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INTERVISTA A GIOVANNI SICILIANO “È tempo di tornare a fare politica tra la gente” Giovanni Siciliano LE INTERVISTE IMPOSSIBILI Pantaleo Ingusci e il b aby podestà LIVIO ROMANO a pagina 5 I LUOGHI RITROVATI La Spunnulata te la Pajara RAFFAELE ONORATO a pagina 10 la lezione del PaSSaTo e la Sfida del PReSenTe di LUCIANO TARRICONE I l passato è una terra straniera? Parafrasando il titolo di un libro di Gianvito Carofi- glio e guardando le fotogra- fie di alcune riunioni di neo formazioni politiche che aprono sedi e coordinamenti a Nardò si direbbe che non solo è una terra conosciutis- sima, ma che in realtà l’oro- logio della storia politica soprattutto è fermo e non ha, in realtà, alcuna Speranza di rimettersi in moto. La Maiuscola di speranza non è un refuso, ma nel ri- chiamare la presenza del- l’esponente ex dem alla inaugurazione del circolo del neo partitino di D’Alema e co, vuole dire di come nel suo piccolo Nardò, a sini- stra, più che come laborato- rio di confronto e costruzione di alternative al populismo che avanza, sia emblema e testimonianza di un deja vu di esperienze che si sperava abbandonate. E invece persistono e resi- stono una dimensione e una concezione della politica in cui la regola è quella della difesa del Gruppo per ga- rantire la sopravvivenza degli apparati tanto nelle lo- giche quanto nelle persone. CONTINUA A PAGINA 4 La Voce di Nardò PERIODICO INDIPENDENTE DI INFORMAZIONE CITTADINA • ANNO XXXIX • DICEMBRE 2017 1,50 “... abbiamo un sogno disperato, l’anima corrosa da idee favolose...” COPIA OMAGGIO A poco più di tre mesi dalle elezioni politiche (sempreché venga confermata la data del marzo 2018) azzardare un pronostico, non tanto sulla vittoria di questo o quel raggruppamento quanto sulla formazione di un qualunque governo, appare impresa assai ardua e, comunque, sicuramente prematura. Stando agli immancabili sondaggi, il PD mostra flessioni preoccupanti - in linea con il risultato della Sicilia - i grillini non sembrano, allo stato, in grado di schiodarsi dal 25-27% del quale sono accreditati, e Forza Italia recupera in termini assoluti e, soprattutto, rispetto alla per- centuale accreditata alla Lega (13%) viaggiando, sembra, spedita- mente verso la soglia del 20%, insperata persino dai più ottimistici viatici dei berluscones. Questi numeri, da assumere necessariamente con grande cautela, sembrano comunque derivare dal combinato di- sposto delle performances - positive o negative - delle scelte sinora effettuate dalle formazioni che si fronteg- giano e dai prevedibili effetti di una legge elettorale molto più simile a un ircocervo che ad uno strumento utile a certificare i nuovi equilibri che si affermeranno dopo il voto. Partiamo proprio dalla valutazione del cosid- detto rosatellum e dalle sue conseguenze più probabili. Si è detto sino alla noia che i meccanismi elettorali concepiti dall’ac- cordo tra PD, Forza Italia, Lega e talune forze minori non consenti- ranno, quasi certamente, di conoscere la sera delle elezioni chi potrà formare un governo e con quale maggioranza e chi, viceversa, sarà sicuramente fuorigioco rispetto a questa aspettativa. CONTINUA A PAGINA 11 LE PICCONATE di Gongolo Sorry seems to be the hardest word DON ANGELO CORVO SCRIVE ALLA FIGLIA DI RIINA - A PAG. 3 Allarme bullismo dai banchi al Web A PAGINA 8 INTERVENTO DEL DOTT. PIETRO DURANTE Quando andavamo in via Duomo A PAGINA 8 Caritas diocesana Una presenza attiva A PAGINA 9 INTERVISTA A GREGORIO MANIERI Violenza alle donne Rompere il silenzio A PAGINA 9 INTERVENTO DI MARIA LUCIA ROCCA La spada del Re RAFFAELE ONORATO A PAGINA 10 Ostacoli e cambiamento A PAGINA 11 INTERVENTO DI FERNANDO FIORITO La vera ricetta dei “Purciddhruzzi” MASSIMO VAGLIO A PAGINA 12 IL RACCONTO DI NATALE Fu così che accadde ANDREA BACCASSINO a pagina 11 IL ROSATELLO E... UN PO’ D’UVA DAL SALENTO P er le feste natalizie giungano a voi il cordiale pensiero e la parola d’augurio del Vescovo. Diversa- mente da altre, questa ricorrenza cri- stiana ha pure una forte risonanza esteriore. Possiamo considerarla con simpatia, se porta con sé anche occasioni di gioia e serenità soprattutto nella fami- glia. Noi cristiani, tuttavia, dobbiamo do- mandarci: dov’è il Natale? È fuori di noi? Penso che sia piuttosto dentro di noi. Angelo Silesio, un mistico tedesco del Seicento, ha scritto: «Se mille volte na- scesse Cristo a Betlemme, ma non in te, allora tu sei perduto per sempre» (Il pel- legrino cherubico: I, 61). Il mio augurio diventa, allora, un invito a interiorizzare questa festa. A chi mi do- mandasse cos’è il Natale, direi ch’è an- zitutto memoria. A Natale noi facciamo memoria della venuta del figlio di Dio nella nostra storia in una vera umanità: è nato da Maria, la Vergine. Perché si tratta di una presenza storica, di essa dobbiamo considerarne anche le moda- lità. Il Signore, infatti, per «abitare in mezzo a noi» ha scelto la condizione non della potenza ma della fragilità; non della ricchezza ma della povertà. Da que- sto punto di vista, allora, Natale non è solo una memoria ma anche una voca- zione: a cercare gli uomini e le donne del nostro tempo allo stesso modo che noi siamo stati cercati e amati da Dio. Un Prefazio italiano per il tempo d’Avvento, dopo avere ricordato la duplice venuta del Signore (la sua nascita a Betlemme nell’umiltà e la sua seconda venuta nella gloria), aggiunge: «Ora egli viene incon- tro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testi- moniamo nell’amore la beata speranza del suo regno». Tra la venuta del passato e quella futura c’è, dunque, l’arrivo di Gesù nel presente, nell’oggi ed è così che, oltre a essere memoria e vocazione, Na- tale è pure incontro. È un incontro che re- clama un riconoscimento del Signore nell’ignudo, nell’infermo, nell’affamato, nel prigioniero… (cfr Matteo 25). La cosa è decisiva, se vogliamo che Natale sia davvero una festa per tutti! Il «po- vero», infatti, è accessibile a credenti e a non. Diventa, quindi, possibile incontrare Gesù partendo sia da un «centro» di fede, sia da una «periferia» d’umanità. S. E. Mons. Marcello Semeraro Di origini salentine, Monsignor Marcello Se- meraro è vescovo di Albano e segretario del "C9". La Voce è onorata di ospitare, come in altre occasioni, il Suo messaggio augurale. Santo Natale tra memoria e speranza Luciano Barbetta Alfredo Sanasi Silvia Civilla Maria Luisa Tacelli Come si vive a Nardò? Si potrebbe stare meglio, e come fare? A queste e ad altre domande hanno risposto l’imprenditore Luciano Barbetta, l’attrice e regista Silvia Civilla e i docenti Alfredo Sanasi e Maria Luisa Tacelli. Dai nostri ospiti sono arrivati tanti apprezzamenti ma anche critiche e soprattutto l’invito a una maggiore socia- lità per migliorare la qualità della vita... IL SERVIZIO ALLE PAGINE 2 E 3 FOCUS/Il difficile passaggio da paese a città. Sette domande a quattro osservatori “Più amore per la nostra Nardò” L’INTERVISTA A PAGINA 4 ALLE PAGINE 6 E 7

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INTERVISTA A GIOVANNI SICILIANO

“È tempo di tornare a fare politica tra la gente”

Giovanni Siciliano

LE INTERVISTE IMPOSSIBILI

Pantaleo Inguscie il baby podestà

LIVIO ROMANO a pagina 5

I LUOGHI RITROVATI

La Spunnulatate la PajaraRAFFAELE ONORATO a pagina 10

la lezione

del PaSSaTo

e la Sfida

del PReSenTe

di LUCIANO TARRICONE

I l passato è una terrastraniera?Parafrasando il titolo di

un libro di Gianvito Carofi-glio e guardando le fotogra-fie di alcune riunioni di neoformazioni politiche cheaprono sedi e coordinamentia Nardò si direbbe che nonsolo è una terra conosciutis-sima, ma che in realtà l’oro-logio della storia politicasoprattutto è fermo e non ha,in realtà, alcuna Speranza dirimettersi in moto.La Maiuscola di speranzanon è un refuso, ma nel ri-chiamare la presenza del-l’esponente ex dem allainaugurazione del circolodel neo partitino di D’Alemae co, vuole dire di come nelsuo piccolo Nardò, a sini-stra, più che come laborato-rio di confronto ecostruzione di alternative alpopulismo che avanza, siaemblema e testimonianza diun deja vu di esperienze chesi sperava abbandonate.E invece persistono e resi-stono una dimensione e unaconcezione della politica incui la regola è quella delladifesa del Gruppo per ga-rantire la sopravvivenzadegli apparati tanto nelle lo-giche quanto nelle persone.

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La Voce di NardòPERIODICO INDIPENDENTE DI INFORMAZIONE CITTADINA • ANNO XXXIX • DICEMBRE 2017 € 1,50

“... abbiamo un sogno disperato, l’anima corrosa da idee favolose...”

COPIA OMAGGIO

Apoco più di tre mesi dalle elezioni politiche (sempreché vengaconfermata la data del marzo 2018) azzardare un pronostico,non tanto sulla vittoria di questo o quel raggruppamento

quanto sulla formazione di un qualunque governo, appare impresaassai ardua e, comunque, sicuramente prematura.Stando agli immancabili sondaggi, il PD mostra flessioni preoccupanti- in linea con il risultato della Sicilia - i grillini non sembrano, allostato, in grado di schiodarsi dal 25-27% del quale sono accreditati, eForza Italia recupera in termini assoluti e, soprattutto, rispetto alla per-centuale accreditata alla Lega (13%) viaggiando, sembra, spedita-mente verso la soglia del 20%, insperata persino dai più ottimisticiviatici dei berluscones. Questi numeri, da assumere necessariamentecon grande cautela, sembrano comunque derivare dal combinato di-sposto delle performances - positive o negative - delle scelte sinora

effettuate dalle formazioni che si fronteg-giano e dai prevedibili effetti di una leggeelettorale molto più simile a un ircocervoche ad uno strumento utile a certificare i nuoviequilibri che si affermeranno dopo il voto.Partiamo proprio dalla valutazione del cosid-detto rosatellum e dalle sue conseguenze piùprobabili.Si è detto sino alla noia che i meccanismi elettorali concepiti dall’ac-cordo tra PD, Forza Italia, Lega e talune forze minori non consenti-ranno, quasi certamente, di conoscere la sera delle elezioni chi potràformare un governo e con quale maggioranza e chi, viceversa, saràsicuramente fuorigioco rispetto a questa aspettativa.

CONTINUA A PAGINA 11

LE PICCONATE di Gongolo

Sorry seems to bethe hardest wordDON ANGELO CORVO SCRIVEALLA FIGLIA DI RIINA - A PAG. 3

Allarme bullismodai banchi al WebA PAGINA 8 INTERVENTO

DEL DOTT. PIETRO DURANTE

Quando andavamoin via Duomo

A PAGINA 8

Caritas diocesanaUna presenza attiva

A PAGINA 9 INTERVISTAA GREGORIO MANIERI

Violenza alle donneRompere il silenzio

A PAGINA 9 INTERVENTODI MARIA LUCIA ROCCA

La spadadel Re

RAFFAELE ONORATOA PAGINA 10

Ostacoli e cambiamentoA PAGINA 11 INTERVENTODI FERNANDO FIORITO

La vera ricettadei “Purciddhruzzi”

MASSIMO VAGLIOA PAGINA 12

IL RACCONTO DI NATALE

Fu cosìche accaddeANDREA BACCASSINO a pagina 11

IL ROSATELLO E... UN PO’ D’UVA DAL SALENTO

P er le feste natalizie giungano a voiil cordiale pensiero e la parolad’augurio del Vescovo. Diversa-

mente da altre, questa ricorrenza cri-stiana ha pure una forte risonanzaesteriore. Possiamo considerarla consimpatia, se porta con sé anche occasionidi gioia e serenità soprattutto nella fami-glia. Noi cristiani, tuttavia, dobbiamo do-mandarci: dov’è il Natale? È fuori dinoi? Penso che sia piuttosto dentro di noi.Angelo Silesio, un mistico tedesco delSeicento, ha scritto: «Se mille volte na-scesse Cristo a Betlemme, ma non in te,allora tu sei perduto per sempre» (Il pel-legrino cherubico: I, 61). Il mio augurio diventa, allora, un invitoa interiorizzare questa festa. A chi mi do-mandasse cos’è il Natale, direi ch’è an-

zitutto memoria. A Natale noi facciamomemoria della venuta del figlio di Dionella nostra storia in una vera umanità:è nato da Maria, la Vergine. Perché sitratta di una presenza storica, di essadobbiamo considerarne anche le moda-lità. Il Signore, infatti, per «abitare inmezzo a noi» ha scelto la condizione nondella potenza ma della fragilità; nondella ricchezza ma della povertà. Da que-sto punto di vista, allora, Natale non èsolo una memoria ma anche una voca-zione: a cercare gli uomini e le donne delnostro tempo allo stesso modo che noisiamo stati cercati e amati da Dio. UnPrefazio italiano per il tempo d’Avvento,

dopo avere ricordato la duplice venutadel Signore (la sua nascita a Betlemmenell’umiltà e la sua seconda venuta nellagloria), aggiunge: «Ora egli viene incon-tro a noi in ogni uomo e in ogni tempo,perché lo accogliamo nella fede e testi-moniamo nell’amore la beata speranzadel suo regno». Tra la venuta del passatoe quella futura c’è, dunque, l’arrivo diGesù nel presente, nell’oggi ed è così che,oltre a essere memoria e vocazione, Na-tale è pure incontro. È un incontro che re-clama un riconoscimento del Signorenell’ignudo, nell’infermo, nell’affamato,nel prigioniero… (cfr Matteo 25). Lacosa è decisiva, se vogliamo che Natalesia davvero una festa per tutti! Il «po-vero», infatti, è accessibile a credenti e anon. Diventa, quindi, possibile incontrareGesù partendo sia da un «centro» di fede,sia da una «periferia» d’umanità.

S. E. Mons. Marcello Semeraro

Di origini salentine, Monsignor Marcello Se-meraro è vescovo di Albano e segretario del"C9". La Voce è onorata di ospitare, come inaltre occasioni, il Suo messaggio augurale.

Santo Nataletra memoriae speranza

Luciano Barbetta

Alfredo Sanasi

Silvia Civilla

Maria Luisa Tacelli

Come si vive a Nardò? Si potrebbe staremeglio, e come fare? A queste e ad altredomande hanno risposto l’imprenditoreLuciano Barbetta, l’attrice e regista SilviaCivilla e i docenti Alfredo Sanasi e MariaLuisa Tacelli. Dai nostri ospiti sono arrivatitanti apprezzamenti ma anche critiche esoprattutto l’invito a una maggiore socia-lità per migliorare la qualità della vita...

IL SERVIZIO ALLE PAGINE 2 E 3

FOCUS/Il difficile passaggio da paese a città. Sette domande a quattro osservatori

“Più amore per la nostra Nardò”

L’INTERVISTA A PAGINA 4

ALLE PAGINE 6 E 7

2 La Voce di Nardò

Inizia negli anni Set-tanta la storia im-prenditoriale di

Luciano Barbettache con la moglieIleana, dopo una

breve esperienza inpiccole realtà delsettore artigiano,

decide di intrapren-dere una nuova sfida

appassionante:aprire una piccola impresa per confezio-nare articoli in jersey di elevata manifat-tura. Con il passare degli anni, l’azienda

mette in luce le proprie qualità, specializ-zando sempre più la produzione nel set-tore dell’abbigliamento di lusso e nella

fornitura di servizi alle più importanti casedi moda, affiancandole nella realizzazionedel prodotto in tutte le sue fasi. Luciano

Barbetta ha puntato sull’investimento e laformazione continua delle risorse umane.Un fattore che ha permesso all’azienda dimigliorare e sviluppare nuove e più ap-

propriate conoscenze e, allo stessotempo, ha consentito l’acquisizione di

maggiore esperienza sia in termini di crea-tività che di know-how. Oggi la nuova

sfida nel campo dei profilati in alluminio.

1Il 2017 ha rappresentato un anno im-portante, in grado di segnare profon-

damente e in chiave positiva il percorsodella mia vita personale e lavorativa, conuna ricaduta benefica, ritengo e auspico,sul mio territorio d’appartenenza e per lamia gente. Si tratta della faticosa realiz-zazione di un progetto industriale av-viato da pochissimo e relativo a unimpianto di trafileria di profilati di allu-

minio con una pressa di estrusione da1800 tonnellate di spinta. Un lavoro disquadra condiviso e partecipato nel qualeho investito molto, prima di tutto in ter-mini di energie, tenendo sempre presenteche l’impresa sia un bene comune dapreservare e tutelare. Non posso sotta-cere l’emozione che mi ha pervaso nelvedere realizzato questo importante pro-getto che vede la luce qui a Nardò.

