L’ECO DI BERGAMO MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2015...

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42 L’ECO DI BERGAMO MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2015 PAOLO ARESI «È una struttura archi- tettonica pregevole, ci manche- rebbe. Però attenzione: il centro piacentiniano non è S.anta Maria Maggiore e nemmeno il Duomo o la Cappella Colleoni. Si può sicu- ramente intervenire, è un’area da intendere ancora con dinamismo. Anche perché non c’è dubbio che il Sentierone di Bergamo, per co- me è oggi, si fa notare per l’assenza di vita. Fa pensare a una sorta di funzione contemplativa...». Vittorio Sgarbi come sempre è netto nelle sue risposte. Piacenti- ni è stato un buon architetto, il suo centro di Bergamo è stato ben stu- diato, anche perché giunto dopo una discussione serrata durata trent’anni e dopo due progetti di interventi particolarmente seri. Uno dei due, quello dell’ingegner Murnigotti di Martinengo, molto simile a quello che poi fece Piacen- tini. Sgarbi conosce bene Berga- mo, viene non di rado nella nostra città, la ammira. Dice: «Bisogna pensare, bisogna considerare che cosa la città vuole dal suo centro, considerando che Bergamo di- spone di un doppio centro, in un certo senso. Questo di Bergamo bassa è un centro di sapore otto- centesco, severo, con i suoi portici, gli edifici delle banche, del Tribu- nale...». Trento Longaretti non è un ar- chitetto, ma è un pittore sensibile, una persona dal gusto estetico particolarmente attento. E i suoi 98 anni gli consentono uno sguar- do molto ampio sulla storia. Lon- garetti parla nel suo studio di Bor- go Canale, tappezzato di dipinti, dice: «Non mi piace il Sentierone, per dirla chiara. Mi ha sempre da- to l’idea della chiacchiera inutile, l’idea di un posto fatuo, vuoto. Ep- pure nella zona si affacciano pa- lazzi importanti, sia per l’architet- tura, sia per le funzioni, dalla pre- fettura, al palazzo della Libertà, al tribunale, le banche... ma manca la vita vera. Mancano le famiglie, manca la gente. Questo è un cen- tro direzionale, che tuttavia ha cercato in qualche modo di salvare la sua funzione commerciale con i negozi sotto i portici. E la sua fun- zione di salotto della città con la previsione dei caffè... Dico la veri- tà, negli Anni Cinquanta il Sentie- rone era molto più animato. Il mo- tivo è presto individuato: i cinema, i caffè funzionavano. E, in quel pe- riodo, l’attrattività della Città Alta era ridotta al minimo. Dopo gli Anni Settanta, la capacità di Città Alta di attirare le persone è au- brava volessero rilevare persino la chiesa protestante!» dice Lon- garetti. E continua: «Bisogna lavo- rare sulle funzioni. Se facciamo scappare le funzioni, anche il sen- so si perde e allora il centro muore. Non mi interessa la nostalgia. Ma se negli Anni Sessanta c’erano in centro almeno quattro grandi ci- nema da ottocento-mille posti che oggi non ci sono più... è chiaro che qualcosa cambia. Esisteva anche una vitalità artistica, le gallerie Lo- renzelli, Garitta, Permanente, La Rotonda organizzavano una mo- stra dietro l’altra in concorrenza fra loro. Anche questo portava vi- talità». Recuperare le funzioni. E con- siderare - dice Longaretti - che Bergamo è una città particolare. Per via della Città Alta, certo, ma anche a causa dei borghi cresciuti sulle grandi vie di comunicazioni che scendevano dalle porte del- la città: Pignolo, Sant’Ales- sandro, Santa Caterina, Bor- go Canale... Dice Longaretti che ogni borgo ha un suo centro, una sua forza attrat- tiva. Piazza Pontida in questi ultimi cinque anni è diventata un punto di ritrovo serale grazie ai ritrovi che sono stati aperti, per Borgo Santa Caterina è la stessa cosa. Rimane un poco in retrovia Pignolo. Borgo Palazzo respira in- torno alla sua piazza Sant’Anna. Dice ancora Longaretti: «La città del Novecento, centro piacenti- niano compreso, è sorta riem- piendo i vuoti fra i borghi. Esiste un angolo suggestivo della Berga- mo del Novecento, al di fuori dei borghi? Direi di no. E questo deve fare riflettere tutti quanti». Da Longaretti a Ferrario Fre- res, alias Ferdinando Ferrario, pit- tore ancora considerato «giova- ne» nonostante i suoi cinquan- t’anni. Ferrario è artista contem- poraneo molto apprezzato, una sua opera è diventata la Via Crucis che si trova nella chiesa nuova del- l’ospedale dedicato a San Papa Giovanni XXIII. Dice Ferrario: «È uno spazio grande quello del Sen- tierone, dispersivo. In Città Alta e nei borghi provi quel senso di intimità, di paese. Sul Sentierone ti perdi. Quelle architetture quasi ti intimoriscono. Se vogliamo che torni la vita nel centro di Bergamo dobbiamo creare dei punti di rife- rimento. Penso all’esperimento del Circolo Maite in Città Alta, un luogo di arte, di teatro, di incontro: ecco, ci vorrebbero un po’ di Maite sul Sentierone». n ©RIPRODUZIONE RISERVATA «Non è intoccabile come il Duomo serve intervenire» Parlano Vittorio Sgarbi e Trento Longaretti «Il centro piacentiniano non è S. Maria Maggiore» mentata notevolmente e forse an- che questo fattore ha messo in dif- ficoltà il nostro centro piacenti- niano. Io non ho ricette per fare rivivere questa parte di città, ma un paio di idee le ho: prima di tutto bisognerebbe contenere gli affitti. Se fosse per me, farei tornare le famiglie al posto di tanti uffici. E ci metterei anche dei negozi popo- lari, vi vedrei bene anche un frutti- vendolo! Certo: non si può chiede- re la luna come affitto a un frutti- vendolo! E poi rimetterei in fun- zione il Diurno, ne farei un luogo di ritrovo, di danza, di ballo, un pianobar, perché no? Questo cen- tro è monumentale, solenne, ma possiamo dire che sia bello?». Longaretti scuote la testa. Ri- corda le lotte di Nino Zucchelli contro le banche per frenarne l’in- vadenza: «A un certo punto sem- C’era una volta Twitter Le città portano le stigmate del passare del tempo, in qualche occasione le promesse delle epoche future MARGUERITE YOURCENAR Ferrario Freres: «Ci vorrebbero tanti circoli Maite per rianimarlo» Il Diurno? Posto eccezionale per farne luogo di musica e di ballo Cultura [email protected] www.ecodibergamo.it Vittorio Sgarbi Ritroviamo il centro

