SOLUZIONE AUSPICATA

- Definire ed implementare efficaci sistemi informatico-informativi in grado di valutare quei bisogni della popolazione, oggi altamente complessi e diversificati, che si originano/manifestano al di fuori dalle strutture per acuti, per poter permettere al sistema di porre in essere una risposta appropriata, e modulabile nel tempo. - Definire ed implementare efficaci sistemi informatico-informativi per la rilevazione capillare delle attività svolte sul territorio e dei risultati da queste conseguiti, anche in termini di appropriatezza. - Incentivare la diffusione della cartella clinica telematica. - Porre grande enfasi sul concetto di appropriatezza della cura e sull’attenta valutazione dei bisogni della popolazione quali driver per le decisioni di investimento in apparecchiature e sistemi complessi. - Favorire lo sviluppo di centri di eccellenza sulla singola patologia nei quali possano essere concentrati gli investimenti tecnologici più onerosi. - Adottare logiche di technology assessment per valutare al meglio le modalità di utilizzo, l’efficacia delle nuove tecnologie e l’effettiva utilità per il trattamento di determinate patologie, sempre in un contesto di rapporto costi/benefici e di appropriatezza delle cure.

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Valorizzazione e formazione del personale del S.S.N.

Le risorse umane assumono un’elevata valenza strategica in ogni contesto organizzativo e rappresentano una variabile ancor più centrale nell’ambito di processi di cambiamento.

Duplice appare quindi la prospettiva di approccio alla valorizzazione e formazione del personale del S.S.N.. Da un lato, è necessario diffondere in modo capillare all’interno del sistema le logiche che sottendono il percorso di riequilibrio territoriale delle strutture e dei servizi sanitari, al fine di aggregare elevati livelli di consenso in grado di garantire la rimozione e/o la prevenzione di dannose resistenze al cambiamento, a tutti i livelli. Dall’altro, è necessario allineare gli interventi di formazione (pre e post - inserimento nel sistema) ai nuovi obiettivi del S.S.N. ed alle nuove esigenze che sono sorte e sorgeranno in futuro a seguito dei cambiamenti strutturali in atto in termini di evoluzione demografica e di morbilità. Un tale allineamento richiede, in particolare:

la nascita, la diffusione e l’adeguata formazione di quelle nuove figure professionali che l’evoluzione della morbilità sta rendendo sempre più necessarie (es. Care/Case Manager);

il potenziamento e la razionalizzazione degli interventi formativi e di sviluppo del personale del S.S.N., con riferimento sia ai percorsi di laurea che alla formazione permanente, in aula e sul campo.

Integrazione, multidisciplinarietà e propensione al gioco di squadra ed al lavoro in team per il perseguimento di obiettivi comuni in termini di servizio complessivo al cittadino/paziente dovrebbero rappresentare il filo conduttore dei percorsi di sviluppo del personale del S.S.N. e dovrebbero pertanto essere diffusi in modo capillare e pervasivo a tutti i livelli del sistema. In particolare, si sottolinea come due delle principali direttrici di azione in tal senso riguardino il rapporto e la collaborazione tra MMG e specialisti ed il rapporto tra l’assistenza a carattere sanitario e l’assistenza a carattere sociale. Un ulteriore punto di particolare importanza nell’ambito della formazione del personale del S.S.N. è rappresentato dallo sviluppo di adeguate capacità comunicazionali in capo al singolo soggetto, sia nei confronti del cittadino/paziente sia nei confronti degli altri attori dell’assistenza socio-sanitaria. La capacità del medico di relazionarsi con il cittadino/paziente è infatti un tema di assoluta criticità nel rapporto medico-paziente, non solo durante la fase di prevenzione e diagnosi ma anche durante la fase di cura e riabilitazione. Affinché l’organizzazione a rete dei servizi sanitari possa funzionare in modo efficace ed efficiente è inoltre necessario che i diversi attori utilizzino un linguaggio comune ed omogeneo in grado di permettere e facilitare l’effettiva interazione tra tutti i professionisti che intervengono nel percorso di assistenza al paziente. Un tema strettamente connesso allo sviluppo ed alla valorizzazione delle risorse umane nell’ambito del S.S.N. è infine rappresentato dalle logiche di remunerazione del personale, che dovrebbero essere differenziate in funzione:

delle capacità professionali possedute dal soggetto; del raggiungimento degli obiettivi di salute della popolazione assitita; delle responsabilità assunte; del ruolo ricoperto all’interno del sistema (funzione dirigenziale - es. Dirigente

di Dipartimento; funzione professionale - es. grande neurochirurgo; ecc.).

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Le logiche di retribuzione dovrebbero dunque essere agganciate ad elementi di merito ed essere coerenti con l’ampiezza dei compiti assegnati al soggetto nell’ambito di un S.S.N. in evoluzione.

SOLUZIONE AUSPICATA

Ottenere condivisione e consenso sulla riprogettazione dell’offerta nella sua globalità lungo tutta la rete di strutture, funzioni ospedaliere e territoriali, grazie ad un’analisi condivisa del processo assistenziale e ad una capillare diffusione della conoscenza dei mutati fabbisogni socio-sanitari della popolazione.

Orientare le attività di formazione professionale agli obiettivi del sistema:

- Realizzare opportuni interventi di formazione finalizzati allo sviluppo delle nuove figure professionali richieste dal territorio, con particolare riferimento al Care Manager e al Case Manager;

- Riqualificare il personale socio-sanitario sulla base degli obiettivi di riequilibrio stabiliti.

Stimolare, attraverso opportuni interventi formativi, il processo di potenziamento della struttura organizzativa territoriale verso l’integrazione e la multidisciplinarietà.

Sviluppare una cultura del lavoro di squadra, finalizzata alla miglior gestione possibile del paziente non rispetto al singolo bisogno ma alla totalità delle sue necessità assistenziali di tipo socio-sanitario.

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Educazione sanitaria del cittadino ed informazione

Nell’ambito dell’educazione sanitaria del cittadino, l’informazione a carattere medico-scientifico assume un ruolo chiave.

Nel dibattito sui principi etici che devono guidare i comportamenti del medico, emerge la necessità di considerare anche il comportamento dei ricercatori che operano in Istituti e Università, che spesso comunicano notizie che creano delle false aspettative nella popolazione riguardo la cura di particolari patologie, annunciando imprudentemente la scoperta di nuove cure, senza che ne venga verificata prima la veridicità e la correttezza scientifica. Rispetto a questo tema, si lamenta una grande difficoltà da parte delle Società Scientifiche nel presidio e controllo delle notizie spesso fornite con troppa leggerezza da parte di singoli medici e ricercatori (anche affermati) ai media, alla ricerca di audience e seguendo le “mode” del momento. Si osserva in particolare l’assoluta mancanza di filtri e controlli su medici ed intervistatori che riferiscono, in televisione, su argomenti rilevanti per la salute degli italiani, senza minimamente riflettere sulle conseguenze di informazioni “leggere” su argomenti “pesanti” e viceversa.

L’educazione sanitaria del cittadino riveste un’importanza centrale nell’ambito di un Sistema Sanitario Nazionale in evoluzione. Essa costituisce innanzitutto un pilastro fondamentale per il raggiungimento delle finalità stesse di un sistema che vuole poggiare non solo sulla cura del paziente, ma anche su un’efficace attività di prevenzione.

SOLUZIONE AUSPICATA

Promuovere l’educazione alla salute, attraverso specifici programmi formativi, fin dai primi anni di vita della persona.

Facilitare e diffondere le attività di prevenzione, con particolare attenzione all’identificazione ed alle possibilità di rimozione dei fattori di rischio ed allo screening finalizzato alla diagnosi precoce, al fine di aumentare progressivamente la porzione di vita libera da malattia (di tipo fisico o mentale) della popolazione.

Educare il cittadino ad un utilizzo corretto delle risorse del S.S.N., prevenendo fenomeni di abuso e/o di spreco (non solo in riferimento ai farmaci, ma agli esami diagnostici non necessari, ecc.).

Misurare l’impatto/efficacia degli interventi di promozione alla salute.

Stimolare un processo di cambiamento culturale dei cittadini/pazienti ai fini del riequilibrio verso il territorio, diffondendo la conoscenza:

- Dell’esistenza di strutture territoriali alternative alle strutture adibite alla cura delle acuzie

- Dei vantaggi intrinseci (non solo a livello di sistema, ma anche di singola persona) derivanti dal loro utilizzo.

Gestire attentamente le eventuali tensioni sociali derivanti da attività di riequilibrio territoriale e preservare i cittadini da un uso strumentalizzato delle informazioni sulla riprogettazione della rete ospedaliera ed assistenziale

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CODICI BIANCHI E MEDICINA GENERALE

dr. Lucio Zinni

Nell’ottica di una discussione sulla Integrazione tra Ospedale e Territorio e sulle procedure attuative affinché ciò sia realizzabile, non si può prescindere dal fatto che, ad oggi, il punto nevralgico di tale integrazione non passa attraverso le procedure per la Gestione Integrata di Patologie Croniche, pur assolutamente elettive quando si voglia uniformare percorsi, comportamenti, il più possibile virtuosi da parte di tutti gli attori ed eccellenza nella qualità delle cure delle patologie a grande prevalenza. Il punto nevralgico, il contatto tra i due mondi separati Ospedale - Territorio c’è ed è il Pronto Soccorso. In un’ottica che veda il cittadino al centro delle cure, con un Servizio Sanitario Pubblico efficace (quanto a risultati) ed efficiente (in un’ottica di economia di scopo) nei suoi interventi, non può essere omesso il fatto che è lì, nell’assistenza in urgenza che si consuma, e spesso si brucia, il rapporto che ogni cittadino ha con la Sanità Pubblica. E’ lì che convergono vorticosamente molti contenziosi tra il Medico di Medicina Generale e “i Medici Ospedalieri” genericamente intesi. Ora la domanda è: “Qual è il ruolo che la MG può giocare nella Gestione Integrata delle urgenze con l’Ospedale?”. Occorre qualche premessa prima di provare ad abbozzare qualche risposta. Sappiamo che la figura del MMG non si caratterizza in nessun modo e in alcun momento della sua attività professionale come un Medico dell’Urgenza. Il MMG è un Professionista che ha uno Studio attrezzato per il ricevimento e per le visite a pazienti affetti dalle patologie più varie, che si occupa della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei propri assistiti sempre più alla luce di una Medicina basata sulle prove di efficacia e sempre meno legata ad una interpretazione della Medicina come “Arte”, che si fa carico di quella parte burocratica che gli compete e che attiene alle certificazioni di stati di salute necessari alle attività dei propri assistiti. E molte altre cose che qui non si elencano. Non l’urgenza, quindi! Del resto è del tutto evidente che per l’Urgenza occorre una figura professionale medica “allenata” e dal punto di vista meramente teorico, e dal punto di vista pratico operativo, cioè anche “addestrata”. In questo frangente, si può ben dire che la casistica più o meno numerosa è parte integrante della formazione continua del Medico di Urgenza e la numerosità dei casi è direttamente proporzionale alla qualità della efficacia di intervento. Occorre inoltre, non solo e non tanto il Medico, ma una struttura intera (infermieri, attrezzature diagnostiche) che possa e che debba supportare l’intervento perché questo abbia le maggiori probabilità di efficacia e di efficienza cui si faceva riferimento più sopra. Infine occorre distinguere fra le urgenze poiché esse non sono tutte uguali. Sappiamo infatti che ormai da molti anni i pazienti che afferiscono nei Pronto Soccorso vengono classificati in base alla “categoria” dell’urgenza stessa, più precisamente vengono processati secondo un “triage” in codici rossi, gialli e bianchi in ordine di gravità decrescente. Dietro i Codici Bianchi si nascondono la grandissima parte degli accessi impropri al Pronto Soccorso. A quel cittadino il Sistema Sanitario Pubblico deve dare una risposta efficace ed efficiente in tempi rapidi comunque, ma senza che ne risultino intasate le strutture di Pronto Soccorso, poiché dietro quella richiesta inappropriata di

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urgenza, o, pur appropriata , benché non grave, comunque urgente, si cela il bisogno di un cittadino di avere una risposta rapida e affidabile, insomma. A questa domanda, finora, nessuno dà una risposta e i Pronto Soccorso diffusamente su tutto il territorio nazionale effettuano un numero impressionante di prestazioni dalle più appropriate a quelle più lontane dalla propria ragion d’essere. In tale contesto gioca un ruolo non secondario il circo massmediatico che, a volte per mera ignoranza, a volte per logica di aumento delle vendite (quando si tratti di giornali) o di audience (quando si tratti di radio e TV) e molte altre volte con fondato sospetto di malafede (dietro ogni testata c’è un gruppo economico più o meno grande con interessi diretti o indiretti in campo sanitario assicurativo), approfitta di episodi di cosiddetta malasanità proprio sull’urgenza per screditare tout court il Sistema Sanitario Pubblico. Se il MMG decide di giocare un ruolo e ricerca una integrazione del suo operare con l’Ospedale in questo settore, non può in nessun momento prescindere da queste considerazioni. Non va dimenticato infatti che ad oggi il gradimento della figura del MMG all’interno del Sistema Sanitario è ancora altissima ed è di gran lunga la più gradita ai cittadini pur con tutte le critiche e le osservazioni al Sistema Sanitario Pubblico. Un tale patrimonio di fiducia non può essere speso e immolato sull’altare dell’integrazione a tutti i costi con realtà che non hanno un altrettanto alto gradimento non solo per “narcisismo professionale” della MG ma per la tenuta stessa del Sistema Pubblico. Definito il perimetro entro il quale il MMG può giocare il suo ruolo come pilastro territoriale dell’urgenza (quella dei Codici Bianchi) il passo successivo è la definizione della possibile rapidità, della affidabilità e della sicurezza procedurale per il MMG nella gestione di patologie in urgenza. Si pone in sostanza il problema secondo diversi ordini:

1. Configurazione giuridico – organizzativa della MG2. Accesso rapido alla diagnostica strumentale e di laboratorio 3. Adeguata qualità (efficienza) della struttura nella quale il MMG opera4. Allocazione di maggiori risorse sul territorio rispetto all’Ospedale5. Utilizzo di strutture ad oggi pionieristiche (Ospedali di Comunità) o, ed è il

caso abruzzese, non (ancora) esistenti. Per quanto attiene al primo punto, va detto che la Medicina Generale non è all’anno zero e quella Abruzzese in particolare si è spesa e ha fatto più di un passo nel senso della Integrazione in questo settore. Gli ACN ultimi e l’ultimo in particolare hanno teso a configurare sempre più il MMG non come figura residuale ottocentesca di Medico dotato del proprio sapere e della propria borsa professionale. Invece si è proceduto ad una progressiva riconversione del MMG diversamente organizzato e integrato con altri MMG da forme associative semplici fino a forme via via più complesse (Reti, Gruppi, Nuclei di Cure Primarie –UTAP). Il MMG è sempre meno solo nel proprio operare e si avvale di collaboratori di studio e di personale infermieristico all’interno di Studi Professionali con elevati livelli di standard qualitativo. E solo grazie a tale organizzazione che oggi si può prendere in considerazione l’ipotesi della Integrazione con la struttura Ospedaliera. L’Accordo Integrativo Regionale Abruzzese siglato il 07/08/06, che di seguito si riporta integralmente nel suo art. 22, ha poi previsto alcune procedure attraverso le quali si può prevedere l’intervento della Medicina Generale sui Codici Bianchi.

