L’APPROFONDIMENTO DI SHAM E RAVINALE SUL RISK … · Un nostro team si reca in loco e dedica 3-4...

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1 L’APPROFONDIMENTO DI SHAM E RAVINALE SUL RISK MANAGEMENT NEL SETTORE SANITARIO SANITÀ 360° – FEBBRAIO 2019 – n. 2

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L’APPROFONDIMENTO DI SHAM E RAVINALE SUL RISK MANAGEMENT NEL SETTORE SANITARIO

SANITÀ 360° – FEBBRAIO 2019 – n. 2

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INDICE

1. I DIVERSI VOLTI DEL RISK MANAGEMENT pag. 4

2. TRE ANNI DI SPERIMENTAZIONE: IL TELEMONITORAGGIO DI 256 PAZIENTI CRONICI OFFRE MIGLIOR CONTROLLO DELLE CURE E MAGGIOR RISPARMIO pag. 6

3. RISK MANAGEMENT UNITARIO pag. 8 4. IL RISCHIO NELLA RESIDENZIALITÀ PSICHIATRICA pag. 10 5. I 4 PROGETTI DALL’ATS BERGAMO AL PREMIO SHAM 2018 pag. 12

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I DIVERSI VOLTI DEL RISK MANAGEMENTL’EDITORIALE

Questa di febbraio è un’edizione particolarmente ricca di contenuti e spunti per Sanità 360°, un numero che espri-me al meglio la vocazione di diffondere le buone pratiche di innovazione in ambito sanitario e di Risk Management in particolareApriamo con un progetto sperimentale durato tre anni su oltre 200 pazienti i risultati del quale, raccontati in prima persona dal Direttore Generale dell’ASL Brindisi Giuseppe Pasqualone, hanno dimostrato, numeri alla mano, l’impat-to della tecnologia nell’efficacia delle cure e nel risparmio di risorse.Negli articoli che seguono è la crescente cultura della pre-venzione e della gestione del rischio in Italia ad emergere come tratto unitario: una crescita che rende più marcate le peculiarità del Risk Management nei diversi ambiti di

applicazione. Alla News 1 Laura Spennagallo racconta, infatti, l’esperienza di un grande gruppo internazionale - il gruppo KOS - e una gestione del rischio unitaria attraverso le sue 83 strutture in 11 Regioni italiane.Lo stesso tema assume una connotazione diversa nell’am-bito unico della residenzialità psichiatrica, nell’intervista di Guido Lanzara, Risk Manager nella più importante struttu-ra del Centro e Sud Italia per la riabilitazione dei pazienti affetti da malattie mentali: la laziale Colle Cesarano.Infine, alla News 3, presentiamo una sintesi di ben 4 pro-getti di prevenzione presentati dalla ATS Bergamo al Pre-mio SHAM 2018, un altro esempio dei diversi volti che può assumere l’investimento nella sicurezza delle cure.

Anna Guerrieri

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stata autorizzata in data 13 marzo 2017 dal Coordina-mento regionale della telemedicina e quindi inserita nella prima trance di finanziamenti erogati alla ASL BR, a valere sulle risorse del PO FERS 2014/2020. Si è, quindi, pro-ceduto all’indizione della gara che è stata aggiudicata alla ditta ITEM-Oxygen nei primi mesi del 2018; è stato quindi sot-toscritto il contratto, definito il cronoprogramma delle atti-vità con la consegna dei device presso le sedi dei Distretti Socio Sanitari (41 apparecchiature carrellate e 96 portatili, complessivamente quindi n° 137 device) e il successivo collaudo concluso nel dicembre 2018. Contestualmente è stato attivato presso il PTA (Presidio Territoriale di As-sistenza) di Ceglie Messapica il Centro Servizi Teleme-dicina (CST), presieduto da personale operante h. 12; è stata inoltre avviata e conclusa la formazione teorica del personale con la realizzazione di due eventi formativi, rispettivamente in data 22 settembre e 15 dicembre 2018, mentre è tuttora in atto la formazione pratica sul campo.Preliminarmente alla fase di avvio delle attività si è proce-