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42 L’ECO DI BERGAMOMERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2015

PAOLO ARESI

«È una struttura archi­tettonica pregevole, ci manche­rebbe. Però attenzione: il centropiacentiniano non è S.anta MariaMaggiore e nemmeno il Duomo ola Cappella Colleoni. Si può sicu­ramente intervenire, è un’area daintendere ancora con dinamismo.Anche perché non c’è dubbio cheil Sentierone di Bergamo, per co­me è oggi, si fa notare per l’assenzadi vita. Fa pensare a una sorta di funzione contemplativa...».

Vittorio Sgarbi come sempre ènetto nelle sue risposte. Piacenti­ni è stato un buon architetto, il suocentro di Bergamo è stato ben stu­diato, anche perché giunto dopouna discussione serrata durata trent’anni e dopo due progetti diinterventi particolarmente seri. Uno dei due, quello dell’ingegnerMurnigotti di Martinengo, moltosimile a quello che poi fece Piacen­tini. Sgarbi conosce bene Berga­mo, viene non di rado nella nostracittà, la ammira. Dice: «Bisogna pensare, bisogna considerare checosa la città vuole dal suo centro,considerando che Bergamo di­spone di un doppio centro, in uncerto senso. Questo di Bergamo bassa è un centro di sapore otto­centesco, severo, con i suoi portici,gli edifici delle banche, del Tribu­nale...».

Trento Longaretti non è un ar­chitetto, ma è un pittore sensibile,una persona dal gusto estetico particolarmente attento. E i suoi98 anni gli consentono uno sguar­do molto ampio sulla storia. Lon­garetti parla nel suo studio di Bor­go Canale, tappezzato di dipinti,dice: «Non mi piace il Sentierone,per dirla chiara. Mi ha sempre da­to l’idea della chiacchiera inutile,l’idea di un posto fatuo, vuoto. Ep­pure nella zona si affacciano pa­lazzi importanti, sia per l’architet­tura, sia per le funzioni, dalla pre­fettura, al palazzo della Libertà, altribunale, le banche... ma mancala vita vera. Mancano le famiglie,manca la gente. Questo è un cen­tro direzionale, che tuttavia ha cercato in qualche modo di salvarela sua funzione commerciale coni negozi sotto i portici. E la sua fun­zione di salotto della città con la previsione dei caffè... Dico la veri­tà, negli Anni Cinquanta il Sentie­rone era molto più animato. Il mo­tivo è presto individuato: i cinema,i caffè funzionavano. E, in quel pe­riodo, l’attrattività della Città Altaera ridotta al minimo. Dopo gli Anni Settanta, la capacità di CittàAlta di attirare le persone è au­

