L’importante è avere una strategia · direttore creativo di iMille, definendolo la tv del...

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    omnicanalità

    Si fa presto a dire omnicanalità, ma cos’è nei fatti? Un nuovo modo di concepire la comunicazione, figlio di tutte quelle novità tecnologiche che hanno cambiato il rapporto tra consumatore, prodotto e industria. Dunque si modificano i parametri della comunicazione e le aziende – anche del settore stampa – giocano la propria competitività su nuovi terreni di sfida.

    L’ IMPORTANTE È AVERE UNA STRATEGIAOmnicanalità: come si può tradurre in opportunità per le imprese della stampa?

    Nel mondo della comunicazione è un concetto relativamente nuovo che sta prendendo piede e questa bella parola, che riceviamo in prestito dal latino, dà subito l’idea della totalità dei mezzi o delle strade – i canali appunto – con cui è possibile comunicare.Ma cosa significa omnicanalità per il mondo delle aziende e per una loro rinnovata capacità di approcciare i mercati? Soprattutto, come si può tradurre in opportunità per le imprese del settore della stampa?Per indagare questi aspetti e comprendere in quali direzioni – mai come ora il plurale è d’obbligo – si stia andando, abbiamo organizzato una tavola rotonda sul tema, riunendo le esperienze delle diverse anime di questo nuovo panorama della comunicazione, dalle agenzie alle Gdo, sino naturalmente agli stampatori.

    A tirare le fila della discussione è stata Ester Crisanti, direttore tecnico di questa testata, che ha condotto l’incontro. Ecco cosa è emerso.

    E�etto socialUno dei fenomeni più dirompenti avvenuto negli ultimi anni nel mondo della comunicazione è rappresentato dalla nascita e dall’esponenziale sviluppo dei social media. Con la loro invenzione è cambiato il rapporto tra azienda e consumatore; una vera e propria rivoluzione che ha

    «Linnovazione deve essere qualcosa di originale rispetto a ciò che esisteva prima, ma soprattutto in grado di modi�care lesperienza duso, rendendola diversa»

    Ra�aellaQuadri

    Enrico Giubertoni, consulente specializzato

    in Social media marketing accanto a Ester Crisanti,

    il direttore tecnico

    [email protected] 38 13/06/16 10:56

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    modificato per sempre il modo in cui il mercato comunica e le sue diverse componenti si interelazionano. Da un tipo di comunicazione unidirezionale, in cui l’azienda parlava al mercato, si è passati infatti alla bidirezionalità, in cui è lo stesso consumatore a parlare, chiedere e di conseguenza influenzare il colloquio con l’impresa. I social sono così diventati fondamentali, soprattutto nella fascia più giovane di consumatori, la cosiddetta «generazione millennial» composta da coloro che hanno tra i sedici e i trentacinque anni, i nati nel boom di internet e della diffusione delle tecnologie di comunicazione e informazione digitali.Questo cambio di paradigma implica necessariamente che le aziende debbano imparare a tenere in considerazione il ruolo giocato dai social media nei propri progetti di comunicazione, che ora devono essere

    gestiti e pianificati in maniera del tutto differente rispetto al passato.Prima di tutto occorre tenere conto che i social assolvono a diverse funzioni, «soprattutto a quella economica» spiega Enrico Giubertoni, consulente specializzato in social media marketing, «si parla infatti di social commerce che racchiude tutte quelle attività che portano un contatto tra il media social e una rete di persone – o social network –, poi misurabile negli acquisti offline e online».

    La forza dellimmagineMa c’è di più, «proprio grazie all’omnicanalità i social infatti non solo hanno la capacità

    di creare un trait d’union tra realtà individuale e di gruppo, ma non escludono un contatto con la parte “materica”» ovvero il prodotto e di conseguenza il suo imballaggio, che mantiene il proprio ruolo di veicolo d’informazioni. «Tra i social network più in voga vi è Instagram, utilizzato per esempio nel settore della cosmesi in quanto permette un contatto tramite il packaging del prodotto» continua Giubertoni. Instagram, spiega, è un mezzo che consente di parlare con le marche, «i consumatori, in particolare i più giovani, seguono il brand, lo commentano e vi interagiscono, ma soprattutto lo ricercano, utilizzando il social network come motore di ricerca e lo smartphone, non tanto – o meglio non solo – per gli acquisti online, quanto per la geolocalizzazione dei punti vendita. È in tutto questo che trova

