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La vigilanza sugli archivi delle Aziende delle ULSS Regione del Veneto- ANAI Sezione Veneto -Corso di Aggiornamento Padova, 27 aprile 2007

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La vigilanza sugli archivi delle Aziende delle ULSS

Regione del Veneto- ANAI Sezione Veneto -Corso di

AggiornamentoPadova, 27 aprile 2007

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La vigilanza sugli archivi La Vigilanza: È l’attività mediante la quale si

esplicano le funzioni di tutela dei beni culturali previste dalla legge.

Gli archivi, i singoli documenti, sono “ex lege” Beni Culturali e quindi oggetto della tutela (art. 10, comma 2, D.Lgs n. 42/2004- Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio)

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La vigilanza sugli archivi Evoluzione storica dell’azione di vigilanza Nel 1875 fu dichiarato l’interesse nazionale per

la sorte degli archivi non statali ribadita dal Sesto Congresso Storico Italiano (1895), nel quale si dispose l’intervento del governo per mezzo degli Archivi di Stato nel” servire ai desideri degli studiosi”, imponendo l’ordinamento degli archivi dei comuni, delle curie vescovili e ogni altro ente morale.

Nel 1939 furono istituite le Soprintendenze Archivistiche, uffici deputati a svolgere, su delega del Ministero di competenza, l’attività di vigilanza.

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La vigilanza sugli archivi Da chi è attualmente esercitata la

vigilanza? L’attività di vigilanza è esercitata dalle

Soprintendenze Archivistiche, organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (ex DPR 1409/1963 e D. Legislativo n. 42/2004).

Esse hanno sede in ciascun capoluogo di Regione con competenza territoriale.

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La Vigilanza sugli archivi La Soprintendenza archivistica per il

Veneto ha sede a Venezia ed esercita nell’intera Regione, la VIGILANZA sugli archivi degli enti pubblici (tra cui le ULSS) e su quelli privati dichiarati d’interesse storico particolarmente importante.

Tale vigilanza si esplica mediante l’attività di tutela e valorizzazione degli archivi suddetti, di accertamento delle condizioni di conservazione, di gestione e organizzazione del loro ordinamento in modo da garantirne la consultazione all’utenza.

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La vigilanza sugli archivi L’ente pubblico ai sensi dell’art. 18 del

D.LGS 42/2004- Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio-, ha l’obbligo di dare ordine al proprio archivio (corrente, di deposito, storico). Su questo obbligo VIGILA la Soprintendenza Archivistica.

IL Soprintendente ai sensi dell’art. 19 della succitata normativa, può effettuare ispezioni per accertare lo stato di conservazione custodia e gestione degli archivi (con preavviso di almeno 5 giorni, salvo che non si versi in situazioni di “estrema urgenza”)

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La vigilanza sugli archivi La Soprintendenza archivistica può emettere

prescrizioni per la tutela degli archivi. L’inosservanza è punibile a norma di legge

(art. 650 del Codice Penale, e art. 21 comma 4-5 e art. 34 del Codice Beni Culturali e del Paesaggio) e se è accertato un danno, questo può dar luogo all’intervento statale sostitutivo a spese dell’ente (art. 32 comma 1-2 e art. 33 del succitato Codice)

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La vigilanza sugli archivi La Soprintendenza esplica la VIGILANZA

sulle modalità di riordino ed inventariazione degli archivi pubblici e privati coordinando le figure professionale specifiche (archivisti) ed approvando o esprimendo pareri sui progetti riguardanti a vario titolo l’archivio e sull’affidamento in “outsourcing”, ovvero l’affidamento a privati dei servizi archivistici degli enti pubblici. (www.archivi.beniculturali.it/divisione III/outsourcing)

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La Soprintendenza esplica la vigilanza sul commercio di archivi e/o singoli documenti di comprovato valore storico-culturale mediante il controllo dei cataloghi delle librerie antiquarie, delle case d’asta e attraverso contatti e rapporti con i privati proprietari.

