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Maria Grazia Batzella La Voce Umana Edizione: Vocalists.eu

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Maria Grazia Batzella

La Voce Umana

Edizione: Vocalists.eu

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La Voce Umana maggio 2012

CONSERVATORIO DI MUSICA G.P.DA PALESTRINA

CAGLIARI

Corso triennale superiore sperimentale di

ETNOMUSICOLOGIA

ESAME DI ORGANOLOGIA

Maria Grazia Batzella

UNO STRUMENTO MUSICALE:

LA VOCE UMANA

La voce umana è stata forse il primo strumento utilizzato dagli

uomini per fare musica, il più istintivo, il più naturale, il più facile da

usare. Filologicamente la voce non è nata certo per una funzione

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musicale ma possiamo immaginare che sia stata impiegata molto

presto “anche” a tale scopo.

L’apparato di fonazione umano ha una particolarità tale dal punto

meccanico che merita innanzitutto una breve descrizione

anatomofisiologica poi, dopo averne capito i principi di

funzionamento, si parlerà dei caratteri della voce umana e infine

delle tecnica di emissione o tecnica vocale, che consiste nelle

modalità utilizzate dalle varie culture per utilizzare, abbellire,

migliorare, potenziare o anche solo rendere piacevole

artisticamente le capacità della voce umana.

DI QUALE TIPO DI STRUMENTO PARLIAMO?

L’apparato di fonazione umano può essere assimilato a uno

strumento musicale. Di che tipo?

Probabilmente si tratta di uno strumento unico nel suo genere

perché le sue caratteristiche fisiche e fisiologiche esigono una

considerazione del tutto particolare ed è difficile inquadrarlo con

precisione nelle categorie strumentali conosciute dall’organologia.

Si tratta di uno strumento a fiato come gli ottoni, funzionanti tramite

le labbra che fungono da ance doppie membranose?

Infatti durante la fonazione, sotto l’impulso dell’aria espirata e

raccolta poi nella faringe che funge da camera d’aria, le corde vocali

addotte dai muscoli vibrano come ance membranose ”a cuscinetto”

e assomigliano a delle labbra, anch’esse tese dal tessuto muscolare.

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Inoltre anche la superficie inferiore delle corde vocali è coperta da

un rivestimento membranoso di tipo molle attaccato ai margini delle

ripiegature muscolari, accentuando questa somiglianza.

Esse vibrano con vibrazione in senso medio laterale, quasi

perpendicolare alla direzione della corrente aerea.

La frequenza delle vibrazioni è correlata con la tensione delle corde

stesse e con la pressione dell’aria, persistente, che “forse” e “non

solo” provoca il periodico allargarsi e restringersi delle corde: dal

periodo di questo movimento dipende la frequenza delle vibrazioni

e l’altezza del suono.

L’uso del fiato ci fa pensare alla collocazione della voce umana in

una categoria affine a quella delle canne sonore in cui i polmoni

funzionano come mantici.

Infatti la forza eccitatrice del fiato deve agire senza interruzione per

tutta la durata del suono (non basta un solo impulso per ottenerlo);

se viene a mancare il fiato, il suono si rompe.

Oppure si potrebbe assimilare a uno strumento a corda? E’

sicuramente la tensione delle corde vocali, alterata da alcuni muscoli

della laringe mentre sono colpite dal flusso d’aria proveniente dai

polmoni, che produce il suono della voce umana.

Più le corde si tendono, più si avvicinano; la tensione deriva

dall’avvitamento delle cartilagini che ruotano come i piroli utilizzati

per gli strumenti a corda. Ma vibrano come ance per effetto dell’aria

o vibrano come corde perché rispondono a un impulso

neuromuscolare?

La possibilità che le corde vocali vibrino per il solo effetto

dell’attività neuromuscolare (Husson), senza il concorso dell’aria

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espirata, che avrebbe l’unica funzione di trasportare l’onda sonora

con tutte le sue risonanze, è oggetto di dubbi e discussioni e non

sembra, per il momento almeno, sufficientemente provata.

Da questa vibrazione nasce la voce che si trasforma, unico caso in

natura, in parola e in canto a livello della faringe e della bocca a

seconda dei diversi atteggiamenti assunti dal palato molle, dalla

lingua e dalle labbra.

Da dove e come nasce il suono vocale?

Il suono nasce dalla laringe, è prodotto dalle vibrazioni delle corde

vocali, ampliato dalle risonanze di tutto l’organo vocale, condotto

dal fiato. E’ un problema connesso alla respirazione ma non è un

prodotto del fiato. Nasce nella laringe le cui vibrazioni delle corde

vocali non sono determinate “solo” dall’aria.

L’aria, spinta dai polmoni che funzionano come mantici, è il veicolo

del suono ma la nascita del suono, meglio diremo l’idea del suono, è

nel cervello che attraverso i nervi trasmette il comando delle

vibrazioni volute alle corde vocali, che hanno il compito di

realizzarle, contraendosi e adeguandosi all’altezza del suono

richiesto.

La dimostrazione di ciò è data da un fatto molto semplice; possiamo

fare uscire l’aria attraverso le corde vocali aperte e non contratte

senza emettere alcun suono.

L’espirazione può avvenire tra le corde vocali aperte e inerti, e perciò

non vibranti, ma volendo emettere un suono le corde si devono

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contrarre per vibrare. Viene spontanea la domanda: questa

contrazione precede l’espirazione?

Il fiato fa vibrare le corde vocali contratte? Oppure è avvenuta la

contrazione adatta al suono voluto e pensato in precedenza e

attuato poi con l’intervento del fiato che lo conduce verso le cavità

di risonanza? Infatti le vibrazioni delle corde vocali non sviluppano

energia bastante a generare suoni di sufficiente intensità: sono le

cavità di tutto l’organo vocale, da quelle inferiori a quelle superiori

(fosse nasali, seni paranasali e frontali, cavo rinofaringeo, cavo orale,

trachea, torace) a fungere come cassa di risonanza amplificando

l’intensità del suono.