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Articolo 22MEDICI DI ASSISTENZA PRIMARIA E CODICI BIANCHI AL PRONTO SOCCORSO

Ogni giorno in Italia milioni di persone si rivolgono al Pronto Soccorso quando hanno un qualsiasi problema sanitario; è un numero in costante crescita che va a discapito della necessità di concentrare tutte le risorse umane e tecnologiche per il trattamento dei pazienti gravi e dei casi davvero urgenti.

Per decongestionare queste strutture si propone alle ASL interessate la possibilità di sperimentare l’impiego dei medici di Assistenza Primaria per l’espletamento dei “codici bianchi” in Pronto Soccorso secondo la seguente procedura :

1. Nella ASL che decida di sperimentare questa forma di collaborazione, i medici di Assistenza Primaria vengono invitati a produrre le relative domande

2. In ogni sede di Pronto Soccorso è stilata una graduatoria in base al numero delle scelte in carico a ogni medico che si renda disponibile a tale collaborazione; è titolo preferenziale il basso numero di scelte e la titolarità solo nel settore dell’Assistenza Primaria.

3. Il medico di Assistenza Primaria può partecipare alla sperimentazione solo presso i Pronto Soccorsi che siano al di fuori del proprio ambito di scelta.

4. L’attività deve essere svolta in idonei locali contigui al Pronto Soccorso.

5. I ricettari utilizzati per la prescrizione dei farmaci e/o degli esami sono quelli della struttura; il timbro apposito è quello del medico che prescrive.

6. Il compenso orario previsto è pari ad euro 50,00 a ora da attingere ad apposito fondo istituito dall’Azienda.

7. E’ previsto un Coordinatore dei medici di Assistenza primaria nel Pronto Soccorso con i seguenti compiti:

a)-Rappresentare il tramite fra medici di Assistenza Primaria e il Responsabile del Pronto Soccorso e/o la Direzione Sanitaria di Presidio per risolvere le problematiche logistiche e gestionali del servizio,in particolare per l’organizzazione dei turni

b)-Promuovere tra i colleghi azioni utili al miglioramento del servizio,nonché all’adozione degli strumenti del governo clinico e dell’audit

c)-Promuovere modalità di lavoro basate su valutazioni collegiali del servizio con incontri periodici (almeno ogni tre mesi ), fungendo da interfaccia tra i colleghi e i Referenti dei macrolivelli territoriale ed ospedaliero

d)-Partecipare alle attività degli organismi istituzionali delle Direzioni Aziendali.

8. I Coordinatori sono eletti dai medici di Assistenza Primaria che espletano il servizio; l’incarico ha durata annuale ed è rinnovabile una sola volta. I Coordinatori per lo svolgimento delle suddette attività devono impegnare 3 ore settimanali, presso la sede dell’ambulatorio dei codici bianchi, con singoli accessi non inferiori all’ora; per tale incarico, che è aggiuntivo al servizio attivo in ambulatorio, è previsto un gettone omnicomprensivo pari euro 25,00 a ora

Quello appena descritto ed espressamente previsto è un meccanismo di affiancamento al Pronto Soccorso da parte dei Medici di Assistenza Primaria.E’ lecito prendere in considerazione anche la possibilità, fortemente voluta dalla Parte Pubblica, di procedure e Percorsi Alternativi al Pronto Soccorso, ma qui le

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forme e i modi confliggono fortemente su come l’Assistenza Primaria si è andata configurando nel corso degli anni sul territorio.1. Istituzione di Ambulatori di Primo Soccorso tenuti direttamente dai MMG che

garantiscano una risposta sanitaria per problematiche di non urgenza-emergenza, h24, senza pagamento di alcun ticket, con la possibilità di usufruire in tempo reale di consulenze specialistiche. Strutture da collocare in Ospedale ma con accessi separati nettamente dal Pronto Soccorso (UTAP da dislocare negli Ospedali stessi). Il punto di maggior criticità che si riesce a vedere è un raddoppio della struttura dove la parte debole è proprio quella “affidata” alla Medicina Generale, che si troverebbe Integrata in Ospedale, ma senza pari dignità da un lato e con un carico di lavoro e una responsabilità giuridica assolutamente più pesanti. Ove si vogliano considerare pure gli oneri derivanti dal maggior costo in termini di stipendi al personale e stipula di polizze assicurative, sarebbe fortemente inficiato il restante lavoro del MMG che resterebbe pur sempre configurato come quello di un Libero Professionista in Convenzione.

2. Accesso Diretto in Ospedale con Percorsi Preferenziali e di Urgenza a Strutture Specialistiche anche di Diagnostica Laboratoristica e Strumentale. Certamente più facilmente attuabile ove si pensi a forme sperimentali di MMG aderenti che, in varia forma organizzati, si sottopongano a procedure di Governo Clinico dell’Urgenza, di Risk Management e di Audit formativi. La ASL dovrebbe al tempo stesso esercitare il controllo sull’appropriatezza delle richieste in Urgenza attraverso apposite strutture di cui facciano comunque parte anche i MMG attraverso propri rappresentanti, al fine di evitare impropri accessi urgenti per esami e accertamenti che possano avere una loro “fisiologica” attesa.

3. In ogni caso il personale medico e non medico dovrà ricevere specifica formazione all’Urgenza. Tale formazione dovrà avere carattere valutativo e certificativo e dovrà essere validata periodicamente (ogni 3-5 anni). Si può pensare a Master di II livello Universitario per il Personale Medico in modo da poter essere valido supporto per il personale di 118, specie per le zone più periferiche rispetto ai Punti 118.

4. Allocazione di maggiori risorse sul territorio rispetto all’Ospedale5. Utilizzo di nuove strutture territoriali. Si ritiene che il Percorso Elettivo di

Integrazione Ospedale Territorio specie per quanto attiene ai Codici Bianchi possa e debba realizzarsi attraverso la creazione di quelle strutture che in Toscana hanno preso il nome di Ospedale di Comunità, nelle Marche Presidio Territoriale Integrato d’Assistenza Residenziale o Comunity Hospital, in Umbria Ospedale di Comunità a Degenza Breve, in Puglia Unità di Degenza Territoriale, in realtà questi posti letto sono inseriti come servizio in rete nell’ambito distrettuale e potrebbero essere chiamati Ospedali di Distretto gestiti direttamente da MMG attraverso le loro forme di organizzazione e ciascun MMG avrebbe la gestione di posti letto a bassa intensità di cure. Le figure specialistiche e le tecniche diagnostiche di primo livello potrebbero comunque garantire una stabilizzazione anche del paziente critico da trasferire presso Centri ad alta intensità di cura. I meccanismi dell’appropriatezza, negli accessi e nelle cure, saranno comunque oggetto di controlli, attraverso Commissioni all’uopo preposte e di cui i MMG siano parte sostanziale e non di mera rappresentanza. E’ vero che, laddove presenti, gli Ospedali di Comunità non si caratterizzano certo per l’espletamento di funzioni di supporto all’urgenza, ma è altrettanto

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vero che qui si pone l’accento su quella urgenza particolare che è rappresentata dai Codici Bianchi. Considerando di poter evitare al cittadino il ticket sanitario e prevedendo uno spostamento di risorse finanziarie verso il territorio, si può pensare invece certamente ad un notevolissimo alleggerimento della pressione sui Pronto Soccorso per tutti gli accessi impropri (si pensi che il 90% di tutti gli accessi pediatrici in PS sono Codici Bianchi!!). Si consideri inoltre l’effetto indiretto sull’abbattimento delle liste d’attesa per una serie di esami strumentali che oggi sono pressoché a disposizione dei PS h24. L’Ospedale di Comunità non è la panacea e non risolve il problema dell’urgenza percepita come grave dal cittadino anche quando non lo è. Ma certo rappresenta la modalità attraverso la quale una effettiva Integrazione può realizzarsi fra Ospedale e Territorio anche sull’area critica dei Codici Bianchi e dell’Osservazione Breve in sede periferica rispetto ai PS.A titolo puramente esemplificativo si riporta di seguito la tabella della organizzazione di uno dei più noti Ospedali di Comunità in Italia, quello di Arcevia

PIANO OPERATIVODefinizione dei posti letto 8 posti letto RSM - 12 posti letto RSAOrganizzazione dell'Asssistenza:Personale

5 Medici di M.G."Ass.Medica Arcevia" Personale organizzati in turni di 5 ore di presenza attiva a rotazione da Lun. a Ven.; un'ora settimanale da dedicare alla programmazione collegiale da considerarsi come presenza attiva, turni di reperibilità di 7 ore al dì Sabato 2 ore di presenza attiva,Medico di guardia medica,Postazione del 118Med. Specialisti ambulatoriali secondo profili di curaEquipe infermieristica 24 ore/die(n. 6)Terapista per la riabilitazioneOta personale di assistenza dell'Azienda (N3)

  Ausiliari n. 3 unitàOrganizzazione assistenza:prestazioni e farmaci

Esami di laboratorio: punto prelievo prestazioni e farmaci interno ed esterno collegato con il laboratoriodiagnostica per immagini: presente una Radiologiafarmaci e presidi: forniti dal servizio centrale e gestiti dalla struttura

Ruoli e ResponsabilitàResponsabile del Distretto E' il responsabile organizzativoMedici di M.G. Si integrano con l'altro personale di assistenza

Sono i responsabili dell'assistenza medicaAssicurano la presenza e la reperibilità secondo gli orari stabiliti

Caposala Responsabile dell'attività infermieristica nella struttura da reperire tra il personale del distretto

Infermieri Forniscono le cure infermieristicheSomministrano le terapieCollaborano con i Medici

Ota Assicurano l'assistenza alla persona per le attività della vita quotidianaSpecialisti Forniscono le consulenze specialistiche quando richiesteTerapista riabilitazione Eseguono le terapie riabilitative previste dal programma individuale

definitoAltri operatori distrettuali Si integrano al bisogno alla equipe assistenzialeUVD Stabilisce i programmi assistenziali individuali

Determina le ammissioni e dimissioniEffettua la valutazione sulla attività della struttura

All'interno dell'Ospedale di Comunità, durante la presenza dei Medici di Medicina Generale, si effettuano inoltre diverse attività professionali rivolte all'utenza esterna:

Trasfusioni Fleboclisi Pronto intervento in assenza del 118 ecc.

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Nell'anno 2002 il tasso di utilizzo dei posti letto, RSA e RSM, è stato del 95 per cento con un costo giornaliero di circa Euro 140,00.

Figure Medico Specialistiche presenti nel Poliambulatorio:

• Geriatra• Cardiologo• Neurologo• Ortopedico• Fisiatra• Oculista• Otorino• Dermatologo• Ginecologo• Psichiatra• Chirurgo

È presente una volta al mese lo specialista del centro antidiabetico.

È operativo un ambulatorio di Igiene e Sanità Pubblica per la presenza all'interno dell'Associazione Medica Arcevia di tre Medici di medicina generale anche ex condotti.Figure Socio-Sanitarie ( part - time ):

• Psicologo• Ass. Sociale• Tecnico di logopedia• Ostetrica• Ass. Sanitaria

Ambulatorio Infermieristico:

N. 2 Infermieri Professionali che gestiscono l'attività infermieristica del Poliambulatorio e del Territorio.N. 1 AmministrativoN. 1 Front Office

Bibliografia

1. BMJ 1995; 311: 427-430; Jeremy Dale, Judith Green, Fiona Reid, Edward Glucksman, and Roger Higgs. Primary care in the accident and emergency department: comparison of general practitioners and hospital doctors

2. BMJ 1996; 312: 1135-1142 Andrew W Murphy, Gerard Bury, Patrick K Plunkett, David Gibney, Mary Smith, Edwina Mullan, and Zachary JohnsonRandomised controlled trial of general practitioner versus usual medical care in an urban accident and emergency department: process, outcome, and comparative cost

3. Br. J .Gen. Pract. 1999; 49: 43-44 -Gibney D, Murphy AW, Barton D, Byrne C, Smith M, Bury G, Mullan E, Plunkett PK. Randomized controlled trial of general practitioner versus usual medical care in a suburban accident and emergency department using an informal triage system

4. Occhio clinico n. 9/Dicembre 2006 – L’urgenza differibile è quella degli altri – G.Belleri

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NUOVE REALTA’ OPERATIVE

dr. Domenico Barbati

Se il sistema salute vorrà finalmente porre in primo piano il paziente senza arrecargli nuovi disagi, non è più sufficiente solo l’applicazione di strumenti e tecniche a specifici aspetti della qualità per l’assistenza. Il contesto organizzativo entro cui tecnica e strumenti dovranno essere utilizzati, dovrà prevedere prioritariamente un sistema di relazioni tra le professionalità coinvolte, quale elemento indispensabile per organizzare efficaci risposte alla domanda di salute. Facendo riferimento alla dichiarazione di Alma Ata 1978 “L’assistenza sanitaria di base è quella essenziale, fondata su metodi pratici e tecnologie appropriate scientificamente validate, resa universalmente accessibile agli individui e alle famiglie nella collettività, attraverso la loro piena partecipazione, a un costo che la collettività e i paesi possono permettersi ad ogni stadio del loro sviluppo nello spirito di responsabilità e di autodeterminazione”, è ben evidente come solo un adeguato sistema di cure primarie, può essere in grado di promuovere un reale miglioramento nelle condizioni di vita delle popolazioni. Nell’analisi di indicatori complessivi di risultato, la riduzione della mortalità può essere ottenuta attraverso due processi distinti:- Growth-mediatet (mediato dalla crescita) crescita economica rapida e sostenuta, ed è quindi da questa dipendente;- Support –led (mediato dal sostegno) programma ben calibrato di supporto sociale e assistenza sanitaria, istruzione ed altri aspetti sociali, realizzabile attraverso chiare scelte pubbliche. Le cure primarie rappresentano una parte fondamentale della tutela della salute ed un loro reale rafforzamento è indispensabile per un miglioramento efficace delle condizioni di vita anche nei paesi fortemente industrializzati . Negli Usa la differente organizzazione delle cure primarie è all’origine di disuguaglianze tali da determinare, nei gruppi di popolazione nera, condizioni di svantaggio con attese di vita minori anche di 20 anni rispetto ai gruppi bianchi. Nell’analisi di tale situazione sul New England Journal of Medicine dell’agosto 2004 ( “Primary care Physician Who Treat Blacks and Whites”) Peter B. Bach giungeva alla conclusione che, a fare la differenza, potrebbe essere proprio la diversa qualità delle cure primarie in riferimento a tre variabili:

la qualificazione posseduta dai medici di famiglia il grado di capacità professionale l’inserimento di questi medici nella rete che eroga prestazioni di secondo livello.