duto alla definizione e condivisione tra la Direzione Azien-dale e i MMG di un protocollo d’intesa allo scopo di defi-nire sia gli aspetti organizzativo-gestionali (definizione di ruoli e funzioni dei vari attori coinvolti, definizione delle patologie croniche e dei criteri di eleggibilità dei pazienti, protocolli di monitoraggio, integrazione con gli specialisti di branca, etc), di quelli di natura giuridico-amministrativa (informativa e consenso informato del paziente, trattamen-to dei dati personali e sensibili, copertura assicurativa dei medici, etc), e di quelli di natura economica (previsione di incentivi/remunerazione rispetto alle prestazioni erogate in telemedicina sia presso gli OdC che presso il domicilio dei pazienti).La previsione di risparmio netto complessivo, con l’im-piego a pieno regime di tutti i 137 device, è di almeno 800.000 Euro annui.

Giuseppe PasqualoneDirettore Generale

Azienda Sanitaria Locale di Brindisi

Giuseppe Pasqualone, Direttore Generale dell’ASL Brindi-si, racconta lo sviluppo di TeleHomeCare, il progetto che ha permesso ai Medici di Medicina Generale di seguire i propri pazienti a domicilio e del quale la Regione Puglia ha autorizzato l’estensione all’intera Provincia sulla base dei risultati raggiunti. Si prevede che l’impiego a pieno regime di tutti i 137 device permetterà di liberare oltre 800.000 Euro annui da reinvestire nelle cureLa dinamica demografica e la modificazione dei bisogni di salute della popolazione evidenzia una quota crescente di popolazione over 65, rendendo non più procrastinabile un ridisegno strutturale ed organizzativo della rete dei servizi assistenziali con particolare riferimento al setting dell’assistenza territoriale. L’innovazione tecnologica e, in particolare, la telemedicina può contribuire in modo signi-ficativo a tale riorganizzazione, assicurando una migliore qualità dell’assistenza nell’erogazione delle prestazio-ni sanitarie e sociosanitarie, con economie di spesa da non trascurare.L’ESPERIENZA A CEGLIE MESSAPICA (Ottobre 2015-Marzo 2018)Il Progetto TeleHomeCare, attivato nel territorio di Ce-glie Messapica a partire dal mese di ottobre 2015, è sta-to proposto come supporto tecnologico dell’attività già strutturata di assistenza domiciliare, al fine di migliorare l’erogazione delle prestazioni sanitarie nell’Ospedale di Comunità (attivato all’Ospedale di Ceglie Messapica ri-convertito in Presidio Territoriale di Assistenza) e presso il domicilio dei pazienti, contribuendo ad assicurare equi-tà nella fruizione delle cure territoriali, supporto nella gestione della cronicità, maggiore accessibilità, migliore continuità delle cure e maggiore efficacia degli interventi, attraverso il confronto multidisciplinare e l’integrazione tra professionisti.I destinatari del servizio sono stati pazienti affetti da pa-tologie croniche - prevalentemente Broncopneumopatia Cronico-Ostruttiva (BPCO), diabete e scompenso car-diaco - in fase di instabilità clinica, mentre gli attori del progetto sono stati i Medici di Medicina Generale (MMG), gli specialisti di branca, gli infermieri dell’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), i caregiver e i familiari. I pazienti, opportunamente selezionati secondo il livello di fragilità, sono stati arruolati e seguiti dai propri medici di fami-glia attraverso il telemonitoraggio dei parametri vitali mediante l’utilizzo di device carrellabili H@H (Hospital at Home), in grado di rilevare i principali parametri clinici e