Se la documentazione fosse di comprovato valore storico-culturale la Soprintendenza potrà:

Procedere alla trattativa diretta per l’acquisto a favore dell’Amministrazione Archivistica

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Esercitare il diritto di prelazione a favore dello Stato, previsto dalla legislazione vigente nel caso di passaggio di proprietà tra privati

Notificare la dichiarazione di notevole interesse storico nel caso di archivi e/o documento che rimangano di proprietà privata, imponendo quindi precisi obblighi di conservazione e tutela ai proprietari

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La Soprintendenza vigila sull’osservanza da parte degli enti pubblici di:

Dare ordine al proprio archivio, conservarlo correttamente, rispettandone l’integrità e l’organicità, senza danni, restaurato se necessario, e non adibito a usi incompatibili con l’originaria funzione e natura (art. . 30, c. 4, art. 20, c. 1, c. 2, art. 21, c. 2,art. 29, c. 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio)

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Gli interventi sui beni culturali sono subordinati secondo il Codice dei beni culturali e del paesaggio –Capo III sezione I- Misure di protezione all’autorizzazione della Soprintendenza competente, all’art. 21.

Tale delega è prevista con Decreto del Direttore Generale per gli Archivi del 23 dicembre 2004.

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Segue: Da dove comincio la selezione?

abbiamo visto che :il piano di conservazione dell'archivio (DPR 445/2000, art. 68) comprende nello specifico, per ogni titolo e classe del titolario, l'indicazione delle tipologie documentarie prodotte e dei relativi tempi di conservazione delle stesse.Ne discende che viene:dichiarato esplicitamente il tempo di conservazione che si prevede debba intercorrere per ciascuna tipologia di documenti ovvero il tempo oltre il quale il materiale documentario potrà essere eliminato,enunciata come fondamentale la riflessione sul valore del documento già dal suo primo formarsiVALORE AMMINISTRATIVO “è riferito alla potenzialità che hanno i documenti relativi ad affari conclusi di essere utilizzati in futuro per portare avanti altre azioni connesse a quelle concluse con riferimento alle persone, ai fatti o ai luoghi coinvolti o con riferimento al tipo di azione espletata e/o alla sua procedura”.VALORE LEGALE “ si riferisce alla potenzialità che documenti relativi ad affari conclusi hanno di essere utilizzati come prova legale dei fatti a cui si riferiscono”.VALORE STORICO “ è la capacità dei documenti di essere utilizzati come testimonianza e memoria del loro ente produttore e delle sue attività”.

Definizioni di Luciana Duranti in “ I documenti archivistici. La gestione dell'Archivio da parte dell'Ente Produttore” 1997. (in bibliografia)

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Sono subordinati all’autorizzazione ai sensi dell’art. 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio i seguenti interventi:

Autorizzazione (Ex nulla osta) allo scarto di documentazione considerata superflua e di inutile conservazione

Autorizzazione preventiva al trasferimento ed all’esposizione temporanea di documenti in occasione di mostre e manifestazioni culturali in Italia e all’estero.

Autorizzazione e collaudo degli interventi di restauro su beni culturali archivistici

Autorizzazione allo spostamento di sede dell’archivio cosiddetto di deposito o storico norma di legge, con conseguente rilascio d’idoneità dei locali che vengono utilizzati come archivi di deposito

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Lo scarto Su questa delicata operazione

intendiamo soffermarci ricordando che la distruzione non autorizzata dei documenti dell’archivio è punita con l’arresto da sei mesi a un anno e con l’ammenda da euro 775,00 ad euro 38.734,50 e che anche la cancellazione di documenti elettronici è considerata una forma di scarto (art. 169, c.1 del summenzionato Codice)

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Il momento della valutazione su che cosa e come scartare è dunque fondamentale esso ci porta dall'analisi delle tipologie documentarie alla decisione circa la durata e la destinazione finale dei documenti stabilità in base alla loro funzionalità archivistica (attività di Selezione)

CI TROVEREMO QUINDI DINNANZI AL BIVIO:

CONSERVAZIONE DISTRUZIONE

Lo scarto è l'effetto della selezione qualora si sia optato per la distruzione dei documenti.