BREVI NOZIONI SULLA TERMINOLOGIA CHE USEREMO

RISONANZA: facoltà da parte di un corpo elastico di vibrare

producendo onde sonore, se eccitato da altre onde sonore, con la

medesima frequenza naturale del corpo stesso, prodotte da altra

fonte; non è quindi una riflessione (in cui le onde sonore rimbalzano

e, tornando indietro, si sommano alle originarie o in maniera caotica

= rimbombo o in maniera piacevole = riverberazione ).

ARMONICHE: tutti i suoni sono formati da più onde sonore

concomitanti (spettro) a partire da una frequenza fondamentale di

intensità prevalente alla quale si sovrappongono suoni secondari e

più acuti di frequenza via via doppia, tripla etc, di intensità inferiore

e difficilmente percepibili.

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Ognuna di queste frequenze prende il nome di armonica. Cause: la

vibrazione iniziale del corpo produce due onde che si propagano in

senso inverso, arrivano al punto ove il corpo è fissato e tornano

indietro sommando le loro energie in un punto che dà vita a una

nuova vibrazione ( 2° armonica) di lunghezza d’onda dimezzata e di

frequenza doppia rispetto alla prima (1° o fondamentale), quindi

corrispondente all’ottava superiore.

Poiché il processo descritto si ripete anche per la seconda onda, se

ne ottiene un’altra ( 3° armonica) e così via fino a un totale di

numerose armoniche, la cui frequenza è sempre un multiplo della

fondamentale.

La voce maschile, in particolare quella del basso, ha più armoniche

rispetto a quella femminile e alle voci infantili “bianche” nelle quali

le armoniche più alte finiscono nel sovra acuto e non sono più

percepibili dall’orecchio umano.

Pertanto il timbro particolare delle voci bianche é dato dalla non

percezione delle armoniche superiori.

TRANSITORIO DI ATTACCO E DI ESTINZIONE: sono i tempi

(corrispondenti a circa 1/30° di secondo) necessari perché i moti

vibratori prodotti dai corpi sonori, alcuni armonici e altri

disarmonici, tendano a normalizzarsi distruggendo quelli

disarmonici nei punti nodali della fondamentale, data la

impossibilità di correlarsi con la stessa.

Permangono invece le vibrazioni armoniche, che assorbono

l’energia dei disarmonici distrutti.

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MECCANISMO VOCALE

Il meccanismo vocale è costituito da:

- sistema respiratorio o apparato motore, che trasforma il fiato in

suono e lo trasporta fino all’uscita della bocca

- l’organo vocale propriamente detto, ossia la laringe, che produce il

suono o più esattamente le vibrazioni delle corde vocali che

diventano sonore attraverso la colonna del fiato

- l’apparato risuonatore che interessa tutte le cavità mobili ed

immobili, superiori e inferiori, dove il suono si alimenta e amplifica

Tutti questi apparati formano un tutto unico nella stessa funzione,

che è quella della voce parlata e cantata.

CENNI DI ANATOMIA DEGLI ORGANI INTERESSATI ALLA

PRODUZIONE DELLA VOCE

PALATO MOLLE O VELOPENDULO

Il palato si divide in due parti. Una, posteriore e morbida, chiamata

PALATO MOLLE o palatino o velopendulo, terminante con l’ugola e

con gli archi delle tonsille, e un’altra anteriore ed ossea (dura)

chiamata palato duro.

Nel canto, in particolare nelle note acute, il palato molle sollevato

permette all’aria di andare a colpire le cavità ossee del palato

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anteriore ove produce risonanze e acquista maggiore volume. Sia

l’esagerazione di sollevamento del palato, portato con l’estremità

fino a toccare in alto la faringe, sia il palato non sollevato creano un

suono ingolato e sordo, senza possibilità di escursioni né nella zona

grave né in quella acuta.

Quando il velo palatino è lievemente abbassato il suono acquista un

colore più chiaro, che è adatto per le note del registro di petto (vedi

oltre) ma l’eccessivo abbassamento provoca un suono nasale in

quanto l’onda sonora, invece di uscire dalla bocca, si avvia verso le

cavità nasali.

Una particolare tecnica vocale, utilizzata nella voce del “contra” del

canto a tenore della Sardegna, produce un timbro molto particolare

attraverso la riduzione della cavità orale, contraendo la faringe per

selezionare dei risuonatori specifici ma evitando, col palato molle

alto, di mettere il suono nel “naso” (Bernard Lortat-Jacob).

Nel canto il sollevamento e l’abbassamento del palato avviene in

movimento simultaneo e sincrono con il moto contrario della

laringe: da ciò dipende il colore e il volume del suono.

Il discendere della laringe e l’innalzamento del palato facilita le note

alte, viceversa avviene per le note basse.

EPIGLOTTIDE

L’epiglottide è una lamina cartilaginea sporgente tra l’orifizio

laringeo e la base della lingua che, durante la deglutizione, si applica

sull’orifizio laringeo e lo ricopre per evitare l’ingresso del cibo nelle

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vie aeree perché, inclinata in alto e in dietro, si insinua tra le

cartilagini laringee.

La sua inclinazione varia coi movimenti della laringe e della lingua.

Concorre a creare la risonanza toracica nei suoni bassi.

LINGUA

La lingua è importante soprattutto per la parola. Nel canto essa deve

essere rilasciata sul piano della bocca tra le due file dei denti

inferiori, incavandosi nel mezzo e sfiorando con la punta i denti

stessi. Se si inarca, formando un arco convesso al palato, crea un

restringimento della cavità orale.

Deve seguire il moto della laringe abbassandosi quando la laringe

produce i suoni acuti e rialzandosi per i gravi.

L’apertura della bocca e il rilasciarsi della mandibola verso il basso ha

lo scopo di creare una base per dare distensione alla lingua e spazio

al velo palatino per compiere i movimenti consoni.