Le cure primarie riconoscono come proprio livello di riferimento quello più prossimo ai cittadini e cioè il territorio, ove l’ambito organizzativo viene ad essere essenzialmente distrettuale. L’attività del MMG è il primo anello della modulazione alla risposta delle cure primarie che, nell’ambito di modelli gestionali, integrino le diverse realtà operanti nell’ambito territoriale formando una rete assistenziale. Un’organizzazione così strutturata deve poter contare, oltre che su una ben formata rete di servizi, anche su strutture capaci di contenere:

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- l’erogazione delle cure primarie - l’integrazione con quelle specialistiche- la connessione con la continuità assistenziale- l’integrazione con il sociale - la gestione territoriale dell’ emergenza-urgenza - la domiciliarità delle cure- le attività di prevenzione.

L’ambito di intervento, con queste premesse, è arduo e non scevro di problematiche, ma la strada intrapresa nel corso degli anni in ambito sia contrattuale che professionale ribadisce che vi è la necessità di un cambiamento al passo con i tempi. Tale razionalizzazione delle cure deve essere calibrata sul territorio, vi è la necessità di poter gestire bacini di utenza nell’ambito di 5 -10 mila abitanti in strutture polivalenti, in grado di erogare materialmente l’insieme delle cure primarie e di garantire la continuità assistenziale e le attività di prevenzione. Il MMG nell’integrarsi in questi nuovi modelli non deve perdere il proprio rapporto fiduciario con l’assistito, che lo caratterizza in quell’unicum quale garante delle cure e solo interlocutore capace di interagire positivamente nel percorso curativo dell’assistito, rappresentando il punto di sintesi tra le varie componenti del processo. La realtà nazionale, nella variegata territorialità delle cure, certamente rappresenta un altro ostacolo alla crescita del sistema assistenziale, ma ciò non deve e non può rappresentare un ostacolo alla crescita culturale di una nuova forma di assistenza integrata, anzi deve essere un pungolo a trovare modelli che possano essere adattati alle esigenze territoriali. Nell’ambito di quanto delineato, diviene logico e perentorio che i MMG dovranno rivedere i propri schemi di intervento sia in ambito professionale che di integrazione con tutte le professionalità. Sebbene il medico singolo abbia un ruolo fondamentale e portante, la sua figura deve essere rimodulata nell’ambito del concetto di rete, affinché non rimanga isolato nel proprio ambulatorio ma sia anch’esso partecipe e regista del sistema di cure territoriali. E’ dunque evidente che, quanto più sia possibile, la strada da percorrere deve essere quella dell’associazionismo, scelta obbligata se si vuole raggiungere ed ottenere un risultato in grado di ottimizzare il proprio servizio nell’ambito della comunità. Tale concetto se pur visto scetticamente da alcuni colleghi, diviene un vero e proprio motore mettendo in campo le qualità di ognuno in ambito professionale ed ottimizzando, non solo le prestazioni erogate ma l’operatività in generale con l’impiego di mezzi diagnostici e strutture . In Italia il monitoraggio comparativo delle modalità organizzative della medicina generale con le realtà europee è stato iniziato già nel 2004 dal Cergas dell’università Bocconi di Milano. Le nuove strutture polivalenti (Utap, le odierne Case della Salute, ecc…) rappresentano l’evoluzione della medicina di gruppo, ed affondano le radici in diverse realtà europee, pur tuttavia emergono chiaramente alcune criticità così sintetizzabili:

il lavoro in equipe in grandi sedi uniche attrezzate prefigura qualcosa di molto diverso da quello finora praticato negli studi tradizionali

ospitare gli specialisti tende a sgravare gli ospedali e pronto soccorso da compiti impropri, ma di fatto aggrava il quadro di responsabilità del medico di famiglia

lavorare in una struttura guidata da più MMG e funzionante 7 giorni su 7, 24 ore al giorno, rappresenta un altro punto di criticità non trascurabile

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ultimo ma non meno importante, il dubbio sul futuro delle sperimentazioni di questi modelli, una volta concluse, e sulle garanzie ai medici partecipanti per i loro investimenti.

Nello stesso tempo sorgono altre domande alle quali si deve rispondere: quale collocazione avranno queste strutture nell’ambito del sistema

aziendale? come si finanzieranno? chi avrà la responsabilità tra i vari professionisti se il referente è

“primus inter pares” ? queste strutture si configureranno come un centro di responsabilità del

budget distrettuale/aziendale oppure come erogatrici di prestazioni?

Tutte domande alle quali anche gli esperti del Cergas della Bocconi hanno tentato di dare una risposta, evidenziando che i primi nodi da sciogliere sono rappresentati dagli obiettivi che le strutture dovrebbe darsi. Tale perplessità nasce dalla loro impostazione: se esse rappresentino un mero tampone all’inefficienza del sistema (il che non porterebbe lontano) oppure debbano realmente rappresentare strutture deputate all’erogazione di servizi che diano ad esse anche legittimazione sociale.E’ necessario quindi, oltre ad una forte regia istituzionale, anche stanziamenti strutturali con risorse appropriate, come è esplicitamente evidenziato nell’Acn:

Art. 54 – Forme Associative dell’Assistenza Primaria.

1. Il presente articolo disciplina le attività dei medici di medicina generale convenzionati nell'ambito delle forme associative, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera e) ed f), del D.L.vo n. 502/92 e successive modificazioni.

2. Al fine di:a) facilitare il rapporto tra cittadino e medico di libera scelta, nonché lo snellimento

delle procedure di accesso ai diversi servizi della Azienda,b) garantire un più elevato livello qualitativo e una maggiore appropriatezza delle

prestazioni erogate, anche attraverso l'attivazione di ambulatori dedicati al monitoraggio di patologie croniche ad alta prevalenza individuate concordemente a livello aziendale;

c) realizzare adeguate forme di continuità dell'assistenza e delle cure anche attraverso modalità di integrazione professionale tra medici;

d) perseguire il coordinamento funzionale dell'attività dei medici di medicina generale con i servizi e le attività del Distretto in coerenza con il programma delle attività distrettuali e quale parte integrante delle équipes territoriali di cui all'art. 26, se costituite;

e) realizzare forme di maggiore fruibilità e accessibilità, da parte dei cittadini, dei servizi e delle attività dei medici di medicina generale, anche prevedendo la presenza di almeno uno studio nel quale i medici associati svolgono a rotazione attività concordate;

f) perseguire maggiori e più qualificanti standard strutturali, strumentali e di organizzazione della attività professionale;

g) condividere ed implementare linee guida diagnostico terapeutiche per le patologie a più alta prevalenza e attuare momenti di verifica periodica;

L’obiettivo sostanziale sarà quello espresso nelle linee dell’Acn art. 62 comma 7,ove si recita : “Nell’ambito degli accordi regionali, per garantire la massima efficienza

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della rete territoriale e la integrazione con quella ospedaliera, limitando le soluzioni di continuità nei percorsi di assistenza al cittadino , si possono prevedere meccanismi di operatività sinergica tra il servizio di continuità assistenziale e quello di emergenza territoriale al fine di arricchire il circuito professionale dell’emergenza e della medicina di famiglia”. Altro problema da risolvere è quello della scelta tra strutture integrate con locali messi a disposizione della Asl e strutture aggregate dove i MMG si organizzano da soli in forma societaria e sedi proprie. La soluzione auspicabile dovrà tener conto dei seguenti punti programmatici:

potenziare il distretto nell’ottica di una riorganizzazione dei processi per la cura dei pazienti cronici, rafforzandone il ruolo di unità organizzativa, in grado di coordinare gli interventi ed i percorsi di cura (a carattere sociosanitario) sul territorio, assicurando un’adeguata cornice organizzativa e un effettivo coinvolgimento/coordinamento delle diverse strutture e dei servizi socio –sanitari (erogati dal distretto) e sociali(erogati dai Comuni)

sviluppare un adeguato sistema di indicatori di outcome delle strutture del territorio

facilitare l’inserimento attivo nell’organizzazione in rete da parte del MMG principalmente attraverso:

inserimento di unità strutturate di prima risposta ai bisogni del cittadino stimolo all’informatizzazione ed incentivo ad adottare moderne forme di

gestione e condivisione dei dati favorire lo scambio culturale rivolto allo sviluppo del lavoro in team

individuare punti unici di accesso ai servizi socio sanitari, in grado di fornire un’attivazione pronta a fronte di qualsiasi richiesta, diretta o mediata (dal MMG, dall’ospedale, dai servizi sociali etc.) per poter indirizzare in modo chiaro il cittadino utente all’interno del sistema.

In quest’ottica di organizzazione delle cure, è evidente che si dovranno adottare soluzioni che tengano presente la valutazione dei bisogni dell’utenza al di fuori delle strutture per acuti, per poter avere una risposta appropriata e modulabile nel tempo. Porre risalto all’appropriatezza della cura riguardo ai bisogni per indirizzare gli investimenti, in una logica di technology assesment per valutare al meglio l’impiego della tecnologia in rapporto all’efficacia ed ai costi.

Nella nuova concezione della Casa della Salute l’obiettivo fondamentale è l’integrazione del sanitario con il sociale (ciò che mancava nell’organizzazione dell’UTAP) e che diventa il punto di forza nelle nuove realtà dove obiettivo fondamentale è quello di aggregare servizi e prestazioni che nella stragrande maggioranza sono frammentari sul territorio . Nella Casa della Salute secondo gli intenti, dovrebbe trovare posizione il punto unico di accesso, cioè lo snodo capace di recepire e di smistare i bisogni dell’utenza non solo sanitari, capace cioè di indirizzare e risolvere le problematiche complesse socio-assistenziali con integrazione tra le diverse amministrazioni coinvolte (l’auspicio è che, per evitare che il paziente fragile venga istituzionalizzato, si aiuti la famiglia). Le case della salute così ipotizzate verrebbero ad essere sede unica di strutture territoriali, dove i MMG potranno eleggere la loro sede per gli studi associati e, qualora ciò non fosse possibile, essere collegati funzionalmente con tale struttura. Tutto questo anche al fine di poter realizzare quanto espresso dalla L.R. 20/2006 in tema di regimi alternativi di assistenza territoriale, ossia i pacchetti di prestazioni ambulatoriali complesse o PAC. I MMG si troverebbero in questo modo pienamente coinvolti nella gestione di essi, quali modelli organizzativi per l’attività specialistica

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ambulatoriale con prestazioni erogate sulla base della medicina dell’evidenza e permettendo ai pazienti di avere una diagnosi nel più breve tempo possibile. L’obiettivo quindi da raggiungere dovrebbe essere quello di portare fuori dall’ospedale tutta la parte diagnostica, per far diventare l’ospedale una struttura dedicata solo ai ricoverati, tagliando così tempi di attesa e costi

E’ in questo senso dunque che si dovrà operare al fine di costituire entità organizzative, fruibili dal paziente H 24 formate dai vari attori del processo socio sanitario che, in seguito ad una prima valutazione della domanda siano in grado di provvedere all’attivazione dei servizi. E’ quindi su queste premesse che si dovranno riorganizzare le cure primarie nell’ambito territoriale, con la più ampia condivisione delle linee di indirizzo da parte della maggioranza dei MMG, al fine di garantire una effettiva gestione del governo clinico che porti ad una reale integrazione socio sanitaria.

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UN ESEMPIO DI INTEGRAZIONE OSPEDALE-TERRITORIO:

LA TELEMEDICINA

dr Glauco Appicciafuoco

Premessa

Nel quadro generale dei network sanitari, la telemedicina oggi assume un ruolo fondamentale come uno degli strumenti potenzialmente di maggior rilievo sia per aumentare l'efficienza del sistema sanitario, riducendo ritardi e latenze assistenziali, razionalizzando la posizione dei servizi sul territorio e contenendo i costi, sia per migliorare la capacità di offrire risposte qualitativamente adeguate ai bisogni del cittadino. Gli enti sanitari, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura sono sempre più chiamati a far uso e a erogare servizi di telemedicina, dei quali possono usufruire sia il pubblico che il privato. Non a caso, Comunità Europea, Ministeri e singoli ospedali sono sempre più attenti a queste tecnologie: infatti, la ricerca e sviluppo è in significativa crescita. Con il diffondersi delle nuove tecnologie dell’informazione (basti pensare a Internet), si è aperta la strada a una serie di possibilità in ambito sanitario impensabili fino a pochi anni fa. In sostanza, è molto più semplice lo scambio delle informazioni, con evidenti vantaggi per tempi e costi.

Definizione

Il termine TELEMEDICINA si presta a svariate definizioni, non sempre univoche in letteratura, che spesso focalizzano l’attenzione solo su alcuni aspetti della materia. Con essa si intendono tutte le forme di assistenza medica prestata a soggetti che si trovano distanti da strutture sanitarie adeguate a questo scopo (1,2,6), con trasmissione in tempo reale di informazioni a carattere scientifico tra medico e cittadino o tra addetti ai lavori, attraverso tecnologie di comunicazione di tipo telematico/informatico. La definizione più esaustiva del termine è senz’altro quella concordata a livello CEE da una Commissione di esperti, che ha redatto un documento sulle prospettive di sviluppo della telemedicina in Europa (Advanced Informatics in Medicine - AIM 1990) con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi sanitari, facilitare la formazione

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professionale di medici e infermieri ed ottimizzare il trasferimento qualificato di dati ed esperienze tra i vari Paesi europei. Secondo la Commissione Europea, organizzatrice tra l’altro dell’EHTO (European Health Telematics Observatory – Osservatorio delle applicazioni mediche della telematica), la telemedicina è “l’integrazione, monitoraggio e gestione dei pazienti, nonché l’educazione dei pazienti e del personale, usando sistemi che consentano un pronto accesso alla consulenza di esperti ed alle informazioni del paziente, indipendentemente da dove il paziente o le informazioni risiedano”.

