L’AMERICANIZZAZIONE. Americanizzazion… · trasformare ogni persona in un felice consumatore....

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L’AMERICANIZZAZIONE L’influenza degli Stati Uniti nell’evoluzione politica, sociale e culturale dell’Italia

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Secondo Stephen Gundle, l’americanizzazione rappresenta anzitutto uno dei più importanti vettori di modernizzazione socio-economica

AMERICANISMO

“Nel suo uso più corrente, americanismo designa appunto l’ammirazione, ingenua o ragionata, ma per lo più eccessiva, per idee o cose americane

(degli Stati Uniti); ammirazione che talora diventa addirittura una moda, in contrasto con tradizioni

culturali europee”

(E. Rosa, Americanismo, Enciclopedia Treccani, p. 956)

AMERICANIZZAZIONE

S. Gundle, I comunisti italiani tra Hollywood e Mosca, Firenze, Giunti, 1995S. Gundle, L’americanizzazione del quotidiano. Televisione e consumismo nell’Italia degli

anni Cinquanta, in Quaderni Storici, 62, Bologna, Il Mulino, 1986

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Americanizzazione

L’americanizzazione va realmente considerata come un fenomeno diffuso nell’Italia di quegli

anni, in costante disequilibrio tra gli ideali politici e la crescente invasione commerciale

ed economica.

Un nuovo modello di consumo individuale, dunque, spesso in contrasto con i valori ed i

legami alla tradizione nostrana.

Le mode e gli stili di vita provenienti dagli Usa sembravano appagare il diffuso desiderio di rincorsa

al benessere.

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In realtà però non ci si può riferire all’americanizzazione come ad una fase di mutamento socioculturale tout – court.

Appare più legittimo parlare di un costante processo di sovrapposizione ed integrazione di un modello preesistente.

Americanizzazione

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I ondata:

inizio ‘900 / anni ‘20-’30

L’AMERICA IMMAGINATA

II ondata:

dal 1943 (sbarco truppe anglo-americane)

al 1958-‘63 (boom economico)

L’AMERICA IN CASA

III ondata:

anni ’80

LA RISCOPERTA DELL’AMERICA

3 FASIAMERICANIZZAZIONE

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Una cultura non nazionaleBuona parte della cultura consumata in Italia è stata di origine non nazionale -questo vale sia per la cultura popolare di massa che per quella dell’élite

La storia d’Italia è fatta di:

frammentazioni regionali

una tardiva unificazione

una lenta diffusione della lingua nazionale

un basso livello di integrazione nazional-popolare illustrato da Gramsci

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Una cultura non nazionaleL’Italia soffre di dipendenza culturale?

La dipendenza culturale è il completamento ideologico della dipendenza economica e politica di una nazione da una potenza imperialista

L’Italia stessa è un paese esportatore di prodotti culturali

Forgacs ritiene che probabilmente è in alcune regioni più periferiche, dove si ha poca disponibilità di beni e servizi culturali, che si può riscontrare una qualche forma di dipendenza culturale

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L’America immaginata negli anni ‘30

Quando nel ‘41 viene ordinata la soppressione delle strisce di Disney su Topolino, Arnoldo Mondadori evidenzia:

come Disney non sia un banale designatore di fumetti americano ma un vero favolista (valore dell’artista nonostante la bassa considerazione per il prodotto culturale),

che solo tre delle 16 pagine di Topolino erano formate da strisce di Disney, e che questi fumetti non erano importati ma disegnati da artisti italiani

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L’AMERICA IN CASA

AMERICA = MODELLO CONCRETO

PIANO MARSHALL (1948)

ALLEANZA ATLANTICA (1949)

LEGAME

ECONOMICO

POLITICO

MILITARE

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Beni materiali

“Gli aiuti furono incrementati e l’arrivo nei porti italiani di navi cariche di cibo e forniture furono ben reclamizzati, mentre nello stesso tempo venivano fatti

sforzi per istruire coloro che abitavano nelle aree rurali più remote sui benefici del piano per la rinascita dell’Europa illustrato dal segretario di stato George

Marshall”.