2Amo molto Nardò. È la città dove hovissuto e vivo con la mia famiglia,

dove sono nati tutti e tre i miei figli edove ho lavorato con ardore e passioneintessendo importanti relazioni amicali eprofessionali, pur sentendo sempre il bi-sogno di spostarmi altrove per attingereal nuovo e aprirmi al confronto. Nardò deve ancora crescere, cultural-mente ancor prima che economicamente.È la cultura che innesca processi virtuosidi crescita, è la cultura che stimola l’in-novazione e la creatività, presupposti im-prescindibili per lo sviluppo.Vedo fiorire alcune iniziative culturalipregevoli promosse prevalentemente daprivati e questo mi lusinga, ma credo cheil tema della cultura e delle sue implica-zioni su più fronti, debba essere presosempre più a cuore da amministratori at-tenti e sensibili.

3Sia il tessile che il turismo sono i duesettori che, per cultura e tradizione il

primo e per posizione geografica il se-condo, possono dare le maggiori possi-bilità. Non sono logicamente gli unici, inostri giovani possono accarezzare me-glio l’idea di diventare essi stessi im-prenditori in settori tradizionali comel’agricoltura dove c’è tanto da fare, ribal-tando perciò l’idea errata che Nardò,

città da sempre vessillo del lavoro traspa-rente e legale sia invece covo di sfrutta-tori e di malaffare del settore; guardarecon interesse ad altri settori della neweconomy e a nuove attività innovative. Prima di tutto però è necessario puntaresulla formazione la parola chiave perfronteggiare lo spettro della disoccupa-zione giovanile è infatti “formazione”. Oggi più che mai servono scuole in gradodi accompagnare i ragazzi nel percorsopiù difficile, quello dell’inserimentoaziendale. Purtroppo la nostra nazione èancora avviluppata nella fitta nebbia diuna profonda quanto difficile crisi econo-mica. Non dimentichiamoci, inoltre, cheè proprio nei periodi di crisi che si met-tono in moto processi virtuosi di cambia-mento. Dobbiamo puntare sui giovani esulla loro qualificazione professionale.Nardò, città ammirevole, prestigiosa edaffascinante, guardata con rispetto dal-l’intero Salento, deve proporsi per esseresede di importanti iniziative post diplomache aiutino i giovani ad inserirsi nelmondo del lavoro (Istituti tecnici supe-riori, Istituti tecnici specialistici).

4Vi sono focolai di ripresa, di atten-zione per il bene comune... ancora

pochi per la verità. Basterebbe partire dae con una coscienza nuova, quella del ri-spetto per ciò che abbiamo, per ciò checi hanno tramandato i nostri avi, pren-dersi cura dell’immenso patrimonio sto-rico e artistico di cui disponiamo.Arranchiamo in questo a causa di una su-perficiale lentezza che contraddistingueil nostro modo di agire, a causa di una in-capacità nel saper valorizzare ciò che ab-biamo, di cui già disponiamo per doteacquisita. Gli spazi di verde sono ancoracarenti. Il centro storico resta, invece ed

incontrastabilmente, una autentica puntadi diamante per l’intero Salento. Sulla viabilità abbiamo fatto molti pro-gressi ma per una cittadina maestosa edelegante come la nostra si può e si devefare di più. Credo che le istituzioni do-vrebbero essere più vicine alle aziendeper comprendere il valore dello sforzo dichi si adopera per creare lavoro ed af-fiancare quotidianamente questo per-corso di crescita che non può rimanere ilpercorso di singoli individui, perché,come ho detto, l’impresa è bene comunee non patrimonio dei singoli.

5Nessuna dicotomia, nessuna antitesi.Gli uni funzionali agli altri, parte di

un unico ceppo, di una pianta in continuorinnovamento. Il punto è, come sempre,trovare il giusto equilibrio. I giovani oggihanno bisogno di riferimenti affidabili,di valori da sposare e in cui credere,ancor prima di esempi, modelli a cuiispirarsi. I vecchi devono essere pronti,invece, e disponibili ad accettare il cam-biamento, a fare spazio al nuovo che in-cede e non restare ancorati a vecchisistemi di lavoro e di comunicazione, de-vono portare la loro esperienza a serviziodelle nuove leve per permettere una con-tinua innovazione basata appunto sullaloro pluriennale esperienza

6Quanto ai pregi: grande generosità,grande cuore e una profonda e auten-

tica sensibilità. Quanto ai difetti poco di-namismo e critica spesso distruttiva.

7Auguro per il nuovo anno che labuona volontà si radichi sempre più e

si fortifichi nelle menti e nel cuore ditutti, con la volontà si superano tantecose e talvolta anche gravi malattie.

Attrice e regista, la-vora nel teatro ra-gazzi da più di 25

anni, con grande at-tenzione e sensibi-

lità verso il mondo ela condizione del-

l’infanzia. Nel 1983frequenta la Scuola

Internazionale diTeatro diretta da

Jacques Lecoq (Pa-rigi) e nel 1985 si diploma all’Ecole des

Buffons di Serge Martin (Parigi). Dal 1984 al 1988 lavora come attrice

nella Compagnia Teatrale Koreja. Nel 1989 fonda il Teatro Anteo iniziandoanche una serie di interventi didattico-

teatrali all’interno delle scuole. Nel 1999fonda TerramMare Teatro. Dal 2008 curaanche la direzione artistica e organizza-

tiva del Teatro Comunale di Nardò.

1Ogni anno è sicuramente unico, comelo sono i giorni, ma tutto sembra an-

dare così veloce, che le cose che a volteprogrammiamo di colpo sono vicine e tisembra sempre di non aver abbastanzatempo. Questo 2017 è stato un anno fa-ticoso pieno di progetti, di sogni e ditante aspettative. È l’anno in cui è natala nuova produzione di Terrammare”L’Arca” con Marco Alemanno. Dopo ilprecedente lavoro, intitolato Ri-fiuto ededicato alla raccolta differenziata e alproblema dei rifiuti abbandonati in malomodo, abbiamo voluto toccare un temadelicato come il rispetto e la tutela di unodei beni più preziosi in natura: l’acqua!Ogni spettacolo che nasce è un avveni-

FOCUS/Luciano Barbetta, Silvia Civilla, Alfredo Sanasi e Maria Luisa Tacelli

“Nardò mia, meriti molto di più”

LUCIANO BARBETTA

Rispetto e volontàper crescere insieme

SILVIA CIVILLA

Stenta ad affermarsilo spirito di comunità

LE SETTE DOMANDEAI NOSTRI QUATTRO OSPITI

1A fine anno si fa un bilancio di esperienze individualie collettive, piccole e grandi. C’è un avvenimento del

2017 che ha suscitato in voi particolari emozioni e pen-sieri che siete disposti a condividere con i lettori de LaVoce?

2Avete scelto di vivere a Nardò. Come giudicate il li-vello di qualità della vita per ambiente, sicurezza, oc-

casioni di socialità ed eventi culturali?

3 L’economia locale, un tempo prevalentemente agri-cola, ha trovato nuovi comparti di sviluppo dal tes-

sile-abbigliamento al turismo. Quali altri settoripotrebbero dare un’occasione ai giovani e ai tanti disoc-cupati?

4È soddisfacente l’amministrazione del bene comune?Parliamo di tutela del patrimonio architettonico (centro

storico), viabilità, verde pubblico, servizi per anziani …

5 “Giovani” contro “vecchi”: dicotomia fondata o er-rata?

6 E i neretini? Quali i pregi dei nostri concittadini e idifetti più difficili da eliminare?

7Il vostro augurio per il nuovo anno?

Non si critica solo per partito preso o al fine di de-nigrare gli altri. Spesso puntare l’indice contro le

cose che non vanno è un atto di coraggio. Lo si faper affetto verso i propri figli, per il bene della fa-miglia, o della comunità della quale si è scelto di

fare parte. È questa la prima riflessione cheemerge dopo aver letto le risposte dei nostri

ospiti in questo primo confronto de La Voce diNardò. Quattro concittadini che intervengono daun osservatorio privilegiato per esperienza di vitae professionale. Vi proponiamo il loro pensiero,ringraziandoli per la cortesia e la disponibilità alconfronto, nel rispetto delle opinioni di ognuno. Sono Luciano Barbetta, imprenditore di lungo

corso; Silvia Civilla, neritina d’adozione, attrice edonna di teatro; Alfredo Sanasi, professore

emerito del Liceo Classico e Maria Luisa Tacelli,docente presso l’Università del Salento.

Buona lettura

L’attrice e regista Silvia Civilla in scena in uno dei suoi numerosi spettacoli

Luciano Barbetta in occasione dell’anniversario dei 40 anni della sua azienda con la moglie Ileana e i figli Cesare, Adele e Gaia

Maria Luisa Tacelli durante un incontro culturale a Nardò, al tavolo dei relatori con l’ex sindaco Marcello Risi

Alfredo Sanasi durante il suo intervento in occasione dell’80° anniversario della fondazione del Liceo Classico di Nardò

mento, dietro un pensiero come proteg-gere l’acqua noi sappiamo che ci sonoaltri messaggi per noi importanti che ap-partengono a noi e che poi diventanouniversali. La fretta, il tempo e il bisognodi salvarsi da un mondo che sta per es-sere travolto dall’acqua è un altro pen-siero che è sotto questo nuovo lavoro chevuole portare a ricordare tutti che dob-biamo pensare di più al nostro cuore e adun pensiero collettivo ed essere meno in-dividualisti.Noi ci sentiamo meglioquando riusciamo ad essere più creativi,quando il nostro immaginario vive maquando siamo travolti da impegni che cispostano da questo ci sentiamo cometravolti soffocati e ci dobbiamo salvarese no il rischio è di affondare, di non riu-scire a salire nell’arca insieme a tutti glianimali….L’anno in cui partono idee e tanta vogliadi fare rete in un progetto regionale trien-nale che ci ha fatto lavorare tanto e civuole portare a raccontarci nel presentee nel passato per disegnare un futuropieno di speranza.In questo periodo mi piace “chiamare”gli antenati, quelli familiari, ma anchequelli del mondo, per chiedere aiuto edevo dire che in alcuni momenti fun-ziona…

2Vivo a Nardò dal 2008, sono quasi 10anni, il teatro comunale ha scelto

me… a Nardò a volte sento che mi chia-mano la signora del teatro. Quando sonoarrivata ricordo che mi perdevo semprenelle strade, ed è una sensazione che ri-trovo in chi arriva come me. Poi ricordile strade e riconosci un territorio maahimè devo dire che è chiuso come unlabirinto. Dove c’è la sensazione cheognuno percorra la sua strada senza tro-vare un punto di incontro, dentro un pae-saggio meraviglioso, dal parco diPortoselvaggio al centro storico. Tantimondi interessanti che non si incontrano.

3Il lavoro è un concetto molto impor-tante ma è difficile pensare che una

società che è cresciuta nel consumismoriconosca il valore di questo concetto cosìarcaico. I giovani hanno perso il desideriodelle cose, hanno tutto e inserirli nel la-voro è molto difficile; spesso credono disaper fare già le cose senza aver imparatooppure hanno bisogno di avere subito ildenaro per consumare. Abbiamo perso ilvalore delle consegne, di passare i me-stieri, del sacrificio, delle difficoltà, delrispetto, abbiamo perso i maestri. Ma igiovani sono meravigliosi e aspettanonoi, e noi corriamo per dare a loro quelloche realmente non serve. Loro hanno bi-sogno del nostro tempo, quel tempo perpassare a loro le informazioni giuste perfarli innamorare di un lavoro…

4Il mondo non chiede che si creda inesso; chiede che ci si accorga di esso,

che lo si apprezzi, e che si abbia per essoattenzione e cura. Il mondo siamo noi,prendiamoci cura di noi, degli altri, delverde, degli anziani, dei bambini, del no-stro bene comune.

5Penso che i giovani ora sono controtutto: la scuola, la famiglia. C’è una

grande rabbia, dentro. Il teatro è semprestato un modo di raccontare il mondo eparlarne è importante, dare parola per

recuperare il passato e sentire che il fu-turo sarà più felice di quello che prospet-tiamo. Viviamo nell’“età dell’ansia” e avolte sono proprio i nonni a salvare igiovani. Conosco situazioni dove se nonci fosse il nonno o la nonna…Mi sembra di sentire di più una guerracon i grandi, con l’adulto troppo impe-gnato alla sopravvivenza in un mondotroppo precario dove per costruire unarelazione si cerca di trovarla attraversodei beni di consumo ma non servono acrescere ad ascoltare le emozioni e af-frontare i problemi della vita. E così ifigli rimangono figli a vita, a 30 annisono ancora con la famiglia magari lau-reati ma senza lavoro e autonomia, in at-tesa di un lavoro degno della laureapresa.

6È difficile, non sono nata in questopaese e faccio fatica a parlare di pregi

e difetti. Ma in questi nove anni un pen-siero è cresciuto: i neretini non si amanomolto tra di loro. Ci sono persone moltointeressanti ma a volte sembra che ognipersona viva in una piccola isola e nondentro una comunità.

7Un po’ di silenzio….. per ascoltaremeglio la mente, per dare vita al no-

stro pensiero artistico, alla nostra imma-ginazione e far vivere meglio le nostreemozioni, che sono anche guardare untramonto a Portoselvaggio senza aver bi-sogno del cellulare per fotografarlo…buon 2018!!!!

Alfredo Sanasi,emerito docente diLatino e Greco nelLiceo Classico diNardò Gallipoli e

Lecce, cultore inol-tre di studi storico -artistico e archeolo-

gici, in tale dire-zione ha fatto

ruotare le sue pub-blicazioni su varie ri-

viste letterarie, a partire dalla rivista diLettere e Arte “La Zagaglia” degli anni

1964-65. Successiva è la pubblicazione di"Lecce Romana" intorno al 1990 sulle te-stimonianze architettoniche e scultoreedella romanità di Lecce. In 40 anni di in-segnamento di Latino e Greco ha for-

mato culturalmente almeno duegenerazioni e negli ultimi anni i suoi

scritti sono tornati agli interessi storico-artistici sui Teatri di Lecce, sulla contessa-regina Maria d’Enghien, sul poeta QuintoEnnio, su Otranto romana e sulla carta-

pesta leccese.

1Come fa una intera comunità a cre-dere che il giovane trovato alla Lea

con un coltello nel petto sia un suicida?Neppure Nerone fu capace di trafiggersicon un pugnale, ma dovette ricorrere al-l’aiuto di uno schiavo.

2La sorte ci colloca in un certo postoe vi dimoriamo, anche se non gra-

diamo tutto di quella residenza, che pre-senta una qualità modesta per tutti gliaspetti sopra indicati.

3A parte gli aspetti innovativi sarebbeauspicabile riprendere antiche tradi-

zioni artigianali e inoltre formare inmodo serio guide turistiche specializ-zate culturalmente e storicamente.

4Ultimamente il centro storico è statoabbastanza rivalutato e curato, ma

andrebbe seguito e incrementato ilverde pubblico, in varie zone inesi-stente.

5Esiste realmente un divario notevoletra le due generazioni, ma non più

accentuato che nel resto del Paese.

6I pregi sono pochi, più numerosi i di-fetti: presunzione, ignoranza, invi-

dia, oltre a una buona dose di chiusuramentale.

7L’augurio per il nuovo anno: più ini-ziative culturali e maggiore valoriz-

zazione delle marine.

Laurea in Giuri-sprudenza all’Uni-versità di Roma la“Sapienza”. Dot-torato di ricerca indiritto canonicoed ecclesiastico

conseguito pressol’Università di Na-poli Federico II.Ricercatore di

ruolo. Professoreaggregato presso l’Università del Sa-

lento, Facoltà di Giurisprudenza. Già pre-sidente della Consulta della Cultura delComune di Nardò, attualmente presi-dente della Società di Storia patria, se-

zione di Nardò.

1Sono diventata zia per la sesta volta. Lamia nipotina si chiama Shelanie. È una

bimba bellissima e come tutti i bimbi ha ildiritto di sognare.

2Nardò è soprattutto una scelta affettiva.Ho vissuto a Roma, a Bologna e di pas-

saggio a Napoli. Non si possono fare para-goni, o forse sì. La qualità della vita inprovincia resta la migliore. La “patavinitas”fu attribuita al grande Tito Livio per cui nonci si deve certamente vergognare di sentirsiun po’ provinciali.

3Secondo me bisognerebbe potenziarequello che già c’è e, casomai, riproporlo

con formule più innovative. L’economia èfonte di ricchezza, crescita, sviluppo perònon si vive di solo pane.

4Mi pare che da qualche anno la nostrapiazza, chiusa al traffico, si sia trasfor-

mata in un luogo di incontro, culturale, lu-dico e nel quale si alimenta la socialità. Èstata una grande opera, coraggiosa, intelli-gente e lungimirante. Quello che sta acca-dendo oggi è solo una conseguenza. Primasi semina e poi si raccoglie.

5Errata. Proprio non mi piace la parolavecchio. Si dice di una cosa quando non

serve più. Forse sarebbe meglio parlare digiovani e anziani, e questi ultimi per unacerta tradizione culturale sono i “presbiteri”,coloro che custodiscono l’Agape, cioè ilcibo della salvezza. Ecco, per me gli anzianisono i testimoni del tempo e i custodi del-l’esperienza e della saggezza. Non ci pos-sono essere giovani che chiedono spazio senon si dà spazio agli anziani. È un filo con-tinuo: i giovani si smarriscono nel tempo senon seguono il filo teso da altri per loro.

6Proprio non sono capace di individuarepregi e difetti. I neritini sono come gli

abitanti di Carmiano, Veglie, Squinzano. In-dagare le caratteristiche degli abitanti di unluogo significherebbe farne il centro delmondo.

7La pace al primo posto. Il dialogo ed ilrispetto della dignità e della libertà del-

l’altro.

3DICEMBRE 2017

MARIA LUISA TACELLI

Cultura e socialitàla via dello sviluppo

ALFREDO SANASI

Più difetti che pregitra invidia e ignoranza

di don ANGELO CORVO

Lettera aperta alla signora Maria Concetta Riina, in morte delpadre Salvatore, detto Totò u’ curtu.