La telemedicina può essere considerata "figlia" della telematica e dell'informatica: possiamo distinguere, quindi, le sue applicazioni in base al tipo di dati scambiati ed alla modalità di interazione degli interlocutori coinvolti nello scambio. Nel primo caso, i dati possono essere invariabili, (immagini o testi) o variabili nel tempo (audio o video); nel secondo caso, l'interazione può essere in tempo reale (senza ritardo fra acquisizione dell'informazione e suo invio all'interlocutore) o preregistrata (prima si compie l'acquisizione e memorizzazione dei dati, ed in un secondo tempo se ne effettua la trasmissione)(1,2).

Campi di applicazione

I campi di applicazione della telemedicina sono numerosissimi e in continua evoluzione, dalla cardiologia (trasmissione di tracciati elettrocardiografici) alla radiologia (immagini radiografiche e computerizzate), dalla dermatologia (foto digitali di lesioni cutanee) all’anatomia patologica, dalla ginecologia (monitoraggio in gravidanza) all’odontoiatria e via dicendo; praticamente ogni branca della medicina può avvalersi di questo strumento per migliorare l’esercizio delle attività cliniche, assistenziali e didattiche. Basta un cellulare o uno scanner per veicolare i dati da un elettrocardiografo portatile ad una centrale di ascolto e permettere una diagnosi a casa in tempo reale. Applicare la telematica in ambito medico significa, infatti, rispondere con tempestività alle esigenze diagnostiche (telediagnosi) e terapeutiche (teleassistenza) di cittadini distanti dalle strutture sanitarie o comunque impossibilitati a muoversi da casa; fornire una risposta valida ed efficace in caso di malati cronici o anziani e un supporto indispensabile nelle urgenze (telesoccorso); favorire l’aggiornamento scientifico (teledidattica) e il collegamento interattivo tra medici (videoteleconsulto) con condivisione dinamica di informazioni (cartelle cliniche digitali, tracciati diagnostici, immagini biomediche) che si “muovono” in tempo reale e con la massima definizione. Ne consegue una concreta interrelazione tra le strutture minori o più deboli e quelle maggiori o specialistiche. Oltre ad avere utilità in campo strettamente clinico/didattico, la telemedicina può contribuire all’ottimizzazione della gestione del sistema sanitario, mediante vaste applicazioni di tipo amministrativo. Attraverso la creazione di una rete telematica di strutture sanitarie è possibile, infatti, ottenere informazioni sulla disponibilità dei posti letto, sull’accesso alle liste di prenotazione (troppo spesso caratterizzate da ritardi esagerati) sulla gestione delle cartelle cliniche (con gli adeguati accorgimenti per la tutela della privacy) e dei referti medici etc. Questo si traduce in un sensibile

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miglioramento sia della qualità dei servizi per il cittadino, che si sente più garantito e sia delle condizioni di lavoro del personale, che accede più facilmente alle informazioni. Non ultimo, nell’ottica di una congrua riorganizzazione del Sistema Sanitario, l’utilizzo delle tecnologie informatiche, snellendo le procedure e migliorando i servizi offerti, contribuisce a garantire anche un contenimento della spesa sanitaria.

Iniziative in Italia

I primi esperimenti di telemedicina sono iniziati in Italia a partire dal 1976 con la trasmissione di elettrocardiogrammi a distanza, ma solo quindici anni più tardi, con l’istituzione del 118 per le urgenze con il DPR 27 marzo 1992 (6), la telemedicina ha visto applicazioni più ad ampio spettro. Come è emerso da una prima indagine condotta nel 1992 sulla diffusione dei sistemi di telemedicina nei vari Stati della Comunità Europea, il nostro Paese è risultato essere il primo per numero di sperimentazioni nel campo. Da allora sono stati realizzati numerosissimi progetti pilota nelle aree dell’emergenza, della cardiologia, della nefrologia, dell’ematologia e via dicendo. Ricordiamo, a titolo di esempio il progetto che ha permesso di collegare per via telematica il S. Raffaele di Milano con l’Ospedale di Sarajevo; il progetto che collega Napoli alle isole di Ischia e Procida; e ancora, la sperimentazione dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, per il monitoraggio di bambini cardiopatici o l’esperienza avviata in alcuni ospedali di Milano, dotati di ambulanze in collegamento telematico con la centrale di emergenza 118 e l’unità coronarica cittadina. Questi e tantissimi altri progetti pilota e sperimentazioni locali sono oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero della Salute, che si sta impegnando nella realizzazione di una rete telematica tra istituti di cura e aziende locali, al fine di garantire un coordinamento delle iniziative periferiche e una gestione integrata dei servizi disponibili, in linea con le principali direttive europee. Negli ultimi tempi si sta cercando di colmare un ritardo di anni, con diverse iniziative istituzionali, che promuovono ed incentivano la sperimentazione e l’introduzione dei servizi di telematica. In particolare il Piano Sanitario Nazionale 2002-2004 prevedeva esplicitamente una forte promozione della telemedicina. Nel 2001 il Ministero dell’Università e Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST) si è reso promotore di un progetto pilota, attualmente in fase di realizzazione, finalizzato alla sperimentazione della teledidattica in medicina, attraverso un Master presso 12 Università italiane. Lo stesso Ministero ha promosso uno studio di fattibilità sull’“ospedale virtuale per l’assistenza sanitaria italiana all’estero”, che mira a sperimentare i servizi di telediagnostica, teleassistenza sanitaria e teledidattica a favore di ospedali e centri italiani e di volontariato all’estero; iniziativa, questa, molto vicina agli obiettivi del Progetto IPOCM (Integrazione e Promozione degli Ospedali italiani e dei Centri di cura con assistenza italiana nel Mondo), promosso dal Ministero della Salute e presentato a Roma in occasione della Conferenza del 26 ottobre 2002.

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La telecardiologia

La telecardiologia rappresenta un efficace strumento, nelle mani dei medici di famiglia, per risolvere in “tempo reale” numerosi problemi che dipendono dal cuore ovunque questi accadano, con conseguente riduzione di ricoveri, esami inutili e costi per il Servizio Sanitario Nazionale. In Italia si verificano 160.000 attacchi cardiaci ogni anno. Un paziente su quattro non sopravvive e in più della metà dei casi la morte sopraggiunge prima che sia possibile arrivare al più vicino ospedale. Per questo l’obiettivo attuale della telecardiologia è di intervenire tempestivamente sul paziente colpito da attacco cardiaco.

Alcuni Medici di Famiglia della Provincia di Teramo sono i soggetti operatori che aderiscono ad un progetto di telecardiologia (organizzati dalla Cooperativa di Medici Di Medicina Generale di Teramo) e i loro pazienti i fruitori di questo servizio. Con uno strumento (tele-elettrocardiografo) il MMG esegue un elettrocardiogramma nello studio o a domicilio del paziente o in qualsiasi posto in cui si trovi il paziente (anche in barca o sopra una montagna). Una volta eseguito l’esame, esso viene trasmesso mediante il telefono (anche cellulare) immediatamente ad un centro ove specialisti esperti lo esaminano e lo refertano, inviando immediatamente per e-mail o fax la risposta al medico di famiglia ed insieme a lui concordano la migliore cura per quel caso. Tutto avviene in pochissimi minuti.E’dunque sufficiente una semplice chiamata del medico di famiglia per trasmettere un elettrocardiogramma al centro di monitoraggio ed avere una risposta immediata da esperti cardiologi.

L’elettrocardiogramma senza urgenza a casa del paziente o nell’ambulatorio del proprio medico di famiglia, con il consulto in tempo reale dello specialista cardiologo, è oggi, anche una possibile realtà, che da una parte rende un servizio fondamentale al cittadino e dall’altra esalta la professionalità del medico di famiglia.

Quali sono i vantaggi di tale metodica?

1. Eseguire rapidamente un esame di primo livello, senza inutili attese e liberando gli specialisti degli ospedali e del territorio da una incombenza di tempo che li distoglie da compiti specialistici di secondo livello (ecocardiogrammi, assistenza a pazienti gravi…ecc) con sgravio incredibilmente grande delle liste di attese di mesi; l’ECG infatti viene richiesto spessissimo per interventi chirurgici, esami con mezzi di contrasto, controllo di patologie croniche. Può essere eseguito dal medico di famiglia del paziente con questa metodica, conservando l’affidabilità e l’efficacia di un esame eseguito dallo specialista. Il vantaggio è soprattutto per quelle popolazioni di territori montani, disagiati e lontani dai grandi centri abitati.

2. Scoprire rapidamente un infarto cardiaco in atto offre una possibilità di salvezza enorme al paziente, perché la maggior parte delle morti per infarto avvengono nelle prime ore e inoltre l’ effettuazione di terapie possibili solo

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nelle prime ore aumenta la percentuale dei pazienti che sopravvivono all’evento e migliora la qualità della vita dei sopravvissuti che avranno un cuore tanto meno danneggiato quanto più precocemente curato.

Gli studi preliminari eseguiti dal gruppo di Medici di Medicina Generale di Teramo che ha usato questa metodica (fornita loro da Sponsor, ma sarebbe più giusto ed etico venisse fornita dal SSN) dimostrano appunto l’efficacia, l’affidabilità e la economicità di tale metodica. Di tali studi di seguito si elencano brevemente i risultati (consultabili sul sito http://www.telecardiologiateramo.it)

- Da metà 2004 (inizio di sponsorizzazione del progetto) a tutto il 2005, i Medici aderenti al Progetto della telecardiologia hanno eseguito circa 1100 ECG ai loro pazienti, mentre il numero totale degli esami eseguiti a oggi si avvicina alle 2500 unità.

- Circa la metà (56%) di questi esami è stata eseguita per sintomi presenti nel paziente che suggerivano una malattia acuta del cuore, mentre l’altra metà è stata eseguita per per controlli programmati. (44%).

- Dall’esecuzione di tutti questi tracciati si sono avute le seguenti conseguenze:

o nel 7% dei casi si è scoperto un Infarto miocardio acuto (altrimenti molto probabilmente misconosciuto) con ricovero urgente dei pazienti con una rapidità tale da salvare loro la vita e rendere le sequele dell’infarto molto meno gravi. (grande validità ed efficacia della metodica).

o Nel 33% di casi si è dovuta modificare o iniziare una nuova terapia o prescrivere nuovi esami (risparmiando un inutile ricovero con grande spesa del SSN). Ciò è la conferma dell’economicità della metodica anche e soprattutto perché in ben

o 56% dei casi non si è proceduto ad ulteriori indagini o altre azioni, bastando il solo ECG per risolvere positivamente il caso. Tutti questi pazienti, se fossero andati in Ospedale, avrebbero intasato le strutture e magari eseguito altri esami spesso inutili, con grave spreco di risorse economiche e umane del SSN.

Considerazioni medico legali in telemedicina

Riguardano ambiti diversi poiché attinenti a beni, tutelati dall'ordinamento vigente, fondamentali come l'integrità psicofisica e la libertà di decisione (5,6).

In primo luogo, non può essere operante il ricorso alla telemedicina se non è posta in atto la procedura volta ad ottenere il consenso dell'assistito all'impiego di tale metodica. L'acquisizione del consenso, presupposto etico e giuridico della liceità di ogni "atto medico", in linea generale, è compito del sanitario che sarà a contatto con l'assistito (3).

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Un altro problema di rilevanza medico legale attiene alla responsabilità professionale: ci si può chiedere se essa sia, infatti, condivisibile per i due sanitari che operano, seppur distanti, per via telematica. Il medico a contatto con l'assistito "stabilisce" per primo il contratto di cura e, quindi, si assume per primo la responsabilità di una corretta condotta professionale. Egli, ha l'obbligo, da una parte, di trasmettere in maniera corretta e completa tutti i dati relativi all'anamnesi, all'esame obiettivo e a quelli strumentali, alla centrale ricevente, mentre dall'altra deve effettuare correttamente le indicazioni terapeutiche ricevute. In merito a questo ultimo punto, è bene sottolineare che egli ha, tuttavia, la possibilità ed il dovere di verificare le indicazioni diagnostiche e terapeutiche ricevute. A tal riguardo, infatti, se si dimostrasse che il comportamento del primo sanitario è stato conforme ed idoneo alla competenza esigibile nel caso, gli estremi della responsabilità professionale possono gravare maggiormente, se non esclusivamente, sulla condotta censurabile del sanitario teleconsulente che ha interpretato il telereperto trasmessogli. Se da una parte, infine, il medico ha l'obbligo di essere competente circa il corretto impiego dei mezzi informatici, dall'altra essi devono essere completamente idonei allo scopo per il quale sono stati acquistati e vengono utilizzati. Sotto questa luce, qualora l'errore derivasse da una mancanza di corretto funzionamento delle strutture adottate, è prospettabile un'attribuzione di responsabilità alla ditta produttrice.

Ma uno dei temi che hanno assunto una eco notevole negli ultimi anni, riguarda la tutela della privacy ed il segreto professionale (4,5,6).La Legge n°. 675/96 sono relative alla tutela dei dati personali. Con il termine di "dato personale" si intende ogni informazione, relativa alla persona fisica, che conosciuta da terzi possa violare il diritto alla libertà, identità personale e riservatezza. Il trattamento di tali dati, quindi, deve avvenire nel rispetto del consenso del soggetto, salvaguardandone la privacy. Ogni dato personale attinente alla vita sessuale ed alla salute viene definito, più specificamente, come "sensibile" ed il suo trattamento può avvenire solo tramite autorizzazione del Garante e solo quando ciò sia indispensabile ai fini di specifica indagine giudiziaria o per far valere, o difendere, in sede giudiziaria, un diritto di rango equivalente a quello dell'interessato. La diffusione dei dati sensibili, pertanto, viene vietata a meno dell'esistenza di fini di prevenzione, accertamento o repressione dei reati. Gli esercenti la professione sanitaria così come gli organismi sanitari pubblici sono autorizzati, senza l'autorizzazione del Garante, secondo quanto statuisce l'art. 23, al trattamento di quei dati personali, che siano idonei a rivelare lo stato di salute esclusivamente per tutelare l'incolumità e la salute fisica dell'interessato. Nel caso in cui analoghi scopi siano perseguiti per la collettività, o terzi, se manca il consenso dell'interessato, il trattamento deve avvenire solo dopo l'autorizzazione del Garante.