strumentali.Oltre a un miglioramento organizzativo ed assistenziale, con consolidamento dei rapporti di collaborazione ed inte-grazione tra le figure professionali impegnate nel progetto (elemento da non trascurare considerato l’atavico distac-co tra attività dei medici di medicina generale e dei medici specialisti), i risultati clinici hanno evidenziato un miglior controllo della patologia attraverso il monitoraggio dei parametri vitali che ha consentito di intervenire tempe-stivamente modificando il trattamento farmacologico e ottimizzando i tempi di stabilizzazione clinica del paziente.L’analisi costo/beneficio con riferimento al numero dei ricoveri evitati e alla riduzione delle giornate di degenza ha evidenziato un risparmio economico, anche in termi-ni di risorse liberate. Su un totale di 256 pazienti arruolati nel periodo ottobre 2015 – marzo 2018, mediante l’utiliz-zo di 11 device, n° 61 pazienti risultavano affetti da BPCO, n° 16 dei quali con comorbilità; n° 77 affetti da scompenso cardiaco, n° 42 dei quali con comorbilità; n° 118 pazienti diabetici, n° 43 dei quali con comorbilità. I risultati hanno evidenziato complessivamente un miglior controllo della patologia, attraverso il monitoraggio quotidiano dei para-metri vitali (tempo medio di monitoraggio pari mediamente a 25 giorni), che ha consentito di intervenire tempestiva-mente modificando il trattamento farmacologico.Il costo del servizio di telemedicina è stato pari a circa Euro 30,50 per paziente al giorno. L’analisi costo/bene-ficio, con riferimento al numero di ricoveri evitati (n° 15 nel periodo esaminato) per patologie DRG-correlate nei pazienti residenti a Ceglie Messapica, confrontati con i ri-coveri di tutti i residenti nella ASL di Brindisi registrati ad esempio nel periodo 2016-2017, ha consentito di stimare un risparmio netto (ossia detraendo il costo del servi-zio di telemedicina attivato in favore degli stessi pazien-ti) pari ad Euro 26.665. Considerando, inoltre, il numero delle giornate di degenza, si è ottenuto un risparmio netto pari ad Euro 46.222. Complessivamente il risparmio netto conseguito in due anni (2016-2017) mediante l’utilizzo di soli 11 device è stato pari ad Euro 72.887. L’ESTENSIONE DEL PROGETTO SULL’INTERO TER-RITORIO DELLA ASLSulla base dei risultati positivi conseguiti nella fase di spe-rimentazione triennale a Ceglie Messapica, è stata propo-sta agli organi regionali l’implementazione di tale proget-tualità sull’intero territorio aziendale. Tale progettualità è

TRE ANNI DI SPERIMENTAZIONE: IL TELEMONITORAGGIO DI 256 PAZIENTI CRONICI OFFRE MIGLIOR CONTROLLO DELLE CURE E MAGGIOR RISPARMIO

Giuseppe Pasqualone, Direttore Generale dell’ASL Brindisi

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L’esperienza del Gruppo KOS, una delle più importanti re-altà private in ambito sanitario: dove l’Audit interno è un meccanismo fisiologico e il rischio mappato non è solo quello in corsia Intervista a Laura Spennagallo, Direttore Risk Manage-ment e Internal Audit presso il Gruppo KOS“Il rischio in sanità non si esaurisce nell’erogazione delle cure ma è intrinseco di ogni aspetto della gestione sanita-ria: clinica e organizzativa”.Laura Spennagallo lavora in KOS[1] da oltre dieci anni e, a partire dal 2010, è la direttrice del Risk Management dell’intero Gruppo sanitario che gestisce 7900 posti letto

divisi tra Gran Bretagna, India e 83 strutture presenti in 11 regioni italiane. Le cure erogate spaziano dalla residen-zialità per anziani, nella quale Kos è il primo operatore in Italia, alla Long Term Care, dalla riabilitazione psichiatrica ai servizi di diagnosi, medicina nucleare e radioterapia.“Sia le dimensioni che la diffusione geografica del Gruppo ci hanno spinti, fin dal 2010, a creare una metodologia che permettesse di mantenere alto ed omogeneo il livel-lo della prevenzione e della gestione del rischio in ogni singola struttura. Ciò che ci caratterizza, perciò, è l’aver sviluppato delle procedure di sicurezza che potessero es-sere utilizzate da oltre 6400 dipendenti, uno strumento