Gentile Signora,il titolo della canzone di Elton John dice che a volte la parola “midispiace” sembra la più difficile da dire ed era quella che tutti ci

aspettavamo, in verità, ma abbiamo avuto ben altro.Il suo invito al silenzio alla notizia della morte di suo padre, gesto legittimoin una circostanza normale, non può che essere, nel suo caso, interpretatacome un gesto molto familiare nel suo ambito mafioso. Un proverbio moltoamato nel vostro ambiente dice, infatti, “ a megghiu parola è chidda ca unsi dice”, e un altro proverbio a voi caro dice “una parola è poca e due sonotroppe”. Non se la prenda, quindi, se ci siamo un pochino infastiditi dal suo invito.Le chiedo, infatti: ha mai pensato a quante volte quel gesto l’ha compiutosuo padre nei confronti delle sue vittime?Quante volte avrà minacciato che, se trasgredito, quel silenzio sarebbe statol’anticamera della morte?Glielo ha insegnato lui a tacere, come meccanismo di difesa alla “nientevidi, niente sacciu”?Vede, gentile signora che si è alterata a scoppio ritardato, nella mente dellepersone civili, come tante fra noi, la parola è, invece, strumento di libera-zione. La parola è voce del pensiero e della memoria. E siccome da oltretrent’anni non facciamo altro che fare marce, convegni, incontri, aventicome unico tema “Per non dimenticare”, non si dispiaccia se, in questomomento, la nostra bocca si apre a sfogare la rabbia, lo sdegno, lo scandaloper come una famiglia abbia vissuto (e si sia arricchita) alle spalle di unpadre condannato a 27 (diconsi ventisette) ergastoli. Avete taciuto e ora vo-lete far tacere anche noi! Sa, noi siamo quelli che abbiamo conosciuto levittime della ferocia di suo padre. Io, personalmente, mi vanto di essereamico di famiglia di una certa Rita Borsellino, una che non ha taciuto. E sauna cosa? Persino la Sacra Scrittura, così cara a suo padre, dice Per amore di Sion non tacerò,per amore di Gerusalemme non mi darò pace,finché non sorga come stella la sua giustiziae la sua salvezza non risplenda come lampada. (Isaia 62,1)No, cara signora, io non starò zitto. E continuerò a fare memoria. Eh già,brutta parola eh? La memoria. Sarebbe bello seppellire tutto in una tomba,invece rimane lei, la memoria: indelebile, cocciuta e sempre più splendenteperche non è sporcata dal sentimento della vendetta e della ritorsione. Lei,cara signora, infatti, continuerà a vivere in un paese che, con tutti i suoi li-miti, rimane un paese civile dove persino lei può imporre di tacere. Ma quinon stiamo ad una riunione dei compagni di merenda di papà. No, qui è ilPaese civile, dove si può parlare liberamente. Mi spiace che, come sacerdote, sono costretto ad usare la parola “con-danna”. Eh sì, perchè non c’è solo quella divina che sta già facendo il suocorso (non so perché, ma credo sarà molto breve e sarà comunque troppotardi per appellarsi alla clemenza della Corte…). C’è una condanna anchequi, sulla terra. Non ricordo in quale opera di Fëdor Michajlovič Dostoev-skij (forse i Fratelli Karamazov o L’Idiota), c’è un dialogo tra due anime inattesa di destinazione. Una dice all’altra “la norma prevede che appenasaremo dimenticati potremo finalmente entrare in paradiso; ma è indispen-sabile che non si pronunci più il nostro nome”. E l’altro risponde “purtroppo per noi questo non accadrà mai,ci hanno de-dicato una via e basta che qualcuno chieda informazioni sul nome della viacol nostro nome e continueremo a restare sospesi”….Di certo non dedicheremo una via a Totò Riina (almeno spero, siamo sempreun paese dove il carnefice, purificato da qualche passaggio da BarbaraD’Urso, diviene vittima…), ma è certo che lei e i suoi familiari porteretesempre in fronte quel cognome e il ricordo di chi l’ha reso famoso. Per ge-nerazioni e generazioni: E ogni volta che sarà pronunciato, stia tranquillache il suo invito al silenzio avrà perduto ogni effetto. Non è vendetta, sichiama memoria. E quando la memoria è ricca, la profezia è audace.Cara signora Riina, mi dispiace, ma almeno io non me ne starò zitto. Alcontrario, la invito, invece, unitamente ai suoi familiari, a parlare e a libe-rarvi lo stomaco da quello che sapete e che vostro padre si è portato nellatomba. Lo dovete a tutti coloro che volevano continuare a parlare e chesono stati messi a tacere da vostro padre. Io continuerò a parlare, noi con-tinueremo a parlare. Tutti continueranno a parlare. Perché chi deciderà diubbidire al suo suggerimento sarà già diventato complice. Sulle tue mura, Gerusalemme,ho posto sentinelle;per tutto il giorno e tutta la nottenon taceranno mai. (Isaia 62, 6).Molti hanno inneggiato alla notizia della morte di suo padre pensando chein quel momento Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e gli altri (tanti,troppi) stessero festeggiando in cielo. Non è cosi, perché oltre questa vita,per chi crede, il mondo che ci attende non prevede sentimenti di odio o ran-core o esultanza per chi muore. In quel posto meraviglioso esiste solo amore.Non c’è stata alcuna esultanza. Credo che Giovanni e Paolo avranno soloalzato lo sguardo verso l’Unico in grado di giudicare e, per quanto uma-namente possa sembrare inaccettabile, abbiano chiesto per suo padre sem-plicemente pietà. Perchè certi uomini erano grandi in vita e lo sono anchedopo la morte. Pietà per chi non l’ha mai chiesta. Pietà per chi non ne hamai avuta. Pietà e ricordo. Per chi rimane. Persino per voi.

Lettera aperta a Maria Concetta Riina

Sorry seems to bethe hardest word

Giovanni Siciliano, 18 mesi di amministrazione Mel-lone, per fare che e con quali risultati?«Molto fumo poco arrosto. L’amministrazione Melloneha fatto poco e di quel poco molto era già avviato dallaprecedente amministrazione Risi: trasferimento degli uf-fici, asilo nido. Asilo nido da attribuire all’operato delsottoscritto e del consigliere regionale Blasi. E a propo-sito dell’asilo nido, è bene precisare che non è stata ri-spettata la destinazione d’uso, dal momento che l’edificioospita classi di altri Istituti scolastici al momento impra-ticabili. E non sappiamo se è stata fatta variante di desti-nazione e se la Regione ha dato nulla osta. Sullasuperficialità e sulla mancanza di risultati dell’ammini-strazione Mellone potrei riempire pagine e pagine, misoffermo su due esempi. Si è sbandierata l’apertura di un“reparto ospedaliero” mentre si trattava solo dell’attiva-zione o meglio del potenziamento di un servizio già esi-stente; si parla di “chiusura” definitiva della discarica; siparla della risoluzione del problema dello scarico dei re-flui… si parla… e basta. Quello che manca veramente èla programmazione. Tutto viene ridotto a spettacolo gra-zie, questo lo riconosco, a un efficiente apparato comu-nicativo. Che spesso fa acqua. Se si va sulla paginaFacebook del sindaco Mellone il 3 ottobre lo si vede ri-tratto in uno dei suoi soliti selfie sul cantiere del palaz-zetto dello sport con tanto di casco protettivo. Ebbeneannuncia: a fine mese i lavori saranno conclusi. Il palaz-zetto, forse, sarà agibile solo a fine anno». Mellone aveva promesso la “rivoluzione”, e la “rot-tamazione” della “vecchia” classe politica e invece ha“imbarcato” Vaglio, Natalizio, Dell’Angelo Custodeed altri, ha sostituito ben quattro assessori. Perché?«Rivoluzione, rottamazione? Chiacchiere! La presenzain maggioranza di Vaglio, Natalizio, Dell’Angelo Cu-stode e altri lo dimostrano. Ricordo che Mellone, incampagna elettorale, aveva raffigurato la politica ne-retina come un mostro a tre teste: Risi, Vaglio, Maglio.Ebbene Mellone governa con Vaglio che ricordiamo èstato sindaco di Nardò per circa tredici anni. Ergo Mel-lone governa con uno dei “mostri” che a suo parerehanno “distrutto” Nardò. Aggiungere altro sarebbecome sparare sulla Croce Rossa. La sostituzione degliassessori, che a mio parere non è finita, è stato per Mel-lone il dazio da pagare ai transfughi. Non ritengo cheabbia fatto dei grandi acquisti con le sostituzioni oltread aver “umiliato” persone che non lo meritavano as-solutamente e alle quali doveva essere solo grato perchése è sindaco lo deve a loro». De Tuglie e la Sarparea, due storie, due percorsi cheribaltano una storia di coerenza...«Non voglio infierire su De Tuglie, anzi spezzo una lan-cia in suo favore. Ritengo che sia stato estromesso dallagiunta per la sua coerenza, per non aver firmato la deli-bera su Sarparea. L’incoerenza è solo di Mellone checome ben sappiamo da consigliere di opposizione eracontrario al “Resort Sarparea” e da sindaco deve essererimasto “fulminato” dalla “lady”. Né riesco a compren-dere quali saranno i vantaggi per Nardò». Dal piano coste sovradimensionato alla cementifica-zione della Sarparea... sembra che Nardò non riescaa trovare una propria strada verso un futuro di svi-luppo turistico stabile e sostenibile. Ci salverà “l’idro-volante Nardò-Corfù”?«Invece dell’idrovolante sarebbe stata preferibile unamongolfiera. Battuta a parte, io spero, ma non credo, chequesto progetto avrà successo. Anche perché vi sonomolti punti che si dovrebbero chiarire. Ad esempio

quando l’idrovolante ammarerà e poi ripartirà lo spec-chio di mare interessato dovrà essere necessariamenteinterdetto alla balneazione e navigazione: chi provve-derà? Sicuramente non risolverà i nostri problemi. Il tu-rismo è una delle fonti principali dell’economia neretina.Ritengo che non sia utilizzato come converrebbe. Non èfacile. Dovremmo prendere esempio da realtà comeOtranto dove molti anni fa definirono il fabbisogno turi-stico in relazione al territorio. Noi non siamo stati capacidi programmare, talvolta improvvisiamo. Dovremmoutilizzare al meglio il Parco di Portoselvaggio. Creareservizi non significa danneggiare la natura. Svilupparel’idea di centro storico come albergo diffuso. Ma è ne-cessaria molta attenzione. Non si devono considerare inostri ospiti come “polli da spennare”». Emiliano e la Capone: due variabili impazzite perla politica a Nardò. Le sembra corretto il loro mododi approcciarsi alle problematiche neretine e del Pdneretino?«Il presidente Emiliano e l’assessore Capone, entrambidel Pd, non stanno avendo un comportamento correttonei confronti degli elettori neretini di Centro-sinistra edel Pd in particolare. Non mi addentro nei rapporti cheintercorrono tra Mellone e i due esponenti politici. Sivedrà… Mi auguro che questi atteggiamenti non portinopossibili elettori del Pd ad allontanarsi. Sarebbe una gra-vissima responsabilità».Dov’è l’opposizione, quale strategia per ritrovare unaidentità?«L’opposizione c’è. Deve raccordarsi meglio e cercaredi non commettere errori riscontrabili nella politica na-zionale. È necessario capire e risolvere i problemi realidella gente. È fondamentale “uscire” dalle segreterie deipartiti e associazioni e tornare per “strada”. Ritengo op-

portuno individuare quanto prima la persona che dovràguidare alle prossime comunali il Centro-sinistra. Il fu-turo candidato sindaco del Centro-sinistra dovrà saperparlare alla gente e, soprattutto, cercare di riavvicinare efar tornare al voto le migliaia di elettori che hanno diser-tato le urne per sfiducia nella politica. Si ricordi che Mel-lone è stato eletto sindaco con la percentuale più bassadal 1994 a oggi. Il tempo scorre veloce. Niente persona-lismi e/o primogeniture». Lei ha sempre professato “libertà di azione” e “manilibere” in politica, ha praticamente “militato” in tuttii partiti e movimenti di sinistra, centro e destra. Pra-ticamente un “voltagabbana”. Ergo è sempre statoanche lei un “né né” e Mellone e Andare Oltre sonoun po’ “figli suoi” politicamente parlando?«Ho sempre avuto le mie idee che hanno le loro basinegli insegnamenti di don Sturzo e De Gasperi ma spessomi sono trovato in conflitto con le politiche praticate daipartiti tradizionali o meglio dalle persone che li rappre-sentavano. Questo mi ha portato a fare a volte scelte“controcorrente” e “scoprire” il “civismo”. So che spessosono stato considerato un “voltagabbana”, anche La Vocemi ha criticato duramente. Ma non mi ritengo tale. Hocercato di improntare la mia azione politica insieme aitanti amici con i quali ho condiviso un percorso di oltreventi anni scegliendo le proposte che ritenevo rispon-denti maggiormente alle esigenze della gente. Sicura-mente ho commesso anche io errori dai quali ho cercatodi trarre insegnamenti. Ma non sono mai stato e non saròmai un “né né”. Non dirò mai “né con la destra né con lasinistra”. Ho fatto e farò sempre delle scelte. Mellone e Andare Oltre “figli” miei? No. Noi, intendoCittà Nuova, non abbiamo mai spettacolarizzato la nostraazione politica, non abbiamo mai considerato nemici i

nostri avversari politici, non abbiamo mai avuto un“capo”. Le nostre erano decisioni collegiali. Questa era la nostra forza. Vedremo quanto dureranno.Città Nuova è ancora viva». Che rimane dell’esperienza di Città Nuova, che nelbene e nel male, a seconda dei giudizi ha comunquerappresentato una pagina importante per la politicaneretina?«Città Nuova c’è stata, c’è e ci sarà. Fiera dei risultati ot-tenuti dal 1994 a oggi. Ha sempre rappresentato l’animacritica anche delle maggioranze delle quali ha fatto parte.Propositiva e critica. E’ stata ed è, anche se in manieradiversa, una esperienza entusiasmante che ha riunitoanime di varia estrazione politica che hanno cercato unasintesi per il bene della collettività. Ritengo che abbiaportato un notevole contributo alla crescita della Città.Personalmente mi ha arricchito, mi ha dato la possibilitàdi conoscere persone di grande spessore umano e moralealle quali va il mio ringraziamento». Dei vari leader di partito che ha incontrato quale l’haaffascinato di più?«Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere vari leaderpolitici. Riferendomi a quelli che hanno ricoperto e/o ri-coprono incarichi nazionali cito Casini e D’Alema. Duepersone di indiscusso valore e grande cultura. Ma, perdirla tutta, mi affascina di più Matteo Renzi. Mi piace lasua “freschezza”, la sua voglia di fare. Ha dimostratocome sindaco di Firenze, presidente della Provincia, pre-sidente del Consiglio di saper anche ben governare. Devecercare di non isolarsi troppo, di ascoltare maggiormentele persone che gli vogliono bene. Mi auguro che con luialla guida il Pd possa essere forza trainante di tutto il cen-trosinistra». La sua più grande delusione della politica cittadina?«Aver creduto in chi si è rivelato amante dell’apparire enon dell’essere. Parlo di Mino Natalizio. Non vogliosprecare troppe parole perché l’amarezza è tanta. Ri-cordo solo una sua frase pronunciata dopo la nomina adassessore nella giunta Mellone: “Sono un tecnico”. Davergognarsi».Cosa ci riserva il 2018?«Non ho la sfera di cristallo e quindi non faccio previ-sioni. Certo il futuro non è roseo. Bisognerà lavorare eduramente per ridare anzi dare un futuro ai tanti giovaniin cerca di occupazione, si dovrà porre maggiore atten-zione allo stato sociale e ai nuovi fenomeni che impe-gnano chi si occupa della “res publica” a partire da quellodei migranti. Per quello che riguarda Nardò l’augurio chesi esca da una contrapposizione dura a volte becera tramaggioranza e opposizione e si torni a un civile con-fronto nell’interesse della città. Per far questo è necessa-rio che si smetta di considerare i propri avversari politicidei nemici, la si smetta di gridare ai complotti. Si comin-cino a dare risposte. La politica non è guerra, non è avan-spettacolo. Per quello che mi riguarda mi impegneròacché questo clima insalubre si quieti. Ho fatto unascelta. Ho scelto il Pd. Cercherò di adoperami affinchèle forze politiche che si riconoscono nel centrosinistratrovino un comune denominatore e riescano a superarele loro incomprensioni così da tornare a governarequanto prima Nardò. Compito arduo. Ma le sfide difficilimi entusiasmano. A tutti i miei concittadini giungano imiei più affettuosi auguri di ogni bene».

Re. Lav.