Beni simbolici

“D’altra parte, però, non si faceva mistero che tale generosità sarebbe cessata nel caso in cui le elezioni fossero state vinte dalle sinistre. La chiesa cattolica, la comunità italoamericana e i divi del cinema e della musica leggera furono

tutti coinvolti in una massiccia campagna di persuasione orchestrata per responsabilizzare gli italiani, convincendoli che votando i comunisti avrebbero

contribuito alla catastrofe del paese”

S. Gundle, I comunisti italiani tra Hollywood e Mosca, Firenze, Giunti, 1995, p.83

L’AMERICA IN CASA

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L’AMERICA IN CASA

MIRACOLO ECONOMICO

AMERICAN WAY OF LIFE =

SOCIETÀ DEI CONSUMI

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I persuasori occulti

Correva l’anno 1957 quando un giovaneinsegnante di giornalismo dell’università diNew York svelò in una analisi intensa elucida “il grande inganno”. Il sognoamericano di benessere e ricchezza si stavacostruendo attraverso un’operazione“scientifica” da parte della pubblicità.

Oltre ai classici creativi, le grandi agenziepubblicitarie avevano arruolato psicologi,psichiatri, sociologi alla ricerca della viascientifica alla persuasione. Non si trattavapiù di informare ma di convincere e sedurrecon qualsiasi mezzo.

Vance Packard

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Inconscio, desideri e segreti divennero la pietra filosofale per trasformare ogni persona in un felice consumatore.

L’America divenne un grande laboratorio inconsapevolmente scrutato da frotte di “consulenti”: il comportamento al supermercato, l’acquisto dell’auto, il desiderio di una casa, sono oggetto di analisi e soggetto di tentativi, alcuni comici, altri allarmanti, di manipolazione.

I persuasori occulti

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I persuasori occulti

“Si tratta ora di far sì che l'americano medio si senta la coscienza tranquilla anche quando ... si prende due mesi di vacanza all'anno e compra una seconda, una terza automobile. Uno dei problemi fondamentali posti da questa prosperità, è dunque far sì che il pubblico ne goda senza alcuno scrupolo o rimorso, dimostrandogli che la concezione edonistica della vita non è già immorale, ma, al contrario, moralissima. Quest [i] ... devono costituire, d'ora innanzi, i temi centrali di ogni campagna pubblicitaria.”

in Vance Packard, I persuasori occulti, 1956

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Le merci come felicità

È vero che le riviste in rotocalco pubblicavano ogni tanto lunghi articoli, corredati di fotografie, in cui si diceva che la felicità agli Stati Uniti era, se non comune, per lo meno accessibile… Nelle vetrine le felicità, come tante uove pasquali, si presentavano in ordine di grandezza, per tutte le borse. Ce n’erano di piccole, ce n’erano di mezzane, ce n’erano di gigantesche, forse finte, messe lì per reclame. Ogni felicità aveva il suo bravo cartellino col prezzo scritto in elegante corsivo.«ll Paese crepa di fame… abbiamo bisogno di grano… nossignore… quei pochi dollari che riusciamo a racimolare li spendiamo per comprare questa roba, questa felicità!”»«Ma anche di felicità c’è bisogno» osservò la figlia.«E’ una superfluità» rispose il vecchio. «Prima di tutto bisogna pensare a mangiare… prima il pane, poi la felicità… ma già questo è il Paese del controsenso: prima la felicità e poi il pane… »

Valori materiali vs. simbolici

A. Moravia, Felicità in vetrina, 1945

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Le merci come felicitàI nuovi beni comunicano nuovi valori:

la televisione è il simbolo dell’uscita da una comunità ristretta e chiusa;

la macchina o la moto testimoniano l’autonomia, la mobilità spaziale e sociale;

il nuovo appartamento è il luogo dove creare una nuova domesticità per la famiglia nucleare, un’intimità prima sconosciuta, una nuova gerarchia di spazi

I beni materiali rappresentano la negazione di un passato di miseria e la realizzazione del sogno italiano

E. Scarpellini, L’Italia dei consumi, p. 151

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S. Gundle, I comunisti italiani tra Hollywood e Mosca, Firenze, Giunti, 1995, p.152

“Negli anni Cinquanta l’improvviso insorgere di un nuovo modello di consumo individuale, sul modello americano, si dimostra di difficile conciliazione sia con la visione cattolica del mondo, che con quella comunista”

