Ladomenica n14 ottobre novembre2013

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d'informazione con inchieste, reportage, cronaca, storie, interviste, cultura Fiume in piena... Terra Felix Il ritorno in aula Esplode la rabbia 100mila in marcia... Leggi a pagina 7 Occorre ripartire, assemblea ad Aversa Leggi a pagina 11 Nicola Cosentino, nuove accuse dalla Carrino Leggi a pagina 19 Romeo & Romeo Ricordo al Tar contro il Comune di Napoli Leggi a pagina 24 N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno II Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico Coppia di fatto

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è un periodico d'informazione con inchieste, reportage, cronaca, storie, interviste, cultura. E' il numero 14 Ottobre/Novembre 2013 – Anno II

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d'informazione con inchieste, reportage, cronaca, storie, interviste, cultura

Fiume in piena... Terra Felix Il ritorno in aula

Esplode la rabbia 100mila in marcia...Leggi a pagina 7

Occorre ripartire,assemblea ad AversaLeggi a pagina 11

Nicola Cosentino, nuove accuse dalla CarrinoLeggi a pagina 19

Romeo & Romeo

Ricordo al Tar contro il Comune di NapoliLeggi a pagina 24

N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno II

Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico

Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico

Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico

Antonio Bassolino e Amedeo Laboccetta insieme a braccetto e appassionatamente tracciano il “nuovo” orizzonte politico

Coppia di fatto

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I Sicilianigiovani

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I Siciliani giovani è un giornale, è un pezzo di storia,ma è anche diciotto testate di base ­ da Milano aModica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, aTrapani, a Palermo ­ che hanno deciso di lavorareinsieme per costituire una rete.Non solo inchieste e denunce, ma anche il raccontoquotidiano di un Paese giovane, fatto da giovani, vissuto inprima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori daipalazzi. In rete, e per le strade.

facciamorete!In rete, e per le strade

I Siciliani giovani che cos'è

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La strana coppia di fatto Bassolino-Laboccetta, un mistero 4A volte ritornano Pronto per una poltrona 6Stop veleni Quando lo Stato era distratto 9

Manichini con il tumore Provocazione come denuncia 13Doveva morire L'ordine dal fratello di Schiavone 15Prete sospesoLettere al padrino latitante 17Muore Angelo NuvolettaFu mandante omicidio Siani21Fondo Rustico Lamberti Scatta l'ennesimo raid 25Chiude il SancarluccioNapoli dimentica i suoi teatri 26

LA SVISTA Rivisitare la storia...

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ari lettori ecco La Domenica settimanale. Siamo tornati prendendoci ancora una

volta un po' di tempo. Eccoci forti e arrabbiati come sempre. Apriamo questo giornale con la “Coppia di Fatto”. L'abbraccio tra l'ex governatore Antonio Bassolino e l'ex deputato Amedeo Laboccetta. Sorprende ma non molto come le uscite dell'ex sindaco di Napoli aggreghino sempre più mondi diversi e lontani. E' un ritorno di zombi che mette angoscia. Torna l'aristocrazia decadente che per più di 20 anni ha “usato” Napoli e la Campania per la gestione di un potere per il potere. E' un tentativo di restaurazione, un disperato aggrapparsi al vuoto e tentare di fermare la storia per rivisitarla. La nostra attenzione è sulle iniziative contro i veleni e rifiuti tossici. E' un bello risvegliarsi dopo anni di silenzi, omissioni e collusioni. Pare che il gioco delle tre scimmiette sia finito. Ora occorre vigilare e stare attenti che il mercato delle bonifiche non vada nelle stesse mai di affaristi che hanno stuprato un territorio. Non poteva mancare le ultime su Nicola Cosentino che dopo aver ottenuto i domiciliari è stato scarcerato e alla prima uscita in tribunale Anna Carrino, l'ex compagna di Francesco Bidognetti ha svelato che nel 1987 l'ex deputato incontrava il boss. Ci piace concludere con due reportage fotografici. Vi auguro buona lettura.

C

Periodico d'informazione con inchieste, reportage, cronaca,

storie, interviste, cultura. Giornale in Pdf scaricabile da

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“Certe volte, le persone pagano

con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”

Anna Stepanovna Politkovskaja

EditoreTUTTI GIU' X TERRA

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Arnaldo CapezzutoRedazione

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Lina AndreozziProgetto editoriale settimanale

GAJ - Graphic Art JuliaHanno collaborato gratuitamente:

Filomena Indaco, Monica Capezzuto, Genny Attira, Pier Paolo Milanese,

Luigi Fonderico, Claudio Riccardi

N.14 - Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIReg. Stampa Tribunale di Napoli

n. 30 del 23 maggio 2012

Responsabile del trattamento dati(D.LGS- 30/06/2003 n.196)

Arnaldo Capezzuto

LA FOTO

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Ex mazziere fascista, più volte consigliere comunale a Napoli, prima nelle fila del Msi poi in An ancora nella Cdl ed a volo d'angelo confluito nel Pdl in linea di continuità tra la prima e la cosiddetta seconda Repubblica. Poi deputato di An e più che altro compare di Francesco Corallo, il discusso, latitante e poi arrestato imprenditore delle slot machine. Si, perchè Laboccetta avendo tra le mani il Pc di Corallo impedì alla Guardia di Finanza di sequestrarlo dichiarando che il computer era nella sua disponibilità per lo svolgimento dell'attività parlamentare. Una banale scusa per scansare il sequestro, prendere tempo per far formattare da una ditta specializzata il Pc. C'erano troppi segreti custoditi nel hard disk. Quando poi la Procura ebbe il lasciapassare dalla Camera dei Deputati ed entrò in possesso dell'apparecchio scoprì che era stato sbianchettato. Che sorpresa!. C'è da aggiungere che Laboccetta durante il mandato parlamentare si è particolarmente concentrato e specializzato nel presentare capziose interrogazioni e interpellanze sull'attività inquirente di un caparbio pm in servizio a Catanzaro: un certo Luigi de Magistris. Coincidenze. Casualità. Solite dietrologie. Mah! Corsi e ricorsi storici. Bollato come un impresentabili, Laboccetta

non è stato ricandidato alle ultime elezioni. Attualmente è coordinatore cittadino di un Pdl ormai inesistente. In mancanza di altro ha scongelato la sua associazione “Polo Sud” nata anni addietro per avvicinarsi di nuovo alla politica attiva dopo l'arresto che lo portò dritto in una cella del carcere di Poggioreale. Da

quell'esperienza nacque anche il libro “Grande hotel Poggioreale”. Bassolino è stato riabilitato da una sentenza. Ha le mani pulite. E ci tiene che su questo punto - legittimamente - non ci siano dubbi. A chiacchiere si è preso le sue responsabilità e timidamente riconosciuto i suoi errori politici. Adesso dopo il breve mea culpa è risceso in campo. Vuole dare una mano. Rimettere insieme la città divisa. Dare un contributo culturale. La domanda sorge spontanea e per realizzare questi intenti si sceglie di costituire una strana coppia di fatto con Amedeo Laboccetta, mister slot machine?

Clan, logge e politica

Il grande affare La strana coppia di fattoBassolino - Laboccetta

“È un problema per Napoli avere un'amministrazione e un'opposizione deboli. Dopo 2 anni non esiste più quella

maggioranza e in consiglio c'è una maggioranza numerica che cambia di volta in volta. Si deve sperare nel soccorso di

qualcuno. Dei 12 assessori iniziali 10 sono andati via. Litiga con i magistrati, con procuratori generali, con il Csm, il Ministero di Giustizia e lo stesso fa in politica”

OCCASIONE DELL'INCONTRO LA PRESENTAZIONE

DEL LIBRO-DOSSIER SUL SINDACO DI NAPOLI

on c'è nulla di male. Però impressiona vedere il redento Antonio Bassolino, un pezzo importante

della storia della sinistra italiana, a braccetto con Amedeo Laboccetta. La strana coppia di fatto si è ritrovata - il 29 ottobre all'Hotel Mediterraneo di Napoli – per la presentazione del libro “de Magistris - il pubblico mistero” edito da Rubbettino - casa editrice di Catanzaro -. Il volume è scritto dai giornalisti Gian Marco Chiocci (già inviato de “il Giornale” e nuovo direttore de “il Tempo”) e Simone di Meo (già cronista di “Cronaca di Napoli” e già collaboratore di lungo corso del parlamentare Sergio De Gregorio). Un Antonio Bassolino rinfrancato dall'assoluzione giudiziaria nel processo sui rifiuti non ha mancato l'occasione per attaccare a testa bassa l'ex pm e attuale sindaco di Napoli. L'ex presidente della Regione non ha provato neppure il minimo imbarazzo nell'ascoltare e condivide i ragionamenti dell'ex deputato del Pdl. Chi è Amedeo Laboccetta? Il nostro giornale gli ha dedicato addirittura una copertina e diverse pagine. Il personaggio è importante.

Ndi Arnaldo Capezzuto

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volte ritornano. Antonio Bassolino sembra aver rotto gli indugi. Scende in

campo e punta direttamente alla candidatura di sindaco di Napoli. E’ il mestiere che forse gli è riuscito meglio nella sua lunga carriera politica. Non è ufficiale ma i segnali sono chiari. L’“animale politico” insomma dopo tre anni esce dalla sua tana. Percepisce il momento. Sente il disorientamento crescente e il precario quadro politico locale e nazionale. E’ un balzo all’indietro. Un deja vu da brivido. Erano gli inizi degli anni Novanta. Antonio Bassolino da commissario del Pds si candidò allo scranno più alto della città. Attorno c’erano le macerie di tangentopoli: partiti e classe dirigente azzerata dalle inchieste e dagli arresti. Al ballottaggio contro una giovanissima Alessandra Mussolini vince l’ex dirigente del Pci. Si votava con l’elezione diretta. Era la prima volta nel nostro paese. Comincia la stagione dei sindaci che porterà poi alla nascita all’Ulivo di Romano Prodi. Un primo mandato da sindaco esaltante: si parlò addirittura di “Rinascimento napoletano”. Effimero? Concreto? Agli storici l’ardua sentenza. Sta di fatto che la città cominciò a ritrovarsi, a condividere unitariamente la speranza di un nuovo inizio.