L’INTERVISTA/Critico e pungente, striglia gli amministratori. Bastone e carota con l’opposizione

Una “Città Nuova”? Siciliano non mollaLA GIUNTA

“Rivoluzione? No, solochiacchiere e propaganda”

LA REGIONE

“Emiliano e la Caponehanno gravi responsabilità”

LA DELUSIONE

“Mino Natalizio dovrebbevergognarsi delle sue scelte”

L’OPPOSIZIONE

“Bisogna tornare a farepolitica tra la gente”

Giovanni Siciliano nell’intervista che pubbli-chiamo in questo numero dice che a Nardò esi-ste un’opposizione vitale e impegnata acostruire il nuovo.Quello che appare è davvero mortificante conmogli e figlie e parenti e affini di vecchie ca-riatidi della peggiore ortodossia comunista afare da contorno ai sopravvissuti del vecchioPCI, da Uccella ad Abaterusso.Il passato è una terra avara di insegnamenti.L’innovazione costa sacrificio, soprattutto inpolitica, dove contano le persone e l’inte-resse personale dovrebbe essere esseremesso in secondo piano, privilegiando gliobiettivi comuni che oggi significano soprat-tutto frenare la deriva populista che si insi-nua in ogni dove, sconfinando oltre ogniragionevole latitudine e travolgendo il buonsenso e l’ordinaria decenza.Come dire diversamente dalla adesione di treconsiglieri comunali, tra cui un ex sindaco,passato per esperienze multicolori, al movi-

mento scissionista, antimeridionalista, e chi piùne ha più ne metta, di Salvini, che conta sulcarrierismo politico dei soliti noti alle cronachepolitiche per essere dei voltagabbana, pronti aindossare la casacca che offra un minimo di vi-sibilità da spendere sul terreno della clientelae della mercificazione della politica ?E d’altro canto, passando da sinistra a destra,è proprio nel centro dello scenario politico eamministrativo che trova coltura il qualunqui-smo del neopopulismo.Andare oltre, tra mille contraddizioni, si eraposta come forma nuova di aggregazione po-litica e sociale.Ma il passato non è una terra straniera ancheper Mellone e compagni e così le peggiori pra-tiche sono diventate le proprie.La moneta cattiva ha scacciato la... buona.Emblema di tanto è Natalizio che al panettonenon ha rinunciato da tempo.Ma le colpe non sono solo di Mellone, perché icomportamenti politici di Emiliano e della Ca-pone hanno gettato benzina sull’incendio dellacrisi del centrosinistra neritino, contribuendo aindebolirne le radici e le possibilità di rigene-rarsi in una credibilità di fatti e comportanenticoerenti con una visione del mondo ispirata allagrande tradizione socialdemocratica.

Ma il passato è una terra straniera e varrebbenon rimetterci piede per tante ragioni.Eppure di quel passato non tutto è da buttare,come vorrebbe qualcuno che continua a con-cionare sulla vecchia politica e sulle colpe deipadri.Che quanto meno stavano tra la gente, necondividevano i bisogni, ne interpretavano leaspettative che organizzavano in progetti eprogrammi che sono, per molti versi, quelliche ancora condizionano il nostro futuroprossimo che non è detto, però, non possa es-sere cambiato, purchè lo si voglia e si abbiail coraggio.La vicenda della Sarparea ha dimostrato chemolti sono i don Abbondio.Vedremo intorno alla questione dell’opera in-compiuta, del Parco dell’Incoronata e diquanto vi ruota intorno in termini di possibilitàdi edificazione che cosa si avrà la capacità diimmaginare.Alla vigilia del 2018 le sfide concrete per la po-litica neritina non mancano.Intorno a quelle si misurerà l’impegno di questie di quelli ad essere di sinistra... di destra.O di restare immobili al centro... A guardare ilpassato che rimane terra sempre più straniera.

Luciano Tarricone

Chi meglio di un presunto “voltagabbana” di lungo corso

nei meandri della politica neritina puòtracciare un bilancio dell’insolita espe-rienza amministrativa che, nel Salento,

caratterizza la nostra Città?Forse nessuno come Giovanni Siciliano,

è in grado oggi di leggere tra le righe della politica

neritina e così gli abbiamo rivolto alcune domande, alle quali ha rispostocon la consueta franchezza e chiarezzadisvelando molti aspetti del momento

politico e amministrativo che stiamo vivendo in un passaggio storico molto

delicato per il nostro comune.Lo dice in chiusura dell’intervista

Giovanni Siciliano. Il futuro non è roseo, le ambiguità

molte. Non ultime quelle determinatedall’ibrida coalizione che sorregge Mellone che si tinge di mille colori

e si connota di mille forme come dimostra la recentissima nascita

del Gruppo degli amici della Lega di Salvini.

4 La Voce di Nardò

La lezione del passato...DALLA PRIMA PAGINA/TARRICONE

DICEMBRE 2017

Avvocato, davvero felice di incontrarla.Come se la passa quassù? Voglio dire, ok:avrà di che discutere con una folla infinitadi personalità straordinarie ma, non so, èinformato? Sa qualcosa di ciò che avvienein quella cittadina del Sud Italia che lediede i natali?Oh guardi! Infatti resto con lei pochi mi-nuti, pur felice di incontrarla. Ha dettobene, stasera andiamo a sbronzarci con CarlSchmitt.No, mi scusi eh, alla sua età può? Vogliodire, addirittura sbronzarsi. Con Schmitt,poi! Cosa avete in comune? E, la prego,non mi chiami giovanotto. Sono a un passodai cinquanta…Cioè? Lei crede che a cinquant’anni contutte le diavolerie mediche che avete inven-tato laggiù lei, signore, non sia ancora ungiovincello? Oh certo che sì, mi sbronzo, anoi non fa più male niente. E vado a cenacon Carl! Bisogna confrontarsi con quelliche la pensano in maniera opposta rispettoa noi. Sa che è un simpatico crucco, allafine? Lei ha letto Norberto?Bobbio, intende?Certo che sì. Insomma tutte quelle robe suldialogo fra la destra e la sinistra all’internodi un recinto di valori condivisi.Ho letto qualcosa, sì.Bene, e allora non si meravigli. Lo facciaanche lei, di dialogare con gli avversari.Non mi ha risposto. Sa cosa succede lag-giù? O è sempre alle prese con specula-zioni teoriche?Uffa, sì sì certo. Ci hanno dato un tablet, sichiama così? Diomio che noia! Tutti di-cono tutto e il contrario di tutto. Siete unPaese alla deriva. Non ci sono punti di ri-ferimento, valori, ideali. Pensi che l’homesso da parte da tempo, quell’affare. Quic’è tanto da imparare, altro che la vostra at-tualità.Ha detto bene. È una babele. Sa chi go-verna la sua città, avvocato?Non mi chiami avvocato. I fascisti mi im-prigionarono per due anni e quando fui li-berato mi impedirono di esercitare. Ho fattola fame vivendo solo di lezioni private.Ma va a cena con Schmitt…È un uomo tutto d’un pezzo, uno che credenello Stato, nella rappresentanza, nella tra-sparenza. Giorni fa diceva “Non c’è alcunarappresentanza se la politica si svolge in se-greto e a quattr’occhi”. Cosa ride, mi scusi?No niente. È che sono pensieri antiquati. Sifiguri! In Italia tutto avviene negli internacorporis, se intende cosa voglio dire… Mipiacerebbe raccontarle delle fregnacce chevanno contando i grillini, presente? La de-mocrazia diretta, i computer, la rete…Ho visto qualcosa. Poi alla fine decide sem-pre il capo loro, lì…Lasciamo stare i grillini? Lei svicola. Sachi governa la sua Nardò?Certo che lo so! Lì per lì ho pensato cheera ora si vedesse qualche faccia nuova.Poi mi è bastato seguirlo per un paio dimesi e mi son ricreduto. L’avete eletto, do-vete tenervelo.Su cosa si è ricreduto in particolare?Giovanotto, dobbiamo parlare di idee o diqueste figurine che si accontentano di ge-stire la quotidianità come amministratori dicondominio?Ha letto il suo Manifesto dell’Idea?Non ho mai riso tanto da che son quassù. Quest’intervista è tutto un ridere, avvocato.Ride lei e rido io.Ho letto quella cosa, ma me ne vergogno,non l’ho raccontato a nessuno. Si mischiapatria, solidarismo, rigore morale se nonrighi dritto, idee vaghissime sull’am-biente, su ’sta cosa che voi moderni chia-mate territorio, mistificazioni su destra,sinistra, come se fosse tutto un’unicapasta di pettole per Natale. Ma manca ilpunto fondamentale.

Manca il punto fondamentale, sì, lo so.E lei sa anche qual è il punto fondamentaleper un movimento che si propone di gover-nare? Lo lascio dire a lei.Da che parte stai nel conflitto industriale?Stai dalla parte dei lavoratori o da quella deipadroni? Lei mi pare uno di sinistra, do-vrebbe masticare queste questioni.Liberale, però.E non si può esser liberi senza smantellarelo Stato Sociale e i diritti di eguaglianza so-stanziale?Questi qua hanno a cuore l’uguaglianza,sa? Ora stanno dando i pacchi alimentariai poveri.Mi sta prendendo in giro? Quelle cose lìsono carità, concessioni, favori all’unicoscopo di rendersi popolare. Il diritto è unacosa davvero diversa. Ma ’sto ragazzo èambizioso vero? Ho l’impressione che velo toglierete di torno presto. È abilissimo,una vera macchina da guerra per creareconsenso sul nulla. Stia buono, fra nonmolto se ne va a Roma e amen. Piuttostolavorate a un’alternativa forte senza staresempre a litigare. Avete una vera perver-sione, voi di sinistra, per il blabla infinito.Lei si batté per Portoselvaggio.

E questo qua ha autorizzato la cementifica-zione di un uliveto secolare, so tutto. Fatele barricate, incatenatevi, smettetela di scri-vere sciocchezze sui quei telefoni portatili.Volete fare le battaglie comodamente sedutiin poltrona?Lei è simpatico. Dice di non sapere nientee sa tutto. Sa cosa mi annoia più di ogni cosa? Il suosentirsi il salvatore venuto a redimerel’umanità, o meglio quella vostra piccolaumanità neritina. Nessun rispetto per nes-suno. Tutti fiacchi, corrotti, tutto da buttare,demolire. Oh, giovanotto! Un po’ di ri-spetto. Abbiamo ricostruito l’Italia, il Sud,il Salento. Democristiani e repubblicani,socialisti e liberali, e perfino i comunisti.Altro che tabula rasa. Se la sta prendendo con me?Dicevo a lui, al giovanotto al potere, e aimolti tirapiedi. Vedo che ne conquista sem-pre più. Vecchio vizio eh? Il carro dei vin-citori ha sempre attirato molti pusillanimi.Poi ci sarebbe questa sua provenienzadall’estrema destra, le simpatie con per-soncine a modo come quelle di CasaPound…E mica è fesso! Non ha ancora capito che èastutissimo? Ho visto che adesso sbarcano

a Palazzo Personè anche i leghisti di quelfiguro osceno che risponde al nome di Sal-vini, vai col mambo!Lei scherza ancora, avvocato? Beato lei.Si rilassi. Meteore. La storia farà piazza pu-lita di loro. Ma sa, noi ora siamo laggiù e insommatanto tranquilli non siamo. Non come leiche è libero dalle passioni e dai dilemmi.Sa che Salvini dice che noi meridionali,non me ne voglia per il linguaggio postri-bolare ma in Italia così si parla oggidì,“non facciamo un cazzo dalla mattinaalla sera”?Ma chi, quel fannullone che diserta il par-lamento europeo per andare a fare il pavonein tv?Lui, sì. E fra un po’ nel consiglio comunaledella mia città qualcuno rappresenteràesattamente lui e le bestialità che dice. Pas-serà all’opposizione, naturalmente. Sia ilsindaco che i suoi amici odiano Salvini.Ne è sicuro, giovanotto?Così vanno dicendo da anni, che non sop-portano Salvini, se lei ha altre notizie me leriveli.Non ci sono più i veri fascisti di una volta!Mi faccia indagare, la chiamo, ok? Ma que-sto benedetto ragazzo, cosa ci fa a braccetto

con quel tizio, lì… il Presidente della Re-gione.

Ormai non le dico niente, tanto lei sa tutto.È un buffo individuo quell’ex magistrato,sa, giovanotto? Lei ricorda qualche misurada parte di ’sto Presidente a favore, metti,dei lavoratori precari? Da parte sua oppuredella sua bionda amica avvocatessa…

Dobbiamo andare avanti per domande re-toriche, avvocato?Oh, è nel PD. Roba da cabaret, sa? Micreda, Berlusconi era più a sinistra del capodi ’sto partito, quella specie di Frankesteinche volle metter su il prode Veltroni.

Insomma siamo d’accordo su tutto, ma alei questa faccenda del neofascismo cheavanza, dei migranti che premono alleporte, dell’Europa che paga i criminaliperché li torturino in Libia e non li lascinopartire, a lei che dal fascismo è stato per-seguitato, non fa specie?Vuol sapere la verità? Nel caso della miaNardò, no, non mi fa specie. Tranne ilfatto che il ragazzo, lì, governicchia comefosse un podestà, concede qua e là qualcheelemosina come si trattasse di sua gentilegrazia e non di diritti, prende la verità e lamanipola a suo interesse, davvero mi pareuna città aperta, solidale, e anche grazie alui, suvvia! A livello mondiale, sì, son pre-occupato. Son cavoli grossi con cui do-vrete fare i conti. Sa, quelle questioni dicui parlavamo prima, le questioni princi-pali su cui discutere e che in Italia avetedimenticato: ricchi contro poveri, lavorocontro capitale. Altro che separatismi esciocchezze variegate…

Lei è molto indulgente. A me pare una fi-gata il porticciolo per l’idrovolante, ecco,l’ho detto, per fare l’indulgente pure io.Ma cosa ride di nuovo?Mi fanno ridere ’ste parole che usate voigiovani. Una figata dice, ma come parla? Epoi vuol vedere il mio tablet? Su, facciouno strappo alla regola. Da qui si può ac-cedere a interna corporis, come li ha chia-mati, sottratti a voi mortali. Ecco, guardiqui la conferenza dei servizi. Le pare che cifosse il sindaco o chi per lui? Ma dai che ètutta una montatura pubblicitaria delle sue!Viene giù da voi il sindaco di Lovereto, di-sabile, e da Nardò neanche un portantino!Prego, visiti pure le stanze: non c’è nes-suno. Guardi che facce imbarazzate. Emica l’ha inventato lui l’apparecchio cheva a Corfù! Ci mette i soldi un riccastrogreco e ci lavora da anni una squadra dipersone che va da Gallipoli al Lago d’Iseo.Ahahahah che risate mi fa fare, giovanotto.Ha abboccato anche lei a uno dei tanti ma-nifesti propagandistici. Deve ammettereche ha una camarilla di pubblicitari davveroabile, il ragazzo.

Una camarilla, ha detto? Lei ha un lin-guaggio d’altro tempi Don Lelè. Sapessecome ci si rivolge laggiù, e anche in Con-siglio comunale. L’ultima è, come dire?,la promessa, rivolta all’avversario, di la-sciarlo sgocciolare lentamente, lui e icompari. Ricordo quell’espressione dialettale, non siazzardi a ripetermela, mi ha già intristitoabbastanza. Io adesso però devo andare daCarl, sia buono. Torni giù e si rimbocchi lemaniche, vedo su questo tablet che il suocurriculum è discreto. Faccia qualcosa perla cultura, non lasci che questi qui si inor-gogliscano per quattro ballerine che riem-piono le piazze.

E cosa posso fare, io, povero di mezzi comelei stesso in vita, avvocato, per promuoverenientemeno che la cultura?Vuole che sia franco, prima di farla accom-pagnare all’ascensore?

Assolutamente.Be’, se permette son cazzi vostri, il come.Mi stia bene, è stato un piacere. E cerchi dinon farsi vedere da queste parti prima diuna quarantina d’anni.

//////////////////////////////////// di LIVIO ROMANO ///////// ////////////////////////

Don Lelè, il baby podestà e le miserie di paese

LE INTERVISTE IMPOSSIBILI

sPantaleo Ingusci (1903-1981),avvocato, storico e antifascista,

repubblicano e protagonista della battaglia contro la lottizzazione

di Portoselvaggio è il protagonista dellaprima delle “interviste impossibili” a cura

dello scrittore Livio Romano per La Voce di Nardò.

Non appaia irriverente, ad alcuno, lo scritto di Romano, da leggere

con spirito laico, interesse letterario e di critica intellettuale.

Rientra in una tradizione che ha visto trale pagine più intriganti il ciclo di incontrid’autore messo in onda su Radio Rai

negli anni ‘70 e poi divenuto strumentod’indagine letteraria per libri, riviste,quotidiani nazionali e locali. Così Italo

Calvino “intervistò”l’uomo di Neanderthal; Umberto Eco

fece una chiacchierata con Muzio Scevola e via inventando.

Grazie alla creatività di intellettuali escrittori, della cui schiera Livio Romano è

entrato a fare parte di buon diritto, inquesto gioco di fantasia, emergono

spunti di riflessione su tante situazionisemiserie dei giorni nostri, a livello

nazionale e locale.A ben vedere è anche un modo, singo-

lare e originale, per ricordare personaggi come Pantaleo Ingusci - agli

scritti del quale La Voce ha più voltedato spazio - spesso dimenticati dai più.

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IL RAGLIO DELL’ASINELLOFATTI E MISFATTI DEL 2017

UN ANNO TUTTO DA RIDEREUN ANNO TUTTO DA PIANGERE

Questi alcuni dei manifesti affissi a firma del sindaco Mellone e dei suoi adepti sul problema dello smaltimento dei reflui ovvero volgarmente dello smaltimento della“merda”. Il 2017 è l’anno in cui Mellone e i suoi autorizzano lo scarico della “merda”di Porto Cesareo nel mare di Nardò. L’anno in cui, a parole, annunciano che lacondotta sottomarina e il conseguente scarico della “merda” in mare sarà “zero”.

Il 2017 sta per lasciarci.Un anno va, un annoviene. È tempo di bi-

lanci, personali e poli-tici. Bilanci che lasciano

il tempo che trovano. E noi, infatti, li lasciamo

fare ad altri. I trecento-sessantacinque giornitrascorsi non sono da

considerarsi, dal puntodi vista politico, tran-

quilli per la nostra Città.Un clima esasperato,

“avvelenato” dalle ve-rità distorte, dalle bugie

nell’epoca della post ve-rità, delle fake news.