INNANZI TUTTO LA DEFINIZIONE (..Il nome..):

Come viene chiamato lo scarto ?

Spurgo di documentiScarto di documenti = azione di effettiva distruzione

Epurazione di documenti Eliminazione di documenti = processo irreversibile

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L'eliminazione di documenti è un intervento che presuppone una decisione consapevole e non arbitraria che va compiuta con la massima cautela partendo da ciò che si deve conservare per giungere a ciò che si può scartare ovvero avendo come obiettivo finale quello di conservare in modo permanente i documenti necessari a testimoniare l'attività istituzionale dell'Ente Produttore (sotto i vari profili ivi incluso quello storico) e in subordine avendo come scopo quello di risolvere i problemi di ridondanza in modo da poter mettere a disposizione della ricerca interna ed esterna fondi o serie documentarie utilizzabili. Per questa ragione la dottrina archivistica ha dibattuto a lungo se considerare tale pratica come un:“un compromesso fra la necessità teorica e l'impossibilità pratica della conservazione integrale dei documenti d'archivio” Elio Lodolini“un paradosso della conservazione” Isabella Zanni Rosiello“una vera necessità” Antonio Romiti“la selezione come elemento qualificante “ Paola Carucci“male necessario, ma più che di necessità del male sarebbe il caso di parlare di indispensabilità della selezione e di percorrere la strada della sua giustificazione teorica. L'archivistica italiana, infatti continua a considerare, pur tra i vari distinguo e con qualche eccezione, la selezione come un lavoro scientificamente giustificabile, optando per un debole compromesso: non si dovrebbe fare, ma si fa”Gianni Penzo Doria

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Infatti,

non esiste un fondamento obiettivo e assoluto: i documenti destinati alla distruzione non sono sempre del tutto inutili, né privi di valore storico sono di fatto meno essenziali per la conoscenza e la valutazione dell'ente produttore e del modo in cui è stato svolto l'esercizio di quelle funzioni che gli sono state assegnate .

La responsabilità per la selezione e conseguentemente lo scarto è attività complessa che coinvolge:

AMMINISTRATORI e ARCHIVISTI

GLI UNI (Amministratori) E GLI ALTRI (Archivisti)

devono tener conto della volontà organizzativa dell'Ente produttore (come si è organizzato), devono conservare perennemente quei documenti in grado di garantirne la capacità di comprensione dal punto

di vista amministrativo e storico NEL TEMPO......NEL TEMPO……..NEL TEMPO……….

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In tale ottica una categoria di documenti da tenere in particolare considerazione è quella

rappresentata da i cosiddetti “documenti vitali” ovvero quei documenti che :” in caso di disastro sono necessari a ricreare lo stato giuridico e la situazione legale e finanziaria dell’ente,a garantire i diritti dei dipendenti, clienti, azionisti o cittadini, a soddisfare i suoi obblighi e a proteggere i suoi interessi esterni.” Per disastro s’intendono sia le calamità naturali che gli interventi come le guerre provocati dagli essere umani. Definizioni di Luciana Duranti in “ I documenti archivistici. La gestione dell'Archivio da parte dell‘Ente produttore” 1997. I DOCUMENTI VITALI SONO AD ESEMPIO: Registri di azionisti, libri mastri, rapporti tecnici, atti deliberativi, inventari dei beni. Nel stendere un piano di conservazione occorre tenere presente che solo il 10% dei documenti è da considerarsi “vitale” . Tre i modi di protezione dei documenti vitali: duplicazione con produzione di produzione multipla di documenti, protezione fisica in situ mediante casseforti, camere blindate, sotterranei attrezzati, protezione fisica in luoghi remoti (servizio di outsourcing società specializzate nella gestione e conservazione di archivi e di addetti).

