La vendetta della sepolta viva di Rosaspina di Belvedere

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il caso e il vento edizioni - estratto

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Collana “Fuoristrada”

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La vendetta della Sepolta Viva di Rosaspina di BelvedereGiuseppina PieragostiniCollana “Fuoristrada”© 2011 IL CASO E IL VENTO E.R.A. di Sandra Giulianiwww.ilcasoeilvento.it

Progetto grafico di Gianna PetrucciDisegno in copertina Alexa Cesaroni

ISBN 978-88-96306-09-3

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Prefazione

Francesco Mastriani, Carolina Invernizio, Raoul De Navery (alias Eugénie Caroline Saffray).Questi gli autori della Letteratura d’Appendice (feuilleton francese) ci-tati continuamente in questo libro. Come note a piè pagina, come sug-gestioni interne, come echi nei titoli stessi dei capitoli.

Tra convenienza e sconvenienza, la Letteratura d’Appendice ha saputo cogliere, nonostante la formula ripetitiva delle sue narrazioni, i cambia-menti sottesi a una società fine Ottocento e inizi Novecento consenten-do a molte firme femminili di sperimentare con successo quella “stanza tutta per sé” che è lo scrivere.Fu la Casa editrice Salani, in Italia, a lanciare la Invernizio.E oggi la mia casa editrice accoglie questa scommessa, ironicamente e con un gusto del paradosso che mi accomuna all’autrice, di una reinter-pretazione privatissima di quella Letteratura popolare, sentimentale, per dare voce a un dramma ancora fatto, apparentemente, di vittime perseguitate e di carnefici; di condizioni socio-psicologiche di asservag-gio, di quegli abissi dell’anima e del focolare dai quali noi donne credia-mo di essere libere o liberate.

“La vendetta della Sepolta Viva di Rosaspina di Belvedere” è un roman-zo domestico. Una commedia umana. Un’epica contemporanea. Ma anche una lista della spesa, dissacrante, di topoi letterari e di stereotipi narrativi e sociali. Tra fiabe nere, popolari, e omaggi espliciti alla Letteratura d’Appendice – narrazione prediletta per le epopee dei vinti – chi impera e compie qui un vero Giudizio universale, e un salto quantico, – dissacrando, rove-sciando sensi, mescolando generi e vite – è proprio lo Stile.Un signor Stile dall’altezza vertiginosa.

Giuseppina Pieragostini, l’autrice, è un giocoliere: inventa una scrittura satirica, esattamente come in cucina si ha una mescolanza di sapori; ri-cerca accuratamente il grottesco nella descrizione dei personaggi e nella banalità dei fatti al limite della maschera carnevalesca; spinge lo strania-

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mento paradossale dell’umorismo a rivelare una visione morale amara che quell’ironia decostruttiva e il sarcasmo esagerano senza ridere, quasi per disperazione (o per tentato riscatto).Lo Stile mette in scena un lessico prezioso, desueto, in una mescolanza di registri alti, con effetto comico e straniante, e di registri bassi con un retrogusto popolare. Abbondano i «tampoco, puranche» e costruiscono triadi dal sapore “primo novecento” i verbi: «s’ingegna, s’impegna, s’in-tigna».La struttura sintattica è ampollosa e gioca con un periodare lungo, este-nuante, da oralità trascritta da vecchi affabulatori che per ogni episodio della vita costruiscono su dettagli e dettagli all’infinito.I registri discorsivi variano la partitura del narrato continuamente, tra-mite focus diversi: vuoi la terza persona, vuoi il tu ossessivo e inquinan-te la narrazione, vuoi la cifra commentatoria di chi narra che chiama in causa, spesso e volentieri, il lettore.Questa lingua ha la forza massacrante della risata gaddiana; della conta-minazione grottesca di Cervantes; della mitizzazione epico-popolare «Mariagiulia l’immaginosa, Mariagiulia l’operosa, Romeo lo sciopera-to» che oggi si ritrova solo nella bellezza degli annunci funebri in qual-che minuta località paesana.