Dalla voglia di apparirepiù che di essere. Dallanecessità di avere “ne-mici” da offendere pernascondere la propria

rozzezza morale e cultu-rale. Mark Twain diceva

che “Una bugia fa intempo a viaggiare per

mezzo mondo, mentre laverità si sta ancora met-

tendo le scarpe”. E diballe in questa Città se

ne sono raccontate econtinuano a raccontar-sene tante. Esporle tutteè praticamente impossi-bile. Quindi ne rappre-

sentiamo alcune, condelle immagini che sicu-

ramente danno mag-giore contezza delle sole

parole.

Queste foto, scattate il 15 dicembre 2017, testimoniano dove la “merda” venga ancora sversataovvero nel mare di Torre Inserraglio.

Questa foto evidenzia la costruzione della con-dotta che sverserà, grazie a Mellone e i suoi,la “merda” di Porto Cesareo nel nostro mare.

“Loro cambiano le casacche, noi cambiamo la Città” è uno dei tanti slogan farlocchi seguito dal solito meganifesto con il quale Mellone e i suoi propagandarono la loro “diversità” politica, il loro essere “nuovi”, la loro “purezza” nei confronti della vecchia classe politica che a loro dire avrebbe distrutto Nardò.

Il 2017 è l’anno in cui Mellone “licenzia” prima l’assessore Daniela Dell’Anna, che lo aveva accompagnatonella sua avventura elettorale costituendo uno dei volti giovani e competenti, sostituendola con la StefaniaAlbano (foto a destra) rinsaldando il legame con Antonio Vaglio, suo competitor alle elezioni, e come tuttisappiamo”volto giovanissimo” della politica neretina essendo stato per “soli” tredici anni Sindaco di Nardò.Ad agosto “licenzia” altri assessori: De Tuglie, Plantera, Tedesco.

6 La Voce di Nardò

77DICEMBRE 2017

E, in omaggio, alla“nuova politica” nominaassessore all’Ambienteun altro “volto giovane”ovvero Mino Natalizioche come “pochi”sapranno ha svolto ilruolo di consigliere comunale e assessore per circa dieci anni. Natalizio che si distingueimmediatamente per essere l’Assessoreche inaugura lo stessoMuseo, quello della Preistoria, per ben duevolte. La prima come assessore con Risi sin-daco, la seconda a distanza di poco più di un anno con Mellonesindaco. E poi in occa-sione della Festa dell’albero accompagnauna scolaresca in discarica a piantumareun “albero Natalizio”.

“Un fascista è per sempre. Prima agiva alcoperto, preferendo la notte al giorno. Haprovato con la luce e ha visto l’effetto chefaceva sfilare in corteo. Ad Ostia ha pro-seguito con una operazione simpatia, of-frendo pacchi alimentari agli sventurati.Successone elettorale! E allora ha ripresola via maestra e ieri a Como l’irruzionein un’assemblea per illustrare il decalogodel buon patriota: Ha però tenuto le mania posto. Resta l’ultimo scatto d’orgoglio:la prova del manganello. Chissà do-mani”. Così Antonello Caporale sul FattoQuotidiano del 29/11/2017 commenta i ri-gurgiti neofascisti verificatisi in Italia. Epoi l’assalto al Gruppo Repubblica daparte di Forza Nuova. Il fascismo non èmai scomparso e torna alla ribalta connuove forme mimetizzandosi camaleonti-camente tra le pieghe della società. Anchenella nostra Nardò. È del mese scorso lanotizia dell’aggressione di un giovane disinistra da parte di elementi facenti partedi movimenti della destra neofascista.Una notizia inizialmente trasmessa sui so-cial e poi venuta alla luce grazie alla Gaz-zetta del Mezzogiorno tra il silenziosconcertante del Quotidiano e di alcunisiti online che sono arrivati anche a cen-surare comunicati perché riportavano lanotizia. Se non avvilisce il silenzio dell’ammini-strazione comunale guidata da un sindacoche fa “beneficenza” affidandosi a una or-ganizzazione legata a Casa Pound preoc-cupano le dichiarazioni di personaggi “incerca d’autore” ex sinistrorsi e vendolianiche arrivano a definire “fake news” la no-tizia dell’aggressione. E parlano di “pe-staggio immaginario” e “procuratoallarme”. Si sta generando una miscelaesplosiva le cui conseguenze non sono fa-cilmente prevedibili. Sembra che si stiaperdendo la memoria. E la banalizzazionedel fascismo si fa sempre più pericolosa.

Sicuramente la bugia più grossa sparata dal sindaco Mellone e dai suoi “néné” nel 2017 è stataquella rappresentata in questi megamanifesti affissi aloro nome. E che dà certezza di quanto la loro azionesia basata sulle balle e sui barbari tentativi di mistifi-care la realtà. Si sono inventati l’apertura di un fanto-matico reparto di senologia in un ospedale che daanni non esiste più. La storia è nota. La sintetizziamo. A Nardò da anni esiste un mammo-grafo, apparecchio che permette di effettuare una in-dagine radiologica per lo screening dei tumorimammari in dotazione al Servizio di Radiologia fa-cente parte del Distretto Socio-sanitario. Apparecchioche l’ex Direttore generale della Asl voleva fosseportato a Lecce. Il sindaco dell’epoca Risi si oppose,mentre Mellone allora consigliere comunale di oppo-sizione gongolava. La spuntò Risi e il mammograforimase a Nardò. L’attuale dirigenza del DistrettoSocio-sanitario decide di potenziare il personale edaumentare le prestazioni senologiche. Ed ecco che il“néné” Mellone si inventa l’apertura del “Reparto”genuflettendosi al suo mentore Emiliano che vieneindicato come il “salvatore” di Nardò. Una balla co-lossale che non passa inosservata. Mellone viene sbugiardato ed Emiliano non presen-zia all’inaugurazione. I “néné” sbugiardati tentanouna patetica difesa tirando in ballo la chiusura del-l’Ospedale di Nardò. Vadano a studiare la storia poli-tica neretina e si accorgeranno chi ha determinato lachiusura dell’ospedale di Nardò e chi ha lottato perimpedirla. Loro no di sicuro.

Ma il 2017 è anche l’anno nel quale i giovani e meno giovani “néné” formanonuovi gruppi. E così Giuranna, Verardi e Greco già “Riprendiamoci Nardò” poi“Giovani in azione” formano il Gruppo Consiliare “Regione Salento” vicino aPaolo Pagliaro (Forza Italia); Maccagnano e Dell’Angelo Custode costituisconoil Gruppo “Fronte Democratico” che si ritrova sulle posizioni del presidentedella Regione Emiliano; annunciato, ma non ancora ufficializzato, il GruppoConsiliare “Noi per Salvini” ovvero ex Lega Nord che dovrebbe essere costituitodall’ex sindaco Vaglio, da Dell’Angelo Custode, che in tempo record abbandonaEmiliano e Alemanno. Certo che la coerenza nell’amministrazione Mellone èveramente un optional…

L’amministrazione Mellone delibera la costruzione del Resort “Oasi Sarparea” cer-tificando, qualora il ricorso presentato dal Comitato Salviamo la Sarparea non do-vesse avere esito positivo, la distruzione di uno dei luoghi più suggestivi e incantatidella nostra terra. La distruzione stessa delle nostre radici. Mellone e i suoi “ven-dono” la nostra storia per “un pugno di perline di vetro”.

lorasalento.it

8 La Voce di Nardò

SOCIETÀ/Alle radici delle forme di violenza: i costi sociali, il ruolo della scuola e della famiglia

Allarme bullismo, dai banchi al Web

Negli ultimi decenni, anche gra-zie alla risonanza data daimedia, gli atteggiamenti vessa-tori e violenti in età scolare chesi concretizzano nel fenomeno

del Bullismo, hanno acquisito una rilevanzacrescente. To bull - Il termine bullismo deriva dall’in-glese bullying, (to bull) che letteralmente si-gnifica “usare prepotenza, maltrattare,intimidire, intimorire”. Indica un fenomenorelazionale che si manifesta essenzialmentesotto forma di pressione fisica e/o psicologicamessa in atto da uno o più individui (bulli)nei confronti di un altro individuo percepitocome più debole (vittima). I segnali identificativi - In realtà possiamoconsiderare il Bullismo come un vero e pro-prio atto di violenza caratterizzato da precisisegnali identificativi. Intenzionalità: gli attidi bullismo derivano dal dolo, la volontà con-sapevole di compiere determinati atti; reite-razione nel tempo: la condotta illecita quasimai è isolata ma persistente nel tempo; asim-metria di potere: la relazione che si instauratra bullo e vittima si basa sulla diseguaglianza(fisica e/o psicologica) tra i protagonisti; In-consapevolezza dell’illiceità dei comporta-menti: spesso gli autori di atti di bullismo, difronte alle forze dell’ordine e alla magistra-tura, mostrano stupore per le conseguenzepenali del loro comportamento. Si tratta, in realtà di eventi noti, che sono statidescritti in ambito letterario, cinematogra-fico, televisivo e molti adulti li hanno speri-mentati direttamente o indirettamente cometestimoni.... Si pensi alla descrizione del cru-dele Franti, che Edmondo De Amicis fa nelsuo libro Cuore nel lontano 1886 (o quellache fa Ian McEwan del protagonista del rac-conto Il prepotente del1994). L’allarme dagli anni ’70 - Solo agli inizidegli anni Settanta si è posta la questione diun approfondimento sistematico della que-stione. Il fenomeno è rimasto spesso occul-tato, o è stato sottovalutato, dato che simanifesta principalmente in contesti delimi-tati (come quello scolastico) o perché le vit-time abitualmente evitano di denunciarequanto subiscono per vergogna; inoltrespesso è difficile individuare il confine tra loscherzo (anche pesante) e un atto di bullismo.La scuola, dunque, piccolo ambito comuni-tario, rappresenta lo sfondo ideale il dove siconsumano queste vere e proprie “azioni vio-lente” in cui una o più persone infliggono in-tenzionalmente un’offesa o un disagio aun’altra persona. Le forme di violenza - Le azioni possonoessere realizzate attraverso l’uso delle parole(minacciando, rimproverando, prendendo ingiro o beffeggiando), sia attraverso l’usodella forza o al contatto fisico, (picchiando,spingendo, prendendo a calci, tormentando odominando). È opportuno inoltre distingueretra bullismo diretto, che si manifesta in attac-chi aperti nei confronti della vittima, e bulli-smo indiretto, che consiste in una forma diisolamento sociale e in una intenzionaleesclusione dal gruppo (Olweus, 1996).I numeri sono a dir poco consistenti: il 34,7%dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni ammette diaver assistito o di essere stato vittima di epi-sodi di bullismo (alle medie il 30,3%, alle su-periori la percentuale sale al 38,3%). Lascuola risulta essere il luogo prevalente in cuiè presente il bullismo ma non è l’unico: il10% ha dichiarato di essere stato vittima dibullismo nell’ambiente sportivo. (TelefonoAzzurro e DoxaKids, 2014). Il bullo e la vittima - I ruoli in gioco si di-rebbero il bullo e la vittima, ma il bullo nonagisce da solo: alcuni compagni svolgono unruolo di rinforzo (bulli gregari), altri formanoun pubblico che incita (sostenitori), altri an-cora si disinteressano a quello che accade.Qualcuno (raramente) tenta di opporsi alle

prepotenze cercando di proteggere la vittima.La vittima di solito si trova, a vivere una con-dizione di isolamento dovuto a vari fattori:intelligenza, aspetto fisico, condizione so-ciale, cultura, religione e altro. Il bullismo èquindi un fenomeno di gruppo, ed in talecontesto si concretizza un altro fattore checoncorre rinforzare il fenomeno cioè la dimi-nuzione del senso di responsabilità indivi-duale. La diffusione di responsabilitàall’interno del gruppo è un meccanismo cherende più facile l’azione aggressiva, dato cheil senso di responsabilità personale nei con-fronti dell’azione negativa è minore se si è intanti a partecipare. Siamo di fronte, quindi,ad un processo dinamico e multidimensio-nale in cui sono ugualmente coinvolti perse-cutori e vittime e non riconducibile al solocomportamento disadattivo di un individuo.(L’intero sistema della scuola e della classepertanto viene interessato dal verificarsi diepisodi di bullismo, che influenzano anchegli allievi non direttamente coinvolti nelleprevaricazioni).Dai banchi al Web - Negli ultimi anni, conla rapida evoluzione dei new media, le azioni“concrete” del bullo si sono spostate dai ban-chi di scuola al mondo virtuale, con una fre-quenza sempre maggiore. I relativi attivessatori sono quindi effettuati tramite mezzielettronici come l’e-mail, la messaggisticaistantanea, i telefoni cellulari, i social media,i blog. Tale fenomeno viene comunementedefinito come bullismo informatico o Cyber-bullismo.Il Cyberbullismo è sempre più diffuso tra igiovanissimi, ma anch’esso resta in granparte sommerso. Si calcola che il 31% deitredicenni (35% delle femmine) dichiara diesserne stato oggetto (una o più volte). Lapercentuale va oltre il 45% tra gli adolescentiche abitualmente frequentano più di tre social

network ( Società Italiana di Pediatria 2014 )Oltre alle caratteristiche tradizionali del bul-lismo (l’intenzionalità, la persistenza neltempo, l’asimmetria di potere, la natura so-ciale del fenomeno) il bullismo online è con-notato anche dalle caratteristiche delCyberspazio: l’anonimato (in realtà illusoriodato che ogni comunicazione elettronica la-scia delle “tracce” anche se alla vittima è dif-ficile risalire da sola al vessatore),l’indebolimento delle remore etiche (la pos-sibilità di assumere online un’identità diversadalla propria permette di dire o fare cose chenon farebbe o non direbbe nella vita reale) el’assenza limiti spazio-temporali (il cyberbul-lismo può investire la vittima ogni volta chesi collega al mezzo elettronico e non è limi-tata al contesto specifico (ad esempio ambitoscolastico) .Le azioni in Rete - Le azioni del Cyber-bullismo sono categorizzabili in diverse ti-pologie:• Molestia (harassment): spedizione ripetutadi messaggi di insulto;• Flaming: invio online di messaggi violentie volgari; • Denigrazione: divulgazione di pettegolezzie voci per rovinare la reputazione del sog-getto;• Rivelazione (exposure): pubblicazione diinformazioni o immagini imbarazzanti• Happy slapping: filmare la vittima quandoviene bullizzata • Sostituzione di persona (Impersonation): ilbullo accede alla password della vittima,

invia messaggi o pubblica dati, “spaccian-dosi” per essa, al fine di danneggiarne l’im-magine.• Escludere/“bannare” (Exclution): estromet-tere da chat, lista di amici, etc. una persona.• Cyber persecuzione (cyberstalking): Mole-stie e denigrazioni ripetute e minacciose. La maggior parte dei bulli della rete agiscenon solo per esercitare il proprio potere diprevaricatore ma anche, e soprattutto, per ca-talizzare su di sé tutta l’attenzione possibile:con la metodologia del file-sharing oggi-giorno è sempre più facile che un video o unanotizia venga conosciuta da tutto il popolodella rete. Lo sviluppo di siti per la condivi-sione di file, come quelli video, ha di fattodato un contributo notevole nel rinforzare ilfenomeno del cyberbullismo.I costi sociali - La rilevanza del fenomeno è,dunque, cospicua sia per la diffusione ormaipervasiva che per i costi sociali in termini diconseguenze per la vittima ma anche per ilbullo. Per quanto riguarda la vittima è la di-mensione della socialità a risentirne maggior-mente con meccanismi di evitamento deiluoghi e dei contesti (anche virtuali) associatiagli atti di prevaricazione; ne consegue unimpoverimento delle relazioni interpersonalifino al ritiro sociale. Spesso può andare in-contro alla manifestazione di sintomi soma-tici o psichici che a lungo andare possonostrutturarsi in quadri psicopatologici definitio sfociare in atteggiamenti estremi (autole-sionismo e, in alcuni casi, condotte suicida-rie). Per contro, il bullo può andare incontro

a disturbi della condotta con esposizione alrischio di Comportamenti devianti e antiso-ciali quali crimini, furti, abuso di sostanze.La probabilità di reati successivi è 2,5 voltemaggiore nei bulli rispetto ai non bulli. (Tofi,Farrington, Losel e Loeber, 2011).Le responsabilità della famiglia - Gli studi,condotti in vari paesi, delle cause, o megliodelle variabili correlate al fenomeno, hannoportato ad indagare molto nell’ambito dellerelazioni familiari in particolare sul climaeducativo creato dai genitori, sebbene con ri-sultati divergenti. Se, in alcuni casi, un’edu-cazione permissiva è stata considerata, se nonla causa principale, almeno una concausa delcomportamento aggressivo dei figli, in altrisono stati indicati come principali responsa-bili 1’eccessiva severità e 1’autoritarismo.Forse meno controversi i dati che si riferi-scono alla vittima, che risulta indebolita nellapropria autostima da atteggiamenti iperpro-tettivi dei genitori e da un nucleo familiaretroppo coeso (Fonzi, 1999). L’identikit del bullo - L’altro aspetto su cuisi è concentrato il maggior numero di ricer-che, tese a tracciare una sorta di identikit delbullo e della vittima è quello della Persona-lità. Nel bullo sono state identificate caratte-ristiche personologiche quali: aggressivitàgeneralizzata, impulsività, irrequietezza,scarsa empatia e atteggiamento positivoverso la violenza. Nella vittima, per con-verso, sono state identificate caratteristichequali ansia, insicurezza e scarsa autostima.Il ruolo della scuola- Infine la scuola, comespazio comunitario dove si privilegia la va-lorizzazione delle competenze cognitive ascapito di quelle emotivo – relazionali è stataconsiderata in diverse ricerche come ele-mento importante nello sviluppo e nel man-tenimento del fenomeno.Appare naturale che i principali interventi diprevenzione e sensibilizzazione vengano teo-rizzati principalmente in questi particolariambiti con azioni strategiche mirate allo svi-luppo delle capacità emozionali ed empaticheindividuali ed incoraggiando la cooperazionetra scuola e famiglia anche allo scopo di in-dividuare i segnali suggestivi del fenomenoed intervenire tempestivamente.