Anche contraendo la base della lingua si producono suoni nasali o

gutturali.

LARINGE

Funzioni

La laringe ha una funzione protettiva, passiva e marginale durante

la deglutizione perché impedisce che il cibo, grazie alla chiusura

dell’epiglottide, passi nelle vie respiratorie e una funzione fonatoria,

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che é invece peculiare ed esclusiva di quest’organo. In questa

descrizione ci interessiamo solo di questa funzione.

Nella laringe sono contenute le corde vocali che si possono unire al

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centro, vicine l’una all’altra, e così vibrando al passaggio dell’aria

che proviene dai polmoni, producono i suoni.

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Anatomofisiologia

La laringe si trova sulla sommità superiore della trachea ed è

composta da una impalcatura cartilaginea, ligamenti, muscoli,

lamine e articolazioni che collegano tra loro la varie parti

dell’impalcatura.

Essa è unita all’osso ioide e all’epiglottide attraverso ligamenti.

Infatti può compiere movimenti di abbassamento e innalzamento

sincroni con entrambi sia durante la deglutizione (funzione

protettiva sulle vie aeree superiori) che durante la fonazione, al fine

di modificare le caratteristiche del risuonatore ipofaringeo.

Cartilagini

Nella laringe sono presenti 11 piccole cartilagini, di cui due più

grandi; la prima detta cricoide, sottostante, e la seconda detta

tiroidea, superiore (prominente e ben visibile, il così detto pomo di

Adamo) sono situate sulla faccia esterna anteriore.

Le due cartilagini aritenoidi, di natura ialina, sono invece situate sul

bordo posteriore cricoideo, e hanno il compito di manovrare il

movimento di tensione e spostamento del muscolo vocale.

Nella parte superiore dell’angolo diedro, aperto all’indietro formato

dalle due lamine della tiroidea, si insinua la metà inferiore

dell’epiglottide.

L’epiglottide e il processo vocale delle cartilagini aritenoidi sono

invece di cartilagine elastica.

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Le cartilagini aritenoidee, nella loro faccia anterolaterale, danno

inserzione in prossimità della base, indietro e in fuori ai muscoli

cricoaritenoideo posteriore e laterale, mediamente e in avanti al

muscolo tiroaritenoideo ( legamento vocale) formato da fasci elastici

paralleli, che costituiscono un ispessimento della corda vocale.

Muscoli

I muscoli che contribuiscono alla fonazione sono numerosi e si

suddividono in tre gruppi: tensori e costrittori (tutti volontari) e un

solo dilatatore, il cricoaritenoideo posteriore o postico

(involontario).

Il muscolo cricotiroideo serve per la tensione delle corde vocali con

un duplice meccanismo.

Esso provoca una rotazione con scivolamento sia della cartilagine

tiroidea, tirata in basso e in avanti come una visiera abbassata da un

casco, il che determina già l’allungamento e l’aumento di tensione

dei ligamenti vocali che vi si inseriscono, sia il sollevamento

contemporaneo della cricoide e delle aritenoidee, legate alla

cricoide; le aritenoidee ruotano su sé stesse come i piroli degli

strumenti a corda e anche in questo caso i legamenti vocali, che su

quelle si attaccano, vengono stirati e messi in tensione.

Il massimo allungamento avviene nella voce in falsetto nella quale i

legamenti vocali vengono tesi passivamente perché la forza di altri

muscoli, gli aritenoidei trasverso ed obliquo, chiudono la parte

intercartilaginea della rima vocale permettendo la vibrazione solo

della parte intermembranosa anteriore.

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Al contrario il muscolo cricoaritenoideo laterale serve per

l’avvicinamento delle corde vocali sulla linea mediana (adduzione) e

determina, teso al massimo, la chiusura della glottide

intermembranosa ma non intercartilaginea producendo la voce

sussurrata;ciò è potenziato dall’azione sussidiaria di altri due

muscoli, interaritenoideo e tiroaritenoideo.

Infine il muscolo tiroaritenoideo interno costituisce la parte

muscolare della corda vocale stessa, sul cono elastico e sotto il

margine libero del ligamento vocale, confondendosi in essa;

contraendosi determina un aumento di consistenza, tensione e

ingrossamento della corda stessa (aspetto fondamentale che le

permette di vibrare).

Il muscolo cricoaritenoideo posteriore o postico invece slarga la rima

vocale allontanando le corde vocali (abduzione) e solleva la rima

glottidea.

Tale muscolo è l’unico muscolo attivo involontario.

Vi sono ancora altri numerosi muscoli che potenziano l’azione di

quelli descritti ma questi, da soli, svolgono le prerogative essenziali

della funzione fonatoria.

A parte si menziona il muscolo ventricolare che, facendo riavvicinare

le pieghe ventricolari o false corde vocali (vedi sotto), in

associazione a un abbassamento della epiglottide, smorza la voce

prodotta nella glottide, il che si verifica solo eccezionalmente nei

ventriloqui.

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Pieghe ventricolari o false corde vocali

Nella parte mediana della laringe vi sono due doppi rilievi

orizzontali, che corrono d’avanti in dietro; quelli superiori sono detti

pieghe ventricolari o false corde vocali, gli inferiori corde vocali vere.

Le pieghe ventricolari o false corde vocali sono poco sporgenti nella

cavità laringea ( al contrario delle vere) e si estendono dalla

cartilagine tiroidea fino a circa metà della rima laringea, fino alla

cartilagine cuneiforme; perciò non raggiungono il limite posteriore

della parete laringea.

Sono formate da tessuto legamentoso e, solo in piccolissima parte,

muscolare.

Non sono usate per la fonazione tranne che in rare tecniche vocali,

ove si riesce a farle vibrare, come in Sardegna nella parte del bassu

del canto a tenore.