A

Sappiamo come è finita. Ci sono luci, ci sono ombre fitte come tenebre. Antonio Bassolino da presidente della Regione Campania (due mandati) pur di restare in sella non ha disdegnato di esercitare la realpolitik stretto tra Ciriaco De Mita e Clemente Mastella. Non è stato un bel vedere. Incrostazioni, clientele, consulenze a go go, nascita di enormi carrozzoni, inefficienze, spreco di soldi pubblici, corsi di formazioni fantasma, sperpero di risorse europee, progetti inattuati tanto per fare ammuina. Cito solo per essere benevolo l’operato dell’assessore regionale Angelo Montemarano, un notabile della democrazia cristiana finito sotto inchiesta dalla Corte dei Conti. L’assessore bassoliniano ha lasciato un buco nero nella sanità pubblica campana. La rentrèe di Antonio Bassolino mi fa accapponare la pelle.

E’ mai possibile che la nostra città, la nostra regione, il nostro paese deve guardare con il torcicollo sempre ai giorni che furono? Cosa si deve fare per scrollarsi di dosso il passato?

Cosa occorre fare per rottamare una classe politica che ha fatto il suo tempo? Cosa di buono si può costruire dall’usato sicuro? I brividi mi hanno attraversato la schiena – sabato pomeriggio – nel foyer del Teatro San Carlo. Antonio Bassolino torna ufficialmente vent’anni dopo la sua prima elezione ad affacciarsi nella “sua” Napoli. Occasione la

presentazione del suo libro “Le Dolomiti di Napoli” (edito da Marsilio). Lui sussurra solo che vuole dare una mano. A chi gli chiede se anche lui un po’ come è accaduto a Palermo con Leoluca Orlando ed a Catania con Enzo Bianco voglia tornare sindaco di Napoli, Bassolino abbassa lo sguardo e risponde di altro. Sposto la prospettiva. E penso all’Antonio Bassolino che per quattro anni è stato commissario per l’emergenza

rifiuti, ai disastri di Taverna del Re, al sistema delle discariche, alla militarizzazione dei territori, alla costruzione – con quelle modalità- dell’inceneritore di Acerra, ai colpevoli e omertosi patti di desistenza politica, al silenzio nell’avvalorare pratiche di governo non proprio trasparenti, al ritrovarsi all’interno di un sistema di potere e di non aver fatto nulla per romperlo. Mi viene in mente la domanda a

brucia pelo che Marco Travaglio sferrò durante una trasmissione di Michele Santoro a Bassolino: “Di fronte a questo disastro perché lei non si dimette?“. Oppure alla reazione furibonda e scomposta dello stesso Bassolino quando Bernardo Iovene di Report gli chiede conto delle inutili consulenze affidate a Tizio, Caio e Sempronio. Penso ai pesanti capi d’accusa formulati nei processi a carico di

Bassolino dove mai si saprà la verità perché è scattata la prescrizione. A Napoli davvero serve tutto questo? Certo la storia di Antonio Bassolino pretende rispetto e personalmente il rispetto è accordato.

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Il Dialogo istituzionale

Antonio Bassolino, a volte ritornano L'ex governatore guru culturale

“ A chi gli chiede se anche lui un po’ come è accaduto a Palermo e a Catania voglia tornare a fare il sindaco di Napoli, Bassolino abbassa lo sguardo e risponde di altro”

“A Napoli davvero serve tutto questo? Certo la storia di Antonio Bassolino, la figura istituzionale pretende rispetto e personalmente il rispetto è accordato”

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Ma la sua storia appartiene al passato che non è il futuro. E’ un film già visto. E’ un fotogramma in bianco e nero. C’è un’ultima annotazione non da poco per capire, per leggere, per decifrare ciò che si muove nella pancia di una città come Napoli e di riflesso del paese. Non è casuale che in questo momento Antonio Bassolino esce allo scoperto. L’ex ministro del Lavoro potrebbe corrispondere a quella personalità di garanzia da molti ambienti invocata per pacificare la città. L’attuale sindaco anomalo Luigi de Magistris è una mina vagante. Non ha un partito, non ha una maggioranza fedele, non rappresenta la borghesia aristocratica e salottiera. Antonio Bassolino potrebbe avviare una grande stagione di pacificazione, concertazione e larghe e lunghe intese. Lo sosterrebbero sicuramente anche settori non proprio a sinistra e non proprio popolari. E Bassolino è già intento a

rassicurare chi lo vedrebbe candidato a sindaco di Napoli nell’immediato. Perché è chiaro che la sua discesa in campo è proporzionale alla sfilacciamento delle forze politiche che in consiglio comunale appoggiano la sgarrupata giunta dell’ex Pm. Bassolino va ripetendo che vuole solo dare una mano. Contribuire a fare cultura ma è chiaro e legittimamente non è così. Anche alla luce della sua assoluzione giudiziaria ma non politica degli anni in cui la regione era sommersa dai rifiuti. Leggendo il suo ultimo “Le Dolomiti di Napoli” si comprende che Bassolino vuole riprendersi una rivincita di non si sa cosa. I segnali li ha già inviati al nuovo che avanza : Matteo Renzi. In modo esplicito durante la conferenza “Il riscatto del Mezzogiorno” all’istituto “Denza” ha

parlato che “a Napoli occorre creare uno spirito di squadra, mettere tutti attorno ad un tavolo e condividere scelte di responsabilità al di là del colore politico”. Ricompare quel maledetto refrain che

sentivo pronunciare nei giorni bui dell’emergenza rifiuti. Giorni tragici che hanno rubato il presente e il futuro. Come dice il pm Antonello Ardituro, lo stesso che ha trascinato in tribunale l’ex sottosegretario Cosentino, “Esiste una seria ipoteca posta sul futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti in una vasta area della provincia di Napoli e di Caserta è un tema di cui le istituzioni hanno notizia e certezza da almeno 15 anni.

Sentire in questi giorni alcune dichiarazioni, alcuni impegni fa ridere se non piangere”. Non aggiungo altro per ora.

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Come si cambia per non morire

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FOTOREPORTAGE: STOP BIOCIDIO

Fiume in piena Vento di popolo

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Ottantamila, Novantamila, Centomila cittadine e cittadini in marcia per gridare forte contro chi ha avvelenato terreni, campagne, falde e agricoltura. Ma anche contro quelle istituzioni che hanno nascosto un disastro di dimensioni mondiali. Tanti volti di bambini issati su cartelli, morti per tumore. E' dolore e rabbia. E' un genocidio silenzioso

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 -N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 8ttantamila, Novantamila, Centomila cittadine e cittadini provenienti dai

comuni della Campania ma anche da altre regioni, associazioni, gruppi, sindacati, organizzazioni si sono riversati a Napoli. Appunto, un fiume in piena. Per gridare “Stop a biocidio”, per chiedere alle istituzioni di fare le istituzioni, per protestare contro coloro che dovevano controllare e non l'hanno fatto, per ricordare che dopo il disastro, tenuto secretato, occorre rimediare con le bonifiche. Un vento di popolo che ha soffiato forte, rabbioso per le strade della martoriata città partenopea. C'erano le storie, drammatiche, tragiche di chi con gli occhi lucidi, ma nulla c'entrava la pioggia, appena con un sussurro scandiva un nome e un cognome. Era un familiare, un parente, un amico ammalatosi e poi morto nel giro di qualche mese. Le neoplasie nei comuni a Nord di Napoli sono epidemiche. Uno scandalo di dimensioni mondiali.

O

Un disastro secretato

Ci sono ancora luminari titubanti: “manca la prova scientifica”. C'è chi implora cautela. Ad aprire il corteo don Maurizio Patriciello, sacerdote di Caivano, vero riferimento per migliaia di persone smarrite e in preda alla disperazione più cupa. Sotto al suo braccio Nino D'angelo, artista-scugnizzo di Casoria, altro territorio ferito dall'interramento di rifiuti. Una via crucis con croci di legno sulle quali sono affisse grandi gigantografie di chi si è ammalato e non si è salvato. Tra loro i volti di tanti bambini. Una strage di innocenti. Erode non è morto. Don Maurizio Patriciello arringa la folla dal palco montato in piazza del Plebiscito: “Sappiatelo siamo la parte migliore d'Italia”. E coglie un aspetto importante quando afferma “Adesso tutti si nascondono dietro la parola camorra”. E poi sferzante: “La camorra fa solo il proprio mestiere. Alla camorra questi veleni sono stati consegnati”. Nulla potrà essere più come prima in Campania. Occorre però stare attenti. Chi farà le bonifiche? Chi garantirà che le stesse menti raffinatissime che hanno deciso e attuato le strategie d'interramento adesso non si propongono di salvare i territori? Istituzioni flaccide trasformarono in emergenza commissariale lo smaltimento dei rifiuti. Una grande occasione per irrorare miliardi di euro. Tanti giocatori seduti attorno allo stesso tavolo. Politica, affari, camorra, istituzioni infedeli tutti saldati tra loro. La storia è sempre la stessa. Una riedizione moderna dei meccanismi che si affermarono durante la ricostruzione post terremoto del 23 novembre del 1980. I

dubbi sono tanti. Anche le preoccupazione. Non casualmente il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, non perde occasione per denunciare le gravi criticità degli strumenti di contrasto. “Mi auguro che il Parlamento approvi le modifiche del codice penale”. E ricorda: “Solo nel 2007 è stato previsto il reato di traffico in forma organizzata di rifiuti che solo 4 anni dopo è stato inserito tra reati mafiosi di competenza della Dda. Ma ancora oggi questi reati sono puniti con pene troppe lievi e spesso cadono in prescrizione.