Pietro Durante - Psichiatra

Tra i tanti pregi che Facebook ha uno dei più importantiè certamente quello di essere un inesauribile magaz-zino della memoria. Individuale e collettiva. Una me-

moria certo il più delle volte frammentata, ma che può conqualche sforzo di buona volontà ricostruire le mappe di unaidentità e di una storia che non potrà mai più tornare.Anche perché gli errori del passato si sommano a quellidi un presente che dalle lezioni delle vicende trascorsenon vuole imparare e si ostina a sbagliare e soprattutto anon fare.Da uno dei cassetti della memoria virtuale di Facebook èemersa una fotografia, rigorosamente in bianco e nero checorreda questa nota. Forzatamente breve perché il discorsoci porterebbe in realtà molto lontano disperdendosi lungovariate direzioni.Uno scorcio di via Duomo intorno agli anni 70=80.Quando la vita a Nardò e in quello che era il Centro storicodi cui tanto si continua a parlare, con scarsi risultati di lungoperiodo, era tuttaltra cosa. Davvero altra cosa. In tutti i sensi.Non sempre positivi, ma certamente più condivisi di quantonon sia oggi in un tempo in cui il Centro storico e la centra-lissima piazza Salandra sono solo lo sfondo, lo scenario perla virtualità di effimeri consumi enogastronomici, semprepiù spesso con improbabili colonne sonore pizzicheggianti.Chi ne avrà voglia potrà con un esercizio di nostalgia riper-correre il breve tratto della via Duomo che la fotografia ri-trae e ricostruire l’universo sociale ed economico checaratterizzava quel breve tratto di città vitale per introdurrequasi, dalla porta principale, la città vecchia aprendola tantoal visitatore occasionale quanto al comune neritino di pas-saggio (obbligato) per le mille e una ragioni di richiamo diquella dimensione urbana.Dalla banca, alla farmacia, al-l’orologiaio, alla boutique di “lusso”, al tabaccaio, alle bar-berie, ai bar, alle osterie, ai circoli. Per non dire della Pretura.Il cui traferimento e la successiva chiusura fuori le porta èl’emblema della avvenuta marginalizzazione del Centrostorico e della sua ineluttabile decadenza.Il tempo della foto era un tempo in cui al Centro storico siriconosceva una funzione non discutibile di punto di riferi-mento non solo geografico della Città, ma di loco in cui,convergevano e prendevano corpo la più parte delle attivitàvitali per una comunità.

Ma all’epoca della Rete, di internet, dei social networkvincolare a luoghi fisici funzioni e ruoli può sembrareanacronistico. Ma forse Nardò avrebbe bisogno più cheriflettere sulle memorie di un tempo, sui personaggi piùo meno folkloristici del proprio passato, di pensare al pro-prio futuro pensando a preservare e a valorizzare la pro-pria ricchezza d’arte con scelte moderne che dimostrinodi aver imparato le lezioni impartite dalla storia recente.La chiusura di via Duomo è stata certamente esiziale peril futuro dell’intero comprensorio urbano.Ma altrettanto esiziale è la mancanza di coraggio nell’as-sumere quei provvedimenti che determino fatti importantie di lungo periodo.Non si incentiva il ritorno nel Centro storico portando inpiazza Salandra solo un presidio della Polizia Locale.

Serve altro. Di più. Che non riguardi solo il perimetrodelle quattro porte. Non si può parlare di Centro storicosenza affrontare il problema del traffico e dei parchegginella circonvallazione interna. Sarebbe azzardato dire deiriflessi che la mancanza di una esterna ha sulla vivibilitàdella città nel suo complesso, ma si richierebbe di perderedi vista il focus del problema. Che è quello di una Cittàche sul Centro storico investe poco anche in termini dirivalutazione del patrimonio abitativo dirottando, con isoliti studi professionali (buoni per tutte le stagioni poli-tiche e amministrative) progetti e investimenti lungo di-rettrici di sviluppo e di crescita urbana certo importanti,ma gia congestionate e tanto sature di volumi quantoprive di servizi.Ma questa è storia che con il Centro storico non c’entra...

Non passa giorno che non si verifichino episodi di bulli-smo. Anche la comunità neretina fa i conti con fatti gravi,da non sottovalutare. Ma come, dove, quando e perchénasce questo fenomeno, di chi sono le responsabilità e

come si può arginare l’escalation di violenze fisiche e vir-tuali che rendono difficile la vita di tanti adolescenti e non

solo? Il dottore Pietro Durante, psichiatra, ha accettato l’in-vito de La Voce a proporre una riflessione dell’argomento

la cui lettura ci sembra di estremo interesse.

CENTRO STORICO/GLI INVESTIMENTI VERI SOLO IN PERIFERIA

Quando andavamo in via DuomoLA FOTOLa foto compare in unoscambio di post tra MDB e GF. MDB, oggi maturo profes-sore di matematica, e GF,veneto vissuto a Nardò eoggi trapiantato a Vibo Va-lentia dove ha proseguitocon la convinzione e la com-petenza e la passione disempre in una missione chea Nardò, proprio nel CentroStorico e in uno dei palazziritratti nella foto ha avuto labase di una sua storia cheancora oggi in altra loca-zione continua. Nel silenzioe nell’indifferenza dei più,compresi quelli che diconodi avere a cuore lo sviluppodel Centro storico.

99DICEMBRE 2017

PROTAGONISTI/ GREGORIO MANIERI ILLUSTRA COMPITI E OBIETTIVI IN AIUTO DELLA COMUNITÀ

Caritas diocesana, una presenza attiva

La Caritas diocesana di Nardò - Gallipoli è l’organismo pa-storale istituito dal Vescovo al fine di promuovere la caritànelle Parrocchie e nelle comunità in tutte le sue forme, èespressione dell’impegno della Chiesa di Nardò-Gallipolinella testimonianza di solidarietà verso le persone svantag-

giate, per lo sviluppo dell’uomo, la giustizia sociale e la pace. Nellanostra Diocesi fu fondata nel 1986 da monsignor Aldo Garzia, primovescovo della Diocesi di Nardò - Gallipoli, 15 anni dopo la nascita diCaritas Italiana nel 1971, fortemente voluta da Paolo VI. Di questa presenza attiva nel tessuto sociale neritino abbiamo parlatocon Gregorio Manieri, segretario ella Caritas diocesana e responsa-bile della promozione.

Quali sono il compito e i principali obiettivi della Caritas?Il suo compito principale è promuovere «la testimonianza della carità nellacomunità ecclesiale, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dellosviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con par-ticolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1dello Statuto).Sensibilizzare la comunità e i singoli cristiani a porre la carità come motivocentrale della vita e della missione della Chiesa, approfondendo le motiva-zioni teologiche della diaconia della carità e sviluppando l’animazione e lapromozione di interventi concreti; promuovere lo sviluppo del volontariatoquale espressione della solidarietà umana e della testimonianza di carità;coordinare i servizi e le istituzioni operanti nel settore socio-assistenziale;favorire la nascita e lo sviluppo delle Caritas Parrocchiali quali strumentipastorali per la promozione e l’animazione della testimonianza della caritànelle comunità nell’ambito del territorio in cui esse sono inserite; studiarei bisogni presenti sul territorio e le loro cause; stimolare gli interventi delleistituzioni civili in ordine alle loro responsabilità per rendere efficaci e fun-zionali i servizi specie quelli promossi e realizzati dalla comunità cristiana;favorire la formazione degli operatori impegnati a vari livelli nella pro-grammazione, gestione e partecipazione della rete dei servizi sociali delterritorio affinché offrano costante testimonianza di competenza e di atten-zione privilegiata ai più poveri ed emarginati; contribuire in collaborazionecon altri organismi operanti nel settore allo sviluppo umano e sociale deipaesi del Terzo Mondo con la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, conla prestazione di servizi, con aiuti economici, con il sostegno e l’animazionedi iniziative a favore di “terzomondiali” presenti in diocesi; indire, orga-nizzare e coordinare in collaborazione con le altre Caritas diocesane e i co-ordinamenti nazionali e internazionali e con organismi pubblici, interventidi emergenza in caso di calamità, che si verifichino sia in Italia che al-l’estero. L’opera pastorale che la Caritas svolge nell’ambito degli aspettidella carità e della promozione umana si esplica in animazione, coordina-mento, assistenza diretta e formazione.In quali settori e con quali modalità la Caritas opera nella nostra città?Possiamo dire che niente dell’umano ci è estraneo! La Caritas è impegnataattivamente nella citta di Nardò attraverso i suoi settori: PromozioneUmana, con la rete dei Centri di Ascolto; l’Osservatorio delle Povertà edelle Risorse; gli sportelli del microcredito, dell’antiusura, del Prestito dellaSperanza; il Progetto Policoro per aiutare i giovani a migliorare la propriacondizione lavorativa, sia tramite la formazione e l’informazione personale,sia con la fondazione di cooperative o piccole imprese; il Laboratorio Noècon l’educazione al dono; il Servizio Civile con progetti didattici ludico ericreativi a favore dei minori svantaggiati; l’attenzione al fenomeno migra-torio e sul territorio neretino in particolare allo sfruttamento lavorativo, lalotta al caporalato e l’emersione del lavoro nero, attraverso il Progetto Pre-sidio. Promozione Caritas, con l’istituzione in ogni Parrocchia della CaritasParrocchiale e dei Centri di Ascolto Parrocchiali, la formazione costantedegli Operatori e degli Animatori Caritas; Promozione Mondialità e Pace,con l’attenzione ai conflitti dimenticati, ai temi della nonviolenza e dellaPace, la salvaguardia del Creato, i nuovi Stili di Vita.Ai “vecchi” disagi, alle “vecchie” povertà si aggiungono i “nuovi” di-sagi, le “nuove” povertà, marginalità, devianze, gli immigrati. Comela Caritas riesce a far fronte alle richieste di aiuto? Quale il settore nelquale siete maggiormente impegnati?Le richieste di aiuto sono tante e l’anima della Caritas è appunto la caritàcristiana! Tanti sono i professionisti che mettono gratuitamente a disposi-zione le loro competenze, tanti i papà e le mamme di famiglia che con spi-rito cristiano e abnegazione offrono il loro servizio nelle opere segno e neiservizi di prossimità presenti in città. Quale settore? Credeteci... tutti! Egrazie ai fondi CEI 8xmille è possibile anche affrontare povertà e disagiche richiedono particolare attenzione e competenza.Quest’anno inoltre abbiamo deciso di dedicare degli spazi formativi pertutti i nostri Operatori e Animatori sul tema del conflitto. Abbiamo già ini-ziato a Novembre presso la Sala Roma con "il volto abbattuto di Caino" econtinueremo nei mesi di gennaio, febbraio e aprile presso il Seminario

Diocesano, con seminari specifici sui conflitti ignorati, sui conflitti che de-rivano dalle vecchie e nuove povertà, sulla gestione dei conflitti.Potreste farci comprendere la vostra attività con dei dati?Su Nardò, attraverso la mensa della Comunità, negli ultimi due anni sonostati forniti più di 90.000 pasti e più di 9.000 sono le persone che si sonorivolte ai Centri di Ascolto, o alla Mensa o a uno dei Servizi collegati conla Caritas per chiedere aiuto. Sempre solo su Nardò sono stati erogati, at-traverso il Prestito della Speranza, 208.500 euro, di cui 122.500 Euro comecredito sociale, 86.000 euro come Microcredito all’Impresa. Con ProgettoPresidio solo negli ultimi due anni sono stati raggiunti più di 600 lavoratoristagionali... Ma tanto e tanto è stato fatto in termini di distribuzione viveri,accompagnamenti sanitari, legali e psicologici; studi e ricerche anche incollaborazione con l’Università; mappatura dei bisogni e delle risorse.Chi sono gli operatori Caritas?Uomini di buona volontà! Senza alcun dubbio... tra i nostri volontari cisono tutte le età, tutte le professioni, con una sola certezza: nell’altro è pre-sente un tesoro prezioso, il Volto di Cristo! A volte un po’ sporco, altre volteun po’ scuro, ma sempre che incombe su di noi e ci rende respons-abilidell’altro!La “politica” vi aiuta o è la Caritas che aiuta la politica supplendo auno stato sociale sempre più inesistente? La solidarietà è spettacolo?Partiamo dal fatto che la solidarietà mai può essere minimamente intesacome spettacolo: c’è poco da spettacolizzare quando le fragilità riguardanoi vissuti delle nostre famiglie; le storie dei nostri bambini e le paure e le an-gosce di chi disperato, sfruttato, senza speranza non sa come arrivare a finemese, perdendo quella minima dignità che gli spetta in quanto personaumana! Come Caritas il nostro primo intento è quello di creare rete! Dasoli non si va da nessuna parte: serve la buona politica se appunto si metteil grembiule di colui che serve. È necessaria la Comunità: da essa si devepartire e ad essa si deve ritornare! Stare accanto ai poveri come monadi ocome supereroi solitari non porta da nessuna parte!Papa Francesco afferma che: “la cupidigia umana c’è sempre, la man-canza di solidarietà, l’egoismo che crea i poveri”. Manca veramente la solidarietà, l’amore per il prossimo?Non possiamo pensare che manchi la solidarietà e l’amore per il prossimo,non avrebbe senso il nostro servizio, la nostra "pedagogia dei fatti", il nostrometodo "ascoltare, osservare e discernere". L’uomo è buono: è capace dirinascere, e insieme si rinasce e si cresce come comunità, con le poche coseche abbiamo, ma con gli occhi di chi cerca la Verità e quando scoprono cheè dentro quella stalla, in ginocchio Gli donano il loro cuore! Sta per arrivare Natale. Come vi preparate?Sicuramente con la preghiera! Inoltre quest’anno abbiamo dedicato l’Av-vento di Fraternità proprio ad un Progetto di ampliamento e adeguamentodella Mensa della Comunità di Nardò. Bisogna darci tutti da fare per poteresempre meglio stare accanto a chi ha bisogno.In che modo si può sostenere la Caritas?Scusate se ci ripetiamo: il primo sostegno alla Caritas è la preghiera! Poiinteressanti potrebbero essere le nostre esperienze di volontariato, di servi-zio civile e di tirocinio! In qualsiasi momento dell’anno si può contribuirepoi a finanziare le attività della Caritas con un contributo attraverso bollet-tino postale intestato a: Diocesi di Nardò Gallipoli - Caritas Diocesana, ccpn. 11169737, oppure attraverso Banca Prossima - IbanIT45A0335901600100000131858 (specificando sempre la causale).

La Voce di Nardò Periodico di informazione cittadina

Direttore responsabile Luciano Tarricone • Iscritto nel Registro della Stampadel Tribunale di Lecce al n. 234 del 16 maggio 1979

Dicembre 2017 • Stampa: Congedo Editrice Srl - Lecce

“Se tutte le donne che sono state molestate o aggreditesessualmente scrivessero ‘anche io’ come stato, potremmo dare alla gente un’idea di quanto è grande questo problema”.