Corde vocali

All’interno della laringe, disposte da fronte a retro, ci sono le corde

vocali, due rilievi prismatici (rotondeggianti quando contratti e

vibranti) fissati su tre lati, liberi con un bordo quasi tagliente nella

parte mediana o rima della glottide ove sono detti labbri vocali.

Esse sono prominenti nella cavità laringea, disposte fra la parte

anteriore della cartilagine tiroidea e quella posteriore delle

cartilagini aritenoidee, lunghe 2 o 3 cm., più lunghe nell’uomo (+

30%) che nella donna. Hanno un colorito biancastro e aspetto quasi

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tendineo e sono costituite da parti ligamentose, muscolari e

cartilaginee (nelle loro estremità posteriore, assai più breve della

parte membranosa anteriore) prosecuzione delle cartilagini

aritenoidee.

Sono ricoperte da una mucosa sottile e trasparente, il cui margine

libero é detto piega vocale. La loro parte muscolare è il muscolo

vocale ed è la prosecuzione del muscolo tiroaritenoideo.

Le corde vocali, per emettere un suono, devono essere ravvicinate,

tese, vibranti.

Queste modificazioni sono determinate da un aumento di

consistenza, elasticità e ingrossamento delle fibre del muscolo

vocale contenuto nelle corde stesse.

Infatti la tensione determinata dai muscoli cricotiroidei è

insufficiente senza l’azione del muscolo vocale, come dimostra la

paralisi del nervo ricorrente in cui i cricotiroidei rimangono intatti

ma ciononostante la voce è roca.

La successione rapida di contrazione e decontrazione, ossia

l’avvicinamento e l’allontanamento delle fibre muscolari del muscolo

vocale, provoca la vibrazione.

Quanto influisce il passaggio dell’aria in questa vibrazione? E’

difficile dare una risposta certa.

Le vibrazioni prodotte possono dare suoni dal grave all’ acuto. Come

si verifica questa differenza?

- alla produzione del registro acuto corrisponde la contrazione del

muscolo vocale situato nella parte anteriore delle corde, con le

corde spostate verso l’esterno durante la vibrazione e divaricate

nella parte anteriore. Questo si verifica per l’azione tensoria dei

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ligamenti dei muscoli cricotiroidei e per l’abbassamento delle

cartilagini, che anch’esse tendono i ligamenti: più la corda è tesa e

maggiori sono le vibrazioni nella zona anteriore. Per poter produrre

la voce in falsetto intervengono anche i muscoli aritenoidei trasverso

ed obliquo che chiudono la parte intercartilaginea della rima

glottidea facendo vibrare solo la parte intermembranosa anteriore

(l’opposto avviene nella voce sussurrata).

- se il muscolo vocale si contrae in toto, senza grande tensione, e

vibra anche nella parte posteriore le corde vocali sono derivate in

corrispondenza di questa parte ed esaltano invece i suoni del

registro basso.

- il volume del suono è determinato in maniera direttamente

proporzionale all’ampiezza dei movimenti delle corde vocali, oltre

che alle risonanze acquisite prima della emissione della voce.

Il grado della tensione dei ligamenti vocali determinato dai muscoli

ha influenza sulla lunghezza della corda, sullo spessore della stessa e

quindi sull’altezza del tono, ben sapendo che più le corde sono

lunghe e grosse (per costituzione anatomica) e più il loro suono è

basso.

Corde di pari lunghezza hanno un tono tanto più alto quanto più

sono tese (la tensione deve quadruplicare per innalzare la nota

fondamentale di un’ottava) mentre corde più brevi hanno, a pari

tensione, un tono più alto delle lunghe; perciò la voce di un

bambino è più alta di quella di un adulto.

La muta vocale ( avvenuta durante la pubertà in seguito alla

produzione degli ormoni sessuali) determina che la laringe si

ingrossa fino al doppio, le corde vocali si allungano e si ingrossano,

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la voce si abbassa di circa un’ottava nei maschi e di due o tre toni

nelle femmine, le modificazioni della cassa toracica, del faringe e del

massiccio facciale modificano le risonanze e quindi il timbro e la

potenza.

Conclusioni del processo di produzione della voce

- la tensione delle corde dipende dalla contrazione dei muscoli

tiroaritenoidei o vocali, dalla tensione dei cricoaritenoidei e dei

cricotiroidei e dalla posizione che prendono le cartilagini ruotando.

Se le corde vibrano in tutta la loro lunghezza si produce la voce

ordinaria di petto dei registri medi e bassi; più si tendono più il

suono si innalza e la vibrazione avviene più anteriormente (voce di

testa).

Nella voce in falsetto le corde vibrano solo nella parte membranosa

anteriore perché la posteriore intercartilaginea è addotta; il suono,

rispetto alla voce piena, è più leggero, meno potente, più sibilante e

meno ricco di sonorità perché contiene meno armonici (il

meccanismo è opposto nella voce sussurrata).

Tale effetto si produce per inclinazione in avanti e scivolamento in

basso della cartilagine tiroidea che inclina in avanti anche il piano

delle corde vocali le quali riescono a vibrare in quel punto “per

giustapposizione” anziché per battimento. Infatti il discendere della

laringe facilita l’emissione delle note acute e il rialzarsi quello delle

note basse.

- qualunque sia il grado di avvicinamento delle corde vocali, la parte

cartilaginea della rima resta sempre comunque un poco beante, e da

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ciò è assicurato il passaggio dell’aria per la respirazione: perciò

questa parte della rima è detta respiratoria mentre si riserva il nome

di glottide vocale alla parte intermembranosa, in corrispondenza

della quale si producono prevalentemente i suoni.

- é importante sottolineare e ricordare ancora che l’abduzione delle

corde vocali, che avviene durante la respirazione, è un fenomeno

attivo involontario mentre la loro adduzione fonatoria è volontaria.

- durante la respirazione normale le corde vocali non sono in

tensione e l’aria viene inspirata ed espirata senza produzione di

suono. Le cartilagini aritenoidee e le corde vocali sono divaricate.