Non ci sono i ritratti di boss e affiliati

Manca anche il reato di disastro ambientale, manca l'aggravante di danno ambientale. Sarebbero necessari anche strumenti come il processo per direttissima, l'arresto in flagranza, la possibilità di effettuare intercettazioni ambientali per termine lungo come per le indagini sui mafiosi e anche la confisca delle aziende che smaltiscono illegalmente i rifiuti”.I fatti però occorre guardarli e una buona volta non prendersi in giro. Se è vero come è vero che le istituzioni sono state silenti, omissive e a volte colluse c'è da ammettere come la società civile non ci sia mai stata. Mai una denuncia contro i camorristi o chi inquinava, mai una protesta, mai un agricoltore che abbia urlato “non ci sto”. L'immondezzaio campano non riguarda solo i territori ma le inquinate coscienze di molti. #Fiumeinpiena è una reazione forte, corposa, grintosa. Issate nel corteo di protesta c'erano le foto dei colpevoli : politici, commissari di governo, sub commissari, amministratori additati come i responsabili del grande disastro. Mi chiedo: dov'erano i ritratti dei boss, degli affiliati, degli imprenditori collusi? Perché non c'erano? Non tutti faceva no il gioco delle tre scimmiette. C'erano storie anche in discontinuità, di rottura vissute in solitudine. Voglio ricordare un solo nome Raffaele del Giudice, (ultima foto) direttore dell'Asia di Napoli. Quando insieme a uno sparuto gruppo di persone manifestava e denuncia-va l'avvelenamento delle campane con i rifiuti del ricco Nord o del miracoloso Nord Est d'Italia ammonendo che le colture e le falde erano inquinate, in molti lo prendevano per matto. A futura memoria c'è il documentario “Biutiful Cauntri” di Esmeralda Calabria, Andrea D'ambrosio e Peppe Ruggiero realizzato nel 2007 dove proprio Raffaele Del Giudice come un Caronte accompagna i telespettatori nel ventre inquinato di un inferno: La Campania infelix. C'è tanto #fiumeinpiena ma anche #unfiumeinpienadismemorati

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Indignazione per le strade di Napoli, oltre centomila persone in marcia contro il biocidio

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di Monica Capezzuto

i stanno avvelenando da troppi anni. Basta!”. Il popolo della “Terra dei

fuochi” non si ferma. Manifestazioni, cortei, sit-in e flash mob ormai sono quotidiani. “No, ai roghi tossici”. “Stop biocidio” “Né a Giugliano né altrove” “Entrano rifiuti escono veleni”. Slogan che denunciano il disastro dei territori campani. L'epicentro di questa Chernobyl campana è il perimetro della “Terra dei fuochi” a Caivano che con Acerra, Marcianise, Orta di Atella, e Giugliano rappresenta lo stoccaggio dei rifiuti tossici. Ci sono circa due milioni e mezzo di scorie

“Cinterrate sotto i campi coltivati. La produzione dei rifiuti industriali è giunta ai 140 milioni di tonnellate. E se l’emergenza rifiuti urbani ha portato la Campania ad essere lo zimbello d’Europa, le organizzazioni criminali ci hanno fatto diventare, insieme alla Grecia, la discarica tossica d’Italia. Ora dopo aver inquinato si preparano ad incassare i soldi delle bonifiche. Da noi sono smaltiti dai 30 ai 35 milioni di tonnellate di scorie di aziende che producono in nero e cioè in regime di evasione fiscale. L'industria del Nord si è avvalsa della complicità a pagamento della camorra per risparmiare valanghe di soldi

sugli smaltimenti delle scorie, sversandole in Campania. Qui le neoplasie sono epidemiche. Per troppi anni in molti hanno girato la faccia dall'altra parte. Chi governava ha fatto finta di nulla diventando complice di quel sistema che ha messo criminalmente camorre, economia, politica e istituzioni sullo stesso piano. Una osmosi che ha avuto effetti devastanti e nefasti sui territori e compromettendo la vita di intere generazioni. Adesso tutti i rappresentanti delle istituzioni a stracciarsi le vesti e prodigarsi per rassicurare la popolazione.

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Per anni si sono sversati tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici tra l'indifferenza omissiva e complice adesso quelle stesse istituzioni corrono ai ripari

Continuano le manifestazioni e i cortei di protesta contro i veleni

Campania, la nuova ChernobylIl Governo accelera: Subito bonifiche

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Aversa in movimento con un'assemblea pubblica

Dalla Terra dei Fuochi alla rinascita di Terra FelixLibera, Fiom e Legambiente insieme per una “Terra Felice”

egambiente, Libera e Fiom hanno promosso un’assemblea pubblica

all’interno della sala Guitmondo del Seminario Arcivescovile di Aversa, per costruire delle proposte credibili per trasformare la terra dei fuochi in terra felice.

Le tre realtà hanno avanzato e discusso alcune proposte: dal rendere pubblica e aggiornare l'attività di mappatura e censimento dei siti contaminati; avviare una sistematica e puntuale attività di campionamento ed analisi dei prodotti ortofrutticoli ed alimentari per valutare l'eventuale trasferimento di inquinanti ambientali negli stessi; individuare un piano sanitario pubblico specifico per le zone colpite dagli sversamenti e ad alto rischio di

L tumori, fino ad arrivare all’instaurazione dei un registro Tumori nella Regione Campania. Per realizzare queste proposte Libera, Legambiente e Fiom ritengono sia fondamentale mettere in campo due strumenti fondamentali: 1- Osservatorio Indipendente che metta in rete associazioni, consorzi, agricoltori, movimenti, comitati, intellettualità diffuse, cooperative sociali, economisti, ricercatori, medici, giuristi, ingegneri, studenti, singoli cittadini. Tale Osservatorio avrà la funzione di essere uno strumento di servizio ai movimenti di questi mesi nella verifica sui territori del lavoro attorno alle bonifiche, d'indagine e inchiesta sociale sui territori, di proposta politica ed economica concreta. 2 - Laboratorio per la Terra Felice, che abbia lo scopo di mettere in rete buone pratiche politiche e sociali sviluppate in questi mesi; un laboratorio che abbia la funzione di valorizzare, diffondere e

moltiplicare le pratiche e le esperienze, che sono già in campo da anni, che rappresentano la vera alternativa alla gestione criminale del territorio campano. A queste proposte, da perseguire insieme, fanno da prospettiva le esperienze degli agricoltori che, rifiutando gli sversamenti sui propri appezzamenti e talora i facili guadagni, hanno curato con professionalità e dedizione i fertili terreni campani; così come le esperienze delle cooperative sociali che sono nate sui beni confiscati alla camorra per restituire alla legittima destinazione d'uso i terreni agricoli; ma anche le lotte del lavoro che servono da riferimento e monito sul

diritto alla salute; le tante esperienze di volontariato che in questi anni, attraverso l'impegno sociale e civile, sono state sentinella e mentore nei nostri territori. La gravità

della situazione e l'urgenza di dare risposte efficaci, troppo a lungo rimandate, richiede uno sforzo congiunto di tutti affinché la Terra dei Fuochi possa tornare ad essere di nuovo Campania Felix: Terra Felice. (fonte Libera.it)

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La mobilitazione popolare per trasformare

un atto di denuncia, in una proposta politica

di Lina Andreozzi

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LA MOSTRA ITINERANTE

Accendiamo la speranza!

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Manichini malati di tumore con una parte annerita all'altezza di seno, stomaco o polmoni, realizzati dallo scultore Giovanni Pirozzi con cinquemila bottiglie di plastica, hanno invaso le strade e le piazze di Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa e Casapesenna allo scopo di sensibilizzare i cittadini sullo scottante tema della Terra dei Fuochi di Lina Andreozzi

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 14

“Ci aspettavamo veramente di tutto, perché sappiamo benissimo dove siamo nati. Avevamo pronti due estintori in auto in quanto avevamo messo in conto che si potesse organizzare qualche squadra per dare fuoco ai manichini”

Per tre giorni i comuni di Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa e Casapesenna, hanno trovato per strada 150 manichini malati di tumore realizzati con bottiglie di plastica raffiguranti scene di vita quotidiana. Le opere sono state realizzate dallo scultore Giovanni Pirozzi con cinquemila bottiglie di plastica recuperate attraverso un porta a porta

iniziato ben 6 mesi prima. Manichini fatti di bottiglie di plastica, con parti annerite ricordanti le patologie tumorali che affliggono la Terra dei Fuochi per protestare contro il degrado ambientale della zona. “L’idea è nata – racconta Pirozzi – quando partecipando a vari convegni per sensibilizzare sul tema della terra dei fuochi ho notato la poca partecipazione da parte dei cittadini. Ho deciso quindi di fare un’installazione che portasse il contenuto di quei convegni sotto gli occhi di tutti”. Il messaggio di questa mostra è forte: i manichini sono trasparenti come trasparente dovrebbe essere tutto quello che accade nel nostro territorio e inoltre sono fatti di plastica, un materiale riciclabile, quella stessa plastica che spesso viene incendiata nelle campagne limitrofe, trasformandosi in

veleno per i polmoni.La mostra itinerante iniziata nei tre giorni 11-12-13 Ottobre, sui territori di San Cipriano d’Aversa, Casal di Principe e Casapesenna,organizzata dalle associazioni “Work in progress” e "ABC Albanova Bene Comune" di San Cipriano d'Aversa, si è aperta con un convegno sul tema “Rifiuti e tumori” a cui hanno partecipato il dott. oncologo Antonio Marfella, il vescovo di Aversa Angelo Spinillo, il presidente di Libera nazionale e autore del libro "Eco Mafia" Enrico Fontana e il professore Stefano Tonziello. Le opere sono state realizzate grazie all'aiuto dei tanti scout di Libera arrivati da tutta Italia e dei giovani del territorio, che per mesi si sono incontrati nei sotterranei di un bene confiscato a San Cipriano d'Aversa per lavorare a questo progetto. Circa 50 ragazzi hanno allestito, intorno alle 3 del mattino, le piazze e le strade principali di San Cipriano d’Aversa, Casal di Principe e Casapesenna con 150 manichini malati di tumore. Con grande stupore i cittadini al loro risveglio si son ritrovati la città con 150 abitanti in più.