RISK MANAGEMENT UNITARIO di mappatura del rischio che ne verificasse l’applicazione ed un’unica direzione di Risk Management che riunisse, in due team di lavoro, la gestione del rischio sia dal pun-to di vista clinico che negli ambiti legati alla gestione e all’organizzazione sanitaria. Per ogni area i rischi sono valutati su 4 livelli di gravità e probabilità e, sulla base di questa mappatura, si identificano i processi sensibili e si definisce un calendario di implementazione e verifica. Abbiamo, così, la possibilità di mettere a fattore comune ogni miglioramento, condividendo le analisi e le più effi-caci misure di calmierazione del rischio con ogni singola struttura del Gruppo”.“Come è emerso positivamente anche nel recente con-fronto con le metodologie di mappatura della Mutua Sham, l’attenzione al rischio nell’ambito gestionale e la sua integrazione con il Risk Management sanitario-assi-stenziale, in una visione unitaria è un’altra particolarità del Gruppo: dal percorso e dalla conservazione del farmaco alla verifica dei curricula sanitari, dalla gestione dei rifiuti speciali alla verifica dei profili assicurativi dei singoli pro-fessionisti, sono molti gli aspetti amministrativi e le prassi organizzative che rientrano nell’ambito della gestione del rischio”.“Dopo 8 anni di lavoro abbiamo recentemente rinnovato l’impianto di mappatura stilando un elenco di 109 rischi che si applicano uniformemente alle varie aree di atti-vità e che sono stati delineati attraverso capillari interviste ai responsabili e professionisti dei diversi ambiti lavorativi”.“Lo strumento principe di implementazione e verifica di questo meccanismo di prevenzione è l’Audit interno, un processo che KOS ha trasformato in un’attività fisiolo-gica: ogni anno, infatti, si svolge in 35 strutture e sedi am-ministrative scelte a rotazione. Un nostro team si reca in loco e dedica 3-4 giorni alle interviste e all’analisi di proce-dure e documentazioni, per poi stilare un report segnalan-do in maniera sintetica, ma visivamente efficace, gli esiti non conformi agli standard del Gruppo con i suggerimenti per migliorare. E ciò avviene sia per l’analisi del rischio clinico che, indipendentemente, per quello gestionale”.“Il continuo scambio di informazioni tra realtà locali e dire-zione centrale permette di individuare velocemente quali, tra le procedure sensibili per il rischio, rivelano statistica-mente una tendenza a deviare dallo standard, aiutandoci a intervenire anche preventivamente nel correggere la tendenza”. “L’Audit, infine, è uno strumento molto efficace per inte-grare le strutture appena acquisite dal Gruppo, riorganiz-zando e armonizzando le loro procedure interne”.“È evidente che, al fine di mantenere un simile meccani-smo su un grande numero di realtà e ambiti sanitari, alcuni

elementi emergono dalla nostra esperienza come fonda-mentali. Da una parte una stretta relazione tra docu-mentazioni, procedure e criteri di mappatura impiegati nell’Audit, in modo tale che esista una diretta corrispon-denza tra le procedure stesse e lo strumento impiegato per verificarne l’implementazione. Dall’altra è fondamen-tale trasmettere ad oltre 6mila dipendenti la conoscen-za e l’importanza delle procedure. Per questo gli Audit vengono fatti in loco, assieme alle persone che lavorano; per questo è essenziale far capire che le procedure richie-ste per la gestione del rischio non sono meri adempimenti aziendali, ma azioni con uno scopo ben preciso. È co-municando la ragione delle procedure di sicurezza - e le conseguenze che possono nascere dalla loro non confor-mità - che ogni singolo professionista sanitario diven-ta un alleato delle politiche di gestione del rischio”.

Laura Spennagallo Risk Management e Internal AuditDal 1996 al 2007 ha lavorato in KPMG Advisory contri-buendo allo sviluppo della Business Unit Sanità. Ha ma-turato nel periodo esperienza nel settore sanitario e so-cio-sanitario sviluppando progetti per strutture sanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, e progetti ai di-versi livelli istituzionali (Comuni, Regioni e Ministero). In precedenza, ha partecipato a commissioni tecniche con i maggiori esponenti del mondo dell’assistenza ad anziani, cronici e malati terminali ed è stata Project Manager, per l’area anziani e disabili, del Progetto Mattoni del Sistema Sanitario Nazionale del Ministero della Salute. Si è laure-ata in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi di Milano nel 1996. [1] Il Gruppo KOS è presente in 11 regioni italiane e due stati