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In passato..........

l'atto di selezionare i documenti è attestato fin dall'antichità. Le testimonianze archelogiche infatti ci portano ad individuare la distruzione di documenti inutili. Nell'VII sec. a.c. presso l'Impero degli Assiri, le tavolette d'argilla utilizzate per la scrittura di documenti quando venivanoconsiderate come contenitori di documenti inutili, venivano riciclate come materiali da costruzione o di riempimento. Il problema della selezione però era limitato nella quantità e nella qualità (ben lontano dall'attuale ipertrofia documentaria pur essendo noi uomini e donne di quella che viene definita la società senza carta), infatti pochi erano i documenti ufficiali e dotati di pubblica fede, inoltre i criteri di selezione erano insiti nelle modalità quotidiane di archiviazione e i documenti di sintesi sostituivano quelli dettagliati e analitici precedenti, destinati alla eliminazione (ciò risultò particolarmente vero e usato specialmente per la documentazione di tipo contabile dove il concetto di riporto delle somme su tavoletta d'argilla ha in pratica la stessa valenza concettuale).

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OGGI......

Le procedure di selezione e le modalità organizzative variano da Nazione a Nazione.

La selezione può precedere e/o seguire il versamento nell'archivio di deposito (per archivio di deposito s’intende il luogo in cui sono collocati i fascicoli di cui è terminata la trattazione e che richiedono un accesso poco frequente Sono ugualmente attinenti all’archivio di deposito le parti meno recenti in ordine di tempo, delle serie di documenti dello stesso tipo come le circolari le determinazioni, le deliberazioni. Solitamente l’archivio di deposito è situato in locali diversi da quello corrente per motivi di agibilità e di spazio).

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Normalmente tale operazione, (detta anche scarto in itinere) nonostante quanto detto sul significato del piano di conservazione (che invece prevede una decisione presa a monte), viene effettuata nel momento in cui il materiale documentario viene versato in archivio di deposito, dal quale, poi trascorso il tempo stabilito, transiterà in quello storico (l’archivio storico è costituito dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre 40 anni).

La selezione può essere affidata agli archivisti o condivisa con gli amministratori degli enti Produttori e dovrebbe avvenire preferibilmente su archivi ordinati o quantomeno riconducibili alla produzione documentaria messa in relazione con le funzioni svolte dall’Ente produttore (evitando di creare ab origine le famigerate miscellanee………..)

La selezione può utilizzare strumenti generali di guida come massimari di selezione piani di conservazione di cui si tratterà più approfonditamente avanti.

Segue: Da dove comincio la selezione?

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Analisi delle funzioni del documento (nell'attività di selezione) 1. Funzione amministrativa = produzione documentaria definita rispetto alle

attività istituzionali e rappresentata da Statuti, Deliberazioni, Verbali, Circolari Bilanci, Rapporti, Promemoria Generali

1. Funzione legale = produzione documentaria individuata sulla base dell'ordinamento giuridico e rappresentata da dirittti e obblighi dei singoli interni o esterni all'Ente Produttore come Contratti Titoli ecc

1. Funzione fiscale/contabile = produzione documentaria che testimonia le modalità di utilizzo,distribuzione e controllo delle risorse finanziarie come Fatture, Mandati di pagamento, Mastri, Libri cassa

Segue: Da dove comincio la selezione?

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PRINCIPALI DISPOSIZIONI NORMATIVE IN MATERIA DI SELEZIONE NELL'ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO DA ASSOCIARSI ALLE PREDETTE FUNZIONI DEI DOCUMENTI:

In base all’art. 2220 del Codice Civile le scritture contabili e la corrispondenza relativa devono essere tenute per 10 anni dalla data dell’ultima registrazione. La prescrizione ordinaria è sempre di 10 anni , fatto salvo casi specifici secondo l’ articolo 2946 del Codice Civile, estinzione dei diritti.

Per scritture contabili s'intendono (fatture, lettere e telegrammi ricevuti e spediti, note di addebito e di accredito estratti conto,registri di magazzino, pagamenti a terzi, piani dei conti, registri stabiliti dalla legge, documentazione relativa a operazioni bancarie come mandati, reversali, deleghe). In base all'art. 22 DPR 4 settembre 1963 n. 600, nel caso di documentazione fiscale le norme prevedevano come termine di conservazione l'obbligo fino a quando non erano definiti gli accertamenti fiscali del corrispondente anno di imposta.