In relazione alla telemedicina, viene alla luce il problema della possibile manipolazione dei documenti informatici, elemento di base per lo svolgersi delle molteplici pratiche applicative della telemedicina. Il codice deontologico stesso, all'art.11, impedisce al medico di collaborare alla costituzione di banche dati elettroniche se non sussistono manifeste garanzie di tutela della riservatezza, sicurezza e della privacy dell'assistito (4). Ogni dato trasmesso, come è noto, ha una fondamentale importanza nell'approccio terapeutico all'assistito: da ciò consegue, alla luce dei suoi aspetti qualitativi, di riservatezza e sicurezza, una obbligatoria scrupolosità nella sua manipolazione. Mentre, infatti, alcuni canali comunicativi quali, per esempio, fax, posta o telefono possono essere, in linea teorica, considerati "sicuri", altri, invece, possono essere oggetto di facile "ingerenza" di terzi, come accade per la rete Internet. Si pensi anche alla evenienza di una gestione amministrativa dei dati sensibili: sotto questo profilo, per la

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precisione, essi vengono non solo archiviati, ma vi è anche la possibilità di una loro trasmissione in tempo reale tra diverse unità operative che può predisporre ad una loro maggiore manipolazione. E’ bene precisare, inoltre, che il passaggio dai documenti cartacei a quelli informatici può ridurre il diritto al segreto professionale, dell'assistito, visto che i documenti informatici possono essere facilmente modificati senza che rimangano tracce, a meno di utilizzare delle specifiche forme di sicurezza informatica come il salvataggio del documento in forma "non revisionabile" o con il sistema della "doppia chiave".

Non si dimentichi, ancora, che lo scambio dei dati informatici fra due operatori configura, sul piano medico legale, una "trasmissione di segreto professionale".Ad esso, infine, sono tenuti anche coloro, amministrativi od operatori tecnici, i quali, seppur non sanitari, per motivazioni di servizio hanno comunque accesso alle reti telematiche.

In Italia, nella fattispecie, le problematiche relative alla protezione telematica dei dati sensibili sono regolate dal DPR n. 513/97 che definisce i concetti di documento informatico e firma digitale, stabilendo le modalità di certificazione e le caratteristiche delle autorità di certificazione (2). Il documento informatico è stato previsto, per la prima volta, dall'art.3 del decreto legislativo n.39/1993; dall'art.15, in seguito, della Legge n.59/97 ed, infine, è stato disciplinato dal DPR sopra menzionato che lo definisce come "la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti". Mentre per firma digitale si intende il "risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici". Tramite la firma digitale, quindi, si effettua una procedura elettronica di attestazione della provenienza dell'atto e di garanzia dell'integrità del suo contenuto. Nell'ambito della gestione dei dati nella Pubblica Amministrazione, inoltre, le problematiche di sicurezza vengono risolte assicurando la riproduzione e la valenza legale del documento prodotto in forma digitale.

Un ultimo cenno va fatto circa l'uso di Internet (7). In una società avanzata come la nostra, esso rappresenta un validissimo strumento di comunicazione e didattica medica, ma vi sono numerosi lati negativi (si pensi ai siti illegali o alla trasmissione di virus) che il Parlamento Europeo ha preso in considerazione con la Decisione n. 276 del 25/01/1999. Con essa, infatti, è stato approvato un piano pluriennale finanziato con un fondo di circa 25 milioni di euro - per la promozione dell'uso sicuro di Internet, che è entrato in vigore dal 01/01/1999 e durerà fino al 31/12/2002. Gli obiettivi di questo piano sono quattro:

- creare un ambiente sicuro, attraverso centri che permettano agli utenti di segnalare i contenuti illegali incontrati (è impiegato il 26/30% del fondo stanziato);

- sviluppare un sistema di filtraggio telematico (è impiegato 32/38% del fondo stanziato);

- portare avanti azioni di sostegno alla legalità in rete, attraverso l'autoregolamentazione e l'istituzione di "marchi visibili"(è impiegato il 3/5% del fondo stanziato);

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- incoraggiare azioni di sensibilizzazione e sostegno, rivolta agli insegnanti ed ai genitori, per tutelare i minori contro i contenuti nocivi al loro sviluppo (è impiegato il 30/36% del fondo stanziato).

E’ opportuno segnalare il Provvedimento del Governo Italiano (Consiglio dei Ministri 12/4/2000) per la limitazione dell'indiscriminata registrazione di siti su Internet. Viene fatto divieto, a tal riguardo, di registrare il nome altrui sul web per poi rivenderlo all'eventuale interessato: non è possibile, in altre parole, utilizzare nomi simili a quelli che identifichino persone fisiche, giuridiche o organizzazioni note, poiché potrebbe generarsi confusione fra gli utenti. è vietato, altresì, l'uso di marchi, segni o nomi che rappresentano le cariche pubbliche, le istituzioni o le località geografiche. Per i trasgressori sono previste multe da un minimo di 30 mila Euro. Viene, infine, istituita l'Anagrafe nazionale dei domini, contenente tutti i nomi registrati alla data di entrata in vigore del provvedimento.

All'interno di una congrua riorganizzazione del SSN, l'utilizzo delle tecnologie informatiche garantisce, in definitiva, non solo una migliore qualità ed equiparazione delle prestazioni, ma anche una contrazione dei costi, riducendo il pendolarismo regionale ed il sovraffollamento delle strutture di assistenza medica. Oltre a scopi prettamente medici, inoltre, sono in via di sviluppo dei progetti di gestione amministrativa ospedaliera, come per esempio, la facilitazione delle prenotazioni ambulatoriali, la disponibilità dei letti e dei ricoveri, che potrebbero validamente contribuire ad uno snellimento delle procedure che, come insegna l'esperienza, troppo spesso sono caratterizzate da ritardi esagerati (1,2,6).

Esistono, comunque, problematiche che possono limitare l'uso della telemedicina (6).Va precisato, innanzitutto, che nel nostro paese:

- non si rinvengono dei progetti congruamente uniformi e coordinati a livello regionale, come invece accade negli USA o in altri paesi europei (in Gran Bretagna, per esempio, è stato istituito un National Database of telemedicine) tali da unificare le numerose esperienze di applicazione e ricerca.

- uno degli ostacoli più tenaci è, probabilmente, rappresentato dalla stessa impostazione culturale della classe medica che, mostrando una certa diffidenza verso le tecnologie telematiche, può rimanere ancorata alle metodiche diagnostiche e terapeutiche tradizionali, senza tener conto che ciò che, realmente, non potrà mai essere sostituito è il rapporto medico assistito.

 Conclusioni

La telemedicina rappresenta il confine innovativo in una nuova idea di assistenza medica e sanitaria, uno strumento concepito per incoraggiare la distribuzione delle risorse umane e delle competenze professionali nell’assistenza e per accelerare la diagnosi e la terapia, garantendo assistenza continua da parte di centri specializzati. E’ verosimile inoltre che nel prossimo futuro, in relazione all'incremento

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della popolazione anziana, fra le diverse tipologie di telemedicina, si verifichi un notevole sviluppo della teleassistenza domiciliare, o tele-homecare, che può essere, a ragion veduta, una valida alternativa alla ospedalizzazione, effettuando il monitoraggio dei parametri vitali dell'assistito e fornendo, per esempio, un valido supporto medico al personale infermieristico che si trova al domicilio di quello.

Bibliografia

1) Condorelli M.: Un'analisi del ruolo della Telemedicina, Telemed, 12,4,1997.

2) Della Mea V.: Applicazioni di Telemedicina, Rivista Elettronica di Neuroscienze (Neurologia, Neuro-fisiopatologia & Internet), 1999.

3) Fussi S.: Informazione e consenso nel rapporto medico-paziente. Profili deontologici e giuridici. Masson, Milano, 1997.

4) Imperiali R.: La tutela dei dati personali, Mediascan, Milano, 1998.

5) Macchiarelli L., Arbarello P., Cave Bondi G., Feola T.: Compendio di Medicina Legale, Minerva Medica Edizioni, Torino, 1998.

6) Proccacianti P., Argo A., Zerbo S.: Medicina Virtuale e Problematiche Medicolegali, L'Epos Società Editrice, Palermo, 1999.

7) Vestri M.: Internet: gioie e dolori, Il Giornale della Previdenza dei Medici e degli Odontoiatri, pag.8, Anno II, n.6 del 15/6/2000.

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1°Allegato da delibera della ASL di Chieti dell’ 8 agosto 2006

Gestione integrata della malattia diabetica : progetto obiettivo per la realizzazione di un modello organizzativo comprendente Medico di Medicina Generale, Medico di Continuità Assistenziale, Distretto Sanitario di Base, Servizio di Diabetologia

Il corretto approccio alla malattia diabetica comprende la prevenzione primaria, la diagnosi precoce, una scrupolosa terapia (che comprende anche l’educazione e la responsabilizzazione del paziente diabetico), la prevenzione e la diagnosi delle complicanze acute e croniche che oggi rappresentano le maggiori determinanti dello scadimento della qualità di vita di questi pazienti. Per il raggiungimento di questi obiettivi ha un ruolo determinante il raccordo funzionale tra il Medico di Medicina Generale (MMG), il Medico di Continuità Assistenziale(MCA), il Distretto Sanitario di Base (DSB)ed i Servizi di Diabetologia (SdD), mirato a realizzare forme efficienti di ASSISTENZA INTEGRATA (“partecipazione congiunta dello Specialista e del MMG in un programma stabilito di assistenza nei confronti dei pazienti con patologie croniche in cui lo scambio di informazioni, che vanno oltre la normale routine, avviene da entrambe le parti e con il consenso informato del paziente”).Nel caso del diabete l’assistenza integrata prevede l’apporto di più figure professionali in un lavoro interdisciplinare in team. Non è azzardato sostenere che la componente più importante del team è proprio il paziente che dovrà essere guidato nella gestione consapevole della malattia anche sottoponendo la propria condizione clinica ad un monitoraggio continuo. Per il paziente diabetico di tipo 2 il modello integrato attualmente ritenuto più idoneo al raggiungimento degli obiettivi terapeutici condivisi è il seguente:

1. il paziente neo diagnosticato è inviato al SdD per la valutazione complessiva, l’impostazione terapeutica e l’educazione strutturata alla gestione della malattia che comprende la chiara indicazione degli obiettivi da raggiungere, dei mezzi adatti allo scopo e delle motivazioni che rendono necessario un follow up a vita. Il paziente già diagnosticato, ma non seguito dal SdD seguirà a sua volta l’iter del Neodiagnosticato.

2. successivamente il paziente è avviato ad un follow-up a lungo termine integrato e condiviso tra MMG, strutture e servizi specialistici operanti in Ospedale e nei Distretti Sanitari di BaseL’accesso alla struttura diabetologica avviene:

per i pazienti in compenso metabolico accettabile e senza complicanze almeno una volta l’anno

per i pazienti in cattivo compenso metabolico e /o con complicanze con cadenze più ravvicinate concordate con il MMG

In occasione della comparsa di nuovi problemi

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La programmazione delle visite, compreso il richiamo telefonico periodico del paziente è un elemento fondamentale per migliorare la compliance dei pazienti a suggerimenti terapeutici e comportamentali.

Al momento attuale l’integrazione e il coordinamento tra le varie componenti di questo sistema di assistenza sono scarsi e quindi gli interventi su questi pazienti risultano scoordinati, duplicati spesso e a volte inappropriati. Il Distretto Sanitario di Base può fornire un’opportunità per facilitare l’integrazione nella cura del pz. diabetico:

Fungendo da raccordo con il SdD (prenotazione delle visite direttamente dal distretto, funzione di segreteria telefonica )

Fornendo Specialisti di II livello con corsia preferenziale per diabetici Fornendo facilitazioni ai pazienti (servizio prelievi, servizio presidi e servizi

integrati)E’ necessario perciò coinvolgere il personale del Distretto in questo progetto aziendale riguardante la gestione integrata tra ospedale e territorio del paziente diabetico.La partecipazione al progetto prevederà l’uso di un apposito software da parte MMG, MCA e del DSB. Tale software permetterà il collegamento al software di gestione del Servizio di diabetologia del proprio territorio, per visualizzare i dati diabetologici degli utenti e per inserirne di nuovi. In questo modo il MMG, il MCA, il DSB ed il Servizio di Diabetologia conoscono in tempo reale gli aggiornamenti delle problematiche diabetologiche degli utenti diabetici e hanno l’opportunità di aggiornare i dati del paziente.L’utilizzo del software, da parte del MMG è obbligatorio, fatta eccezione per i casi previsti dall’art.59 commi 12 e 13 ACN. I MMG che rientrano nelle suddette ipotesi procederanno a rilievi su supporto cartaceo di cui si allega un fac-simile.

Obiettivi del progetto

Ottimizzare la cura della malattia diabetica e prevenirne le complicanze mediante: Diagnosi precoce della malattia diabetica Promozione della partecipazione attiva del malato alla gestione della propria

malattia Monitoraggio/gestione metodica del paziente diabetico da parte del MMG, MCA,

DSB e SdD (attività di 1°livello) Ottimizzazione e razionalizzazione dell’accesso ai Servizi di Diabetologia (attività

di 2° livello) Cura e diagnosi delle complicanze con integrazione delle diverse competenze

professionali Utilizzo appropriato delle risorse disponibili.

Figure necessarie sul territorio

1. Medico Di Medicina Generale (MMG)

2. Medico di Continuità Assistenziale (MCA)

3. Personale dedicato, coordinato dal Responsabile del DSB

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4. Personale del Servizio Diabetologico

Compiti Del Medico Di Medicina Generale (MMG)

Screening della popolazione a rischio Follow up dei soggetti a rischio con ridotta tolleranza glucidica (IGT) e glicemia

alterata a digiuno (IFG) e con pregresso Diabete Gestazionale Gestione del trattamento farmacologico Follow-up dei pazienti con diabete di tipo 2 non complicato secondo il percorso

individuato:1. per glicemia, urine, emoglobina glicata eseguite ogni 3 mesi (fino ad un

massimo di 6 mesi) in base al compenso metabolico 2. per fondo dell’occhio ogni anno se normale, ogni sei mesi in caso di

retinopatia non proliferante lieve o moderata, a giudizio dell’oculista in caso di retinopatia più avanzata

3. per microalbuminuria una volta l’anno se negativa (a causa della variabilità dell’escrezione urinaria dell’albumina prima di classificare un paziente in una di queste categorie dovrebbero risultare anormali due campioni su tre raccolti in un periodo compreso tra tre e sei mesi)

4. per colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi e uricemia ogni anno se normali, se patologici ogni tre-sei mesi

5. esame generale con particolare attenzione per il piede diabetico ogni anno.