Il “problema” stesso della narrazione è assurdo: può mai una casalinga, asservita alla casa, all’uomo che la comanda, alla figliastra che la osteg-gia, e succube fin dalla nascita della Sepolta Viva che le incombe dentro con fantasie e sogni di gloria, può mai questa donna scrivere il Grande Romanzo?Dietro il Sogno di un’Altra Sè che una casalinga rincorre, a dispetto degli «Angeli Sterminatori» che l’aspettano là fuori, degli «Uomini di riordino» che la comandano e della «Sepolta Viva» che le abita le visceri, c’è una vittoria in agguato che, come tutti i romanzi d’Appendice, non può che stare alla fine... ma proprio alla fine di tutto.C’è sempre una ragione per compiere un crimine come ce n’è sempre una per scrivere.E non c’è un prezzo troppo alto per fare della propria vita un romanzo.

L’editora

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Codesto racconto narra imperciocché giammai una casalinga possa scrivere il Grande Romanzo.

Dolce questa prigione/tenere queste cupe sbarre/non un tiranno ma il re delle piume/inventò questa pace. Se questa è la mia sorte/se non c’è un altro regno/una prigione non è che un amico/una cella-la casa. (E. Dickinson)

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Cap. 1 Le verdure se le compri, poi ti tocca lavarle

Ci era un dramma in quella persona, un romanzo, un’epopea di dolore...

Dentro di lei sta nascosta una donna, forse una fanciulla, che per lo più dorme e sogna; che lei ricordi, è sempre stato così.Ha lunghi capelli neri sparsi sul cuscino, le coltri chiare ne mascherano e ne svelano le forme; spesso muove nell’aria una lunga piuma d’oca di quelle che un tempo si usavano per scrivere.Lei, Mariagiulia l’ospitale, è il suo contenitore, il suo boz-zolo, la sua bara. La verdura, se fai lo sbaglio di comprarla, poi ti tocca pulirla, lavarla, cucinarla. Visto che non hai saputo re-sistere dal prendere la valerianella al mercato, adesso rimboccati le maniche e taglia le radici sporche di terra, togli una a una le foglioline attorno un po’ rovinate in fondo e poi sciacqua e risciacqua diverse volte in ab-bondante acqua che non è mica tanto facile far scioglie-re tutta la terra nascosta tra le foglie. Per risparmiare tempo potresti tranciare ogni piantina alla base: faresti prima e le foglie si laverebbero presto e meglio; ma il sapore, si sa, non è lo stesso, poi si spreca un sacco di verdura, infine i sali minerali se ne scapperebbero dai gambi tagliati dove invece sono più concentrati.

Se è per questo, potresti mettere del sale o del bicarbona-to nell’acqua per favorire lo scioglimento del terriccio

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ma, come hai letto da qualche parte, anche questo meto-do favorisce la perdita di sostanze.Certo che le piacerebbe correre a scrivere qualcosa che si ripete tra sé e sé, per non dimenticarla e che le ha sussur-rato la sua segreta abitante; ma spera che se saprà essere abbastanza veloce le rimarrà tempo sufficiente per met-tere sulla carta ciò che cerca di trattenere nella mente. Mentre sciacqua velocemente, più con la forza dei nervi che dei muscoli, passando l’insalata da una vaschetta all’altra del lavandino, l’acqua schizza sul muro dietro il rubinetto e sull’alzatina di finto marmo e deve asciugare velocemente altrimenti si gonfia e si screpola ulterior-mente. Anche per terra, davanti al lavandino, si sono formate delle chiazze d’acqua e per asciugarle usa lo stro-finaccio da cucina, invece che perdere tempo per andare a prendere l’apposito cencio. Metti l’insalata scolata in un canovaccio pulito così ri-mane bella fresca e asciutta per stasera e riponila in fri-gorifero. Passa in bagno per lavare subito a mano con il sapone da bucato lo strofinaccio con cui hai asciugato per terra e quindi vai a stenderlo su un filo teso nel balcone della camera da letto.