I nuovi termini sulla base delle più recenti norme sui procedimenti amministrativi, sono stati fissati inderogabilmente dal Ministero delle Finanze, in 5 anni.

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La conservazione illimitata “Essa si fonda sull’idea che i documenti archivistici sono creati a memoria perpetua di fatti o eventida cui risultano o a cui si riferiscono, un’idea che trova origine nel diritto Romano. In tale contesto, il termine permanente non è usato nel significato di eterno o indefinito, ma è legato ai concetti dicontinuità, o assenza di interruzione, stabilità, o assenza di cambiamento, e durevolezza, o assenza di termine prevedibile” L..Duranti. I documenti archivistici. La gestione dell’archivio da parte dell’Ente Produttore 1997 (in bibliografia)

Tipologia di documentazione a conservazione permanente

Documentazione di carattere amministrativo:• Delibere, ordinanze, determinazioni, circolari carattere normativo e regolamentare• Inventari, fascicoli del patrimonio immobiliare e mobiliare attestazione di natura patrimoniale• Bilanci, conti consuntivi, libri mastri, giornali di cassa documenti contabili di sintesi• Atti di gare, contratti, verbali contrattualistica• Sentenze e contenzioso documenti giudiziari• Fascicoli del Personale, libri matricola documenti del personale• Atti istituzionali e specifici dell’ente produttore documentazione caratterizzante• Relazioni, ispezioni, statistiche, materiali di studio e ricerca doc. statistica o riepilogativa• anche allegati alle delibere e determine

Segue: Da dove comincio la selezione?

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I documenti “inutili” Finalmente si arriva allo scarto ovvero all’eliminazione dei documenti,previa selezione di quelli ritenuti inutili o superflui ai bisogni ordinari dell’amministrazione e non necessari ai fini della ricerca storica.

I documenti inutili sono potenzialmente rappresentati da:

stampati, modulistica superata, semplici copie degli originali, da documenti nei quali le informazioni importanti siano trasferite in altra documentazione destinata alla conservazione permanente oppure da documenti le cui informazioni fondamentali siano ricavabili da altra documentazione generalmente di carattere riassuntivo.

Lo scarto dei documenti

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Gli strumenti della selezione: il piano di conservazione e i massimari di selezione o scartoCome già detto il piano di conservazione è uno strumento debitamente autorizzato dall’ente sulla base della propria potestà di autoregolamentazione, che stabilisce i tempi di attività, semiattività e inattività dei documenti nonché il destino ultimo dei medesimi.

Il massimario di selezione o scarto, è invece uno strumento che riproducendo le classi delle categorie (facciamo riferimento per esempio alle note categorie della Circolare Astengo ) e delle classi del titolario perla classificazione degli atti , indica poi per ciascuna categoria , quali documenti vadano conservati per sempre e quali invece possano essere destinati alla distruzione dopo un periodo di tempo stimato in

5, 7, 10, 20, 40, o 50 anni.

Segue: Lo scarto dei documenti

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I massimari di scarto costituiscono dunque elenchi di massima indicativi e non tassativi (tranne che per la documentazione da conservare) di tipologie documentarie da eliminare a scadenze prefissate.

I massimari di scarto hanno iniziato a circolare fin dai primi decenni del novecento e ad essere usati specialmente come linee guida, come binari sui quali, in mancanza di una seria riflessione sul valore e sulla funzione del documento, si potesse camminare per arrivare obbligatoriamente ad una meta, e probabilmente alla sola meta consentita da questo strumento: la distruzione dei documenti per fare spazio a nuova documentazione, in parole povere uno dei modi per contrastare l’iper produzione documentaria degli ultimi anni accresciuta in modo esasperato grazie anche alle nuove tecnologie (fotocopiatori, computer, stampanti, fax) che hanno reso assai facile la duplicazione dei documenti. Alcuni tipi di massimari poi, in maniera ancor più pragmatica e semplificata, elencano le tipologie di documenti in ordine alfabetico, riportando a lato i tempi oltre i quali i documenti possono essere eliminati (es. ULSS, Schola Salernitana ).