Una delle tante catene in giro per i social, una frase semplicissima.Niente statistiche e dati di studio, solo un invito, una “sfida”. Nascecosì la campagna #metoo, destinata a generare un “flusso di co-scienza” di portata mondiale e a garantire alle sue promotrici, le “Si-lence Breakers”, il celebre titolo di “Person of the year”, assegnatoannualmente dalla rivista di attualità statunitense Time. Si tratta diuna scelta significativa perché si è deciso di premiare chi ha final-mente trovato il coraggio di parlare e denunciare quella che risultaessere una delle piaghe più dannose della nostra società apparente-mente moderna: la violenza di genere. Le donne che hanno decisodi uscire allo scoperto sono tante, diverse ed ugualmente unite dallaconsapevolezza di essere protagoniste del proprio destino.Sono piccoli spiragli di speranza ma la strada da fare è ancora lungae tortuosa. Non è semplice diventare “una persona che rompe il si-lenzio”, quando questo diventa l’unica alternativa conosciuta nellacomposizione della colonna sonora della propria vita. Come si può, dunque, denunciare se non si sa cosa significhi esserevittima di una società di stampo patriarcale?“No alla violenza sulle donne”. “Fermati al primo schiaffo”. “Le

donne non si toccano neanche con un fiore”. A caratteri cubitali. Ritratti di donne spaventate, malconce e tremendamente sole. Ru-more che suona come il silenzio. Bisogna partire dalle basi e tornare al senso delle parole affinché sipossa scorgere l’origine del problema: cosa significa violenza? Cosasignifica molestia?L’idea che queste siano da condannarsi solo nella loro componentefisica, poi, è oltremodo fuorviante: non è il primo schiaffo a doveressere punito ma tutto ciò che un gesto di tale portata preclude. Edè difficile da riconoscere, nella moltitudine di convinzioni maschi-liste che si trovano alla base delle nostre convenzioni culturali e so-ciali. Il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi si arrivi adenunciare quando ormai la violenza non è più di carattere psicolo-gico, ma gravemente fisico, denota la totale inadeguatezza del tipodi educazione destinato (e da destinarsi) ai membri della nostra co-munità. Non si riconoscono i comportamenti sbagliati, così comunida essere scambiati per normali. Si dovrebbe ricominciare da capo:educare le famiglie alla parità tra i sessi. Sembra assurdo dover ri-scontrare quanto, a volte, siano proprio le madri a viziare e coccolarei “maschietti”, plasmando in loro l’idea che tanto, un giorno, le future“nuore” verranno a sostituirle, per fornire al fortunato mortale lostesso trattamento lascivo e adorante a cui è stato abituato sin dallatenera età. Perché le donne di oggi, anche quelle in carriera, sonoancora deputate alla totale cura della casa e della famiglia, mentregli uomini che collaborano, ad oggi, sono ancora mosche bianche. L’educazione alla parità tra i sessi dovrebbe poi essere ripresa al-l’interno delle scuole, organi vitali per la formazione dell’individuoe del futuro cittadino, ma anche qui il problema viene consideratoalla lontana, facendo le dovute distinzioni tra i bambini e le bambine,i maschietti e le femminucce, i ragazzi e le ragazze. Tristemente, i luoghi fondamentali per la scomparsa di tali stereotipi,diventano spesso teatro di discriminazione, terreno fertile per vio-lenze e molestie.La libertà di poter disporre della propria fisicità come meglio si credeviene vista ancora come un tabù, una lettera scarlatta con cui la po-vera malcapitata verrà marchiata a vita e dagli uomini, in primis, edalle stesse donne, così assuefatte dalle convenzioni da andare controdei diritti che fanno parte della loro medesima natura.La presunta debolezza fisica della donna è da vedersi come una sem-plice diversità e non come un handicap con cui imparare a convivere.La convinzione che questa sia pura e delicata come la protagonistadi una canzone trobadorica, risulta ancora più rarefatta e nociva. Nonci sono donzelle in difficoltà, ma persone da trattare nella loro inte-rezza. L’attenzione dovrebbe spostarsi dal soggetto degno di prote-zione all’aguzzino. Sono i soggetti violenti a dover essere inquadratiprima, non le donne ad essere protette dopo. Si tratta di nozioni baseche nessuno riesce ad interiorizzare.Vittime della società patriarcale sono gli uomini stessi, forzati nel-l’aderire pedissequamente a dei canoni prestabiliti di virilità e portati,quindi, a nascondere qualsiasi accenno di debolezza, come se questanon fosse parte integrante della natura dell’essere umano.A essere totalmente sbagliata è anche la concezione che si ha dellavittima: riconoscere di aver subito un torto non è indice di debolezza,ma il primo passo verso la costruzione di una forza interiore. La vio-lenza subita porta con sé una condizione di profonda sofferenza epatire, oggi, appare sbagliato, disagevole, quasi motivo di vergogna.Il malessere fisico viene accettato, quello psicologico nascosto. Perquesto è più facile credere a una donna con un occhio nero e non adun’altra che dice di essere stata umiliata ed intaccata nell’animo. Èpiù semplice punire uno stupratore e non uno stalker che poi po-trebbe diventare un potenziale stupratore. È il paradosso della natura umana. Sarebbe molto più semplice ri-solvere delle problematiche così gravi e invalidanti, se si educasseall’ascolto e all’idea di doverne sempre e comunque parlare. Parlarne per ricominciare, per iniziare dall’inizio. Solo allora tuttipotranno rompere il silenzio.

Maria Lucia Rocca

DONNE/PARLARE E DENUNCIARE, SEMPRE

Rompere il silenziocontro violenze e molestie

UNA “SQUADRA”IN MOVIMENTONella foto grande, da sinistra,Roberto De Donatis, responsa-bile Caritas Promozione umana;Gregorio Manieri segretario eresponsabile della promozione;Mons.Fernando Filograna, Ve-scovo della Diocesi di Nardò-Gallipoli; Paola Paglialunga,responsabile del Centro diascolto; Luisella Albano, opera-trice; Paolo Cuppone, responsa-bile Promozione Mondialità ePace; don Giampiero Fantasticodirettore della Caritas dioce-sana; Alessandra Gaballo, re-sponsabile Mondialità e Pace.Sotto, Marisa Bellafronte, re-sponsabile Osseratorio delle po-vertà diocesane, il VescovoMonsignor Fernando Filograna,il direttore della Caritas dioce-sana don Giampiero Fantastico

www.italnews.info

La costa ionica del Salento, equella compresa tra Nardò ePorto Cesareo in particolare,è caratterizzata dalla pre-senza di numerose doline di

crollo, che dai geologi vengono indi-cate col termine di sinkhole e nel-l’idioma locale vengono chiamatespunnulate o spundulate (letteralmente“sprofondate”). Queste cavità siaprono nelle spianate calcareniticheprossime alla costa e sono provocatedal crollo della volta di preesistenti ca-vità carsiche sotterranee. In molti casiesse ospitano uno specchio d’acquache, data la vicinanza al mare, è salma-stra e a salinità variabile. L’evoluzionedi tutte queste cavità è rapida e in-fluenza in maniera evidente anche lamorfologia della linea di costa.Recentemente gli speleosub del Centrodi Speleologia Sottomarina Apogonhanno avuto la possibilità di esplorareuna spunnulata non censita: la Spun-nulata della Pajara (foto 1). Essa è si-tuata a circa 420 m in linea d’aria dallapiù estesa e famosa Palude del Capi-tano. Anche nel caso in oggetto, unospecchio d’acqua occupa il fondo delladolina, che si sviluppa in ambiente epi-geo in direzione NNE, per una lun-ghezza complessiva di 15 m, unalarghezza di circa 8,5 m e una profon-dità media di 1 m, mentre in ambienteipogeo lo sviluppo prosegue in dire-zione Nord e si sviluppa per circa 36 mtotali. Il mare è distante poco meno diun chilometro.Pochi anni fa la Spunnulata della Pa-jara è stata oggetto di lavori legati alrisanamento edilizio di un immobilerurale (pajara) costruito in muratura asecco, e dell’allestimento di una limi-trofa area a giardino. Il sito viene indi-cato col toponimo Pajara del Capitano(da cui il nome con il quale è stata cen-sita la spunnulata). Tali interventi nehanno messo in luce l’esistenza, nonnota durante il censimento effettuato daBeccarisi L. et al, nel 2010. Ingentiquantità di rifiuti di origine agricola(teli di plastica, tubi in alluminio e te-flon, ecc.) erano stati scaricati all’in-terno della dolina di crollo,mascherando completamente lo spec-chio d’acqua. Grazie alla segnalazionee al consenso del proprietario del ter-reno, arch. Luigi Ripa, è stato possibileeseguire l’esplorazione speleosubac-quea della spunnulata (Foto 2).La cavità si presenta con un’ampia salainiziale, dalla quale si dipartono dei cu-nicoli non praticabili. L’ambiente, chesubito dopo l’ingresso si approfondiscecon un salto fino ad una profondità di -4,17 m, non presenta bolle d’aria. Laroccia è fortemente carsificata: lame,scallops, spuntoni di roccia e fori car-sici caratterizzano la tormentata mor-fologia interna dell’ipogeo (Foto 3).Massi di crollo, di diverse dimensioni,ricoprono il pavimento della cavità.Queste situazioni litologiche, secondoi più recenti studi, sono causate daun’azione corrosiva particolarmenteaggressiva, dovuta al mescolamentodelle acque dolci sotterranee con leacque salate di ingressione marina.Tale fenomeno viene indicato dagli stu-diosi col termine di ipercarsismo. Tuttala zona in cui sono presenti spunnulate,pertanto, è soggetta alla corrosioneipercarsica da parte delle acque sotter-ranee. La modesta elevazione sul livello delmare e l’esigua consistenza dello stratodi calcare superficiale, pertanto, rendepossibili degli improvvisi crolli dellevolte degli ambienti ipogei, che, anchenel giro di poche ore, trasformano lasuperficie calcarea di una zona, più omeno estesa, in incantevoli quanto ina-spettati laghetti! Qualcuno di voi ricor-derà che sul finire degli anni ’80, un

vasto tratto della strada statale che daS. Isidoro porta a S. Caterina, scom-parve nel giro di una sola notte, la-sciando posto ad un sorprendentespecchio d’acqua, molto simile aquello della Palude del Capitano.La Spunnulata della Pajara è stata in-

serita nel Catasto Grotte della Federa-zione Speleologica Pugliese con nu-mero PU 1809 e ciò consentirà diottenere la tutela del luogo, previstadalle vigenti Leggi. Le spunnulate, in-fatti, sono oggetto di tutela idrogeolo-gica (D. Lgs. 152/99) da parte dello

Stato e appartengono al patrimoniospeleologico salvaguardato dalla Re-gione Puglia (L. R. 33/2009). Inoltre,esse rappresentano “habitat naturalid’interesse comunitario” tutelati dallaDirettiva “Habitat” 92/43/CEE e, nellospecifico, corrispondono alle “Grotte

non ancora sfruttate a livello turistico”(codice Natura 2000: 8310), “Grottemarine sommerse o semisommerse”(8330), “Lagune costiere” (1150, unhabitat prioritario).Lodevole, pertanto, l’iniziativa del pro-prietario del terreno che ha speso note-voli quantità di denaro e, soprattutto,energie fisiche e mentali, per restituirealla collettività (e ora anche allaScienza) questo incantevole e preziososito.Altri imprenditori, invece, con la bene-dizione della pubblica Amministra-zione neritina, stanno per costruire unintero villaggio a poche centinaia dimetri dalla Spunnulata della Pajara enelle immediate vicinanze della Spun-nulata di S. Isidoro, anch’essa censita.Non sappiamo come sarà tecnicamentepossibile edificare su un terreno cosìfragile, senza provocare consistentidanni al sistema carsico e idrogeolo-gico sottostante (che, peraltro, do-vrebbe essere tutelato dallesopraelencate norme), nel quale, inol-tre, vivono specie troglobie molto rare.Ci aspettiamo che qualche esperto, ma-gari dell’Ufficio Tecnico comunale, il-lumini la tenebra della nostraignoranza. La Spunnulata della Pajara, probabil-mente, sarà oggetto di future indaginidi carattere biologico a cura degli stu-diosi dell’Apogon, che, sotto la dire-zione scientifica del prof. GenuarioBelmonte, dell’Università del Salento,cercherà di appurare la presenza difauna ittica sotterranea. All’interno del-l’ipogeo sommerso è stata lasciata unasagola fissa da 2,5 mm, a sostegno difuturi ulteriori studi strumentali. La pe-ricolosità della grotta, però, legata a unelevato rischio di frane, dovuto, lo ri-badiamo, all’incoerenza del terreno,(Foto 4) non sembra al momento com-patibile con una seconda campagna diesplorazione speleosubacquea. Per vedere il documentario filmatodella cavità, basta collegarsi al link:https://www.youtube.com/watch?v=shkXVXtHgmQ&t=1s.

*Centro di Speleologia Sottomarina Apogon

I LUOGHI RITROVATI

La “Spunnulata della Pajara”

Cittadini illuminati e amministratori confusi/////////////////////////////////////////// di RAFFAELE ONORATO * ///////////////////////////////////// //////

a storia è più vecchia della cristianità. Due madri si contendevano un figlioe il re Salomone, nella sua biblica saggezza, sollevò la sua spada per spar-tire l’infante in due parti uguali. Solo la vera madre fermò la lama del re,

per salvare la vita del figlio, come re Salomone aveva previsto.Oggi, in una terra che non è promessa neanche a chi ci è nato e cresciuto, il “figlioconteso” è un baluardo di patrio suolo, che ha visto e che narra con i suoi gigan-teschi patriarchi vegetali, secoli, forse millenni, della storia del nostro Popolo, pro-genie dei Messapi. I nuovi, legittimi proprietari, che fondano il loro diritto suidenari con i quali hanno acquistato la terra e un bel pezzo della nostra storia, vo-gliono costruire un villaggio turistico proprio in quel luogo, dove, per un tempoincalcolabile, si è soltanto praticata la coltivazione e la cura degli ulivi e la raccoltadei loro frutti. I "nativi", invece, (ma neanche tutti…) vorrebbero che l’uliveto con-tinuasse ad esistere così come è stato dalla notte dei tempi, fino alla fine dei tempi.Le due fazioni avversarie adducono, a sostegno delle loro tesi, le argomentazionipiù disparate. Un giudice, che non sarà il re Salomone, dovrà decidere... Ma a noiviene il sospetto che un altro giudice super partes è già all’opera, e la sua spadasta minacciando i patriarchi della Sarparea. Come ogni re plenipotenziario, decidecon autorità assoluta e la sua spada ha un nome quasi mitologico, come le si ad-dice: Xylella.Xylella, impietosa, si sta abbattendo sugli ulivi monumentali della Sarparea, che,fino ad oggi, nessuno dei contendenti si sta attivando per curare e salvare, comefece la vera madre del bimbo conteso. Forse nessuno li merita. Ci verrebbe la ten-tazione di affermare che in questa disputa non ci saranno vincitori. Ma girandociindietro, e guardano alla storia infinita della Terra, ci appare chiaro un dato incon-futabile: la Natura non ha bisogno dell’Uomo. Siamo noi, effimeri mortali, che ab-biamo bisogno di Lei (https://www.youtube.com/watch?v=KLK6Z8LQuiw).Forse la Xylella decimerà i patriarchi della Sarparea o forse loro vinceranno da solianche questa battaglia (chissà quante ne hanno viste…). Una cosa è assoluta-mente certa: che per coloro che amano questa terra, anche se ne sopravvivrà unosolo, esso sarà degno di tutela. Più rari saranno, più acquisteranno valore e piùstrenuamente andranno difesi.

Raffaele Onorato

DAL DIARIO DI RAFFAELE

La spada del Re

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10 La Voce di Nardò

DICEMBRE 2017

Il quasi proporzionale, corretto da una modesta quota maggioritaria, articolato su collegiuninominali e su listini bloccati nei due terzi dei rimanenti collegi, partorirà verosimil-mente un Parlamento trilobato, con annesse appendici di quei partiti (pochissimi) cheriusciranno a superare la modesta quota del 3%.Quindi 5 Stelle, Forza Italia e PD, dal 20% in su dei Parlamentari eletti da ciascuno,Lega dal 10 al 12%, e poi il risiko delle formazioni minori che, a partire dalla sinistrapostcomunista, tenteranno di spingersi oltre le colonne d’Ercole del 3% per supportareo indebolire i tre protagonisti del sistema, per come si va definendo.Proprio l’MDP sembra, ad oggi, determinato a negare la riproposizione - invero moltoimprobabile - di un nuovo centrosinistra mentre non esclude, con Bersani e D’Alema,possibili inciuci con i pentastellati, se utili a costruire una maggioranza e, quindi, un go-verno assolutamente inedito.Berlusconi inneggia alla possibile vittoria del centro-destra, di cui si ripropone quale lea-der indiscusso e indiscutibile, ma guarda realisticamente ad un inciucio peggiore di quelloappena indicato, tra Forza Italia e PD, naturalmente non guidato dal Renzino Toscano.Già, Renzi le ha sbagliate tutte! Legge elettorale compresa. Infatti il Rosatellum, se gliconsente di scegliere la maggior parte dei parlamentari in quota PD attraverso la desi-gnazione dei candidati capilista, gli impedisce di ottenere un numero di seggi necessariper consentirgli di dare ancora le carte. Il non aver voluto inserire la preferenza, a com-pletamento di un proporzionale che lo imporrebbe in automatico, gli nuocerà sul pianodei voti per la mancata mobilitazione di una base che, ancora una volta, si vedrà imporregli eletti dalle alchimie romane in salsa fiorentina.Questo lo scenario prevedibile e, sullo sfondo, aleggiano le ombre di due cripto pro-tagonisti che attendono pazientemente l’esito delle urne per svelare i progetti che cer-tamente stanno costruendo. Si tratta dei due principali vertici istituzionali - Mattarellae Gentiloni - che sembrano cuochi smaliziati che stanno cuocendo a dovere il polloche hanno nel girarrosto.I prossimi mesi sveleranno se saremo costretti a valutare ulteriori variabili e come le listein campo potranno modificare o confermare gli scenari ipotizzati

******Non possiamo chiudere questo redazionale senza un riferimento al sindaco Tappista diMelendugno e al Governatore Tarista della Puglia.Marco Potì gioca al “lascia o raddoppia”. Fa finta di sedersi al tavolo provinciale orga-nizzato da Gabellone e Taurino, ma in realtà cerca di sparigliare il possibile accordo trai suoi colleghi salentini, riproponendosi ancora una volta come l’alfiere della difesa del-l’ambiente senza se e senza ma. In sostanza ripropone lo schema barricadero che gli hafruttato la rielezione, alla vigilia, non scontata a sindaco del suo comune. Oggi alza iltiro e si propone quale rappresentante del più vasto Salento in Parlamento, auspice quellasinistra in cerca di candidati con il coltello in bocca.Michelone, anche lui, alla vigilia delle urne torna a giocarsi la stessa carta barricaderasu un altro fronte: quello dell’ILVA. Nonostante l’anticipo della realizzazione della co-pertura dei parchi minerari (quelli che ricoprono di polveri ferrose il limitrofo quartieredei Tamburi), pur in presenza di una faticosa trattativa tra Governo, Sindacati e nuovaproprietà per il mantenimento dei livelli occupazionali preesistenti, lui - in compagniadel fido scudiero sindaco di Taranto, novelli Don Chisciotte e Sancio Panza - si rivolgenuovamente al TAR impugnando il decreto per il risanamento ambientale. Gioca sullapelle di tutti, compresa la sua!

Gongolo

Il Rosatello... e un po’ d’uva dal SalentoDALLA PRIMA PAGINA/GONGOLO

Fu così che accadde, anche se nessuno sen’è mai ricordato. Il vecchio… Ami-nadàb mi pare si chiamasse, o Adami-nàb… comunque era vecchio, e avevapassato la serata con i suoi amici a par-

lare di tutto quello strano trambusto che c’era aBetlemme da qualche giorno a quella parte, pervia del censimento.Sapete cos’è un censimento? No? Ah, beata gio-ventù! Ora, come voi sapete, Betlemme era una citta-dina piccola ma molto importante, aveva dato inatali addirittura al grande re Davide e i profetiavevano predetto che sarebbe stata la culla delMessia. Anche Giuseppe era figlio di Davide, nelsenso che era nato a Betlemme. Viveva però aNazareth, dove faceva il carpentiere. Oh no, nonera un falegname. Beh, non vi dico la sorpresa diAmìnd… di Adàna… del vecchio quando vide chedietro la nuvoletta di vapore che usciva dallabocca dell’uomo che bussava alla sua porta,c’era niente meno che il suo grande amico Giu-seppe, l’emigrante, quello che se n’era andato alnord.