“L'emozione più grande è stata osservare i cittadini averne cura e vedere, all'uscita delle scuole, gruppi di bambini intenti a spiegare l'un all'altro quale fosse il senso di quelle macchie nere, cosa causa i tumori e chi sono stati i responsabili”

“Quando torni a casa e parli del manichino che hai visto per strada, dici 3 cose: manichino, bottiglie di plastica e macchia nera. Il messaggio – spiega l'artista - arriva appieno. Insieme all'opera arriva il messaggio”. Domenica 10 novembre i manichini di plastica hanno fatto irruzione in piazza municipio ad Aversa.

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n pizzino di carta velina arrotolato. Un nome appuntato: Aldo Scalzone. A dare

l'ordine al killer di compiere quell'omicidio fu Antonio Schiavone, fratello del capo dei Casalesi il più noto Francesco Sandokan Schiavone. Questa storia sembrava una storia già archiviata. Una sentenza aveva scritto la parola fine a un omicidio, uno dei tanti, in Terra di Lavoro. Invece puntuale il colpo di scena. A finire in manette è stato proprio Antonio Schiavone. L'uomo è stato fermato davanti alla sua casa di Giugliano - giovedì mattina 24 ottobre - dagli agenti della squadra mobile di Caserta diretti dal vice questore Alessandro Tocco. Poi scarcerato perchè il reato non può essere reiterato e non c'è il rischio di inquinare le prove. A riaprire le indagini e fornire un racconto particolareggiato e vivo su quel delitto è stato Cipriano D'Alessandro, ex killer dei casalesi, ora collaboratore di giustizia. Non perde tempo. Dal buio dei ricordi spiega per filo e per segno i retroscena di un omicidio eccellente avvenuto il

20 ottobre del 1991. Doveva morire Aldo Scalzone, imprenditore molto conosciuto a San Cipriano D'Aversa, noto con il nomignolo dell' “avvocato”, da sempre collegato a doppia mandata al neo gruppo scissionista dei Casalesi facente capo a Vincenzo De Falco, ex luogotenente della cosca. Sono gli Schiavone a decretarne

la condanna. Il motivo è sufficiente a scatenare una guerra di camorra. L'uomo viene sospettato di aver “spiato” ai carabinieri il luogo di un summit. Era il 13 dicembre del 1990. C'era una riunione a casa dell'assessore del Comune di Casal di Principe Gaetano Corvino. Nell'appartamento dell'amministratore parteciparono all'incontro riservato i capi dei capi dei Casalesi: Francesco Schiavone, il cugino Francesco Bidognetti e Mario Iovine.

UÉ stato Cipriano D'Alessandro, ex

killer dei casalesi, ora

collaboratore di giustizia. Non perde tempo. Dal buio dei

ricordi spiega per filo e per

segno i retroscena di un

omicidio eccellente

avvenuto il 20 ottobre del 1991.

Doveva morire Aldo Scalzone,

imprenditore molto

conosciuto a San Cipriano

D'Aversa, noto con il nomignolo

dell' “avvocato”,da

sempre collegato a doppia

mandata al neo gruppo

scissionista facente capo a

De Falco

“Deve morire”L'ordine su carta velina Antonio Schiavone messaggero di SandokanIl fratello del padrino scatenò la guerraUn pentito fa luce sul delitto

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 16Una telefonata anonima avverte i carabinieri. Scatta il blitz che porta dietro le sbarre tutti i presenti tranne Iovine che riesce a scappare. I padrini capirono che qualcuno li aveva traditi. I sospetti ricaddero sull'ex luogotenente con mire espansionistiche Vincenzo De Falco e appunto il factotum economico del neo gruppo criminale: l'imprenditore Aldo Scalzone. Per quell'omicidio la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere il 29 ottobre di nove anni fa emise una sentenza di condanna all'ergastolo per Francesco Sandokan Schiavone, il fratello Walter e Giuseppe Diana. Condannato anche Franco Di Bona ma a 13 anni. Chiusa la vicenda giudiziaria. Sembrava di si.

D'Alessandro decide di pentirsi

Invece - siamo a pochi mesi fa- D'Alessandro decide di pentirsi. Una scelta di vita. Tanto è vero che l'uomo nel corso di un interrogatorio, nonostante l'assoluzione su tre gradi di giudizio, si è attribuito l'omicidio proprio di Scalzone. D'Alessandro si sofferma su chi gli diede l'ordine di uccidere: “Fui incaricato di compiere l'omicidio da Antonio Schiavone”. Confessione choc. Antonio Schiavone conosciuto come “o’

frat e Sandokan” è rimasto sempre e solo sullo sfondo in tutti questi anni di potere

dei Casalesi. La sua fedina penale è immacolata. Proprio pochi mesi fa ha incassato l'assoluzione dall'accusa di concorso esterno in associazione camorristica. Il suo lavoro è di agricoltore. É proprietario di alcune terre a Cancello Arnone ed è titolare di un'azienda agricola. Non compare. Non

parla.

Un ordine non si discute

É di poche parole. Sempre dietro le quinte. Ama i suoi nipoti e sta sempre con loro. Diversi pentiti però gli attribuiscono un certo carisma, un'autorevolezza senza pari.

D'Alessandro scandisce bene le parole, le arricchisce con scene viste e vissute nel corso dell'interrogatorio: “Antonio mi diede un pizzino di carta velina che riportava l'ordine che bisognava uccidere al più presto Aldo Scalzone”. Il comando fu perentorio e per D'Alessandro si

concretizzava una grande occasione: quella di consacrare l'appartenenza ai Casalesi con un omicidio. Un ordine non si discute. A mostrare però dei

tentennamenti e dubbi fu inaspettatamente - così riferisce sempre D'Alessandro – il cugino di Sandokan, Carmine che riferì come Scalzone fosse collegato a fantomatici servizi segreti e forze dell'ordine. Occorreva avere la certezza che ci fosse campo libero. Allora attraverso un ispettore infedele del commissariato di Aversa i Casalesi raccolsero informazioni. Alla fine l'omicidio fu commesso. D'Alessandro racconta le fasi di quel delitto: “Avevo un fucile a pompa e una calibro 12 – racconta a verbale – non appena Scalzone

giunse in auto – aveva una Fiat Croma - nei pressi dell'edicola per acquistare i giornali feci fuoco sparandolo al volto e all'addome”.

Schiavone subito scarcerato

Il ruolo di Antonio Schiavone sembra essere stato davvero

determinante. Per ora i giudici dopo l'arresto l'hanno scarcerato. Leindagini proseguono. É stato lui – secondo il racconto di D'Alessandro – a raccogliere direttamente dal gotha della cosca dei Casalesi, cioè i padrini Francesco Schiavone detto Sandokan e Francesco Bidognetti, l'ordine per l'agguato e trasmetterlo. C'è da giurarci che i segreti della cosca non finiscono qui.

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“Il pentito D'Alessandro si sofferma su chi gli diede l'ordine di uccidere: “Fui incaricato di compiere l'omicidio direttamente da Antonio Schiavone”

“Una telefonata anonima avverte i carabinieri. Scatta il blitz che porta dietro le sbarre tutti i presenti tranne Iovine che riesce a scappare. I padrini capirono che qualcuno li aveva traditi.”