Le verdure non finiscono mai: l’insalata si tira dietro l’in-salatina mista, quella mista, quella di campo, poi ci sono gli accostamenti locali, quelli legati al lessico culinario familiare, quelli delle verdure di stagione, quelli delle diete lette sui giornali, quelli consigliati dal medico. Per farla corta: inizia a pulire qualche carota non trop-po grossa, il sedano tenero, ma mi raccomando senza le

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foglie, cetriolo, finocchio, qualche pomodorino sodo e maturo a cui toglierai i semi, un peperone verde né troppo grande né troppo piccolo perché, come si sa, è ricco di vitamina C e anche ferro, del prezzemolo e an-che una mela proveniente da coltivazione biologica che così può essere mangiata con la buccia che presenta sva-riate proprietà benefiche. Alla fine aggiungerai due gherigli di noce e un po’ di aceto balsamico per render-la più stuzzicante. Tanto Olghina la sofistica non avvi-cinerà comunque il piatto alla bocca.

Il fatto che non sia propriamente sua figlia, fa sì che la tratti con più riguardo e apprensione; quello che non immagina è che se lo fosse non cambierebbe un bel nien-te. Per nessuna delle due, a voler essere precisi. Mentre sistema anche queste verdure senza tagliarle, che altrimenti si ossidano, nel canovaccio nel frigorifero, si accorge che, nascoste dietro la scatola dei formaggi, la aspettano, dentro il loro contenitore di vetro, le patate lesse di ieri: se non vengono consumate entro stasera ina-cidiranno. A questo punto ti devi inventare qualcosa per utilizzar-le; metti a bollire le uova, quelle fresche, che vai a ordi-nare due volte alla settimana al banco di Luciana, per approntare un piatto freddo a base di uova lesse e pata-te. Prima lava e asciuga delicatamente i gusci attenta a non romperli, per evitare contaminazioni con eventua-li batteri.

Questa consapevolezza che dentro di lei fosse nascosta un’altra, le era stato chiaro fin da piccola; era normale

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come respirare, se non ne parlava non era perché fosse un segreto, ma perché non ce n’era bisogno. Non dubi-tava, infatti, che ognuno dentro fosse due e che ciascuno custodisse una fanciulla dai lunghi capelli che per lo più dormiva e, a tratti, sussurrava favole, poesie, storie di struggente bellezza. Così come non dubitava che fosse la sua ospite medesima, a suggerirle sogni e fantasticherie.Mariagiulia l’operosa intanto recupera parte del sedano e prezzemolo appena lavati per condire le patate; mentre aspetta che le uova siano sode, ne approfitta per sistema-re il frigorifero, che Romeo il preciso non sopporta né cibi invecchiati né disordine. Ha un sussulto: si è scordata per l’ennesima volta il suo cicchetto preferito, un mistrà il cui odore d’anice impe-sta tutta la casa come la puzza delle capre il covile, però deve aspettare che le uova finiscano di bollire per uscire a comprarlo. A otto minuti spegni e poi lasciale nell’acqua così pro-seguono la cottura e si risparmia il gas.

L’essere due è stata una consapevolezza nata contempora-neamente a quella di essere io; fuori era Mariagiulia la gof-fa, dentro erano lei e l’altra. L’altra era lei e lei sarebbe di-ventata l’altra. Almeno così ha creduto per tanto tempo.Per fare più presto, esce così come sta e sarebbe a dire sciatta e non proprio risistemata a puntino, cambiandosi solo le scarpe e legandosi i capelli per sembrare più ordi-nata e sperando solo di non essere vista da nessuna delle sue clienti.Ti conviene portarti appresso il cane così ti risparmi la

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stampato il mese di settembre 2011 su carta ecologica

presso la Tipografia Basagni - Arezzo

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