6. BMI e circonferenza vita annuale 7. ECG una volta l’anno in assenza di patologie che richiedano l’esecuzione

più ravvicinata8. Esame semeiologico vascolare annuale.

I suddetti esami saranno effettuati presso il DSB su prescrizione del MMG Prescrizioni per i pazienti diabetici presi in carico Monitoraggio degli effetti collaterali delle terapie Invio del paziente al SD nelle situazioni indicate nel Progetto Educazione sanitaria e counseling

In particolare:

Il MMG è tenuto ad inviare al SdD, per una prima visita, ogni paziente diabetico che risulti tra i propri assistiti al fine di aggiornare l’Osservatorio Epidemiologico Regionale, cui tutti i SdD devono fare riferimento.

Il MMG ed il direttore del DSB sono corresponsabili, insieme al Diabetologo, della gestione di tutti i pazienti diabetici e delle loro comorbilità, avvalendosi del supporto degli specialisti vari.

In caso di prima diagnosi, il MMG invita il nuovo paziente diabetico ad una visita specialistica presso il SdD. Immette nel software il nuovo caso in modo che il SdD ne prenda atto in tempo reale. Nelle ipotesi (art.59 commi 12-13 ACN) in cui non è informatizzato, riempirà gli items della cartellina cartacea predisposta ad hoc e la consegnerà al paziente perché la porti in visione al SdD. La cartellina seguirà sempre il paziente e verrà aggiornata ad ogni accesso o visita specialistica.

Il MMG prescrive i presidi per il paziente diabetico (sticks, aghi per insulina, aghi pungidito ecc..) in base allo stato clinico- metabolico ed in accordo alla

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prescrizione del SdD. I presidi prescritti potranno essere distribuiti dal SdD e/o dal DSB.

Il MMG verifica la periodicità dei controlli, l’andamento della patologia di base, le comorbilità e le eventuali complicanze del paziente diabetico insulino-trattato, anche se questa tipologia di paziente viene seguita principalmente dal SdD.

Il MMG segue principalmente il paziente diabetico in trattamento con antidiabetici orali ed invia il paziente al SdD in base alle difficoltà di gestione che eventualmente insorgano.

Il MMG cerca di individuare tutti i pazienti sopra 40 anni che, negli ultimi 4 anni, non hanno eseguito una glicemia, al fine di diagnosticare precocemente un eventuale stato diabetico.

Il MMG cerca di individuare tutte le pazienti a rischio di sviluppare Diabete Gestazionale e le invia direttamente al SdD, oppure esegue lo screening secondo le modalità ed i tempi indicati nelle Linee Guida specifiche. Nel caso di positività, il MMG invia la paziente al SdD per la gestione della patologia e la segnala a DSB.

Tutti i MMG dovranno fornire i seguenti dati all’inizio del progetto: 1. Elenco di tutti i pazienti diabetici in carico e dei soggetti a rischio (ridotta

tolleranza glucidica (IGT) e glicemia alterata a digiuno (IFG), pregresso Diabete Gestazionale noto.

2. Segnalazione dei pz diabetici che nell’ultimo anno, hanno eseguito:BMI e circonferenza vitaEmoglobina glicata,

Colesterolo totale, HDL e TrigliceridiPressione arteriosa,

Microalbuminuria.3. Segnalazione di: ipertensione arteriosa, dislipidemie, danno d’organo

(cardiaco, renale, retinico).

Compiti del Medico di Continuità Assistenziale Il Medico di Continuità Assistenziale, oltre a svolgere la propria attività istituzionale necessaria a garantire la continuità assistenziale del paziente diabetico, dovrà ai fini del presente progetto, aggiornare la scheda informatizzata del paziente medesimo e comunicare le terapie somministrate.

Compiti del DSB in rete con personale dedicato Prelievi di sangue venoso Presa in carico integrata del paziente per l’attività di rete (gestione agenda

telefonica, aggiornamento scheda informatizzata ecc) Richiamo dei pazienti in caso di mancata presentazione agli appuntamenti Organizzazione degli appuntamenti per gli esami e le visite di secondo livello (su

indicazione del Diabetologo o del MMG) Coinvolgimento delle figure mediche specialistiche attinenti al percorso, coordinate

dal Responsabile del DSB

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Compiti del Servizio di Diabetologia (SdD)

Il SdD si dedica prevalentemente alla gestione dei pazienti diabetici in terapia insulinica, alla gestione dei pazienti in terapia con antidiabetici orali nei quali non si riesce a raggiungere un compenso metabolico soddisfacente ed alle pazienti affette da Diabete Gestazionale.

Il SdD prenota fin da subito la visita successiva per i pazienti che necessitano di un ulteriore controllo ed a questi richiede su ricettario regionale gli accertamenti ritenuti opportuni.

Il SdD immette i dati delle visite che effettua nel software di gestione, o nella cartellina cartacea se il MMG non è informatizzato, in modo che il MMG possa essere informato.

Il SdD gestisce i pazienti con complicanze del diabete non in fase stabile (piede diabetico, retinopatia proliferante, microalbuminuria elevata e/o con incipiente IRC, etc.)

Il SdD effettua (o rinforza) il counseling in tutti i pazienti. Il SdD dispone di un archivio informatizzato con i nominativi dei pazienti

diabetici in carico a ciascun MMG. Il SdD provvede, in caso che il paziente diabetico sia certo che il proprio MMG

sia all’oscuro della diagnosi di diabete, a trasmettere al MMG la nuova diagnosi. Il SdD provvede alla formazione/informazione dei medici ed altri sanitari

coinvolti. Il SdD provvede all’aggiornamento continuo sui problemi clinici, farmacologici,

organizzativi. Invia un proprio rappresentante presso i Distretti Sanitari di Base per partecipare

alle riunioni periodiche del personale impegnato nel progetto Si impegna a partecipare attivamente alle procedure di valutazione dei risultati

fornendo al gruppo incaricato delle valutazioni i dati necessari in forma elaborabile

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2°Allegato da delibera della ASL di Chieti dell’ 8 agosto 2006Gestione integrata della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): progetto obiettivo per la realizzazione di un modello organizzativo comprendente Medico di Medicina Generale, Distretto Sanitario di Base e le Pneumologie di 1° e 2° livello

1) INTRODUZIONE:

La BPCO presenta nel mondo intero elevate morbilità e mortalità.

Circa la morbilità, essa é

- pari a circa il 5% della popolazione generale- direttamente proporzionale all’età ( < 0,5 % fino a 35 aa., > 10 % sopra i 55 aa. )- maggiormente rappresentata nel sesso maschile ( M : F = 1,5 : 1 ).

Circa la mortalità, essa è notevolmente elevata:

- quasi 3 milioni di morti nel 2000- attualmente pone la BPCO al 4° posto come causa di morte

(dopo le malattie cardiache, i tumori e gli accidenti cerebrovascolari)- nel 2020 si stima che la porrà al 3° posto

In Italia la situazione non è molto diversa. Essa

- rappresenta la patologia respiratoria con il maggior numero di ricoveri ospedalieri- è al 4° posto tra tutte le diagnosi di dimissione ospedaliera- causa circa 20.000 morti/anno (30/100.000 abitanti )- è responsabile del 50 % di tutte le morti per malattie respiratorie (3a causa di

morte dopo quelle cardiovascolari e neoplastiche).Vista l’importanza del problema, tale patologia è stata recentemente rivisitata e le principali società scientifiche in campo respiratorio (European Respiratory Society e American Thoracic Society) , hanno emanato delle linee guida congiunte ATS/ERS , le quali, partendo dalla definizione

“La BPCO è un quadro nosologico caratterizzato dalla progressiva limitazione del flusso aereo che non è completamente reversibile. Tale riduzione del flusso

è di solito progressiva ed associata ad una risposta infiammatoria polmonarein seguito all’inalazione di particelle o gas nocivi.

Nonostante la BPCO sia una patologia polmonare essa può produrre effetti sistemici”,

prevedono tutta una serie di sottocapitoli per l’inquadramento e la gestione della malattia stessa.

Il corretto approccio alla BPCO comprende la prevenzione primaria, la diagnosi precoce, una scrupolosa terapia (che comprende anche l’educazione e la

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responsabilizzazione del paziente broncopneumopatico ), la prevenzione e la diagnosi delle riacutizzazioni che oggi rappresentano, insieme alla progressione della malattia, le maggiori determinanti dello scadimento della qualità di vita di questi pazienti. Per il raggiungimento di questi obiettivi ha un ruolo determinante il raccordo funzionale tra il Medico di Medicina Generale (MMG), il Distretto Sanitario di Base e le Unità Operative Complesse di Pneumologia e di Malattie dell’Apparato Respiratorio mirato a realizzare forme efficienti di ASSISTENZA INTEGRATA (“partecipazione congiunta dello Specialista e del MMG in un programma stabilito di assistenza nei confronti dei pazienti con patologie croniche in cui lo scambio di informazioni, che vanno oltre la normale routine, avviene da entrambe le parti e con il consenso informato del paziente”).

Per meglio inquadrare la Malattia BPCO è necessario riportare:

2) I FATTORI DI RISCHIO

I principali fattori di rischio della BPCO sono riassunti in tabella (Tab. 1)

AGENTI AMBIENTALI fumo - in particolare di sigaretta - esposizione professionale a sostanze irritanti inquinamento outdoor e indoor

PREDISPOSIZIONE GENETICAdeficit ereditario di alfa-1 antitripsina

Tab.1

3) DIAGNOSI:

Il quadro clinico-sintomatologico, in presenza di fattori di rischio, consente di sospettare la diagnosi di BPCO: infatti tale diagnosi va presa in considerazione in tutti i pazienti che presentino uno o più dei seguenti indicatori:

- tosse cronica;- produzione di escreato;- dispnea;- storia di esposizione ai fattori di rischio (come da Tab. 1).

In questi pazienti l’esame obiettivo, nonostante la sua indubbia importanza, risulta essere caratteristico solo nelle forme avanzate della malattia stessa.

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La Spirometria costituisce il gold standard diagnostico e consente di stabilire la classificazione di gravità della malattia.

La valutazione complessiva di gravità si basa comunque sui seguenti indicatori:

- entità dei sintomi- grado delle alterazioni spirometriche - presenza di complicanze respiratorie quali l’insufficienza respiratoria e

l’insufficienza cardiaca destra ( valutabile dalla presenza di edemi, raramente ascite e dai segni radiologici (rx e TC) ed ecocardiografici di I.P. secondaria);

- presenza di altre complicanze: scompenso cardiaco sin., diabete mellito, ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, grave insufficienza epatica e/o renale, malnutrizione.

3.1) Classificazione di gravità della BPCO:

- BPCO a rischio

- BPCO lieve

- BPCO moderata

- BPCO grave

- BPCO molto grave

3.1.1) BPCO a rischio:

sintomi cronici (tosse, escreato) quadro ventilatorio ancora nei limiti della norma

(FEV1 / FVC > 70% ; FEV1 > 80% del predetto) il soggetto non avverte il suo stato di malattia.

3.1.2) BPCO lieve:

sintomi cronici (tosse, escreato, possibile dispnea da sforzo) ostruzione di grado modesto

(FEV1 / FVC < 70% ; FEV1 > 80% del predetto) il soggetto può ancora non avvertire il suo stato di malattia.

3.1.3) BPCO moderata:

sintomi cronici (tosse, escreato, dispnea da sforzo) ostruzione di grado modesto - discreto - medio (FEV1 / FVC < 70% ; 50% < FEV1 < 80% del predetto) il soggetto avverte il suo stato di malattia e richiede l’intervento del medico.

3.1.4) BPCO grave:

sintomi cronici (tosse, escreato, dispnea da sforzo)

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ostruzione di grado marcato(FEV1 / FVC < 70% ; 30% < FEV1 < 50% del predetto)

le riacutizzazioni sono frequenti e causano un notevole decadimento della qualità della vita.

3.1.5) BPCO molto grave:

sintomi cronici (tosse, escreato, dispnea (a riposo ?)) ostruzione di grado severo

(FEV1 / FVC < 70% ; FEV1 < 30% del predetto) oppure

ostruzione di grado marcato (FEV1 / FVC < 70% ; 30% < FEV1 < 50% del predetto),

in presenza di insufficienza respiratoria e/o di insufficienza cardiaca destra, con qualità della vita notevolmente compromessa e con riacutizzazioni che possono minacciare la vita del paziente.

In tutti i pazienti nei quali viene riscontrata una grave ostruzione (FEV1<40%) è inoltre indicata l’esecuzione di un emogasanalisi arteriosa per determinare l’eventuale presenza di insufficienza respiratoria e la necessità di ossigenoterapia a lungo termine.Indipendentemente dai valori spirometrici, in tutti i pazienti che presentano dispnea da sforzo molto marcata o una evidente cianosi si consiglia la misura della Saturazione di O2 mediante pulsossimetro.N.B.: se il valore della Sat.O2 è < a 92% è necessario eseguire EGA.

3.2) Riacutizzazioni:Evidenze cliniche hanno stabilito che le riacutizzazioni rappresentano una importante condizione di mortalità, morbilità, costi e di impatto sulla qualità di vita del paziente BPCO. La definizione di riacutizzazione recentemente proposta dal documento ATS/ERS è basata esclusivamente sui sintomi clinici descritti dal paziente: “Un protratto peggioramento delle condizioni cliniche del paziente, che oltrepassa le normali fluttuazioni dello stato di stabilità, a inizio acuto e che necessita di modificare l’usuale terapia del paziente BPCO.”Stadiazione:

Riacutizzazione lieve: il paziente ha una aumentata necessità di cure che è in grado di somministrarsi da solo;

Riacutizzazione moderata: il paziente ha un aumentato bisogno di cure e avverte la necessità di una stretta assistenza medica;

Riacutizzazione grave: il paziente o il suo medico avvertono un rapido peggioramento delle condizioni cliniche tale da richiedere l’ospedalizzazione.

In almeno l’80% dei casi si ritiene che la causa di riacutizzazione sia rappresentata da un’infezione dell’albero tracheo-bronchiale (circa il 50% di questi episodi sono di eziologia batterica; un terzo di eziologia virale, le restanti forme sono miste).