brava volessero rilevare persinola chiesa protestante!» dice Lon­garetti. E continua: «Bisogna lavo­rare sulle funzioni. Se facciamo scappare le funzioni, anche il sen­so si perde e allora il centro muore.Non mi interessa la nostalgia. Mase negli Anni Sessanta c’erano incentro almeno quattro grandi ci­nema da ottocento­mille posti cheoggi non ci sono più... è chiaro chequalcosa cambia. Esisteva ancheuna vitalità artistica, le gallerie Lo­renzelli, Garitta, Permanente, LaRotonda organizzavano una mo­stra dietro l’altra in concorrenzafra loro. Anche questo portava vi­talità».

Recuperare le funzioni. E con­siderare ­ dice Longaretti ­ che Bergamo è una città particolare.Per via della Città Alta, certo, maanche a causa dei borghi cresciutisulle grandi vie di comunicazioniche scendevano dalle porte del­la città: Pignolo, Sant’Ales­sandro, Santa Caterina, Bor­go Canale... Dice Longarettiche ogni borgo ha un suo centro, una sua forza attrat­tiva. Piazza Pontida in questiultimi cinque anni è diventataun punto di ritrovo serale grazieai ritrovi che sono stati aperti, perBorgo Santa Caterina è la stessa cosa. Rimane un poco in retroviaPignolo. Borgo Palazzo respira in­torno alla sua piazza Sant’Anna. Dice ancora Longaretti: «La cittàdel Novecento, centro piacenti­niano compreso, è sorta riem­piendo i vuoti fra i borghi. Esisteun angolo suggestivo della Berga­mo del Novecento, al di fuori deiborghi? Direi di no. E questo devefare riflettere tutti quanti».

Da Longaretti a Ferrario Fre­res, alias Ferdinando Ferrario, pit­tore ancora considerato «giova­ne» nonostante i suoi cinquan­t’anni. Ferrario è artista contem­poraneo molto apprezzato, una sua opera è diventata la Via Crucische si trova nella chiesa nuova del­l’ospedale dedicato a San Papa Giovanni XXIII. Dice Ferrario: «Èuno spazio grande quello del Sen­tierone, dispersivo. In Città Altae nei borghi provi quel senso di intimità, di paese. Sul Sentieroneti perdi. Quelle architetture quasiti intimoriscono. Se vogliamo chetorni la vita nel centro di Bergamodobbiamo creare dei punti di rife­rimento. Penso all’esperimento del Circolo Maite in Città Alta, unluogo di arte, di teatro, di incontro:ecco, ci vorrebbero un po’ di Maitesul Sentierone».n

©RIPRODUZIONE RISERVATA

«Non è intoccabilecome il Duomoserve intervenire»Parlano Vittorio Sgarbi e Trento Longaretti«Il centro piacentiniano non è S. Maria Maggiore»

mentata notevolmente e forse an­che questo fattore ha messo in dif­ficoltà il nostro centro piacenti­niano. Io non ho ricette per fare rivivere questa parte di città, maun paio di idee le ho: prima di tuttobisognerebbe contenere gli affitti.Se fosse per me, farei tornare le famiglie al posto di tanti uffici. Eci metterei anche dei negozi popo­lari, vi vedrei bene anche un frutti­vendolo! Certo: non si può chiede­re la luna come affitto a un frutti­vendolo! E poi rimetterei in fun­zione il Diurno, ne farei un luogodi ritrovo, di danza, di ballo, un pianobar, perché no? Questo cen­tro è monumentale, solenne, mapossiamo dire che sia bello?».

Longaretti scuote la testa. Ri­corda le lotte di Nino Zucchelli contro le banche per frenarne l’in­vadenza: «A un certo punto sem­

C’era una volta Twitter

Le città portano le stigmate del passare del tempo, in qualche occasione le promesse delle epoche futureMARGUERITE YOURCENAR

Ferrario Freres: «Ci vorrebbero tanti

circoli Maiteper rianimarlo»

Il Diurno? Posto eccezionale

per farne luogodi musica e di ballo

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Vittorio Sgarbi

Ritroviamo

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