    spazio l’integrazione tra carta e Web, lasciando alle aziende e alla agenzie di comunicazione notevoli margini di creatività». Il packaging diventa così un mezzo per integrare la comunicazione più tradizionale permettendole di interagire con gli altri media digitali.Sul ruolo forte che Instagram sta assumendo nel campo della comunicazione interviene anche Paolo Pascolo, proprietario e direttore creativo di iMille, definendolo la tv del futuro. «È infatti il luogo dello storytelling, ottimo soprattutto per i settori della moda e della cosmetica» ma che impone, spiega, delle scelte rigorose. «Come agenzia creativa avvertiamo i clienti che si rivolgono a noi per strutturare una campagna di comunicazione anche su social, che su Instagram bisogna andare solo nel momento in cui si ha qualcosa da raccontare, se si hanno storie belle e interessanti».

    Qualità vs quantitàL’approccio ai social, dunque, non può essere univoco per tutte le aziende, ma dipende dal prodotto che si tratta, da cosa si vuole raccontare per suo tramite, da quali fasce di mercato si vogliono raggiungere. Il tutto impone quindi una strategia ragionata, che «dipende anche dal tipo di mezzo utilizzato». A parlare stavolta è Lorenzo Cabras, amministratore delegato di Sterling Cooper. «Certi social network, come Instagram, permettono di creare percorsi di narrazione con immagini e contenuti video semplici che si possono esplorare, creando scene diverse di una stessa storia» spiega. «In casi simili, però, si utilizza il social media come una tv,

    non con l’approccio consolidato e quantitativo che solitamente il marketing delle aziende richiede. E proprio qui si innesta un tema molto importante che riguarda il rapporto tra qualità e quantità. Nel mondo anglosassone l’antagonismo tra i due aspetti è superato, mentre in Italia è ancora una discrepanza sentita». Si tratta in sostanza di un modo nuovo e differente di interpretare la comunicazione, i cui risultati non sono sempre facilmente misurabili e che, tutto sommato, vanno al di là della mera quantificazione. Qui si inserisce l’altro tema tipico

    «La comunicazione ha e avrà comunque bisogno della carta. Probabilmente certi canali passeranno interamente al digitale, mentre altri prodotti conosceranno percorsi contrari»

    «I canali social permettono di comunicare direttamente con il mercato. Tenere conto di questo rapporto bidirezionale Ł fondamentale per capire come gestire lintera strategia della comunicazione»

    Paolo Pascolo, proprietario e direttore creativo di iMille

    Lorenzo Cabras, amministratore delegato di Sterling Cooper

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    omnicanalità

    della comunicazione attraverso i social che, aggiunge Cabras, riguarda «ciò che le persone possono fare verso la marca. Questi nuovi canali infatti permettono di comunicare direttamente e di capire nell’immediato cosa ne pensa il pubblico, con un ritorno d’informazioni fondamentale per poi gestire tutta la strategia della comunicazione. Al di là di quello che la marca dice ai consumatori, oggi è molto più interessante ciò che i consumatori dicono alla marca».

    Questione di visibilitàSocial significa però anche farsi conoscere, aprire le porte – virtuali – dell’azienda e lasciare entrare il cliente e il consumatore al suo interno, raccontando la propria realtà come mai sinora era stato fatto, e il rimando che se ne ottiene è spesso sorprendente. Un esempio arriva da uno degli stampatori seduti al tavolo, «anche noi come azienda guardiamo con interesse al nuovo modo di comunicare dei social media» afferma Gabriella Moretti, marketing manager di Rotolito Lombarda. «Una delle prime operazioni che ho svolto al mio ingresso in azienda è stato mettere mano ai due portali Web di Nava press e Rotolito Lombarda, che sono stati ripensati affinché non solo fossero più di impatto, ma potessero essere meglio utilizzati. Il nostro approccio ha guardato ovviamente anche ai social media, come Facebook, che non vogliamo utilizzare tanto per fare lead generation – ovvero per generare una lista di contatti di clienti attraverso operazioni di marketing – quanto come una sorta di atto di sensibilità nei confronti dei nostri diretti consumatori, che su un canale comunicativo quale Facebook possano così trovare anche l’azienda presso la quale si servono. Abbiamo pensato inoltre alla creazione di un profilo Linkedin e realizzato un filmato con un drone all’interno dell’azienda che ha saputo dare un’immagine forte della nostra realtà industriale e ha avuto su Youtube un grande successo, con un rimando anche da parte dei nostri clienti».