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Va precisato che in almeno il 50% dei casi non si giunge ad una diagnosi etiologica dell’agente patogeno responsabile; per questo motivo non vi è l’indicazione ad eseguire routinariamente in questi pazienti l’esame dell’espettorato.Comunque i patogeni più frequentemente responsabili di riacutizzazione (almeno nel 70% dei casi) sono:

- Haemophilus influenzae;- Moraxella catarrhalis;- Streptococcus Pneumoniae;

Nei pazienti più gravi o con patologie strutturali del polmone (ad es. le bronchiectasie) si riscontrano Enterobacteriaceae spp., Pseudomonas Aeruginosa, Stafilococcus Aureus.Altre cause di riacutizzazione (nel 20% dei casi) sono:

- Pneumotorace;- Embolia polmonare;- Inquinamento ambientale;- Infezioni tracheobronchiali;- Uso inappropriato di sedativi narcotici e beta bloccanti;- Scompenso cardiaco destro e/o sinistro o aritmie;- Fratture costali/traumi toracici;

In conclusione la diagnosi di riacutizzazione di BPCO si basa essenzialmente sull’anamnesi e sull’esame obiettivo del torace, completata dalla saturimetria (ed eventualmente dall’emogasanalisi art.) e dalla Rxgrafia del torace (per escludere altre patologie).N.B.: in fase di riacutizzazione non deve essere eseguito l’esame spirometrico.

3.2.1. Posta la diagnosi è necessario stabilire la sede del luogo di cura, tenendo presente che le indicazioni alla ospedalizzazione sono:

alterazione dello stato di vigilanza significativo peggioramento dei sintomi con scarsa/assente risposta al

trattamento in atto insorgenza di segni di insuff. resp. e/o di insuff. card. destra importanti patologie associate (aritmie cardiache, cardiopatia ischemica, etc.) storia di BPCO severa età avanzata

4) STORIA NATURALE DELLA BPCO

La BPCO, essendo una malattia cronica e progressiva, evolve, più o meno rapidamente, verso l’insufficienza respiratoria cronica: condizione clinica conseguente alle gravi alterazioni dello scambio gassoso tra aria atmosferica e sangue arterioso che si realizzano nelle fasi più avanzate di questa patologia, determinando riduzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue (ipossiemia), associata o meno all’incremento della pressione parziale di anidride carbonica (ipercapnia).

Evento molto negativo nella storia naturale della BPCO è la contemporanea presenza della sindrome delle apnee ostruttive notturne (overlap sindrome), queste riconoscono nell’obesità il loro principale meccanismo patogenetico (va ricordato che l’obesità è spesso presente nei pazienti BPCO, cosiddetti di tipo B o post-bronchitici); le apnee

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ostruttive notturne contribuiscono ad aggravare in questi pazienti l’ipoventilazione alveolare, peggiorando la ipossiemia e l’ipercapnia.

La grave ipossiemia notturna favorisce lo sviluppo di picchi di ipertensione polmonare e lo scompenso destro, mentre l’ipercapnia, con la conseguente acidosi e squilibrio elettrolitico, favorisce le aritmie, l’ ipertensione sistemica, lo scompenso cardiaco sin., la cardiopatia ischemica, nonché aumenta il rischio di accidenti vascolari cerebrali acuti.

Ne consegue che la presenza di una overlap sindrome è in grado di provocare una accelerazione nella storia naturale della malattia.

5) ASSISTENZA INTEGRATA

Nella BPCO l’assistenza integrata prevede l’apporto di più figure professionali in un lavoro interdisciplinare in team.Naturalmente il contributo di ciascuna figura professionale impegnata varia in funzione della gravità della malattia.

Non è azzardato sostenere che la componente più importante del team è proprio il paziente che ha la responsabilità di una gestione consapevole della malattia e ancor prima della riduzione dei fattori di rischio.Si possono individuare 3 Punti fondamentali nei quali l’Assistenza Integrata deve agire. Essi sono:

A. riduzione dei fattori di rischioB. trattamento delle forme stabiliC. trattamento delle riacutizzazioni

5.1) Riduzione dei fattori di rischio.

Consiste essenzialmente nella diminuzione/eliminazione dell’esposizione ai fattori di rischio ambientali:

fumo di tabacco, sostanze chimiche (vapori, fumi, etc.) in ambito professionale, inquinamento degli ambienti esterni e interni.

La disuassefazione tabagica è l’intervento medico più importante perché smettere di fumare non solo migliora la qualità di vita di questi pazienti, ma è considerato l’intervento più efficace ed economicamente più vantaggioso per:

arrestare l’evoluzione della malattia, migliorare la funzionalità respiratoria, ridurre le riacutizzazioni.

Smettere di fumare non è facile, ma il medico può sicuramente aiutare il paziente fumatore in un percorso da condividere in cui l’aiuto motivazionale può risultare essenziale.

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L’intervento di disassuefazione dal fumo rappresenta per il medico un’impresa di estrema difficoltà sia per la tipologia di paziente sia per il tipo di patologia che si deve trattare.

Un intervento breve con l’incoraggiamento a smettere di fumare da parte del Medico di Medicina Generale (MMG) durante un consulto di routine è stato riconosciuto particolarmente efficace nell’aumentare il numero di fumatori che smettono.L’approccio al fumatore si basa su 5 elementi o attività importanti (IN INGLESE LE CINQUE A: ASK, ADVICE, ASSESS, ASSIST, ARRANGE) che sono :

1. chiedere2. raccomandare3. identificare4. assistere5. organizzare

Tali concetti sono esemplificati nel diagramma che segue.

Laddove questo tipo di intervento fallisca, oppure le condizioni cliniche impongano, come priorità, la disassuefazione dal fumo, è necessario l’invio del paziente all’ambulatorio specializzato: il Centro antifumo, dove svolgono la loro attività, in equipe, uno medico specialista con competenza nella disassuefazione e nella diagnosi precoce delle patologie cardiorespiratorie e neoplastiche fumo-correlate ed uno psicologo per il counseling psicologico-comportamentale, con il supporto delle necessarie strumentazioni. Le attività del Centro Antifumo si sintetizzano nei seguenti obiettivi:

1. svolgere attività clinica (diagnostica e terapeutica) nei confronti dei fumatori per promuovere la cessazione dell’abitudine tabagica ed individuare le patologie fumo-correlate;

2. promuovere sul territorio interventi di prevenzione in collaborazione con i Medici di Medicina Generale;

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3. elaborare e svolgere programmi di educazione e formazione mirati su particolari categorie (es: studenti, donne in gravidanza, operatori della sanità, ecc) concordando queste iniziative con la Direzione Aziendale ed i D.S.B.

Per quanto riguarda l’attività clinica nei confronti del fumatore intenzionato a smettere, il Centro Antifumo offre un approccio individualizzato e completo, che tiene conto della dipendenza sia fisica che psicologica dal fumo di tabacco. L’obiettivo della terapia è di raggiungere la disassuefazione totale e non limitarsi alla riduzione delle sigarette, considerati gli alti rischi di ricaduta.

5.2) Trattamento delle forme stabili.

Trattandosi di una patologia cronica, l’obiettivo della terapia farmacologia è migliorare i sintomi, ridurre le riacutizzazioni e rallentare la progressione della malattia.

Il trattamento di fondo, per tutti gli stadi di gravità prima elencati (v. punto 3.1) prevede i seguenti interventi:

1. vaccinazione antinfluenzale;2. vaccinazione antipneumococcica (utile nei pazienti anziani perché riduce il

rischio di sepsi);3. immunoregolatori4. antiossidanti (nei pazienti con frequenti riacutizzazioni, durante la stagione

invernale per periodi protratti: 4-6 mesi);5. disassuefazione tabagica

Gli ulteriori specifici approcci sono modulati sul grado di severità della malattia:

5.2.1) BPCO a rischio

nessun ulteriore trattamento.

5.2.2) BPCO lieve

broncodilatatori short-acting usati al bisogno; programmi di riabilitazione (essenzialmente incentrati sull’educazione;

programmi di riallenamento all’esercizio sono giustificati solo dalla presenza di dispnea da sforzo).

5.2.3)

BPCO moderata un broncodilatatore long acting (β2 agonista o anticolinergico) usato con

regolarità; se insufficiente, aggiungere un altro broncodilatatore long-acting (di diversa

famiglia); corticosteroidi inalatori (se vi sono frequenti riacutizzazioni: 2 o più per anno); programmi globali di riabilitazione respiratoria (educazione, fisioterapia,

riallenamento all’esercizio, nutrizione, supporto psicologico).

5.2.4)

BPCO grave e molto grave

come sopra, più

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OLT (ossigenoterapia domiciliare a lungo termine) con o senza VAM (=ventilazione meccanica assistita): quando indicat;i

trattamento delle complicanze (quando presenti); considerare un eventuale trattamento chirurgico (evento molto raro, di esclusiva

indicazione specialistica).

NOTA IMPORTANTE: In qualunque stadio ci si trovi, il trattamento non va mai ridotto una volta raggiunto il controllo dei sintomi, ma il paziente va periodicamente controllato ed il trattamento gradualmente incrementato in relazione al progressivo peggioramento della malattia nel tempo.

Accanto al trattamento di fondo e ai diversi approcci terapeutici e riabilitativi, deve essere necessariamente inserita la educazione sanitaria del paziente, con particolare riguardo ai seguenti argomenti:

le informazioni di base relative alla malattia la disassuefazione dall’abitudine tabagica (v. punto 5.1) l’insegnamento delle tecniche inalatorie le istruzioni per il riconoscimento precoce delle riacutizzazioni Campagne vaccinali

5.2.5) OLT con o senza VMD.

L’ossigenoterapia a lungo termine, utilizzata nei pazienti con accertata ipossiemia (PO2<55 mmHg o < 60 mmHg in presenza di policitemia, cardiopatia ischemica, aritmie, cardiopatia polmonare o segni di ipossia cerebrale) permette di aumentare la sopravvivenza dei pazienti con BPCO e di migliorare la loro performance fisica e cognitiva.La ventilazione meccanica domiciliare va instaurata quando vi è una ipercapnia (>55mmHg), non altrimenti controllabile.

5.3) Trattamento delle riacutizzazioni.

Ogni riacutizzazione rappresenta un importante evento clinico perchè determina una accelerazione della storia naturale della malattia e, nei pazienti con malattia avanzata, può essere causa di scompenso respiratorio e di morte.Le cause più frequenti di riacutizzazione sono state ricordate precedentemente (v.punto 3.2).5.3.1)

La presenza di una riacutizzazione si basa sulle seguenti valutazioni:A) Incremento della dispnea;B) Aumento dell’espettorazione;C) Purulenza dell’escreato;

ed inoltre, Infezione nelle alte vie aeree nei 5 giorni precedenti;

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La riacutizzazione si definisce di:Tipo 1: se sono presenti 3 sintomi (A + B + C);Tipo 2: se sono presenti 2 sintomi (A + B); (B + C); (A + C);Tipo 3: se è presente 1 sintomo + Infezione nelle alte vie aeree nei 5 giorni precedenti;

5.3.2) La gravità della riacutizzazione si basa sui seguenti elementi:A) Frequenza respiratoria >25 atti/min;B) Frequenza cardiaca > 110 battiti/min;C) Saturazione di O2 < 92%;D) Livello di coscienza alterato;E) Segni di scompenso presenti;F) Gravi comorbidità presenti;G) O2 TLT o ventiloterapia domiciliare;H) Temperatura corporea > 38,5 °C.

5.3.3) La terapia delle riacutizzazioni infettive della BPCO si basa sui seguenti caposaldi:

Antibiotici ad ampio spettro, sicuramente attivi sui patogeni più frequenti (v. punto 3.2), tenendo conto della gravità della malattia di base, dell’età del paziente, dei precedenti trattamenti antibiotici e della situazione locale delle resistenze;

Corticosteroidi per via sistemica per circa 2 settimane; Broncodilatatori short-acting, preferibilmente per via aerosolica.

Il paziente deve essere rivalutato dopo 48-72 ore; in caso di non evidente miglioramento può essere predisposta l‘ADI, ovvero bisogna trasferire il paziente in Ospedale.Trascorsi almeno due mesi dall’episodio il paziente deve essere rivalutato sotto il profilo funzionale per verificare se vi è stato il recupero alle condizioni quo-ante.

6) IL MONITORAGGIO DELLA BPCO

Il Monitoraggio del paziente con BPCO prevede il costante coinvolgimento del Medico di MG, l’intervento della Continuità Assistenziale (C.A.), del Distretto Sanitario di Base (DSB) e dello specialista Pneumologo (Pn.), nonché l’esecuzione di periodici controlli laboratoristici e strumentali.La programmazione delle visite, compreso il richiamo telefonico periodico del paziente è un elemento fondamentale per migliorare la compliance dei pazienti a suggerimenti terapeutici e comportamentali.

1. Al momento attuale l’integrazione e il coordinamento tra le varie componenti di questo sistema di assistenza sono scarsi e quindi gli interventi su questi pazienti risultano scoordinati, spesso duplicati e a volte inappropriati.

2. Spesso non vi è un corretto rapporto funzionale tra MMG e Struttura Complessa di Pneumologia

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3. La Pneumologia Ospedaliera (2° livello) ha elevati carichi di lavoro, per cui i pazienti hanno difficoltà non indifferenti di accesso alle consulenze e agli esami, a causa di liste di attesa lunghe;

4. La Pneumologia territoriale (1° livello), fin ora assicurata in maniera insufficiente, ha svolto solo in parte la necessaria funzione di filtro tra MMG e Pneumologia ospedaliera.

In questo contesto il Distretto Sanitario deve rappresentare la cerniera di tutte le strutture coinvolte per facilitare l’integrazione della cura nel paziente con BPCO, attraverso le seguenti azioni:

Fungendo da raccordo con la Pneumologia territoriale e ospedaliera (prenotazione delle visite direttamente dal distretto, funzione di segreteria telefonica) e garantendo l’erogazione dell’ADI con i MMG;

Ospitando Specialisti Pneumologi con corsia preferenziale per la BPCO, coordinati dal DSB;

Fornendo delle facilitazioni ai pazienti (servizio prelievi, assistenza infermieristica,ecc);

Ospitando le sedi territoriali del Centro Antifumo (a matrice) Organizzando campagne vaccinali(antinfluenzale ed antipneumococcica)

Il paziente BPCO sarà seguito tramite la Scheda Computerizzata. Tutti i Medici di M.G. dovranno aderire tramite la scheda computerizzata; possono avvalersi del supporto cartaceo soltanto i Medici esonerati in base all'Art. 59, lett. B , comma 12 dell'A.C.N. All’interno dei diversi Software vi sarà un sistema gestionale che permetterà di seguire le varie fasi del processo. Il mancato uso del Software tuttavia non pregiudicherà la partecipazione del MMG al progetto, poiché l’interesse primario del Progetto è e rimane quello di ottimizzare il percorso terapeutico e gestionale del paziente BPCO favorendo la comunicazione tra assistenza del territorio e livello specialistico con qualsivoglia mezzo. Per i pochi MMG che non volessero avvalersi del supporto informatico si potrebbe pensare all’utilizzo di materiale cartaceo strutturato di cui si allega un esempio.