- l’aria “raccoglie” le vibrazioni delle corde vocali e “produce “ o

conduce il suono che risuona nel torace, nel faringe, nel palato e

nelle cavità nasali e frontali e fuoriesce come tale dalla bocca.

Risonanze

La vibrazione delle corde vocali determina il suono primario ma è il

sistema di risonanza che determina il timbro finale o suono

secondario perché il primario si trasforma man mano che incontra le

cavità di risonanza prima di uscire dalla bocca.

La risonanza si completa quando l’onda sonora colpisce il palato

duro nella parte anteriore dietro i denti superiori, dove forma una

insenatura, e fa vibrare il massiccio facciale con l’aria soprastante

contenuta nelle fosse nasali, etmoidali e frontali: si formano così le

risonanze di testa, che sono indirette.

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Le risonanze toracica, faringea e orale, dove i suoni bassi trovano la

loro migliore collocazione, è invece diretta essendo la laringe nel

passaggio tra il torace e la bocca.

Ciò non toglie che anche questi suoni usufruiscano delle risonanze

indirette superiori.

Ogni suono, dal grave all’acuto, deve partecipare a tutte le risonanze

per acquistare omogeneità in tutta l’estensione della voce.

INSPIRAZIONE - ESPIRAZIONE

Con l‘inspirazione si riempiono d’aria i polmoni, il diaframma si

rilassa e si abbassa,la cassa toracica si apre e si solleva; espirando il

diaframma si contrae e torna, alzandosi, alla posizione originale

mentre la cassa toracica si restringe e si abbassa.

Durante il canto l’aria viene rilasciata in quantità necessaria alle

esigenze vocali; questo movimento è regolato dai muscoli

addominali che spingono il diaframma, in stato di tensione flessibile,

verso l’alto e quindi verso i polmoni.

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CARATTERISTICHE DELLA VOCE UMANA

I caratteri della voce umana sono:

altezza

timbro

volume o intensità.

In particolare il timbro e il volume sono doti naturali, cioè legati alla

struttura anatomica dell’apparato vocale.

Altezza

La diversa acutezza o gravità del suono, cioè la sua altezza, è

determinata dalla frequenza o numero delle vibrazioni sonore della

fondamentale e dei suoi multipli armonici nell’unità di tempo.

La frequenza delle onde sonore é inversamente proporzionale alla

loro lunghezza d’onda.

L’altezza ci permette di distinguere il suono dal rumore, ove le

altezze sono indeterminate proprio perché mancano i multipli

armonici ( per esempio negli strumenti a percussione).

Sono più acute le note con numero di vibrazioni più elevate.

La misura dell’altezza, che non è lineare ma esponenziale, si

esprime in Hz/sec.

Il numero delle possibili frequenze sonore è praticamente illimitato;

al contrario la possibilità di percezione dell’orecchio umano è

ridotta. Le frequenze della sua massima sensibilità vanno da 500 a

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4.000 Hz/sec., anche se l’area di udibilità umana è più ampia, da 16

fino a 20.000 Hz; al di sopra o al di sotto di questi valori si parla di

ultrasuoni o di infrasuoni, percepibili da alcuni animali.

Nella voce parlata umana e nel canto si utilizzano le frequenze

medie che vanno: nella voce parlata da 100 a 1.500, nel canto da 65

a 3.000 Hz. circa.

Ma tutto il tubo sonoro o apparato vocale, nella sua plasticità

anatomica, modula anche altre regioni di frequenza, definite

“regioni formanti “, che permettono una ampia gamma di modifiche

alle caratteristiche del suono stesso.

Esse sono dovute alle modificazioni anatomiche della sua posizione

(per contrazione di alcuni muscoli che si inseriscono sull’osso ioide)

e della forma del tubo vocale nella articolazione delle lettere

alfabetiche: basta pensare alla differenza tra le vocali e le consonanti

o tra vocali diverse intonate alla stessa altezza.

Tali serie di frequenze sono raggruppate in tre gruppi o curve

formantiche.

La 1° curva formantica, è determinata dalla grandezza della laringe

ed è costituita da una serie di armoniche vicine alla fondamentale:

è quella che caratterizza maggiormente il timbro.

Esistono poi altre due curve, determinate dalla lunghezza e

risonanza di tutto il condotto vocale, che sono una più vicina alle

frequenze basse (2° curva) e una a quelle più acuta (3° curva).

Quando articoliamo la u, che esprimiamo con un suono basso,

esaltiamo la 1° curva formantica fondamentale e la 2°, con la i

esaltiamo invece le frequenze più acute della 3°.

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Timbro

Il timbro è quella particolare qualità del suono che permette di

identificare la fonte sonora e di differenziare due suoni diversi anche

se della stessa altezza e intensità.

Nella voce umana esso dipende dai caratteri fisici dell’organo vocale

e dei risuonatori i quali determinano appunto la composizione

spettrale del suono facendo prevalere alcune armoniche rispetto ad

altre.

La presenza di micro modulazioni simultanee degli armonici è ciò

che differenzia la voce umana dagli altri oggetti sonori.

Per descrivere il timbro si usano aggettivi qualitativi, soprattutto

colorimetrici ( in inglese e tedesco è detto “colore del suono”) ma

anche gustativi ( dolce, aspro,pastoso,) o tattili (ruvido, secco, arido,

vellutato).

E’ scuro o chiaro a seconda che la massima concentrazione spettrale

sia nel grave o nell’acuto; se è situata nelle vicinanze dei 2.000 Hz é

“brillante”o “squillante”, tipico delle voci infantili o voci bianche.

Può essere brutto o bello a seconda di canoni estetici diversi

culturalmente, scarno, acre,“caldo” se comprende lente variazioni di

ampiezza che risultano da risonanze di frequenze contigue; “ruvido”

se le variazioni di ampiezza sono rapide e creano un effetto che

assomiglia all’ effetto della dissonanza.