I problemi principali dati da questi elenchi sono relativi al fatto che talora la medesima tipologia compare con nomi diversi, (es. della parola restauro) oppure poiché non continuamente aggiornati, non compare affatto. Infine poiché di fatto non sono associati alla categorie e al titolario di classificazione, è difficile comprenderne la funzione e il contesto dal quale provengono e spesso in questi frangenti si è aiutati solo dal procedere per analogia.

Segue: Lo scarto dei documenti

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Altri massimari ancora, sono del tutto incomprensibili perché riportano sigle e numeri (ovvero codici identificativi) che sono riconoscibili solo nell’ambito dal quale provengono. (Banca d’Italia). Il dato comune è che quasi tutti i massimari non sono aggiornati (emblematico il casi dell’INAIL che ha il massimario risalente al 1971) e pertanto devono essere integrati e supportati da un ragionamento analogico con altre tipologie di documenti e con i titolari vigenti nelle amministrazioni di provenienza. La sostituzione del massimario di scarto con il piano di conservazione potrà sicuramente eliminare gli inconvenienti appena summenzionati. LA CAMPIONATURA per serie molto ingombranti ma di contenuto informativo omogeneo si possono prevedere tecniche di campionatura. I risultati sono comunque parziali. Parte della dottrina archivistica li considera negativamente in quanto romperebbero il cosiddetto “vincolo originario” o vincolo archivistico.

Segue: Lo scarto dei documenti

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La normativa italiana dopo l’unità d’Italia (1875-1902) pone l’accento sul significato positivo dello scarto, vissuto come liberazione dalle carte inutili.

La normativa post-unitaria (1911-1939) all’art. 69 del Regolamento del 1911, prevedeva presso le amministrazioni non centrali la presenza di apposite commissioni di scarto nelle quali doveva figurare anche il Direttore dell’archivio di Stato competente territorialmente ; furono adottati regole e procedure in modo da mettere gli organi superiori in grado di giudicare la proposta di scarto (relazione riassuntiva sulle motivazioni addotte per l’eliminazione, estremi cronologici delle serie, quantità scartate, elenchi redatti in duplice copia al Ministero allora M. dell’Interno).

E’ previsto anche il principio del “nullaosta” (riconfermato anche dal DPR 1409/1963 )da parte dell’autorità archivistica competente- inizialmente il Direttore dell’Archivio di Stato poi il Sovrintendente Archivistico-.

La normativa italiana relativa allo scarto

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La normativa italiana del dopoguerra emana il DPR 1409/63 considerato a ragione il padre di tutta la legislazione archivistica italiana. Di fatto pur essendo sostanzialmente abrogato già nel Testo Unico dei Beni Culturali n. 490/1999 e anche dal Codice dei beni Culturali e del Paesaggio n. 42 /2004, è mantenuto nei suoi principi cardine e negli impianti strutturali e operativi ivi delineati. Anche per la selezione e lo scarto viene sostanzialmente rispettato quanto previsto ab origine dal DPR 1409/63 all’art. 25 :” gli enti pubblici stabiliscono con provvedimento motivato dei rispettivi organi deliberanti quali documenti dei propri archivi siano da scartare, Il provvedimento è sottoposto all’approvazione dell’autorità che esercita la vigilanza sull’ente, previo nulla osta del competente soprintendente archivistico” I

l principio è mantenuto nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio all’art, 21, comma 1, lettera d. L’articolo 21 testualmente recita:” Sono subordinati ad autorizzazione del Ministero lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell’art. 13.” L’articolo 13, comma 2, testualmente recita;”La dichiarazione dell’interesse culturale non è richiesta per i beni di cui all’articolo 10” , l’articolo 10, comma 2 testualmente recita:” per gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle Regioni, degli altri Enti Pubblici Territoriali, nonché di ogni altro Ente o Istituto” i quali sempre all’articolo 10 comma 2 sono considerati come Beni Culturali e quindi oggetto di tutela da parte dello Stato.