“Antonio Schiavone mi diede un pizzino di carta velina che riportava l'ordine che bisognava uccidere al più presto Aldo Scalzone”

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n prete che prega e fa da avvocato di fronte al padreterno a un boss della camorra. Il mammasantissima si chiama Nicola

Panaro, esponente di spicco della cosca dei Casalesi e latitante - al momento dei fatti - da oltre sette anni. Il suo angelo custode è Don Carmine Schiavone, suo padre fu ucciso in un agguato di camorra undici anni prima. Il fratello Vincenzo all'indomani delle polemiche sul ritrovamento delle lettere di Don Carmine in un covo viene arrestato per estorsione. Il quadro è deprimente. Le missive del giovane prete trasudano vicinanza, conforto e attenzione al padrino. Certo, è vero un sacerdote deve pur recuperare le pecorelle smarrite, riportarle sulla retta via. Non c'è dubbio. Ma quel padrino è uccel di bosco da anni, verrà arrestato nel 2010 dopo una lunga latitanza passata in giro per il mondo. Don Carmine Schiavone, all’epoca è viceparroco di una chiesa del casertano. Non fa mai mancare parole d'incoraggiamento e struggimento per il capo dei Casalesi. Il mammasantissima trascorre la latitanza assistito da un cerchio magico di familiari, parenti, amici e picciotti. C’era che gli forniva le carte d’identità false, chi si interessava della sua automobile, chi gli bonificava i luoghi dalla presenza di microspie, chi si intestava schede Sky, dei cellulari, chi creava nickname fasulli e prestanome, chi gli comprava via web biancheria intima maschile e femminile tipo stivaletti, occhiali e perizoma, chi gli portava i pizzini a destinazione, chi gli procurava i biglietti per il gran premio di moto di San Marino oppure organizzava un viaggio a Montecarlo. Insomma Nicola Panaro faceva quello che voleva perché Nicola Panaro il suo mestiere lo sapeva fare bene: il boss di camorra. Non solo cose materiali. Pensava molto allo spirito, alla sua anima, alla sua religiosità. Aveva il suo consigliere spirituale che con delicatezza lo sosteneva e gli stava accanto. A svelare i segreti del boss è stata l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Oriente Capozzi a carico di 14 persone tra cui la moglie di Panaro, Maria Consiglia Diana, il cognato, il fratello, un nipote. Le indagini sono state condotte dal pool della Dda composto da Antonello Ardituro, Giovanni Conzo, Catello Maresca, Cesare Sirignano. Le manette ai polsi le hanno strette i carabinieri di Casal di Principe e del Comando provinciale di Caserta. Dalle carte emergono particolari di quella delicata corrispondenza intrattenuta dal parroco. “Ti auguro tutto il bene che un prete può augurare a un uomo” è una delle frasi scritte da don Schiavone – all’epoca vice parroco della chiesa Annunziata di Villa Literno. Nella missiva il sacerdote racconta al boss di scrivere davanti al crocifisso e di essere felicemente la guida spirituale di suo figlio. Il vice parroco non era solo una guida spirituale ma un fiancheggiatore del padrino - secondo i magistrati anticamorra - durante la sua lunga latitanza interrotta con l’arresto tre anni fa. Ora don Carmine è indagato a piede libero e la Diocesi di Aversa in un comunicato motiva così la sospensione: “In attesa di un chiaro giudizio delle autorità competenti sull’imputazione, al Sacerdote Don Carmine Schiavone è stato chiesto di osservare un periodo di prudente ritiro dalle ordinarie attività pubbliche del suo ministero”. Dal canto suo don Carmine di fronte alla burrasca giudiziaria sussurra poche parole: “Sono addolorato. Mi è caduto il mondo addosso. Per me non c’è differenza tra gli uomini. Aiuto tutti. Porto in silenzio questa Croce. É una prova che il Signore vuole che affronti”. É una brutta storia. Una pessima storia. E il pensiero corre a Don Peppino Diana ammazzato dai Casalesi perché con pratiche concrete era contro la camorra in Terra di Lavoro e difendeva il Vangelo. Scuoteva le coscienze anche degli stessi parroci e delle alte e miopi sfere della gerarchia ecclesiastica. Scrisse e diffuse il documento-manifesto “Per amore del mio popolo non tacerò” in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana, in cui e senza fraintendimenti c’era la condanna al sistema dei clan e dei camorristi. Era l'inizio degli anni Novanta, quando davvero in pochi combattevano i clan e il sistema di potere della camorra. La rabbia è tanta per chi non dimentica l’esempio di Don Peppino Diana ma anche di Don Pino Puglisi che schierandosi contro le mafie firmarono il loro testamento. Don Peppino e Don Pino non scrivevano lettere ai latitanti, le loro chiese erano aperte a tutti pronte ad accogliere tutti ma a viso aperto e stando senza ombre dalla parte giusta: solo e sempre contro le mafie.

U

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Il prete e il boss“Prego per te”

Don Carmine Schiavone è indagato a piede liberoha intrattenuto rapporti

con Nicola Panaroall'epoca padrino latitante

Il parroco è stato sospeso

dalla Diocesi di Aversa “Ritiro dalle ordinarie attività pubbliche del suo ministero”

di Arnaldo Capezzuto

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Per dare una mano:IT 28 B 05018 04600 000000148119 <---(IBAN Banca Etica, “Associazione Culturale I Siciliani Giovani")

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1983-2013Trent’annidi libertà

“Un giornalismo fatto di veritàimpedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminali-tà, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo” Giuseppe Fava

In rete e per le strade“I Siciliani giovani” sono una rete di testate di base, da Milano a Modica, da Catania a Roma, da Bologna a Napoli. Il racconto quotidiano di un paese giovane, fatto da giovani, vissuto. Fuori dai palazzi. In rete, e per le strade.

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o scrissi tempo addietro e non ho cambiato la mia opinione forte della

conoscenza delle carte: Nicola Cosentino non è Enzo Tortora. Dopo quasi otto mesi, vissuti tra il carcere di Secondigliano e gli arresti domiciliari, prima fuori regione e poi presso la sua abitazione di Caserta, l’ex sottosegretario all’Economia dell’ultimo governo Berlusconi ha riacquistato la libertà. L’ex deputato e potentissimo coordinatore campano del Pdl fino a venerdì scorso era agli arresti a casa propria accusato in due processi in corso di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e reimpiego di capitali illeciti. Lo scrivo con rispetto: è traumatico per un uomo la privazione della propria libertà personale. Umanamente sono sollevato che Cosentino possa tornare a presenziare le udienze dei suoi processi da uomo libero. Però c’è un però. Da più parti già si sollevano cori di sirene ammaliatrici che come sempre accade fanno sentire il loro canto interessato: Cosentino è stato ingiustamente detenuto. Contro di lui, un teorema. E’ chiaro che l’applicazione di provvedimenti restrittivi resta una decisione sofferta ed estrema. La custodia cautelare per Cosentino è stata richiesta dalla Procura perché c’era un reale pericolo di inquinamento delle prove. Cosentino anche senza cariche istituzionali era e resta un uomo potente. La richiesta è passata al vaglio di livelli terzi di giudizio a tutela dello stesso imputato e delle prerogative della sua difesa. Questo dev’essere un terreno giuridico condiviso anche per chi critica a prescindere l’applicazione di questo strumento. La custodia cautelare durata sette mesi e 24 giorni subita da Cosentino non è la vendetta del pool anticamorra o un regolamento di conti giudiziario ma l’applicazione della legge calata in quel preciso contesto e nel

L

riferimento storico dello svolgimento dei due processi. Chi non ragiona in quest’ottica è palesemente in cattiva fede, anzi esercita, davvero in questo caso, una vendetta contro i magistrati protagonisti di quelle indagini e delle ipotesi accusatorie. Non si può dimenticare che l’ex sottosegretario è stato il potente plenipotenziario di Berlusconi in Campania per oltre un decennio, campione di consenso nelle terre di Gomorra. Un uomo politico che ha contribuito a far vincere il Pdl a livello nazionale partecipando a far eleggere nel 2008 in Campania ben 38 deputati e 14

senatori, rastrellando oltre un milione e seicentomila voti, pari al 12 per cento del consenso totale dell’armata costruita da Silvio Berlusconi. Ciò non significa niente. Non è una colpa essere un uomo politico di successo. Ma bisogna capire la consistenza del suo successo: se affiliati alla camorra ti tirano in ballo e

unanime parlano di un appoggio elettorale del clan dei Casalesi in termini di voti all’ex sottosegretario nella prima fase della sua bruciante ascesa politica. Qualche problema sorge.

Cosentino è libero Procura contro il parere del tribunale

ILNOSTRO DOVEREAbbiamo sempre e

doverosamente tenuto i fari accesi sulla vicenda di

Nicola Cosentino. Non è un accanimento ma il giusto e

normale lavoro giornalistico. Un dovere oltre che un

diritto dei lettori di essere informati e aiutati a farsi un

libero giudizio su di un personaggio pubblico che ha ricoperto importanti cariche istituzionali e avuto delicate

responsabilità di governo. Questo continueremo a fare

assassasassasa

“Dopo quasi 8 mesi, vissuti tra il carcere e gli arresti domiciliari, l’ex sottosegretario all’Economia dell’ultimo governo Berlusconi ha riacquistato la libertà”

L'asterisco Le accuse della Carrino

Torna davanti ai giudiciNicola Cosentino, ritorna da imputato al processo Eco 4 al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La collaboratrice di giustizia Anna Carrino, ex compagna del boss Bidognetti rivela: “Nicola Cosentino venne in due circostanze nel 1987 a fare visita a Francesco Bidognetti quando era a casa agli arresti domiciliari. Io c'ero e salutai Cosentino, poi lui e mio marito si appartarono in una stanza per parlare”. Una “bomba” che esplode nel corso dell'udienza del 18 novembre collegata in videoconferenza la collaboratrice svela un particolare rimasto segreto.

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“...si comprende la cifra, la consistenza di quell’enorme e formidabile potere costruito negli anni su clientele, pastrocchi formato scatole vuote tanto per mettere a lavorare un po’ di gente, creazione dei consorzi dei rifiuti, intraprese imprenditoriali...”

E’ di questi giorni – tra l’altro – un’inchiesta che ha mandato dietro le sbarre i vertici dell’Asl di Caserta, un consigliere regionale. Dalle carte esce

fuori che per l’ospedale San Sebastiano di Caserta Nicola Cosentino impose un suo uomo di fiducia e non si muoveva foglia se non l’ordinasse l’ex deputato. Allora si comprende la cifra, la consistenza di quell’enorme e formidabile potere costruito negli anni su clientele, pastrocchi formato scatole vuote tanto per mettere a lavorare un po’ di gente, – stile Atac romana –, creazione dei consorzi dei rifiuti, intraprese imprenditoriali, e il controllo consociativo-trasversale del governo dei posti del sottobosco del potere. Di che parliamo, allora? La trama è

sempre la stessa, purtroppo. Di fronte a questa forza, capacità, relazioni, collegamenti, esercizio di un potere opaco e condiviso cosa doveva fare il pool di magistrati?