Anche Giuseppe rimase sorpreso quando si ac-corse di aver bussato alla porta del suo vecchioamico. Egli, per la verità, era molto stanco:quella sera aveva bussato a molte porte e quasinessuna si era aperta. Lui che veniva dal nordveniva scacciato dai fratelli del sud. Ma final-

mente aveva trovato un uomo di buon cuore, unvecchio amico, il vecchio Amàno… Anìdo… in-somma l’amico di una volta.

- Giuseppe! Quanto tempo è passato! - pro-ruppe il vecchio in un impeto di gioia.

- Caro Amèn… Anìm… caro amico mio! - ri-spose Giuseppe piuttosto sorpreso.

E subito il vecchio lo rimproverò: - Ah, da quando te ne sei andato al nord, sei

diventato importante… non ti ricordi più degliamici… - c’era una punta di invidia nella suavoce. E ancora non sapeva il motivo di quella vi-sita.

Finalmente il vecchio invitò in casa Giuseppe: - Entra Giuseppe, spezza il pane con me alla

mia parca mensa. Entra, questa è mia moglieAbagail. Moglie, questi è Giuseppe, un mio vec-chio amico.

- Il vecchio amico ha avuto buon occhio nelprender moglie. - disse Giuseppe lusingandoAbagail, la quale, abbassando gli occhi, rispose:

- Certo Giuseppe, il tuo amico Amòn…Emàn… il tuo amico è un uomo saggio!

- E tu? – disse il vecchio – tu hai preso moglie?- Oh, certo! - disse Giuseppe.- Ah, e dov’è ora?- Per la verità in questo momento è nella stalla,

e appunto di questo volevo…- Nella stalla?Proprio in quel momento si sentì un urlo, un

urlo di donna.- Viene dalla stalla. - disse Abagail e si preci-

pitò fuori. I due uomini rimasero interdetti, fermisul posto senza saper cosa fare o cosa pensare epersino dove guardare. Dopo pochi istanti Aba-gail rientrò in casa.

- Adàm… Amèn… marito! Prendi un tizzoneardente dal fuoco e qualcosa per tagliare, presto!E i panni di lino nella cassapanca. Non stare lìimpalato, muoviti!

Poi guardò Giuseppe e gli sorrise col sorrisopiù dolce del mondo, lo prese per mano e lo portòcon sé. Il vecchio eseguì gli ordini, e in meno didue minuti raccolse l’occorrente e uscì dalla suaumile dimora per andare nella stalla a pochimetri da lì. Uscito di casa vide che dalla stallaproveniva una grande luce, una luce intensa, bril-lante, nessuna lanterna, nessuna fiaccola potevadare quella luce. Ma cosa succede? si chiese.

Entrò nella stalla. No, non entrò: rimase im-bambolato sul limitare. Sua moglie lo vide, glitolse di mano il coltello e il tizzone e, stando at-tenta a non incendiare la paglia, fece qualcosaal grembo di una donna… era una fanciulla, invero poco più che una bambina… Stava stesanella paglia, tra lo sterco, il puzzo degli animali,un bue e un asino e piangeva. Il bue era suo, delvecchio… e l’asino da dove arrivava? Poi videAbagail avvolgere qualcosa nelle fasce di lino.Dio mio: era un bambino!

La fanciulla aveva partorito! Aveva partoritonella sua stalla, tra lo sterco e il puzzo degli ani-mali. E la luce? La luce veniva dalle fasce dilino… no veniva dal bambino. Abagail lo diedealla madre. E d’un tratto non ci fu più puzza, nonci fu più pianto né dolore. Solo grazia, meravi-gliosa grazia. Ma la fanciulla era stanca e posòil bimbo in fasce nella mangiatoia del bue. Il bueallungò il collo verso il bimbo e sorrise, facen-dogli dondolare l’anello del suo naso davanti agliocchi. L’asinello guardò il piccolo come per dire:quindi sei tu quel cosino così pesante? Ti ho por-

tato in spalla da Nazareth fin qui, piccoletto. Tunon sei normale. A me non la dai a bere. Il bimboluminoso era brutto, bagnato e appiccicaticcio,con la pelle raggrinzita, sembrava proprio unpiccolo di pecora, un agnellino, addirittura unbimbo come tutti gli altri.

- È qui! - gridò qualcuno là fuori.Il vecchio si voltò e vide che la notte tutta era

luminosa e splendente. E vide che della gente ve-niva alla sua stalla, preceduta da piccoli esserinibianchi e svolazzanti che cantavano qualcosa.

Portavano doni, formaggio, latte, coperte…per chi sono? Per il bambino. Per il bambino? Evoi cosa ne sapete? Gli angeli ce l’hanno detto.Portate doni per il bambino? Sì. E per me?

E gli angeli cantavano.Lui non conosceva quella lingua, parlava solo

il dialetto del luogo, eppure capiva cosa dicevala melodia. Pace in terra. Pace? In Palestina? ABetlemme? Non c’è mai stata! Io almeno non mela ricordo da mai!

- Ci sarà. - disse qualcuno. Ma nessuno seppemai chi fosse stato. La voce pareva venisse dallamangiatoia. Ma una mangiatoia non può parlare.E nemmeno un neonato. Né un bue…

Da quella notte il pellegrinaggio alla stalla delvecchio non cessa un minuto. Quel bimbo è an-cora lì, è ancora neonato. Anche voi qui: non per-dete tempo con questo vecchio. Andate da lui,portategli dei doni.

- Ehi, chi è quel vecchio scemo?- Bada a come parli, quello è mio nonno!- Oh, scusa… Ma tu ci credi a quello che ci ha

raccontato?- E perché no?- Ma dai, un bambino luminoso, una mangia-

toia che parla…- Era il bambino che parlava, stupido!- Tutte scemenze, comunque.- Io credo!- Hm… Guarda, il vecchio scemo se ne va e ti

lascia qui.- Accidenti! Devo fermarlo… Ehi aspettami,

nonno… nonno Amùn… Amìd… Badèm…

Fu così che accadde////////////////////////////////////////////////// di ANDREA BACCASSINO ///////////////////////////////////////////////////////

IL racconto dI nataLe

“Fu così che accadde” è un racconto inedito di AndreaBaccassino che nel 2001 ha vinto (ex aequo) il premioletterario Bianca Gallone a Tricase. Lo pubblichiamo, rin-graziando Andrea, apprezzato scrittore, autore, caba-rettista, e tante altre cose, tra le quali collaboratore dilungo corso de La Voce di Nardò.

Se si vuole evitare una catastrofe irre-parabile, non basta il “cambiamento”promesso e sempre più spesso ricor-

rente nel linguaggio e nelle dissertazioni dipolitici o presunti tali, che vogliono faresfoggio di eloquenza, di capacità intuitivee programmatiche, al solo fine di illudere,ingannare e placare l’insoddisfazione cre-scente ed il malcontento diffuso della so-cietà civile.Pertanto, per una reale inversione di ten-denza, si inizi con una informazione li-bera e onesta perché occorre che la nostrasocietà operi un’autentica palingenesimorale, etica, civile, sociale, che recuperie, soprattutto, educhi le nuove genera-zioni al rispetto dei vecchi valori ed idealiassoluti, spesso proclamati, ma puntual-mente traditi. Se si vuole un cambiamento per costruireuna società migliore, più giusta, più soli-dale bisogna che si metta al centrol’uomo con la sua dignità e con il suo di-ritto alla vita.Una grande lezione di umanità ci fu im-partita tanti secoli fa da un grande comme-diografo latino: “ sono un uomo, nienteche riguardi un altro uomo può essermiestraneo e indifferente”.La nostra società del presunto benessere sipreoccupa, infatti, sempre più di tutelare,salvaguardare e migliorare il tenore di vitaindividuale e familiare, sacrificando aglistessi le esigenze fondamentali, i bisogniprimari ed i diritti inalienabili degli altri es-seri umani.Ancora più insopportabili sono la roz-zezza culturale, l’arroganza e la traco-tanza di tanti politici, che hanno nelle loromani, le sorti delle loro nazioni ed in al-cuni casi dell’umanità tutta, i quali, perconquistare e conservare il favore dei loroelettori e sostenitori, osano assumere po-sizioni e operare scelte inconcepibili e de-leterie non solo per il loro Paese, ma perl’Umanità intera.

Alludiamo a tanti despoti e tiranni di di-verse ideologie, che, in autentici deliri dionnipotenza rischiano di creare situazioniirreparabili per l’ecosistema, la salute, lasopravvivenza degli esseri umani e del no-stro stesso pianeta.Si ostenta palese e falsa determinazionenel discutere di “cambiamento”, perché anessuno può essere consentito di ignorareche viviamo in un pianeta avvolto da unacappa di anidride carbonica sempre piùspessa che rischia di distruggere la vitasulla Terra, solo perché alcune nazionimolto potenti ritengono “ non negoziabile“ il loro tenore di vita, dipendente da pro-cessi produttivi altamente inquinanti e de-leteri per il mondo intero. A questi problemi, purtroppo, si aggiun-gono le conseguenze collaterali di unaglobalizzazione selvaggia, mal gestita cheha scatenato tra gli Stati, le imprese e levarie aziende produttrici una competi-zione spietata, barbara, priva di principi eregole che non siano quelle di produrresempre di più, a costi sempre più bassi, ascapito inevitabile della qualità dellemerci, della sicurezza sul lavoro e del do-vuto rispetto per la dignità dei lavoratori,ridotti ad autentici schiavi.Il male peggiore, però, che minaccia nonsolo il nostro Paese è la rassegnazione cheserpeggia nel ceto medio e nella classeoperaia. Una rassegnazione che paralizzale coscienze, impedendo proteste e ribel-lioni civili che spesso si rivelano sporadi-che ed episodiche, quindi inefficaci,inconcludenti, inutili.Gli unici segnali di cambiamento sonoquelli che ci avvicinano al “ terzo mondo”e sono quelli che producono la crescitacostante della povertà e dell’indigenza ditanti cittadini condannati alla morte per-ché non hanno le possibilità economicheper curarsi. Se vogliamo proporre o discutere di cam-biamento, riconosciamo prima di tutto

che nessun cambiamento sarà possibilesenza la partecipazione dei cittadini cheancora oggi si crogiolano tra subalternitàal potere e vile rassegnazione al punto darinunciare a porre una croce su di unascheda elettorale. Con la crisi evidente delle organizzazionisindacali le rivendicazioni, le manifesta-zioni, le proteste organizzate, gli scioperimassicci di un tempo sono un ricordo lon-tano e sbiadito. Le persone negli ultimianni appaiono sempre più rassegnate alpeggio, pigre, prigioniere di una inerzia, diuna indolenza che consentono ad una spa-ruta minoranza di cittadini elettori ( 30%?)di decidere le sorti ed il futuro di una Cittàcome Ostia, dove la cronaca recente ha di-mostrato che i problemi da risolvere sonotanto gravi e tanto urgenti da meritare unaassunzione di responsabilità ed una auten-tica cittadinanza attiva da parte di tutti gliaventi diritto al voto.Invece, per paura, per interessi evidenti oocculti, si preferisce demandare ad altri lasoluzione dei problemi della propria col-lettività.Anche l’Europa, a dispetto del suo passatoche l’ha vista per secoli maestra di civiltànel mondo intero, negli ultimi anni non staoffrendo prove di grande sensibilità, soli-darietà e generosità.Appare sempre di più il fallimento diuna aggregazioni di popoli e nazioni, vo-luta per essere un esempio di partecipa-zione e condivisione per una crescitacomune, prima di tutto sul piano del di-ritto ad una vita dignitosa da parte diogni essere umano con riconoscimentouniversale di diritti fondamentali da dif-fondere con l’intento di poter parlare ungiorno di condizioni di vita in un interopianeta senza spettacoli indecenti disperpero e distruzione di risorse osten-tando contestualmente falsa pietà per es-seri umani e soprattutto per bambini chemuoiono di fame.Uno sguardo al passato ci potrebbe aiutare,ma è risaputo, però, che la memoriaumana, per una sorta di autotutela non amaricordare i tempi tristi della sua esistenza,che sarebbe giusto ricordare, per evitareche le vittime di ieri non diventino i carne-fici di oggi.

Fernando Fiorito

A PARER MIO/FERNANDO FIORITO

Ostacoli insormontabiliper un reale cambiamento

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Farina, oliomiele e cannellaIngredienti: 1 chilo di farinadi grano duro, 2 dl di olio difrantoio, un bicchiere di vinobianco secco e un po' di li-quore all’arancia o all’anice,un pizzico di sale, miele, can-nella in polvere, confettini co-lorati, pinoli, mandorle pelatee tostate, olio da frittura.

Ponete la farina a fontanasulla spianatoia, versate al

centro l’olio che avrete prefe-ribilmente aromatizzato scal-dandovi delle zeste di agrumi,aggiungete quindi il sale, ilvino bianco secco tiepido e/oun po’ di liquore aromatico.Amalgamate bene il tutto sinoa che risulti un impasto liscioma piuttosto compatto che fa-rete riposare per un paio d’ore.Infarinate quindi leggermentela spianatoia e ponetevi sopral’impasto, lavoratelo un pocoe stendetelo con l’aiuto delmattarello, sino a ricavarnedelle sfoglie sottilissime. Col tagliapasta dentellato rica-vate delle losanghe con cuiformerete rosette, farfalle,nocche o semplici rombi ealtre forme a piacere che frig-getele in ottimo olio di fran-toio aromatizzato con dellescorze di limone o mandarino.Ritiratele dall’olio ben doratee croccanti e ponetele su cartaassorbente. Immergetele manmano nel miele scaldato a ba-gnomaria, disponetele in ter-rine e guarnitele con confettinicolorati (anisini), pinoli, man-dorle spellate e cannella inpolvere. Per preparare i purciddhruzzi,realizzate un impasto analogoa quello già descritto, con lasola differenza che, invece diricavarne sfoglie, formeretedei cordoni di impasto che se-zionerete e imprimendo i pez-zettini di impasto su di unagrattugia ricaverete dei piccoli

gnocchi che friggerete sino afargli acquisire una colora-zione bruno-dorata e confette-rete immergendoli nel mielescaldato a bagnomaria e deco-rerete in modo analogo aquello descritto per le cartid-dhrate.

12 La Voce di Nardò

Pasta di mandorla e faldacchieraper uno pesce davvero speciale

Il pesce di pasta di mandorla è un dolce tipico del Natale. Nellasimbologia cristiana, infatti, rappresenta il Cristo e la ragione.

Questo dolce viene confezionato dalle suore del Monastero bene-dettino di San Giovanni Evangelista di Lecce certamente dalla finedell’Ottocento e per la sua squisitezza è richiesto in tutta Italia eanche all’estero. Da almeno 50 anni viene preparato nella quasi to-talità delle pasticcerie di Lecce e provincia.Ingredienti: mandorle pelate e zucchero per la pasta di mandorla;confettura di pere o marmellata di agrumi, faldacchiera, cioccolatofondente e facoltativamente, canditi d’agrumi. La faldacchiera è una densa crema, ricavata addensando dello za-baione; è un ingrediente fondamentale della farcia di parecchi dolci,in particolare di quelli di pasta di mandorla. Per prepararla, ponetein un recipiente svasato dei tuorli d’uovo freschissimi e un ugualenumero di cucchiai di zucchero. Lavorateli a lungo con una frustafino a ottenere una crema gonfia e spumosa, versatela in una casse-ruola, o meglio in un polsonetto, e ponetela a cuocere a bagnomariagirando di continuo con un cucchiaio di legno fino a quando, solle-vando lo stesso, la crema che cadrà filando, “scriverà”, ovvero for-merà sulla superficie della crema un cordone che rimarrà benvisibile per qualche istante. Una volta raffreddata, potete addizio-narla a piacere, con della bagna tipo Benevento. Macinate le man-dorle con un uguale quantitativo di zucchero stemperate con unpoco d’acqua e mettete a cuocere il tutto in una casseruola a fuocomoderato fino a quando l’impasto si stacca dalle pareti della stessa. Quando l’impasto è freddo, stendetelo con il matterello fino allospessore di circa un centimetro e foderale lo stampo in gesso aforma di pesce, precedentemente spolverato di zucchero a velo. Far-cite con la confettura di pere, pezzetti di cioccolato fondente e fal-dacchiera. Ricoprite con altra pasta di mandorle e capovolgete suvassoi in cartone per alimenti o cestini di legno, quindi decorate ericoprite con un foglio di cellophane trasparente.

DICEMBRE 2017

I più giovani si chiederanno: perché purciddhruzzi? L’etimo deriverebbe da porcellino, dicui ricorderebbero vagamente la forma; secondo altri dalla Ciprea, una bellissima conchigliatondeggiante, chiamata in vari idiomi pugliesi appunto “purciddhruzzu”, che montata inargento veniva utilizzata come amuleto porta fortuna. Ma quel che più è importante è con-servare una tradizione, certamente antica, che scalda il Natale in famiglia. Scegliete voi idolci da fare, utilizzando naturalmente ingredienti genuini e locali, e regalatevi un momentodi condivisione con serenità e un po’ d’allegria. Buone feste.

Massimo Vaglio

I DOLCI DELLE FESTE/LE RICETTE DELL’ENOGASTRONOMOMASSIMO VAGLIO

Purciddhruzzi e cartiddhrate in ogni casa