Ancora: vibrante, senza smalto, mordente, penetrante.

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La qualità del timbro è data da:

- quantità delle componenti armoniche, in particolare dalla

proporzione della fondamentale o prima armonica in rapporto al

resto dello spettro e dalle intensità relative (o dosaggio di ampiezza)

delle armoniche successive.

Alcuni autori (Helmotz- Geva Revez- James Jeans) hanno attribuito

alle armoniche i seguenti caratteri:

1° armonica = altezza del suono /

2° armonica = chiarezza /

3° armonica = suono di canna /

4° armonica = aumenta il carattere della 2° /

5° armonica = incupisce il suono ma è l’armonica più espressiva e

importante /

6° armonica = squillantezza /

7° armonica = asprezza, è la prima armonica dissonante e dà al

suono caratteristiche sgradevoli /

8° armonica = aumenta la chiarezza e la squillantezza ma anche la

metallicità /

9° armonica = asprezza come la 7°/

10° armonica = chiarezza ed effetto metallico come l’8° ma con

buona qualità specialmente nella tessitura acuta /

11° armonica = dissonante e metallica /

12° armonica = metallica /

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13° armonica = dissonante, asprezza /

14° armonica = alla 7° perché ne è l’ottava perfetta /

15° armonica = aspra e sgradevole al punto di disturbare /

16° armonica = alla 7° e così via;

- ampiezza delle stesse (volume);

- transitori o periodi di attacco e di estinzione del suono prodotto;

tempi necessari per distruggere le vibrazioni disarmoniche e

assorbirne l’energia sulle armoniche;

- caratteristiche delle strutture formanti. L’articolazione delle lettere

alfabetiche modifica la forma del condotto vocale e dunque le

posizioni delle risonanze dello spettro sonoro.

La posizione di queste risonanze, che si chiamano formanti,

caratterizza le differenti vocali. Per es. la “ae” corrispondente a una

posizione neutra del condotto vocale e da luogo a tre formanti

situate a 500 Hz, 1500 Hz e 2500 Hz: la “i “ comporta una formante

più grave e una seconda più acuta.

Le voci piccole hanno poca energia nelle zone formanti.

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Volume

Il volume o intensità è dato dall’ampiezza delle vibrazioni e dipende

dalla pressione acustica generata. E’ misurabile in decibel.

Può andare dal minimo della voce bisbigliata (che abbiamo già

descritto), alla voce intima, a quella “a pieni polmoni” ( con grande

sostegno del fiato con appoggio addominale), al canto a

squarciagola, alle voci liriche.

Il volume della voce umana è determinato in maniera direttamente

proporzionale dall’ampiezza dei movimenti delle corde vocali, oltre

che dalle risonanze acquisite prima della sua emissione.

Una voce di volume piccolo può avere un timbro mordente e

penetrante cosi che si senta ovunque, al contrario di una voce di

grande volume ma di timbro poco penetrante e di minor portata.

ALTRE CARATTERISTICHE

Nella voce vi sono altri elementi sonori, oltre quelli individuati, quali

la presenza di fiato durante la emissione e la nasalizzazione etc. che

ne cambiano la qualità dandole rochezza, rugosità, velature o altre

impurità che in certe culture musicali, per esempio il jazz, la musica

popolare, il pop, il rock etc. sono considerate esteticamente

pregevoli (pensiamo al successo della voce di Louis Armstrong!).

La nostra cultura del bel canto considera invece come più piacevole

la voce liscia, il cui spettro armonico puro costituisce l’ideale del

canto occidentale colto.

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TECNICHE VOCALI

Le tecniche vocali si possono distinguere in tre grandi gruppi:

1) Tecniche che realizzano un’estensione del sistema fonatorio

attraverso uno strumento applicato al condotto oro-

faringeo, al fine di deformare, trasformare o mascherare il

timbro originale; l’esempio più semplice è dato dalle mani

del cantore utilizzate come risuonatore post orale. Ma il

dispositivo può non essere posto in contatto col corpo, con

principi di funzionamenti differenti, quali le maschere, gli

alteratori della voce (tubi, megafoni) e i microfoni. Non

parleremo di queste tecniche.

2) Tecniche che si limitano ai soli mezzi fisiologici per produrre

e trasformare il timbro vocale senza l’aiuto di strumenti

esterni: corrispondono ad un impiego normale o ortodosso

del sistema fonatorio.

3) Tecniche che utilizzano principi acustici di interferenze e

combinazioni di suoni suscettibili di generare illusioni

acustiche fondate sulla percezione dell’altezza spettrale.

Parleremo solo della tecnica vocale di Tipo 2 e di tipo 3 perché sono

le più praticate nella nostra cultura musicale.

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TECNICA VOCALE DI TIPO 2

E’ questa la tecnica vocale più studiata e praticata nella musica di

tipo “colto”ove é anche definita “voce impostata”. Essa è frutto di

una pratica elaborata e complessa, condotta agli estremi, che

trasforma la voce naturale in un timbro specifico, tipico del cantante

lirico, lontano da quello della voce parlata, con lo scopo di ottenere:

- purezza di emissione, cioè soppressione di ogni rumore espiratorio

- ampia estensione, ma sviluppata soprattutto verso l’acuto,

maggiormente apprezzato rispetto al grave

- notevole potenza

- perfetta omogeneità, cioè equalizzazione del timbro lungo tutta

l’estensione vocale, mirando soprattutto a mascherare i naturali

passaggi di registro. Per parlare di questo risultato è indispensabile

spiegare la tessitura, il registro e il passaggio di registro.

Il passaggio di registro è quel punto in cui cambia il modo di

emissione delle note perché è necessario cambiare la posizione

della laringe e la configurazione tensoria e vibratoria delle corde

vocali per poter affrontare note diverse nella ascesa o discesa

musicale.