Non dimentichi che è imputato

Rischiare di mandare tutto all’aria. Come si può immaginare, il già sottosegretario all’Economia con delega al Cipe pur senza cariche e senza ruoli nel partito d’appartenenza non è uomo che non possa condizionare comportamenti e dichiarazioni nel corso dei processi. La carcerazione preventiva è servita. Anzi la Procura era contraria alla sospensione del provvedimento di custodia. Il tribunale si è pronunciato in modo differente. Questi i fatti. Non inchieste campate in aria come alcuni vogliono far credere. Prendiamo il processo “Il Principe e la scheda ballerina” dove è imputato con rito ordinario Cosentino. All’inizio dello scorso mese c’è stata la sentenza con rito abbreviato dove sono state condannate 34 persone, gli assolti sono 11.Ha retto l’impianto dei pm. E’ stato accertato e si è fatto luce sul tentativo di riciclaggio di denaro attraverso la costruzione a Casal di Principe di un centro commerciale con la benedizione di imprenditori, camorristi e politici. E’ giusto che Cosentino trovi un po’ di serenità e festeggi con mozzarelle di bufala e vino la ritrovata libertà ma non dimentichi che è un imputato e accusato di gravi reati.

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“A Volte non si capisce di che parliamo, allora? La trama è sempre la stessa, purtroppo. Di fronte a questa forza, capacità, relazioni, collegamenti, esercizio di un potere opaco e condiviso cosa doveva fare il pool di magistrati?Rischiare di mandare tutto all’aria”

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L'ex sottosegretario ritrova la libertà

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aranno anche solo coincidenze. Forse casualità. Ma mettono i brividi. Negli

stessi giorni che la Mehari, l'auto di Giancarlo Siani, è ripartita - dopo 28 anni - da dove la mano assassina e codarda della camorra l'aveva fermata trucidando il giovane cronista napoletano, il mandante di quel delitto, per molti versi ancora oscuro, è morto nell'ospedale del carcere di Parma. Angelo Nuvoletta, 71 anni, stava scontando l'ergastolo, da qualche giorno era stato trasferito dal carcere di Spoleto a quello di Parma per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute: era da tempo ammalato di cancro, come il fratello Lorenzo catturato nel dicembre del 1990 e morto 4 anni dopo a Marano, comune alle porte di Napoli. A Poggio Vallesana (Marano) c'è da sempre il fortino, la roccaforte della cosca dei Nuvoletta. Avete letto bene: cosca. I tre fratelli Lorenzo, Ciro (il più feroce, e però fu anche il primo a morire, in un agguato nel 1984) e Angelo si affiliarono alla mafia siciliana del padrino Michele Papa e poi seguirono Luciano Liggio e abbracciarono la fazione stragista dei Corleonesi di Totò Riina. I collaboratori di giustizia lo dissero chiaramente, le indagini lo confermarono: Angelo Nuvoletta era il vero capo dei capi della famiglia, lo decise e lo sentenziò: Giancarlo Siani doveva morire perché ipotizzò in un articolo il tradimento dei Nuvoletta nei confronti del boss emergente di Torre Annunziata Valentina Gionta. Uno smacco insopportabile, il pezzo di Giancarlo, poteva compromettere il patto d'onore con la mafia siciliana e i tanti affari a venire. Questo è quello che hanno sentenziato i giudici. É una verità giudiziaria inequivocabile. Ma forse c'è dell'altro. Anzi sicuramente. Ci fu un'accelerazione repentina nell'uccisione

S

di Giancarlo Siani. Angelo Nuvoletta conosceva, sapeva, custodiva segreti

inenarrabili che ha portato domenica scorsa con se nella tomba. Le uniche cose che si è limitato a dire a verbale negli anni sono state: “Non mi pentirò mai. I pentiti dicono solo bugie, sono causa delle nostre disgrazie” parole sprezzanti pronunciate quando dopo 17 anni di latitanza venne acciuffato nel suo fortino.

Correva l'anno 2001 era il 17 maggio. Il padrino fu acciuffato a Marano in un palazzo vicino al municipio. Il bliz fu

condotto da 40 uomini della Dia. La certezza che si trattasse proprio di lui la si ebbe quando nello stringere le manette ai polsi mancava un pezzo dell'anulare perso durante un conflitto a fuoco. La condanna più pesante, è quella dell'aprile del 1997, quando i giudici della Corte d'Assise di Napoli gli inflissero l'ergastolo proprio per

l'omicidio di Siani avvenuto la sera del 23 settembre 1985. I Nuvoletta rappresentano la vera camorra-mafiosa. Nulla a che vedere con la guagliunera di oggi: per lo più bande predatorie di bamboccioni.

“La certezza che si trattasse proprio di Angelo Nuvoletta la si ebbe quando nello stringere le manette ai suoi polsi mancava un pezzo dell'anulare perso durante un conflitto a fuoco”

L'asterisco

di Arnaldo Capezzuto

«Ho visto mio padre lunedì scorso, e in punto di morte gli ho ripetuto: “Papà, ora basta: non è giusto che tu devi pagare per questa cosa”.E lui come sempre mi ha ripetuto: «devi starne fuori». La rivelazione è di Marianna Nuvoletta, una delle quattro figlie del boss Angelo, condannato all’ergastolo perché mandante dell’omicidio del cronista del Mattino Giancarlo Siani, morto nel carcere di Parma. A raccogliere lo sfogo è stato il giornalista de “Il Mattino” Maurizio Cerino sul quotidiano del 23 ottobre. “Cavalcanti sa benissimo chi ha ucciso Siani. Per me queste sono cose inconcepibili: non sono loro i colpevoli, ma altri. Perché come figlia glielo devo dire: I Nuvoletta non hanno mai ucciso persone innocenti. Siani era innocente, era uno che lavorava. Sarebbe stato stupido fare una cosa simile, sarebbe ricaduta addosso a loro. Ora deve venire fuori la verità”. Le dichiarazioni della figlia del padrino sono state bollate da ambienti vicino alla famiglia Siani con un solo termine : “Delirio”.

“A Poggio Vallesana c'è da sempre il fortino, la roccaforte della cosca dei Nuvoletta. Avete letto bene: cosca. I fratelli Nuvoletta erano collegati ovvero affiliati alla mafia di Totò Riina”

Parla la figlia del padrino

Intervista alla figlia

Morto il padrino don Angelo Nuvoletta Decretò l'esecuzione del giornalista Giancarlo Siani Vietati i funerali nel fortino di famiglia a Poggio Vallesana

IL FUNERALE Poche persone ad

accogliere nella casa di Poggio Vallesana a Marano il feretro di

Angelo Nuvoletta. Solo familiari, parenti e amici.

Niente applausi per il padrino, come invece era stato per altri componenti

della potente ex cupola maranese. La salma è

stata cremata e sepolta con un rito strettamente

privato nella cappella di famiglia dopo che la

Questura ed a seguire la Curia partenopea

avevano detto no ai funerali pubblici

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 22

“É loro il copyright dello strangolamento e dello scioglimento dei cadaveri nell'acido. Come i casi di lupara bianca. Insomma tecniche mafiose. Colpire i nemici facendoli soffrire e poi ammazzarli. Questa la “filosofia” del terrore dei Nuvoletta. Una famiglia-cosca criminale con affari per milioni di euro”

La cosca dei Nuvoletta sia nella guerra contro la Nco di Raffaele Cutolo, sia contro i Casalesi e il clan retto dal padrino poi pentito Carmine Alfieri ha mostrato sempre e solo una ferocia criminale senza

eguali mai registrata nella storia della camorra e più attinente, invece, alla mafia. É loro il copyright dello strangolamento e dello scioglimento dei cadaveri nell'acido. Come i casi di lupara bianca. Insomma tecniche mafiose. Colpire i nemici facendoli soffrire e poi ammazzarli. Questa la “filosofia” del terrore dei Nuvoletta. Una famiglia-cosca criminale con affari in giro per il mondo: contrabbando di sigarette, traffico di droga, calcestruzzo, edilizia, appalti e subappalti, rapporti con la politica, traffico di rifiuti, gestione delle discariche. Business e potere. Una holding con migliaia di tentacoli. Affari a nove zeri e un fitto cerchio magico di fior fiori di professionisti a loro disposizione. Riciclaggio e investimenti all'estero. A

distanza di 50 anni di potere capillare nulla si conosce davvero dei Nuvoletta. Dei fratelli Angelo, Ciro e Lorenzo parlarono durante le loro deposizioni collaboratori famosi come Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, mai però dall'interno della cosca è venuto fuori qualcuno disposto a raccontare i segreti dei boss di Marano. Nessuno mai - a livello criminale - negli anni si è mai permesso di mettere in discussione il loro potere. Nessuno mai.

Il boss Polverino era un loro alleato

Nell'imbastardita geografia criminale e pulviscolare campana i vecchi capi e le terze fila in ascesa nel loro scacchiere d'interessi, il territorio di Marano è stato sempre aut. Un riconoscimento e una forma di rispetto dovuti ai Nuvoletta per il loro pedigree e collegamento con Cosa nostra. Adesso con la dipartita di Angelo Nuvoletta, del capo dei capi, le cose potrebbero cambiare. Il loro storico alleato Giuseppe Polverino detto 'o barone, finito in cella garantiva, interloquiva e gestiva i rapporti a livello internazionale anche per conto della cosca di Marano. É finito in carcere. Si profila insomma all'orizzonte un quadro dinamico. Cito solo un nome Mario Riccio, 21enne, originario di Marano che quando fu costretto a trasferirsi a Scampia con la famiglia promise a se stesso che un giorno sarebbe ritornato nella sua città. Il bamboccione nel frattempo è cresciuto. É latitante e bene si è distinto nell'ultima faida di Scampia costruendo e comandando un giovane gruppetto criminale pronto a tutto. Scenari da guerra. Intanto come era ovvio Angelo Nuvoletta non tornerà a Marano. Niente funerali nella chiesa di Vallesana. La salma dell'ultimo padrino di Marano, è stata cremata. Il “no” alle esequie è stato deciso per ragioni di ordine pubblico dal questore di Napoli a cui si è uniformato il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe.