Fuga di massa dalle campagne

Attrazione verso la moderna cultura urbana

Diffusione di una nuova cultura basata sul disimpegno e sulla secolarizzazione

Quale società dei consumi in Italia

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L’AMERICA IN CASA

AMERICANIZZAZIONE

valori, costumi, modelli di comportamento e consumo

MUSICA

ROCK’N’ROLL / NASCITA DELLA CULTURA

GIOVANILE

CINEMA

HOLLYWOOD (CINEMA DI GENERE / STAR SYSTEM)

TELEVISIONE

AMERICAN WAY OF TELEVISION

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Raffaele de Berti, Dallo schermo alla carta. Romanzi, fotoromanzi, rotocalchi cinematografici: il film e i suoi paratesti, Milano, Vita e pensiero, 2000, p. 41

Hollywood: la fabbrica dei sogni

“Nella penetrazione del mito hollywoodiano nella società italiana la parte principale è sostenuta da agenzie e uffici stampa della case di produzione statunitensi tramite le varie riviste cinematografiche. Il divismo funziona come promozione pubblicitaria dei prodotti del cinema americano veicolando, inoltre, tutto un mondo di valori e oggetti moderni. Il film hollywoodiano si versa nel rotocalco che, agendo alla stregua di un prisma, lo restituisce allo sguardo analitico del lettore-consumatore. Il mito s’incarna nella realtà dell’industria di massa, suddividendosi, attraverso rubriche e articoli, in generi di consumo: moda, turismo, bellezza, arredamento, nonché in modi di pensare in grado di assicurare la rigenerazione di desideri e bisogni, facenti perno sul disimpegno, l’evasione il lusso.”

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Raffaele de Berti, Dallo schermo alla carta. Romanzi, fotoromanzi, rotocalchi cinematografici: il film e i suoi paratesti, Milano, Vita e pensiero, 2000, p. 43

“Il successo dei rotocalchi si fonda, per esempio, sulla capacità di far rivivere e stimolare i processi identificativi suscitati al cinematografo e di rafforzare l’impressione di realizzabilità dei sogno di successo, ricchezza e amore attraverso la lettura delle eccitanti biografie dei divi. Ma deriva anche dal fatto che queste pubblicazioni offrono la possibilità di riascoltare ogni volta la medesima favola, sebbene sempre rivestita con abiti apparentemente nuovi. Momento forte appare la narrazione della vita del divo, che è costruita su canoni fissi. Una storia le cui conseguenze sono destinate a riflettersi sul suo presente e a giustificare l’interesse cui ora vengono sottoposte la vita lussuosa, le abitudini lontane dalla norma, la bellezza, l’eleganza ecc.”

Hollywood: la fabbrica dei sogni

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Le stars

Come afferma Morin, le dive sono:

“Familiari per mille aspetti, somigliano ai comuni mortali e si propongono come eroi modello della civiltà individualista edonista; e tuttavia esse vivono anche a un livello di superiore intensità e qualità, possiedono una sostanza divina che stimola l’adorazione, incarnano una libertà favolosa che i comuni mortali non possono raggiungere. Si trovano a un crocicchio tra la vita ideale e la vita reale e rappresentano la grande piastra girevole posta tra il reale e l’immaginario”

E. Morin, Sociologia della sociologia, Edizioni Lavoro, Roma, 1985, p. 245

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L’AMERICA IN CASA

“la delicata libidine” di Gilda era “come un urlo di gioia, un dolce cataclisma che facesse crollare il cinema e tutta Caorle”

Pier Paolo Pasolini,

Amado mio, 1982.

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Hollywood sul Tevere

“La chiamavano Hollywood sul Tevere: le major si erano stabilite a Roma, le star scendevano dagli aerei e si insediavano nei grandi alberghi della capitale, corteggiate dai divi nostrani e inseguite dai paparazzi, l'industria del cinema funzionava a pieno ritmo, i registi americani spendevano e spandevano, gli artigiani italiani collezionavano sugli stessi set pellicole in serie.Roma era di nuovo caput mundi, i grandi produttori italiani, Carlo Ponti, Dino De Laurentiis, Goffredo Lombardo facevano gli americani e gli avventurieri del cinema "mordi e fuggi" cercavano di imitarli, montando improbabili film. Tanto il pubblico accorreva comunque, il successo era garantito.”