Segue: La normativa italiana relativa allo scarto

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Nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, è sempre utilizzato il termine il Ministero. Nella prassi, con Decreto del Direttore Generale della Direzione Generale per gli Archivi, Dipartimento per i Beni Archivistici Librari n. 3.66 del 23.12.2004, sono delegate alle Soprintendenze Archivistiche organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali alcune funzioni tra cui:” autorizzare gli interventi di cui all’art, 21 del D.lgs n. 42 del 22.01.2004” ovvero anche l’autorizzazione allo scarto.

E’ MOLTO IMPORTANTE RICORDARE CHE :

“la distruzione non autorizzata di documenti è punita con l’arresto da sei mesi a un anno ed è punita con l’ammenda. E’ considerata una forma di scarto illegittima anche la cancellazione di documenti elettronici. L’autorizzazione della Sovrintendenza non sana la illegittimità e di eventuali scarti prematuri di documentazione che pur non essendo destinata alla conservazione permanente, ha una sua temporanea validità giuridica o utilità funzionale ed economica.”

Marco Carassi in :“Obblighi di legge degli enti pubblici in tema di archivi. A proposito di un tentativo di aiutare gli enti vigilati a gestire correttamente i loro archivi”, in Archivi e computer, Carocci editore 2003.

Segue: La normativa italiana relativa allo scarto

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Già con il testo unico n. 490/1999 si parla di autorizzazione e non di nulla osta . Ma

qual è la differenza?

Così Gianni Penzo Doria: ”In diritto amministrativo e, più in generale, nel lessico

della pubblica amministrazione, l’autorizzazione si rilascia, mentre il nulla osta si

concede. L’autorizzazione è quindi la rimozione di un limite ad un diritto di un ente

a svolgere l’esercizio di una potestà e, nel caso di un ente privato dichiarato di

notevole interesse culturale, l’esercizio di una facoltà. Il nulla osta sembrerebbe

dunque rappresentare un atto concessivo, tipico dell’autorità centrale, attraverso il

quale si conferiscono al soggetto nuove facoltà”. (in bibliografia)

Dal nulla osta all’autorizzazione

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L’Ente deve con provvedimento dirigenziale motivato, inviare la richiesta di scarto alla Soprintendenza Archivistica della Regione di appartenenza per la dovuta autorizzazione (non c’è ormai alcun dubbio che la proposta di scarto è atto di gestione amministrativa avente rilevanza esterna e che come tale è competente ai Dirigenti). La proposta deve contenere la motivazione e l’allegato elenco in triplice copia

Occorre garantire l’effettiva distruzione degli atti dio cui è stato autorizzato lo scarto, mediante l’invio di un verbale di avvenuta diastruzione, ma non occorre più la cessione obbligatoria alla Croce Rossa Italiana (art. 8 DPR 37/2001)

La procedura di scarto

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Se nulla è da eccepire, la richiesta viene inoltrata al Ministero dell’Interno, dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Ispettorato Centrale per i Servizi Archivistica ai sensi dell’art. 4 del DPR 30 dicembre 1975 n. 654 (attribuzioni del Ministero dell’Interno in materia di documenti archivistici non ammessi alla libera consultabilità) e l’assenso è dato ai sensi del Dpr n. 37 del 2001, art 9 applicato per analogia (le proposte di scarto di documenti sottratti alla libera consultabilità ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 281 sono inoltrate per i provvedimenti di competenza al Ministero dell’Interno il quale si pronuncia entro 90 giorni.

Trascorso tale termine senza che il Ministero dell’interno si sia pronunciato, l’amministrazione può disporre la cessione degli atti sottratti alla libera consultabilità).Una volta ottenuto l’assenso dal Ministero dell’Interno, il Sovrintendente archivistico appone l’autorizzazione allo scarto e lo invia all’Ente.

Segue: La procedura di scarto

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Conclusioni

Le scriviamo insieme, oggi.