7 ) PROGETTO INTEGRATO DI ASSISTENZA AL PAZIENTE CON BPCO

7.1) Obiettivi del progetto

Ottimizzare la cura della malattia BPCO e prevenirne le complicanze mediante: Diagnosi precoce della malattia Promozione della partecipazione attiva del malato alla gestione della propria

malattia Monitoraggio/gestione metodica del paziente BPCO da parte del MMG (attività di

1°livello) Ottimizzazione e razionalizzazione dell’accesso alle attività di 2° livello di

Pneumologia Cura e diagnosi delle complicanze con integrazione delle diverse competenze

professionali Utilizzo appropriato delle risorse disponibili.

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7.2) Figure necessarie sul territorio

Medico Di Medicina Generale (MMG)

Continuità Assistenziale

Personale coordinato dal Direttore del DSB

Pneumologi territoriali (1° livello)

Pneumologi ospedalieri ( 2° livello )

7.2.1) Compiti Del Medico Di Medicina Generale (MMG)

Individuazione della popolazione a rischio( fumatori, particolari attività lavorative); Follow up dei soggetti fumatori: intervento breve o eventuale invio al Centro

Antifumo; Gestione del trattamento farmacologico:

1. vaccinazione antinfluenzale, (da effettuare c/o i distretti)2. vaccinazione antipneumococcica, (da effettuare c/o i distretti)3. immunoregolatori, 4. antiossidanti, 5. broncodilatatori short-acting,6. broncodilatatori long acting, corticosteroidi inalatori, ossigenoterapia, VMD,

secondo piani terapeutici individuali concordati con gli specialisti pneumologi territoriali e ospedalieri.

Follow-up dei pazienti con BPCO non complicata secondo il percorso individuato e riportato nelle tabelle successive, attraverso le seguenti indagini:

1. spirometria,2. Rx del torace,3. ECG,4. Saturazione di O2,5. walking test, 6. EGA,7. emocromo, elettroliti e dosaggio di alfa-1 antitripsina sierica (ove

necessario),8. TC del torace (in casi selezionati su indicazione dello specialista),9. ecocardiodoppler (con particolare riferimento alle sezioni destre e alla PAP)

ove consentito dalla finestra acustica. Prescrizioni per i pazienti BPCO presi in carico; Monitoraggio degli effetti collaterali delle terapie; Invio del paziente alle Pneumologie nelle situazioni indicate nel Progetto Educazione sanitaria e counseling (le informazioni di base relative alla malattia, il

rinforzo sull’importanza della disassuefazione tabagica, l’insegnamento delle tecniche inalatorie, le istruzioni per il riconoscimento precoce delle riacutizzazioni);

In particolare:

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Il MMG deve inviare alla Pneumologia di 1° livello, per una prima visita, ogni paziente sospetto BPCO che risulti tra i propri assistiti per la conferma spirometrica della diagnosi. I pazienti con diagnosi di BPCO già nota vengono inseriti nel software e avviati al programma di monitor secondo il livello di gravità.Se il MMG è informatizzato immette nel software il nuovo caso in modo che la Pneumologia ne prenda atto in tempo reale. Per i soli casi per i quali è possibile usare il materiale cartaceo il MMG riempirà gli items della cartellina prestabilita ad hoc e la consegnerà al paziente perché la porti in visione alla Pneumologia. La cartellina seguirà sempre il paziente e verrà aggiornata ad ogni accesso (C.A., Pneumologo) o visita specialistica.

Il MMG è co-responsabile, insieme allo Pneumologo, della gestione di tutti i pazienti BPCO e delle loro comorbilità, avvalendosi del supporto degli specialisti vari.

Il MMG verifica la periodicità dei controlli, l’andamento della patologia di base, le comorbilità e le eventuali complicanze del paziente BPCO.

Il MMG prescrive i presidi per il paziente BPCO (ossigeno liquido), in accordo alla prescrizione da parte della Pneumologia di 2 livello.

Il MMG deve avere particolare attenzione per i pazienti in OLT con o senza VMD, per la gestione dei quali deve esservi uno stretto collegamento con la Pneumologia di 2° livello.

Il MMG, attraverso l’organizzazione distrettuale o l’ambulatorio ospedaliero deve avere, ove necessario, la possibilità di inviare in urgenza il paziente riacutizzato alla osservazione delle pneumologie di I e II livello.

7.2.2) Compiti del Medico della Continuità Assistenziale

Il Medico della Continuità Assistenziale interviene solo in caso di riacutizzazione della sintomatologia clinica, verifica la possibilità di gestire a domicilio il paziente e, se il paziente viene trattenuto a casa, prescrive la terapia più appropriata, in caso contrario ne dispone il ricovero, facendosi carico, in entrambe le situazioni , di informare il Medico Curante e le Pneumologie il giorno successivo.

7.2.3) Compiti della infermiera del distretto:

Prelievi di sangue venoso Organizzazione della agenda telefonica dei pazienti seguiti Richiamo dei pazienti in caso di mancata presentazione agli appuntamenti Organizzazione degli appuntamenti per gli esami e le visite di secondo livello (su

indicazione dello Pneumologo o del MMG)

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7.2.4) Compiti del Distretto (D.S.B.) coordinamento delle figure professionali che operano sul territorio e dei servizi

impegnati nel progetto recepimento della reportistica del progetto ( su materiale informatizzato e non ) organizzazione delle riunioni periodiche valutazione dei risultati ottenuti (definire i criteri e gli indicatori) disponibilità a garantire tempestivamente le prestazioni necessarie da parte degli

specialisti ospitati nei distretti (es. cardiologo) organizzazione territoriale del Centro Antifumo organizzazione dell’ADI e delle campagne vaccinale

7.2.5) Compiti delle Pneumologie di I° e di II° livello:

Pneumologia di I° livello:

A1) espletano la valutazione clinico-funzionale di base (curva flusso volume e spirometria con test di reversibilità, saturazione di O2, 6 minuti walking test*, EGA*) e, ove possibile, la spirometria globale* e DLCO*

A2) prenotano fin da subito la visita successiva per i pazienti che necessitano di un ulteriore controllo ed a questi richiedono su ricettario regionale gli accertamenti ritenuti opportuni;

A3) immettono i dati delle visite che effettua nel software di gestione, o nella cartellina cartacea se il MMG non è informatizzato, in modo che il MMG possa essere informato.

A4) rinforzano il counseling in tutti i pazienti. A5) forniscono ai Medici di M.G. un numero telefonico per

l’interazione urgente tra MMG e Pneumologo.

A6) dispongono di un archivio informatizzato con i nominativi dei pazienti BPCO.

A7) provvedono a trasmettere al MMG la nuova diagnosi.A8) partecipano alle riunioni periodiche del personale

impegnato nel progetto.A9) prescrivono direttamente su ricettario regionale, esami di

II° livello (es. TC torace HR, 1 AT, MOC, Ecocolordoppler) eseguiti da altri specialisti e ne danno comunicazione, secondo il percorso informativo previsto –informatico o manuale - al MMG ed alle Pneumologie territoriali.

Pneumologia di II° livello:

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B1) Completano, nei pazienti BPCO gravi e molto gravi, la valutazione clinico-funzionale di base con Pletismografia, DLCO, test da sforzo*, valutazione nutrizionale*, studio dello stress ossidativo*, valutazione dell’ipertensione polmonare secondaria*, monitoraggio cardio respiratorio notturno*.

B2) si dedicano prevalentemente alla gestione dei pazienti BPCO che non riescono a raggiungere un compenso soddisfacente.

B3) prescrivono l’OLT e la VMD, mantenendo costantemente aggiornato il registro ASL di questi pazienti, che, al loro inserimento vengono segnalati al MMG, al DSB e agli Pneumologi di 1° livello (per eventuale attività di monitoraggio domiciliare).

B4) assicurano il ricovero quanto più rapidamente possibile dei pazienti scompensati che ne hanno necessità, ove non sia possibile attivare l’ADI.

B5) prescrivono direttamente su ricettario regionale, esami di

II° livello (es. TC torace HR, 1 AT, MOC,

Ecocolordoppler) eseguiti da altri specialisti e ne danno

comunicazione, secondo il percorso informativo previsto

–informatico o manuale - al MMG ed alle Pneumologie.

B6) provvedono alla formazione-informazione dei medici e dell’altro personale sanitario coinvolto, in collaborazione con la Pneumologia di I° livello.

B7) provvedono all’aggiornamento continuo sui problemi clinici, farmacologici, organizzativi, in collaborazione con la Pneumologia di I° livello.

B8) partecipano attivamente alle procedure di valutazione dei risultati fornendo al gruppo incaricato delle valutazioni, i dati necessari in forma elaborabile, in collaborazione con la Pneumologia di I° livello.

B9) immettono i dati delle visite che effettua nel software di gestione, o nella cartellina cartacea se il MMG non è informatizzato, in modo che il MMG possa essere informato.

* quando indicato

8) FOLLOW-UP SPECIALISTICO DEI PAZIENTI CON BPCO STABILE

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Il follow up specialistico dei pazienti con BPCO stabile è riportato nelle tabelle successive con l’indicazione delle competenze (A = pneumologia territoriale; B = pneumologia ospedaliera).

N.B.: Sebbene non esistano schemi rigidi circa i tempi in cui vanno effettuati i controlli strumentali nel follow up della malattia, si propongono, anche sulla base delle esperienze della letteratura scientifica, i seguenti schemi:

B P C O : monitoraggio stadio “ a rischio”

In presenza di riacutizzazioni ogni anno, altrimenti quando ritenuto opportuno dal

curante, al massimo ogni 3 anni

valutazione clinica* (A)

spirometria di base (A) Rx torace (*) ECG (*) Disuassefazione tabagica, se fumatore

(*) quando indicato

B P C O : monitoraggio stadio “lieve ”

controllo annuale

valutazione clinica* (A)

spirometria di base e/o globale (A)

SaO2 (A) Rx torace (*) ECG (*) Disuassefazione tabagica, se fumatore

(*) quando indicato

N:B.: In caso di dispnea non correlata alla gravità del quadro funzionale è necessario inviare il paziente all’ambulatorio ospedaliero (B) per esami di II° livello.

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B P C O : monitoraggio stadio “moderato”

controllo semestrale controllo annuale Spirometria di base (A) se vi sono

stati episodi di riacutizzazione

SaO2 (e/o EGA arterioso) (A)-se dispnea

valutazione clinica* (A)

Spirometria di base e/o globale (A) SaO2 (A) Rx torace * ECG

6 m walking-test * (A)

EGA* (A) Saturazione O2 notturna (B)* ecocardiografia *

Disuassefazione tabagica, se fumatore

(*) quando indicato

N:B.: In caso di dispnea non correlata alla gravità del quadro funzionale o ricorrenti episodi di riacutizzazione è necessario inviare il paziente all’ambulatorio ospedaliero (B) per esami di II° livello.

B P C O : monitoraggio stadio “grave ”

controllo semestrale controllo annuale

Spirometria di base (A)

SaO2 e/o EGA arterioso (A)*

* se necessario

valutazione clinica (A o B)

spirometria globale (A o B) SaO2 e/o EGA arteriosa (A o B) Rx torace * ECG * Emocromo * DLCO (A o B) walking-test (A o B) Saturazione O2 notturna (B) * ecocardiografia * Disuassefazione tabagica, se fumatore c/o C.A.F.

* se necessario

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B P C O : monitoraggio stadio “molto grave ”

controllo semestrale controllo annuale

spirometria di base (A)

SaO2 e/o EGA arterioso (A)

emocromo

valutazione clinica (A o B)

spirometria globale (A o B) SaO2 e/o EGA arteriosa (A o B) Rx torace * ECG * Emocromo DLCO (A o B) walking-test (A o B) Saturazione O2 notturna (B)* ecocardiografia*

Disuassefazione tabagica, se fumatore c/o C.A.F. * se necessario

9) GESTIONE DELLE RIACUTIZZAZIONI DOMICILIARI

Secondo il livello clinico di gravità (v.punto 3.2)

Lieve e Moderata GraveGrave in A.D.I.

(Assistenza Domiciliare Integrata)

Gestione domiciliare ed esame spirometrico due mesi dopo la fase acuta per confronto tra valutazione funzionale pre e post episodio di riacutizzazione.In caso di peggioramento del quadro funzionale è necessario inviare il paziente all’ambulatorio ospedaliero (B) per gli esami di II° livello.

Procedere ad ospedalizzazione

Superata la fase acuta il paziente deve essere valutato presso la pneumologia di II° livello.

10) OLT con o senza VMD Sono all’esame della Direzione Generale:

- il percorso della riabilitazione respiratoria postacuzie e nel paziente BPCO cronico in fase stabile;

- un Progetto sperimentale di controllo, mediante telemonitoraggio e verifiche sanitarie domiciliari, dei pazienti con Insufficienza Respiratoria Cronica in OLT con o senza VMD;

entrambe, previa rivalutazione da parte del tavolo operativo del progetto IGEA, potranno diventare componenti di questo programma di gestione integrata della

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broncopneumopatia cronica costruttiva (BPCO), soprattutto per il potenziamento dell’ADI.

Indice

Obiettivi del corso e time-table…………………………………………………..pag. 3

Norme comportamentali vigenti nella regolamentazione dei rapporti tra medici del SSN ed elementi di criticità attuali nella relazione ospedale - territorio .……..pag. 4

Uno sguardo sull’attuale nell’ottica dell’integrazione ospedale-territorio…..pag. 24

Codici bianchi e medicina generale………..…………..……...…......................pag. 44

Nuove realtà operative…………………………………………………………..pag. 50

Un esempio di integrazione ospedale-territorio: la telemedicina……………..pag. 55

1°Allegato: progetto obiettivo di gestione integrata della malattia diabetica..pag. 64

2°Allegato: progetto obiettivo di gestione integrata dalla BPCO…………….pag. 69

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