esteri, per un totale di oltre 7900 posti letto. Kos gestisce 83 strutture in Italia di cui: 50 residenze per anziani; 14 centri di riabilitazione; 12 comunità terapeutiche psichiatriche e 5 cliniche psichiatriche; 2 ospedali. KOS, inoltre, è attivo con 24 centri ambulatoriali di riabilitazione e diagnostica e 27 sedi di service per diagnostica e terapia (di cui 8 in Italia, 14 in India e 2 in UK). Sono oltre 7400 i collaboratori di cui 6400 dipendenti del gruppo. Il Gruppo KOS è il primo operatore nazionale in termini di posti letto riservati a pazienti in stato vegetativo sia in fase riabilitativa sia nella fase della cronicità, gestisce il parco tecnologico di due dei più grandi ospedali eu-ropei dedicati all’oncologia, in Italia, e con oltre 4500 posti letto detiene il maggior numero di posti letto dedicati all’assisten-za anziani. Kos ha attivato una delle prime forme di sperimen-tazione in Italia di gestione di un ospedale pubblico da parte di una società privata, l’Ospedale di Suzzara.Laura Spennagallo, Direttore Risk Management e Internal Audit presso il Gruppo KOS

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L’esperienza di Colle Cesarano, la più grande realtà ri-abilitativa per i pazienti psichiatrici del Centro-Sud Italia, mette in risalto la particolarità del Risk Management in un territorio in gran parte inesplorato: un ambito nel quale è la malattia stessa a tracciare un confine impalpabile tra quantificazione e stima del rischio. La condivisione delle pratiche è alla base di una letteratura ancora in gran parte da scrivereIntervista a Guido Lanzara, Risk Manager Colle Cesara-no, tratta in esclusiva per Sanità 360° dalla monografia “C’è chi nasce due volte nel mondo dei matti” di prossima pubblicazione.“L’introduzione della legge n.24/2017 ha contribuito in ma-niera significativa a rafforzare e definire il ruolo del Risk Management in Italia, stabilendo che gestire il rischio è un dovere in sanità e una parte integrante di qualsiasi attività clinica e gestionale. Sebbene questa sia una con-quista e uno spartiacque di importanza storica, il lavoro è appena iniziato e lo è, in particolar modo, per quanto ri-guarda la condivisione di buone pratiche nell’ambito della residenzialità psichiatrica: un ambito che rimane ancora in gran parte inesplorato nella letteratura medica”.Guido Lanzara è il Risk Manager di Colle Cesarano che, con i suoi 200 posti letto, 170 operatori e 700 ricoveri all’an-no, è la struttura polivalente più grande del Centro-Sud dedicata alla residenzialità e riabilitazione psichiatrica. Ol-tre ad una piccola porzione di pazienti non autosufficien-ti con elevata necessità di tutela sanitaria - ospitati nella RSA - Colle Cesarano ricovera persone affette da gravi disturbi psichici e doppia diagnosi di disturbo psichico e dipendenza, dove la prima è prevalente sulla seconda. Colle Cesarano affronta, quindi, l’intero spettro dei sintomi correlati alle patologie psichiatriche gravi: delirio, decadi-mento fisico, completa esclusione o autoesclusione socia-le, sindromi schizoaffettive, gravi disturbi bipolari, perduta autosufficienza nell’igiene, vestizione, alimentazione per-sonale, cumulati, spesso, con dipendenza da stupefacenti e alcolismo, non di rado compresenti nei singoli pazienti.“In questo contesto - riprende Lanzara - la gestione del rischio affronta molti dei rischi comuni alle strutture sani-tarie quali il rischio caduta, le infezioni correlate all’assi-stenza, il percorso del farmaco o l’igiene delle mani. Ma, in aggiunta, fronteggia altri rischi che sono correlati alla natura particolare della malattia psichiatrica e alla sua fondamentale impalpabilità. La malattia psichiatrica, infat-ti, non può essere compresa fino in fondo e, di conse-guenza, si presta meno ad un inquadramento rigidamente statistico. Le metodologie di gestione del rischio in questo

