l’angolo della memoria storica CORSI E RICORSI STORICI? NELLA ... - ISOLA DI...

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EDIZIONI L’ISOLA di PATMOS © Edizioni L’Isola di Patmos Rivista telematica di teologia ecclesiale e di aggiornamento pastorale Articolo pubblicato il 15 febbraio 2019. Autore: Paolo Milani Si autorizza per lettura e uso privato la stampa cartacea di questo articolo che se totalmente o parzialmente riportato deve recare indicata data di pubblicazione, nome di questa rivista telematica e nome dell’Autore. 1 l’angolo della memoria storica CORSI E RICORSI STORICI? NELLA DECADENZA, SIA ESSA POLITICA, SOCIALE OD ECCLESIALE, SI FINISCE SEMPRE COL MORIRE D’INDIGESTIONE PER «PANE E CIRCO» Roma appare come una città agonizzante, eppure non si rinuncia ai giochi ed alle dissolu- tezze, anzi, come annota uno scrittore: «Roma moriva ridendo». Da qui l’’antica massima della satira di Giovenale circa il fatto che il popolo «due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi». O per meglio dire: il popolo, ieri come oggi, pare desiderare solo pane e circo. . . . . . . Salviano di Marsiglia, nella sua opera De Gubernatione Dei [Sul governo di Dio], ci offre una efficace descrizione degli av- venimenti inerenti alla conquista di Cartagine, la capitale dell’Africa Romana, nel 439, ad opera dei Vandali: «Sia all’esterno che all’interno delle mura si udiva un fra- gore di battaglie e di divertimenti: le urla di chi stava mo- rendo si confondevano col baccano di chi si dava alle orge, e a malapena si potevano distinguere i lamenti della gente che moriva in battaglia a causa del frastuono prodotto nel circo dal popolo» La sua riflessione si estende alla situazione dei cristiani della città: Autore Paolo Milani Città di Pompei, due giovani affaccendati in attività ricreative

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L’ISOLA di PATMOS

© Edizioni L’Isola di Patmos Rivista telematica di teologia ecclesiale e di aggiornamento pastorale

Articolo pubblicato il 15 febbraio 2019. Autore: Paolo Milani Si autorizza per lettura e uso privato la stampa cartacea di questo articolo che se totalmente o parzialmente riportato deve recare indicata data di pubblicazione, nome di questa rivista telematica e nome dell’Autore.

1

— l’angolo della memoria storica —

CORSI E RICORSI STORICI? NELLA DECADENZA, SIA ESSA POLITICA, SOCIALE OD ECCLESIALE, SI FINISCE SEMPRE COL

MORIRE D’INDIGESTIONE PER «PANE E CIRCO»

Roma appare come una città agonizzante, eppure non si rinuncia ai giochi ed alle dissolu-tezze, anzi, come annota uno scrittore: «Roma moriva ridendo». Da qui l’’antica massima della satira di Giovenale circa il fatto che il popolo «due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi». O per meglio dire: il popolo, ieri come oggi, pare desiderare solo pane e circo.

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Salviano di Marsiglia, nella sua opera De Gubernatione Dei

[Sul governo di Dio], ci offre una efficace descrizione degli av-

venimenti inerenti alla conquista di Cartagine, la capitale

dell’Africa Romana, nel 439, ad opera dei Vandali:

«Sia all’esterno che all’interno delle mura si udiva un fra-

gore di battaglie e di divertimenti: le urla di chi stava mo-

rendo si confondevano col baccano di chi si dava alle orge,

e a malapena si potevano distinguere i lamenti della gente

che moriva in battaglia a causa del frastuono prodotto nel

circo dal popolo»

La sua riflessione si estende alla situazione dei cristiani della città:

Autore

Paolo Milani

Città di Pompei, due giovani

affaccendati in attività ricreative

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Articolo pubblicato il 15 febbraio 2019. Autore: Paolo Milani Si autorizza per lettura e uso privato la stampa cartacea di questo articolo che se totalmente o parzialmente riportato deve recare indicata data di pubblicazione, nome di questa rivista telematica e nome dell’Autore.

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«La comunità cristiana di Cartagine si dava alla pazza gioia nei circhi e si smidollava

nei teatri! Fuori delle mura c’era chi veniva sgozzato, all’interno chi fornicava.

All’esterno una parte della popolazione era prigioniera dei nemici mentre dall’altra

parte, all’interno, era prigioniera dei vizi. È difficile dire di chi fosse la sorte peggiore: i

primi subivano una cattività puramente esteriore, corporea; questi altri erano schiavi

interiormente».

Tutto ciò viene confermato da un sermone del Vescovo di

Cartagine Quodvultdeus, che rimarca come, nonostante le

gravi minacce provenienti dai Vandali, i suoi concittadini con-

tinuassero a seguire appassionatamente le gesta di gladiatori

e attori.

Una situazione simile si verifica a Treviri, importante città di

confine dell’Impero, che venne saccheggiata e incendiata nel

411 dai Franchi [che la metteranno al sacco altre quattro vol-

te entro il 450]. Sembra che il giorno dopo il saccheggio la

popolazione chiedeva che riprendessero i giochi nel circo!