La voce umana assume negli individui gradazioni ed estensioni

diverse di altezze (tessitura) che vengono ripartite, come è noto,

nelle categorie di Basso, Baritono, Tenore , Contralto, Mezzosoprano

e Soprano. Sono note le estensioni di ciascuna di queste categorie.

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Esiste un punto in cui tutte le voci si incontrano; é il punto di

congiunzione tra il registro di petto e quello di testa, intendendo con

ciò che su queste note le corde vocali devono assumere una

posizione diversa e le risonanze si modificano aumentando nelle

cavità inferiori o superiori.

Per Basso e Baritono sono le note estreme della voce di petto ma

per tenore, contralto, mezzosoprano e soprano è indispensabile

adoperare il registro misto. La voce o registro di petto ha risonanza

prevalentemente toracica mentre la voce o registro di testa ha

risonanza prevalente nelle cavità superiori; si conoscono quali sono

queste note di passaggio tuttavia stabilire dei limiti netti è

antifisiologico perché anche le note di petto possono essere usate

con voce di testa, soprattutto per le voci tenorili e le voci femminili.

I registri non si devono confondere con le risonanze anche se i

fattori di risonanza e il comportamento diverso delle corde vocali

sono interdipendenti tra loro.

Per ottenere il passaggio di registro é necessario trovare un

equilibrio, detto anche “appoggio”, tra il comportamento delle corde

vocali, la posizione della laringe e le risonanze alte e basse che

convergono nelle cavità.

Tale equilibrio, o fusione dei registri, evita le fratture nell’estensione

vocale e unisce in una sola gamma ciò che le corde vocali

producono con le loro differenti dimensioni e ciò che la laringe

produce abbassandosi (registri acuti, aumento del volume sonoro,

maggior sfruttamento delle risonanze superiori) o sollevandosi

(registri bassi che, pur avendo la risonanza prevalente nel petto e

nella cavità orale, devono equilibrare anche le risonanze superiori).

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L’appoggio è detto anche della voce “in maschera” perché proietta il

suono in quella zona che sta tra la fronte, gli zigomi e le cavità nasali

e si realizza con l’importante concorso del fiato che viene modulato

dalle basi polmonari con l’aiuto del diaframma.

Senza l’appoggio la corda vocale, tesa al massimo del registro di

petto, si ribella e provoca la “stecca”, cioè una interruzione del

suono: la laringe si porta improvvisamente verso l’alto e provoca una

stretta della gola e un irrigidimento del collo. Per poter continuare a

emettere suoni più acuti la corda vocale deve cambiare posizione; la

vibrazione si riduce progressivamente alla sola parte anteriore

lasciando a riposo la parte posteriore.

Salendo dalle note basse fino alle note più alte anche l’ugola segue

un moto ascensionale e, dopo quella eseguite con risonanza mista o

di passaggio, si abbassa un poco per riprendere il moto ascensionale

verso le note estreme del registro di testa.

Oggi la terminologia voce di testa, voce di petto, falsetto, voce di

gola sono sostituite da una terminologia (Castellengo 1991) che

definisce quattro modalità vibratorie distinte, ossia passaggi laringei

chiamati “meccanismo 0 o registro di strohbass o fry”, “meccanismo

1 (registro di petto)”, “meccanismo 2 ( registro di testa per le donne

e di falsetto per gli uomini)” ,“meccanismo 3 o registro di sifflet o

ottavino.”

- Il meccanismo 0 produce un timbro estremamente grave, e perfino

inarticolato, su un tono inferiore a quello della voce parlata. Ancora

poco conosciuto sul piano fisiologico, essa corrisponde a una

chiusura incompleta della glottide all’atto della fonazione, una

vibrazione a bassa frequenza dell’epiglottide, dell’ugola e delle false

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corde vocali che modulano il profilo esterno della frequenza

fondamentale ; ne risulta un suono soffiato, udibile malgrado la

debole pressione sottoglottica. Tale meccanismo permette la tecnica

del period doubling. E’ usato in Africa, associato alle maschere, nel

Senegal per rendere la voce arrotolata e da lì è poi passata ai

cantanti jazz, in Sardegna nella voce del bassu del canto a tenore.

- Il meccanismo 1 (voce di petto) produce la voce naturale dell’uomo

adulto e di alcune donne nella voce parlata. Le corde vocali sono

contratte e vibrano in tutta la loro lunghezza e si raccolgono come

due grosse trecce. L’ascesa all’acuto si effettua tramite un aumento

della tensione delle corde, l’ampiezza vibratoria è notevole e il

suono emesso è ricco di armonici poiché la rima glottidea presenta

una soglia repentina rispetto alla chiusura, la quale è più lenta e

genera di conseguenza un’oscillazione di rilascio. Infine la pressione

sotto glottica esercita una non trascurabile influenza sull’altezza e un

accrescersi del suo valore provoca un aumento nella frequenza del

suono laringeo.

- Il meccanismo 2 (voce di testa) corrisponde alla voce naturale di

molte donne, delle voci bianche e produce altresì la voce di falsetto

negli uomini e nei castrati. Sul piano fisiologico il meccanismo è

antitetico rispetto al precedente. Le corde vocali sono poco o nulla

contratte e si raggruppano l’una contro l’altra solo nella parte

anteriore presentando l’aspetto di due sottili lamine dai bordi stretti

e poco profondi. L’ampiezza vibratoria è debole e la produzione di

armonici minore rispetto al meccanismo 1, poiché aperture e

chiusure periodiche sono meno repentine e di durata meno

omogenea. Quanto alla pressione sottoglottica, essa interviene assai

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poco durante l’ascesa all’acuto, agendo in maniera pressoché

ininfluente sulla frequenza del suono cantato.

- Il meccanismo 3 ha i muscoli vocali totalmente rilassati, i legamenti

sono tesi all’estremo e la compressione mediana delle corde l’una

contro l’altra si colloca al valore massimo; la rima glottidea interessa

solo una parte anteriore delle corde stesse. Una simile

configurazione, combinata a una forte pressione sotto glottica,

produce gli acuti più spinti della voce femminile (ma anche di quella

maschile) nota nel canto lirico quale voce di ottavino o piccolo

registro o di sovra acuto.