contesto vengono testate a loro limite, perché il rischio stesso che può essere quantificato in un reparto di chirur-gia è diverso da quello che, oltre un certo grado, in una struttura psichiatrica può essere solo stimato”.“Come si fa, infatti, a valutare con precisione il rischio di suicidio quando sono numerosi gli ospiti a blandirlo? Come sviluppare un protocollo che vada a salvaguarda-re in maniera mirata solo coloro che ne hanno realmente bisogno senza venire ‘sommersi’ da falsi positivi? Come valutare il rischio di caduta quando gli ospiti di Colle Cesa-rano si muovono autonomamente tutto il giorno? Che sca-la usare per il rischio di allontanamento o il danno auto-in-flitto e come affrontare il percorso del farmaco, quando il pericolo non si annida solo nell’erogazione del farmaco stesso - com’è per tutta la Sanità - ma si espande in un territorio peculiare solo alla psichiatria: il rapporto tra la persona e il farmaco che oscilla tra il rifiuto e l’assunzione incontrollata?”.“Per tutti questi ambiti - dice Lanzara - la letteratura me-dica deve ancora essere scritta”. Per costruirla è ne-cessario creare un canale di comunicazione tra strut-ture e istituzioni, condividendo metodi, analisi, successi e difficoltà. “Per questo i nostri risultati, i progressi e gli ostacoli vengono condivisi sia internamente che con le autorità preposte a sviluppare misure di prevenzione da applicare in tutte le realtà sanitarie del territorio, nel nostro caso il Centro Regionale Rischio Clinico della Regione Lazio”.Secondo il Risk Manager, infatti, le dimensioni e la com-plessità di Colle Cesarano lo candidano a divenire “strut-tura pioniere, capace di aprire la via che altre strutture nel Paese seguiranno”.Il primo fondamentale ingranaggio di questo meccani-smo virtuoso è, perciò, la trasparenza: “Il vero volano della prevenzione”. La trasparenza, spiega Lanzara, si riflette sia dentro le mura di una struttura che nella condivisione di dati e pratiche all’esterno ed “è una conquista culturale prima che di prassi perché richiede l’accettazione di una filosofia che la letteratura anglosassone ha definito “No Blame”: senza colpa. Il cuore del Risk Management, infatti, è un esame reattivo degli eventi dannosi o degli eventi che stavano per materializzarsi in un danno. Il fine di questa analisi è capire dove si annidino i rischi e correggere tutte le procedure organizzative o cliniche che si sono rivelate migliorabili. L’incident reporting a Colle Cesarano preve-de l’analisi minuziosa, includendo le diverse prospettive professionali coinvolte (risk manager, psichiatri, psicologi,

IL RISCHIO NELLA RESIDENZIALITÀ PSICHIATRICA

infermieri, educatori, esperti legali), di tutte le cartelle clini-che, le segnalazioni e i contenziosi pregressi. Per questo il Comitato di Gestione del Rischio Clinico a Colle Cesarano è chiamato “Integrato”: perché si basa sul confronto e sulla conoscenza di tutti gli attori che possono influire sul processo. È solo la conoscenza intima di quanto è avvenu-to, infatti, che permette di capire come prevenirlo in futuro. Da tutto ciò emerge, perciò, che nessuna attività di gestio-ne del rischio può avere successo senza il contributo – attivo e quotidiano – dell’intero personale sanitario. Sono coloro che operano a tutti i livelli nei reparti a dover se-gnalare cosa non funziona e, nel contempo, ad applicare i nuovi protocolli sviluppati in risposta. Solo tenendo conto di ciò si capisce perché la rivoluzione del Risk Mana-gement parte dalla cultura: l’evento avverso, l’incidente o il near miss non sono e non devono essere considerati una colpa. Sono eventi fisiologici in una qualsiasi struttu-ra sanitaria e devono essere segnalati senza vergogna o pudori perché è solo attraverso la trasparenza interna che si conquista il miglioramento. Passo dopo passo. Il rischio non è un errore nelle cure. Il rischio c’è e ci sarà sempre. A fare la differenza è la capacità di accettare la sua presenza e costruire, di conseguenza, barriere che lo contengano e gli impediscano di diventare danno”.“Questa consapevolezza è la prima vittoria della pre-venzione e il capitale umano di Colle Cesarano si è dimo-strato inestimabile nel contribuire a sviluppare uno stru-mento di incident reporting calibrato sulle caratteristiche