    Non solo marketingLe aziende dunque possono ricercare e trovare nei social un mezzo non esclusivamente finalizzato alla commercializzazione. Gianluca Gibilaro, project manager di Hagam, porta in proposito l’esempio di un proprio grande cliente del settore Gdo.

    «La presenza social di Coop» racconta «nasce e cresce con obiettivi diversi da quelli del marketing. Mira piuttosto a rispecchiare le diverse anime che compongono la realtà cooperativa dell’azienda, dando spazio quindi non solo ai prodotti ma anche alle attività culturali e sociali che segue». Si tratta quindi di una presenza sfaccettata e complessa da gestire, questo implica che anche la valutazione dell’efficacia del progetto comunicativo segua impostazioni differenti. «Il ritorno sull’investimento, quindi la misurazione, è in termini, da un lato, di numero di utenti che si è riusciti a raggiungere e fidelizzare a diversi livelli, dall’altro di soddisfazione di chi ne usufruisce, misurabile per esempio attraverso il download di brochure dedicate a specifiche campagne». E se Coop rappresenta un caso un po’ atipico nel mondo della grande distribuzione organizzata, altre realtà del settore hanno approcci differenti alla comunicazione attraverso i social media. «Per esempio» continua Gibilaro «c’è chi non ha pagine Facebook ma lo utilizza solo come canale pubblicitario, altri ancora lo sfruttano per portare traffico all’e-commerce. Dunque le esperienze e le strategie di utilizzo dei social sono differenti in base alle aziende».In definitiva l’approccio di una campagna di comunicazione sviluppata per i social media è diverso da quello più tradizionale a cui si è sempre stati abituati, in quanto si articola in modi differenti, seguendo un tipo di fruizione a più livelli tipica del Web, più difficile da misurare e da gestire. Riuscire a capire quindi come utilizzare questi nuovi canali per le varie realtà diventa una sfida complessa.

    Ciak, si giraGli esperti che abbiamo riunito per questa chiacchierata informale sull’omnicanilità concordano nel sottolineare la difficoltà che spesso si incontra nel fare comprendere a un’impresa cliente l’impatto che una determinata campagna potrà avere sul proprio mercato. Si tratta di fare percepire l’effetto generale di un’idea che non sempre è traducibile in numeri; quegli stessi numeri in cui il marketing più tradizionale sa muoversi.Uno dei mezzi di comunicazione maggiormente apprezzati è il video, piace molto all’utenza e può essere davvero efficace in termini di ritorno, ma non sempre i clienti hanno idee chiare in merito. «Come azienda tendiamo a essere molto flessibili alle richieste che ci vengono poste» racconta Donato Di Carlo, direttore di Dadomani, «ci capita di essere semplicemente realizzatori, di fare da agenzia

    «I progetti e le strategie di utilizzo dei nuovi canali in particolare dei social media sono diversi; i parametri in base ai quali proporre una campagna di comunicazione quindi variano da azienda ad azienda e non sono necessariamente quelli tipici del marketing»

    «In alcuni settori, come quello del lusso, il prodotto stampato Ł recepito come un premium media, per il quale si richiedono poche copie ma di elevato livello qualitativo»