Presentazione del volume Hollywood sul Tevere. Anatomia di un fenomeno, a cura di Stefano Della Casa e

Dario E. Viganò

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“Sbarcarono Montgomery Clift e Jennifer Jones,Joseph Cotten e Kirk Douglas, Mel Ferrer ed ErrolFlynn, Henry Fonda e Buster Keaton, Joan Fontainee Ava Gardner, Audrey Hepburn e Abbe Lane,Anthony Perkins e Anthony Quinn, Orson Welles eShelley Winters, Kim Novak. Nomi sparati acaratteri cubitali nei titoli di testa e sulle locandinedei film hollywoodiani, che per magia uscivanodallo schermo e si materializzavano per le vie diRoma, sotto gli sguardi egualmente curiosi di fan egiornalisti. Riempivano le pagine dei rotocalchi e inimmagini debitamente selezionate si prestavano alcommento, complice e a volte irridente, deicinegiornali. Di fronte a loro i divi nostranismarrivano il loro fascino, ma abili press-agentcostruivano fantastiche storie d'amore perrecuperare terreno. E un alone di mistero eseduzione avvolse finalmente anche i nostri attori.”

Hollywood sul Tevere

Presentazione del volume Hollywood sul Tevere. Anatomia di un fenomeno, a cura di Stefano Della Casa e

Dario E. Viganò

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“… rappresenta una modernità epidermicarelativa al vestire, al parlare, al modo di comportarsi... che però si sbriciola di fronte alle difficoltà per lasciare spazio alla natura italiana sottostante”

Americanizzazione

(S.Gundle)

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Tu vuo fa' l' Americano

“Nei confronti del pubblico italiano, non ancora coinvolto in una realtà del consumo così avanzata come quella americana, tutto ciò agisce come premonizione di un prossimo futuro, circondato da un’aura di esotismo e permeato di un senso dell’ultra-moderno. Molto spesso è il velo dell’ironiaa fare da mediazione fra le nuove abitudini o mode americane e la tradizione italiana. La novità d’oltreoceano si presentano in tono scherzoso, spesso dileggiandole o facendole apparire come una delle tante stravaganze di cattivo gusto tipiche degli americani.”

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Gli attori: i giovani

Solo a partire dagli anni ‘50 e ‘60, i giovani si riconoscono come generazione:

si ritrovano in una comune identità,

creano forme culturali condivise,

sviluppano una loro autonoma costruzione della realtà

Tu vuo fa' l' Americano

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Un’inchiesta del 1964 stima che i 6,6 milioni di giovani italiani dispongono di 250 miliardi di lire:

50 miliardi per bibite, dolciumi, sigarette50 miliardi per vespe e lambrette25 miliardi per abbigliamento, cosmetici e acconciature23,5 per la musica (di cui 12 per l’acquisto di dischi)22 per i trasporti con moto, bici, auto21 spettacoli cinematografici e sportivi20,5 per libri, quotidiani, riviste, fumetti

E. Scarpellini, L’Italia dei consumi, p. 177

Gli attori: i giovani

Tu vuo fa' l' Americano

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Valori americani

Il processo di americanizzazione

Incarnati da personaggi, oggetti, ambienti

Veicolati da “storie” (fiction, retoriche)

Stili di gruppo

Cultura nazionale

Lavoro istituzionale

Media Valori italianizzati

Consumo

Ruolo del

marketing

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La resistenza all’americanizzazione

In Italia, nella cultura comunista, il tasto su cui si continua ad insistere resta quello della denuncia

dell’artificiosità del modello americano

“Qualcuna delle mie lettrici avrà forse tratto dai film di Hollywood l’idea che la vita di una donna di casa

americana sia un paradiso meccanizzato… sfortunatamente un quadro simile è mera fantasia.

Esso è, come per voi, soltanto un bel sogno anche per la grande maggioranza delle donne americane”

N. Cattonar, Paradiso a rete, in “Noi donne”, 5 aprile 1953