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Il padrino

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I Sicilianigiovani

"A CHE SERVE ESSERE VIVI, SE NON C'E' IL CORAGGIO DI LOTTARE?"www.isiciliani.it

SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANIIT 28 B 05018 04600 000000148119

LIBERTA'

19822012

L'ARIADELLA

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 -N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 24

Genny Attira

l lupo perde il pelo ma non il vizio. Alfredo Romeno, l'ineffabile

imprenditore già condannato in Appello al carcere per corruzione torna alla carica. Dopo aver consegnato al Comune di Napoli tir di documenti di anni e anni di gestione in appalto del patrimonio pubblico e non rassegnatosi dall'aver perso la concessione si è rivolto al tribunale amministrativo regionale per contestare la decisione dell'amministrazione guidata da Luigi de Magistris e riprendersi il Patrimonio Immobiliare Pubblico di proprietà del Comune di Napoli. Sostanzialmente Romeo ricorre al Tar contro la decisione del Comune di Napoli di affidare la gestione del patrimonio alla Napoli Servizi. Con un'intervista teleguidata a firma di Pietro Treccagnoli sulle pagine de “Il Mattino”, il Romeo imprenditore seduttore come al solito e senza contraddittorio dice quello che gli pare inventandosi un sacco di baggianate. Questo signorotto per 22 anni ha fatto quello che voleva con la benedizione

Iprima del sindaco Antonio Bassolino poi di Rosa Russo Iervolino. Affari, affari e ancora affari. Romeo ha sempre piegato le strutture elettive-politiche-burocratiche ai suoi desideri ovvero interessi. Non per caso uno come Italo Bocchino adesso è un suo dipendente. É attento alla comunicazione e al taroccamento della realtà, evita i passi falsi. Un esempio: in questi giorni ha rimandato indietro una troupe di Report. Paura? Forse sì. Mentre per i giornalisti napoletani è sempre disponibile tanto più sdraiati di Marco Demarco e Pietro Treccagnoli non c'è nessuno. Romeo è pratico. Quando c'era tangentopoli, dopo una breve latitanza, al magistrato che lo interrogava disse: “I politici mi saltavano addosso come cavallette chiedendomi un sacco di piaceri che non potevo rifiutare”. Insomma non si capisce cosa vuole questo prenditore. A proposito, il suo albergo in via Colombo continua ad espandersi ingurgitando marciapiedi e strada pubblica: perché gli uffici comunali non controllano se tutto è in regola?

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Già condannato per corruzione si rivolge al Tar

Romeo fa ricorso Rivuole la gestione degli immobili comunali

Tre anni di reclusione per Alfredo Romeo. L'inchiesta è quella della Global Service, dal nome della delibera varata dalla Giunta, all'epoca dei fatti, guidata dal sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, per la manutenzione delle strade comunali che stava per essere assegnata proprio al gruppo Romeo e che invece rimase lettera morta per mancanza di fondi. La Procura partenopea ipotizzò che il manager fosse in grado di manovrare attraverso prebende e piaceri di vario tipo alcuni assessori in cambio di appalti su misura. I pm chiesero dieci anni di condanna, ma il Tribunale, in primo grado, lo ha assolto dalle accuse più gravi, infliggendogli “soltanto” due anni per un singolo episodio di corruzione relativo a un’assunzione. Al termine del processo di appello è stato condannato, oltre che per il capo M(corruzione in concorso con l’ex provveditore alle opere pubbliche Mario Mautone) anche per i capi F e G(turbativa d’asta e rivelazione di segreto). Nonostante le condanne Romeo è titolare di concessioni pubbliche e gestisce servizi di riscossione. Qualche incompatibilità ci sarebbe, sembra.

Per 22 anni ha gestito il patrimonio immobiliare pubblico del Comune di Napoli con risultati modesti. Dopo la perdita della concessione non contento dichiara guerra al Comune di Napoli

La domenica settimanale ha

dedicato molte delle sue pagine in questi due anni agli affari

dell'imprenditore Alfredo Romeo. Pagine infuocate

quando gli altri quotidiani cartacei e

online guardavano casualmente altrove.

Giornalisti distratti dalle linee editoriali

dei loro direttori e editori

La condanna

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 25

di Luigi Fonderico

l'ennesimo atto ritorsivo contro il fondo rustico intitolato alla memoria del grande

sociologo Amato Lamberti. Il terreno fu sequestrato e confiscato al clan Simeoli e concesso in comodato d'uso a una cooperativa di giovani. A qualcuno non piace che si parli di legalità e più che altro si sviluppino pratiche di legalità. Le marmellate, le pesche, la vendemmia e i pranzi conviviali oppure ancora l'adozione gratuita di pezzi di terreno da coltivare. E dopo le buche scavate a mò di fosse cimiteriali, croci e furti di alberi: un nuovo

Éattacco. Servono 40 mila euro per ricomprare il trattore rubato a metà ottobre con altre attrezzature dal fondo. Per i ragazzi che lavorano quella terra il trattore è un necessario strumento per far produrre i 14 ettari di pescheti e vigneti confiscati alla malavita. Il terreno è stato affidato in comodato d'uso gratuito fino al 2015 alla Cooperativa Resistenza, nata da (R)esistenza Anticamorra di Scampia e vi lavorano anche molti giovani affidati al gruppo dai servizi sociali. Molti gli attestati di solidarietà arrivati finora e anche le offerte di aiuto. Ma non bastano: per riprendere a lavorare servono 40 mila euro. Subito.

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“Gestiamo il bene confiscato fondo rustico “A. Lamberti” a Chiaiano che purtroppo ancora adesso è stuprato e non parliamo solo della camorra ma dalla politica degli anni precedenti. É un bene confiscato 13 anni fa al clan Simeoli tra i più potenti e attivi di quella zona. Oltre 14 ettari di vigneti e pescheti insomma un piccolo paradiso terrestre lasciato per 13 anni nella mani della camorra nonostante la confisca. E in quel bene confiscato fino a 10 anni fa si scioglievano persone nell’acido ora ci lavoriamo noi e ci facciamo le marmellate. Un vero miracolo. Il clan è ancora attivo e non ha perso le speranze di metterci nuovamente le mani sopra. Quel terreno per il clan Simeoli rappresentava l’orticello di casa dell’immenso patrimonio che possiede ancora. Noi siamo lì semplicemente nel gestire un bene confiscato e stiamo soltanto cercando di dare alternative lavorative e culturali ai ragazzi. Abbiamo firmato un protocollo con il dipartimento di giustizia minorile. Nel terreno vengono i ragazzi della comunità penale di don Peppe Diana ad imparare un mestiere, vengono lì a lavorare. Quelli che dovevano essere dei nuovi camorristi adesso producono insieme a noi il “Pacco alla camorra”.Ciro Corona (R)esistenza Anticamorra

Il bene confiscato è gestito da una cooperativaDa tempo è stata richiesta la video sorveglianza

Fondo rustico “Amato Lamberti”

Rubato il trattore Ritorsione della cosca

L'INTERVENTO

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - N. 14 | Ottobre/Novembre 2013 - Anno IIAnno II 26

ù

ala il sipario sul teatro Sancarluccio, dopo 41 anni di attività e stagioni. É

un'epoca che finisce. L'odissea è iniziata due anni fa, tra debiti e le continue difficoltà con il pagamento del fitto quindi lo sfratto, divenuto esecutivo lo scorso 30 giugno con una proroga. Nel cuore bene della città in via San Pasquale a Chiaia chiude un teatro storico che è stato uno straordinario laboratorio artistico. Qui sono andati in scena gli sconosciuti e futuri artisti del calibro di Massimo Troisi, Roberto Benigni, Toni Servillo, Vincenzo Salemme, Gino Rivieccio, Peppe Lanzetta.

CScatoloni, arredi, scene e costumi sono stati impacchettati. I camerini sono stati smontati e il palco spoglio. L’ultima inserzione del teatro Sancarluccio compare su internet, non promuove il nuovo cartellone teatrale ma la vendita all’asta di tutti gli arredi della sala di San Pasquale. È una situazione di cui si parla da qualche anno, le difficoltà sono cominciate da tempo. Il direttore artistico Egidio Mastronimico, figlio del grande Franco Nico ha fatto di tutto per salvare il teatro ma purtroppo non c'erano margini per andare avanti. Sulle belle poltrone ora in vendita attraverso internet, si sono seduti

personaggi divenuti celebri. Segno che in quello spazio da cento posti per quarantuno anni si è stati pronti a scoprire nuovi talenti, novità, giovani proposte, con un occhio attento alla sperimentazione. Totale indifferenza della città. Un altro presidio culturale cittadino scompare per sempre, il piccolo teatro è abbandonato al suo destino senza l’aiuto di nessun ente pubblico o imprenditore privato . Se ne va un altro pezzo di storia della città, al suo posto sorgerà un supermarket o un negozio d'abbigliamento.

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Un colpo alla culturaIl Sancarluccio, fondato nel 1972 da Franco Nino e Pina Cipriani chiude i battenti. Lo fa tra l'indifferenza della città di Napoli. Negli anni Ottanta è stato laboratorio della nuova drammaturgia napoletana, ospitando anche Annibale Ruccello, che proprio qui presentò la prima edizione di “Le cinque rose di Jennifer”, in veste di autore e attore, insieme a Francesco Silvestri.