peculiari della Residenzialità Psichiatrica. Il lavoro ha ri-chiesto oltre un anno di studio e, come qualsiasi strumento di gestione del rischio, continua ad essere migliorato man mano che gli effetti della sua applicazione vengono a loro volta riportati e discussi. Da questa dinamica emerge chia-ramente un altro elemento cruciale del Risk Management: la formazione continua. A Colle Cesarano, ed in ogni re-altà sanitaria che investa nella prevenzione, gli incontri for-mativi sono periodici per tutte le categorie di professionisti e sono biunivoci: i professionisti vengono sensibilizzati sulle procedure da applicare per ridurre il rischio e, nello stesso tempo, contribuiscono a sviluppare quelle stesse procedure basandosi sulla loro conoscenza della realtà nelle quali operano tutti i giorni”.È letteralmente un circuito virtuoso sul quale la trasparen-za si inserisce una seconda volta: nella condivisione dei risultati all’esterno della struttura.“Anche qui c’è una grande battaglia culturale da affrontare perché una struttura che sia trasparente sui propri rischi appare, paradossalmente, meno sicura rispetto ad altre realtà che tendono a non pubblicizzarli. È vero il contrario. Le strutture che parlano apertamente di rischio clinico sono quelle che dimostrano di prenderlo maggiormen-te sul serio e di investire di più nella sua prevenzione”.“Sia con l’esempio che con il nostro lavoro Colle Cesarano sta aprendo la strada in un territorio in gran parte inesplo-rato e ci auguriamo che tante strutture omologhe potranno seguirne la traccia nel breve futuro”.

Struttura polivalente di Colle Cesarano

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Dalle malattie infettive nelle comunità scolastiche ad un livello ulteriore di screening per il tumore della mammella sulla base della familiarità ereditaria Sono i 4 i progetti presentati dalla ATS della città di Berga-mo al Premio SHAM 2018; che condivide il primato solo con AUSL Bologna.Il Progetto AMICO comporta l’introduzione dell’Audit per prevenire il rischio clinico nella gestione delle malattie infettive nelle collettività scolastiche. Si tratta di un contesto complesso perché, rispetto per esempio all’am-biente famigliare, la diffusione delle malattie può contare su un vasto numero di contatti mentre la risposta deve basarsi sulla tempestiva valutazione e comunicazione tra numerosi soggetti da coordinare: dai pediatri alle famiglie, dai medici di Medicina Generale a quelli ospedalieri. Per superare questa difficoltà l’ATS ha predisposto una pro-gettualità per migliorare la gestione utilizzando la me-todologia dell’Audit e formando gli operatori attraverso lo studio di casi complessi per prepararli a raccogliere tutte le informazioni rilevanti e analizzarle con tempestività.I “Giri per la sicurezza” è il secondo progetto presentato dall’ATS di Bergamo: un’iniziativa interaziendale in collaborazione con le Aziende Socio Sanitarie Territoriali nella quale team congiunti di operatori hanno applicato un metodo strutturato e validato a livello internazionale per mappare il rischio per l’utenza Servizio di Continuità As-sistenziale della provincia di Bergamo e l’implementazio-ne di misure di miglioramento.

Un terzo progetto è stato mirato alla riduzione del rischio di infezioni legate all’assistenza nelle Residenze RSA; mappatura alla quale hanno fatto seguito corsi di formazione per il personale di assistenza in tema di diagnostica delle infezioni e attuazione di strategie adeguate all’uso di pratiche assistenziali “sicure”.Quarto ed ultimo progetto presentato dalla ATS di Berga-mo è stato un potenziamento dello screening per il tumore della mammella che ha previsto una visita aggiuntiva per le donne con un livello di rischio superiore dovuto alla fa-miliarità ereditaria.

I 4 PROGETTI DALL’ATS BERGAMO AL PREMIO SHAM 2018