    Gabriella Moretti, marketing manager di Rotolito Lombarda

    Gianluca Gibilaro, project manager di Hagam

    [email protected] 40 13/06/16 10:57

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    pubblicitaria, da casa di produzione, quindi a seconda di come è generato questo flusso di lavoro cambia la nostra collaborazione. In genere se il cliente ha una propria agenzia sa ciò che vuole, arriva da noi con strategie già sviluppate e ci coinvolge solo nella parte finale di realizzazione video. Ma anche a questo stadio ci sono tipologie diverse di coinvolgimento nel progetto: a volte ci chiedono come sviluppare una loro idea, altre ci presentano uno script con cosa deve accadere nel video e con una durata già prestabilita, e può capitare anche che si presentino già con uno storyboard dettagliato. Il linea di massima, però, la realizzazione di quest’ultimo è di nostra competenza e lo sviluppiamo in base alle esigenze – anche di budget e di tempistiche – espresse dal cliente e ai canali media scelti: tv, Web, social ecc.».Nelle campagne di comunicazione affiancare una parte video non è sempre necessario ma sicuramente garantisce un ottimo risultato, «serve alle finalità comunicative di un’azienda e per questo» commenta Pascolo (iMille) «lo proponiamo con successo a tutte le marche con cui lavoriamo. Occorre inoltre considerare che Facebook – che è in definitiva il social media più utilizzato – valorizza e favorisce molto la portata organica dei video, detta in gergo reach organico»

    ovvero il numero di persone che entrano in contatto con un dato contenuto.«Il video» aggiunge Cabras (Sterling Cooper) «sta dando le maggiori soddisfazioni ed è in grado di raggiungere il più alto livello di attenzione. La sensazione, però, è che anche in questo caso, come

    in quello dei social media, le imprese debbano crescere ancora molto in termini di consapevolezza, per capire meglio cosa farsene di alcuni strumenti. Quindi sì al video, o meglio sì anche al video, inserito in un contesto più ampio nel quale capire quale ruolo dargli nella strategia comunicativa e quale rimando se ne possa ottenere. La vera complessità è proprio questa, comprendere i parametri della strategia e per quale finalità l’azienda chiede un simile servizio; una difficoltà riscontrabile un po’ con tutte le realtà imprenditoriali, da quelle di piccole dimensioni alle multinazionali». Occorre instaurare con il cliente un rapporto di fiducia, spiegano i presenti, per riuscire a trasferirgli un’idea che ancora non è realizzata ed è necessario

    «Nel lavoro di comunicazione la generazione del �usso di lavoro cambia in base alle richieste, e al budget e alle tempistiche a disposizione; per cui Ł importante mantenere un approccio �essibile»

    Donato Di Carlo, direttore di Dadomani

    [email protected] 41 13/06/16 10:57

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    omnicanalità

    anche sapere interpretare le origini di una data richiesta per meglio indirizzarla, «con alcune realtà» spiega infatti Gibilaro (Hagam) «è frequente muoversi in base a ciò che il concorrente diretto fa; spesso la richiesta quindi è un impulso più che una strategia».

    Stampa: inversione di tendenzaSi è detto dell’importanza di una strategia ragionata. Questo vale anche per la stampa, ovvero per quei mezzi di comunicazione più tradizionali e che non necessariamente escludono o sono esclusi dall’universo digitale. Certamente è cambiato il modo in cui gli utenti interagiscono con la carta e in cui le aziende concepiscono campagne o prodotti cartacei. C’è stata, per esempio, una contrazione notevole nella produzione di cataloghi, anche a fronte dell’affermazione di nuove tecnologie, come la stampa digitale che permette di realizzare quantitativi molto più contenuti a prezzi estremamente concorrenziali.Dunque stanno cambiando i parametri, ma in questo mutamento si vede persino un ritorno alla carta, per quanto con ruoli nuovi. «Si stanno registrando tendenze particolari» dichiara Pascolo (iMille) «società che, nate per l’e-commerce, creano riviste cartacee o aprono nuove librerie – come nel caso di Amazon –, la carta forse tornerà a essere un prodotto d’élite e di qualità elevata e mentre un certo tipo di comunicazione passerà al digitale, altri prodotti vedranno percorsi contrari». Molto dipenderà, va da sé, dalla tipologia di merce o servizio. «Si è verificata sì una riduzione dei volumi di stampa della

    Gdo» spiega infatti Moretti (Rotolito Lombarda) a proposito della stampa di cataloghi e volantini, «ma solo inizialmente, poi è ripresa perché un buona fetta dei clienti della grande distribuzione utilizza ancora questi prodotti cartacei» che sono effettivamente più fruibili in carta piuttosto che in formato digitale. Ciò non toglie, come asserisce Luca Fiorin, titolare di Arti Grafiche Fiorin, che «le aziende dovranno essere preparate a cambiamenti e a transizioni molto rapidi. Le imprese, comprese quelle della stampa, dovranno avere davvero un occhio attento su ciò che sta succedendo».