Sempre Salviano annota:

«Tu, abitante di Treviri, chiedi dei giochi pubblici? Dove li

vuoi celebrare? Sui roghi e sulle ceneri? Sulle ossa e sul san-

gue della popolazione massacrata? […] Non vedi il sangue sparso, i corpi a terra, le

membra strappate dei cadaveri fatti a pezzi? Ovunque lo spettacolo della città occupa-

ta dal nemico. ovunque l’orrore della prigionia, ovunque l’immagine della morte. I po-

veri resti del popolo giacciono sulle tombe dei loro morti e tu chiedi giochi?».

Secondo lo storico Ammiano Marcellino [IV secolo, uno dei ultimi grandi storici della let-

teratura latina ed uno dei più convinti assertori della decadenza di Roma] la medesima co-

sa accadeva ad Antiochia, altra metropoli nella parte orientale dell’Impero, dove il popolo

«[…] dalla mattina alla sera, che piova o col sole, passa il tempo discutendo sui meriti o

sui demeriti del tal cavallo o del talaltro cocchiere».

Naturalmente anche l’antica capitale, la Città eterna, non intendeva esser da meno; come

scrive Edward Gibbon in Storia della decadenza e rovina dell’Impero romano (1776):

Città di Pompei, una sorta di treno del

I sec. d.C. prima della creazione nel

XIX sec. del primo tratto ferroviario

Napoli-Portici

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«il Popolo Romano riguardava tuttavia il circo come la propria casa, il suo tempio, e la

sede della Repubblica».

Quando Benedetto da Norcia, verso la fine del V secolo, si reca a

studiare a Roma, trova una città in sfacelo da più punti di vista:

urbanistico, amministrativo, morale. Come scrive San Gregorio

Magno:

«Lo attendeva una grande delusione: non vi trovò altro, pur-

troppo, che giovani sbandati, rovinati per le strade del vizio».

Roma appare come una città agonizzante, eppure non si ri-

nuncia ai giochi ed alle dissolutezze, anzi, come annota uno scrit-

tore:

«Roma moriva ridendo». Da qui l’antica massima della satira di Giovenale: «(popu-

lus) duas tantum res anxius optat panem et circenses» [(il popolo) due sole cose ansio-

samente desidera: pane e giochi circensi]

formulata agli inizi del II secolo d. C., scritta per descrivere in modo satirico la società ed

il governo romano dei suoi tempi, è ormai giunta — nel tramonto dell’Impero — al suo pa-

rossismo, al suo punto drammaticamente culminante. Sicché, i giochi, circenses — solamen-

te i giochi, perché ormai il pane comincia a scarseggiare — non hanno più il compito di

rendere il popolo felice del governo imperiale, ma assolvono ad una funzione anestetica di

fronte al dolore e alla disperazione del crollo.

Sicuramente non esistono automatiche ripetizioni

nella storia, in quanto la differenza dei tempi, degli ele-

menti coinvolti e soprattutto la libertà dell’uomo giocano

un ruolo insostituibile. Tuttavia le similitudini ed i raffron-

ti possono costituire utili riflessioni per l’oggi e il domani.

Aria da fine Impero. Mentre cadono, una dopo l’altra, tut-

te le strutture che avevano fatto la grandezza e la solidità

del regno dei Romani, mentre si dissolvono le personalità

capaci di dare vita e senso alla strutture stesse, non si tro-

Città di Pompei, l’adulto che

istruisce il fanciullo

due giovani romani che si manifestano il

loro reciproco tenero affetto

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va meglio da fare che divertirsi, inteso nel senso letterale ed etimologico del termine, cio-

è volgere altrove lo sguardo, ignorare i problemi. Questo è un serio male spirituale, ben evi-

denziato da Blaise Pascal nei suoi Pensieri:

«Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno deciso

di non pensarci per rendersi felici [Pensieri, 168] L’unica cosa che ci consola dalle no-

stre miserie è il divertissement, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie

[Pensieri, 171]».

L’uomo che si rifugia nel pascaliano divertisse-

ment, compie una vera e propria fuga di fronte ai

problemi esistenziali. Come un medico che, di fronte

ad un brutto tumore, dica al paziente: «Non si preoc-

cupi, sta benissimo; è solo un raffreddore». Ma ciò che

Pascal riferisce alla singola persona, noi possiamo

certamente applicarlo anche all’intero corpo sociale o

alla Chiesa stessa: siamo forse oggi di fronte ad una

società in fuga? O ad una Chiesa in cerca di diversivi?

Ogni civiltà al tramonto può scegliere come vivere la

fine, così come ogni uomo gravemente malato può de-

cidere come affrontare la sofferenza e la morte forse non troppo lontana.

La nostra civitas [in latino: città, da cui la parola civiltà], sia la quella laica sia la civitas ec-

clesiastica, affronta i suoi gravissimi — forse ormai incurabili — mali, oppure li affronta ne-

gandoli [Tout va très bien madame la Marquise, come canta la canzone di Paul Misraki, tra-

dotta in italiano da Nunzio Filogamo: Tutto va ben, madama la marchesa, vedere video QUI].

Una possibile terza soluzione è invece quella di volgere lo sguardo e la mente altrove, e og-

gigiorno i giochi non mancano di certo nei variegati ed amplissimi circhi virtuali, do-

ve games di ogni genere — non esclusi i liturgical-games — sostituiscono i circenses.

Avanti, lo spettacolo deve continuare! The show must go on! [Cf. video, QUI]

Novara, 15 febbraio 2019

la fine di Pompei: alcuni dei numerosi corpi

rimasti impressi nelle cavità dopo la grande

eruzione del Vesuvio che distrusse le Città di

Pompei ed Ercolano