In Occidente il registro 1 e 2 sono stati usati dagli uomini dal periodo

barocco fino al 1830 quando, col mutare dei canoni estetici, venne

proibito agli uomini l’uso del 2 e si impose per le voci liriche l’acuto

di petto, molto più sonoro, eroico e spettacolare.

Anche in altre culture tradizionali esistono simili vincoli fonatori. Il

meccanismo 2 è ancora proibito agli uomini nelle musiche modali

(India, Iran, Turchia, Paesi Arabi) mentre è di rigore nella tradizione

teatrale dell’Estremo Oriente e non solo per i ruoli maschili en

travesti.

Nell’area Mediterranea il meccanismo 1 è fortemente utilizzato, gli

uomini utilizzano il registro acuto o sovracuto del registro di petto e

anche le donne si servono dello stesso meccanismo 1, che è per loro

il più grave.

- Esiste infine una tecnica fondata sul cambio di registro conosciuta

come yodel alpino, in uso presso le popolazioni germanofone alpine

del Tirolo. Esso consiste in una rapida vocalizzazione che passa dal

meccanismo 1 al 2 (falsetto) e viceversa, su larghi intervalli,

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utilizzando sillabe asemantiche le cui vocali, aperte o chiuse,

facilitano la transizione da un registro all’altro (es. e-i per passare dal

meccanismo 1 al 2)

TECNICA VOCALE DI TIPO 3

La tecnica vocale di tipo 3 è applicata in Sardegna nel canto a

tenore. E’ una tecnica che si basa su dati percettivi ancora poco

conosciuti, le cui cause sono contenute nel timbro vocale, che è la

variabile principale giacché l’altezza può rimanere stabile durante il

brano.

- interferenze e altezza residuali. E’ una tecnica di produzione di

effetti acustici combinando più voci. E’ il caso della polifonia

religiosa sarda in cui gli armonici delle quattro voci si combinano e si

rinforzano vicendevolmente per produrre un’unica voce, detta

quintina. Tale tecnica è utilizzata anche nei canti religiosi polifonici

dei monaci tibetani in cui l’interferenza fa percepire note virtuali,

come i suoni differenziali per sottrazione o addizione.

- period doubling. Il meccanismo consiste nel far vibrare, durante

una normale emissione di voce, la struttura oro-faringea secondo

una periodicità dimezzata rispetto a quella delle corde vocali, così

producendo un suono all’ottava inferiore del fondamentale, che si

sovrappone a quest’ultimo in maniera udibile. Si tratta di un vero e

proprio sdoppiamento della voce la cui origine fisiologica resta

ancora da precisare. E che, secondo Bernard Lortat-Jacob si può

spiegare utilizzando l’anatomia della laringe, con l’intervento delle

pieghe vestibolari (o ventricolari) o false corde vocali. Queste sono

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due lamine membranose laterali situate al di sopra e da ogni lato

delle corde vocali: sono flessibili e quindi suscettibili di vibrare sotto

l’effetto dell’aria. Quando sono adeguatamente distese, vibrano in

accordo con queste ultime eseguendo un movimento pendolare due

volte più lento cosicché il suono diventa più grave, un’ottava sotto la

fondamentale. Questa tecnica è perfettamente padroneggiata dalla

voce di bassu nella polifonia sarda a tenore, che mette in gioco un

doppio sistema che il cantante deve saper controllare. Talvolta la

periodicità secondaria non è più lunga del doppio bensì del triplo e

allora si sente distintamente un suono alla 12° inferiore del

fondamentale. Tale tecnica viene utilizzata dalle donne Xhosa

dell’Africa meridionale come mezzo per ottenere certe pregiate

tessiture gravi.

- eccitatore esterno o interno (canto difonico):

esterno: le cavità orofaringee, responsabili delle modificazioni dello

spettro del suono primario, possono essere messe in vibrazione

anche da altri eccitatori esterni, come una corda, un bastoncino, una

linguetta (lo scacciapensieri) etc. L’eccitatore, sotto la spinta della

voce, genera uno spettro omogeneo, ricco di armonici di altezza

determinata e di debole intensità ma il cui abbinamento con il

condotto orofaringeo genera a sua volta distorsione dello spettro

eccitatore, cioè crea delle formanti dipendenti dalla frequenza

propria del condotto , rendendolo più sonoro. La variazione del

volume della bocca genera una variazione del timbro prodotto.

Questi mutamenti sono così importanti da produrre l’impressione di

cambiamenti di altezza, e creano così l’illusione di un gioco

melodico.

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Interno: è la lingua arrotolata contro il palato che, muovendosi,

cambia il volume della cavità orale e quindi la frequenza delle

formanti. In pratica funziona come un selettore di frequenze.

Muovendo la lingua in avanti per discendere la scala e viceversa, è

possibile modificare molto precisamente la dimensione della cavità

orale e accordare le risonanze sopra una armonica della vibrazione

delle corde vocali, la cui ampiezza aumenta in misura considerevole.

Si percepiscono così due suoni pur avendone le corde vocali emesso

uno solo, con una sola frequenza: sono i cambiamenti del timbro

che inducono a percepire una modifica dell’altezza come fossero

due suoni diversi ( canto difonico).

Questo canto è tipico dei monaci tibetani e dei cantori della

Mongolia e della Tuva (Siberia).

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BIBLIOGRAFIA

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Giovanni Rossi. Manuale di Otorinolaringoiatria. 1983. Minerva

Medica Torino

Giulio Chiarugi. Istituzioni di Anatomia dell’uomo vol III°. 1965.

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Bernard Lortat-Jacob. L’improvisation dans les musiques de

tradition orale. 1987. Parigi

Jean- Claude Risset. Il timbro. Da L’Enciclopedia della Musica. 2006.

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