Cala il sipario del piccolo teatro di Chiaia

Chiude il SancarluccioAl suo posto un market

Su quelle tavole si esibirono gli sconosciuti: Massimo Troisi, Toni Servillo, Roberto Benigni

L'addio

di Claudio Riccardi

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SCATTI di Nico D'Amicis

Riscatto di Scampia

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Nasce il "centroinsieme", un doposcuola gratuito per bambini e ragazzi del quartiere di Scampia. Sfumature di colori, giochi, libri ed abbracci fanno da sfondo a quest'area felice tra le vele. Flotte di bambini che attraversano i lunghi corridoi di questi scheletri di mattoni ed amianto ed arrivano fin lì di Filomena Indaco

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Nasce il “Centroinsieme”, un doposcuola gratuito per bambini e ragazzi del quartiere di Scampia. Sfumature di colori, giochi, libri ed abbracci fanno da sfondo a quest'area felice tra le vele. Flotte di bambini che attraversano i lunghi corridoi di questi scheletri di mattoni ed amianto ed arrivano fin lì. Non è un miracolo vederli sorridere, è solo il frutto di passione e dedizione da parte di chi ha capito che, nascere o vivere a Scampia, non può, necessariamente, tagliare fuori o etichettare tristemente chi, nonostante le difficoltà, da questo quartiere non scappa.

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I bambini di Scampia non sono meno bambini di quelli di Roma, Milano o della “Napoli bene”. Il “Centroinsieme” lavora in questo senso, sostenere i bambini cercando di arginare il fenomeno della dispersione scolastica, che in quest'area a Nord di Napoli è molto diffuso. Mai come tra queste mura la parola "insieme" acquista valore e credibilità; ognuno di loro, ognuno di questi bambini, non varrebbe nulla se il suo fosse l'unico respiro.

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Ai lettori 1984Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Siciliadi essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia inprima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca ditradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dallamafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere ditutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di frontead esso noi non ci siamo tirati indietro.Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno dilettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò tiabbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro diessa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri dipotere, ma semplicemente dei siciliani che lottano perla loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stessoPaese: la mafia, che oggi attacca noi, domanitravolgerà anche te.Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze nonbastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti isiciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottareinsieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lostesso: ma sarà tutto più difficile. I Siciliani

Ai lettori 2012Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,mai interrotto, dei Siciliani, pensavamo che questaavventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci aveteletto, approvato o criticato e che avete condiviso connoi un giornalismo di verità, un giornalismo giovanesulle orme di Giuseppe Fava.In questi primi otto mesi, altrettanti numeri deiSiciliani giovani sono usciti in rete e i risultati cilasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entrol'anno anche su carta e nel formato che fuoriginariamente dei Siciliani.Ci siamo inoltre costituiti in una associazioneculturale "I Siciliani giovani", che accoglierà tutti icomponenti delle varie redazioni e testate sparse danord a sud, e chi vorrà affiancarli.Pensiamo che questo percorso collettivo vadasostenuto economicamente partendo dal basso,partendo da voi. Basterà contribuire con quello chepotrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nelnostro sito.Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per esserecoerenti col nostro percorso abbiamo deciso diappoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoiprincipi di economia equa e sostenibile ci garantiscetrasparenza e legalità. I Siciliani giovani

I Sicilianigiovani

www.isiciliani.it Una pagina dei Siciliani del 1993

Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i Sicilianidovettero chiudere per mancanza dipubblicità, nonostante il successo dipubblico e il buon andamento dellevendite. I redattori lavoravano gratis, magli imprenditori non sostennero in alcuna

maniera il giornale che pure si batteva per liberare ancheloro dalla stretta mafiosa.Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoriasiciliana.

Chi sostiene i Siciliani

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119Associazione I Siciliani Giovani/ Banca Etica

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Lo Spallone, il re del contrabbando si racconta in un libro-documento

Muos, uno scandalo tutto italiano n libro denuncia quello di Antonio Mazzeo che non fa sconti a nessuno.

Un’intera collina sventrata nel cuore della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi. Centinaia di metri di terrazzamenti, la macchia mediterranea sradicata. In cima, gli scheletri delle future casermette e tre enormi basamenti di cemento. Mancano solo le parabole e l’installazione del terminal terrestre del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare della Marina militare Usa, sarà completo. I lavori, autorizzati nel giugno 2011 dalla giunta regionale di Raffaele Lombardo (unico politico filo-Muos di tutta la Sicilia), procedono con celerità sorprendente. Inesorabili. Laceranti. Sfidando le piogge e i rigori dell’inverno. L’immensa base di Niscemi, 144 ettari di terreni ricadenti in zona A e B della

U riserva, è attraversata da auto di servizio, camion pesanti, ruspe, betoniere. Nessun cartello segnaletico sulla tipologia dei lavori, l’importo, gli esecutori. Su un automezzo che impasta cemento è però ben impresso il logo della “Calcestruzzi Piazza Srl”. Più di due mesi fa, le amministrazioni locali sono state informate che la Prefettura di Caltanissetta ha negato all’azienda il certificato antimafia. Il sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino, l’ha già depennata dall’elenco delle imprese di fiducia del Comune, in ottemperanza alla circolare ministeriale sulla cosiddetta white list che punta ad impedire l’infiltrazione criminale negli appalti pubblici. Ma per il MUOS e la stazione di telecomunicazione Usa più grande del Mediterraneo, le normative italiane antimafia sono invece carta straccia.

l Il re del contrabbando si racconta. Nel libro-intervista “Lo spallone”, il

giornalista Fabrizio Capecelatro ha raccolto le vicende del boss camorrista Ciro Mazzarella, per decenni dominatore assoluto del traffico di sigarette nel nostro Paese, narrate dalla sua stessa voce. La camorra, il ruolo delle multinazionali, la Guerra Fredda, i nuovi traffici. Nel libro-intervista, Ciro Mazzarella, detto o’ Scellone (lo spallone), racconta gli inizi della sua “carriera” di contrabbandiere nell’immediato dopoguerra con il traffico di materiale dismesso dagli Americani. Poi il riformatorio, le prime attività nel contrabbando di benzina e gasolio, per passare quindi al “mestiere delle sigarette”. È l’inizio di un’ascesa che lo porterà alla costruzione di un vero e proprio impero illegale: 200 miliardi di lire di giro d’affari, per un profitto netto di oltre 6 miliardi mensili, secondo la commissione d’inchiesta parlamentare del 1996. Nel libro di Capecelatro, la storia di Mazzarella scorre in parallelo a quella del contrabbando che sta conoscendo negli ultimi anni una nuova fortuna. “Dopo il petrolio, sono le sigarette a far girare l’economia mondiale: in fumo si bruciano un sacco di soldi”, spiega o’ scellone nel

I libro-intervista. A livello mondiale sono circa 660 miliardi le sigarette illegali in circolazione, un traffico che di fatto rappresenta la terza azienda del pianeta nel settore. Nella sola Italia il 10% delle sigarette è illegale, con un danno stimato di oltre 2 miliardi di euro annui per le casse dello Stato. Crisi economica, inasprimento delle norme per la vendita ai minori, incremento della tassazione sui tabacchi lavorati sono le principali cause della

ripresa. Con il fenomeno del contrabbando tradizionale cresce anche quello delle sigarette contraffatte che arrivano dalla Cina via Dubai per poi transitare dai porti del Tirreno, dello Ionio e dell’Adriatico verso i Paesi in cui prezzo e tassazione sono più alti. “Ho cercato di capire la sua mentalità” spiega l’autore a ilfattoquotidiano.it. “Mazzarella si sente un giusto, crede di essere dalla parte della ragione”. Fabrizio Capacelatro chiarisce il pensiero del boss

camorrista: “Non si è mai pentito perché non ha mai creduto che i valori dello Stato fossero meglio dei suoi”. E cita un passaggio delle dichiarazioni dello “spallone”: “Dicono che io sia l’anti-Stato. Ma chi dice che io non sia lo Stato e loro l’anti-Stato?”. Prezzo di copertina 12 euro

“Le mani nella città” segreti delle case a Napoli

l patrimonio immobiliare pubblico di Napoli è da anni al centro di un affare lucroso e commisto di

interessi imprenditoriali, talvolta senza scrupoli, e interessi criminali. E' questo il nodo di 'Le mani nella città - Napoli, viaggio nel business del mattone', il libro inchiesta di Giuseppe Manzo e Ciro Pellegrino pubblicato da Round Robin editrice. I due giornalisti hanno indagato cosa si cela dietro dismissione, vendita, gestione e occupazioni delle case, verificando la presenza della longa mano dei clan della camorra che si servono del 'diritto' alla casa per il controllo del territorio.

I

Da una parte Scampìa e la storica vertenza legata alla Vele e all’edilizia pubblica, dall’altra Napoli Est e Bagnoli con le varianti al Piano regolatore che prevede una nuova colata di cemento. In mezzo, il fenomeno dell' abusivismo che coinvolge interi territori della provincia, da Caivano a Ischia. Sullo sfondo, un’area metropolitana in cui la domanda di alloggi e le possibilità di accedere è connessa alla crisi economica e alle tensioni sociali. Sull'onda delle proteste nazionali promosse da movimenti e comitati che chiedono a viva voce una campagna per il diritto all’abitazione per le fasce più deboli, l'inchiesta giornalistica di Manzo e Pellegrino solleva un interrogativo fondamentale: quale risposta danno le istituzioni alle occupazioni di edifici pubblici e alla lotta per impedire gli sfratti?Prezzo di copertina 12 euro