    Ununione di interesseMa chi dice che la carta non possa “contaminarsi” con il Web? «Non è mai accaduto che un media ne abbia distrutto un altro» afferma Giubertoni «e se vogliamo dare vita a un’innovazione, dobbiamo tenere conto di due fattori: innanzitutto il digitale non farà morire la carta stampata, in secondo luogo sarà necessario creare qualcosa che si integri con gli altri media. Siamo attaccati alla carta ma dovremmo chiederci come potremmo concepirla se, a un certo punto, andasse in concorrenza con un altro nuovo prodotto. In sostanza, dobbiamo sempre pensare a cosa accadrà domani».In realtà punti di integrazione delle funzioni Web con la carta stampata già esistono, «un esempio sono le etichette che si integreranno sempre di più con nuove forme di tecnologia semplici e funzionanti, e che aprono così prospettive interessati anche per

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  • Senza titolo-1 1 14/04/16 15:23

    noi stampatori» continua Fiorin (Grafiche Fiorin). «Sicuramente dovremo farci i conti e metterci in discussione, perché tutto ciò richiede un pesante cambio nel modello di business. Dovremo capire se e come davvero il cartaceo sarà integrabile con il prodotto digitale. Ci saranno poi anche le tendenze di utilizzo, con prodotti su carta che continueranno a essere tali, perché preferite, ma la vera svolta sarà capire

    come queste due cose possano stare insieme».Di certo, come sostiene Gibilaro (Hagam), resterà sul mercato solo chi riuscirà a specializzarsi e la stampa sembra seguire proprio questo trend: forte personalizzazione della stampa digitale e di grande formato, da un lato, e prodotto di nicchia con forte specializzazione, dall’altro.

    Espressione del lussoAnche questo, a dire il vero, è un aspetto che si sta concretizzando: la stampa infatti sta diventando il mezzo di comunicazione distintivo dei beni di lusso. In effetti, spiega Moretti (Rotolito Lombarda) «nel settore del lusso il prodotto stampato è recepito come un premium media, per cui il catalogo diventa un libro di elevato livello, un’opera d’arte, con caratteristiche che certamente non si possono avere su un e-book. Lo stesso credo valga anche per i libri, i dati dimostrano che dopo un primo momento di esplosione del libro elettronico e dei download c’è stato un ritorno al testo cartaceo» ancora una volta, quindi, un’inversione di tendenza.Se è vero dunque che la stampa manterrà sempre un ruolo fondamentale, è altresì certo che, a fronte delle svariate possibilità che oggi le nuove tecnologie offrono e di un mercato della comunicazione così profondamente cambiato, il settore della stampa deve necessariamente reagire e adeguarsi al cambiamento. «Certamente la transizione della carta deve tenere conto di ciò che sta accadendo nel mercato della comunicazione e questa evoluzione porterà cambiamenti sostanziali per il nostro settore» conclude Fiorin (Arti Grafiche Fiorin). «Ciò che farà la differenza sarà la capacità delle aziende di adattarsi a questi cambiamenti. Non ci sarà un perdente in partenza, ma tanti concorrenti che dovranno trovare la chiave giusta, la strategia per poter restare sul mercato». �

    «Occorre tenere conto di ciò che sta accadendo nel mercato della comunicazione che porterà a una transizione sostanziale e molto rapida per il nostro settore; ciò che farà la di�erenza sarà la capacità delle aziende di adattarsi a questi cambiamenti»

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    Luca Fiorin, proprietario di Arti Grafiche Fiorin

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